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3. Adriana Lanza, I libri di testo nel periodo fascista - Scuola e lavoro

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I LIBRI DI TESTO NEL PERIODO FASCISTA

ADRIANA LANZA

SCUOLA E LAVORO

Abstract

L’articolo propone una riflessione sul rapporto Scuola-Lavoro nel pe-riodo fascista, attraverso il confronto tra quanto si legge in alcuni li-bri di testo per la scuola elementare e le note programmatiche della “Carta del Lavoro” del 1927 e della “Carta della scuola” del 1940, i due documenti fondamentali della politica sociale e della politica sco-lastica del regime.

La cultura del lavoro

Per molto tempo, nella nostra cultura, il lavoro manuale è stato prevalen-temente associato a categorie socialmente subordinate mentre le uniche attività che nobilitano l’essere umano erano quelle intellettuali. Già nella seconda metà dell’800, però, affermandosi una nuova concezione del la-voro quale fonte di ricchezza e di libertà, si è giunti ad attribuire il giusto valore alle diverse attività occupazionali e a riconoscere la dignità di tutti i lavoratori.

Questa concezione del lavoro permane, in campo educativo, anche nei primi anni del ventennio fascista acquistando però una forte con-notazione politica quando il regime impone la sua ideologia nel mon-do della scuola e usa l’istruzione per fini propagandistici.

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2 Dietro la facciata di un rinnovamento sociale a favore delle classi la-voratrici e della costruzione di un nuovo umanesimo fondato sullo studio e sul lavoro, si celava il vero interesse del regime , cioè quello di dare allo Stato pieni poteri sull’educazione dei giovani e sul mondo del lavoro.

La concezione fascista dl lavoro

Il binomio Fascismo-Lavoro si identifica sicuramente con la parola “Corporativismo” , il cui manifesto è la Carta del lavoro, documento emanato il 21 aprile del 1927 dal Gran consiglio del fascismo. Queste le principali note programmatiche:

La Nazione diventa un’unità morale, politica e economica che si realizza integralmente nello Stato fascista. Lo Stato si fa interprete degli interessi contrastanti dei singoli e dei gruppi per coordinarli ad un fine superiore. Il lavoro non è visto come un diritto ma come un dovere sociale e in quanto tale è tutelato dallo Stato. L’organizzazione sindacale è libera ma sempre sotto il controllo dello Stato. Nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà, la conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori , la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione.

La conclamata attenzione a conciliare gli interessi di tutte le classi sociali, il superamento della lotta di classe, si traducevano, in verità, nello sfrutta-mento dei lavoratori e nella negazione dei loro diritti.

Ancor più complesso appare il rapporto Scuola-Lavoro sia dal punto di vista pedagogico e didattico, sia nel rapporto tra il sistema di istruzione e l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

Lo stesso atteggiamento gentiliano nei confronti delle attività non ricon-ducibili direttamente al “pensiero puro”, presenta molte sfaccettature.

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3 L’accentuato dualismo tra il lavoro propriamente detto, legato ai bisogni materiali, e la cultura, libera espressione dello spirito, lascia in seguito il posto alla ricerca di una sintesi , una concezione del lavoro in senso gene-ralizzato che comprenda anche lo sforzo intellettuale . D’altro canto, come lo stesso Gentile affermava nel suo discorso “Lavoro e Cultura” , tenuto a Roma il 15 gennaio 1922 in qualità di assessore comunale alla cultura ( brano tratto da Giuseppe Zago “ Scuola e lavoro in Italia durante il Ven-tennio”edu.lascuola.it )

<<...il lavoro manuale, se illuminato dal pensiero, se diretto per esso al fine supremo, a quella realtà ideale in cui la vita umana si celebra in tutta la pienezza del suo sviluppo, conferisce all’uomo la coscienza e il senso che il valore non è nella ricchezza, nella immediata produzione dello stesso lavo-ro, ma in quella vita dello spirito di cui il lavoro prepara e rende possibile il trionfo e il compimento».

Di qui la necessità di una formazione dei futuri lavoratori che non trascuri le istanze umanistiche e che assicuri soprattutto l’educazione completa dell’uomo-lavoratore.

In realtà la Riforma scolastica del 1923 suggellava la superiorità dell’istru-zione umanistica su quella tecnica, superiorità evidente anche nella diver-sità dell’onere finanziario per le famiglie. La scelta dell’indirizzo di studio veniva pertanto legata necessariamente più al censo che non alle attitudi-ni e agli interessi dei ragazzi.

Inoltre, per i diplomati degli istituti tecnici, che peraltro erano solo di due tipi (commerciale e geometra), la possibilità di accesso alle facoltà univer-sitarie era limitato a Economia, Agraria e Scienze statistiche.

Gli istituti tecnici a indirizzo industriale rimasero fuori dalla riforma e asse-gnati al Ministero dell’Industria.

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4 Le nuove esigenze in campo economico e sociale e anche le aspirazioni delle classi medie che sostenevano il regime fascista, imposero delle rifor-me che diventarono una vera e propria inversione di tendenza con la Carta della Scuola del ministro Bottai. Anche se rimasta sul piano programmati-co a causa degli eventi bellici, la Carta della Scuola testimonia, insieme al-la “Carta del Lavoro”, l’ambizione ,da parte del regime fascista, di costruire un nuovo umanesimo, lontano dall’idealismo gentiliano e legato alla realtà del progresso economico e sociale.

Il lavoro doveva entrare nel mondo della scuola non più come materia di insegnamento finalizzata all’acquisizione delle abilità pratiche ma come vera e propria esperienza lavorativa. Una specie dell’attuale Alternanza scuola-lavoro, della quale erano già state fatte alcune esperienze in ambi-to regionale.

Leggendo questa radio-conversazione del ministro Bottai, tratta da “La Carta della Scuola ”-A. Mondadori Editore, si ha un’idea chiara delle con-traddizioni insite nell’ambizioso progetto.

L’esaltazione del legame studio-lavoro nella formazione dello studente <<nell’unico fine di un’umanità più profonda degli alunni>>, si conclude con l’affermazione dell’inevitabile distinzione dei ruoli e quindi, anche se non detto esplicitamente, delle disuguaglianze sociali.

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9 Il mondo del lavoro nei libri di testo della Scuola elementare

I due brani seguenti, scelti in due libri di lettura per le classi elemen-tari, uno del 1925 e l’altro del 1932, ci fanno comprendere quale per-cezione avessero, del mondo del lavoro, i giovani studenti.

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10 Letture per la quinta classe

1925 Letture per la quarta classe 1938

La nobiltà del lavoro. (Antonio Agresti-1925)

In Italia si ritiene che fare il negoziante di zucchero o di candele di sego sia meno onorifico che fare l’avvocato, il medico o l’im-piegato governativo. Io penso che ci dobbiamo assuefare a consi-derare onorifico ogni lavoro o professione che risponda a un bi-sogno del nostro Paese.

È meglio essere un commerciante che fa affari ,anche se com-mercia nella cosa considerata più umile, che un avvocato senza clienti, o un medico senza malati; meglio essere un negoziante fortunato e intelligente, piuttosto che un architetto scalzacani o un giurista di cause perse.

È passato il tempo in cui un professionista guardava dall’alto in basso l’operaio o il commerciante, e si considerava di una casta più nobile della loro, ci sono diverse forme di lavoro e diverse at-titudini>>

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11 La lettura ha un significato morale ma anche sociale.

Il lavoro è alla base dell’economia del Paese; chi lavora in modo proficuo , qualunque sia la sua attività, dà senso e stabilità a se stesso e alla collettività.

Del testo del 1938 fa parte il breve racconto “Le ginestre” , il cui protagonista è un operaio di una fabbrica tessile che conquista una promozione grazie all’ideazione di una macchina per raffi-nare le ginestre, la fibra che doveva sostituire il cotone.

È evidente la propaganda della politica autarchica dovuta alle

sanzioni che impedivano all’Italia di importare materie prime, unita all‘intenzione di inculcare fiducia nelle risorse umane ed economiche dell’Italia.

L’argomento però fornisce anche l’occasione di delineare la fi-gura del perfetto operaio e della fabbrica ideale, o meglio idea-lizzata, quale avrebbe dovuto essere il frutto della politica del regime nell’ambito dell’istruzione e del lavoro. Una fabbrica in cui tutti collaborano per il bene e gli interessi comuni, un ope-raio che lavora con entusiasmo e voglia di migliorare, sostenuto da una serena vita familiare.

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18 Il mondo del lavoro nei testi della prima elementare

I libri analizzati

DINA BELARDINELLI-BUCCIARELLI Illustrato da PIO PULLINI Anno XIII (1934-35)

MARIA ZANETTI

Illustrato da ENRICO PINOCHI Anno XVII (1938-39)

I riferimenti al mondo del lavoro tendono soprattutto a suscita-re nei bambini sentimenti di riconoscenza nei confronti dei lavo-ratori, gratitudine per ciò che da loro viene offerto, ammirazio-ne per la loro forza ammirazio-nel sopportare i disagi .

Spesso le loro fatiche vengono accostate a quelle dei lavoratori-animali ( buoi, somarelli, cani, pecore), in un intreccio, forse in-volontario, di reminiscenze favolistiche e crudo realismo.

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19 Primo libro

Secondo libro

Le immagini seguenti suggeriscono invece allegria, cortesia, di-sponibilità

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20 Secondo libro

E infine, il Corporativismo in pollaio (primo libro): la gallina sco-pre che il suo primo uovo non è per sé ma è per la figlioletta del-la padrona e si convince che è giusto così poiché <<bisogna aiu-tarsi l’uno con l’altro>>.

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