1
Introduzione
Negli ultimi decenni si è sentito spesso parlare di problematiche come inquinamento, surriscaldamento del clima, erosione delle risorse ambientali, spreco di energia fossile non rinnovabile e urbanizzazione selvaggia. Tutti questi fattori hanno contribuito a cancellare irrimediabilmente parte dei nostri paesaggi naturali.
Le cause di queste problematiche possono essere attribuite ad un’agricoltura condotta purtroppo con poca consapevolezza, sfruttando al massimo il terreno o ricorrendo all’uso di sostanze chimiche che progressivamente eliminano la naturale biodiversità.
Tuttavia, anche grazie alla costante attenzione dei mass media nei confronti di questi
“nuovi” temi, assistiamo all’evoluzione di un consumatore sempre più informato e allo stesso tempo sensibile nei confronti delle problematiche ambientali, suscitando in quest’ultimo un interesse per la sicurezza degli alimenti, portandolo ad effettuare scelte maggiormente ponderate in merito ai beni consumati.
L’interesse mostrato dai consumatori nell’acquistare prodotti biologici è dovuto al modo in cui questi vengono percepiti: una coltivazione naturale e nel pieno rispetto della terra, priva di qualsiasi sostanza chimica, si tramuta in produzione di alimenti più salutari e naturali. La definizione di “bio” sottende a delle norme severe e pertanto il consumatore è sicuro dei suoi acquisti assolutamente naturali e a minor impatto ambientale.
Ma l’attenzione dei consumatori non è più rivolta solamente alla categoria di prodotti alimentari. Si assiste infatti ad un’ulteriore evoluzione della definizione di “prodotto bio” fino ad inglobare categorie di prodotti molto diverse tra loro come cosmetici e persino abbigliamento.
Le aziende, nel tempo, hanno cercato di soddisfare la domanda proveniente dai consumatori, che cercano prodotti non solo innocui per la salute ma soprattutto a basso impatto ambientale. A seguito di questa forte domanda, e per dar fiducia e sicurezza al consumatore, sono nati vari enti nazionali ed europei che rilasciano certificati bio oltre
2
che per il comparto food e per i settori tessile e dell’edilizia, anche in ambito cosmetico.
Il presente lavoro di tesi si compone di tre capitoli.
Nel primo capitolo si ripercorrerà la storia e lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Sin dagli inizi del Novecento nascono contemporaneamente due filoni di pensiero, che mirano entrambi a promuovere lo sviluppo di un’agricoltura effettuata senza utilizzo di sostanze create o modificate dall’uomo:
il primo filone comprende il concetto di agricoltura biodinamica enunciato da Steiner;
il secondo filone di pensiero è il più vasto e comprende il metodo “organico”
di Howard, il metodo “organico biologico” di Hans Muller e l’impostazione
“fisiologica” di Draghetti.
Lo sviluppo vero e proprio dell’agricoltura biologica inizia negli anni Settanta del secolo scorso, quando viene creato un marchio per commercializzare questi prodotti (promosso dalla Soil Association) e vengono redatti dei disciplinari contenenti regole in merito alla produzione e ai controlli di qualità per garantire al consumatore l’effettiva bontà del prodotto alimentare.
Su questa scia di espansione del biologico nasce la federazione IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements). Oggi risulta essere un riferimento a livello internazionale per l’agricoltura biologica. L’IFOAM ha elaborato quatto principi che riguardano il modo in cui gli esseri umani interagiscono con l’ambiente circostante, cercando di conservare il pianeta per le generazioni future. Questi principi etico- ideologici sono diventati il punto partenza per l’ottenimento di un regolamento volto a disciplinare in modo univoco e a livello europeo l’agricoltura biologica: infatti la Comunità Europea ha emanato il 24 giugno del 1991 il regolamento numero 2092/91.
Questo regolamento europeo disciplina le condizioni affinché un prodotto agricolo o una derrata alimentare possano essere definiti “produzione biologica”.
3 Il secondo capitolo si focalizzerà sulla cosmetica biologica.
Nel primo paragrafo si traccerà un excursus storico della cosmetica dalla preistoria ai giorni nostri. Successivamente si analizzerà il regolamento Europeo 1223/09 CEE che detta precise norme in merito alla definizione di cosmetico, all’etichettatura e informazione al consumatore e agli ingredienti che possono o non possono essere utilizzati nella produzione. Verrà notato come, nonostante ciò, il regolamento lasci un vuoto in merito alla definizione di prodotti cosmetici dichiarati naturali, biologici o eco- bio, e come per colmare questo vuoto, intervengano vari enti certificatori a livello nazionale, europeo e internazionale, ognuno dei quali ha un proprio disciplinare, cosa che, invece di aiutare, potrebbe confondere il consumatore. In particolare verranno approfonditi gli strumenti utili al consumatore che vuole sapere cosa è presente nel suo cosmetico.
In seguito, verrà analizzato lo sviluppo e il trend di mercato della cosmetica naturale e biologica. In particolar modo si enunceranno le quattro leve del marketing mix per il prodotto cosmetico biologico.
Terzo ed ultimo capitolo riguarderà la ricerca di marketing e la metodologia utilizzata.
E’ stato effettuato uno studio netnografico attraverso la rete internet, l’obiettivo principale è stato quello di analizzare i commenti rilasciati dai “consumatori bio” su vari social, blog e forum a proposito delle cosmetica biologica. Dalla ricerca sono emerse informazioni interessanti in merito alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del cosmetico bio, alle abitudini cosmetiche dei consumatori ed inoltre, ai giudizi espressi riguardo le imprese impegnate in tale settore.
4
5
Capitolo primo
L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
1.1 COS’E’ L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
Il termine “agricoltura biologica” o “agricoltura organica”, come è in uso nei paesi anglosassoni, designa una pratica agricola che ha come obiettivo il rispetto dell’ambiente, degli equilibri naturali e della biodiversità, e che cerca di offrire al consumatore prodotti genuini ottenuti nel rispetto del ciclo della natura. Tale pratica ammette solo l'impiego di sostanze naturali, escludendo l'utilizzo di sostanze chimiche, concimi, fitofarmaci e medicinali veterinari chimici di sintesi, e Organismi Geneticamente Modificati.
Per anni si è guardato all'agricoltura biologica come ad un settore innovativo, a cui solo pochi volenterosi, motivati da una forte ideologia, potevano riservare attenzione;
soggetti che magari sceglievano di operare in maniera diversa dalle consuetudini, e perciò tacciati di fanatismo.
L’agricoltura biologica mette enfasi sulla creazione della fertilità della terra prima ancora di coltivare, allo scopo di ottenere un terreno produttivo attraverso tecniche antichissime ancora valide come la rotazione, il sovescio, letamazioni organiche, il tutto in modo da creare una base per coltivare, e che porti alla formazione dell’humus cioè nutrimento delle piante.
1.2 CENNI STORICI SUI PRODOTTI BIOLOGICI
Diversamente da quello che si può pensare, la storia dell’agricoltura biologica ha origini antichissime: già nel XVI secolo si fa riferimento alla concimazione organica e alla rotazione dei terreni, tecniche riprese ed impiegate anche nell’odierna agricoltura biologica.
Nella prima metà dell’Ottocento, fanno la loro prima comparsa i fertilizzanti chimici, ad opera di Justus von Liebig, il quale comprende che con la rivoluzione industriale la popolazione sta crescendo e con essa anche la domanda di beni alimentari, e che una parte delle classi più povere avrebbe dovuto fare i conti con la scarsità di alimenti.
Liebig studia il meccanismo di nutrimento dei vegetali, che consiste di acqua e sostante azotate, e ne deduce che, al fine di aumentare la produzione di alimenti vegetali, era
6
necessario introdurre nel terreno sali inorganici contenenti azoto e fosforo. Gli studi di Liebig portarono da un lato all’aumento delle rese e dall’altro a problemi legati alla fertilità del terreno e alla ridotta durata germinativa delle sementi.
Le origini del biologico vero e proprio possono essere fatte risalire all’inizio del secolo scorso nell’Europa settentrionale, complice la preoccupazione di un gruppo di proprietari terrieri, che nota i primi segni di degradazione e debolezza del terreno causati dai moderni metodi di coltivazione e, in particolar modo, dall’uso crescente di concime chimico. Iniziano a prendere rilievo le pratiche di agricoltura biologica come conseguenza diretta di una serie di riflessioni etico-culturali, alla ricerca di tecniche
“alternative” e più naturali di quelle fino ad ora adottate. Questo cambio di rotta si verifica in primis in Germania, dove si afferma una tendenza culturale di ritorno alla natura. Questo pensiero di riforma della vita inizialmente era espressione di protesta da parte dei ceti intellettuali contro l’affermazione di una ideologia che contrapponeva l’uomo alla natura.
Nel 1913, Rudolf Steiner (filosofo, esoterista, artista e riformista sociale austriaco), approfondisce questo tema e getta le basi dell’antroposofia1, pubblicando un trattato di agricoltura conforme al suo pensiero, teorizzando un nuovo modello di azienda agricola percepito come un organismo vivente autosufficiente.
Nel 1924, Steiner tiene a Koberwitz un ciclo di otto seminari dal titolo “Impulsi scientifico-spirituali per lo sviluppo dell’agricoltura”. Nella sua visione filosofica, la fertilità del suolo è determinata da “forze cosmiche”, “energie astrali” e spirituali, e molta importanza viene attribuita alla posizione dei pianeti, alle fasi lunari e anche a pratiche “esoteriche” che prevedono l’uso di alcuni “preparati”. Sono queste le premesse allo sviluppo del futuro metodo di produzione biologico- dinamico o
“agricoltura biodinamica”2.
I principi cardine di questo modo di produrre puntano al raggiungimento di tre obiettivi fondamentali:
accrescere e mantenere la fertilità del terreno attraverso l’humus;
1L’antroposofia è un percorso spirituale e filosofico elaborato da Rudolf Stainer tra la fine del XIX e l’inizio del XX. La parola antroposofia deriva dalle radici greche ànthropos (uomo) e sophìa (conoscenza), è un percorso di conoscenza, che guida lo spirito dell’uomo verso lo spirito dell’universo.
2 Steiner si limitò a fornire questi insegnamenti circa il modo di produrre solo teoricamente. Egli morirà nel 1925, perciò solo i suoi seguaci, come Pfeiffer, individueranno e svilupperanno i fondamenti pratici di questa tecnica agricola, validi ancora oggi.
7
mantenere le piante in buona salute affinché siano in grado di resistere agli attacchi dei parassiti e alle eventuali malattie;
aumentare la qualità degli alimenti prodotti.
Steiner ha una visione “olistica” dell’azienda agricola: essa ha strette relazioni con l’ambiente circostante, per cui tutti gli elementi come suolo, piante, animali e uomo sono tra loro connessi e in equilibrio.
L’uomo è visto come parte della natura e non come un soggetto contro natura. Egli, infatti, nell’attuare le varie procedure quali la concimazione, la coltivazione e l’allevamento, opera nel pieno rispetto del terreno, promuovendo con tali pratiche la fertilità dello stesso. Conseguentemente, ciò comporta la naturale biodiversità, qualità tipica delle specie vegetali e animali.
L’agricoltore, nella gestione del terreno, segue cicli cosmici e il calendario lunare, importante nella fase di semina.
Il metodo biodinamico punta a ricreare l’humus nel terreno, per far ciò Steiner utilizza preparati biodinamici3, che si dividono in due categorie :
da cumulo, vengono impiegati nel processo di trasformazione della sostanza organica in humus. Le sostanze vegetali preposte allo scopo, prima di entrare a far parte del cumulo di letame adatto all’uso, subiscono un processo di compostaggio nel terreno. Esistono sei tipi di preparati di cumulo e sono:
◦ n° 502 fiori di achillea;
◦ n° 503 fiori di camomilla;
◦ n° 504 fiori di ortica;
◦ n° 505 corteccia di quercia;
◦ n°506 fiori di tarassaco;
◦ n° 507 fiori di valeriana.
da spruzzo. Esistono due tipologie di preparati che vanno spruzzati direttamente sul terreno o sulla pianta, che influenzano la dinamica della crescita vegetale e che vengono “dinamizzati” (è una pratica fondamentale dell’agricoltura biodinamica e consiste nel rendere attive delle sostanze attraverso la loro
3Secondo Steiner «non si tratta solo di aggiungere delle sostanze (da intendersi: nel concime) che riteniamo necessarie perché passino poi nella pianta, ma anche di aggiungere forze viventi. Per la pianta sono molto più importanti le forze viventi che le sostanze come tali». Cfr. L. MILENKOVI, Origine e sviluppo della agricoltura ecologica in Europa, Milano 1990, p. 74.
8
diluizione e forte compenetrazione con l’acqua attraverso un energico mescolamento4) per un’ora immediatamente prima dell’uso:
◦ preparato corno-letame 500;
◦ preparato corno-silice 501.
In tutta l’Europa e principalmente nei paesi del nord, intorno agli anni trenta del secolo scorso si diffonde il concetto di agricoltura biodinamica, contemporaneamente nascono le prime associazioni che adottano questo metodo di coltivazione. Oggi tale metodo è ufficialmente riconosciuto sia in Austria sia in Svizzera.
Pochi anni dopo la morte di Steiner, gli agricoltori che lavorano la terra seguendo i principi della biodinamica avvertono la necessità di proteggere i loro prodotti e le loro aziende. Nel 1927, nasce così la più grande associazione che si occupa di certificare le aziende e i prodotti ottenuti con il metodo descritto dal filosofo. Il marchio Demeter5 fu così chiamato in onore di Demetra, dea della fertilità e della terra. Prima con il marchio fiore (figura1), poi con il marchio parola (figura2), Demeter è apparso su tutti i prodotti ottenuti da coltivazioni biodinamiche.
«Oggi Demeter è presente con i suoi enti di certificazione in ben 43 stati, coordinati dalla Demeter International, la federazione con sede in Germania (Darmstadt) nata nel 1997 allo scopo di garantire una stretta cooperazione nei settori legali, economici ed etici.
Attraverso la sua sede di Parma, l’Associazione svolge un’attenta azione di controllo sulla produzione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti biodinamici, seguendo ogni fase della filiera fino al rilascio della certificazione e all’etichettatura, difendendo così il marchio da eventuali abusi e denigrazioni.
4 http://www.valorealimentare.it/03/05/2010/agricoltura/biologico-e-biodinamico/dinamizzazione/1531/.
5 http://www.demeter.it/la-storia-del-marchio-demeter.
Figura 2: marchio "Demeter"
attualmente in uso Figura 1: marchio "Demeter"
fiore
9 Le norme da rispettare per ottenere la certificazione e il marchio Demeter fissano i metodi per la produzione vegetale (uso di compost e preparati, divieto di materiali geneticamente modificati ecc.), ma anche direttive per la lavorazione della carne, prodotti caseari, prodotti di panificazione, frutta, verdure, spezie, erbe aromatiche, e prodotti non alimentari come i cosmetici e i prodotti tessili» 6.
Il metodo Stainer di agricoltura biodinamica costituisce, dunque, un filone di pensiero ben specifico, che si differenzia da un secondo, più vasto, che comprende il metodo
“organico” di Howard, il metodo “organico biologico” di Hans Müller e l’impostazione
“fisiologica” di Draghetti.
Uno dei primi ricercatori britannici che ha studiato ed effettuato degli esperimenti in merito alle pratiche di agricoltura biologica è stato Sir Albert Howard. Il lavoro da lui svolto si componeva di una serie di ricerche condotte in India, volte a chiarire le cause che stavano determinando, sia per le piante sia per gli animali una maggiore esposizione agli attacchi parassitari e all’insorgere di malattie.
Da una prima fase di esperimenti, egli dedusse che la causa della maggiore suscettibilità ad ammalarsi sia delle piante sia degli animali deve ricercarsi nella diminuzione della fertilità del suolo, quest’ultima dovuta a nuove tecniche colturali non adeguate che prevedono l’uso di fertilizzanti chimici e che hanno procurato la distruzione di un equilibrio biologico.
La seconda fase di esperimenti riguardava lo studio di nuove varietà, e anche in questo caso Howard giunse alla medesima conclusione e cioè che tutto dipendeva dalla fertilità del suolo, infatti esso risultava un fattore determinante affinché queste nuove varietà potessero svilupparsi ed esprimere le proprie potenzialità.
Howard enfatizzò l’importanza della fertilità del suolo e elaborò un metodo di compostaggio chiamato “Indore Method”, il quale prevedeva la creazione dell’humus e il ritorno al suolo dei nutrimenti fondamentali sia di origine animale sia vegetale, persi a causa dell’utilizzo incontrollato delle sostanze chimiche.
Gli studi di Sir Albert Howard furono fonte di ispirazione, nel 1939, per Lady Eve Balfour7, che ha dato vita all’Haughley Experiment, uno studio comparativo tra metodi agricoli naturali e convenzionali. Il risultato di questo studio fu reso noto nel 1943, con la pubblicazione di “The Living Soil”. Nel 1946, Lady Eve Balfour co-fondò la Soil
6 Ibidem.
7 http://www.ifoam.bio/en/lady-eve-balfour
http://www.soilassociation.org/ e http://www.soilassociation.org/Aboutus/Ourhistory
10
Association e ne diventò la prima presidente. Questa associazione nacque con l’obiettivo di trovare delle soluzioni ai problemi che stavano emergendo in merito, per esempio la preoccupazione di molte persone verso questi nuovi metodi di produzione intensiva e le possibili ricadute sulla salute. L’associazione divenne un pilastro fondamentale per il diffondersi del metodo biologico in quanto cerca di cogliere e diffondere le informazioni che provengono da tutto il mondo circa i metodi di produzione naturale. Nel 1967, vengono redatti i primi standard di produzione dei prodotti biologici. Nel 1973, con l’elevata domanda da parte dei consumatori di questo tipo di prodotti, si creano dei certificati da attribuire a quelle preparazioni ottenute rispettando gli standard previsti. Oggi, il 70% dei cibi biologici nel Regno unito è certificato dalla Soil Association8.
Alla fine degli anni trenta del XX secolo, il dottor Hans Müller iniziò ad occuparsi delle piccole aziende agricole svizzere, notando i vari problemi legati alla produzione che avvertivano quest’ultime. Per esempio, il problema della ipofertilità del bestiame era causato dalla concimazione minerale. In tale occasione, definì i criteri della organical- biological farming. Successivamente Müller, insieme al medico austriaco Hans Peter Rusch, inaugurò un metodo di agricoltura biologica a basso impatto ambientale, puntando a razionalizzare le risorse rinnovabili. Anche questo metodo, come quello elaborato da Steiner, conferiva molta importanza all’humus presente nel terreno, ma in più i due studiosi specificavano che è preferibile, per non modificare la microflora, limitare le lavorazioni del terreno.
Rush effettuò delle ricerche volte a comprendere il ruolo che rivestono i microrganismi presenti nel suolo, da cui elaborò l’ipotesi della circolazione della materia vivente, spiegando che la pianta non assorbe le sostanze nutritive solo sotto forma di ioni minerali ma anche di macromolecole, e dedusse che sono i microrganismi ad attuare il processo di assorbimento, tra cui particolare ruolo hanno i batteri dell’acido lattico, presenti nel terreno, nelle piante e nell’uomo.
Müller, insieme a Rusch, sviluppò, infine, un test per la determinazione del livello di fertilità del suolo, che si basa su una duplice tipologia di analisi:
la prima parte di questo test è di tipo quantitativo, cioè determina l’intensità dell’attività microbica;
8 http://www.soilassociation.org/Aboutus/Ourhistory
11
la seconda parte del test, quella più importante, tende ad esaminare il tipo di microrganismi presenti.
In Italia, nel 1947, un contributo importante riguardo il metodo di produzione del biologico arrivò da Alfonso Draghetti, il quale, dopo vari studi nel campo della genetica e della biologia del frumento, ha raccolse tutti i suoi lavori in un’opera dal titolo Principi di fisiologia dell’azienda agraria. In essa, egli muoveva una critica alle nuove aziende agricole, poiché la produzione di massa aveva stravolto il ruolo originario dell’azienda agraria, divenuta ora mera trasformatrice di materie prime a seconda delle richieste provenienti dal mercato. Contrapponendosi a questo criterio, egli definiva l’azienda agricola biologica come un’entità simbiotica e vitale, in grado di ripristinare il legame inscindibile tra coltivazione ed allevamento tramite la materia organica e la sua forza rigenerante.
Nel 1969, nasceva in Italia l’Associazione Suolo e Salute (un organismo di controllo e certificazione per l’agroalimentare e l’ambiente), tra i cui fondatori vi era il professore Francesco Garofalo, docente di fitoiatria dell’Università di Torino9 .
Egli era interessato a vari studi elaborati anni prima, in particolar modo era attratto da alcune pratiche agronomiche alternative proposte da Draghetti, il quale «proponeva come concimazione la sostanza organica integrata con concimi minerali durante la maturazione delle composte. Garofalo era in contatto da tempo con l’ingegner Ghiotti che aveva già conosciuto l’agricoltura biologica in Francia (metodo Lamaire-Boucher) ed aveva iniziato ad introdurla in Italia utilizzando, come integratore, il Litothamnium»10. Tra i due iniziò una intensa attività di collaborazione, col fine di applicare praticamente i principi della teoria umo-minerale elaborata da Draghetti.
Grazie al professor Garofalo, disponiamo della definizione del metodo di agricoltura organico-minerale alla cui base vi è la concimazione della sostanza organica, elemento indispensabile affinché vi sia una fertilità durevole.
Lo scenario successivo al secondo dopoguerra apre le porte alla ripresa dell’Europa, in questo periodo si assiste ad una forte domanda di prodotti alimentari, che spinge tutti gli operatori a trovare delle soluzioni alternative a quelle praticate precedentemente. Le nuove scoperte scientifiche, chimiche e tecnologiche in questo momento sembrano essere un valido aiuto se applicate all’agricoltura, ne sono un esempio l’impiego in
9http://www.coldiretti.it/organismi/inipa/area%20formazione/cd%20probio/files/versionePDF/01_AgrBio .pdf.
10http://www.coldiretti.it/organismi/inipa/area%20formazione/cd%20probio/files/versionePDF/01_AgrBi o.pdf.
12
agricoltura di pesticidi e fertilizzanti che in un primissimo momento sono riusciti a rispondere all’elevata domanda di prodotti alimentari. Nel lungo periodo, si riscontra che queste pratiche di coltivazione “intensive” rendono sempre meno; anche aumentando il quantitativo di fertilizzanti, infatti, il suolo è “stanco” e sta morendo biologicamente.
Col tempo questa produzione “convenzionale” ed intensiva si è distaccata dall’idea di coltura di prima, portando alla rottura dell’equilibrio esistente tra agricoltura e ambiente e determinando così un senso di responsabilità e una presa di coscienza maggiore per le cause che tutto ciò provoca al terreno.
In Messico, nel 1944, si era verificata la cosiddetta “green revolution”, che ha come padre fondatore Norman Ernest Borlaug, premio Nobel per la pace nel 1970. Iniziò la sua carriera di ricercatore collaborando con alcuni scienziati messicani e, grazie ai finanziamenti della Rockefeller Foundation, lavorò su nuove varietà di grano in grado di resistere ai parassiti che minacciavano la produzione messicana. Per decenni incrociò varietà di grano provenienti da tutto il mondo, fino ad ottenerne una resistente alle malattie e ad alta produttività11. Il suo modello di produzione, dati i successi nell’aumento della rendita agricola ottenuti in Messico, fu successivamente adottato in India e in Pakistan dove, oltre a raddoppiare in alcuni casi la produzione, ebbe anche conseguenze legate sia al fattore ambientale (consumo di acqua e utilizzo dei fertilizzanti) sia al fattore sociale (la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi grandi agricoltori), riscontrabili soprattutto in Africa, paese in via di sviluppo e dove maggiormente si lottava contro la fame.
Gli anni settanta del Novecento sono ricordati come gli anni di forte depressione economica, inflazione, shock petrolifero e soprattutto in agricoltura ci si rese conto, grazie ai movimenti ambientalisti, che si deve essere meno dipendenti dalle risorse fossili.
Nel 1972 nasce l’IFOAM, International Federation of Organic Agricolture Movements12, con lo scopo di fissare dei principi di riferimento a cui potessero guardare i movimenti di agricoltura biologica che si stavano diffondendo in ogni paese, ed allo stesso tempo per delineare degli standard da diffondere fra gli agricoltori. E, poiché l’agricoltura rappresenta una fra le più antiche, se non la più antica attività a cui l’uomo si sia dedicato, pregna di storia, cultura e valori, i principi in questione intendono non
11 http://www.expo.rai.it/norman-borlaug-agricoltura/.
12 http://www.ifoam.bio/en/about-us/history
13 solo essere delle linee guida per la nascita e lo sviluppo dell’agricoltura biologica, ma anche esprimere il contributo che questa attività produttiva apporta al pianeta.
I principi IFOAM «riguardano l’agricoltura nel senso più ampio, e comprendono il modo in cui l’uomo si occupa della gestione della terra, dell’acqua, delle piante e degli animali per produrre, preparare e distribuire cibo ed altri beni»13. Sono principi che riguardano il modo in cui le persone interagiscono con l’ambiente circostante, e come si relazionano tra loro e formano l’eredità per le generazioni future.
I principi individuati dall’IFOAM sono i seguenti14:
the principle of health (principio della salute)15: l’agricoltura biologica dovrebbe sostenere e migliorare il benessere del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani e del pianeta. Questo principio inoltre enuncia che la salute degli individui non può essere staccato dalla salute degli ecosistemi, perché terreni sani produrranno cibo sano favorendo nel contempo il benessere delle persone e degli animali;
the principle of ecology (principio dell’ecologia)16: l’agricoltura biologica deve raggiungere un equilibrio ecologico attraverso la progettazione di sistemi di produzione agricola volti a mantenere la biodiversità. Tutta la produzione deve essere basata su processi ecologici e di riciclo;
the principle of fairness (principio dell’equità)17: l’agricoltura biologica dovrebbe essere basarsi su rapporti che assicurino equità riferita all’ambiente comune ed alle opportunità di vita. Inoltre tale principio focalizza l’attenzione sulla salute e benessere degli animali ai quali devono essere forniti condizioni opportune di vita;
the principle of care (principio della cura, della precauzione)18: l’agricoltura biologica dovrebbe essere gestita in modo precauzionale e responsabile, in modo da proteggere la salute e il benessere delle generazioni presenti e future, nonché dell’ambiente. Tale principio si basa su due elementi chiave la precauzione e la responsabilità, nel momento in cui si effettuano delle scelte di gestione e di sviluppo di innovazioni tecnologiche apportate all’agricoltura. Queste nuove tecnologie dovranno
13 http://www.labiolca.it/agricoltura-biologica/1640-i-principi-dellifoam
14 http://www.ifoam.bio/en/organic-landmarks/principles-organic-agriculture,
15 http://www.ifoam.bio/en/principles-organic-agriculture/principle-health
16 http://www.ifoam.bio/en/principles-organic-agriculture/principle-ecology
17 http://www.ifoam.bio/en/principles-organic-agriculture/principle-fairness
18 http://www.ifoam.bio/en/principles-organic-agriculture/principle-care
14
apportare valori positivi all’ambiente come ridurre i rischi di inquinamento ed ecologici.
Intorno agli anni ottanta nascono molti movimenti ecologici, e la produzione biologica si attesta in continua crescita, soprattutto i paesi del nord Europa iniziano a rifiutare sempre più le sostanze chimiche. Ogni paese inizia a sviluppare una propria idea di agricoltura biologica.
Per comprendere al meglio l’importanza del biologico è necessario enunciare le differenze che esistono tra gli altri principali metodi di produzione:
Agricoltura convenzionale: «ha avuto un grande sviluppo negli anni del “boom economico” (metà anni cinquanta – metà anni sessanta del secolo scorso) e, come la maggior parte dei modelli di sviluppo economico di quel periodo, aveva come obiettivo primario l’aumento dei redditi, dei profitti e della produttività con la conseguente modifica dei processi produttivi e riduzione della manodopera. In questo tipo di agricoltura, il mezzo per raggiungere gli scopi suddetti era, principalmente, quello di aumentare le produzioni ad ettaro, facendo ricorso ad una forte spinta nella meccanizzazione, ad un ampio uso di prodotti chimici di sintesi per la fertilizzazione ed i trattamenti antiparassitari, all’impiego ed alla produzione di piante e animali geneticamente selezionati, ad una spiccata specializzazione aziendale. Per molto tempo, un’agricoltura di tipo intensivo e utilizzatrice di prodotti chimici di sintesi è stata vista come l’unica via per riuscire a nutrire la popolazione mondiale in costante aumento. In tal modo, mentre da una parte si sono ottenuti buoni risultati in termini di quantità e qualità delle produzioni, con conseguenti vantaggi di tipo reddituale ed economici, dall’altra si sono registrati pesanti effetti negativi per l’ecologia del sistema agricolo e dell’ambiente.
In particolare si sono riscontrati:
◦ la perdita della fertilità del terreno dovuta all’impoverimento della sostanza organica nei suoli agrari ed alla riduzione dell’attività biologica del suolo;
◦ la comparsa di organismi resistenti ai trattamenti fitosanitari e sempre più virulenti, con la conseguente necessità di aumentare il numero dei trattamenti chimici di sintesi per combatterli, ma anche della tossicità degli stessi trattamenti;
◦ l’appiattimento della biodiversità;
15
◦ l’inquinamento ambientale e il degrado del paesaggio.
Per limitare tali danni, attualmente, l’agricoltura convenzionale, riconosciuta la necessità di porvi comunque un rimedio, si sta muovendo anch’essa verso un modello di produzione a minor impatto ambientale, perciò meno intensivo, che prevede non solo la riduzione dell’uso di sostanze chimiche di sintesi, ma anche il ripristino e la conservazione della fertilità fisica - chimica del terreno, la salvaguardia della biodiversità e di tutte le forme di vita presenti nell’agroecosistema»19;
Agricoltura sostenibile (ecocompatibile): si sviluppa intorno gli anni ottanta/novanta, con l’obiettivo ambizioso di soddisfare le esigenze economiche senza intaccare il patrimonio ambientale. Questo concetto è maturato «dalla definizione originaria di sviluppo sostenibile (Rapporto Bruntland, 1987):
sviluppo che risponde alle necessità del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze»20, e quindi fa riferimento ad un’agricoltura che è in equilibrio con l’ambiente e che cerca di preservarlo per permettere anche alle future generazioni di poter continuare a coltivare i terreni;
Agricoltura integrata: rientra tra i metodi a basso impatto ambientale, è un metodo di produzione intermedio tra il convenzionale e il metodo biologico. In questa tipologica di produzione non viene definitivamente escluso l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi, ci sono delle norme tese a ridurre sensibilmente la quantità di tali prodotti chimici, privilegiando le tecniche colturali di tipo agronomico e di lotta guidata. Al riguardo, l’organizzazione internazionale per la lotta biologica (Oilb) definisce la lotta integrata come «una strategia con la quale si mantengono le popolazioni di organismi nocivi al di sotto della soglia di tolleranza, sfruttando i meccanismi naturali di regolazione e utilizzando metodi di difesa accettabili dal punto di vista ecologico, economico e tossicologico»21. Nell’agricoltura integrata si ricorre all’uso di prodotti chimici di sintesi solo se è effettivamente necessario, e in quei casi in cui il metodo naturale non risulta sufficiente e quindi i parassiti possono rovinare il prodotto e comportare per
19 Fonte: Documento APAT del 30 novembre 2004, Rapporto sull’agricoltura biologica (rapporti 48/2005) pp. 37-38. http://www.csm.br.it/documenti/allegati/Rapporto_Agr_Biol.pdf
20 Fonte: Documento APAT del 30 novembre 2004, Rapporto sull’agricoltura biologica (rapporti 48/2005) pag. 38. http://www.csm.br.it/documenti/allegati/Rapporto_Agr_Biol.pdf.
21 G. P. CESARETTI, A. ANNUNZIATA, Strategie e strumenti per la valorizzazione sostenibile delle produzioni agroalimentari di qualità, MIilano,2011, p. 193.
16
l’agricoltore un danno economico per il mancato reddito. Nel momento in cui si decide di utilizzare prodotti fitosanitari si sceglieranno quelli meno tossici e meno persistenti nell’ambiente, al fine di salvaguardare la produzione, l’ambiente, la salute degli agricoltori e dei consumatori.
1.3 LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE ED EUROPEA
Per quanto concerne la definizione di agricoltura biologica, non ne esiste una univoca, per cui è necessario prendere in considerazione le varie disposizioni contenute nei documenti dei più importanti organismi a livello internazionale, europeo e nazionale.
A livello internazionale, IFOAM (International Federation of Organic Agricolture Movements) rappresenta un punto di riferimento per molti Stati, poiché molti hanno preso come base per le proprie normative la definizione di agricoltura biologica enunciata da tale federazione.
«L'agricoltura biologica è un sistema di produzione che sostiene la salute del suolo, dell’ecosistema e delle persone. Si basa su processi ecologici, biodiversità e cicli adatti alle condizioni locali, piuttosto che l'uso di input con effetti avversi. L'agricoltura biologica combina tradizione, innovazione e scienza perché l'ambiente condiviso ne tragga beneficio e promuove relazioni corrette e una buona qualità della vita per tutti coloro che sono coinvolti» 22.
La commissione Codex alimuntarius (istituita nel 1962 da FAO, Food and Agricolture Organization, e WHO organizzazione mondiale per la sanità), nel 1999, ha definito l'agricoltura biologica come un sistema olistico di gestione della produzione, che promuove e valorizza la salute dell’agro-ecosistema, compresa la biodiversità, i cicli biologici e l'attività biologica del suolo. Sottolinea l’utilizzo di pratiche di gestione piuttosto che l'uso di fattori di produzione esterni, considerando anche le condizioni locali che richiedono sistemi adattati23. Tutto ciò si ottiene utilizzando, ove possibile, metodi agronomici, biologici e meccanici, anziché utilizzare materiali sintetici.
Per il Codex alimentarius un sistema di produzione biologica è progettato per24: a) valorizzare la diversità biologica all'interno dell'intero sistema;
b) aumentare l'attività biologica del suolo;
22http://www.federbio.it/Agricoltura_Biologica.php,
http://www.ifoam.bio/sites/default/files/page/files/doa_italian.pdf http://infohub.ifoam.bio/en/ifoam-standard.
23 http://www.codexalimentarius.org/standards/list-of-standards/ documento CAC/GL32 del 1999 al punto7 p.2
24 Ibidem.
17 c) mantenere la fertilità del suolo a lungo termine;
d) riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di restituire gli elementi nutritivi alla terra, riducendo così al minimo l'uso di risorse non rinnovabili;
e) disporre di risorse rinnovabili in sistemi agricoli organizzati localmente;
f) promuovere la corretta utilizzazione del suolo, delle risorse idriche e dell'atmosfera, nonché ridurre al minimo tutte le forme di inquinamento che possono derivare dalle pratiche agricole;
g) gestire i prodotti agricoli, con particolare riguardo e attenzione ai metodi di lavorazione, al fine di mantenere l’integrità biologica e le qualità essenziali del prodotto in tutte le fasi;
h) essere effettuato in qualsiasi azienda esistente, dopo un periodo di conversione, la durata di questo periodo è determinata tenendo presente fattori specifici del sito, come informazioni storiche in merito al terreno, al tipo di colture e allevamenti previsti.
Il primo passo normativo per disciplinare il settore del biologico a livello europeo si ha con il regolamento 2092/91 CEE, che definisce i criteri da seguire affinché un prodotto agricolo o una derrata alimentare possano recare un riferimento al metodo di produzione biologico.
1.3.1 REGOLAMENTO 2092/91CEE
Nella parte introduttiva del regolamento del 24 giugno del 1991 n. 2092 sono presenti alcune indicazione in merito all’agricoltura biologica:
è un metodo di produzione che “ richiede un impiego meno intensivo della terra”;
che “tale metodo di produzione può quindi svolgere una funzione nel quadro del riorientamento della politica agricola comune per quanto attiene alla realizzazione di un migliore equilibrio tra l’offerta e la domanda dei prodotti agricoli, la tutela dell’ambiente e la conservazione dello spazio rurale”;
“costituisce un metodo particolare di produzione al livello delle aziende agricole; che occorre pertanto disporre che sull'etichettatura dei prodotti trasformati le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico siano legate alle indicazioni relative agli ingredienti ottenuti mediante tale metodo di produzione”;
18
“il metodo di produzione biologico implica restrizioni importanti per quanto concerne l’utilizzazione di fertilizzanti o antiparassitari che possono avere conseguenze nocive per l’ambiente o dare origine a residui nei prodotti agricoli”;
“l’agricoltura biologica fa ricorso a tecniche colturali di vario tipo e all’apporto limitato di concimi e ammendamenti di origine non chimica e poco solubili” 25. Questo regolamento è molto ampio e complesso, infatti oltre ad enunciare un metodo di produzione agricola per i prodotti vegetali, provvede a regolamentare l’etichettatura, la trasformazione, l’ispezione e il commercio dei prodotti dell’agricoltura biologica all’interno della Comunità, nonché l’importazione di tali prodotti dai paesi terzi.
L’articolo 1 del regolamento definisce il campo di applicazione: i prodotti agricoli vegetali e animali non trasformati, i prodotti agricoli vegetali e animali trasformati destinati all’alimentazione umana composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale e/o animale, i mangimi e le materie prime per mangimi. Tali prodotti devo recare sull’etichetta, nella pubblicità e nella documentazione commerciale, le indicazioni in merito agli ingredienti o le materie prime utilizzate, atte ad informare l’acquirente che quel prodotto è stato ottenuto secondo il metodo di produzione definito da tale articolo. Per quanto concerne le norme relative alla produzione, si vedano gli articoli 6, 6bis, 7 e gli allegati I e II. Il fine è di tutelale l’agricoltura biologica, perciò tali norme dispongono che l’impresa deve adottare alcuni criteri generali che riguardano le produzioni animali e vegetali, i prodotti per la concimazione del terreno, le materie prime per i mangimi, gli antiparassitari, i prodotti consentiti per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti.
Tra i vari aspetti cui la normativa fa riferimento, molta importanza è data alla concimazione del suolo, prevedendo la sostituzione di prodotti chimici di sintesi con prodotti di natura organica vegetale o animale (quali letame, gli escrementi liquidi di animali, i rifiuti domestici compostati o fermentati). Sempre nel regolamento, «la fertilità e l'attività biologica del suolo devono essere mantenute o aumentate in primo luogo mediante: la coltivazione di leguminose, di concimi verdi o di vegetali aventi un
25 Regolamento 2092/91 CEE del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1991R2092:20080514:IT:PDF, pag.
3,
19 apparato radicale profondo nell'ambito di un adeguato programma di rotazione pluriennale»26.
Il regolamento comunitario predispone la possibilità, e quindi i criteri di conversione, cioè il passaggio dal metodo di produzione convenzionale al metodo di produzione biologico. La fase di conversione prevede un periodo di almeno due anni prima della semina o, nel caso di pascoli, di almeno due anni prima della loro utilizzazione come alimenti per animali ottenuti dall'agricoltura biologica o ancora, nel caso delle colture perenni diverse dai prati, di almeno tre anni prima del primo raccolto dei prodotti di cui all'articolo 1. L’autorità o l’organismo di controllo può tuttavia prevedere un periodo di conversione diverso, in base alle condizioni oggettivamente rilevate in azienda e documentate. Comunque, il periodo minimo di conversione non può essere inferiore a un anno.
Nella tabella seguente, sono annotate le principali differenze tra i diversi standard dell’IFOAM, le linee guida del Codex alimentarius e il regolamento europeo 2092/91.
26Allegato I. Norme per la produzione biologica a livello aziendale, parte A vegetali e prodotti vegetali punto 2.1.
20
Tabella 1: Principali differenze tra gli standard base 2002 dell’IFOAM, le linee guida del Codex Alimentarius (1999/2001), la normativa europea 2092/91 in Agricoltura biologica.
Capitoli IFOAM
(standard base 2002)
Codex Alimentarius (linee guide 1999/2001)
Normativa Europea (Reg.
CEE 2092/91)
Funzioni degli standard
Lista di principi generali, criteri e standard base (a livello internazionale)
sulla coltivazione e trasformazione delle produzioni biologiche.
Fornisce la certificazione di accredito agli Organismi di controllo.
Guide linea a livello internazionale per tutelare e
informare i consumatori.
Sulla base delle linee guida vengono elaborate norme e regolamenti in ogni singolo
Stato. Non dà alcuna certificazione
Regolamento che dà le norme di base per la produzione vegetale (2092/91) e animale (1804/99), per la lavorazione, l’importazione di prodotti organici, le procedure di ispezione, l’etichettatura e il mercato nell’UE. Ha valore di legge
Ambiti
Prodotti alimentari e non alimentari, incluso il settore della pesca, tessile,
ecc.
Principalmente prodotti alimentari.
Prodotti alimentari e non alimentari.
Etichettatura
Autorizzata dopo 2 anni dalla conversione.
> 95%“da agricoltura biologica”, 70 %“da agricoltura biologica”
deve essere specificato. <
70% dicitura “da agricoltura biologica”
accanto ad ogni singolo ingrediente biologico
della lista.
Dopo 2 anni dalla conversione. >95% “da agricoltura biologica”, 70%
≥ 95% deve presentare la dicitura “da agricoltura biologica” accanto ad ogni
singolo ingrediente biologico della lista.
Permesso a livello nazionale.
Dopo 2 anni dalla conversione. >95% “da agricoltura biologica”, 70% ≥
95% deve presentare la dicitura “da agricoltura biologica” accanto ad ogni singolo ingrediente di origine
biologica della lista degli ingredienti.
Fase di conversione
Per l’intera superficie aziendale o per unità: 1 anno prima del raccolto per le colture annuali; 18
mesi per le colture perenni.
Per l’intera superficie aziendale o per unità:
minimo 2 anni prima del raccolto per le colture
annuali; 3 anni per le colture perenni.
Per tutta la superficie aziendale o per unità: minimo
2 anni prima del raccolto; 3 anni per le colture perenni.
Fertilizzazione
Liste simili. E’ ammesso l’uso di feci umane, ma
non per i vegetali di consumo diretto.
Liste simili. E’ ammesso l’uso di feci umane, ma non
per i vegetali di consumo diretto.
Liste simili. Escluso l’uso di feci umane.
Controllo delle malattie, degli
insetti e delle infestanti
Liste simili Uso di mezzi fisici e termici per il controllo delle infestanti.
Liste simili. Uso di mezzi fisici e termici per il controllo delle infestanti.
Liste simili. Uso di mezzi fisici e termici per il controllo
delle infestanti.
OGM Esclusi Esclusi Esclusi
Allevamento animale
Norme abbastanza dettagliate.
Norme di base. Norme molto dettagliate, specialmente per il pollame.
Fonte: documento APAT del 30 novembre 2004, “Rapporto sull’agricoltura biologica” (rapporti 48/2005) pag. 16. http://www.csm.br.it/documenti/allegati/Rapporto_Agr_Biol.pdf
L’articolo 2 del regolamento fa riferimento alla terminologia utilizzata e i
«corrispondenti termini derivati (come bio, eco, ecc.) o diminutivi in uso, soli o
21 combinati, sono considerati indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico in tutta la Comunità e in ogni sua lingua»27.
Il Consiglio ha deciso per ogni lingua il termine più coerente per indicare il metodo di produzione biologica previsto dal regolamento, nonché tutta la tutela istituita.
Tabella 2: il termine biologico nelle diverse lingue comunitarie.
Lingua Definizione
Bulgaro Spagnolo
Ecológico Ecológico
Danese Økologisk
Tedesco ökologisch, biologisch
Greco Βιολογικό
Inglese Organic
Francese Biologique
Italiano Biologico
Olandese Biologisch
Portoghese Rumeno
Biológico Ecologic
Finlandese Luonnonmukainen
Svedese Ekologisk
Fonte: elaborazione art.2 regolamento 2092/91 CEE.
A seguito della crescente domanda dei prodotti biologici e in un mercato così fiorente con vuoti d’offerta, era possibile il verificarsi di frodi, per questo si ha la necessità di informare il consumatore e soprattutto tenerlo lontano da possibili raggiri.
In un primo momento, il regolamento 2092/91 CEE (agli articoli 5, 10) aveva previsto determinati criteri affinché un prodotto potesse definirsi biologico ed inoltre riportava in etichetta tale dicitura e le indicazioni in merito al regime di controllo. Successivamente, nel 1995, il Consiglio ha emanato un nuovo regolamento che va a modificare in alcune parti il regolamento 2092/91CEE, e allo stesso tempo prevede la possibilità di adottare un logo specifico volto ad indicare il metodo di produzione biologico, l’indicazione di conformità e a chiarire che quel prodotto è stato sottoposto al regime di controllo. Il regolamento 2092/91 ha subito un ulteriore modifica tramite l’entrata in vigore del regolamento 331/2000 CEE (in particolare ha modificato l’allegato V) ed ha definito un
27 Articolo 2 del regolamento 2092/91CEE del Consiglio, del 24 giugno 1991, “Relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari”.
22
logo al fine di accrescere la credibilità e migliorare la visibilità sul mercato di tali prodotti28.
Il logo e le indicazioni di conformità dell’organo di controllo possono essere posti su alcuni prodotti di cui al regolamento 2092/ 91CEE che soddisfano queste condizioni:
devono contenere per almeno il 95% ingredienti prodotti secondo il metodo biologico;
durante l’intero processo di produzione e di preparazione devono essere sottoposti al regime di controllo previsto dal regolamento; anche gli operatori coinvolti nelle operazioni di produzione agricola, trasformazione, imballaggio ed etichettatura del prodotto devono essere sottoposti a tale regime di ispezione;
sono venduti direttamente in imballaggi sigillati o sono immessi nel mercato come prodotti alimentari in imballaggi preconfezionati;
in etichetta devono riportare il nome e/o la ragione sociale del produttore, preparatore o venditore, nonché il numero di codice dell’organismo di controllo.
Nel giugno 2007, il Consiglio europeo ha varato il regolamento 834/2007 CEE relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che abroga il precedente 2092/91CEE. Nel nuovo regolamento si specifica il metodo di produzione del biologico, che deve avvenire facendo uso di pratiche ambientali che garantiscono un alto livello di biodiversità e la salvaguardia delle risorse naturali, ma anche l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali ed un utilizzo più razionale delle risorse non rinnovabili.
Il regolamento 834/2007 CEE, nella parte introduttiva ai punti dal 24 al 27, fa riferimento, per aumentare l’informazione e la chiarezza verso i consumatori, a quando effettivamente può essere utilizzato il logo UE sui prodotti preconfezionati e l’indicazione del luogo di origine della materia prima.
«Per dare chiarezza ai consumatori in tutto il mercato comunitario, occorre rendere obbligatorio il logo UE per tutti i prodotti alimentari biologici in imballaggio preconfezionato ottenuti nella Comunità. Si dovrebbe altresì poter utilizzare il logo UE su base volontaria nel caso di prodotti biologici non preconfezionati ottenuti nella Comunità o per i prodotti biologici importati da paesi terzi. Si ritiene tuttavia opportuno limitare l’utilizzazione del logo UE ai prodotti che contengono
28Articolo 10 del regolamento CEE 2092/91 e regolamento CEE n. 331/2000 della Commissione, del 17 dicembre 1999, che modifica l’allegato V del regolamento CEE 2092/91 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (GU L 48 del 19.2.2000, pag. 1).
23 unicamente, o quasi unicamente, ingredienti biologici, in modo da non trarre in inganno i consumatori sulla natura biologica dell’intero prodotto. Pertanto non se ne dovrebbe consentire l’utilizzazione nell’etichettatura di prodotti in conversione o di alimenti trasformati in cui meno del 95 % degli ingredienti di origine agricola siano biologici. Il logo UE non dovrebbe in alcun caso impedire l’utilizzazione simultanea di loghi nazionali o privati. Inoltre, per evitare pratiche ingannevoli e qualsiasi confusione tra i consumatori circa l’origine comunitaria o meno del prodotto, ogniqualvolta sia utilizzato il logo UE i consumatori dovrebbero essere informati del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto»29.
Infatti, assieme al logo comunitario e nello stesso campo visivo, deve essere riportata l'indicazione dell'origine della materia prima di cui il prodotto è composto, e possiamo trovare le seguenti diciture:
“Agricoltura UE”, quando la materia prima è stata coltivata nei paesi nell'UE;
“Agricoltura non UE”, quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi;
“Agricoltura UE/non UE”, quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nell’UE e parte in un paese terzo30.
L'indicazione del luogo di origine dalla materia prima, oltre a riportare la dicitura “UE”
o “NON UE”, può essere sostituita o integrata dall'indicazione del paese in cui tutte le materie prime agricole utilizzate per l’ottenimento del prodotto siano state coltivate, ad esempio “Agricoltura italiana” o “Agricoltura UE - materia prima italiana” (vedere la prima figura dell’esempio di etichettatura).
L’esistenza del logo comunitario sui prodotti alimenti preconfezionati, oltre ad accrescerne la visibilità sul mercato, va ad aumentare la fiducia dei consumatori verso questa categoria di prodotti, poiché, per essere certificati tali, i prodotti biologici sono sottoposti ad una serie di norme specifiche e a rigidi controlli per attestarne la conformità. Inoltre, tutto ciò porta con se delle garanzie:
un prodotto, per essere definito bio, deve essere composto da almeno il 95%
degli ingredienti di origine agricola biologica, mentre il restante 5% degli
29 Regolamento 834/2007 CEE del consiglio del 28 giugno 2007 “Relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento 2092/91 CEE”. Punti dal 24 al 27 della parte introduttiva del presente regolamento.
30 Regolamento 834/2007 CEE del consiglio del 28 giugno 2007 “Relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento 2092/91 CEE”. Articolo 24 rubricato:
indicazioni obbligatore paragrafo 1 lettera C .
24
ingredienti utilizzati come ausiliari della fabbricazione autorizzati sono riportati all’articolo 19 paragrafo 2 lettera b31;
è fatto divieto ai produttori e alle imprese di trasformazione di utilizzare OGM (Organismi Geneticamente Modificati) o sostanze chimiche di sintesi32;
sull’etichetta del prodotto, oltre all’indicazione del nome del produttore (o dell'azienda di trasformazione o distribuzione), è riportato il codice dell'organismo nazionale preposto al controllo nonché autorizzato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Negli ultimi anni, il settore dell’agricoltura biologica ha registrato un trend abbastanza positivo nella maggior parte degli Stati membri, tale che le recenti riforme di politica agricola comune si pongono come obiettivo principale la chiarezza verso i consumatori di tutto il mercato comunitario.
Nel marzo del 2010, è stato introdotto il regolamento UE 271/2010, che ha previsto innanzitutto l’utilizzo di un nuovo logo, al fine di evitare al consumatore di fare confusione a causa della somiglianza tra il precedente logo (figura 3), che contrassegnava i prodotti biologici, e i loghi destinati ad indicare prodotti DOP e IGP . Il nuovo logo è stato creato grazie al concorso indetto dalla Commissione europea nel 2009, a cui hanno partecipato oltre tremilaquattrocento studenti di arte e disegno provenienti da tutti i paesi membri, con la realizzazione di un logo originale. I disegni finalisti sono stati poi votati pubblicamente ed è stato scelto quello con il punteggio più alto. Il nuovo logo dell'UE (figura 4) è definito anche "euro-foglia", ha una forma rettangolare e rappresenta una foglia stilizzata composta da 12 stelle, le quali sono anche il simbolo dell’Unione Europea, il tutto su fondo verde. Questo logo trasmette ai consumatori due messaggi fondamentali: natura ed Europa.
Di seguito i due loghi, a sinistra quello vecchio, destinato ad indicare i prodotti biologici, e a destra il nuovo logo UE che è stato introdotto il 1° luglio 2010 a seguito del presente regolamento, ma, per l’adozione del quale, è stato definito un periodo transitorio di due anni al fine di consentire agli operatori di adattarsi alle nuove norme ed evitare così anche lo spreco di imballaggi già esistenti.
31 Regolamento 834/2007 CEE del consiglio del 28 giugno 2007 “Relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento 2092/91 CEE”. Capo 4 rubricato produzione di alimenti trasformati, articolo 19 paragrafo2 lettera b
32 Regolamento 834/2007 CEE del consiglio del 28 giugno 2007 “Relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento 2092/91 CEE”. Articolo 9 rubricato divieto di uso OGM.
25 Dal 1° luglio 2012, dunque, è diventato obbligatorio adottare il logo dell'UE su tutti i prodotti biologici preconfezionati prodotti negli Stati membri dell’Unione.
Di seguito verranno illustrati tre esempi di etichettatura dei prodotti biologici:
1. prodotto alimentare interamente biologico o con una quota di ingredienti biologici superiore al 95%;
33
33Fonte immagine: http://www.suoloesalute.it/public/SUOLOESALUTE_uploads/MELEBIO.JPG, rielaborata.
Figura 3: vecchio logo comunitario agricoltura biologica.
Figura 4: nuovo logo comunitario agricoltura biologica introdotto nel 2010 e diventato obbligatorio nel 2012.
Logo dell’organismo di controllo (facoltativo).
Termine biologico per esteso o abbreviato che compare nella denominazione di vendita.
Logo UE: può essere anche in bianco e nero, le dimensioni sono riportate nel Regolamento (UE) n.
271/2010 della Commissione del 24 marzo 2010, allegato XI lettera A punto 7.
Codice identificativo rilasciato dall’organismo di controllo. Le prime due lettere del codice identificano il Paese (IT per l'Italia), la dicitura BIO indica il metodo di produzione (varia a seconda dei paesi ORG o EKO), gli ultimi numeri identificano l'organismo di
controllo.
26
2. prodotto alimentare con una quota di ingredienti biologici inferiore al 95%;
34
3. prodotto alimentare in via di conversione.
35
Il regolamento 2092/91 CEE aveva previsto delle norme in merito al sistema di controllo, e quindi verifiche volte ad attestare che i prodotti siano effettivamente biologici, che il regolamento però demanda agli stati membri, i quali provvedono a designare le autorità competenti a livello nazionale per effettuare sia i controlli sia la
34Fonte: immagine http://www.suoloesalute.it/public/SUOLOESALUTE_uploads/PRDingrBio.JPG, rielaborata.
35Fonte: immagine http://www.suoloesalute.it/public/SUOLOESALUTE_uploads/FARINAconv.JPG, rielaborata.
Nella lista degli ingredienti vengono riportati gli ingredienti biologici e la loro percentuale sul totale.
Nella denominazione di vendita non è riportato nessun riferimento al biologico in quanto la percentuale di ingredienti biologici sul totale è inferiore al 95%.
Il logo dell’UE non può essere utilizzato, resta facoltativo il logo
dell’operatore di controllo.
Non può essere riportato il logo dell’UE. Viene riportato il logo dell’organismo di
controllo.
I prodotti agricoli ottenuti da aziende in conversione possono riportare in etichetta
“prodotto in conversione all'agricoltura biologica” solo se il periodo di conversione dura da almeno 12 mesi prima del raccolto.
27 certificazione dei prodotti. A livello nazionale italiano, il D.Lgs. n. 220/1995, che ha portato all’attuazione degli artt. 8 e 9 del regolamento comunitario n. 2092/91, che disciplina il sistema di controllo e certificazione delle produzioni biologiche, ha previsto che il sistema in materia di controllo e relative competenze sia così articolato:
nel primo articolo di tale decreto viene enunciata che l’unica autorità responsabile a livello nazionale dell’attività di controllo è il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf). Esso esercita inoltre le funzioni di coordinamento delle attività amministrative, delle attività tecnico scientifiche, delle attività concernenti l’applicazione della normativa CEE sull’agricoltura biologica;
il secondo articolo del decreto è rubricato “Comitato di valutazione degli organismi di controllo” e ad esso è affidato il compito di esprimere pareri sui provvedimenti d’autorizzazione degli Organismi privati di controllo, nonché sulla revoca degli stessi. Il Comitato è formato da nove componenti, nominati con decreto del Ministro, di cui tre scelti tra funzionari del Ministero, tre designati rispettivamente dai Ministeri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della Sanità, del Commercio con l’estero, tre designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome (art. 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418);
il terzo articolo enuncia gli organismi autorizzati. In sostanza, coloro i quali intendono svolgere il controllo sulle attività della produzione agricola, della preparazione e dell'importazione di prodotti ottenuti secondo il metodo dell'agricoltura biologica, sono tenuti a presentare la relativa istanza al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, ai sensi dell'allegato I al presente decreto legislativo. L'autorizzazione è subordinata, oltre che all'accertamento della regolarità e completezza della domanda, anche alla verifica del possesso dei requisiti previsti dal regolamento 2092/91 CEE e successive modifiche.
Nella tabella che segue sono elencati i nomi degli organismi di controllo autorizzati per le produzioni biologiche.