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Università degli Studi di Padova Dipartimento di Fisica e Astronomia Tesi di Laurea in Fisica Una teoria di gauge della suscettività magnetica dei cuprati ad alta T

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(1)

Dipartimento di Fisica e Astronomia

Tesi di Laurea in Fisica

Una teoria di gauge della suscettività

magnetica dei cuprati ad alta T

c

Laureando

Relatore

Dario Spolaor

Professor Pieralberto Marchetti

Controrelatore

Professor Luca Salasnich

(2)

Indice

Introduzione 2

1 Principi di base dell’NMR 5

1.1 Introduzione . . . 5

1.2 Spin nucleari isolati in campo magnetico . . . 6

1.3 Ensemble canonico di isospin . . . 7

1.4 Interazioni tra spin nucleari . . . 9

1.5 Interazione magnetica iperfina . . . 9

1.6 La suscettività magnetica nel formalismo della seconda quantizzazione . . . 11

1.7 Il Knight shift . . . 18

1.8 Ksda modelli: il caso di Mila-Rice-Shastry per i cuprati . . . 20

1.9 Rilassamento di un sistema nucleare a due livelli . . . 22

1.10 Conclusioni . . . 31

2 Origine ed implementazione del modello t ≠ J 33 2.1 Introduzione . . . 33

2.2 Plausibilità fenomenologica del modello t ≠ J . . . 33

2.3 Modelli di Hubbard e t ≠ J dalla seconda quantizzazione . . . 35

2.4 L’azione nel path integral: bosonizzazione alla Chern-Simons . . . 40

2.5 Verso un’azione efficace: il gauge fixing . . . 43

2.6 Step 1: costruzione di una configurazione ottimale . . . 44

2.7 Step 2: approssimazioni nel settore spinonico . . . 45

2.8 Step 3: formula per l’azione efficace . . . 48

2.9 Formula di Kubo per la suscettività magnetica . . . 49

2.10 Verso la suscettività magnetica: il propagatore magnonico . . . 51

2.11 La suscettività magnetica nel modello t ≠ J . . . 57

2.12 Conclusioni . . . 58

3 Teoria di gauge della suscettività magnetica 63 3.1 Introduzione . . . 63

3.2 Funzione di Green-Matsubara nel caso libero . . . 63

3.3 La funzione di densità spettrale . . . 65

3.4 Sommatorie sulle frequenze di Matsubara . . . 68

3.5 Formula di Kubo per la suscettività paramagnetica di Pauli . . . 70

3.6 Suscettività magnetica e densità degli stati . . . 72

3.7 Espansione in bolle di 4 propagatori . . . 77

3.8 Peso spettrale nei cuprati ad alta temperatura . . . 83

3.9 Ricostruire la buca fisica: densità totale degli stati . . . 87

3.10 Conclusioni . . . 97

A Calcolo della bolla tra due funzioni di Green per la buca fisica 102

Bibliografia 108

(3)

Introduzione

E’ trascorso più di un secolo da quando Onnes provò che al di sotto di una determinata temperatura, la resistività elettrica del mercurio diventava nulla; da tale misura pionieristica, in seguito raffinata fornendo sostanzialmente un risultato di poco spostato dall’originario, si aprì un campo di studio nuovo, riguardante il fenomeno della superconduttività. Furono compiuti sforzi modellistici veramente notevoli per sondarlo nei dettagli, a partire dal tentativo a due fluidi dei fratelli London (1935), sino a giungere alla celebrata teoria BCS, che valse ai loro scopritori Bardeen, Cooper e Schrieffer il premio Nobel per la fisica nel 1972. Tre lustri più tardi, quando oramai la vena di novità di questo settore sembrava inesorabilmente esaurirsi, balzò alla ribalta della comunità scientifica l’annuncio dell’osservazione di simili proprietà superconduttive fino a temperature critiche anche di due ordini di grandezza maggiori di quelle a cui si era sino ad allora abituati. Come intuibile, questi nuovi materiali, risultavano difficilmente inquadrabili nella cornice concettuale BCS; per essi, denominati in generale HTS (High Temperature Superconductors), fu necessario un cambiamento radicale del paradigma. Parecchie figure furono propugnatrici di tale “rivoluzione”, e tra di esse si distingue indubbiamente Anderson per i notevoli apporti teorici forniti alla ricerca. Con il progredire della tecnica, le indagini migliorarono ed oggi il panorama degli HTS è popolato da innumerevoli famiglie di materiali; nel lavoro che si presenta, ci si occupa di una di esse, quella dei cuprati, nella quale gli atomi di rame sono nodi salienti della struttura cristallina. La descrizione delle loro proprietà è difficilmente eseguibile in poche righe; tuttavia volendo riassumere in uno sguardo le loro principali caratteristiche, si arriva a distinguere in essi due fondamentali caratteristiche: i gradi di libertà di carica e di spin. Un’analisi in spazio reciproco delle variabili fisiche che dipendano da essi, mostra come la loro presenza non pesa in egual misura su tutti i punti; in alcune regioni, denominate antiferromagnetiche e centrate intorno al vettore d’onda ≠≠æ QAF = 3 4

, si osserva una relazione competitiva, che porta solo la seconda a dominare, come è possibile osservare attestando le fluttuazioni antiferromagnetiche di spin. In altre zone, dette uniformi poiché collocate in prossimità del momento ≠æq = ≠æ0 , la dicotomia tra i settori menzionati si scioglie, mostrando un comportamento collaborativo

tra essi, in favore di una descrizione in termini di particelle, le buche (fisiche) utilizzate nel drogaggio del sistema superconduttore. Una siffatta diversità di atteggiamenti, rintracciabile in svariate funzioni di risposta come la suscettività magnetica, lascerebbe a prima vista intendere come sia senza speranza il proposito di trovare una sintesi tra di essi. Tuttavia un’indagine approfondita della teoria di gauge adoperata per trattare i cuprati, rivela come sia possibile, in tale potente formalismo, costruire una visione nella quale le due strade afferenti agli andamenti esaminati siano connettibili tra loro tramite la struttura del campo di gauge che in esso appare non più come mero artificio tecnico, bensì come valido mediatore tra le branche interpretative del modello. Scopo pratico del presente lavoro di tesi è appunto mostrare come le diverse espressioni ottenute dal calcolo della trasformata di Fourier della suscettività magnetica a seconda del punto in spazio reciproco considerato, emergano naturalmente come opportuni limiti della funzione a due punti di spin derivabile nel modello t ≠ J. Difatti è noto che nella fase normale del sistema superconduttore, il contributo uniforme (valutato cioè al momento nullo) della funzione di risposta è, trascurando eventuali correzioni in temperatura, dato dalla formula di Pauli; qualora tuttavia si voglia ricercare la medesima quantità intorno al vettore d’onda antiferromagnetico, i lavori citati in bibliografia riportano un risultato ben diverso dal precedente, che a prima vista non sembra ad esso neanche collegabile. Tuttavia tale previsione, grazie ad uno studio più approfondito del paradigma che descrive i materiali in questione, è smentita, in quanto si dimostrerà come entrambi gli andamenti seguano come costituenti diversi della funzione di correlazione tra spin fisici, espressi coerentemente con il formalismo del modello t ≠ J adottato. Per giungere a tale importante conclusione, si è seguita una presentazione schematizzata in figura 1, che mirava nel primo capitolo ad introdurre le principali variabili fisiche legate alla suscettività magnetica e misurabili nell’ambito di indagini NMR (Nuclear Magnetic Resonance), offrendo nel secondo una descrizione completa del modello t ≠ J e la sua applicazione al calcolo della funzione di risposta intorno al vettore d’onda antiferromagnetico, lasciando il caso uniforme al terzo capitolo, desumibile tuttavia in un formalismo di tipo Fermi liquid; ivi si riportano altresì il legame annunciato inizialmente, fulcro dell’intero manoscritto, ed ulteriori linee di ricerca rimaste insondate, sorte dopo un confronto con i dati sperimentali. Più in dettaglio, come mostra la mappa concettuale, si è partiti trattando gli spin

(4)

INTRODUZIONE 3 nucleari in campo magnetico, sia isolati che in ensemble, catalogando tutte le possibili interazioni che essi possono ammettere. Tra loro, la più importante risulta quella con gli elettroni, il cui effetto si traduce in una modifica del campo risentito dai nuclei e dunque in una variazione della frequenza di risonanza. Tali conseguenze, indagate dall’NMR, vanno sotto il nome di Knight shift, che risulta proporzionale alla suscettività elettronica. Considerando tuttavia solo il potenziale di contatto (o di Fermi), il contributo che ivi rientra è di spin, per cui si preferisce dedicare un paragrafo alla sua derivazione nella teoria della seconda quantizzazione, pervenendo a risultati analitici per la trasformata di Fourier statica della funzione di risposta in due e tre dimensioni. Per completezza, si procede con il desumere un’ulteriore espressione per il Knight shift, qualora l’interazione sia di tipo indiretto, ovvero tra due isospin tramite lo spin elettronico, poiché tale forma fu storicamente adottata come primo tentativo per descrivere l’hamiltoniana di un superconduttore ad alta temperatura, perno del cosiddetto modello di Mila-Rice-Shastry. Quanto ottenuto è noto come MHS (Magnetic Hyperfine Shift) e mostra sempre proporzionalità con la suscettività di spin, pari alla parte reale uniforme e costante della sua trasformata, che sperimentalmente risulta dominata dai siti di rame. Un secondo effetto tangibile sugli spin nucleari riguarda il cambiamento della popolazione dei suoi livelli in seguito alla interazione con un serbatoio che conservi l’energia durante i processi di transizione. Esso, pensato come un connubio tra il reticolo cristallino e gli elettroni in orbitale s, garantisce una variazione in un tempo caratteristico T1 il cui inverso è detto NSLRR (Nuclear Spin-Lattice Relaxatio Rate). tale variabile è

proporzionale, nella formula di Moriya, alla parte immaginaria della trasformata di Fourier statica della suscettività magnetica, ancora una volta dovuta agli atomi di rame, e piccata sul momento filtrato dal modulo quadro del fattore di forma. Volendo misurare il rate di 63Cu, si trova ad esempio un risultato centrato sul vettore d’onda

antiferromagnetico, confrontato alla fine del secondo capitolo con la sua previsione teorica. Per arrivare ad essa con criterio, si è scelto dunque di votare la sua prima parte alla descrizione del modello t ≠ J con il quale si imposterà la derivazione, palesando come esso compendi le principali caratteristiche di non doppia occupazione per le lacune di drogaggio a causa della repulsione coulombiana, e di ordine antiferromagnetico a lungo range evidenziato da due sottoreticoli di Neel. Per mostrare inoltre come esse risultino importanti cifre interpretative, si è ricavata la struttura dell’hamiltoniana t ≠ J dal modello di Hubbard, riscontrandone nuovamente la presenza. Essendo sufficientemente solida la base su cui partire, si è proseguito attraverso una serie di passaggi tecnici, fornendo solo i dettagli essenziali, dai quali è stato possibile forgiare la forma utilizzata nel seguito: essa consta di due settori (holonico e spinonico), i quali si riferiscono rispettivamente ai gradi di libertà di carica e di spin, mediati da un campo di gauge non perturbativo U (1). Il suo contributo emerge in prepotenza nel calcolo della funzione di Green tra spin fisici, proporzionale alla suscettività magnetica per la formula di Kubo: espandendo i due operatori con il formalismo insito nel modello, si giunge alla determinazione del propagatore magnonico, un campo che fa le veci dello spinone una volta imposto l’ordinamento antiferromagnetico. Difatti risulta ora possibile calcolare il valore di aspettazione associato alla funzione di Green non più sulla temperatura, bensì sul campo di gauge: esso mostra così il suo ruolo cruciale nel passare da una teoria termodinamica, come quella del path integral, ad una dinamica. Da essa è dunque possibile ottenere la trasformata di Fourier costante della suscettività magnetica, a seconda della fase in cui si trova il sistema superconduttore e del valore di energia del campo esterno rispetto a quella termica. Tali risultati, contenuti nelle referenze citate in bibliografia, rappresentano dunque il primo elemento da inserire per collaudare la teoria di gauge; il secondo, come anticipato, è dato dalla trasformata uniforme e costante della funzione di risposta, frutto di un’analisi a molti corpi nel formalismo del tempo immaginario di Matsubara. Essa riporta come, per un sistema non interagente, la forma richiesta, a meno di costanti, sia pari alla densità degli stati calcolata all’energia di Fermi. Tuttavia, nel caso in esame, è stato necessario dimostrare come tale conclusione potesse essere formalmente estesa anche in presenza di forti correlazioni (tipiche dei cuprati), indirizzando dunque la ricerca verso il peso spettrale. Questo primo importante aspetto permette così di cercare un filo rosso che lo unisca all’espressione desunta nel capitolo 2 intorno al vettore d’onda antiferromagnetico: tale legame si mostrerà palese, derivando la funzione a due punti di spin fisici, spezzandola in diversi costituenti tramite il teorema di Wick, e forzando ciascuno di essi ad ereditare la proprietà della funzione di partenza nell’essere localmente gauge invariante. Si arriva così ad asserire, contraddicendo il senso comune, che è insito nel modello t ≠ J riprodurre un andamento Fermi liquid qualora venga indagato per ricavare la suscettività magnetica intorno all’origine dei momenti, mentre debba comportarsi diversamente al vettore d’onda antiferromagnetico, a causa delle correlazioni tra spin ivi presenti (fornendo difatti un propagatore magnonico). Ciò giustifica in maniera inequivocabile come cambi la tipologia della bolla da calcolare nelle due situazioni; per completarne la disamina si procede dunque a determinare la densità degli stati per la buca fisica. Il suo computo è eseguito in maniera analitica ricorrendo ad alcune assunzioni, dettagliate nel testo; si è prestata inoltre attenzione a sondare diverse regioni energetiche (tutte pertinenti alla fase normale), nelle quali i rapporti tra le variabili fisiche come energy gap e scattering rate mutavano radicalmente. Per tali casistiche si è provveduto ad uno sviluppo in serie, evidenziando le dipendenze sia dalla temperatura che dal doping, in previsione di un confronto con i dati sperimentali. Ciò difatti ha consentito di confermare la previsione asintotica nell’andamento in T della suscettività magnetica, a patto che la costante di rinormalizzazione Z della funzione di Green per la buca fisica ammetta lo stesso comportamento. Verso questa

(5)

Figura 1: Mappa concettuale per la presentazione della teoria di gauge della suscettività magnetica nei cuprati. considerazione concordano non solo gli sviluppi mostrati nell’ultima parte del lavoro, ma anche stime preliminari condotte nell’ambito della ricerca. Interessante è senza dubbio approfondire questo filone, e molti altri che da esso possono scaturire, provando senz’altro la vitalità e lo stimolo che riserva lo studio dei superconduttori ad alta temperatura.

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Capitolo 1

Principi di base dell’NMR

1.1 Introduzione

In questo primo capitolo si discuterà una delle principali tecniche di indagine nella fisica dello stato solido: la risonanza magnetica nucleare (NMR). La prima applicazione storica risale a metà del secolo scorso ad opera di Bloch, Hansen e Packard, i quali determinarono il rapporto giromagnetico dei protoni in un campione d’acqua, irradiandolo con frequenze radio. Da quel primo successo, l’NMR consentì innumerevoli stime, sino a diventare ai giorni nostri un insostituibile metodo di studio in medicina, biologia e fisica della materia. Proprio in quest’ultimo ambito viene utilizzata nello studio di superconduttori ad alta temperatura, come i cuprati. Da essa si ricavano informazioni importanti (come il Knight shift) che permettono la verifica sperimentale di modelli teorici per alcune famiglie di cuprati (ad esempio il modello di Mila-Rice-Shastry per l’ossido di ittrio, bario e rame, YBCO). Il vantaggio dell’NMR rispetto ad altre tecniche come lo studio della rotazione dello spin muonico (µSR) risiede nell’informazione locale che esso fornisce, come conseguenza dell’applicazione di un campo magnetico al campione da esaminare.

Si comincerà pertanto studiando il caso di un singolo spin in campo magnetico, estendendo poi i risultati ottenuti ad un campione statistico. In seguito si tratteranno in modo approfondito tutte le interazioni a cui è soggetto uno spin in un cristallo, notando il loro effetto sul campo sperimentato dal nucleo. Ciò ha una conseguenza misurabile, nota come Knight shift, che dipende dalla trasformata di Fourier uniforme e costante della suscettività magnetica di spin. Così si dedica un paragrafo alla sua derivazione con la teoria della seconda quantizzazione, ottenendo un risultato analitico in due e tre dimensioni. Con tale formalismo è possibile proseguire il calcolo delle variabili fisiche misurate con le indagini di NMR, partendo dal Knight shift, ottenuto ipotizzando come unico contributo dell’interazione magnetica iperfina quello di contatto (o di Fermi). Si allarga tale visuale nel paragrafo successivo, in cui modellizzando un potenziale indiretto tra elettroni e nuclei, si presenta la nuova forma del Knight shift: essa ammette la stessa struttura della precedente (proporzionalità alla suscettività magnetica) ma i fattori ivi presenti non sono più le funzioni di Bloch degli elettroni, bensì i tensori di accoppiamento iperfine del modello utilizzato, noto come hamiltoniana di Mila-Rice-Shastry. La seconda parte di tale esposizione sarà invece dedicata ad un altro importante risultato dello studio con la tecnica dell’NMR, il rate di rilassamento nucleare di spin-reticolo 1

T1 (NSLRR): si procederà prima con una esposizione generale della teoria del rilassamento dei nuclei e

successivamente si deriverà una formula per 1

T1 adottando come in precedenza il potenziale di Fermi come termine

di interazione. Come risulterà, le componenti complesse della suscettività magnetica saranno in relazione con le due quantità fornite dai dati di NMR: tale ambito è indagato nell’ultimo paragrafo, ove le osservazioni sperimentali introdotte giustificano l’abbandono del modello di Mila-Rice-Shastry, in favore del modello t≠J che verrà sondato nei dettagli nel prossimo capitolo.

Avvertenza: Per tutto il capitolo, in conformità ai testi in bibliografia, si utilizzerà il sistema di Gauss (unità CGS) per l’elettromagnetismo. Esso richiede, rispetto al sistema internazionale, le seguenti sostituzioni per la permettività del vuoto Á0, per la permeabilità del vuoto µ0, per il campo magnetico ≠æB, per il potenziale vettore

æA e per il momento magnetico ≠æm:

Á4fi1 ; µ4fi c2; ≠ æB ¡ ≠ æB c ; ≠ æA ¡ ≠ æA c ; ≠æm ¡ ≠æmc (1.1)

ove c è la velocità della luce nel vuoto. Tali cambiamenti non alterano la forma dell’energia potenziale in campo magnetico di una spira con momento ≠æm; introducendo poi la magnetizzazione ≠Mæed il campo di intensità magnetica

(7)

æH, si riporta la relazione con ≠æB in unità CGS:

æB = ≠æH+ 4fi≠Mæ= ≠æH(1 + 4fi‰

m) ; ≠Mæ= ‰m≠æH (1.2)

ove ‰m è la suscettività magnetica. Essendo la sua definizione identica a quella del sistema internazionale, si

conclude che continuano a valere le formule della meccanica statistica per magnetizzazione e suscettività senza coefficienti aggiuntivi. Inoltre si sfrutteranno queste nuove unità rimpiazzando nella formula per l’energia poten-ziale magnetica, il campo ≠æB con ≠æH, in quanto eventuali contributi dovuti alla magnetizzazione saranno assorbiti

nella definizione del Knight shift, come si mostrerà in seguito.

1.2 Spin nucleari isolati in campo magnetico

Come osservato in [10], i nuclei che non hanno un numero pari né di protoni né di neutroni possiedono uno spin nucleare ≠æI (isospin) che in rappresentazione matriciale obbedisce alle medesime regole dello spin elettronico. Tale

grado di libertà ≠æI genera un momento magnetico ≠æµ dato da:

æµ = gµN≠æI = “~≠æI (1.3) Nella precedente equazione, costruita sull’analogo elettronico, g indica un fattore di forma, µN = 2mce~ il magnetone

nucleare, “ il rapporto giromagnetico (si noti che si è scelto di rendere adimensionali tutti gli operatori del momento angolare, sia orbitale che di spin).

L’applicazione di un campo magnetico ≠æH0 fornisce al nucleo l’energia HZ (detta interazione di Zeeman):

HZ= ≠≠æµ ·≠æH0 (1.4)

Promuovendo ambo i membri della precedente equazione ad operatori, si arriva alla visione quantistica: supponendo poi che il campo abbia direzione z, si nota che l’hamiltoniana:

HZ = ≠“~H0Iˆz (1.5)

è direttamente proporzionale alla componente z dell’isospin, e pertanto avrà gli autovettori di tale operatore, e come autovalori: Em= ≠“~H0 e I, m| ˆIz|I, m f = ≠“~mH0 (1.6)

ove m denota i 2I + 1 valori del numero quantico magnetico:

m= ≠I, ≠I + 1, . . . , I ≠ 1, I (1.7)

Come si può notare dalla figura 1.1, adattata da [8] (nella quale si sono distinti i casi a seconda che il rapporto giromagnetico sia positivo o negativo), essendo i valori di m equispaziati, la differenza in energia tra due livelli adiacenti dopo lo splitting causato dall’interazione di Zeeman nucleare, risulta:

E= |Em≠ Em≠1| = |“| ~H0 (1.8)

Dunque una sorgente esterna può innescare il salto tra i livelli, se la frequenza della sua parte temporale, è pari a ‹ = E

h ; il passaggio, espresso tramite la rate di probabilità di transizione WmmÕ, è legato alla conservazione

dell’energia in questo processo ed al modulo quadro dell’elemento di matrice dell’interazione utilizzata tra gli stati iniziale e finale, in base alla Fermi golden rule:

H = HZ+ ˆV (t) ∆ WmmÕ Ã

--em| ˆV (0)|mÕf---2”(Em≠ EmÕ± ~Ê) à |Èm|ˆµh|mÕÍ|2”(Em≠ EmÕ± ~Ê) (1.9)

Da questa formula si deduce in primo luogo la necessaria dipendenza dal tempo della perturbazione dell’hamil-toniana di partenza [in questo caso l’interazione ˆV (t) = ≠ˆµhh(t)], altrimenti essa non fornisce alcun quanto di

energia ~Ê, costringendo il sistema a rimanere nello stato iniziale, per soddisfare l’annullamento dell’argomento della delta di Dirac. In secondo luogo, la scelta di ˆV (t) deve garantire l’esistenza non nulla dell’elemento di matrice presente nella formula. Potendo disporre di campi magnetici alternati è dunque sensato usare come perturbazione l’energia potenziale che il nucleo ammette in loro presenza. L’operatore da inserire è quindi la proiezione del momento magnetico nucleare sulla direzione del campo perturbativo inserito:

ˆµh= “~ˆIh∆ Èm|ˆµh|mÕÍ Ã

e

m| ˆIh|mÕ

f

(8)

1.3. ENSEMBLE CANONICO DI ISOSPIN 7

Figura 1.1: Spaziatura dei livelli energetici nucleari in seguito all’interazione di Zeeman (adattata da [8]). Qualora esso sia lungo l’asse z, come il campo ≠æH0originario, non si osserverà alcuna transizione, poiché la proiezione

lungo z dell’isospin è una matrice diagonale. Diverso è il caso scegliendo come direzione di perturbazione l’asse x, poiché la matrice associata all’isospin ˆIx, ha elementi sia sopra che sotto la diagonale. In effetti si ha:

e

m| ˆIx|mÕ

f

= c1Èm|mÕ+ 1Í + c2Èm|mÕ≠ 1Í (1.11)

ove c1 e c2 sono costanti non nulle, il cui valore non interessa ai fini del ragionamento. Da ciò si conclude che

la transizione in presenza di un piccolo campo magnetico alternato lungo x avviene tra autostati adiacenti di ˆIz.

Tale regola di selezione permette la determinazione della frequenza del campo esterno tramite la conservazione dell’energia, cioè l’annullamento dell’argomento della delta nella formula (1.9):

= E

h = |

|

2fiH0∆ Ê = |“| H0 (1.12) Quanto ottenuto è importante da due punti di vista: la frequenza è indipendente dal numero quantico magnetico

m, dunque un campo esterno che vari con essa può favorire transizioni tra due livelli adiacenti qualsiasi. D’altro

canto nella formula (1.12) non compare la costante di Planck: ciò suggerisce che il risultato sia ottenibile anche classicamente, come in effetti derivato in [34]. E’ noto che il momento torcente subito da una spira con momento magnetico ≠æµ in campo ≠æH è ≠æµ ≠æH; pertanto l’equazione del moto è ottenuta uguagliando esso alla derivata temporale del momento angolare ~≠æI (in quanto nel nostro caso il solo grado di libertà è quello spinoriale):

~ddt≠æI = ≠æµ ≠æH (1.13) Utilizzando per il primo membro l’equazione (1.3) si conclude che:

d≠æµ

dt = ≠æµ

1

≠æH2 (1.14)

Tale espressione descrive un moto di precessione del vettore ≠æµ attorno al campo ≠æH. Come si evince dalla figura 1.2, nel caso in cui ≠æH non dipenda dal tempo e sia “ > 0, la punta del vettore ≠æµ si muove uscente dal foglio

descrivendo un cono. Dalle proprietà del triplo prodotto vettore si conclude poi che sia il modulo che la proiezione lungo ≠æH del vettore ≠æµ restano costanti durante il moto. Utilizzando coordinate cartesiane (con ≠æH lungo z) si

vede che il moto lungo il piano xy è circolare uniforme con frequenza di Larmor equivalente all’espressione (1.12).

1.3 Ensemble canonico di isospin

Dopo aver esaminato nel capitolo precedente il caso di un singolo spin nucleare in campo magnetico, si mostrerà ora seguendo la linea di [10], come cambiano i risultati in presenza di un ensemble di isospin, termostatato alla temperatura T , in modo da permettere l’utilizzo del formalismo canonico. Tale situazione è senza dubbio più realistica rispetto alla precedente in ambito sperimentale e permette l’introduzione della suscettività magnetica, vero oggetto della misura. Si comincia associando a ciascuno stato una probabilità data dal peso di Boltzmann:

(9)

Figura 1.2: Relazione tra ≠æµ ed ≠æH (adattata da [34]).

ove il coefficiente di proporzionalità (dovuto alla normalizzazione) è pari per definizione all’inverso della funzione di partizione Z ed Emè l’autovalore di energia dato dalla formula (1.6). Ciò permette il calcolo della magnetizzazione

lungo l’asse z come densità della proiezione del momento magnetico lungo tale direzione. Denotando con N il numero di spin nucleari per unità di volume ed utilizzando la formula (1.3) si arriva a calcolare il valor medio della componente z dell’isospin, utilizzando come densità di probabilità la precedente formula:

Mz= N“~e ˆIz f = N“~ T r 3 ˆ Ize ~H0 ˆIz kB T 4 T r 3 e ~H0 ˆIz kB T 4 = N“~ qI m=≠I = I, m| ˆIze ~H0 ˆIz kB T |I, m > qI m=≠I = I, m|e ~H0 ˆIz kB T |I, m > = N“~ qI m=≠Ime ~H0m kB T qI m=≠Ie ~H0m kB T (1.16) Le condizioni sperimentali rendono l’argomento dell’esponenziale molto ridotto permettendo uno sviluppo in serie. Poiché l’indice della somma corre su un dominio discreto simmetrico, è possibile eliminare quelle sommatorie con argomenti proporzionali a potenze dispari di tale indice. Completando i calcoli rimanenti si trova:

Mz= N“~ qI m=≠I 1 m+“~H0 kBT m 22 qI m=≠I 1 1 + ~H0 kBT m 2 =N(“~) 2H 0 kBT qI m=≠Im2 2I + 1 =N(“~)2H0 kBT 2 2I + 1 I(I + 1) (2I + 1) 6 = N(“~)2H0I(I + 1) 3kBT (1.17)

ove si è utilizzato un risultato notevole sulla somma dei quadrati dei primi I numeri naturali. Esso è dimostrabile partendo dalla seguente somma telescopica, nella quale sopravvivono solo due addendi:

n

ÿ

i=1

Ë

(i + 1)3≠ (i)= (n + 1)3≠ 1 (1.18) Sviluppando il lato di sinistra ed utilizzando il risultato noto per la somma dei primi n numeri naturali si conclude che: n ÿ i=1 !3i2+ 3i + 1" = 3ÿn i=1 i2+ 3n(n + 1) 2 + n ∆ n ÿ i=1 i2= 1 3 5 (n + 1)3 ≠ 1 ≠3n (n + 1)2 ≠ n 6 = (n + 1) 3 5 (n + 1)2≠3n2 ≠1 6 =(n + 1) 3 1 n2+n 2 2 = n(n + 1) (2n + 1) 6 (1.19) Riprendendo il risultato (1.17) si può calcolare la suscettività magnetica nucleare in base alla definizione (1.2). La sua forma risulta:

‰spin= Mz H0 =

N(“~)2I(I + 1)

3kBT

(1.20) Affinché tale conclusione sia estesa ad un ensemble di spin elettronici, ove è nota come formula di Curie, vanno operate le seguenti sostituzioni, come suggerisce il risultato (1.3):

I¡ J; “~ ¡ gLµB (1.21)

ove J denota il momento angolare totale, µB il magnetone di Bohr e gL il fattore di Landè. Entrambe le

(10)

1.4. INTERAZIONI TRA SPIN NUCLEARI 9 proporzionale sia alla densità che al quadrato del magnetone (nucleare o di Bohr a seconda del tipo considerato). Pertanto essendo il rapporto tra le masse a riposo dell’elettrone e del protone circa 1 su 2000 allora il contributo nucleare alla suscettività magnetica è trascurabile rispetto a quello elettronico: tale conclusione sarà molto utile nello studio delle interazioni tra nuclei ed elettroni. Difatti si mostrerà che esse generano una variazione del campo magnetico sentito da una specie proporzionale al contributo dell’altra alla suscettività. Da ciò risulta convenien-te studiare solo il cambiamento del campo magnetico a cui è soggetto l’isospin, dovuto alle inconvenien-terazioni con gli elettroni.

1.4 Interazioni tra spin nucleari

A partire dal presente paragrafo, ispirato a [10], considereremo le correzioni al termine di Zeeman HZ dovute alle

interazioni tra isospin nucleari Hn≠n, di isospin con momenti angolari elettronici Hn≠e e con la distribuzione di

carica nucleare (termine di quadrupolo Hq). L’hamiltoniana complessiva risulta pertanto:

H = HZ+ Hn≠n+ Hn≠e+ Hq (1.22)

Il primo addendo è stato descritto nel paragrafo 1.2, il secondo lo si tratterà di seguito e gli altri nei paragrafi successivi. Si associ a ciascun isospin un indice di riferimento, pensando ad esempio di distribuirli su un reticolo: l’interazione Hn≠n tra ≠æIi e ≠æIj è decomponibile in 2 parti, diretta ed indiretta, a seconda che l’accoppiamento

avvenga solo per loro mezzo oppure con la mediazione di un terzo ente (come l’elettrone). Ovvero: Hn≠n= N ÿ i,j ≠ æI i · a (≠ræij) ≠æIj = Hdirn≠n+ Hindirn≠n (1.23)

ove a (≠ærij) è una matrice nello spazio di isospin i cui elementi assumono valori diversi a seconda dei siti a cui

appartengono gli isospin che interagiscono (|≠ærij| è la loro distanza). Come anticipato la parte diretta deve essere

costruibile in funzione dei 2 soli isospin: lavorando in approssimazione di dipolo essa è scrivibile come l’energia di un nucleo con momento magnetico ≠æµj nel campo di dipolo generato dall’altro (con momento ≠æµi) a distanza |≠ærij|. Tale espressione, ricavata nei testi di elettromagnetismo, deve essere scritta nelle unità CGS adottate, esprimendo il momento magnetico in funzione dell’isospin tramite la (1.3):

Hdir n≠n= N ÿ i<j (“~)2 |≠ræij|3 S U≠æIi ·≠æIj≠ 3 1≠æI i · ≠ræij2 1≠æIj· ≠ræij 2 |≠ræij|2 T V (1.24)

ove N è il numero totale di isospin sul reticolo e la somma corre su indici i < j per contare una sola volta le interazioni. La parte indiretta delle interazioni ha invece la seguente forma:

Hindir n≠n = N ÿ i<j ≠ æI i · aij≠æIj (1.25)

ove ora per la matrice aij non è possibile dare un’espressione esplicita, in quanto dipende dal tipo di

interazio-ne. Un discorso analogo sarà ripreso per l’accoppiamento tra isospin e spin elettronico: anche in quella sede si osserverà che la matrice tra i 2 operatori dipende dal modello teorico scelto per la descrizione e dal tipo di atomi che accoppia. Tuttavia la formula (1.25) ha una sua interpretazione fisica: un isospin ≠æIi interagisce attraverso

l’accoppiamento iperfino (di cui si discuterà in seguito) con un elettrone, il quale è in relazione col medesimo mec-canismo con un isospin ≠æIj. Dunque modificazioni dell’orientazione di un isospin influiscono sull’altro giustificando

in modo qualitativo l’espressione presente in (1.25). Proprio per la presenza di un elemento estraneo ai 2 isospin si parla di accoppiamento indiretto. Per quanto affermato però alla fine del paragrafo precedente, gli effetti di tali accoppiamenti sul termine energetico di Zeeman sono trascurabili. Le prime modificazioni significative del campo magnetico a cui è soggetto un nucleo arriveranno con lo studio del terzo addendo della (1.22) di cui ci si occuperà nel prossimo paragrafo.

1.5 Interazione magnetica iperfina

Seguendo quanto esposto in [1], per descrivere il cambiamento nel campo magnetico nucleare per effetto dell’inte-razione con gli elettroni, si cerca una forma simile all’hamiltoniana di Zeeman. Per trattare il comportamento in

(11)

campo magnetico, viene operata nell’hamiltoniana elettronica la sostituzione dettata dall’accoppiamento minimale (in unità CGS): ≠ æp ¡ ≠æp q c ≠ æA = ≠æp +e c ≠ æA , ≠æ Ò ·≠æA = 0, ≠æÒ ◊≠æA = ≠æH (1.26)

ove il potenziale vettore ≠æA è considerato in gauge di Coulomb. Una sua espressione che generi il campo nucleare

di dipolo è: ≠ æA = ≠æµ ◊ ≠ær r3 = ≠ æ Ò ◊3 ≠æµr 4 = µsin ◊ r2 ˆ„ (1.27)

ove ≠æµ è il momento magnetico ed ≠ær la distanza a cui viene valutato il campo. L’hamiltoniana dell’elettrone nel

campo magnetico nucleare deve però anche descrivere il grado di libertà spinoriale: si utilizzerà a questo scopo una forma simile a quella ricavata nell’equazione (1.3), poiché è possibile dimostrare come tale addendo si ottenga naturalmente quando si lavora con l’hamiltoniana di Dirac per l’elettrone in campo elettromagnetico. Ricordando che ora il momento angolare è descritto dallo spin ≠æs, sostituendo nella (1.3) il corretto fattore di forma g ed il valore del magnetone di Bohr, si trova:

H =2m1 1≠æp +e c ≠ æA22 ≠ g (≠µB) ≠æs ·≠æH = 2m1 1 ≠ æp +e c ≠ æA22+ 2µ B≠æs ·≠æÒ ◊≠æA (1.28)

L’interazione H1 cercata si trova sottraendo allo sviluppo al primo ordine della precedente equazione la parte

libera (contributo cinetico elettronico): H1=2mce 1 ≠ æp ·≠æA + ≠æA· ≠æp2+ 2µB≠æs ·≠æÒ ◊≠æA = e 2mc3 ~i ≠ æ Ò ·≠æA+ 2≠æA · ≠æp 4 + 2µB≠æs ·≠æÒ ◊≠æA (1.29)

ove si è sfruttata la gauge di Coulomb per eliminare un addendo nello sviluppo del quadrato. Utilizzando la (1.27) per l’espressione di ≠æA e la definizione di magnetone di Bohr, la precedente formula diviene:

H1= 2µB ~ 3 ≠æµ ◊ ≠ær r3 4 · ≠æp + 2µB≠æs ·≠æÒ ◊≠æA = 2µB ≠ æl · ≠æµ r3 + 2µB≠æs · ≠ æ Ò ◊ 5 ≠ æ Ò ◊3 ≠æµr 46 (1.30) ove si sono sfruttate le proprietà del triplo prodotto vettore per isolare nel primo addendo l’espressione del momento angolare orbitale ~≠æl = ≠ær ◊ ≠æp. Per ottenere l’espressione del contributo alla variazione del campo magnetico a

cui è soggetto il nucleo, bisogna sviluppare il secondo addendo Hs

1 della precedente equazione, dipendente dallo

spin, utilizzando le identità vettoriali e la costanza di ≠æµ:

Ë≠æ Ò ◊1≠æÒ ◊≠æAi= Áijk ˆ ˆxj 3 ÁklmˆAm ˆxl 4 = (”il”jm≠ ”im”jl) ˆ 2A m ˆxjˆxl =Ë≠æÒ1≠æÒ ·≠æA2≠ Ò2≠æAÈ i ∆ Hs1= 2µB≠æs ·≠æÒ ◊ 5 ≠ æ Ò ◊3 ≠æµr 46 = 2µB Ë1 ≠ æs ·≠æÒ2 1≠æµ ·æ≠Ò2≠ (≠æs · ≠æµ) Ò2È 1 r = 2µB 51 ≠ æs ·≠æÒ2 1æ≠µ ·≠æÒ21 3(≠æs · ≠æµ) Ò26 3 1r 4 ≠3B (≠æs · ≠æµ) Ò23 1 r 4 (1.31)

ove nell’ultimo membro si è scelto di rendere convergente il primo termine. Con l’espressione (1.31) è dunque possibile valutare Hs

1: per ≠ær ”=≠æ0 essa è data sviluppando il primo addendo, poiché come noto il secondo è nullo

in quanto per l’equazione di Laplace, il laplaciano del potenziale elettrostatico generato da una singola carica elettrica svanisce per ≠ær ”= ≠æ0 . Sempre per questo motivo, nel primo addendo solo il primo termine sopravvive per ≠ær ”=≠æ0 ; poiché esso contiene solo scalari, si è optato per esprimerli in un sistema cartesiano, ivi convertendo anche la norma r del vettore. Sviluppando i calcoli, si ottiene:

si ˆ ˆxi µj ˆ ˆxj 3 1 r 4 = siµj ˆ ˆxi C ≠ xj (x2+ y2+ z2)32 D = siµj I 3xixj (x2+ y2+ z2)52 i”= j, ≠ ! x2+ y2+ z2"≠ 3x2j (x2+ y2+ z2)52 = ≠ r2≠ 3x2i r5 i= j J ∆ si ˆ ˆxi µj ˆ ˆxj 3 1 r 4 =ÿ i siµi 3 ≠r 2≠ 3x2 i r5 4 +ÿ i”=j 3sixiµjxj r5 = ≠ r2≠æs · ≠æµ r5 + 3 ÿ ij sixiµjxj r5 = 3 (≠æs · ≠ær) (≠æµ · ≠ær) r5 ≠ ≠ æs · ≠æµ r3 (1.32)

(12)

1.6. LA SUSCETTIVITÀ MAGNETICA NEL FORMALISMO DELLA SECONDA QUANTIZZAZIONE 11 Invece nel caso in cui ≠ær = ≠æ0 , a causa della convergenza del primo addendo, è necessario riesprimere solo il secondo

con il teorema di Gauss. Esso contiene il potenziale elettrostatico in unità CGS di una carica q = 1; scrivendone la densità in funzione della delta di Dirac si ottiene:

Ò23 1r 4 = ≠4fi” (≠ær) ∆ ≠4µB 3 (≠æs · ≠æµ) Ò23 1r 4 = 16fiµB 3 (≠æs · ≠æµ) ” (≠ær) (1.33) Unendo i due risultati precedenti si ottiene la definizione della funzione (1.31); aggiungendo ad essa la parte orbitale si perviene alla riscrittura voluta della (1.30):

H1= 2µB“n~≠æI · C ≠æl r3 ≠ ≠ æs r3 + 3≠ær (≠æs · ≠ær) r5 + 8fi 3 ≠æs ”(≠ær) D (1.34) ove il momento magnetico ≠æµ è riscritto in funzione dell’isospin ≠æI. Questo è il risultato voluto per l’interazione magnetica iperfina: esso può essere riscritto come energia potenziale magnetica isolando dunque il campo ≠æHe a

cui è soggetto il nucleo per l’interazione con gli elettroni: H1= ≠“n~≠æHe·≠æI ∆≠æHe= ≠2µB C ≠æl r3 ≠ ≠ æs r3 + 3≠ær (≠æs · ≠ær) r5 + 8fi 3 ≠æs ”(≠ær) D (1.35) Riprendendo il risultato (1.34), si nota che esso contiene tre contributi: il primo rappresenta l’energia potenziale del nucleo con momento ≠æµ nel campo di dipolo generato dall’elettrone con momento ≠2µB≠æs. Il secondo descrive la medesima energia nel campo generato dal momento angolare orbitale: esso ha segno opposto rispetto alla pura parte spinoriale del precedente e tale fatto sarà confermato nei prossimi paragrafi quando si mostreranno le varie componenti diamagnetiche e paramagnetiche della suscettività elettronica, legata al campo ≠æHee dunque alla (1.34).

Infine il terzo contributo essendo proporzionale alla delta di Dirac spaziale, genererà autovalori non nulli di energia solo se è non nulla la probabilità di trovare un elettrone ad ≠ær = ≠æ0 , ovvero per orbitali s. Questo completa la

giustificazione della forma presentata per l’interazione magnetica iperfina, in quanto rende nel dettaglio il terzo addendo della (1.22); i primi due termini ivi presenti sono già stati esposti nel paragrafo precedente, mentre il quarto non viene discusso in questo lavoro, in quanto descrivendo gli effetti della distribuzione di carica elettronica sull’energia nucleare, è di più stretta competenza della NQR (Nuclear Quadrupole Resonance). Ora dunque si possono cercare le conseguenze del cambiamento del campo magnetico sperimentato dai nuclei, tramite quantità misurabili, come il Knight shift. Dipendendo esso, come si mostrerà, dalla suscettività magnetica, si preferisce introdurre nel paragrafo successivo una sua presentazione con la teoria della seconda quantizzazione, rimandando al paragrafo 1.7 la derivazione del Knight shift.

1.6 La suscettività magnetica nel formalismo della seconda

quantiz-zazione

Obiettivo di questo paragrafo, ispirato a [45], è presentare una cornice generale per il calcolo della suscettività magnetica. Conviene pertanto cominciare illustrando il formalismo della seconda quantizzazione che permette di scrivere in modo efficace gli operatori di interesse fisico. Si definisce C

æk ‡ l’operatore di creazione che aggiunge

allo stato su cui opera un elettrone di vettore d’onda ≠æk e proiezione z di spin ‡; in modo analogo Cæ≠

k ‡ risulta un

operatore di distruzione il quale operando su uno stato toglie una particella con caratteristiche ≠æk, ‡. Applicando

ripetutamente il primo operatore allo stato di vuoto, si può ottenere la funzione d’onda che descrive il numero voluto di elettroni negli stati desiderati. Da notare sono le regole di anticommutazione dei precedenti operatori, che garantiscono le proprietà fermioniche di un sistema a molte particelle:

Cæ≠†k ‡C≠ækÕÕ+ C≠ækÕÕC † ≠ æk ‡= ”≠æk≠æ kÕ”‡‡Õ, C † ≠ æk ‡C≠æ† kÕÕ+ C † ≠ æ kÕÕC † ≠ æk ‡= 0, C≠æk ‡C≠ækÕÕ+ C≠ækÕÕC≠æk ‡= 0 (1.36)

Come anticipato, la loro utilità risiede nella riscrittura di un operatore a (≠ær s) a molti corpi (di seguito si presenterà solo il caso ad un corpo); come noto difatti esso assume la forma (detta di seconda quantizzazione):

A= ÿ ≠ æ k ‡,≠ækÕÕ a1≠æk ‡;≠ækÕÕ2Cæ≠† k ‡C≠ækÕÕ (1.37)

(13)

Figura 1.3: Relazioni di dispersione per un gas di elettroni liberi in un campo magnetico esterno (adattata da [45]).

ove la quantità che moltiplica la coppia di creazione e distruzione risulta l’elemento della matrice iniziale tra gli stati elettronici descritti dai pedici degli operatori precedenti:

a1≠æk ‡;≠ækÕÕ2=e≠æ

k ‡|a (≠ær s)|„≠ækÕÕ

f

(1.38) Per estendere le precedenti equazioni al caso di due o più corpi, bisogna ammettere la presenza di quattro o più operatori C, Cinseriti in modo tale da garantire l’autoaggiuntezza del risultato. Tuttavia ciò che conta è in realtà

il valor medio termico del prodotto di due operatori C, C:

e C≠æ† k ‡Cæ≠kÕÕ f = n!E≠æk ‡"æ≠ k≠ækÕ”‡‡Õ, e Cæ≠k ‡C≠æ kÕÕ f = 0, eC≠æ† k ‡C † ≠ æ kÕÕ f = 0 (1.39) Nella precedente equazione si vede che l’unico risultato non nullo è il valor medio del prodotto tra gli operatori di creazione e distruzione di uno stesso stato, che risulta pari alla funzione di Fermi n valutata nell’energia di questo stato. Nei calcoli successivi tale conclusione sarà ripetutamente sfruttata, unitamente al teorema di Bloch (ripreso anche nel prossimo paragrafo) per la forma della funzione d’onda elettronica in un potenziale efficace con la periodicità del reticolo:

≠æk (≠ær) = U≠æk (≠ær) ei≠æk·≠ær (1.40)

ove U≠æ

k (≠ær), detta funzione di Bloch, ha la periodicità del reticolo. Essa, e dunque l’espressione precedente, è

normalizzata nel volume V del campione; tuttavia è conveniente passare alla normalizzazione sul volume atomico tramite la seguente definizione:

Â≠æ k (≠ær) = Ú V ≠æ k (≠ær) (1.41)

Uno di tali risultati riguarda la suscettività magnetica, di cui si tratterà inizialmente il caso statico, per genera-lizzare poi le conclusioni ad un campo magnetico non locale. Si consideri pertanto un sistema di elettroni non interagenti soggetti ad un campo esterno uniforme H0; per calcolare la suscettività, è necessario determinare la

magnetizzazione elettronica di spin MS, ad essa legata da:

MS= ‰SH0 (1.42)

Rispetto al caso in assenza di campo, si osserva per il sistema una variazione di energia, dovuta all’interazione Zeeman, data da:

E= ~Ê0= gµBH0 (1.43)

I due segni negativi della carica elettronica e dell’energia potenziale magnetica, si compensano, dando un cambiamento di energia direttamente proporzionale alla componente z dello spin che dunque provoca uno shift della densità degli stati, favorendo gli spin down come mostrato in figura 1.3. Per ottenere il risultato voluto, si comincia utilizzando la definizione di magnetizzazione di spin:

MS = gµB 2 ÿ ≠ æ k 1 næ≠ k¿≠ n≠ækø 2 (1.44)

(14)

1.6. LA SUSCETTIVITÀ MAGNETICA NEL FORMALISMO DELLA SECONDA QUANTIZZAZIONE 13

Figura 1.4: Funzioni di distribuzione per un gas di elettroni liberi in un campo magnetico esterno (adattata da [45]).

Il valore n presente nella precedente formula denota il numero di occupazione dello stato a cui esso si riferisce, mediato su tutte le possibili distribuzioni elettroniche, ovvero risulta pari alla funzione di Fermi. La precedente somma discreta può essere valutata passando al continuo, esprimendo però l’integrale ottenuto nella variabile energia; l’integrando, argomento della sommatoria precedente, deve essere così moltiplicato per i fattori V

(2fi)3 e lo

Jacobiano del cambio di variabile. Ma il loro prodotto risulta per definizione pari alla densità V g(E≠æk)

2 degli stati,

ove il fattore 1

2 è dovuto al fatto che l’integrando dipende dalla direzione dello spin e dunque bisogna esprimere il

numero degli stati accessibili per ogni suo valore:

MS = gµBV 2 ⁄ Œ 0 dE≠æk g!E≠æ k " 2 5 n 3 E≠æ kgµBH0 2 4 ≠ n 3 E≠æ k + gµBH0 2 46 (1.45) Le funzioni nella parentesi quadra della precedente formula sono rappresentate nella figura 1.4, avendone esagerato la pendenza per motivi grafici; essendo l’energia di Zeeman una correzione a quella traslazionale Eæ≠

k,

risulta possibile un’espansione in serie che fornisce:

n 3 E≠æ kgµBH0 2 4 ≠ n 3 E≠æ k + gµBH0 2 4 = ≠gµBH0 dn!E≠æ k " dE≠æ k (1.46) Inserendo tale risultato nella precedente equazione, si ottiene una formula di validità generale per la magnetizza-zione di spin e dunque per la suscettività tramite la (1.42):

MS = ≠ (gµB)2V H0 4 ⁄ Œ 0 dEæ≠kg ! E≠æk" dn ! E≠æ k " dE≠æ k ∆ ‰S= V(gµB)2 4 ⁄ Œ 0 dE≠ækg ! E≠æk" C ≠dn ! E≠æ k " dE≠æ k D (1.47) Da essa è possibile ottenere la formula di Pauli specificando il calcolo per una temperatura nulla, nel qual caso la funzione di Fermi risulta una funzione gradino e la sua derivata è l’opposto della delta di Dirac centrata in EF:

dn!E≠æk" dE≠æ k = ≠”!E≠æk ≠ EF"∆ ‰S = V(gµB) 2 4 g(EF) (1.48)

Tale conclusione va tuttavia modificata quando si considera un campo magnetico non omogeneo; si consideri difatti un sistema soggetto a ≠æH1≠æR2 che varia nello spazio. Per definire la magnetizzazione di spin ≠Mæ1≠æR2, bisogna

considerare la somma tra la funzione di risposta non locale ‰S1≠æR , ≠æRÕ

2

(suscettività) ed il campo ≠æH1≠æRÕ2in quel

punto. Passando al limite continuo, e normalizzando le unità di misura rispetto al volume del campione, si ha: ≠æ M1≠æR2= 1 V‰S1≠æR ,RæÕ2 ≠æH1≠æRÕ 2 d3RÕ (1.49)

Al solito, la magnetizzazione sarà proporzionale al valor medio termico dello spin in quel punto: ≠æ

M1≠æR2= ≠gµBe≠æS 1≠æR

2f

(15)

Qualora si consideri un campo magnetico centrato in un sol punto ≠Ræi, utilizzando le proprietà della delta

nell’integrazione, si ottiene una formula analoga alla (1.42): ≠ æH1≠æRÕ2= V ≠æh ”1≠æRÕRæ i 2 ∆≠Mæ1≠æR2= ≠æh ‰S1≠æR ,Ræi 2 (1.51) Volendo trattare tale argomento in generale, conviene però ipotizzare una omogeneità del reticolo, cosicchè la suscettività risulti invariante per traslazione e dipenda dalla differenza dei suoi argomenti. Con tale ipotesi è possibile introdurre la sua trasformata di Fourier ‰S(≠æq), la cui relazione con la funzione diretta è definita in serie

tramite le formule: ‰S(≠æq) = 1 Vd3(R ≠ RÕ) ‰S1≠æR ≠≠æRÕ 2 e≠i≠ æq·1≠æR ≠≠RæÕ2 , ‰S1≠æR ≠≠RæÕ 2 =ÿ ≠ æq ‰S(≠æq) e i≠æq· 1æ R≠≠RæÕ2 = V (2fi)3 ⁄ d3q‰S(≠æq) e i≠æq· 1æ R≠≠RæÕ2 (1.52)

ove nell’ultima uguaglianza si è sfruttato il passaggio al continuo. Inserendo tale espressione in ambo i membri della (1.49), utilizzando definizione e proprietà della delta, è possibile ottenere la seguente relazione nello spazio reciproco, valida per la trasformata di Fourier di una convoluzione:

≠æ

M1≠æR2= V

(2fi)3 ⁄

d3qM(≠æq) ei≠æq·≠æR ∆ M (≠æq) = ‰S(≠æq) ≠æH(≠æq) (1.53)

L’energia magnetica di tale sistema può essere ottenuta con una somma continua, come fatto nella (1.49), dei singoli addendi di Zeeman, trovando:

H≠æq = 1 VgµB≠æH1≠æR 2 ·≠æS 1≠æR2d3R (1.54)

Per semplicità di trattazione si consideri una forma oscillante del campo esterno; tale scrittura ad onda piana, è utile in quanto lo esprime come serie di Fourier ad un solo addendo. Inserendola nella precedente formula si ha dunque: ≠ æ H1≠æR2= ≠æh≠æqei≠æq·≠æR ∆ H≠æq = gµB≠æh≠æq · 1 V ⁄ ≠ æS 1≠æR2ei≠æq·≠æRd3R= gµ B≠æh≠æq ·≠æS≠≠æq (1.55)

Per poter procedere è necessario tuttavia che l’hamiltoniana precedente sia reale; ipotizzando che ≠æhæ≠q lo sia, la

(1.55) va così completata:

Hæ≠q = gµB≠æh≠æq ·1≠æS≠≠æq + ≠æS≠æq

2

(1.56) Essa mostra che dunque anche nel calcolo del coefficiente di Fourier della magnetizzazione, si dovranno mediare sia ≠æS≠æq che ≠æS≠≠æq; per procedere è dunque necessario determinare tali quantità utilizzando il formalismo della

seconda quantizzazione. Poiché esse moltiplicano il parametro perturbativo ≠æh≠æq, si utilizzeranno le (1.37) e (1.38)

con gli stati di elettrone libero; ricordando la forma diagonale dell’operatore Sz per l’elettrone di spin 12, si trova:

Sz1≠æR 2 =12 ÿ ≠ æk ,≠æ kÕ ei 1æ kÕ≠æk2·≠æR1 Cæ≠†k øC≠ækÕø≠ C † ≠ æk ¿C≠ækÕ¿ 2 (1.57) Sempre in tale formalismo risulta utile esprimere l’operatore di innalzamento di spin che nel caso 1

2 vale: S+1≠æR2= ÿ ≠ æ k ,≠ækÕ ei 1æ kÕ≠≠æk 2 ·≠æR C≠æ† køC≠ækÕ¿ (1.58)

Utilizzando la (1.52) per il calcolo della trasformata di Fourier, passando al continuo in ≠ækÕ e sfruttando le proprietà

della delta, si ha:

Sz(≠æq) = 2V1 ÿ ≠ æ k ,≠ækÕ 1 Cæ≠† køC≠ækÕø≠ C † ≠ æ k¿C≠ækÕ¿ 2 ⁄ ei 1æ kÕ≠æk≠≠æq2·æ≠R d3R= (2fi) 3 2V V (2fi)3· ÿ ≠ æ kd3kÕ1C≠æ†k øC≠ækÕø≠ C † ≠ æk ¿C≠ækÕ¿ 2 1≠ækÕ ≠æk ≠ ≠æq2= 1 2 ÿ ≠ æ k 1 C≠æ†k øC≠æk+≠æqø≠ C † ≠ æk ¿C≠æk+≠æq¿ 2 (1.59)

(16)

1.6. LA SUSCETTIVITÀ MAGNETICA NEL FORMALISMO DELLA SECONDA QUANTIZZAZIONE 15 Di tale quantità verrà fatta una media termica per il calcolo della magnetizzazione di spin; è necessario calcolare ora gli stati GÕ su cui operare tale media, utilizzando la teoria perturbativa al primo ordine. Detti „

n gli autostati

dell’hamiltoniana imperturbata con autovalori En(0), nel caso non degenere risulta:

| GÕÍ = | „ nÍ + ÿ k”=n cnk| „kÍ , c(1)nk = + „k|Hæ≠q|„n, En(0)≠ Ek(0) (1.60) Se n denota lo stato fondamentale G, allora la sommatoria si estende sui possibili stati eccitati che non annullano l’elemento di matrice della perturbazione. Dalle formule (1.56) e (1.59) ciò avviene scegliendo, per entrambe le direzioni di spin, stati che hanno un elettrone in meno con momento ≠æk ≠ ≠æq ed uno in più con vettore d’onda

æk, ripetendo tale ragionamento nel caso in cui ≠æq sia sostituito con ≠≠æq, vista la condizione di realtà a cui deve soddisfare l’hamiltoniana della perturbazione; utilizzando il formalismo della seconda quantizzazione per scrivere gli stati descritti, si dovranno calcolare dei coefficienti pari a:

c(1)nk = gµB 2 qæ≠k hz≠æq e „k|C≠æ†k øC≠æk≠≠æqø≠ C † ≠ æk ¿Cæ≠k≠≠æq¿+ C † ≠ æk øCæ≠k+≠æqø≠ C † ≠ æk ¿C≠æk+≠æq¿|G f EGS≠ Ek(0) , | „øÍ = Cæ≠†k øC≠æk≠≠æqø| GÍ , | „¿Í = C † ≠ æk ¿C≠æk≠≠æq¿| GÍ , -- „Õø f = C† ≠ æk øCæ≠k+≠æqø| GÍ , -- „Õ¿ f = C† ≠ æk ¿C≠æk+≠æq¿| GÍ (1.61)

Come si vede, la quantità da calcolare, con le variazioni dovute al segno di ≠æq ed alla direzione dello spin, è un valor medio termico, per il quale si utilizzano le regole di anticommutazione (1.36) nonché la (1.39). Di seguito si presenta il procedimento esteso valido per +≠æq e spin ø, apportando poi i necessari cambiamenti per desumere gli altri casi: ˜c(1)nø =eG|C≠æ† k≠≠æqøC≠ækøC † ≠ æ køC≠æk≠≠æqø|G f =eG|Cæ≠† k≠≠æqøC≠æk≠≠æqø|G f ≠eG|Cæ≠† k≠≠æqøC † ≠ æ køC≠ækøCæ≠k≠≠æqø|G f = nø1Eæ≠ k≠≠æq 2 ≠ nø 1 Eæ≠ k≠≠æq 2 nø!E≠æ k " ,˜c(1)n¿ = n¿1E≠æ k≠≠æq 2 ≠ n¿ 1 E≠æ k≠≠æq 2 n¿!Eæ≠ k " , ˜cÕ(1) nø = nø1Eæ≠ k+≠æq 2 ≠ nø 1 E≠æ k+≠æq 2 nø!E≠æ k " , ˜cÕ(1) n¿ = n¿ 1 E≠æ k+≠æq 2 ≠ n¿ 1 E≠æ k+≠æq 2 n¿!E≠æ k " (1.62)

Inserendo tale risultato nella precedente equazione, dopo aver valutato caso per caso l’energia dello stato k (che nel caso esaminato in modo esteso precedentemente differisce dallo stato fondamentale per la distruzione di un elettrone con vettore d’onda ≠æk≠≠æq e spin ø e la creazione di una particella in stato ≠æk, ø e così via) si può ottenere

tramite la (1.60) la modificazione di G per effetto dell’interazione Zeeman: | GÕÍ = | GÍ +gµB2hz≠æq ÿ ≠ æ k Y ] [ nø 1 E≠æ k≠≠æq 2 # 1 ≠ nø!E≠æk"$ ≠E≠æk ø+ E≠æk≠≠æqø | „øÍ ≠ n¿ 1 E≠æ k≠≠æq 2 # 1 ≠ n¿!E≠æk"$ ≠Eæ≠k ¿+ Eæ≠k≠≠æq¿ | „¿Í + nø1E≠æ k+≠æq 2 # 1 ≠ nø!E≠æk "$ ≠E≠æ kø+ E≠æk+≠æqø -- „Õø f ≠n¿ 1 E≠æ k+≠æq 2 # 1 ≠ n¿!E≠æk "$ ≠E≠æ k¿+ E≠æk+≠æq¿ -- „Õ¿ fZ^ \= |GÍ + ÿ ≠ æk 1 ”n≠≠æqøC≠æ† køC≠æk≠≠æqø| GÍ +”n≠≠æq¿C≠æ†k ¿C≠æk≠≠æq¿| GÍ + ”n≠æqøC † ≠ æk øCæ≠k+≠æqø| GÍ + ”n≠æq¿C † ≠ æk ¿C≠æk+≠æq¿| GÍ 2 (1.63) ove nell’ultima uguaglianza si è definita una variazione del numero di occupazione, a seconda dei valori di ≠æk, ≠æq

e della direzione di spin, che è il tratto marcato dell’accoppiamento con il campo esterno e può essere utilizzato similmente a quanto fatto nella (1.44) per il calcolo della magnetizzazione di spin. In questo caso si trova:

Mz≠æq = gµB 2 ÿ ≠ æ k ! ”n≠≠æq¿≠ ”n≠≠æqø+ ”n≠æq¿≠ ”n≠æqø" = (gµB) 2h z≠æq 4 ÿ ≠ æ k Y ] [ n¿ 1 E≠æk ≠≠æq 2 # 1 ≠ n¿!E≠æk "$ E≠æ k¿≠ E≠æk≠≠æq¿ +nø 1 E≠æk ≠≠æq 2 # 1 ≠ nø!E≠æk "$ E≠æk ø≠ Eæ≠k≠≠æqø +n¿ 1 Eæ≠k+≠æq2 #1 ≠ n¿!Eæ≠k"$ Eæ≠k ¿≠ E≠æk+≠æq¿ +nø 1 E≠æk+≠æq2 #1 ≠ nø!E≠æk"$ E≠æk ø≠ E≠æk+≠æqø Z ^ \ = (gµB)2hz≠æq 4 ÿ ≠ æ k Y ] [ nø!E≠æk" + n¿ ! Eæ≠k"≠ Ë nø 1 E≠æk+≠æq 2 + n¿ 1 E≠æk+≠æqE≠æk+≠æq ≠ E≠æk Z ^ \ (1.64)

(17)

‰S(≠æq) = (2fi)V 3(gµB) 2 2 sd3k 3 µ≠~2| ≠ æk+≠æq|2 2m 4 ≠◊ 3 µ≠~2| ≠ æk |2 2m 4 ~2|≠æk|2 2m ≠ ~2|æ≠k+≠æq|2 2m , s d3k 1 2mµ ~2 ≠ --æ≠ k--2 2 --≠æk+≠æq--2--æ≠k--2 = I (≠æq) ∆ ‰S(≠æq) = (2fi)V 3(gµB) 2 2 2m~2 [I (≠≠æq) + I (≠æq)] I(±≠æq) =s d3k 1 2mµ ~2 ≠ --≠æk--22 |≠æq|2±2--æ≠k--|≠æq|cos ◊ = 2fi sŒ 0 dkk2!2mµ~2 ≠ k2" s 0 d◊q2±2kq cos ◊sin ◊ = 2fis 2mµ ~2 0 dkk2 1 ≠±2kq1 ln --q2± 2kq cos ◊--2◊=fi =0 = 2fi s2mµ ~2 0 dk±k2q ln --qq±2kû2k -s xln |a + cx|dx, a + cx = t æ dx = dt c ∆ s !t≠a c " ln|t| dt c = c12 Ë ≠a (t ln |t| ≠ t) +t2 2 ln |t| ≠t 2 4 È +K = 1 c2 Ó ln |a + cx|Ë≠a (a + cx) +12(a + cx)2 È + a (a + cx) ≠1 4(a + cx)2 Ô + K = 1 c2[ln |a + cx|· 1 c2x2 2 ≠a 2 2 2 +acx 2 ≠c 2x2 4 È + KÕs xln |a + cx|dx = ln |a + cx|1x2 2 ≠ a 2 2c2 2 +ax 2cx 2 4 + KÕ I(≠≠æq) + I (≠æq) = 2fiskF 0 dk 1 k 2qln |q + 2k| ≠2qk ln |q ≠ 2k| +2qk ln |q + 2k| ≠2qk ln |q ≠ 2k| 2 = 4fiskF 0 dk2qk ln |q + 2k| + 4fis≠k0 F dk k 2qln |q + 2k| = 4fi2q s≠kkFF xln |q + 2x|dx = 4fi 2q [ln |q + 2x|· 1 x2 2 ≠q 2 8 2 +qx 4 ≠x 2 4 Èx=kF x=≠kF =2fi q Ë1k2 F 2 ≠q 2 8 2 ln---q+2kF q≠2kF -- +qkF 2 È = fikF Ë(2k F)2≠q2 4qkF ln --q+2kF q≠2kF -- + 1È ‰S(≠æq) =(2fi)V 3(gµB) 2 2 2m~2fikF 51≠! q 2kF" 2 2 q 2kF ln -1+ q 2kF 1≠ q 2kF -- + 1 6 = 1 22fiV2!2m~2" 3 2ÔE F(gµB) 2 4 F 1 q 2kF 2 , F(x) = 1 +1≠x2x2ln---1+x1≠x-, g (E-- F) = 2fi12!2m~2" 3 2ÔE F ∆ ‰S(≠æq) =12V(gµB) 2 4 g(EF) F 1 q 2kF 2 =‰P auliS 2 F 3 |≠æq| 2kF 4

Tabella 1.1: Derivazione della trasformata di Fourier della suscettività nel caso 3d.

ove si è usato il fatto che nello stato stazionario di elettroni liberi, l’energia non dipende dalla componente di spin. Per la (1.53) proiettata in direzione z, si può calcolare la suscettività magnetica come:

‰S(≠æq) = Mz≠æq hz≠æq =(gµB)2 4 ÿ ≠ æ k Y ] [ nø!E≠æk" + n¿ ! E≠æk"≠ Ë nø 1 E≠æk+≠æq 2 + n¿ 1 E≠æk+≠æqE≠æ k+≠æq ≠ E≠æk Z ^ \ = (gµB)2 2 ÿ ≠ æ k S Un 1 Eæ≠k+≠æq 2 ≠ n!Eæ≠k" E≠æk ≠ E≠æk+≠æq T V (1.65)

ove nell’ultimo passaggio si è utilizzato il fatto che all’ordine 0 la somma delle funzioni di Fermi valutate nell’energia perturbata a seconda della direzione ø o ¿ è pari al doppio della distribuzione n avente per argomento il solo termine cinetico libero (energia traslazionale). Il calcolo della precedente sommatoria è proseguibile analiticamente nel caso di temperatura nulla, dopo un passaggio al continuo; i risultati sono mostrati in tabella 1.1. In essa si è operata l’integrazione in coordinate sferiche, prima nell’angolo ◊, poi nel raggio; utilizzando un’integrale notevole che lì si trova giustificato, attraverso trasformazioni di simmetria, si è espressa la suscettività nei termini di una funzione

F (lì definita) e del valore di Pauli calcolato in precedenza.

In figura 1.5 è graficato l’andamento della suscettività magnetica; sono da notare due aspetti: in primo luogo per |≠æq| = 0, essa assume il valore uniforme di Pauli, come esplicitamente derivato ad inizio paragrafo; in secondo luogo per |≠æq| = 2kF, essa si dimezza e la sua derivata diverge. Nella figura citata si trova anche la rappresentazione del caso bidimensionale, che può essere utile all’argomento della tesi, in quanto il fenomeno superconduttivo si origina sui piani CuO2.

Il calcolo per la suscettività magnetica, riprodotto in tabella 1.2, solo per certi versi è analogo al precedente: difatti dopo il consueto passaggio al continuo, lavorando in coordinate polari, si integra prima nell’angolo Ï con il teorema dei residui e poi nel raggio. Il primo risultato è non nullo solo se il raggio soddisfa ad una determinata relazione con |≠æq|, dunque per il prosieguo del calcolo, si otterrà una funzione definita per tratti, che risulta costante per |≠æq| < 2kF e decrescente per |≠æq| > 2kF. Gli ultimi passaggi riportati legano quanto trovato al valore uniforme di Pauli (1.48), a patto di sostituire per il caso 2d l’opportuna densità degli stati (costante).

Da notare risultano dunque le seguenti differenze: dal punto di vista formale, nel caso 2d l’integrazione con il teorema dei residui costringe a procedere per tratti, mentre ciò non accadeva in precedenza; da quello numerico, la suscettività mostra per |≠æq| = 2kF una pendenza infinita in entrambe le situazioni, solo che il valore assunto

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