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VIII. C ONCLUSIONI

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Academic year: 2021

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VIII. C ONCLUSIONI

Con il lavoro che abbiamo condotto si è voluto offrire una sintesi sulla storia e l’archeologia della rete portuale ligure – tirrenica, sottolineandone le trasformazioni nel periodo che va dal V al XIV secolo. I dati raccolti non hanno la presunzione di avere carattere di esaustività poiché molte questioni rimangono ancora aperte.

Una delle difficoltà incontrate è stata il dover raccordare dati provenienti da studi di diverso ambito disciplinare. L’analisi dell’edito ha, infatti, mostrato come il tema dei porti abbia interessato in modalità e in tempi diversi studiosi di varia formazione e con risultati differenti a seconda del periodo storico preso in esame. Esiste, infatti, una discrepanza tra gli studi riguardanti la portualità bassomedievale e quelli dedicati allo studio dei porti altomedievali. I primi, potendosi avvalere di una mole consistente di documenti, hanno approfondito il tema sotto più punti di vista, affrontando così questioni che vanno oltre la semplice attestazione dell’esistenza di un porto o della sua posizione topografica. Gli studi sulla portualità altomedievale, invece, vista l’esiguità delle fonti scritte, non possono fare a meno del dato materiale offerto dalla ricerca archeologica.

Quest’ultima ha recentemente portato all’acquisizione di importanti dati sulle fasi di vita medievali di alcuni porti. Spesso il riconoscimento dell’utilizzo dell’area portuale è avvenuto soprattutto attraverso lo studio del materiale ceramico comunemente presente in contesti del genere. Ciò evidenzia la possibilità di indagare questi siti anche in mancanza di strutture artificiali, seguendo un modello interpretativo nuovo di portualità che si discosta dall’immagine monumentale trasmessa dal mondo antico

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.

Per quanto sia stata posta una maggiore attenzione allo studio dei porti medievali, gli scavi sono comunque ancora pochi e nella quasi totalità hanno avuto inizio solo in seguito a ritrovamenti fortuiti. Un investimento nella programmazione della ricerca potrebbe permettere di approfondire meglio la conoscenza della portualità di questo periodo, consentendo per esempio di verificare l’effettivo utilizzo o la stessa esistenza di molte aree portuali delle quali ad oggi rimangono solo sporadiche indicazioni nelle fonti scritte oppure di fare maggiore chiarezza in merito alla presenza di strutture artificiali.

1 Beltrame 2012, p. 267.

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Ad ogni modo i dati raccolti al presente consentono di avere un quadro generale sulle trasformazioni avvenute, in termini qualitativi, quantitativi e funzionali dei porti nel Medioevo.

La ricerca ha permesso il censimento, per il periodo di tempo che va dal V al XIV secolo, di 111 aree portuali presenti lungo le coste liguri e tirreniche della penisola e delle isole di Sardegna e di Sicilia.

In una prima fase dal V al VI secolo è osservabile una certa continuità nell’andamento di alcuni porti nati e sviluppatesi in età romana, ma in general e si assiste a un lento declino delle città costiere e delle loro infrastrutture di servizio. L’analisi della terminologia usata per indicare i porti nell’Itinerarium Maritimum, ha mostrato uno scenario piuttosto vario fatto di grandi porti (Portus) naturali o artificiali, e scali minori (positio, flumen, plagia) più o meno attrezzati.

In diverse aree portuali le strutture realizzate in età romana dovevano essere ancora funzionali, come nell’area di Portus, e probabilmente erano più che sufficienti a gestire un traffico notevolmente ridotto.

A oggi, l’ultima testimonianza riguardante la costruzione, ex novo, di un molo in muratura è stata datata dagli archeologi alla fine del V secolo, ma sembra essere un caso isolato

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. In accordo con quanto detto da Gelichi, le grandi costruzioni portuali realizzate in età imperiale sembrano essere state un fenomeno di breve durata legato a precise scelte politico-strategiche e anche ideologiche

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. In seguito, verranno meno le motivazioni propagandistiche e le condizioni, politiche o economiche, tali da permettere la loro realizzazione. Dopo il V secolo non si hanno più notizie riguardanti la realizzazione di infrastrutture portuali e così ancora nei secoli successivi fino almeno al XII secolo.

Tra la metà del VI e l’VIII secolo sono ancora attestati porti e scali ma in numero minore.

Il loro recupero o mantenimento sembra essere direttamente legato alla presenza bizantina lungo le coste. In alcuni casi le indagini archeologiche hanno permesso il riconoscimento di interventi di restauro delle strutture preesistenti (Portus) e la realizzazione di magazzini per lo stoccaggio delle merci (Napoli), ma in generale non si costruiscono più porti, o almeno non in materiali durevoli. È probabile che, in alcune aree portuali, banchine o pontili fossero realizzati in legno, come è stato scoperto nel versante adriatico a Comacchio, ma al momento questa è l’unica testimonianza in Italia. Per quanto questo

2 Cuteri, Corrado et alii 2007, pp. 463-464.

3 Gelichi pp. 302-303.

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possa essere un valido esempio, l’utilizzo del legno nei porti altomedievali liguri - tirrenici, in mancanza di dati certi rimane solo un’ipotesi.

Una diminuzione quantitativa dei porti si fa sempre più forte tra il IX e il X secolo. Le uniche tracce della vitalità di alcune aree portuali in questo periodo sono date dai ritrovamenti di materiali o dalla documentazione scritta, che per il periodo preso in esame sono comunque discontinui e non permettono di comprendere in che condizioni versassero i porti.

In sostanza l’idea più verosimile è che nei secoli altomedievali i porti non siano più costruiti e mantenuti da un’autorità statale, non siano dotati di infrastrutture impegnative, ma soltanto di soluzioni essenziali, legate soprattutto alla necessità di consentire la navigazione per scopi commerciali o per offrire ricovero ai naviganti. Probabilmente la mancata costruzione di opere in muratura, oltre che alle difficili condizioni politico- economiche, è dovuta anche al fatto che semplicemente l’approdo stesso per le sue caratteristiche naturali non ne richiedesse la realizzazione.

A partire dall’ XI secolo i traffici navali riacquistano importanza e i porti riprendono vitalità. Ma è soprattutto dal XII secolo che il numero di aree portuali aumenta notevolmente. I portolani bassomedievali mostrano una realtà articolata in una moltitudine di scali collocati lungo le coste. Si tratta di porti strutturati e approdi minori che il più delle volte erano semplicemente delle insenature riparate, spiagge non troppo esposte ai venti o scali alle foci dei fiumi.

Intorno alla metà del XII secolo si hanno attestazioni di strutture di nuova costruzione. In alcuni porti, come a Genova o a Savona, si realizzano dei moli in muratura ma si tratta di eccezioni. La tecnica più diffusa per la costruzione di infrastrutture come pontili o palizzate, infatti, prevede l’utilizzo del legno.

L’analisi delle fonti ha mostrato come gli investimenti riguardano anche la messa in opera di strutture difensive. In particolare si costruiscono torri, utili sia per osservare l’eventuale avvicinamento di navi nemiche sia per orientare i naviganti o per segnalare la presenza di secche.

Un altro elemento di difesa che caratterizza i porti bassomedievali è la catena portuale

posta a chiusura del bacino, che a partire dall’XI secolo vediamo utilizzata in più porti

come Palermo, Pisa, Falesia. Essa però non è in realtà una “creazione” medievale, la

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troviamo infatti già attestata in Vitruvio (Libro V, XII, 1)

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. Potrebbe trattarsi di un recupero di antiche tradizioni o forse di una continuità d’uso?

Siamo comunque ancora ben lontani da una configurazione “monumentale” del porto come poteva essere quella di età imperiale. L’utilizzo del legno sarà ancora preponderante fino al Trecento e solo verso la fine del XIV secolo si tornerà a costruire strutture interamente in muratura come le banchine e i moli di Genova o di Napoli.

4 Gros 1997, p. 587. «… su entrambi i lati sono da porre torri, dalle quali si possa grazie a macchinari trasportare le catene».

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