Questioni di Economia e Finanza
(Occasional Papers)
Il lavoro nella gig economy. Evidenze dal
mercato del food delivery in Italia
di Cristina Giorgiantonio e Lucia Rizzica
o
472
Dicembr
e 20
Questioni di Economia e Finanza
(Occasional Papers)
Numero 472 – Dicembre 2018
Il lavoro nella gig economy. Evidenze dal
mercato del food delivery in Italia
La serie Questioni di economia e finanza ha la finalità di presentare studi e documentazione su aspetti rilevanti per i compiti istituzionali della Banca d’Italia e dell’Eurosistema. Le Questioni di economia e finanza si affiancano ai Temi di discussione volti a fornire contributi originali per la ricerca economica.
La serie comprende lavori realizzati all’interno della Banca, talvolta in collaborazione con l’Eurosistema o con altre Istituzioni. I lavori pubblicati riflettono esclusivamente le opinioni degli autori, senza impegnare la responsabilità delle Istituzioni di appartenenza.
La serie è disponibile online sul sito www.bancaditalia.it .
ISSN 1972-6627 (stampa) ISSN 1972-6643 (online)
IL LAVORO NELLA GIG ECONOMY.
EVIDENZE DAL MERCATO DEL FOOD DELIVERY IN ITALIA
di Cristina Giorgiantonio* e Lucia Rizzica* Sommario
L'utilizzo di piattaforme digitali che fungono da intermediari tra domanda e offerta di lavoro è diventato sempre più diffuso negli ultimi anni, in Italia e all'estero. Il lavoro propone un'analisi del fenomeno fornendo, in particolare: i) un inquadramento del dibattito attuale sulla regolamentazione del settore con specifico riferimento agli assetti contrattuali e alle tutele da estendere ai lavoratori coinvolti; ii) una ricognizione dell'evidenza empirica esistente circa l'estensione del fenomeno e le sue principali caratteristiche all'estero e nel nostro paese; iii) un approfondimento sul settore del food delivery in Italia con un'analisi delle caratteristiche individuali e delle storie lavorative degli addetti alle consegne che vi operano.
Classificazione JEL: J3, J42.
Parole chiave: gig economy, regolamentazione del mercato del lavoro.
Indice
1. Introduzione ... 5
2. La dimensione e l’evoluzione della gig economy ... 8
3. La regolazione del lavoro nella gig economy ... 13
3.1 Le esperienze estere ... 12
3.2 La regolazione dei gig worker in Italia... 15
3.2.1 Le modalità di impiego nel settore del food delivery ... 15
3.2.2 Il dibattito e le proposte avanzate ... 18
4. I gig worker: le evidenze internazionali ... 19
4.1 Le caratteristiche dei gig worker ... 20
4.2 L’offerta di lavoro e i redditi ... 21
5. Case study: il food delivery in Italia ... 22
5.1 I rider ... 22
5.2 L’offerta di lavoro e i redditi dei rider ... 27
6. Conclusioni ... 34
Riferimenti bibliografici ... 37
Box: I confronti internazionali ... 40
______________________________________
1
Introduzione
1L’espressione “gig economy” `e mutuata dal mondo della musica, dove il termine “gig” indica
una performance legata a un singolo ingaggio e – pertanto – unica, saltuaria2. Il lavoro
nella gig economy, o “economia dei lavoretti”, ha – infatti – natura prettamente occasionale, riconducibile alla singola prestazione giornaliera o di poche ore, minuti. Sono gig work le consegne a domicilio di cibo o altri beni, l’utilizzo della propria auto come servizio taxi su
richiesta, l’attivit`a di baby-sitter di una sera, le ripetizioni private o le riparazioni casalinghe
svolte di volta in volta su richiesta di clienti, “datori di lavoro”, differenti.
Lo sviluppo delle tecnologie digitali avvenuto negli ultimi anni e, in particolare, della cosiddetta “Internet delle cose”, con la diffusione di massa di apparecchi di telefonia mobile smart, ha portato alla nascita e alla rapida crescita di una nuova tipologia di servizi online.
Sempre pi`u spesso, in particolare, piattaforme digitali accessibili dagli utenti tramite i loro
smartphone coordinano l’attivit`a lavorativa dei gig worker e mettono in contatto domanda e
offerta di servizi. Secondo uno studio curato da McKinsey (Manyika et al.,2016), i lavoratori
europei e statunitensi che usufruiscono dell’intermediazione di piattaforme online per fornire la propria prestazione lavorativa sarebbero circa 9 milioni, ovvero il 2,5% degli occupati. Il fenomeno sarebbe, inoltre, in fortissima crescita: secondo uno studio condotto dal JPMorgan
Chase & Co. Institute (Farrell e Greig, 2016), tra il 2012 e il 2016 il numero di lavoratori
coinvolti negli USA si sarebbe pi`u che decuplicato.
Il presente lavoro si focalizza su questo tipo di prestazioni, il cosiddetto “lavoro a chiamata
tramite piattaforma”3, e ne traccia le caratteristiche principali, i ) fornendo un
inquadramen-to delle questioni regolamentari che lo sviluppo di queste nuove forme di lavoro pone; e ii )
proponendo un’analisi dei lavoratori coinvolti e delle modalit`a di svolgimento delle
presta-zioni con particolare riferimento al mercato del food delivery, cio`e la consegna dei pasti a
1Le autrici ringraziano Saverio Bombelli, Federico Cingano, Silvia Giacomelli, Sauro Mocetti, Paolo
Naticchioni, Giuliana Palumbo, Giacomo Rodano, Paolo Sestito e tutti i partecipanti al seminario in Banca d’Italia per i commenti. Un ringraziamento speciale va a Foodora e Deliveroo per la collaborazione e i dati gentilmente forniti, e a Giovanna Linfante (ANPAL) per aver condiviso con noi i dati utilizzati in questo studio. Le opinioni espresse in questo lavoro sono quelle delle autrici e non impegnano in alcun modo la Banca d’Italia.
2Il termine deriverebbe dalla parola “engagement ”, impegno, ingaggio.
3In alcuni casi l’espressione gig economy viene utilizzata in maniera pi`u generale per definire tutti i lavori
domicilio, in Italia. I due aspetti sono fortemente interrelati, in quanto la determinazione dell’assetto regolatorio da adottare per questo tipo di prestazioni lavorative dipende, in
pri-ma istanza, dalla possibilit`a di inquadrarle all’interno delle categorie tradizionali dei rapporti
di lavoro. Utilizzando le evidenze e i dati disponibili, dunque, l’analisi svolta in questo studio mira a comprendere se il lavoro tramite piattaforma digitale rappresenti o meno la fonte di
reddito principale per i lavoratori e se il grado di autonomia e flessibilit`a di cui essi godono
nello stabilire modi e tempi della prestazione lavorativa li renda pi`u assimilabili ai lavoratori
subordinati o autonomi, o – invece – se si tratti di un modello realmente nuovo di lavoro, meritevole di un proprio status giuridico e di un apparato normativo ad hoc.
Da un punto di vista economico, infatti, nel caso si tratti di lavoro subordinato, la possi-bile presenza di fallimenti del mercato che impediscono di ottenere l’esito di efficienza della
concorrenza perfetta implicherebbe la necessit`a di introdurre delle tutele per i lavoratori. Ad
esempio, l’impossibilit`a da parte del lavoratore di assicurarsi privatamente contro eventuali
episodi di disoccupazione giustifica tradizionalmente l’introduzione di regimi di protezione
dell’impiego, mentre la possibilit`a che l’impresa detenga un certo potere monopsonistico
giustifica l’introduzione di un salario minimo.
In questo contesto, la presenza di un intermediario, digitale o meno, mediante il quale il lavoratore fornisce la propria opera, pone solo in parte delle questioni nuove. La condizione del lavoratore subordinato, esposto al rischio di disoccupazione e con un minore potere contrattuale rispetto al datore di lavoro, si ripropone – infatti – nella gig economy in maniera analoga a quanto accade nei settori tradizionali dell’economia.
Le questioni aperte riguardano, invece, il ruolo delle piattaforme e il bilanciamento del potere contrattuale tra lavoratori, datori di lavoro e piattaforme. Questo varia in maniera significativa a seconda del tipo di piattaforma considerata, del grado di concorrenza tra le piattaforme sul mercato e dal livello di specializzazione del lavoratore.
Ad esempio, studi recenti hanno documentato come nel caso di piattaforme in cui un singolo datore di lavoro ricerchi tra una moltitudine di lavoratori qualcuno che svolga dei compiti a basso profilo tecnico, i datori di lavoro godano di un forte potere monopsonistico
nei confronti dei lavoratori, stabilendone in maniera unilaterale i compensi (Dube et al.,
2018), che risultano inferiori a quelli che si avrebbero in un mercato concorrenziale. Diversa
sarebbe, invece, la situazione nel caso in cui la prestazione offerta dal lavoratore sia ad
alto contenuto tecnico e, quindi, il prestatore d’opera sia pi`u difficilmente sostituibile. In
questi casi, anzi, i lavoratori beneficerebbero della possibilit`a di utilizzare le piattaforme
erogazione. In entrambi i casi il ruolo della piattaforma risulterebbe comunque circoscritto e
la necessit`a di bilanciamento del potere contrattuale riconducibile esclusivamente al rapporto
tra committenti e prestatori di lavoro.
Esistono, poi, dei casi “ibridi” in cui `e la piattaforma, e non il cliente finale, a stabilire,
ad esempio, il compenso dei lavoratori e questi, dal canto loro, rimangono liberi di accettare
o rifiutare di svolgere la mansione e ne stabiliscono i tempi. In questi casi, bench´e sia la
piattaforma a stabilire lo schema retributivo, `e infine il lavoratore a determinare il proprio
salario, modulando liberamente la propria offerta di lavoro. Inoltre, in un mercato in cui
operino una pluralit`a di piattaforme, il lavoratore potr`a scegliere per quale lavorare e il
potere contrattuale delle piattaforme - in termini di condizioni retributive e lavorative offerte
- sar`a limitato dal meccanismo concorrenziale. In queste condizioni, pertanto, non `e chiaro
a priori se i lavoratori si trovino effettivamente in una condizione subalterna rispetto alla piattaforma e, pertanto, bisognosa di tutele, o invece non godano di un sufficiente potere
contrattuale determinato dalla flessibilit`a offerta da questo tipo di impieghi e rafforzato dalla
contendibilit`a del mercato delle piattaforme di intermedizione del lavoro.
Bench´e le condizioni contrattuali offerte varino di paese in paese e di piattaforma in
piat-taforma, la risposta suggerita a tali questioni da parte delle piattaforme stesse sembra essere univoca: Uber, Mechanical Turk, TaskRabbit e altre similari si considerano semplicemen-te agenzie digitali che mettono in collegamento clienti e lavoratori indipendenti, negando – dunque – a questi ultimi lo status di lavoratori subordinati. Allo stesso tempo, tuttavia, esse
esercitano in molti casi un controllo significativo sull’attivit`a del lavoratore, determinando
non solo i livelli del corrispettivo economico, ma anche gli standard qualitativi della presta-zione, misurati sulla base dei giudizi dei clienti. Non sorprende, dunque, che i tribunali e gli organi amministrativi abbiano cominciato a vedersi chiedere di determinare quale sia lo status giuridico da attribuire ai gig worker : al contenzioso inizialmente sviluppatosi negli USA si sono, infatti, presto aggiunte analoghe controversie in diversi paesi europei, inclusa
l’Italia (Prassl e Risak, 2017).
Alla luce di tali considerazioni, il lavoro mira a contribuire a una migliore comprensione del fenomeno, fornendo una ricostruzione del dibattito circa la regolamentazione del lavoro
a chiamata tramite piattaforma, e proponendo una rassegna delle evidenze gi`a raccolte negli
altri paesi insieme a un’analisi specifica del settore del food delivery in Italia. Il lavoro `e cos`ı
articolato: nel paragrafo 2 forniamo un quadro dell’estensione della gig economy alla luce
delle evidenze empiriche disponibili; nel paragrafo 3 illustriamo le iniziative regolamentari
soffermia-mo sulle caratteristiche dei gig worker e sulle loro condizioni lavorative; nel paragrafo 5
proponiamo un case study sull’industria del food delivery in Italia; infine, nel paragrafo 6
avanziamo delle riflessioni conclusive.
2
La dimensione e l’evoluzione della gig economy
La dimensione e le dinamiche della gig economy sono particolarmente difficili da catturare
mediante le statistiche esistenti per svariate ragioni (Abraham et al., 2018). Innanzitutto,
manca una definita categoria di riferimento, una classificazione delle mansioni e delle tipolo-gie di impiego, che permetta di individuare con precisione questi lavoratori sia nelle indagini campionarie standard (ad esempio, le rilevazioni sulle forze di lavoro), sia nelle basi di da-ti amministrada-tive (ad esempio, quelle degli isda-tituda-ti previdenziali). In secondo luogo, nella maggior parte dei casi, i lavori svolti nel settore non rappresentano l’occupazione principa-le dei lavoratori e, pertanto, non vengono tipicamente riportati nelprincipa-le indagini campionarie
generiche4. Infine, secondo studi recenti, perch´e gli individui non considerano la propria
attivit`a sulle piattaforme di condivisione come un “lavoro” e, pertanto, tendono a non
di-chiararlo nelle indagini specifiche (Beck, 2017). Per queste ragioni la dimensione della gig
economy risulta, in generale, sottostimata nelle statistiche disponibili. Le evidenze esistenti,
ancora scarse, si basano su indagini disegnate ad hoc (Katz e Krueger, 2016), oppure su
micro-dati relativi a singole piattaforme (Cramer e Krueger, 2016; Chen et al., 2017). Un
approccio originale, poi, `e stato quello diFarrell e Greig (2016), che hanno utilizzato le
in-formazioni derivate dai dati bancari tracciando i pagamenti ricevuti da parte delle principali piattaforme.
La maggior parte dell’evidenza disponibile riguarda il mercato americano: Katz e Krueger
(2016), per esempio, hanno analizzato l’andamento degli alternative work arrangement dal
2005 al 2015, inserendo un modulo specifico sui lavoratori temporanei (contingent worker ) nell’indagine RAND American Life Panel. Gli autori evidenziano come negli Stati Uniti ci sia stato un fortissimo aumento della quota di lavoratori con rapporti alternativi, aumentati dal 10.1% nel 2005 al 15.8% nel 2015. Di questi, tuttavia, solo una quota minoritaria, l’8% circa, sarebbe costituita da lavoratori che operano attraverso piattaforme online. La
stima di Katz e Krueger (2016), per i quali – quindi – la quota di forza lavoro americana
4Confrontando dati amministrativi con dati campionari americani, Abraham et al. (2018) evidenziano
impiegata attraverso le piattaforme online sarebbe pari allo 0.5%, risulta in linea con le stime
ottenute attraverso altre fonti. Per esempio, Farrell e Greig (2016), attraverso l’analisi delle
transazioni sui conti correnti bancari, stimano una quota pari allo 0.4% degli occupati nel
2016; e lo stesso numero `e riportato daHarris e Krueger (2015) che, invece, hanno utilizzato
le frequenza delle ricerche su Google relative alle principali piattaforme online.
Nonostante la dimensione del fenomeno sia ad oggi piuttosto limitata, l’utilizzo delle piattaforme online come intermediario tra prestatori di lavoro e consumatori appare in
rapi-dissima crescita. La Figura 1, per esempio, mostra l’evoluzione del settore negli USA tra il
2012 e il 2016, suddividendo la popolazione di riferimento tra utilizzatori di piattaforme “ca-pital based ”, nelle quali vengono scambiati beni, e utilizzatori di piattaforme “labor based ”
che, invece, forniscono il proprio lavoro attraverso le piattaforme (Farrell e Greig, 2016).
Figura 1: Evoluzione del mercato delle piattaforme digitali negli USA.
Note: Le piattaforme capital based sono quelle attraverso cui vengono scambiati beni (EBay, Amazon, AirBnB, etc.) le piattaforme labor based sono quelle attraverso cui vengono scambiate prestazioni lavorative (Uber, Deliveroo, TaskRabbit, etc.). Fonte: Farrell e Greig(2016).
In Europa la crescita dell’economia digitale `e stata pi`u recente, ma altrettanto rapida
che negli USA. La piattaforma inglese Deliveroo, per esempio, ha visto il proprio fatturato in Europa crescere del 107% in tre anni, risultando nel 2017 l’azienda col tasso di crescita
pi`u elevato d’Europa5.
Esistono, tuttavia, marcate differenze tra i diversi paesi europei nella diffusione e nel-lo sviluppo delle piattaforme digitali. Uno studio condotto da Price Waterhouse Coopers
nel 2016 (Vaughan e Daverio, 2016) ha messo a confronto 9 paesi europei relativamente
alla dimensione del settore della sharing economy. Da questo confronto emerge un certo ritardo dell’Italia rispetto agli altri paesi nello sviluppo di piattaforme digitali di scambio e
condivisione di beni e servizi, con un primato assoluto del Regno Unito (Figura 2).
Figura 2: Paese di origine delle principali piattaforme di condivisione di beni e servizi.
0 20 40 60 80 # platforms created UK France Netherlands Germany Spain Sweden Poland Italy Belgium
asset rental sharing labor rental
Note: Elaborazioni su dati Price Waterhouse Coopers (2016).
Un confronto tra i paesi europei pu`o, inoltre, essere fatto utilizzando i dati di Google
trends, che catturano la frequenza delle ricerche su Google delle parole chiave e normalizzano
ciascun dato rispetto al punto di picco (pari a 100). Per un confronto internazionale `e,
dunque, necessario selezionare dei paesi che abbiano popolazione e grado di diffusione di
Internet simili. Nella Figura 3 utilizziamo i dati relativi a Italia, Francia, Regno Unito e
Germania e consideriamo la frequenza delle ricerche di due parole chiave: Uber e Deliveroo, vale a dire le principali piattaforme operanti in Europa. I risultati rivelano che in entrambi i casi il Regno Unito mostra un primato assoluto, mentre in Italia e in Germania il fenomeno,
sebbene in crescita, rimane ancora pi`u circoscritto.
Per quanto riguarda il tipo di piattaforme diffuse in Europa, secondo Vaughan e
Da-verio (2016), il numero pi`u elevato opererebbe nel settore della condivisione vera e propria
(principalmente servizi di crowdfunding e di finanza alternativa), mentre al secondo posto si collocherebbero le piattaforme labor based, sulle quali gli utenti offrono il proprio lavoro, e infine quelle capital based o di asset rental, sulle quali gli utenti offrono beni (ad esempio,
Figura 3: Google trends. 0 20 40 60 80 100 2012m1 2014m1 2016m1 2018m1 uber: (Italia) uber: (Regno Unito)
uber: (Francia) uber: (Germania)
0 20 40 60 80 100 2012m1 2014m1 2016m1 2018m1 deliveroo: (Italia) deliveroo: (Regno Unito) deliveroo: (Francia) deliveroo: (Germania)
Note: Elaborazioni su dati Google trends (estrazione al 13 marzo, 2018).
fornitura di servizi a domicilio e quelle di consegna di merci (Figura 4)6.
Figura 4: Ripartizione delle principali piattaforme europee per settore.
Labor based: 36.13%
Assets rental: 11.31%
Sharing economy: 52.55%
“Peer-to-peer” rental platforms Vacation rental platforms Car sharing networks Lending Platforms Home-swapping platforms Crowdfunding
Other transportation asset shari Long-distance ride sharing Freelancer marketplaces Ride sharing services On-demand household chores Specialised professional service Crowdsourced delivery networks
Note: Elaborazioni su dati Price Waterhouse Coopers (2016).
Anche in Italia, sebbene le piattaforme digitali per lo scambio di servizi siano ancora meno diffuse che nei paesi dell’Europa continentale, si assiste a una loro rapida crescita.
Utilizzando un campione di 26 piattaforme labor based che hanno sede fiscale in Italia7, `e
6Rientrano nel settore della consegna merci anche i servizi di food delivery.
7Si tratta di un elenco delle principali piattaforme operanti in Italia: AppTaxi, CoContest, Deliveroo,
possibile ricostruire la dinamica della crescita del settore. La Figura 5 mostra come, tra il 2011 e il 2017, il fatturato complessivo di queste imprese sia passato da poche migliaia di euro a quasi 50 milioni di euro annui. Tale crescita riflette sia un aumento rapido e significativo del numero di piattaforme attive, da una a 24 in 6 anni, sia un forte aumento dimensionale
delle piattaforme gi`a esistenti.
Figura 5: Numero e fatturato delle principali piattaforme labor based in Italia, per anno.
0 5 10 15 20 25 N imprese 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 0 10,000 20,000 30,000 40,000 50,000 Fatturato (,000) 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Note: Elaborazioni su dati del Registro delle Imprese, Camere di Commercio d’Italia.
Per quanto riguarda il tipo di lavoro on demand offerto tramite le piattaforme, il contesto
italiano presenta delle peculiarit`a rispetto agli altri paesi dovute a differenze negli assetti
regolamentari. Se, infatti, negli USA (Harris e Krueger, 2015) e nel Regno Unito (Balaram
et al., 2017), il pi`u importante settore di attivit`a nell’ambito della gig economy `e quello del
trasporto passeggeri (Uber, Lyft)8, in Italia la diffusione di questo tipo di servizio `e stata
inibita dalla presenza di una riserva di attivit`a che non ne permette l’esercizio a coloro i
quali non sono in possesso di una licenza9. Analizzando i dati di bilancio delle principali
piattaforme labor based operanti in Italia, emerge come – nel nostro paese – sia il food delivery a detenere il primato, con un fatturato totale prodotto nel 2017 pari a quasi 40 milioni di euro, circa 8 volte quello delle principali piattaforme di trasposto passeggeri e
17 volte quello delle piattaforme che forniscono servizi domestici (Figura 6). Inoltre, le
piattaforme di food delivery hanno mostrato un andamento di crescita esponenziale: il loro
tasso di crescita medio annuale `e stato quasi 250%, contro un pur elevato 95% delle altre
Moovenda, MyFOOD, MyMenu, MyTaxi, PetMe, PrestoFood.it, Sgnam, Social Food, TaskHunters, The Food, Uber, Vicker, YouGenio, le Cicogne.
8Nel Regno Unito prevalgono i servizi qualificati, ma – tra quelli meno qualificati – quello di conducente
d’auto `e il primo.
9Si veda la l. 15 gennaio 1992, n. 21, e la sentenza della Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, del 20
piattaforme labor based. Ugualmente in espansione appare la domanda di questi servizi: secondo un sondaggio condotto tra luglio 2015 e maggio 2016 da GfK Eurisko, il 19% degli italiani sarebbe interessato a usufruire di servizi di consegna di alimenti a domicilio. Nel 2009 tale percentuale si attestava intorno all’1%.
Figura 6: Numero e fatturato delle principali piattaforme labor-based in Italia, per settore
di attivit`a, anno 2017.
0
5
10
N imprese
food delivery trasporto passeggeri servizi domestici 0
10,000
20,000
30,000
40,000
Fatturato (,000)
food delivery trasporto passeggeri servizi domestici
Note: Elaborazioni su dati del Registro delle Imprese, Camere di Commercio d’Italia.
3
La regolazione del lavoro nella gig economy
La rapida crescita del fenomeno ha sollevato, prima all’estero e poi in Italia, un ampio dibattito circa le tipologie di inquadramento contrattuale da adottare per il lavoro a chiamata tramite piattaforma e, in particolare, circa l’estensione delle tutele da accordare ai gig worker.
La grande variet`a che si riscontra nel tipo di intermediazione fornita dalle piattaforme digitali,
e di conseguenza nella loro capacit`a di imporre salari e condizioni di lavoro, ha generato una
forte frammentariet`a nelle iniziative di regolamentazione adottate all’estero e nel nostro
paese.
3.1
Le esperienze estere
Nonostante l’assenza di un quadro regolamentare unitario, `e possibile rintracciare alcuni
aspetti trasversali ai diversi paesi dove il fenomeno `e pi`u sviluppato. In primo luogo, i gig
worker sono di regola inquadrati come lavoratori autonomi. Inoltre, si registra un trend comune, volto a introdurre livelli minimi di tutela (in termini, ad esempio, di salario
subordinazione, pur in presenza di un ruolo “forte” della piattaforma nel determinare le ca-ratteristiche della prestazione lavorativa e di un significativo grado di “coinvolgimento” del
lavoratore (ore lavorate, ecc.). Ci`o sta avvenendo di regola ricorrendo a modelli intermedi
(a met`a tra autonomia e subordinazione), al fine di contemperare le esigenze di tutela con
quelle di flessibilit`a insite – di regola – in questo tipo di prestazioni.
Si possono individuare tre differenti “approcci”: i ) giurisprudenziale; ii ) negoziale; iii )
legislativo10.
i ) Approccio giurisprudenziale. Nel Regno Unito il London Employment Tribunal ha escluso, nel 2016, il carattere di piena autonomia del lavoro mediato da applicazioni digitali con specifico riferimento al caso Uber, sottolineando l’esclusiva prerogativa della piattaforma di stabilire e modificare le condizioni contrattuali e le specifiche caratteristiche del servizio
(Auriemma, 2017; Prassl e Risak,2016). Sulla base di considerazioni analoghe circa il ruolo
della piattaforma, anche i giudici statunitensi hanno in pi`u occasioni affermato la natura
subordinata dei rapporti di prestazione di servizi attraverso piattaforme digitali, riconoscendo ai lavoratori il diritto al salario minimo, ai contributi previdenziali e assicurativi, a ferie retribuite e malattia.
Tuttavia, in ragione dell’elevato contenzioso e delle disomogeneit`a nei livelli di tutela,
negli Stati Uniti sono state avanzate alcune proposte volte a introdurre per via legislativa una figura intermedia rispetto a quelle tradizionali dei lavoratori dipendenti e autonomi, i c.d. indipendent worker, tra i quali sarebbero compresi i prestatori di servizi tramite piattaforma (Harris e Krueger, 2015)11.
ii ) Approccio negoziale. Piuttosto noto `e il caso belga, dove era stato siglato un
ac-cordo tra SMart12 e Deliveroo, che prevedeva per i rider un compenso minimo garantito
indipendente dal numero delle consegne compiute e un contributo per l’uso del veicolo e
dello smartphone (Ichino, 2017)13.
10Cfr. anche, per approfondimenti, il Box in Appendice sui Confronti Internazionali.
11Tale figura dovrebbe essere esentata dalla disciplina antitrust, vedendosi riconosciuti il diritto di
coali-zione e l’autonomia collettiva a livello aziendale, laddove ci sia una pluralit`a di fornitori abituali di uno stesso servizio a uno stesso committente. Inoltre, essa dovrebbe essere tutelata dall’ordinamento attraverso l’appli-cazione delle disposizioni contro la discriminazione sul lavoro e delle protezioni previdenziali e assicurative basilari.
12Societ`a cooperativa operante originariamente solo a favore dei lavoratori del mondo dello spettacolo, e
poi – pi`u in generale – dei freelance (Graceffa,2017). Essa svolge le funzioni di un’umbrella company, vale a dire si interpone tra il professionista o il prestatore di servizi e il committente, facendosi – inter alia – carico di tutte le incombenze burocratiche, della contabilit`a e del versamento delle tasse e dei contributi (Ichino,
2017).
13A partire dal 2018 Deliveroo ha, tuttavia, interrotto la collaborazione con SMart, anche alla luce delle
In Danimarca `e stato siglato un accordo collettivo, operativo a partire da agosto 2018, tra Hilfr (piattaforma digitale che offre servizi di pulizia) e il sindacato 3F, quello maggiormente rappresentativo nel comparto di tali servizi, che prevede alcune tutele di base a favore dei lavoratori, quali la paga oraria minima, i contributi previdenziali, le ferie retribuite e una copertura in caso di malattia.
iii ) Approccio legislativo. Sempre in una prospettiva a met`a tra autonomia e
subordi-nazione si `e posto il legislatore francese, il quale – con la Loi travail del 2016 – ha previsto
una sorta di “responsabilit`a sociale delle piattaforme”, tale per cui – qualora la piattaforma
determini le caratteristiche della prestazione dei servizi forniti o del bene venduto e fissi il suo
prezzo, e purch´e il reddito realizzato dal lavoratore attraverso la piattaforma sia superiore a
una certa soglia – vengono garantiti al prestatore prerogative sindacali e una serie di tutele
previdenziali e assicurative normalmente non riconosciute ai lavoratori autonomi (Perulli,
2017; De Stefano, 2017).
3.2
La regolazione dei gig worker in Italia
Nonostante l’emersione del fenomeno sia pi`u recente rispetto ad altri paesi, anche in Italia
la cosiddetta gig economy sta assumendo una rilevanza crescente, che vede l’impiego di un
numero sempre pi`u consistente di lavoratori specie, come mostrato nel paragrafo 2, per
quanto riguarda il settore del food delivery.
3.2.1 Le modalit`a d’impiego nel settore del food delivery
Le modalit`a d’impiego utilizzate dalle piattaforme per tali lavoratori sono piuttosto variegate,
ma – in linea con l’esperienza dei paesi esaminati nel paragrafo precedente – sono tutte al di fuori del perimetro della subordinazione configurando, invece, fattispecie di lavoro autonomo. Per quanto riguarda – in particolare – il settore del food delivery, esse sono essenzialmente riconducibili a tre categorie: i ) collaborazioni coordinate e continuative; ii ) collaborazioni
occasionali di lavoro autonomo14; iii ) collaborazioni a partita IVA (Tabella 1)15.
piattaforma `e operativa.
14Purch´e il reddito annuo scaturente da tali collaborazioni non superi i 5.000 euro, richiedendo altrimenti
la piattaforma al lavoratore di aprire una partita IVA.
15Come sar`a approfondito nel paragrafo5, secondo le nostre stime, poco pi`u del 20% dei rider attualmente
Tabella 1: Principali modalit`a d’impiego nel food delivery
Collaborazione coordinata Collaborazione occasionale Partita e continuativa di lavoro autonomo IVA
(co.co.co.) (entro i 5.000 euro annui)
Compenso Determinato secondo modalit`a Determinato secondo modalit`a Determinato secondo modalit`a stabilite dalla piattaforma stabilite dalla piattaforma stabilite dalla piattaforma
(no minimi retributivi) (no minimi retributivi) (no minimi retributivi) Profili Contributi alla Gestione Nessun obbligo di Iscrizione alla gestione previdenziali Separata INPS per 2/3 versamento dei separata INPS a
a carico del datore di lavoro contributi carico del lavoratore Profili Assicurazione Inail Nessun obbligo Nessun obbligo assicurativi (contributi per 2/3 a assicurativo assicurativo
carico del datore di lavoro)
Come riassunto nella Tabella 1, la scelta tra le tre tipologie non ha riflessi per quanto
concerne gli aspetti retributivi: nessuna di esse prevede, infatti, un compenso minimo16.
Essa ha, invece, ricadute significative sui profili previdenziali e assicurativi. Infatti, i
lavoratori autonomi occasionali non hanno obblighi n´e di contribuzione previdenziale17, n´e
di copertura assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali. Il titolare di partiva
IVA, invece, `e obbligato a iscriversi (almeno) alla Gestione Separata dell’INPS, ma con oneri
interamente a suo carico, e non `e previsto, in questo caso, nessun obbligo per quanto
concer-ne l’assicurazioconcer-ne contro malattie e infortuni professionali. Diverso, inficoncer-ne, `e il regime delle
collaborazioni coordinate e continuative, che garantisce maggiori tutele sul piano previden-ziale e assicurativo. Esso prevede, infatti, sia l’iscrizione obbligatoria alla Gestione Separata dell’INPS, sia la sottoscrizione dell’assicurazione Inail contro malattia e infortuni
professio-nali, in entrambi i casi con oneri per 2/3 a carico del datore di lavoro18. Tuttavia, sul piano
sostanziale, la tutela dei collaboratori `e limitata dalle vigenti regole di calcolo dei requisiti
di accesso. Infatti, per gli assicurati alla Gestione Separata dell’INPS, il diritto
all’accredi-tamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno `e condizionato al conseguimento
16Come noto, l’Italia – a differenza dei maggiori paesi dell’area dell’euro – non prevede in via generale
un salario minimo legale. Il nostro ordinamento disciplina, infatti, solo specifiche tipologie contrattuali che prevedono minimi retributivi (orari e giornalieri) a livello legislativo, come il citato contratto di prestazione occasionale.
17Ex art. 44, comma 2, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, sono iscritti alla Gestione Separata dell’INPS,
con diritto alla tutela pensionistica per invalidit`a, vecchiaia e superstiti (IVS), malattia e maternit`a, solo nel caso in cui il reddito dell’anno sia superiore alla soglia di 5.000 euro (gli oneri sono per 2/3 a carico del datore di lavoro).
18I collaboratori coordinati e continuativi godono, poi, di un’indennit`a di disoccupazione mensile in caso
di perdita involontaria del lavoro (c.d. DIS-COLL): cfr. l’art. 15 del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (INPS,
di un minimale di reddito, fissato per l’anno 2018 in 15.710 euro19.
Il regime previsto a livello legislativo pu`o, poi, essere integrato dalla singola piattaforma di
riferimento: ad esempio, Deliveroo ha stipulato una polizza assicurativa privata ad hoc, che copre gratuitamente i propri rider per malattia e infortuni professionali, anche con riferimento
a eventuali danni causati a terzi (cfr. paragrafo 3.1).
Come mostra la Tabella 2, l’intervento delle piattaforme `e generalmente incisivo nel
declinare le modalit`a concrete di esecuzione del rapporto di lavoro20 che – quindi – sono
piuttosto diversificate a seconda della piattaforma di riferimento.
Tabella 2: Principali modelli di esecuzione del rapporto contrattuale nel food delivery
Modelli Forma Compenso Turnistica
contrattuale vincolante∗
1 Co.co.co. A cottimo Si
(a consegna)
2 Collaborazione autonoma Sistema misto (parte oraria Si
occasionale/partita IVA + parte a consegna)
3∗∗ Co.co.co. Sistema misto (parte oraria + Si
(con diversa societ`a ) rimborso chilometrico + bonus)
4 Collaborazione autonoma A cottimo (per ogni No
occasionale (con ristoratore) consegna: parte fissa + o Co.co.co (con diversa societ`a) parte variabile secondo chilometraggio)
5 Collaborazione autonoma A cottimo (per ogni Si
occasionale (con diversa societ`a ) consegna: parte fissa + parte variabile secondo chilometraggio)
6 Collaborazione autonoma A cottimo (per ogni No
occasionale (con cliente finale) consegna: parte fissa + parte variabile secondo chilometraggio)
Note: Informazioni in parte tratte daCavallini(2017). ∗Per turnistica vincolante si intende l’obbligo di svolgere il turno di lavoro scelto dal rider e assegnato dalla app.∗∗ In questo modello la modalit`a indicata `e applicata solo nelle grandi citt`a e per quei ristoranti che non consegnano in autonomia; negli altri casi le consegne sono affidate direttamente ai ristoranti partner.
Bench´e sempre determinato unilateralmente dalla piattaforma, il compenso `e stabilito
con modalit`a diversificate, basate per`o in prevalenza sul modello a cottimo, puro (modello
1) ovvero variabile, nel quale alla determinazione del corrispettivo concorre anche il chilome-traggio percorso (modelli 4 e 5). Esistono, poi, sistemi misti basati su un compenso in parte
19Per l’accesso alle prestazioni di maternit`a, malattia e DIS-COLL, il lavoratore deve aver maturato – nel
corso dell’anno solare precedente – compensi pari almeno al minimale mensile di tre mensilit`a, pari nel 2018 a 3.927,50 euro, ottenuto anche dalla somma di compensi mensili al di sotto del minimo (INPS,2018).
20Mentre l’oggetto della prestazione del rider `e sempre individuato nell’attivit`a di consegna a domicilio di
orario, in parte variabile a consegna (modello 2) oppure con una serie di indennit`a aggiuntive
(modello 3). Variegati sono, anche, i sistemi di turnistica, bench´e sia predominante quella
vincolante, nella quale il rider – una volta manifestata la propria disponibilit`a per un
de-terminato turno (o slot) – non potr`a rifiutarsi di effettuare le consegne, salvo penalizzazioni
(Cavallini, 2017).
3.2.2 Il dibattito e le proposte avanzate
Il crescente sviluppo del fenomeno e l’eterogeneit`a delle modalit`a d’impiego nel settore hanno
dato vita, anche in Italia, a un ampio dibattito sulle effettive esigenze di tutela dei gig
worker. Tale dibattito, a oggi pi`u acerbo rispetto a quanto registrato negli altri paesi, `e
stato caratterizzato da interventi piuttosto frammentari, sia sul fronte giurisprudenziale, sia in ambito negoziale e legislativo, anche a livello locale.
Per quanto riguarda la giurisprudenza, le prime sentenze in materia21 hanno disatteso le
richieste dei lavoratori relative all’accertamento della natura subordinata dei rapporti inter-correnti con la piattaforma, confermandone la natura autonoma, in considerazione del fatto
che il rider pu`o decidere volontariamente se dare o meno la propria disponibilit`a a effettuare
le consegne in un determinato turno. Ci`o escluderebbe la sussistenza di un potere direttivo
e organizzativo in capo alla piattaforma e, quindi, la natura subordinata del rapporto22.
Ci`o nonostante, sul fronte negoziale, il contratto collettivo (CCNL) Logistica Trasporto
Merci e Spedizione – nell’ultimo rinnovo del 3 dicembre 2017 – ha introdotto la nuova figura
professionale del rider. La previsione contrattuale non `e, tuttavia, ancora operativa dato
che mancano i ) le definizioni relative alle nuove figure di lavoratori adibiti alla distribuzione delle merci tramite cicli, ciclomotori, motocicli, natanti e imbarcazioni; ii ) le declaratorie e i livelli di inquadramento; iii ) l’orario di lavoro.
Sono state avanzate anche proposte a livello legislativo, in prevalenza orientate – in controtendenza rispetto ai confronti internazionali e alle prime decisioni della giurisprudenza
– a estendere ai gig worker l’intero universo delle tutele del lavoro subordinato23. In pochi
casi si `e adottata la logica del tertium genus, assicurando ai lavoratori delle piattaforme solo
21Cfr. Trib. Torino 7 maggio 2018 (c.d. caso Foodora): per un commento della decisione si rinvia, tra gli
altri, aPetrucci e Taddei(2018a). V., anche, Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853.
22Queste prime sentenze hanno, in buona sostanza, confermato l’orientamento maturato in giurisprudenza
con riferimento al caso dei pony express, che riguardava l’inquadramento di una prestazione lavorativa avente per oggetto il servizio di consegna di plichi, eseguito da messaggeri collegati via radio con la centrale operativa dell’impresa committente: cfr. Cass. 10 luglio 1991, n. 7608 e 25 gennaio 1993, n. 811.
23Cfr. il disegno di legge AC 4283 dell’8 febbraio 2017 (Airaudo e altri) o le disposizioni sui gig worker
alcune tutele di base, tra le quali – in particolare – un salario minimo e le coperture per
invalidit`a, vecchiaia e infortuni24.
Si registrano anche iniziative a livello locale. Lo scorso 31 maggio il comune di
Bolo-gna ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali e alcune piattaforme minori25 la “Carta
dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, che ha come obiettivo la promozione dell’economia digitale, individuando standard minimi di tutela per i lavoratori,
tra cui garanzie assicurative e compenso minimo orario (Petrucci e Taddei,2018b). Nel
me-se di giugno, la giunta della regione Lazio ha deliberato di adottare e sottoporre all’esame del consiglio regionale una proposta di legge sull’economia digitale, ispirandosi alla carta di Bologna e ampliandone le tutele (in particolare, a quella previdenziale), con contributi
finanziari anche a carico della regione26.
4
I gig worker : le evidenze internazionali
Al fine di stabilire quale tipo di regolamentazione adottare per i gig worker occorre com-prendere pienamente alcuni aspetti fondamentali del fenomeno. Ad esempio, per stabilire
se sia necessario disegnare un impianto regolatorio ad hoc `e prima opportuno capire quanti
sono e che caratteristiche hanno; per capire se sono assimilabili ai lavoratori subordinati occorre capire quale sia la loro offerta di gig work, se si tratta di un lavoro permanente o
di un lavoro temporaneo, se `e un’occupazione principale o una fonte di reddito secondaria
e complementare e quanta autonomia e flessibilit`a hanno i gig worker nello stabilire modi e
tempi della prestazione lavorativa; infine, per stabilire se sia necessario adottare un salario minimo, occorre avere chiaro quanto effettivamente guadagnano i gig worker.
24Cfr. il disegno di legge AS 2934 del 5 ottobre 2017 (Ichino e altri), che richiama espressamente
l’elabora-zione statunitense sugli indipendent worker. In estrema sintesi, si propone di tutelare i gig worker attraverso il ricorso al c.d. contratto di assistenza e protezione mutualistica, da stipulare con un’umbrella company, la quale si incaricher`a di “ricostruire” la posizione giuridica del lavoratore con riguardo al suo interesse alla continuit`a del reddito e alle coperture previdenziali e assicurative essenziali. Inoltre, si prevede la possibilit`a, laddove la persona che lavora per mezzo della piattaforma digitale non si avvalga di una umbrella company, di garantirle la copertura previdenziale per invalidit`a, vecchiaia e infortuni sul lavoro mediante un meccanismo analogo a quello istituito dall’articolo 54-bis della legge 21 giugno 2017, n. 96, di conversione del d.lgs. 24 aprile 2017, n. 50, per il lavoro occasionale. Cfr. Ichino(2018).
25In particolare la piattaforma Meal, nata dalla fusione di Sgnam e Mymenu.
26Cfr. la proposta n. 9858 del 15 giugno 2018 avente a oggetto “Norme per la tutela e la sicurezza dei
lavoratori digitali”. Merita sottolineare come un intervento con legge regionale in tale ambito susciti numerosi dubbi di costituzionalit`a in relazione all’art. 117 della Costituzione, che prevede la competenza concorrente tra legislazione statale e regionale nell’ambito della “tutela e sicurezza del lavoro”, in cui il perimetro della competenza legislativa regionale sembrerebbe alquanto circoscritto. Su questi temi si rinvia aGiorgiantonio
4.1
Le caratteristiche dei gig worker
Le evidenze disponibili circa le caratteristiche dei gig worker coinvolti mostrano che, in generale, la forza lavoro impiegata nelle piattaforme online risulta composta da individui relativamente giovani, istruiti e in misura predominante di genere maschile.
Rispetto al profilo anagrafico, Farrell e Greig(2016), per esempio, riportano una
percen-tuale di under 35 pari al 43% tra i gig worker, a fronte del 31% nel complesso della forza lavoro americana, e una percentuale di donne pari al 33%, a fronte del 51% nel totale della forza lavoro. Le caratteristiche dei lavoratori delle piattaforme online variano, poi, di paese
in paese: Landier et al. (2016), per esempio, individuano un profilo anagrafico pi`u giovane
tra i conducenti Uber francesi (72% dei conducenti Uber in Francia avrebbe meno di 40
anni) e, similmente, Balaram et al. (2017) riportano che nel Regno Unito, la percentuale di
conducenti Uber tra i 35 e i 44 anni sarebbe pari al 43%.
Per quanto riguarda il differenziale di genere, secondo Balaram et al. (2017) oltre due
terzi dei gig worker nel Regno Unito sono uomini, una percentuale che rifletterebbe – per`o
– principalmente la composizione di genere del lavoro autonomo in generale. Guardando
a settori specifici, Cook et al. (2018) riportano una percentuale di donne pari al 27% tra i
conducenti Uber negli USA. Tale sottorappresentazione della componente femminile risulta, anche in questo caso, largamente spiegata dal tipo di mansioni espletate: secondo i dati
riportati da Hall e Krueger (2018), infatti, la percentuale di donne tra i conducenti di Uber
`
e – comunque – sensibilmente maggiore di quella riscontrata tra i conducenti di taxi e altri servizi di autonoleggio (rispettivamente 13.8% e 8%).
Relativamente alla composizione per livello di istruzione si rileva una forte
sovrarappre-sentazione degli individui pi`u istruiti. Sempre in riferimento ai conducenti di Uber negli
USA, Hall e Krueger (2018) riportano una quota pari a circa il 37% di conducenti laureati
e l’11% con un titolo di studio post lauream a fronte, rispettivamente, del 15% e del 4% tra
i conducenti di taxi e altri servizi di autonoleggio. Una differenza analoga, bench´e meno
marcata, `e stata riscontrata anche tra gli autisti Uber e gli altri conducenti di autovetture
in Francia (Landier et al., 2016). D’altra parte, la percentuale di laureati risulta ancora pi`u
elevata tra i lavoratori che utilizzano piattaforme di intermediazione di servizi professionali
4.2
L’offerta di lavoro e i redditi
Per capire quanto i gig worker siano effettivamente assimilabili a dei lavoratori subordinati
risulta cruciale comprendere quanto essi svolgano la propria attivit`a tramite la piattaforma
digitale come occupazione principale o come una fonte di reddito secondaria e temporanea. L’evidenza internazionale suggerisce che il lavoro tramite piattaforma non rappresenti, in
media, l’occupazione principale n´e in termini di ore lavorate, n´e di reddito percepito. Ad
esempio, secondo i dati raccolti daBalaram et al.(2017), per il 62% dei gig worker nel Regno
Unito il reddito proveniente dal lavoro tramite piattaforma sarebbe aggiuntivo rispetto ad altre fonti di reddito (in particolare il 25% svolgerebbe un lavoro a tempo pieno).
Guardando, poi, all’effettiva offerta di lavoro dei gig worker,Hall e Krueger (2018)
ripor-tano che il 55% dei conducenti Uber negli USA lavora meno di 15 ore a settimana, mentre
secondo Balaram et al. (2017) nel Regno Unito la media sarebbe di 25 ore a settimana.
Per questi lavoratori, dunque, il lavoro svolto tramite la piattaforma Uber non costituirebbe
un’attivit`a lavorativa a tempo pieno. Il quadro sembrerebbe, tuttavia, differente in Francia,
dove circa il 50% dei conducenti dichiara di lavorare pi`u di 30 ore a settimana, mentre il
71% considera il reddito precepito attraverso la piattaforma il proprio reddito principale (Manyika et al., 2016).
Evidenze complementari sulla rilevanza del lavoro tramite piattaforma per il singolo gig
worker, sono – infine – fornite ancora una volta dallo studio diFarrell e Greig(2016). Secondo
le autrici, negli USA, i redditi derivanti dal lavoro prestato attraverso le piattaforme digitali
ammontano a circa il 33% del reddito totale nei periodi di attivit`a sulla piattaforma; quelli
derivanti da rendita percepita attraverso le piattaforme al 20% circa. In entrambi i casi, dunque, la fornitura di lavoro o di beni attraverso piattaforme digitali non rappresenterebbe
n´e l’unica, n´e la principale fonte di reddito. Da questo punto di vista `e, altres`ı, significativo
che il 14% dei lavoratori che utilizza le piattaforme online, presti i propri servizi mediante
pi`u di una piattaforma, un dato che ridimensiona l’idea che il gig worker sia vincolato da
un rapporto di lavoro esclusivo con una determinata piattaforma. Infine, le autrici mostra-no come i redditi da lavoro online tenderebbero a compensare eventuali flessioni nei redditi provenienti da altre fonti, mentre i guadagni ottenuti dalle piattaforme capital based costi-tuirebbero un’ integrazione delle entrate di altra natura. Tali evidenze suggeriscono, quindi, che il lavoro fornito attraverso le piattaforme digitali, pur con alcune differenze tra i diversi
paesi, di regola non rappresenti l’attivit`a e la fonte di reddito principale dei lavoratori, bens`ı
5
Case study: il food delivery in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, come documentato nel paragrafo2, `e l’industria del food delivery,
vale a dire delle consegne di pasti a domicilio, a detenere il primato tra le piattaforme labor based in termini di fatturato. Per questo motivo, risulta particolarmente interessante analizzare in maggiore dettaglio le caratteristiche dei lavoratori di questo settore e le loro condizioni di impiego.
5.1
I rider
A fronte della forte crescita fatta registrare dal settore in termini di fatturato, non risulta possibile ricostruire un quadro certo relativamente alla dimensione del fenomeno in termini di
dinamica dell’occupazione. Come discusso nel paragrafo3, gli addetti alle consegne dei pasti
a domicilio sono, nella maggior parte dei casi, lavoratori formalmente autonomi. In questo caso i dati amministrativi non consentono di risalire al numero di individui che prestano
la propria opera tramite le piattaforme, n´e si riesce a ricostruire il profilo delle loro storie
lavorative. Tuttavia, dai bilanci delle imprese operanti nel settore, appare evidente come il numero di addetti sia aumentato in maniera significativa, sia guardando alla spesa per stipendi, sia a quella per servizi, nella quale rientrerebbero le retribuzioni dei lavoratori
autonomi (Figura 7).
Figura 7: Andamento delle spese per il personale e per servizi delle principali piattaforme di food delivery, 2011-2017. 0 10000 20000 30000 40000 migliaia di euro 2010 2012 2014 2016 2018 Fatturato Spesa per stipendi Spesa per servizi
Un quadro, seppur parziale, delle caratteristiche dei gig worker pu`o essere ricostruito utilizzando le informazioni contenute nelle Comunicazioni Obbligatorie (CO) raccolte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Tali comunicazioni sono inviate dai datori di lavoro per segnalare ogni assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei rapporti di collaborazione, di lavoro subordinato e associato, dei tirocini e di altre esperienze
professio-nali27. Sono registrati nelle CO, dunque, tutti i rapporti di lavoro dei rider assunti tramite
collaborazioni coordinate e continuative, mentre sono esclusi quelli che prestano la propria opera tramite contratti di prestazione occasionale di lavoro autonomo o partita IVA. Dagli archivi dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) sono state estratte tutte le CO di inizio e fine di rapporti di impiego presso le principali imprese operanti nel settore del food delivery in Italia nel periodo 2012-2017.
Della lista di 17 piattaforme di food delivery inizialmente individuate, solo 12 sono state rintracciate negli archivi ANPAL e, di queste, solo 5 riportavano assunzioni di addetti alle consegne (rider). In totale abbiamo individuato 3,876 contratti di lavoro di addetti alle consegne nelle imprese di food delivery, corrispondenti a 2,947 lavoratori attivi tra il 2012 e
il 2017. La Figura 8mostra il trend osservato nel numero di contratti avviati e nel numero
di quelli in essere (avviati e non scaduti) per trimestre, secondo i dati presenti nelle CO. Il
campione disponibile ai fini dell’analisi sottostima in maniera significativa la reale entit`a del
fenomeno. Un calcolo approssimativo suggerisce che il nostro campione di rider attivi a fine 2017 (1,757) corrisponde a circa il 23% del totale, un numero che si aggirerebbe – dunque –
intorno alle 7,650 unit`a, lo 0.04% circa degli occupati28,29.
I rider sono classificati nelle CO come addetti alle consegne (codice professionale ISCO a 4-digit 8.1.3.3) del settore Informazione e Comunicazione (codice Ateco J). Abbiamo, pertanto, scelto due gruppi di controllo sufficientemente simili ed estratto dalle CO anche le informazioni relative ad essi. Si tratta degli addetti alle consegne delle altre imprese del settore Informazione e Comunicazione e di quelli del settore Trasporto e Magazzinaggio (codice Ateco H).
27Le CO vengono inviate al servizio competente nel cui ambito territoriale si trova la sede di lavoro, in
base a quanto previsto dal d.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 99, e poi raccolte e gestite centralmente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso il Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie (SISCO).
28Tale stima `e ottenuta calcolando il rapporto tra fatturato e numero di rider nelle imprese per le quali
sono disponibili i dati su tali lavoratori, e dividendo poi il fatturato delle altre imprese per questo numero in modo da imputare il numero di rider impiegati nelle imprese non presenti nelle CO.
29Seconde le stime diINPS(2018) il numero di gig worker in Italia sarebbe notevolmente pi`u elevato. Va
Figura 8: Numero di contratti di addetti alle consegne nel food delivery. 0 500 1000 1500 2000 # contratti 2015q4 2016q2 2016q4 2017q2 2017q4 attivi nuovi
Note: Elaborazioni su dati Comunicazioni Obbligatorie. Il numero di contratti attivi nel trimestre t `e calcolato come: N Attt= N Attt−1+ (N N uovit− N F initit−1).
La Tabella3mostra il confronto tra i tre gruppi di addetti alle consegne considerati lungo
alcune dimensioni di eterogeneit`a individuale.
Tabella 3: Statistiche descrittive, lavoratori delle piattaforme digitali, 2012-2017.
Addetti alle Altri addetti Addetti alle
consegne alle consegne consegne Totale food delivery Ateco J Ateco H
Donne 0.152 0.145 0.0760 0.0869
(0.359) (0.352) (0.265) (0.282) Stranieri 0.228 0.333 0.255 0.258
(0.420) (0.471) (0.436) (0.437) Et`a (a inizio contratto) 25.40 35.66 35.46 34.62
(6.890) (12.21) (11.24) (11.35) Laureati 0.184 0.0377 0.0175 0.0329 (0.387) (0.190) (0.131) (0.178) Durata totale impiego (giorni) 765.6 13900.0 14592.4 13590.8 (3024.2) (5880.9) (5132.4) (6159.7) Durata media contratto (giorni) 598.8 13566.4 14318.8 13104.2 (2697.7) (6189.1) (5457.4) (6555.9) Numero di contratti 1.315 1.226 1.303 1.299
(0.678) (0.723) (0.700) (0.700)
La quota di donne appare ridotta sia tra gli addetti alle consegne delle piattaforme digitali,
sia tra quelli degli altri settori, ma pi`u elevata nei servizi di informazione e comunicazione
rispetto a quelli dei trasporti e magazzinaggio. La percentuale di lavoratori stranieri si attesta
intorno al 23%, pi`u bassa che nelle altre imprese dei servizi di informazione e comunicazione
e in linea con quella riscontrata nel settore dei trasporti e magazzinaggio. L’et`a media degli
addetti alle consegne nel settore del food delivery `e di 25 anni, circa 10 anni in meno di quella
degli altri addetti alle consegne negli altri due settori (Figura 9).
Figura 9: Distribuzione degli addetti alle consegne per et`a alla stipula del contratto.
0 .02 .04 .06 .08 .1 age at start 20 40 60 80 100
food delivery altri Ateco J Ateco H
Note: Elaborazioni su dati Comunicazioni Obbligatorie.
Significativamente pi`u elevata `e, invece, la quota di laureati: quasi un lavoratore su cinque
`
e in possesso di una laurea tra i rider, percentuale che scende rispettivamente al 4% e al 2% tra gli addetti alle consegne nelle altre imprese dei servizi di informazione e comunicazione
e in quelle di trasporto e magazzinaggio (Figura10).
La Tabella 3 mostra, inoltre, come vi sia una differenza sostanziale nella durata del
rapporto di impiego tra i rider e i due gruppi di controllo considerati. I primi, infatti,
lavorerebbero per le piattaforme per circa 6 mesi con pi`u di un contratto. Gli addetti alle
consegne degli altri due gruppi hanno, invece, rapporti di lavoro tendenzialmente a tempo indeterminato, con una durata media (attesa) che supera i 30 anni. Confrontando, infatti, i tre gruppi di lavoratori in termini di inquadramento contrattuale emerge una differenza
significativa: mentre la quasi totalit`a dei contratti da rider individuati nelle CO `e costituita
trasporto e magazzinaggio (Ateco H), hanno principalmente contratti di lavoro a tempo
indeterminato (Figura 11).
Figura 10: Ripartizione dei lavoratori per titolo di studio.
8.6% 0.3% 20.1% 52.7% 0.8% 16.6% 0.9%
No edu Elementari Medie
Secondaria Diploma terziario (no laurea) Laurea Postgraduate food delivery 31.6% 3.1% 34.7% 26.8% 0.3%3.3%0.2%
No edu Elementari Medie
Secondaria Diploma terziario (no laurea) Laurea Postgraduate other Ateco J 24.7% 0.9% 48.1% 24.6% 0.2%1.2%0.3%
No edu Elementari Medie
Secondaria Diploma terziario (no laurea) Laurea Postgraduate
Ateco H
Note: Elaborazioni su dati Comunicazioni Obbligatorie all’INPS.
Figura 11: Ripartizione dei contratti per tipologia.
0.7%2.2% 97.1% Altro Indeterminato Progetto/CoCoCo food delivery 8.0% 82.1% 4.9%1.2%3.7% Altro Indeterminato Progetto/CoCoCo Determinato Occasionale other Ateco J 10.4% 85.1% 2.4%0.4%1.6% Altro Indeterminato Progetto/CoCoCo Determinato Occasionale Ateco H
Note: Elaborazioni su dati Comunicazioni Obbligatorie all’INPS.
Infine, i dati delle CO ci permettono di osservare la distribuzione geografica dei rider sul territorio nazionale. Si riscontra, a oggi, una forte concentrazione nelle regioni del Centro-Nord: il 53% dei contratti considerati prevede che la sede di lavoro sia in Lombardia, il 25%
l’attivit`a `e concentrata nelle grandi citt`a: Milano, Torino, Roma, Firenze. Le piattaforme di
food delivery hanno iniziato solo recentemente a espandersi al di fuori delle principali citt`a30.
Figura 12: Distribuzione geografica dei contratti degli addetti alle consegne.
23.6 13.1 12.7 10.6 9.4 6.2 5.0 4.4 3.1 2.8 1.91.61.31.11.10.70.60.30.30.2 25.5 17.8 9.0 7.5 7.2 5.9 5.4 4.9 4.4 2.9 2.6 1.91.51.31.00.50.40.30.10.0 53.0 24.5 14.4 7.4 0.30.20.10.10.0 0 20 40 60 80 100 non-tech other tech food delivery region
Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trenitno Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria
Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
L’analisi dei dati delle CO fin qui svolta restituisce, quindi, un profilo dei rider come lavoratori particolarmente giovani e istruiti, che vengono impiegati dalle piattaforme per periodi brevi. Tali evidenze sono in linea con quelle ricavabili dai dati forniti dalle principali
piattaforme di food delivery. In particolare, `e interessante confrontare le caratteristiche dei
rider censiti nelle CO con quelle dei rider di Deliveroo, che non rientrano nel campione delle CO considerato, in quanto ingaggiati esclusivamente con contratti di prestazione autonoma. Secondo Deliveroo (2018) il 10% dei rider attivi sulla piattaforma sarebbero donne, il 18% di
nazionalit`a straniera, il 78% di et`a inferiore ai trenta anni (nel campione delle CO `e l’82%).
5.2
L’offerta di lavoro e i redditi dei rider
I dati forniti da alcune piattaforme permettono di ricavare informazioni circa l’attivit`a
prin-cipale svolta dai rider. Per esempio, secondo Deliveroo (2018), il 32% dei lavoratori attivi
sulla piattaforma considererebbe quella di rider un’attivit`a da svolgere durante gli studi, il
17% un’attivit`a da svolgere parallelamente a un altro lavoro, e solo il 34% la considera la
principale fonte di guadagno. Similmente, secondo una survey condotta da Foodora (2018) tra i propri dipendenti, il 48% di questi sarebbero studenti e solo il 25% circa non svolgerebbe
altre attivit`a (Figura 13).
30A oggi JustEat Delivery consegna anche a Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Padova e Verona; Foodora
Figura 13: Condizione lavorativa principale dei rider. 1.5 10.7 14.0 47.6 3.1 12.9 10.2 0 10 20 30 40 50 percent Pensionato Inattivo Disoccupato Studente Trainee Lavoratore autonomo Lavoratore dipendente
Note: Dati Foodora (2018). La condizione lavorativa principale `e stata riportata dai rider in una survey condotta nel 2018. Alla domanda ha risposto il 55% degli intervistati.
Per corroborare queste evidenze, utilizziamo i dati delle CO che ci permettono di indivi-duare ogni altro rapporto di impiego in cui un determinato lavoratore sia coinvolto durante
l’attivit`a di rider. I dati si riferiscono al periodo 2012-2017 e, pertanto, non consentono
di risalire a rapporti di impiego avviati prima e – dunque – pi`u duraturi. Mantenendo il
confronto delineato nel paragrafo 5.1, analizziamo i rapporti di impiego degli addetti alle
consegne del food delivery e di quelli delle altre imprese dei servizi di informazione e co-municazione (Ateco J). Troviamo cos`ı che dei 2,947 lavoratori del food delivery e dei 2,177
delle altre imprese dei servizi di informazione e comunicazione analizzati nella Tabella 3,
rispettivamente 559 (19.5%) e 385 (17.7%) hanno altri contratti attivi
contemporaneamen-te a quello di addetto alle consegne31. Quantitativamente, dunque, non si rileva una forte
differenza tra i due gruppi: in entrambi i casi, quasi un addetto su cinque ricorre ad altri impieghi complementari.
Emergono, per`o, alcune differenze significative tra i rider che svolgono anche altri lavori
e quelli che, invece, svolgono esclusivamente quello di fattorino per la piattaforma. In
par-ticolare, i pi`u istruiti e i pi`u giovani tendono a svolgere solo il lavoro da fattorino per la
piattaforma. Risalta – in particolare – la maggiore incidenza di diplomati non laureati, dato
31Secondo i dati riportati nella Figura13, la percentuale di rider con un altro lavoro sarebbe ancora pi`u
che suggerisce che si tratti prevalentemente di studenti universitari (Tabella 4)32.
Tabella 4: Statistiche descrittive, rider che non svolgono altri lavori e rider che hanno altri impieghi contemporanei.
Unico impiego Altri impieghi ∆
Donne 0.151 0.170 -0.019
(0.358) (0.376)
Et`a (a inizio contratto gig) 24.93 27.63 -2.693∗∗∗
(6.555) (7.791)
Stranieri 0.228 0.242 -0.013
(0.420) (0.428)
Diplomati (non laureati) 0.541 0.445 0.095∗∗∗
(0.498) (0.497)
Laureati 0.199 0.140 0.059∗∗
(0.399) (0.347)
N 2310 559 2869
Note: valori medi, standard deviation in parentesi. ∆ indica la differenza tra i due gruppi (t-test). *** p<0.01, ** p<0.05, * p<0.1.
La Tabella5 riporta, poi, il numero e le caratteristiche principali dei rapporti di impiego
svolti contemporaneamente al lavoro da rider. Gli addetti alle consegne del food delivery
tendono ad avere un numero di contratti pi`u elevato. Questa maggiore frammentariet`a delle
loro carriere si riflette nelle tipologie di inquadramento contrattuale impiegate: `e pi`u bassa
la percentuale di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre
pi`u elevata risulta la quota di coloro che hanno altri contratti di collaborazione (co.co.co.).
`
E, in ogni caso, interessante rilevare come il 67% degli addetti alle consegne che hanno un
secondo lavoro33, quindi circa il 13% del totale, abbia contemporaneamente un contratto di
lavoro a tempo indeterminato. L’8% dei rider (41% di quelli che hanno un secondo lavoro), inoltre, avrebbe un lavoro a tempo pieno, oltre a quello di fattorino.
32Secondo i dati riportati nella Figura13, il 64% di quelli che non hanno un altro impiego oltre a quello
di rider sarebbero studenti.
33La percentuale riportata nella Tabella5si riferisce, in realt`a, al totale dei contratti e non dei lavoratori.
Tabella 5: Statistiche descrittive, impieghi contemporanei.
Addetti alle Altri addetti
consegne alle consegne ∆
food delivery Ateco J
N altri contratti 2.922 2.153 0.769∗∗ (5.608) (2.060) Indeterminato 0.668 0.730 -0.062∗ (0.471) (0.444) Determinato 0.00648 0.0109 -0.004 (0.0803) (0.104) Progetto/CoCoCo 0.0725 0.0310 0.042∗∗ (0.260) (0.174) Altro 0.253 0.212 0.041 (0.435) (0.409) Tempo Pieno 0.411 0.365 0.046 (0.492) (0.482) N 772 548 1320
Note: valori medi, standard deviation in parentesi. L’unit`a di osservazione `e il singolo rapporto di impiego. ∆ indica la differenza tra i due gruppi (t-test). *** p<0.01, ** p<0.05, * p<0.1.
La presenza di una percentuale di rider che svolge un’altra attivit`a, di lavoro o di studio,
cos`ı elevata come attivit`a principale si riflette sull’offerta di lavoro osservata. Elaborazioni
sui dati forniti da Foodora relativamente ai compensi percepiti dai rider mostrano che il
numero medio di ore lavorate alla settimana `e circa 1934. Rileva, inoltre, un’alta
percen-tuale di lavoratori, circa il 17%, che – pur assunti come co.co.co. dalla piattaforma – non
hanno prestato alcuna ora di lavoro nel corso dell’anno. La Figura 14mostra la stima della
distribuzione delle ore di lavoro settimanale prestato dai rider di Foodora nel 2017.
Infine, ancora con l’ausilio dei dati forniti da Foodora, possiamo ricostruire anche il profilo
retributivo dei rider. La Figura 15 mostra la distribuzione del compenso medio mensile
percepito dai rider di Foodora: la retribuzione media supera leggermente i 500 euro mensili, quasi il 60% dei rider ha guadagnato meno di 250 euro al mese e di questi quasi un terzo
34Dati raccolti ed elaborati da Foodora tramite una survey tra i propri dipendenti restituiscono un quadro
Figura 14: L’offerta di lavoro dei rider. 0 20 40 60 Percent 0 20 40 60 80 100
Ore lavorate a settimana (<=)
Note: Dati Foodora (2018). N =2,742. Il numero di ore lavorate a settimana `e stato stimato a partire dai dati sulle retribuzioni percepite e considerando una retribuzione oraria media pari a 6 euro, cio`e una consegna e mezza. Si tratta di una stima per eccesso delle ore lavorate, poich`e le retribuzioni percepite includono le mance e, quindi, il numero di consegne e delle ore lavorate sottostanti `e presumibilmente inferiore.
non ha guadagnato alcunch´e non avendo mai lavorato, il 5% circa – infine – ha guadagnato
pi`u di 2,000 euro al mese35.
Figura 15: Retribuzioni mensili percepite dai rider.
0 20 40 60 Percent 0 500 1000 1500 2000 Compenso mensile (<=) 0 .1 .2 .3 Density 0 2 4 6 8 10
(log) Compenso mensile
Note: Dati Foodora (2018). N =2,742. I dati si riferiscono al compenso totale percepito dal rider nel periodo di attivit`a. L’am-montare mensile `e stato calcolato dividendo il totale per il numero di giorni di validit`a del contratto di impiego e moltiplicando per 31.
35Secondo elaborazioni Deliveroo (2018), la retribuzione media oraria dei rider sarebbe pari a 12 euro e la
Ultima dimensione di analisi `e quella dei profili di carriera di questi lavoratori prima e dopo l’impiego come rider (o come fattorino di altra impresa del settore informazione e comunicazione). Elaborazioni sui dati delle CO rivelano che circa il 49% dei rider e il 53.5% degli altri fattorini avevano record di impieghi precedenti (vale a dire terminati prima dell’avvio), mentre record di impieghi successivi (vale a dire avviati dopo la conclusione) sono stati individuati per circa il 31.5% dei rider e per il 45% degli altri addetti alle consegne
dei servizi di informazione e comunicazione. La Tabella 6 mostra le differenze tra fattorini
del food delivery e fattorini delle altre imprese relativamente al numero e alle caratteristiche dei rapporti di impiego precedenti e successivi a quello da fattorino.
In generale, i rider del food delivery hanno un numero di rapporti di impiego inferiore alle
spalle al momento dell’assunzione, pur a parit`a di anzianit`a lavorativa (durata totale pre-gig).
Si tratta, infatti, di rapporti pi`u precari (con una durata media inferiore) rispetto a quelli
degli altri fattorini: `e, infatti, inferiore la percentuale di lavoratori che aveva un contratto
a tempo indeterminato e a tempo pieno, e pi`u elevata quella di chi aveva un contratto di
collaborazione.
Per quanto riguarda, infine, il percorso professionale successivo all’impiego da rider o fattorino, si riscontra una differenza significativa in termini di numero di contratti, durata totale (attesa) e tipologia contrattuale: i rider hanno un numero di contratti successivi a quello da gig worker sensibilmente inferiore rispetto agli altri fattorini, una durata attesa
dell’impiego inferiore e una probabilit`a minore di avere un contratto a tempo indeterminato o
a tempo pieno. Sensibilmente pi`u elevata, d’altro canto, `e la probabilit`a di essere nuovamente
impiegati con un contratto di collaborazione. Va, comunque, rilevato che la minore incidenza nel food delivery di lavoratori per i quali si rintracciano impieghi successivi a quello da addetto alle consegne riflette, in gran parte, la differenza nella composizione dei due gruppi.
In particolare, emerge come siano soprattutto i pi`u giovani e istruiti a non avere record
Tabella 6: Statistiche descrittive, carriere pre e post gig.
Addetti alle Altri addetti
consegne alle consegne ∆ food delivery Ateco J
Pre-gig
N contratti pre-gig 2.195 5.421 -3.226∗∗∗ (5.029) (17.63)
Durata totale pre-gig (giorni) 804.3 810.6 -6.276 (623.7) (546.0)
Durata media contratti pre-gig (giorni) 132.3 174.5 -42.190∗∗∗
(143.0) (213.9) Indeterminato 0.573 0.842 -0.269∗∗∗ (0.495) (0.365) Co.co.co. 0.527 0.119 0.409∗∗∗ (0.499) (0.324) Tempo pieno 0.425 0.577 -0.152∗∗∗ (0.494) (0.494) N 1441 1163 2604 Post-gig N contratti post-gig 1.186 7.775 -6.589∗∗∗ (2.496) (29.72)
Durata totale post-gig (giorni) 6497.2 8499.4 -2002.250∗∗∗ (7956.4) (8167.4)
Durata media contratti post-gig (giorni) 5112.3 5017.5 94.848 (7040.0) (6377.7) Indeterminato 0.450 0.897 -0.447∗∗∗ (0.498) (0.304) Co.co.co. 0.434 0.0637 0.370∗∗∗ (0.496) (0.244) Tempo pieno 0.299 0.622 -0.323∗∗∗ (0.458) (0.485) N 929 974 1903