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Dicembre 2013

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Dicembre 2013

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Dicembre 2013

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Il disegno di copertina è di Domenico Rosa

Il rapporto è stato realizzato dall’Area Mezzogiorno di Confindustria e da SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.

Gli autori:

Area Mezzogiorno Confindustria: Massimo Sabatini (Direttore), Alessandra Caporali, Caterina Fortuna.

Confindustria: Federica Cornacchia.

SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno: Massimo De Andreis (Direttore Generale), Alessandro Panaro, Salvio Capasso, Luca Forte, Dario Ruggiero, Agnese Casolaro.

Hanno collaborato: Francesco Solaro.

Coordinamento grafico: Alessandra Caporali.

Check-up Mezzogiorno è stato chiuso con le informazioni disponibili al 30 novembre 2013.

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SOMMARIO

Uno sguardo d’insieme ..………. 3

Focus Crisi ………. 11

1. Principali dati macroeconomici ……… 39

2. Le imprese: aspetti reali e finanziari ………. 45

3. Le dinamiche creditizie ……….. 55

4. Le esportazioni ……….……….. 61

5. Il mercato del lavoro ……… 69

6. Formazione e innovazione ……….. 77

7. Turismo ………. 87

8. Demografia e qualità della vita ……… 91

9. Spesa pubblica e politiche di sviluppo ……… 97

10. Le infrastrutture e la finanza locale ……… 111

11. Efficienza della P.A. ……….. 121

Principali fonti utilizzate ………. 125

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Uno sguardo d’insieme

Al termine del sesto anno consecutivo di crisi, il Mezzogiorno ha bruciato una fetta significativa della propria ricchezza: tenendo conto delle stime

per il 2013, saranno 43,7 i miliardi di euro di PIL perduti dall’economia meridionale

tra il 2007 e il 2013. Per effetto di questi dati e delle contemporanee difficoltà delle regioni del Centro-Nord, il Prodotto Interno Lordo italiano a parità di potere di acquisto (PIL PPP) nel 2012 è sceso per la prima volta al di sotto della media europea: fatto 100 il valore dell’Unione Europea a 28, l’indice del PIL italiano è pari a 98,4, quello del Mezzogiorno a 67,9. La discesa non è, peraltro, destinata ad arrestarsi: si prevede, infatti, un ulteriore peggioramento a fine 2013. L’indice sintetico dello stato di salute dell’economia meridionale, elaborato da Confindustria e SRM, mostra che, nonostante si sia registrato un recupero (grazie soprattutto alla ripresa delle esportazioni) tra il 2009 (anno peggiore della crisi) e il 2011, nel 2012 l’indicatore ha ripreso a scendere e, soprattutto, nel 2013 se ne prevede un ulteriore peggioramento al di sotto del minimo registrato nel 2009, soprattutto a causa del peggioramento già acquisito nei primi nove mesi dell’anno, che un eventuale “rimbalzo” non dovrebbe essere grado di recuperare.

Prosegue a ritmi sostenuti, la severa selezione della base imprenditoriale nel Mezzogiorno. Nel 2012 si sono contate circa 15.000 imprese in meno

rispetto al 2007 (-0,9%; rispetto ad un aumento del +2,3% nel Centro-Nord). Altre 15 mila imprese meridionali in meno si contano solo nei primi 9 mesi del 2013. Molte imprese del Mezzogiorno, pertanto, non hanno retto alla crisi e hanno dovuto chiudere i battenti: nel solo 2012, 131 mila imprese meridionali hanno cessato la propria attività (cancellandosi dal registro delle imprese) mentre nei primi nove mesi del 2013 il numero è stato pari a 98.974 imprese, ad un ritmo di 366 cessazioni al giorno (in crescita rispetto alle 359 cessazioni al giorno del 2012). Considerazioni analoghe emergono analizzando i dati sulle aziende fallite: tra il 2009 e il 2012, sono fallite 11.554 imprese meridionali, di cui 3.689 solo in Campania. Nei primi 9 mesi dell’anno in corso le imprese fallite al Sud sono già 2.527.

A comporre il quadro di ridimensionamento della base imprenditoriale del Mezzogiorno (parte di una generale flessione del tessuto produttivo di tutto il Paese) concorre l’osservazione dell’andamento dei bilanci delle imprese attive.

In particolare, le piccole imprese meridionali, mostrano, infatti un calo del 9,3% del fatturato al 2012 rispetto ai valori del 2007 (calo solo di poco inferiore a quello fatto registrare dalle imprese del Centro-Nord -11,7%). In terreno positivo sono, invece, i bilanci delle imprese di medie dimensioni del Mezzogiorno, che hanno registrato l’andamento migliore del fatturato nel periodo considerato (+8,2%), mentre le grandi imprese, escludendo le raffinerie (che nel 2011 hanno beneficiato di un considerevole aumento del prezzo

Gli effetti economici della crisi

In calo il numero di imprese

attive….

… e quelle che restano sul mercato registrano margini reddituali in calo

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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del petrolio), hanno manifestato maggiori difficoltà di ripresa (+0,2%), ma pur sempre in terreno, sia pur di poco, positivo.

Nel complesso, dopo la crescita evidenziata nel biennio 2010 - 2011, nel 2012 il fatturato delle imprese manifatturiere meridionali mostra una nuova “ricaduta” (-1,2% sul 2011). In sostanza, emerge

nella base produttiva meridionale una forte polarizzazione: da un lato le aziende più strutturate, che hanno continuato ad espandere il fatturato o comunque hanno tenuto testa alla crisi, dall’altro quelle più deboli, che lo hanno visto contrarsi e che sono spinte ai margini della competizione fino ad esserne espulse. Le une e le altre devono fare i conti con uno scenario nel complesso recessivo. Per tutte le classi di impresa, sia con riferimento al Mezzogiorno sia al Centro-Nord, si registra, infatti, un calo dei margini reddituali, con un Return on Investments (RoI) che è passato complessivamente da 4,0% a 0,1% nel Mezzogiorno e da 5,7% a 2,8% nel Centro-Nord e con un Return on Equity (RoE) passato da 6,5% nel 2007 a -4,6% nel 2012 per le imprese manifatturiere meridionali e da 8,8% a 3,5% per quelle centro-settentrionali. Ovviamente, il peggioramento dei fondamentali economici ha determinato un impatto negativo anche sui conti finanziari delle imprese: tra il 2007 e il 2012, sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord, le imprese di maggiori dimensioni hanno avuto il maggior incremento dei debiti (rispettivamente +19,8% e +13,5%); ma anche per le piccole imprese, specie nel Mezzogiorno, la crescita dell’indebitamento è stato considerevole (+9,3%).

Anche la qualità del credito continua a peggiorare: le posizioni in sofferenza, al Sud, hanno ormai superato il 30 miliardi di euro su un totale nazionale di oltre 130 miliardi di crediti a rischio.

Cresce, comunque, il numero di imprese che mettono in atto comportamenti proattivi per opporsi alla crisi:

nonostante la riduzione del numero assoluto di imprese nel 2013, infatti, si consolida il numero delle società di capitali (+3,2% rispetto al 2012), e raddoppia in soli 6 mesi il numero di imprese meridionali aderenti a Contratti di rete.

Una elevata polarizzazione dei risultati delle imprese meridionali (ma anche quelle del Centro-Nord) si osserva altresì con riferimento alla competizione internazionale. Le esportazioni del Mezzogiorno nel I

semestre 2013 si sono ridotte del 9,5% rispetto al I semestre 2012 (nel Centro-Nord sono cresciute solo del +0,5% nello stesso periodo). Ma guardando agli andamenti settoriali, si può osservare come tali risultati siano fortemente condizionati dalle vicende della siderurgia dell’ILVA di Taranto (-27% per il settore metallurgico), e dell’andamento delle domanda internazionale di energia (-20,5%) per il settore degli idrocarburi. Viceversa, segnali positivi fanno registrare le esportazioni di prodotti alimentari (+6%), di prodotti chimici (2,3%) e di mezzi di trasporto in particolare quelle dei distretti produttivi meridionali (+11,5% nel II trimestre 2013). Tale estrema polarizzazione rappresenta un fattore di attenzione per

Le esportazioni mostrano segnali contrastanti nel 2013 Aumenta la polarizzazione delle imprese, ma in uno

scenario nel complesso deteriorato

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l’economia meridionale, per quella italiana più in generale, e per l’eventuale ripresa nel 2014: infatti, dopo il crollo registrato nel 2009, le esportazioni hanno rappresentato l’unico fattore in grado di temperare gli effetti della crisi domestica sui conti nazionali e su quelli delle imprese. Poiché tali fattori di debolezza sono presenti anche nel 2013, ci si attende, per l’anno in corso, un valore pari a 41,8 miliardi di euro per le esportazioni meridionali, tornato quasi ai livelli registrati nel 2007 ed inferiore a quelli osservati nel 2010 e nel 2011. Tale tendenza prosegue anche nella seconda parte dell’anno: il dato dell’export del III trimestre 2013 (periodo giugno-settembre) risulta in calo (-9,4% la variazione tendenziale sullo stesso periodo del 2012), pur se con un passo più lento rispetto al trimestre precedente (-11,3%). Sostenere fortemente le esportazioni rappresenta una chiave della possibile ripresa nel 2014. Le imprese che esportano registrano infatti, sistematicamente, performance e risultati finanziari migliori rispetto alle altre imprese e sono in grado di attivare investimenti che possono dare un impulso positivo al rilancio della domanda interna.

Risulta, pertanto, necessario proseguire sulla strada dell’internazionalizzazione, incentivando le imprese ad affacciarsi in modo strutturato sui mercati emergenti in forte crescita, sia BRICS, sia (soprattutto) nel vicino bacino del Mediterraneo, dove il Mezzogiorno e l’Italia vantano una presenza “business” rilevante.

Se tuttavia, la valanga della crisi sembra iniziare a rallentare, anche grazie a tali risultati differenziati da parte delle imprese, non si arresta l’emorragia di posti di lavoro nelle regioni meridionali.

Tra il 2007 e il 2012 nel Mezzogiorno sono stati registrati 336 mila occupati in meno e tale perdita è destinata a intensificarsi: a fine 2013 si stimano, infatti oltre 604 mila occupati in meno rispetto al 2007. Nel Centro-Nord, invece, l’occupazione ha iniziato a diminuire solo a partire dal 2009, ma tale calo si intensifica nel corso del 2013, con il progressivo esaurirsi degli strumenti di sostegno al reddito. Nel 2012 il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno è salito al 17,2% (era dell’11% nel 2007), superiore sia al valore medio italiano (10,7% rispetto al 6,1% nel 2007) sia a quello dell’Unione Europea a 27 (10,5% nel 2012). Nel II trimestre 2013 il dato ha fatto segnare un ulteriore peggioramento (19,8% nel Mezzogiorno e 12,1% in Italia). Si ha, dunque, l’impressione che si stiano scaricando sul mercato del lavoro meridionale tutti gli effetti occupazionali che la lenta agonia di una fetta importante dell’impresa meridionale aveva fino ad ora rinviato. Cosicché, se i timidi segnali di crescita che si iniziano ad osservare a fine 2013 verranno confermati, il vero pericolo è che, perdurando ancora tali effetti di trascinamento generali dalla crisi d’impresa, si possa produrre nel 2014 una “ripresa senza occupazione”, in cui i posti di lavoro creati non sono sufficienti a compensare quelli perduti per effetto della ristrutturazione in atto.

La fascia della popolazione maggiormente colpita dalla crisi si conferma quella giovanile. Nel 2007, il tasso di disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno era

Prosegue il calo degli occupati: rischio di una “ripresa senza occupazione”

A subire di più gli effetti della crisi

sono i giovani

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cercavano lavoro senza trovarlo), mentre nel 2012 è salito al 46,9%, interessando quasi un giovane su due (analogo incremento si registra per il dato nazionale relativo al tasso di disoccupazione giovanile, che passa da 20,3% a 35,3%). I dati al II trimestre 2013 indicano un ulteriore peggioramento (50,6% per il Mezzogiorno e 37,3% per l’Italia). Nella fascia di età compresa tra 15 e 24 anni tra il 2007 e il 2012 è altresì aumentata la quota delle persone “Not in Education, Employment or Training” (NEET), da 29,7% a 34,8% nel meridione

1

e da 20,1% a 27,0% in Italia. Le difficoltà che hanno le persone, specie i giovani, nel cercare lavoro si riscontrano pienamente nel basso tasso di attività (il rapporto tra le persone in cerca di lavoro e la popolazione della medesima fascia di età): nel 2012 esso è risultato pari al 53% per il Mezzogiorno nella popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni (inferiore al già basso 63,7% italiano, essendo pari a 71,8% il dato dell’Unione Europea a 27 e a 77,1% quello della Germania) e a 24,9% per i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni (28,7% per l’Italia).

Un elemento decisivo per favorire la ripresa ed evitare un ulteriore deterioramento del tessuto economico e occupazionale è rappresentato dagli investimenti pubblici e privati. Il loro rallentamento spiega gran parte delle difficoltà di una economia

fortemente dipendente (direttamente o indirettamente) dal ruolo dell’attore pubblico come quella meridionale. Nel loro complesso sono, infatti, in calo di oltre il 25% del 2007 al 2012, con punte superiori al 45% nell’industria in senso stretto. Questo dato non deve stupire, in presenza di un’ampia capacità produttiva inutilizzata (stimabile in circa) il 30% del potenziale. Nell’ultimo anno, particolarmente significativa è la riduzione degli investimenti in agricoltura (-11,9%), settore in cui è più visibile la specificità meridionale.

Allo stesso modo frenano gli investimenti pubblici. Tra il 2007 e il 2011, infatti, la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta di oltre 13 miliardi di euro, passando da 22 a 15 miliardi di euro l’anno. Nel 2012, si riduce inoltre del 10% il numero e del 3% il valore degli appalti pubblici, e del 40% l’importo delle gare di partenariato pubblico-privato bandite nel Mezzogiorno. Si osserva, insomma, un generale rallentamento dell’attività economica. Anche per questo, risulta ancor più grave il ritardo nell’utilizzo delle risorse del complesso della politica di coesione: tenendo conto delle risorse ancora da spendere relative ai fondi strutturali (27 miliardi, di cui circa 20 al Sud), di quelle del Piano d’Azione Coesione (10 miliardi di euro, quasi tutte relative al Sud) e di quelle del Fondo Sviluppo e Coesione (stimabili in circa 35 miliardi di cui circa 30 nel Mezzogiorno), sono oltre 75 i miliardi complessivamente da spendere, di cui circa 60 nel Mezzogiorno: una cifra enorme, capace da sola di invertire la tendenza declinante dell’economia meridionale. Senza contare le risorse della politica di coesione 2014-20.

1 Sono escluse le isole, per le quali la percentuale di NEET nel 2012 è stata pari a 38,4%.

Incrementare gli investimenti

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Performance non positive anche per i trasporti

Al di là del mancato effetto economico di questa spesa, non va peraltro

dimenticato il mancato effetto sul miglioramento della competitività dei

territori meridionali, e sulla riduzione dei molteplici divari strutturali (ampiamente

descritti nella letteratura economica internazionale), che ad essa contribuiscono: burocrazia, infrastrutture, sistema formativo, disponibilità di servizi ad elevato valore aggiunto etc…

Non si allevia, infatti, il peso della burocrazia. Se, seconda l’ultima edizione del rapporto “Doing Business”

della Banca Mondiale, l’Italia si è classificata 73° su 185 Paesi per “facilità di fare impresa”, nel Mezzogiorno i vincoli burocratici sono ancora più evidenti: a L’Aquila e Napoli, avviare un’impresa richiede rispettivamente 13 e 16 giorni, quasi tre volte il tempo necessario nelle principali città del Centro-Nord. Nel campo delle costruzioni, per completare il processo di ottenimento di tutti i permessi, a Milano sono necessari 151 giorni (un tempo inferiore rispetto alla media UE). A Palermo ci vogliono 5 mesi in più e a Napoli quasi 4 mesi in più. Allo stesso modo, resta elevato il peso della corruzione e della influenza della criminalità organizzata, fenomeni per i quali si assiste, peraltro, ad un progressiva espansione anche nel resto del Paese, ma con significative differenze, giacché al Sud il “prelievo” corruttivo incide maggiormente perché insiste su un sistema economico più fragile, e si esplicita, inoltre, con un controllo del territorio propriamente detto che in altre aree del Paese non si avverte.

Anche con riferimento allo spostamento di merci e persone, il Mezzogiorno fa registrare performance non positive, sintomo della riduzione degli scambi. Il sistema portuale, uno dei punti di forza del territorio meridionale anche per la sua

vocazione marittimo-logistica, ha mostrato nel 2012 un calo del traffico merci in tutti i principali porti, a partire da Taranto (-14,4%) e Napoli (-7%) per finire con Gioia Tauro (-2%). Analoga diminuzione si registra anche per i passeggeri (Messina -15%), (Olbia -14%). Anche il comparto dei trasporti marittimi risente, quindi, della crisi, sebbene l’impianto portuale del Paese (che movimenta oltre 450 milioni di tonnellate di prodotti, “trasporta” un terzo dell’import-export Italiano e sposta oltre 41 milioni di persone) resti comunque solido.

Un calo generalizzato (-2,2% nel 2012, rispetto ad una riduzione del 2,4% nel totale nazionale), e diffuso in diversa misura in tutti i principali gate. si registra anche per il traffico aereo, che nel Sud interessa oltre 26,6 milioni di passeggeri di cui oltre il 30% internazionali.

Comunque al di là della quantità della dotazione (che rimane comunque insoddisfacente), ciò che limita le potenzialità di crescita del Mezzogiorno è l’insufficiente qualità delle infrastrutture ed i relativi servizi che vi possono essere offerti. Se da Milano a Napoli sono necessarie 4 ore per fare 800 chilometri, tra Napoli e Bari ce ne vogliono altrettante per fare un terzo della distanza.

Nel Mezzogiorno burocrazia ancora più lenta che nel Centro-Nord

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Cosicché, non stupisce se, secondo la recente indagine sulla qualità della vita nelle province italiane condotta dal Sole 24 Ore (Dicembre 2013), che mette a confronto le 107 province italiane attraverso le statistiche relative

a 36 parametri articolati in 6 macro-aree di indagine (tenore di vita; affari e lavoro; servizi, ambiente e salute, popolazione; ordine pubblico; tempo libero), le ultime 20 province sono tutte localizzate nel Mezzogiorno; in particolare nelle ultime due posizioni ci sono due tra le più grandi provincie meridionali:

Napoli e Palermo, entrambe con un peggioramento della posizione relativa rispetto allo scorso anno. Per trovare la prima provincia del Mezzogiorno occorre scendere al 40° posto (Nuoro; + 13 posizioni sul 2012).

In conclusione, quando sembra che i primi segnali di rallentamento della caduta inizino concretamente ad essere avvertiti, è il momento per il Mezzogiorno di contare i danni ed impostare al più presto una strategia

per la ripresa. Le stime al 2013 indicano un contesto economico ritornato ai valori del 2009 (l’anno peggiore della crisi internazionale), caratterizzato dal ridimensionamento della struttura imprenditoriale, dalla perdita di occupati, dell’emigrazione di giovani verso il nord e verso Paesi dell’Europa settentrionale, dal progressivo invecchiamento della popolazione, e dal peggioramento della qualità della vita nel suo complesso. Ciò rende urgente un cambio di passo nel generale orientamento delle politiche economiche del Paese, e in particolare, delle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno. Innanzitutto, è necessario intervenire con urgenza per migliorare il contesto competitivo nazionale, perché senza tale miglioramento anche le migliori politiche per il Mezzogiorno sono destinate al fallimento. E’ più che mai urgente a questo proposito, realizzare le riforme strutturali in modo da ridurre quanto più è possibile i costi (economici e non) a cui sono soggette le imprese italiane. Sono in particolare necessari interventi volti a ridurre in modo drastico il cuneo fiscale e una politica energetica che porti le imprese del nostro Paese a sostenere costi competitivi con quelli delle imprese straniere. Di questo sforzo deve far parte il completo smaltimento dello stock di debiti accumulati dalla P.A. nei confronti delle imprese.

Con particolare riferimento al Mezzogiorno, è inoltre fondamentale il ruolo che possono svolgere le politiche di sviluppo, sia nel breve, sia nel lungo periodo.

Da un lato, infatti, esse possono ridurre la polarizzazione tra imprese competitive e imprese in difficoltà, rafforzando la schiera delle prime e riducendo le seconde, contribuendo a riaprire i rubinetti del credito, a favorire gli investimenti, a promuovere l’occupazione tramite una riduzione dei costi dei neo assunti, a sostenere la proiezione internazionale delle imprese meridionali.

Dall’altro, è decisivo immettere ora nel circuito economico le risorse ingentissime che la politica di coesione, nazionale e comunitaria, ha accumulato fino ad oggi, per ritardi di spesa, incapacità programmatorie e progettuali, difficoltà finanziarie, queste ultime in gran parte dipendenti dalle scarse disponibilità del bilancio dello Stato: la travagliata vicenda del Fondo Aree Sottoutilizzate, oggi Fondo di Sviluppo e Coesione,

Necessaria una politica nazionale orientata alla ripresa

Qualità della vita: le ultime 20 province sono meridionali

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sta lì a ricordare come lo stanziamento di risorse ingenti nel bilancio pubblico non significhi di per sé la concreta disponibilità delle stesse, se è vero che solo negli ultimi mesi risultano concretamente trasferite le anticipazioni dello stanziamento del FAS (ora FSC) decise nel 2007. Per non parlare poi della contraddizione di un patto di stabilità che impedisce o rallenta quella accelerazione di spesa delle risorse per gli investimenti e la coesione economica e sociale da tutti invocata ma di fatto scoraggiata. Un argomento, questo, che accomuna le politiche di sviluppo di molti Stati membri, e che merita di essere al centro del semestre italiano di presidenza della Commissione europea.

Il fattore tempo è decisivo.

Se l’utilizzo delle risorse 2007-13 e, ancor più, di quelle del periodo 2014-20, riceverà nei prossimi mesi una robusta accelerazione e saprà essere caratterizzato da una forte impronta anticongiunturale, le regioni meridionali avranno

buone possibilità di agganciare anch’esse il treno della ripresa e di scongiurare, o almeno di contrastare efficacemente, il fantasma di una debole “ripresa senza occupazione”.

Una programmazione 2014-20 chiaramente ispirata alla centralità dell’impresa potrebbe essere lo strumento operativo per rendere stabile e duratura la prospettiva di crescita dell’economia meridionale.

Se, invece, gli stanziamenti dovessero rivelarsi virtuali, e le previsioni di spesa illusorie, la bassa propensione agli investimenti delle imprese, il ristagno dei consumi interni e le difficoltà di finanza pubblica potrebbero condannare per lungo tempo il Mezzogiorno ad una stagnazione con poche vie di uscita.

Molteplici sono i problemi tecnici e burocratici da affrontare. Ma mai come oggi si deve affermare che il tema della coesione rappresenta un nodo politico al quale governo e parlamento sono chiamati a dare una risposta concreta. Questa volta, la rituale dichiarazione del Mezzogiorno come principale potenzialità di sviluppo per il nostro Paese non sarà sufficiente.

Decisivo il ruolo della politica di coesione

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Focus Crisi

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Focus Crisi

UN ESAME COMPLESSIVO Graf. I – Gli effetti della crisi, variazione di alcuni indicatori economici nel Mezzogiorno tra il 2007 e il 2011/2012

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su fonti varie

Tab. I – Differenza in valore tra 2007 e 2012 delle principali variabili economiche nel Mezzogiorno*

Pil (miliardi di

€)

Investimenti (miliardi di €)

Imprese (unità)

Export (miliardi di

euro)

Occupazione (migliaia di lavoratori)

Cassa integrazione (milioni di ore)

Diff. 2012 su 2007 -35,8 -20,8 -15.085 4,9 -335,5 193,2

Diff. 2011 su 2007 -25,3 -15,1 -4.507 1,6 -300,0 165,1

Diff. 2013** su 2007 -43,7 -28,4 -35.545 0,3 -603,6 147,0

* Nell’edizione precedente del Check-Up Mezzogiorno (Luglio 2013), Per il calcolo degli investimenti sono stati utilizzati i dati Istat a valori concatenati con anno base 2000, per cui il dato diff.2011 su 2007 è diverso da quello riportato in tale edizione.

**I dati del PIL e degli investimenti al 2013 sono stati calcolati in base alle previsioni SVIMEZ; per le altre variabili sono state utilizzate stime SRM sulle singole banche dati.

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su fonti varie

Il lungo periodo di crisi avviatosi nel 2008 ha avuto un impatto forte sull’economia meridionale: secondo i dati Svimez, tra il 2007 e il 2012 il Mezzogiorno ha perso il 10,1% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL), per un valore di circa 36 miliardi di euro (su valori concatenati) e gli investimenti fissi lordi hanno subito una riduzione ancora più intensa (-25,8%, per un valore di circa 21 miliardi). Aumentano anche le famiglie povere: l’incidenza di quelle in condizione di povertà assoluta è aumentata di 4 punti percentuali tra il 2007 e il 2012.

Con riferimento al periodo 2007-2012, il numero delle imprese attive si è ridotto dello 0,3% (circa 15 mila imprese in meno), e gli effetti sono stati altrettanto negativi sul numero di occupati (in riduzione di oltre 335 mila unità, pari ad una variazione di -5,1%) e sul ricorso alla Cassa Integrazione, con 193,2 milioni di ore di utilizzo in più. L’unica variabile che presenta un miglioramento rispetto al 2007 è l’export (+11,9%). Le stime al 2013 prevedono un ulteriore intensificarsi della tendenza negativa. In particolare, il saldo negativo delle imprese attive (rispetto al 2007), passerà da -15 mila a -35,5 mila unità; in forte aumento anche la perdita di occupati rispetto al 2007.

-7,2

-18,7

2,2

-10,1

-25,8

4

Pil Investimenti Famiglie povere

Var. % 2011 su 2007 Var. % 2012 su 2007

-0,3

3,5

-4,6 -0,4

11,9

-5,1

Imprese Export Occupazione

Var. % 2011 su 2007 Var. % 2012 su 2007 Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Focus Crisi

Ancora lontano, per il Mezzogiorno, il recupero dei valori del 2007

Graf. II – Indice sintetico delle principali variabili economiche nel Mezzogiorno tra il 2007 e il 2013

* Indice calcolato su valori 2013 stimati

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su fonti varie

Graf. III – La composizione dell’indice

*

Valori riferiti al I sem. 2013

F

onte: Elaborazione Confindustria e SRM su fonti varie

Sia nel 2012 sia, presumibilmente nel 2013, il Mezzogiorno è ancora lontano dai valori raggiunti prima della crisi nei principali indicatori. Prendendo il 2007 come anno base (con indice pari a 100) per 5 variabili osservate (PIL, Investimenti, Imprese, Export, Occupazione) nel periodo tra il 2007 e il 2012, e calcolando in base ad essi un indicatore di sintesi (presentato nel Grafico II), si osserva un lieve calo nel 2008, seguito da una drastica riduzione nel 2009 (per il crollo avvenuto soprattutto nel PIL, negli investimenti e nelle esportazioni). Nel 2010 e nel 2011 l’indicatore riprende a salire, ma nel 2012 diminuisce nuovamente; nel complesso la situazione economica, pur essendo migliorata rispetto al 2009 (quando l’indice ha toccato il suo minimo a 448,3), resta ancora peggiore rispetto al 2007 e al 2008. Tra le variabili prese in considerazione, l’export è l’unica con valori superiori a quelli del 2007, tutte le altre hanno registrato un peggioramento dal 2011 al 2012. Le previsioni al 2013 per l’indicatore non sono positive:

è infatti probabile una discesa al di sotto del minimo toccato nel 2009, per effetto di un calo generale in tutte le variabili: anche le esportazioni, pur rimanendo a valori superiori al 2007, nel 2013 dovrebbero registrare un calo rispetto al 2012, probabilmente per la flessione dei prodotti petroliferi.

500,0

495,5

448,3

467,0

473,0 470,3

441,8

410 420 430 440 450 460 470 480 490 500 510

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013*

89,9

74,2

99,1

112,2

94,9 87,6

64,8

97,9 100,7

90,7

0 20 40 60 80 100 120

Pil Investimenti Imprese Export Occupazione

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013*

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

14

(18)

Focus Crisi

LA CONGIUNTURA Clima di fiducia delle imprese (anno base 2005)

Graf. IV – Clima di fiducia delle imprese manifatturiere per ripartizione territoriale

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati ISTAT

A novembre, il clima di fiducia delle imprese manifatturiere italiane (posto pari a 100 il dato base al 2005), sale a 98,1 da 97,4 di ottobre. Per il Mezzogiorno, il valore è pari a 92,4, tornando ai livelli dell’estate 2011 e segnando un avanzamento sia rispetto ad ottobre 2013 sia rispetto al mese di novembre dell'anno precedente, pur continuando ad essere il valore più basso tra le 4 macro-aree.

-

=

+

Novembre 2007 = 100,3 Novembre 2013 = 92,4 Differenza=-7,9

-

=

+

Novembre 2012 = 82,1 Novembre 2013 = 92,4 Differenza=+10,3

80 85 90 95 100 105 110

mag. 2011 giu. 2011 lug. 2011 ago. 2011 set. 2011 ott. 2011 nov. 2011 dic. 2011 gen. 2012 feb. 2012 mar. 2012 apr. 2012 mag. 2012 giu. 2012 lug. 2012 ago. 2012 set. 2012 ott. 2012 nov. 2012 dic. 2012 gen. 2013 feb. 2013 mar. 2013 apr. 2013 mag. 2013 giu. 2013 lug. 2013 ago. 2013 set. 2013 ott. 2013 nov. 2013

Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(19)

Focus Crisi

Clima di fiducia dei consumatori (anno base 2005)

Graf. V – Clima di fiducia dei consumatori per ripartizione territoriale (numero indice 2005=100)

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati ISTAT

- =

+

Novembre 2007 = 99,4 Novembre 2013 = 95,3 Differenza=-4,1

- =

+

Novembre 2012 = 85,1 Novembre 2013 = 95,3 Differenza=+10,2

80 85 90 95 100 105

mag. 2011 giu. 2011 lug. 2011 ago. 2011 set. 2011 ott. 2011 nov. 2011 dic. 2011 gen. 2012 feb. 2012 mar. 2012 apr. 2012 mag. 2012 giu. 2012 lug. 2012 ago. 2012 set. 2012 ott. 2012 nov. 2012 dic. 2012 gen. 2013 feb. 2013 mar. 2013 apr. 2013 mag. 2013 giu. 2013 lug. 2013 ago. 2013 set. 2013 ott. 2013 nov. 2013

Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

16

(20)

Focus Crisi

Graf. VI – Composizione del clima di fiducia dei consumatori nel Mezzogiorno (numero indice 2005=100)

a) media aritmetica semplice dei saldi ponderati relativi a tre domande (giudizi e attese sulla situazione economica dell’Italia, attese sulla disoccupazione, quest’ultima con segno invertito). Riportato a indice (in base 2005) e destagionalizzato con il metodo diretto.

(b) media delle rimanenti sei domande componenti il clima di fiducia (giudizi e attese sulla situazione economica della famiglia; opportunità attuale e possibilità future del risparmio; opportunità all’acquisto di beni durevoli; bilancio finanziario della famiglia). Riportata a indice (in base 2005), la serie non presenta una componente di natura stagionale.

(c) media delle domande relative ai giudizi (situazione economica dell’Italia e della famiglia; opportunità attuale del risparmio e acquisto di beni durevoli; bilancio finanziario della famiglia).Riportata a indice (in base 2005), la serie non presenta una componente di natura stagionale.

(d) media delle attese (situazione economica dell’Italia e della famiglia; disoccupazione; possibilità future di risparmio). Riportato a indice (in base 2005) e destagionalizzato con il metodo diretto.

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati ISTAT

A novembre 2013, il clima di fiducia dei consumatori in Italia (dato 2005=100) derivante da giudizi e attese degli stessi in riferimento ad alcune variabili (situazione economica dell’Italia; disoccupazione; situazione economica della famiglia; opportunità attuale e possibilità future del risparmio; opportunità all’acquisto di beni durevoli; giudizi sul bilancio familiare) raggiunge un valore di 98,3, in crescita rispetto al 97,3 del mese di ottobre. Si riscontra un miglioramento in tutto il Paese ad eccezione del Centro, dove diminuisce moderatamente. Nel Mezzogiorno l’indicatore rimane stabile rispetto ad ottobre (95,3) con un incremento della componente personale (che passa da 96,3 a 98,0) e di quella relativa al clima corrente (da 92,92 a 95,9).

50 60 70 80 90 100 110 120

mag. 2011 giu. 2011 lug. 2011 ago. 2011 set. 2011 ott. 2011 nov. 2011 dic. 2011 gen. 2012 feb. 2012 mar. 2012 apr. 2012 mag. 2012 giu. 2012 lug. 2012 ago. 2012 set. 2012 ott. 2012 nov. 2012 dic. 2012 gen. 2013 feb. 2013 mar. 2013 apr. 2013 mag. 2013 giu. 2013 lug. 2013 ago. 2013 set. 2013 ott. 2013 nov. 2013

Clima Economico (a) Clima personale (b) Clima corrente © Clima futuro (d) Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(21)

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

18

(22)

Focus Crisi

ALCUNI ASPETTI MACROECONOMICI: IMPRESA Il Pil

Tab. II – Andamento del PIL dall'inizio della crisi al 2012, valori concatenati, anno base 2005 (milioni di euro)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 Var % 2012

su 2007

Var % 2012 su 2011 Centro-Nord 1.137.752 1.125.296 1.062.398 1.087.924 1.094.568 1.071.223 -5,8 -2,1

Mezzogiorno 352.746 347.876 329.973 329.661 327.403 316.974 -10,1 -3,2

Italia 1.492.671 1.475.412 1.394.347 1.419.604 1.423.673 1.389.947 -6,9 -2,4

Abruzzo 27.481 27.549 25.775 26.133 26.397 25.207 -8,3 -4,5

Molise 6.338 6.088 5.770 5.711 5.600 5.451 -14,0 -2,7

Campania 94.575 93.165 87.941 87.256 86.583 84.368 -10,8 -2,6

Puglia 68.302 67.368 63.696 64.062 64.490 62.229 -8,9 -3,5

Basilicata 10.297 10.151 9.611 9.380 9.578 9.077 -11,8 -5,2

Calabria 32.021 31.439 30.048 29.831 29.801 28.765 -10,2 -3,5

Sicilia 82.481 80.865 77.351 77.456 76.487 73.391 -11,0 -4,0

Sardegna 31.253 31.258 29.776 29.831 29.854 28.485 -8,9 -4,6

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat

-

=

+

Var. 2012 su 2007 = -10,1%

-

=

+

Var. 2012 su 2011 = -3,2%

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(23)

Focus Crisi

Graf. VII – Differenza del PIL tra il 2007 ed il 2012, valori concatenati, anno base 2005 (milioni di euro)

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat

A partire dal 2007 il prodotto interno lordo italiano (PIL) è risultato in calo, fino a raggiungere il livello minimo di circa 1.389 miliardi di euro (valore concatenato con anno base 2005) nel 2012, con una leggera ripresa nel 2010 e nel 2011. Nel Mezzogiorno, con circa 317 miliardi di PIL al 2012 (valore concatenato con anno base 2005), si rileva complessivamente una diminuzione del 10,1% rispetto al 2007 (per una perdita in valore di circa 36 miliardi di euro, cresciuta di ulteriori 10 miliardi nel solo 2012). Tra le regioni meridionali, la Campania è quella che ha contribuito in modo maggiore a tale perdita, con 10 miliardi di PIL in meno rispetto al 2007, per una variazione percentuale di - 10,8%. Le stime al 2013 non sono favorevoli: il PIL del Mezzogiorno è previsto in calo del -2,5% per il Mezzogiorno; tra le principali regioni meridionali, si prevede una riduzione pari a -2,9% per la Campania, -2,1% per la Puglia e -2% per la Sicilia.

-66.529

-35.772

-2.274 -887 -10.207

-6.073 -1.220 -3.256 -9.090

-2.768

-70.000 -60.000 -50.000 -40.000 -30.000 -20.000 -10.000 0

Centro-Nord Mezzogiorno Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

20

(24)

Focus Crisi

Le esportazioni

Tab. III– Andamento delle esportazioni tra il 2007 ed il 2012 (valori in miliardi di euro)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 Var % 2012

su 2007

Var % I sem. 2013 su I sem. 2012

Centro-Nord 316,5 318,7 255,4 294,4 328,2 338,8 7,1 0,5

Mezzogiorno 41,5 43,4 30,7 39,0 43,0 46,4 11,9 -9,5

Italia 364,7 369,0 291,7 337,3 375,8 389,7 6,9 -0,6

Abruzzo 7,3 7,6 5,2 6,3 7,3 6,9 -5,5 -2,8

Molise 0,6 0,6 0,4 0,4 0,4 0,4 -37,3 0,0

Campania 9,4 9,4 7,9 8,9 9,4 9,4 0,0 0,0

Puglia 7,2 7,4 5,7 6,9 8,2 8,8 21,8 -15,9

Basilicata 2,1 2,0 1,5 1,4 1,4 1,2 -45,1 0,0

Calabria 0,4 0,4 0,3 0,3 0,4 0,4 -6,5 0,0

Sicilia 9,7 10,0 6,2 9,3 10,7 13,1 34,6 -18,5

Sardegna 4,7 5,9 3,3 5,3 5,2 6,4 36,2 -3,4

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat

Dopo il calo verificatosi nel 2009 sia in Italia (-20,9% sul 2008) sia nel Mezzogiorno (-20,3%), le esportazioni hanno ripreso a crescere, raggiungendo nel 2012 il valore più alto degli ultimi sei anni. Tuttavia, in quattro regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria) il valore dell’export al 2012 risulta ancora inferiore a quello registrato nel 2007. Rispetto al primo semestre 2012, l’export del Mezzogiorno diminuisce nel primo semestre 2013 di 9,5 punti percentuali a causa soprattutto dei risultati negativi registrati in Puglia (dall’acciaio) e Sicilia (dagli idrocarburi).

-

=

+

Var. 2012 su 2007 = +11,9%

- =

+

Var. I Sem 2013 su I 2012 = -9,5%

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(25)

Focus Crisi

Gli investimenti

Tab. IV– Andamento degli investimenti fissi lordi tra il 2007 ed il 2012, valori concatenati, anno base 2005 (milioni di euro)*

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Var % 2012

su 2007

Var % 2012

su 2011

Centro-Nord 235.852 229.006 201.301 202.445 200.156 184.570 -21,7 -7,8

Mezzogiorno 80.717 75.740 67.684 68.229 65.590 59.925 -25,8 -8,6

Italia 316.569 304.740 268.984 270.673 265.737 244.484 -22,8 -8,0

Mezzogiorno

Agricoltura, Silvicoltura e Pesca 3.458 3.156 2.634 2.258 2.582 2.276 -34,2 -11,9 Industria in senso stretto 17.177 12.981 10.619 10.393 10.247 9.144 -46,8 -10,8

Costruzioni 3.058 3.189 2.583 2.850 2.628 2.429 -20,6 -7,6

Servizi 57.023 56.405 51.842 52.735 50.132 46.074 -19,2 -8,1

* Nell’edizione precedente del Check-Up Mezzogiorno (Luglio 2013), per il calcolo degli investimenti sono stati utilizzati i dati Istat a valori concatenati con anno base 2000, per cui il dato “diff.2011 su 2007” è diverso da quello riportato in tale edizione.

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Svimez

La crisi economica mondiale ha particolarmente inciso sugli investimenti, in costante riduzione fino al 2012 (fatta eccezione per il 2010 quando gli investimenti hanno registrato una leggera ripresa): complessivamente, tra il 2007 e il 2012 gli investimenti sono risultati in calo dell’25,8,% nel Mezzogiorno e del 21,7% nel Centro-Nord. Nel Mezzogiorno, l’impatto del calo degli investimenti rispetto al 2007 è stato particolarmente significativo nell'industria in senso stretto (-46,8%) e nell'agricoltura (-34,2,%); dati poco incoraggianti si evidenziano anche riguardo al settore delle costruzioni (-20,6%) e a quello dei servizi (-19,2).

- =

+

Var. 2012 su 2007 = -25,8%

- =

+

Var. 2012 su 2011 = -8,6%

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

22

(26)

Focus Crisi

Fallimenti e dati finanziari: le imprese attive

Tab. V – Andamento delle imprese attive dal 2007 al 2012

2007 2008 2009 2010 2011 2012 Var % 2012

su 2007 2013*

Var % III 2013 su III

2012 Abruzzo 131.496 132.511 132.460 132.873 133.066 131.072 -0,3 129.788 -1,4 Molise 32.708 32.789 32.513 32.576 32.152 31.684 -3,1 31.442 -1,1 Campania 460.245 473.117 476.229 474.134 472.526 471.890 2,5 469.722 -0,4 Puglia 340.694 342.636 338.598 340.150 338.332 335.933 -1,4 332.011 -1,6 Basilicata 55.397 55.674 55.287 55.060 54.320 53.870 -2,8 53.229 -1,2 Calabria 155.075 157.191 156.923 157.373 156.995 155.502 0,3 154.716 -1,1 Sicilia 394.498 394.116 388.372 383.098 380.715 378.697 -4,0 374.589 -1,4 Sardegna 150.145 150.947 149.275 148.429 147.645 146.525 -2,4 144.623 -1,5

Centro-Nord 3.454.663 3.577.123 3.553.874 3.558.241 3.559.764 3.534.751 2,3 3.508.910 -1,2 Mezzogiorno 1.720.258 1.738.981 1.729.657 1.723.693 1.715.751 1.705.173 -0,9 1.690.120 -1,1 Italia 5.174.921 5.316.104 5.283.531 5.281.934 5.275.515 5.239.924 1,3 5.199.030 -1,2

*Terzo trimestre

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Movimprese

Tra il 2007 e il 2012, l’andamento del numero di imprese attive nel Mezzogiorno (in crescita fino al 2008) è risultato costantemente negativo, specie a partire dal 2010. Nel complesso, il numero di imprese attive nel Mezzogiorno nel 2012 si è ridotto di circa 15 mila unità rispetto al 2007, con una variazione negativa pari a -0,9%. Al contrario, nel Centro-Nord si è registrato un aumento del 2,3% delle imprese nello stesso periodo di riferimento: in questa macro- area, in effetti, solo nel 2012 il numero delle imprese attive è calato. I dati al III trimestre 2013 evidenziano un’ulteriore variazione percentuale negativa (-1,1%) rispetto al terzo trimestre 2012: la regione meridionale con la peggiore variazione è stata la Puglia (-1,6%), seguita dalla Sardegna (-1.5%), dall’Abruzzo e dalla Sicilia (-1,4%): più contenute le perdite in Campania (-0,4%). Anche nel Centro-Nord la dinamica al III trimestre 2013 è stata negativa.

-

=

+

Var. 2012 su 2007 = -0,9%

- =

+

Var. III Trim. 2013 su III 2012 = -1,1%

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(27)

Focus Crisi

Tab. VI – Imprese cessate e iscritte nel registro delle imprese, 2012 e III trim. 2013 (valori cumulati)

2012 2013*

Iscritte Cessate Differenza Iscritte Cessate Differenza

Abruzzo 10.029 10.838 -809 7.424 8.102 -678

Molise 2.020 2.295 -275 1.573 1.568 5

Campania 35.901 32.203 3.698 28.660 26.779 1.881

Puglia 25.269 27.635 -2.366 19.090 20.303 -1.213

Basilicata 3.435 4.067 -632 2.610 3.006 -396

Calabria 11.583 13.412 -1.829 8.348 8.046 302

Sicilia 30.236 30.369 -133 22.375 23.277 -902

Sardegna 9.203 10.043 -840 7.250 7.713 -463

Centro-Nord 256.207 273.061 -16.854 198.678 199.030 -352

Mezzogiorno 127.676 130.862 -3.186 97.330 98.794 -1.464

Italia 383.883 403.923 -20.040 296.008 297.824 -1.816

*Primi tre trimestri

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Movimprese

Graf. VIII – Numero di imprese cessate al giorno, 2012 e III trimestre 2013 (valori cumulati)

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Movimprese

Nel 2012 il numero di imprese meridionali cancellate dal registro delle imprese, ossia le imprese cessate (circa 131 mila unità, pari al 6,6% del totale delle imprese registrate nella macro-area), è stato superiore a quello delle imprese nuove iscritte, per una differenza che ha superato le 3.000 unità. Nel Centro-Nord tale differenza negativa è stata più marcata. Tutte le regioni meridionali hanno registrato un saldo negativo, ad eccezione della Campania. Il dato resta negativo anche con riferimento ai primi nove mesi del 2013: il saldo tra imprese iscritte e cessate nel Mezzogiorno è stato, infatti, pari a -1.464. Il contributo maggiore a tale dinamica negativa viene dalla Puglia (- 1.213 il saldo tra imprese iscritte e cessate) mentre la Campania presenta un saldo positivo di 1.881 unità. Nel terzo trimestre 2013 hanno cessato la propria attività 366 imprese al giorno nel Mezzogiorno, in aumento rispetto al dato del 2012.

30 6

88 76 11

37 83 28

748 359

30 6

99 75 11

30

86 29

737 366

0 100 200 300 400 500 600 700 800 Abruzzo

Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Centro-Nord Mezzogiorno

III 2013 2012 Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

24

(28)

Focus Crisi

Tab. VII – Fallimenti per regione nel 2012, nel periodo 2009 -2012 e Var. % I trimestre 2013 su I trimestre 2012

Totale numero fallimenti

2012

Incidenza su totale Italia

Totale fallimenti da 01/01/2009

Regione Var. % *

Lombardia 2.826 22,7 9.974 Emilia Romagna 35,3

Lazio 1.345 10,8 4.466 Basilicata 30,8

Veneto 1.082 8,7 4.300 Liguria 28,6

Campania 1.008 8,1 3.689 Lombardia 23,8

Piemonte 961 7,7 3.291 Toscana 23,3

Toscana 865 6,9 3.258 Veneto 22,6

Emilia Romagna 861 6,9 3.484 Campania 18,4

Sicilia 651 5,2 2.393 Sicilia 18,0

Puglia 565 4,5 2.146 Lazio 11,2

Marche 438 3,5 1.639 Trentino Alto Adige 10,8

Abruzzo 309 2,5 1.126 Marche 7,6

Calabria 284 2,3 1.006 Molise 6,7

Sardegna 242 1,9 815 Calabria 4,9

Liguria 270 2,2 954 Piemonte 4,8

Friuli Venezia Giulia 278 2,2 1.066 Friuli Venezia Giulia 3,0

Umbria 225 1,8 784 Puglia -8,9

Trentino Alto Adige 139 1,1 533 Abruzzo -25,3

Basilicata 51 0,4 221 Sardegna -27,1

Molise 46 0,4 158 Umbria -36,3

Aosta 17 0,1 52 Valle d'Aosta -40,0

Mezzogiorno 3.156 25,3 11.554 Nord-Ovest 15,4

Centro-Nord 9.307 74,6 33.801 Nord-Est 24,4

Italia 12.463 99,9 45.355 Centro 9,0

Mezzogiorno 3,2

* Variazione I trimestre 2013 sul primo trimestre 2012

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Cribis – “Fallimenti delle aziende in Italia” (parte sinistra) - e Cerved – “Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese” (parte destra) -

Secondo i dati pubblicati dalla società Cribis D&B, nel 2012 in Italia sono fallite complessivamente 12.463 imprese, 3.156 nel Mezzogiorno e 9.307 nel Centro-Nord. La Lombardia è la regione italiana che ha registrato il maggior numero di fallimenti, mentre, tra le regioni meridionali, la Campania è quella che presenta il record negativo con poco più di 1.000 fallimenti nel 2012. Tra il 2009 e il 2012, ben 45.355 imprese hanno dichiarato fallimento in tutta l’Italia; 11.554 nel Mezzogiorno e 33.801 nel Centro-Nord. Quasi 3.700 sono le imprese fallite in Campania nel periodo considerato. Analizzando la dinamica più recente, secondo i dati dell’ “Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese” del Cerved, nel I trimestre 2013, nel Mezzogiorno il numero di imprese fallite è aumentato del 3,2% rispetto al I trimestre 2012 (con una dinamica che è, però, meno negativa rispetto a quella delle altre macro- aree). Tra le regioni meridionali, la Campania, anche in questo caso, detiene il record negativo, con un aumento del 18,4% del numero delle imprese che ha portato i libri in tribunale.

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(29)

Focus Crisi

Fallimenti e dati finanziari: la redditività

Graf. IX – Andamento del fatturato delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato*

* Il campione ha considerato le sole imprese che sono risultate attive lungo l’intero periodo 2007-2012 e con un fatturato superiore a 1 milione di euro: Le classi di impresa sono state così costruite: Piccole (da 1 milione a 10 milioni di fatturato); Medie (da 10 a 50 milioni); Grandi (oltre 50 milioni); Grandi – senza Raffinerie (sono state escluse le grandi raffinerie petrolifere).

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BVDEP

- =

+

Var. % Rol 2012 su 2007 = -71,4%

RoI 2007 = 4,9%

RoI 2012 = 1,4%

- =

+

Var. % RoI 2012 su 2011 = -51,7%

RoI 2011 = 2,9%

RoI 2012 = 1,4%

1,1

-2,7 -2,5

-7,0

-0,6

-3,8

-6,3 24,7

0,2

8,2

-9,3

7,1

-1,0

-11,7 -15

-10 -5 0 5 10 15 20 25 30

Grandi Grandi senza raffinerie

Medie Piccole Grandi Medie Piccole

Mezzogiorno Centro-Nord

2012 - Var. % su 2011 2012 - Var. % su 2007 Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

26

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Focus Crisi

Tab. VIII – Andamento del fatturato delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato: var.% del fatturato rispetto all'anno precedente

2008 2009 2010 2011 2012 Var. %

2012/2007

Mezzogiorno

Grandi 6,5 -22,4 25,0 19,3 1,1 24,7

Grandi senza raffinerie 1,0 -14,2 9,5 8,4 -2,7 0,2

Medie 6,8 -13,0 9,5 9,0 -2,5 8,2

Piccole 3,7 -11,1 2,8 3,0 -7,0 -9,3

Totale 6,0 -17,8 16,1 13,6 -1,2 13,5

Centro-Nord

Grandi -16,1 13,0 9,4 -0,6 7,1

Medie 3,9 -17,6 12,6 8,7 -3,8 1,0

Piccole 2,1 -18,3 8,5 5,6 -6,3 -11,7

Totale 0,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Tab. IX – Andamento del RoI delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Mezzogiorno

Grandi 5,8 4,3 1,4 2,4 -0,4 -3,0

Grandi senza raffinerie 4,1 5,0 2,0 3,9 -0,9 1,2

Medie 3,9 3,6 2,8 3,5 3,0 2,7

Piccole 4,4 3,5 2,8 2,8 2,4 1,8

Totale 4,9 3,9 2,2 2,9 1,4 0,1

Centro-Nord

Grandi 5,7 4,2 2,6 3,4 3,0 2,6

Medie 4,8 3,5 2,3 3,9 3,8 3,3

Piccole 6,8 5,1 2,8 3,6 3,8 2,7

Totale 5,7 4,2 2,6 3,6 3,3 2,8

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Per monitorare lo stato di salute delle imprese nel Mezzogiorno è stata condotta un’analisi di bilancio sulle sole imprese manifatturiere “attive” dal 2007 al 2012 con un “fatturato superiore a 1 milione di euro” in ciascuno degli anni considerati. Dal campione, pertanto, sono state escluse parte delle micro-imprese e la parte delle imprese che non ha resistito alla crisi uscendo fuori dal mercato. Con riferimento a questo campione di imprese, si assiste a una forte dicotomia: da una parte le piccole imprese che fanno fatica a reggere alla crisi di mercato, con un fatturato che nel 2012 è stato del 9,3% inferiore a quello registrato nel 2007 per le imprese meridionali e dell’11,7% per quelle Centro-settentrionali, dall’altra le imprese medio-grandi. Nel Mezzogiorno, infatti, le imprese medie hanno registrato nel 2012 un fatturato superiore di 8,2 punti percentuali rispetto al 2007, anche se il valore è calato rispetto al 2011 (-2,5%); le grandi imprese, invece, escludendo le grandi raffinerie (che nel 2011 hanno beneficiato di un considerevole aumento del prezzo del petrolio), hanno manifestato maggiori difficoltà di ripresa (+0,2% la variazione sul 2012). Tutte le classi di impresa, sia con riferimento al Mezzogiorno sia al Centro-Nord, hanno registrato un calo dei propri margini reddituali, con un Return on Investments (RoI) che è passato complessivamente da 4,9% nel 2007 a 0,1% nel 2012 per il Mezzogiorno e da 5,7% a 2,8% nel Centro-Nord.

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Focus Crisi

Tab. X – Andamento del RoE delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato*

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Mezzogiorno

Grandi 8,2 5,1 -0,6 2,3 -8,6 -13,0

Grandi senza raffinerie 4,7 5,2 -2,0 5,2 -10,6 1,4

Medie 5,2 3,5 2,2 3,7 2,2 1,6

Piccole 4,8 2,1 1,7 2,0 0,6 -1,1

Totale 6,5 3,8 0,9 2,7 -2,5 -4,6

Centro-Nord

Grandi 10,8 7,8 2,8 5,8 6,1 4,0

Medie 4,1 1,5 -0,4 4,6 3,5 3,7

Piccole 9,4 5,1 0,6 3,2 3,5 1,5

Totale 8,8 5,6 1,5 5,0 5,0 3,5

* Le classi di impresa sono state così costruite: Piccole (da 1 milione a 10 milioni di fatturato; Medie (da 10 a 50 milioni); Grandi (oltre 50 milioni); Grandi – senza Raffinerie (sono state escluse le grandi raffinerie petrolifere).

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Anche il Return on Equity (RoE), così come visto per il RoI, è progressivamente calato nel corso del periodo considerato per tutte le classi di imprese. Complessivamente, il RoE è passato da 6,5% nel 2007 a -4,6% nel 2012 per le imprese manifatturiere meridionali e da 8,8% a 3,5% per le imprese Centro-settentrionali.

Particolarmente significativa è stata la riduzione del RoE per le grandi imprese meridionali di raffinazione.

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

28

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Focus Crisi

Fallimenti e dati finanziari: l’indebitamento

Graf. X – Andamento dei debiti totali delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Dal lato dello stato patrimoniale, le imprese hanno registrato un progressivo aumento dei propri debiti nel corso della crisi. Sia nel Mezzogiorno sia nel Centro-Nord, tra il 2007 e il 2012, le imprese di maggiori dimensioni hanno avuto il maggior incremento dei debiti (rispettivamente +19,8% e +13,5%): ma anche per le piccole imprese, specie nel Mezzogiorno, l’aumento dei debiti è stato particolarmente evidente (+9,3%). Tuttavia, nel 2012 i debiti iniziano a calare, probabilmente anche per il calo che tali imprese stanno registrando sia negli investimenti sia nell’attivo circolante per cui non hanno bisogno di aumentare ulteriormente la propria esposizione.

- =

+

Var. % 2012 su 2007 = +14,8%

- =

+

Var. % 2012 su 2011 = -1,6%

-1,5

-2,8

-0,9

-2,3

0,6

-0,4

-3,1 19,8

4,8

13,0

9,3

13,5

7,2

0,9

-5 0 5 10 15 20 25

Grandi Grandi senza raffinerie

Medie Piccole Grandi Medie Piccole

Mezzogiorno Centro-Nord

2012 - Var. % su 2011 2012 - Var. % su 2007

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Focus Crisi

Tab. XI – Andamento del Leverage delle imprese manifatturiere distinte per classi di fatturato

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Mezzogiorno

Grandi 2,9 2,8 3,0 3,1 3,3 3,5

Grandi senza raffinerie 3,0 2,9 3,2 3,0 3,2 3,0

Medie 3,2 2,8 2,7 2,7 2,8 2,7

Piccole 3,5 3,0 2,9 3,0 3,1 3,1

Totale 3,1 2,9 2,9 3,0 3,1 3,1

Centro-Nord

Grandi 3,2 3,1 3,0 3,0 3,0 2,9

Medie 3,1 2,8 2,7 2,7 2,8 2,7

Piccole 3,7 3,1 3,0 3,0 3,1 3,0

Totale 3,2 3,0 2,9 2,9 2,9 2,9

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

L’aumento dell’indebitamento non si è tradotto in un peggioramento del leverage che è l’indicatore che rapporta il totale attivo (ovvero degli investimenti) delle imprese al loro patrimonio netto (maggiore è il leverage, maggiore è l’indebitamento delle imprese). Nel Mezzogiorno si è, infatti, mantenuto stabile l’indice a 3,1 (sebbene leggermente superiore a quello del Centro-Nord).Tuttavia, mentre l’indicatore ha registrato un aumento per le grandi imprese, si è ridotto per le piccole e medie imprese, anche probabilmente per il disinvestimento di parte delle proprie attività nel periodo considerato.

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

30

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Focus Crisi

Tab. XII – Andamento del fatturato delle imprese manifatturiere distinte per settore, Mezzogiorno: Var.% del fatturato rispetto all’anno precedente

2008 2009 2010 2011 2012 Var% 2012 su 2007

Agroalimentare 5,9 -11,4 6,8 6,3 -3,4 2,9

Tessile e Abbigliamento 5,4 -11,7 6,8 6,1 -3,7 1,7

Legno e Mobilio 5,2 -12,0 7,0 7,8 -2,2 4,6

Mezzi di Trasporto 3,6 -13,1 8,3 7,4 -3,9 0,6

Metallurgico** 5,3 -11,8 6,9 6,9 -3,1 2,9

Meccanica 5,7 -11,8 7,2 6,4 -3,9 2,1

Manifatturiero* 6,0 -17,8 16,1 13,6 -1,2 13,5

* comprende anche altri settori oltre a quelli inseriti nella tabella

** Nel Metallurgico non è inclusa la "Ilva spa" in quanto la sede legale è Milano e nel database non è disponibile il bilancio al 2012 Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Tab. XIII – Andamento del RoI delle imprese manifatturiere del Mezzogiorno distinte per settore

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Agroalimentare 4,5 4,2 3,4 3,9 3,2 2,9

Tessile e Abbigliamento 4,4 4,0 3,2 3,7 3,1 2,6

Legno e Mobilio 4,6 4,1 2,4 3,4 2,8 2,6

Mezzi di Trasporto 4,0 4,0 2,4 3,4 1,4 0,5

Metallurgico** 4,8 4,3 2,5 3,6 3,0 2,6

Meccanica 4,4 4,1 3,2 3,7 3,1 2,6

Manifatturiero* 4,9 3,9 2,2 2,9 1,4 0,1

* comprende anche altri settori oltre a quelli inseriti nella tabella

** nel Metallurgico non è inclusa la "Ilva spa" in quanto la sede legale è Milano e nel database non è disponibile il bilancio al 2012 Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Con riferimento ai principali settori del manifatturiero meridionale, quello dei mezzi di trasporto (automotive, aerospazio ed altri mezzi di trasporto) ha registrato la crescita più debole tra il 2007 e il 2012 (+0,6%). In tutti i settori, dopo che il fatturato è tornato a crescere tra il 2010 e il 2011, nel 2012 si è registrato un nuovo calo, con variazioni che vanno rispetto al 2011 da -2,2% per il settore del legno e del mobilio a -3,9% per la meccanica e i mezzi di trasporto. Tra il 2007 e il 2012, il RoI è, inoltre, calato in tutti i settori presi in considerazione; il settore dei mezzi di trasporto nel 2012 ha registrato la redditività più bassa (con un RoI pari a 0,5%, in calo di 3 punti percentuali e mezzo rispetto al dato registrato nel 2007).

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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Focus Crisi

Tab. XIV – Andamento del RoE delle imprese manifatturiere del Mezzogiorno distinte per settore

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Agroalimentare 5,4 3,7 3,0 4,5 2,8 2,6

Tessile e Abbigliamento 5,2 3,6 2,7 3,8 2,4 2,0

Legno e Mobilio 5,5 3,8 0,4 3,4 1,3 1,7

Mezzi di Trasporto 4,7 3,6 0,4 3,5 -2,4 -3,9

Metallurgico** 6,1 4,1 0,7 3,9 2,0 1,8

Meccanica 5,3 3,8 2,8 3,8 2,4 2,0

Manifatturiero * 6,5 3,8 0,9 2,7 -2,5 -4,6

* comprende anche altri settori oltre a quelli inseriti nella tabella

** nel Metallurgico non è inclusa la "Ilva spa" in quanto la sede legale è Milano e nel database non è disponibile il bilancio al 2012 Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati AIDA – BV DEP

Anche in termini di redditività del capitale proprio (misurata dal RoE), la situazione è fortemente peggiorata tra il 2007 e il 2012 in tutti i settori considerati. Nel 2012 l’indicatore è molto basso in tutti i settori ed è negativo per il comparto dei mezzi di trasporto (-3,9%).

Il valore più elevato, nel 2012, si registra nel settore agroalimentare, sebbene in costante calo rispetto agli anni precedenti.

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

32

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Focus Crisi

ALCUNI ASPETTI MACROECONOMICI: LAVORO L’occupazione

Tab. XV – Andamento degli occupati tra il 2007 e il 2012 (valori in migliaia)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013* Var. % II Trim. 2013

su II 2012

Abruzzo 502 518 494 494 507 508 485 -4,3

Molise 112 114 111 108 107 107 100 -6,5

Campania 1.719 1.681 1.612 1.584 1.567 1.587 1.553 -1,3

Puglia 1.284 1.287 1.238 1.223 1.235 1.237 1.172 -8,2

Basilicata 195 196 191 185 188 185 181 -2,7

Calabria 602 595 586 573 577 566 529 -6,4

Sicilia 1.488 1.480 1.464 1.440 1.433 1.394 1.338 -5,9

Sardegna 613 611 592 593 602 595 552 -8,9

Centro-Nord 16.706 16.923 16.737 16.671 16.752 16.718 16.551 -1,5

Mezzogiorno 6.516 6.482 6.288 6.201 6.216 6.180 5.910 -5,4

Italia 23.22 23.405 23.025 22.872 22.967 22.899 22.460 -2,5

* Dato al II trimestre 2013

Fonte:Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat

-

=

+

Var. 2012 su 2007 = -5,1%

-

=

+

Var. II Trim. 2013 su II 2012 = -5,4%

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

(37)

Focus Crisi

Graf. XI – Differenza tra gli occupati rispetto al 2007 (valori in migliaia)

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat

Tra il 2007 ed il 2013 il Mezzogiorno fa registrare un vero e proprio crollo dell’occupazione, diminuita nel periodo interessato di 633 mila unità. Quasi metà di tale calo dell’occupazione si registra nel corso del 2013.

In valori assoluti, la riduzione maggiore si registra in Campania (poco meno di 200 mila occupati in meno) di cui circa 60 mila nel solo 2013); in valori percentuali, il calo più significativo si registra in Sardegna -8,9%) ed in Puglia (-8,2%).

-126 -633

-8 -11 -194

-140

-15 -53 -144

-67

12 -336

6 -5 -132

-46 -10 -36 -94

-18

-700 -600 -500 -400 -300 -200 -100 0

Centro-Nord Mezzogiorno Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna

Differenza 2012 su 2007 Differenza II trim 2013 su II trim 2007 Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

34

(38)

Focus Crisi

Tab. XVI – Andamento della Cassa Integrazione Guadagni (CIG) totale* tra il 2007 e il 2012 (milioni di ore)

2007 2008 2009 2010 2011 2012 Gennaio-

Settembre 2013

Var. % su Gennaio- Settembre 2012

Abruzzo 7,4 6,4 35,3 33,3 29,3 32,3 27,8 15,7

Molise 1,0 1,0 2,9 4,8 5,0 5,3 4,2 8,9

Campania 20,5 23,0 44,5 58,7 61,9 61,4 45,6 7,5

Puglia 13,2 15,6 40,6 69,9 57,0 62,8 43,8 -13,7

Basilicata 3,2 5,9 8,8 11,1 11,6 16,9 7,1 -41,7

Calabria 4,5 4,0 6,4 11,0 17,0 14,2 7,4 -26,5

Sicilia 8,8 8,7 15,5 22,1 26,2 36,1 24,3 -11,5

Sardegna 4,6 5,9 10,0 13,2 20,5 27,6 14,6 -31,1

Centro-Nord 120,4 157,3 749,7 973,9 744,7 834,2 614,1 2,7

Mezzogiorno 63,3 70,4 163,9 223,9 228,5 256,5 147,0 -10,1

Italia 183,7 227,7 913,6 1197,8 973,2 1090,7 761,1 -0,5

* Ordinaria + Straordinaria + in Deroga

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Inps

Graf. XII – Differenza tra le ore di Cassa Integrazione Guadagni nel 2012 e nel 2007 (milioni di ore)

Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Inps

A contrastare gli effetti della crisi occupazionale ha contribuito il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG), che, tra il 2007 ed il 2012, ha registrato una crescita esponenziale del numero di ore autorizzate, fino ad oltre un miliardo di ore in Italia nel 2012 (contro 180 milioni circa nel 2007). Dopo un lieve calo nel 2011, il ricorso alla CIG aumenta con una variazione annuale di circa 12 punti percentuali in entrambe le macro aree considerate nel 2012. Tra gennaio e settembre 2013, anche se in modo meno intenso rispetto al 2012, la necessità di far ricorso a forme di ammortizzatore sociale continua: nei primi nove mesi dell’anno, sono state, infatti, richieste complessivamente nel Mezzogiorno 147 milioni di ore di CIG, in diminuzione rispetto al medesimo periodo del 2012 (nel Centro-Nord, invece, si è avuto un lieve incremento). Tra le regioni meridionali, la Campania è quella che ha usufruito maggiormente di tale strumento nel suddetto periodo (circa 46 milioni di ore; + 7,5% su gennaio-settembre 2012).

193,2 24,9

4,3

40,8 49,6 13,7

9,7

27,2 23,0

0 50 100 150 200 250

Mezzogiorno Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna

Check-up Mezzogiorno - dicembre 2013

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