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DANTE ALIGHIERI

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Academic year: 2021

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DANTE ALIGHIERI

NASCE A FIRENZE NEL 1265 da una famiglia della piccola nobiltà.. Istruito, appassionato di studi letterari, amico dei maggiori poeti del tempo come Guido Cavalcanti e Guido Guinizzelli , rinnova temi e forme della poesia creando il “ DOLCE STIL NOVO “. Nel 1285 sposa Gemma Donati da cui avrà tre figli e inizia a prendere parte alla vita politica della città di Firenze.

Rappresentante dei GUELFI di parte BIANCA ( sostenitori del PAPA , non volevano però che egli interferisca nella vita politica della città ), nel 1300 ottiene la carica di PRIORE, ma a seguito di uno scontro con la fazione dei GUELFI NERI, legati a papa Bonifacio VIII, viene condannato all'esilio.

Vive quindi a Ravenna fino alla sua morte, avvenuta nel 1321. Dante opera una vera rivoluzione culturale e scrive anche trattati sulla lingua (DE VULGARI ELOQUENTIA), sulla filosofia (CONVIVIO) e sulla politica (DE MONARCHIA).

AMORE PER BEATRICE - Beatrice Portinari è la giovane donna fiorentina cui Dante dedica la sua prima opera poetica VITA NOVA. Ella è rappresentata come un essere dall'animo nobile e puro, simile a un angelo, in grado di avvicinare l'essere umano a Dio. La morte di Beatrice, avvenuta nel 1290 quando la ragazza aveva solo 24 anni, lascia un segno molto profondo nel poeta.

LA DIVINA COMMEDIA

Il termine COMMEDIA indica nel Medioevo una narrazione che conduce da un inizio triste ad una conclusione lieta. Dante fa inoltre riferimento alle scelte formali nella stesura dell'opera, scritta in VOLGARE FIORENTINO. L'aggettivo DIVINA fu aggiunto successivamente a seguito di un commento fatto da Boccaccio sull'opera. La DIVINA COMMEDIA esprime LA VISIONE DEL MONDO PROPRIA DELL'EPOCA DI DANTE e riflette la cultura medievale, che era fortemente INFLUENZATA DA FATTORI RELIGIOSI.

Dante racconta di un VIAGGIO IMMAGINARIO, in cui si addentra NEL MONDO

ULTRATERRENO accompagnato da VIRGILIO prima e da BEATRICE poi. Il primo rappresenta la RAGIONE, la seconda LA FEDE. Il viaggio dura una settimana e la descrizione è realistica, ma il poema ha un significato ALLEGORICO: L'INTERO VIAGGIO DANTESCO E' DA INTENDERSI COME UN ITINERARIO PER AVVICINARSI ALLA SALVEZZA.

Il poema è composto da TRE CANTICHE, corrispondenti ai tre regni dell'aldilà: INFERNO, PURGATORIO e PARADISO. Ogni cantica è divisa in 33 canti, cui se ne aggiunge uno di introduzione, per un totale di 100 CANTI.

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LE TRE CANTICHE INFERNO

UNA VORAGINE A FORMA DI IMBUTO POSTA SOTTO LA CITTA' DI GERUSALEMME, DIVISA IN NOVE CERCHI. I dannati vi sono distribuiti secondo i peccati commessi in vita e i supplizi cui sono condannati seguono la LEGGE DEL CONTRAPPASSO, cioè rispecchiano per analogia o per contrasto la colpa da espiare ( ad esempio i violenti che si sono macchiati in vita di crimini efferati vengono immersi nel sangue bollente, gli indovini che nella vita hanno guardato il futuro sono condannati a guardare sempre indietro ). Scendendo progressivamente i peccati aumentano di gravità e nel centro della Terra c'è Lucifero, con le sembianze di un terribile mostro.

PURGATORIO

UNA MONTAGNA COSTITUITA DALL'ANTIPURGATORIO E DA 7 CORNICI. In basso si trovano i peccatori che hanno commesso le colpe più gravi. A questi sono ricordati gli errori commessi e, man mano che espiano le loro colpe, rialgono la montagna. In cima c'è il PARADISO.

PARADISO

9 CIELI CHE RUOTANO INTORNO ALLA TERRA . Vi stanno le ANIME DEI BEATI, immersi nella CONTEMPLAZIONE DI DIO.

METRICA

Il poema è scritto in TERZINE DI ENDECASILLABI: ogni verso è formato da 11 sillabe metriche ed è compreso insieme ad altri due versi in una strofa comosta da tre elementi.

Le terzine sono legate tra loro dalla RIMA INCATENATA.

Nel mezzo del cammin di nostra vita A mi ritrovai per una selva oscura, B ché la diritta via era smarrita. A

RIMA INCATENATA

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura B esta selva selvaggia e aspra e forte C che nel pensier rinova la paura! B

RIMA INCATENATA

Tant’è amara che poco è più morte; C ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, D dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. C

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LINGUAGGIO

Il linguaggio della DIVINA COMMEDIA è molto complesso.

Dante usa PAROLE POLISEMICHE, cioè termini che possono esprimere MOLTEPLICI SIGNIFICATI, come ad esempio l'aggettivo “FERTILE”, che deriva dal verbo “ferre”, ovvero

“portare, produrre”ed è utilizzata nel canto XI del Paradiso, il celebre passo di San Francesco, dove la “fertile costa” descritta dal poeta indica il luogo dove nacque il santo.

Fa inoltre un largo uso di FIGURE RETORICHE (vedi a tal proposito la scheda dedicata FIGURE RETORICHE DANTESCHE dove l'argomento è trattato in modo più dettagliato):

• ALLEGORIA = rappresentazione simbolica di un concetto astratto per mezzo di immagini concrete. LA DIVINA COMMEDIA E' UN POEMA ALLEGORICO: il viaggio di Dante rappresenta il percorso spirituale dell'intera umanità.

• APOSTROFE = ci si rivolge direttamente a qualcuno interrompendo il filo del discorso . Ad esempio:"Ahi, dura terra, perché non t’apristi?"

• IPERBOLE = consiste nell’esagerare, per eccesso o per difetto, un concetto sino

all’inverosimile. Ad esempio "È un secolo che non lo vedo"; "Sono in un mare di guai"; "Mi piace da morire". In Dante:"…O frati, - dissi, - che per cento milia / perigli siete giunti all’occidente...”

• METAFORA = sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito a una trasposizione simbolica di immagini. "…Io non piangea, sì dentro impetrai…" Il conte Ugolino con questa espressione vuole intendere che a causa di un dolore molto intenso il suo animo era diventato "duro come una pietra".

• PERIFRASI = ad esempio per definire Dio Dante parla di «colui che tutto move»

• PROSOPOPEA O PERSONIFICAZIONE = consiste nell’attribuire qualità, azioni o sentimenti umani ad animali, oggetti, o concetti astratti. Esempio di personificazione in Dante: “... Roma che piagne vedova e sola… “

• SIMILITUDINE = paragone introdotto spesso dal termine COME. “Come fa mar per tempesta”, “Come d’autunno si levan le foglie”

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INFLUSSI SUL PRESENTE

Molte espressioni contenute nel poema sono diventate di uso comune, o comunque patrimonio della memoria collettiva del nostro Paese. Alcuni esempi:

• “Stai fresco” - E' un'espressione oggi comunissima: nel nono cerchio si trovano i traditori, macchiati del peccato più grave agli occhi di Dio. A seconda della gravità della colpa, essi sono più o meno immersi nel Cocito, un enorme lago ghiacciato. Con l'espressione “là dove i peccatori stanno freschi”, il poeta si riferisce proprio a questa zona, dove i dannati vengono colpiti da gelide raffiche di vento . Grazie alle potenti immagini del poeta, l'espressione viene ancora usata per indicare qualcosa che andrà a finire male.

• “Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza” - Ulisse incita i suoi compagni a seguirlo nell'attraversare le colonne d'Ercole (lo stretto di Gibilterra), un tempo ritenute i confini del mondo. Oggi è un'espressione proverbiale, usata per esortare a vivere come uomini e non come bestie, seguendo la virtù e e la scienza .

• “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”- Nel canto V dell'Inferno Francesca racconta al poeta il suo infelice amore per Paolo. I due amanti si innamorarono leggendo un libro sulle imprese di Lancillotto e i cavalieri della Tavola Rotonda, in cui Galehaut, siniscalco di Ginevra, spinge la regina tra le braccia del bel cavaliere, tradendo così re Artù. Il libro che la coppia di Rimini leggeva prima di abbandonarsi ad un peccaminoso bacio ha dunque assolto lo stesso compito che nel racconto cavalleresco fu di Galeotto: spingere l'uno tra le braccia dell'altra.

• “Molesto”- Dal latino “moles”, ovvero “peso, fardello”, questo termine è presente in tre canti infernali e in uno del Paradiso. Il termine era già in uso, ma fu certamente il poeta a decretarne la diffusione.

• “Mesto”- Un termine che compare per la prima volta proprio nella Divina Commedia. La parola deriva dal latino “maestus”, participio passato del verbo “maerere”, ovvero “essere triste, addolorato”. Dante utilizza questo termine per descrivere la triste condizione dei dannati, definendoli nel canto I “color cui tu fai cotanto mesti”

• “Profano” La parola deriva dal latino profanus, composto rispettivamente da pro (fuori) + fanum (tempio, luogo sacro). Letteralmente, il significato è dunque “chi sta fuori dal tempio, dal recinto sacro”, ed è con questo significato molto pregnante che l’aggettivo viene

utilizzato nella Commedia. Al giorno d’oggi, il lemma ha acquisito il significato più generale di “estraneo alla religione”.

www.monicamonici.it

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