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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE

ECONOMICHE

Corso di laurea triennale in economia

TESI DI LAUREA TRIENNALE

Dal rischio di credito al factoring: un'opportunità per

le aziende

Relatore:

Prof. Cerbioni Fabrizio

Candidato:

De Pieri Matteo

N° Matricola 1090719

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Indice:

Introduzione

Capitolo 1 Il rischio di credito

1.1 Il rischio di credito

1.2 La gestione del rischio di credito

1.3 Gli strumenti di tutela ex-post

Capitolo 2 Il contratto di factoring

2.1 Evoluzione storica del factoring

2.2 Il contenuto del contrattato di factoring: aspetti

legali ed operativi

2.3 Le tipologie di factoring

Capitolo 3 Il factoring: una risorsa per le aziende

3.1 La clientela

3.2 Gli effetti empirici del factoring

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4 INTRODUZIONE

Il credito commerciale riveste da sempre una delle voci principali dello stato patrimoniale nel bilancio delle imprese. Nella lettura del bilancio però, è possibile verificare come la sua concezione sia mutata nel tempo. A seconda del periodo storico di riferimento infatti, il credito può esser visto con un’ottica più o meno positiva. Aziende che presentavano una situazione creditizia particolarmente elevata potevano esser considerate come aziende in salute, dove la propria gestione caratteristica aveva un ciclo sano e sostenuto da molte

vendite. Questo permetteva loro di avere maggior poter contrattuale in quelle sedi di richiesta di finanziamento, sorrette appunto dalla garanzia di avere molti crediti esigibili in struttura. In periodi storici differenti però, come quello che stiamo vivendo quest’oggi, presentare all’interno del proprio prospetto patrimoniale una situazione caratterizzata dalla presenza di molti crediti, può assumere una connotazione negativa. Più precisamente questo particolare contesto può essere letto come una carenza nell’attività di riscossione e liquidazione del credito da parte dell’azienda.

Ad oggi la concessione del credito rimane una consuetudine nella maggior parte dei contesti commerciali, dovuto anche al fatto che esistono una serie di strumenti ed operazioni che ne possono mitigare e prevedere (in ottica probabilistica) il rischio. Da situazioni problematiche che possono sorgere a causa di insolvenza e/o di ritardi nell’adempimento ad alcuni crediti, è possibile ricercare una soluzione in questi strumenti che, se utilizzati adeguatamente e nella fase aziendale più opportuna, possono diventare una vera e propria opportunità di crescita per le aziende.

Sarà l’obiettivo di questa tesi andare ad analizzare e contestualizzare i motivi che portano le aziende a concedere credito ai propri clienti ed i rischi operativi che ne derivano, indicando quali strumenti possono essere utilizzati da queste per gestire direttamente o indirettamente i propri fidi. Tra queste operazioni focalizzerò l’attenzione sul contratto di factoring, il quale sta diventando un fenomeno sempre più diffuso, come mostrano i trend di crescita del suo utilizzo, anche in Italia, negli ultimi anni. Di questo ne analizzerò le caratteristiche operative e giuridiche in particolare cercando di evidenziare come l’utilizzo di questo strumento possa rappresentare un’opportunità d crescita per le imprese.

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5 Nel quarto ed ultimo capitolo si trarranno le conclusioni dell’elaborato, dove oltre a discutere dei risultati derivanti dall’analisi, si illustreranno i vantaggi e gli svantaggi legati a questo tipo di operazione finanziaria.

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6 CAPTOLO I

IL RISCHIO DI CREDITO

1.1 Il rischio di credito

Il concetto di credito nasce a cavallo tra la fine del Medioevo e gli albori del Rinascimento1, quando nel campo economico e commerciale cominciavano ad apparire i primi documenti contabili e venivano introdotti i primi strumenti di finanziamento complessi. Questo periodo è infatti caratterizzato da una forte ripresa sia sul piano economico che su quello culturale, spinta dalla scoperta e successiva colonizzazione del Nuovo Mondo, e da un’economia che andava sempre più spostandosi dal settore agricolo verso quello commerciale. L’insieme di questi fattori ha fatto sì che sorgesse quell’esigenza di rendere gli scambi sempre più veloci, ed è per questo che la concessione del credito divenne uno degli elementi fondamentali per sostenere questa forte crescita. Una volta concesso il credito è però necessario considerare il relativo rischio che esso incorpora. Con la crescita e lo sviluppo economico infatti, non solo sono radicalmente cambiati i caratteri ed il tenore di vita sociali, ma si è più volte sfociati in crisi dovute a crescite sbilanciate ed incontrollate.

Per questo motivo oggi il rischio di credito diventa uno dei temi più delicati e trattati sia in ambito bancario che aziendale. Gli agenti economici cercano di prevenire a questa

problematica arginando il fenomeno attraverso l’analisi del merito di credito. Questa tecnica viene attuata attraverso una serie di informazioni contabili e non, con le quali è possibile selezionare e catalogare il cliente, attribuendogli delle determinate condizioni di dilazione per il pagamento, a seconda del giudizio sul merito creditizio affibbiatogli.

Ma quando parliamo di rischio di credito a cosa ci riferiamo in particolare? È possibile

definire il rischio di credito come la possibilità che qualcosa di inatteso vada a compromettere il corretto adempimento all’obbligazione sorta. Sono diversi gli eventi e le cause che possono compromettere l’effettiva realizzazione dello scambio, e possono essere di natura interna od esterna rispetto l’azienda.

Al di là del genere di rischio che le aziende devono fronteggiare, gli effetti che derivano dal manifestarsi di uno di questi eventi generano risultati comuni. Tendenzialmente la parte creditrice subisce delle perdite che possono alterare la normale gestione caratteristica dell’impresa, a causa dei costi che deve sostenere per la copertura dell’insolvenza o del ritardo. Quando la causa dell’inadempimento è interna, è possibile collegarla ad

un’inefficiente gestione dell’azienda debitrice. Questo comporterà il venir meno della fiducia nella relazione e di conseguenza il non manifestarsi del processo di fidelizzazione. I rischi interni sono anche detti “diversificabili” quando non sono influenzati da variabili di rischio esterne, e possono essere mitigati attraverso il processo di diversificazione. Ben più grave può essere la situazione in cui l’inadempimento viene generato da fattori esterni. In periodi di forti recessioni o di crisi diventa complesso fare previsioni sul corretto andamento del processo di scambio, in quanto si manifesta una contrazione generale delle attività produttive. I rischi esterni sono influenzati da tutte quelle variabili macroeconomiche e finanziarie, quali tassi di

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7 interesse, inflazione, PIL, ecc., che vengono sintetizzate all’interno di un unico fattore di rischio, il rischio di mercato; sono per questo chiamati rischi sistematici. Un’ulteriore causa esterna è possibile identificarla nel contesto delle attività agricole, le quali sono soggette, appunto per la loro particolare attività produttiva, ad un duplice rischio, quello commerciale, che accomuna tutte le imprese, e quello ambientale, dovuto dall’imprevedibilità del ciclo naturale.

La concessione del credito genera dei costi, sia a carico dell’azienda concedente, i quali però non sono economicamente influenti sul bilancio d’esercizio, sia a carico dell’azienda

debitrice, la quale invece dovrà rispondere attraverso il pagamento di interessi per far fronte alla dilazione concessa. I costi “occulti”, come vengono definiti dal Professor Coronella nel suo articolo “I costi occulti del credito commerciale”2, che deve sostenere l’azienda creditrice

sono di difficile individuazione e, quindi, quantificazione. Se consideriamo il fatto che,

un’impresa, quando concede una dilazione nell’adempimento all’obbligazione, sarà costretta a sostenere la propria attività produttiva attraverso altre forme di finanziamento, è possibile riconoscere una serie di oneri in relazione a tre variabili, il tempo di dilazione, il capitale investito ed il tasso d’interesse. Esaminare il costo del credito secondo questi aspetti non è immediato e può risultare poco preciso:

 Il tempo, inteso come l’intervallo temporale che decorre dal momento della

prestazione effettuata dal creditore alla data dell’incasso, è da un lato controllabile e gestibile dal concedente, in quanto sarà lui a determinare preliminarmente le scadenze. D’altro canto rimane però il rischio connesso all’insolvenza o al ritardo

nell’adempimento da parte del debitore, che in caso di sopravvenienza allungherà i tempi di recupero del credito e di conseguenza ne aumenterà i costi;

 Il capitale, considerato non solo come l’ammontare, maggiorato dell’IVA, della somma concessa in dilazione, ma scorporato in più componenti. In particolare si possono identificare i costi variabili e l’IVA come quegli oneri connessi direttamente alla produzione e fornitura del bene o del servizio. Si possono tuttavia considerare anche i costi fissi ed il margine atteso della transazione, anche se questi sarebbero stati ugualmente sostenuti;

 Il tasso d’interesse, il quale varia a seconda della fonte di finanziamento utilizzata per la copertura della dilazione. Sarà infatti nullo il costo imputato agli apporti effettuati dall’imprenditore o dai soci, mentre per quanto riguarda gli oneri da sostenere per i finanziamenti attinti dal mercato, ci si attiene alle condizioni contrattuali.

L’incidenza economico-finanziaria fa sì che il rischio di credito diventi una tra le tematiche di maggior rilievo nella gestione aziendale. L’aleatorietà degli eventi che incidono sul rischio, rende però particolarmente complessa la sua analisi. Per questo motivo le informazioni, di cui l’impresa dispone, giocano un ruolo chiave nella percezione dell’incertezza. Analizzando quindi i dati evinti, sarà possibile utilizzare quegli strumenti scientifico-matematici che portano ad una ponderazione del rischio relativa ad ogni singolo cliente. Da qui sarà poi possibile delineare per l’impresa la miglior strategia da adottare, cercando di arginare il più possibile il problema del rischio.

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8 L’incertezza scaturita dalla concessione del credito non viene considerata solamente sotto l’aspetto operativo ed organizzativo da parte dell’impresa, ma viene regola anche dalla legge, attraverso una serie di norme previste sia dal codice civile italiano che dai principi contabili internazionali IAS/IFRS3.

In sede di redazione del bilancio d’esercizio, le aziende soggette alla regolamentazione legislativa, secondo l’art. 2426, n.8 cc., potranno iscrivere i crediti spettanti dai diversi soggetti seguendo determinate procedure e convenzioni. In primo luogo è necessario che i crediti vengano iscritti in bilancio secondo il valore di presumibile realizzo; ciò significa che dovranno essere considerati tutti i fattori che possono comportare perdite o ritardi nell’adempimento, per evitare che a fine esercizio venga operata una svalutazione per i crediti precedentemente iscritti e non manifestatasi. Il processo di valutazione si concretizza attraverso l’analisi di quei fattori di rischio precedentemente affrontati.

Dal criterio generale di valutazione è possibile passare al principio di prudenza, contenuto nell’art. 2423 co. 1, 3 e 4 cc., il quale viene così indicato dal codice civile: “La

valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della

continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato; si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento; si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura di questo.”

Nel prossimo paragrafo si analizzeranno le figure responsabili alla rilevazione e valutazione del rischio, affinché sia possibile eliminare o perlomeno arginare questa problematica.

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9 1.2 La gestione del rischio di credito

La concessione di credito da parte delle aziende può essere osservata sotto un duplice aspetto che rischia di apparire contraddittorio. Fino ad ora abbiamo analizzato il credito assumendo una concezione negativa, evidenziandone solamente gli aspetti correlati al rischio. Il motivo di fondo di questa decisione è che il controllo del rischio rimane una delle problematiche principali per le attività produttive, in quanto una scorretta gestione può condurre a

conseguenze particolarmente gravose che possono compromettere l’intera stabilità aziendale. Sorge quindi spontaneo domandarsi perché le organizzazioni concedono dilazioni di

pagamento alla propria clientela. Una risposta a tale domanda può essere data considerando l’aspetto relazionale che sorge nel rapporto con i singoli clienti. Nella pratica aziendale la concessione di credito può essere uno strumento valido per sostenere la propria politica di vendita. A seconda della tipologia di cliente infatti, può apparire più vantaggioso allungare i tempi di pagamento piuttosto che ricevere sconti commerciali o rateizzare in più soluzioni l’adempimento. Questo processo può comportare un miglioramento nella relazione e favorire la fidelizzazione tra le parti, permettendo quindi all’azienda di aumentare il volume delle vendite.

In un mercato come quello odierno caratterizzato da una forte incertezza e variabilità nei diversi contesti economici, le imprese dovranno necessariamente dotarsi di strategie volte a garantire il giusto equilibrio tra rischio e concessione del credito. A questo fine si organizzano attraverso una serie di procedure e strumenti che permettano una gestione che prevenga l’insorgere del rischio di insolvenza da parte del cliente.

Trattandosi di metodi per monitorare ed arginare il rischio, anche la concessione della dilazione del pagamento verrà effettuata attraverso l’analisi di fattori endogeni ed esogeni. I primi riguardano elementi interni all’azienda che vanno dalla struttura organizzativa e patrimoniale, fino a quella operativa, relativa al ciclo produttivo del core business caratteristico. I fattori esogeni, invece, sono quelli non governabili dall’impresa, quali la situazione particolare del cliente o le condizioni generali dell’ambiente, come gli usi e le consuetudini di un determinato luogo, la forza contrattuale misurata in base al livello di concorrenza o della tipologia di settore di riferimento, piuttosto che variabili

macroeconomiche.

È perciò importante che non siano solo le medio-grandi imprese a dotarsi di queste aree strategiche, ma tutte le organizzazioni a prescindere dalle dimensioni. Quando affrontiamo questa tematica all’interno delle piccole-medie imprese, non possiamo aspettarci che l’aspetto organizzativo e le risorse impiegate in questo processo siano medesimi a quelli applicati dalle grandi organizzazioni. In questi contesti è probabile infatti che più funzioni vengano

aggregate sotto l’operato e controllo di un unico soggetto od organo, o, per determinate operazioni, affidate a soggetti esterni. Ciò che risulta però fondamentale è che attività, quali la gestione del rischio, non vengano trascurate, senza tralasciare in particolare la proporzione tra rischi assunti e obiettivi strategici dell’impresa.

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10 vendite senza compromettere l’equilibrio economico e finanziario dell’azienda”4 (Galesso,

2004), si suggerisce quindi di strutturare un particolare organo che si occupi di questo ambito. Questa serie di attività preliminari alla vendita sono fondamentali per garantire uno sviluppo corretto e continuo dell’azienda. Una volta delineata la prassi “politica” per la gestione del credito si passerà all’attività di controllo del fido, per verificare che venga rispettata la normale procedura, dalla consegna/prestazione del bene o servizio, fino all’incasso. Parliamo a proposito di procedure come il risk management, che può essere definito come “l’insieme di attività, metodologie e risorse coordinate per guidare e tenere sotto controllo un'organizzazione con riferimento ai rischi”5 . Il risk management si scompone nelle fasi di:

 Identificazione, attività volta alla ricerca e classificazione del rischio relativamente all’operazione in questione;

 Misurazione, è la fase in cui vengono convertite in termini monetari le stime effettuate in base al rischio individuato al punto precedente;

 Valutazione, riguarda il momento in cui i responsabili del risk management analizzano quale strategia o approccio sia opportuno adottare per il monitoraggio del fido

concesso;

 Gestione, è la fase finale del processo, dove si attua la strategia prescelta.

Ciascuna di queste fasi le ritroviamo nella suddivisione generale del risk management nella molteplicità delle sue funzioni. Più precisamente è possibile distinguere una prima attività di

project risk management, tipica di quelle imprese che operano su commessa per grandi

progetti, come costruzioni di navi, aerei, ecc., dove l’analisi viene eseguita sulla mera realizzazione del progetto. Vi è poi il financial risk management, il quale invece valuta non solamente le diverse forme di finanziamento necessarie per soddisfare i fabbisogni

dell’impresa, ma analizza le possibili conseguenze che derivano dalle singole operazioni intrattenute dall’organizzazione. Consideriamo infine la generale attività di gestione del rischio, il risk management “tradizionale”. Tutti questi ambiti di applicazione possono essere raggruppati all’interno dell’enterprise risk management, il quale utilizza i risultati delle varie analisi per elaborare un unico elemento di valutazione.

L’enterprise risk management svolge la propria funzione operando attraverso due diversi approcci, uno statistico-finanziario, e l’altro di tipo manageriale, perché si occupa della valutazione quantitativa ed economica dei rischi e delle opportunità che nascono con l’intraprendenza di nuovi progetti. L’obiettivo di fondo di questo apparato è quello di

generare valore per l’impresa, che non per forza debba concretizzarsi nella produzione di utili nel breve periodo, ma piuttosto prevede di limitare future perdite che possono scaturirsi nel medio-lungo a causa del manifestarsi del rischio.

Per questo motivo non è possibile pensare all’enterprise risk management come un organo indipendente che lavora con mere operazioni di analisi dati, ma bisogna intenderlo in un contesto più generale, che comprende l’intera organizzazione aziendale. All’interno di questo

4 S. Galesso, La gestione dei crediti commerciali: una “policy” aziendale per minimizzare i rischi di credito, C&S

Informa, 2009

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11 processo è fondamentale il coinvolgimento di figure quali il consiglio di amministrazione, gli amministratori responsabili delle aree operative e di gestione del rischio, e di tutti i soggetti incaricati alla supervisione ed al controllo strategico dell’impresa. Il numero di soggetti può poi aumentare o diminuire a seconda delle dimensioni e dell’ampiezza del raggio d’azione dell’impresa, ciò non toglie che le relazioni tra le diverse figure aziendali rivestano il ruolo fondamentale per garantire la bontà dell’enterprise risk management. Per un corretto funzionamento sarà quindi necessario dotare l’organizzazione di un adeguato sistema

informativo e comunicativo, che permetta uno scambio rapido ed efficiente di quegli elementi che verranno poi utilizzati per l’elaborazione dell’analisi del rischio.

Una volta raccolti e differenziati i dati e le informazioni a disposizione dell’azienda, questi dovranno essere applicati nei corretti modelli e strumenti, per evidenziare l’incertezza che deriva dalle singole operazioni.

Le aziende in questo caso, possono operare come gli istituti di credito, dotati di strumenti di analisi e di rating interni per catalogare le esposizioni creditizie di singoli clienti. Per fare ciò si dovrà scomporre il credito in base alle sue componenti di rischio. Si distinguono6:

 Probability of Default (PD): come è facile intuire questa componente indica il tasso di probabilità che un debitore risulti inadempiente all’obbligazione. Per calcolare questo dato l’impresa dovrà dotarsi di strumenti econometrici con cui sia possibile analizzare i dati raccolti durante la fase di identificazione del rischio nel processo di risk

management;

 Loss Given Default (LGD): con questa sigla si fa riferimento a quella parte di credito che non sarà possibile recuperare in caso di insolvenza. Il tasso di perdita in caso di insolvenza corrisponde a LGD = 1 − δ dove δ indica il tasso di recupero (recovery rate). I tassi di recupero dipendono da molti fattori (aleatori) e sono difficili da

stimare, soprattutto per mancanza di dati storici sulle insolvenze, sui recuperi effettivi e sui tempi di recupero7. È possibile inoltre considerare questo dato come una

funzione di tre variabili che ne influenzano la stima, ovvero: la percentuale di credito recuperata, il costo finanziario ed amministrativo relativo al tempo di recupero ed il tempo di recupero;

 Exposure at Default (EAD): è data dal rapporto tra credito utilizzato e credito concesso, e sta ad indicare esposizione dell’azienda nei meriti del cliente;

 Maturity (M): è la variabile legata al tempo, ovvero indica l’intervallo di tempo dell’esposizione creditizia che l’impresa accorda con il cliente.

Attraverso la stima di questi dati sarà possibile calcolare la perdita attesa, l’expected loss (EL), o meglio, la perdita che si prevede di subire in relazione ad una particolare posizione creditizia. Questa, tuttavia, non è detto si verifichi nei termini predetti, ma può avere effetti maggiori o minori, a seconda dell’entità dell’evento negativo manifestatosi. Sarà quindi necessario ai fini di una maggior tutela considerare un’ulteriore variabile, la perdita inattesa, o

unexpected loss (UL), la quale in termini statistici viene considerata come la deviazione

6 Silvio Doretti, Note sulle componenti del rischio di credito. Un'analisi sulle piccole e medie imprese, Fidi

Toscana, 2011

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12 standard della variabile “perdita (L)” UL= √(V(L))= √(V([EAD × SEV × L]), dove V(L) è la varianza della perdita8.

Nonostante ciò, è desumibile come tale metodo di ponderazione del rischio di credito sia particolarmente oneroso, sia in termini monetari, perché reperire tutte le informazioni ed i dati necessari comporta un costo per l’impresa, sia in termini operativi, in quanto si tratta di procedure non immediate, che richiedono tempi lunghi e particolari capacità. Non sono molte le imprese che adottano tale strumento, ma possiamo riconoscerne certamente di più diffusi e meno complessi. Tra questi il principale è senz’altro l’analisi della documentazione contabile e tecnica. In particolare gli schemi di bilancio, che presentano la situazione patrimoniale ed economica dell’impresa, possono essere riclassificati in schemi sintetici che ne evidenzino determinate caratteristiche o elementi di interesse economico per l’analista. Più precisamente ci si riferisce in una specificazione che riguarda due criteri, uno legato alla variabile “tempo”, mentre l’altro considera la “destinazione” delle voci di bilancio. Il primo si sostanzia nella forma dello stato patrimoniale riclassificato in forma “finanziaria”, il quale viene concepito con lo scopo di evidenziare quegli elementi che sono facilmente liquidabili. Il secondo viene invece schematizzato seguendo il principio di destinazione, ovvero mettendo in luce l’area gestionale di riferimento della voce. All’interno di questa classificazione riconduciamo sia lo stato patrimoniale cosiddetto “funzionale”, che la rappresentazione del conto economico nelle sue due forme, il conto economico “a ricavi e costo del venduto” ed il conto economico “a valore della produzione e valore aggiunto”.

Oltre alla riclassificazione, gli schemi di bilancio possono essere utilizzati attraverso ulteriori strumenti di analisi, come gli indici di bilancio. Questi si costruiscono attraverso il confronto tra singole voci dello stato patrimoniale o del conto economico, il cui risultato, mostrato il più delle volte in termini percentuali, serve per descrivere particolari processi e fenomeni inerenti alla gestione caratteristica e finanziaria dell’azienda. Possiamo raggruppare gli indici in base alla tipologia degli elementi che vogliamo analizzare; vi si individuano a proposito tre categorie di indici, una che valuta l’equilibrio economico-reddituale, una l’equilibrio patrimoniale ed infine una l’equilibrio finanziario9.

Lo studio e l’analisi di questi prospetti può quindi aiutare l’organizzazione a compiere le previsioni di cui necessita per valutare la concessione del merito di credito ai propri clienti. Possono infatti trasmettere le informazioni preliminari per verificare l’affidabilità della controparte, permettendo all’impresa di tutelarsi dal rischio. Tuttavia esistono delle soluzioni che possono risolvere questa problematica anche ex post concessione, i quali verranno analizzati nel prossimo paragrafo.

8 Per ulteriori approfondimenti empirici si rimanda al rif. sopraindicato pagg. 9-11

9 U. Sostero, P. Ferrarese, M. Mancin, C. Marcon, L’analisi economico-finanziaria di bilancio, II ed., Giuffrè

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13 1.3 Gli strumenti di tutela ex post10

In un periodo di crisi, come quello recentemente, e non ancora del tutto, trascorso, diventa particolarmente complicato per le imprese mantenere quell’equilibrio economico-finanziario necessario per una salutare gestione d’azienda. Come si è precedentemente discusso, la concessione del credito diventa una delle tematiche più delicate da gestire in questi contesti, perché se aggiungiamo alla forte incertezza che caratterizza l’economia reale pure una maggiore difficoltà di accedere ai finanziamenti da parte degli istituti di credito, diventa complicato per le imprese sostenere il proprio fabbisogno, soprattutto in caso di inadempienza dei propri creditori.

Per evitare che l’intero sistema economico subisca forti perdite e squilibri funzionali, nascono una serie di strumenti e servizi offerti da intermediari finanziari, in particolare da banche specializzate, che, se accuratamente utilizzati, possono aiutare le imprese in difficoltà ed in certi casi spingerne lo sviluppo e la crescita. Sono ormai sempre più diffuse pratiche di conversione del credito in liquidità immediata, disponibile per tutte le operazioni necessarie per l’impresa, rese possibili grazie a strumenti che prevedono la cessione del credito ad un intermediario, al quale sarà riconosciuta una commissione per il servizio offerto. Lo smobilizzo dei crediti rappresenta quindi un’opportunità per le aziende, in particolare per coloro che operano in settori dove la concessione del credito prevede lunghi periodi di dilazione. A seconda delle caratteristiche che l’impresa presenta, sia che riguardino le dimensioni, piuttosto che l’ambito di occupazione, verranno offerti strumenti finanziari differenti che possano soddisfare al meglio le richieste dei clienti. Tra la gamma di servizi offerti dall’intermediario si riconoscono:

 Lo sconto di effetti: gli effetti commerciali attivi sono dei documenti sostitutivi alle fatture, che incorporano un impegno a pagare da parte del debitore, come accade per i pagherò cambiari. L’operazione di sconto degli effetti si effettua tramite la cessione del credito da parte dell’impresa ad una banca, la quale ne anticiperà l’intero importo detraendovi interessi e provvigione. Dal momento che l’intermediario diventa il nuovo beneficiario dell’obbligazione, potrà rivalersi sul cedente in caso di mancato

adempimento da parte del debitore; per questo tipo di operazioni si utilizza

l’espressione “salvo buon fine”. La banca inoltre può prevedere un tetto massimo per lo smobilizzo del credito, chiamato “castelletto di sconto”;

 L’anticipo salvo buon fine su ricevute bancarie: con ricevuta bancaria (Ri. Ba.) si fa riferimento ad un particolare servizio bancario che “funge da attestazione di credito e fa sì che la banca possa concedere un anticipo dei crediti posseduti”11. Con questa operazione la banca provvede a trasferire l’intero valore dei crediti ceduti, detraendo le commissioni, sul conto corrente aziendale, e provvederà a scadenza ad incassare il credito relativo. Ciò che differenzia questa operazione rispetto lo sconto degli effetti, è il fatto che l’accredito in conto corrente viene contabilizzato con valuta successiva alla scadenza media dei crediti ceduti, e questo comporta uno scoperto in conto corrente dal momento in cui il correntista preleva una qualsiasi somma. Da questo istante verranno conteggiati i “numeri passivi” che andranno a determinare gli interessi e

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14 quindi il costo dell’operazione. Ad oggi questa è una pratica molto diffusa, tant’è che le ricevute bancarie sono strumenti dematerializzati;

 L’anticipo su fatture: rappresenta una delle operazioni più utilizzate per la

convertibilità dei crediti in liquidità immediata. È possibile cedere all’intermediario tutte le fatture non ancora scadute ed incassate, previa accettazione della banca. Questa operazione può concretizzarsi in due differenti procedure: mandato all’incasso o cessione del credito. Per quanto riguarda il primo metodo, questo prevede che sia l’impresa ad occuparsi dell’incasso del credito, ovvero, l’impresa debitrice verserà direttamente sul conto corrente l’intero ammontare del debito, e spetterà poi alla banca trattenere quanto precedentemente anticipato.

Il secondo metodo prevede invece che la banca diventi direttamente la beneficiaria dell’obbligazione e dovrà quindi occuparsi della riscossione del credito.

Generalmente l’importo anticipato riguarda una somma compresa tra il 70-80% del totale delle fatture (scarto di garanzia), ed i costi per il servizio sono considerati all’interno degli interessi passivi che decorrono dal momento dell’anticipo.

 Il factoring: questo è un contratto che prevede la cessione di crediti commerciali di proprietà dell’azienda ad un intermediario, che prende il nome di factor. La relazione che si instaura avviene per l’offerta di determinati servizi, tra cui la gestione del credito, il regolamento anticipato delle partite cedute e, in caso di factoring pro soluto, la garanzia contro l’insolvenza da parte del debitore. Questo particolare strumento verrà analizzato nel dettaglio nel capitolo successivo.

I vari servizi appena citati possono considerarsi tra loro alternativi, in quanto l’obiettivo di fondo rimane lo stesso, ovvero ottenere liquidità immediata in cambio di liquidità futura sulla quale pende inoltre l’incertezza del rischio di insolvenza. In questo elaborato l’attenzione verrà focalizzata sul contratto di factoring, ed è per questo che se ne

evidenziano le differenze ed i vantaggi. In particolare, oltre alle caratteristiche tecniche ed operative che diversificano ciascuno strumento, si verifica con il factoring un fenomeno più strutturato e completo. A prescindere dalla forma con cui viene stipulato questo

contratto, le quali verranno successivamente presentate ed analizzate, il processo che parte dalla cessione del credito riguarda in questo caso un anticipo più consistente, che deriva da uno smobilizzo di interi pacchetti di crediti piuttosto che di singole partite. Ulteriori vantaggi rispetto le altre forme alternative di cessione crediti, riguardano specialmente i servizi di monitoraggio e gestione del credito che vengono offerti nel contratto di

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15 CAPITOLO 2

IL CONTRATTO DI FACTORING

2.1 Evoluzione storica del factoring1213

Il contratto di factoring non nasce direttamente per soddisfare le esigenze della clientela tramite l’offerta di un tipico servizio bancario, ma, nella sua storia, ha subito una serie di modifiche che lo hanno poi portato ad essere quella tecnica finanziaria che conosciamo noi oggi.

Il nome “factoring” deriva infatti dalla parola factor, con la quale si usava indicare la figura di “colui che esercita o agisce per conto altrui”. Si voleva perciò indicare un’attività svolta da un qualsiasi soggetto che operava direttamente nell’interesse di qualcun altro, esigendone un corrispettivo, quella che oggi chiameremmo commissione. La prima funzione svolta dal factor era quella di intermediario commerciale, il trade factor. Egli si occupava di commercializzare, gestire e riscuotere gli impegni che un altro soggetto aveva assunto nell’esercizio della propria attività, ma che per motivi di distanza geografica per esempio, non poteva direttamente

monitorare. Questa tecnica si è principalmente sviluppata parallelamente allo sviluppo del commercio internazionale, quando in seguito alle conquiste coloniali, i mercanti europei intrecciarono i primi rapporti con le popolazioni indigene. Era opportuna infatti la presenza di una figura che fosse geograficamente collocata sul territorio in questione, cosicché si

potessero limitare i rischi legati al buon esito delle transazioni.

I primi grandi cambiamenti della figura del factor li ritroviamo agli inizi del XX secolo, quando ormai il commercio internazionale aveva raggiunto la fase di maturazione, ed i

commercianti cominciarono a gestire direttamente i propri affari anche in territori sconosciuti, grazie ad un miglioramento nella sicurezza e nella semplicità degli scambi. È per questo motivo che gli agenti di factoring si sono visti costretti a modificare il proprio ambito di attività. Si va verso una trasformazione da intermediario commerciale all’assunzione di una veste di operatore finanziario, il finance-factor. Questo nuovo ruolo interpretato dal factor opera mediante l’offerta di servizi differenti, che vanno dalle anticipazioni sui crediti sorti dallo scambio di merci, all’assunzione del rischio di insolvenza del debitore. È possibile riscontrare questa evoluzione in particolare all’interno del mercato americano, dove, a differenza di quello europeo, comincia a delinearsi l’operazione di factoring tipica dei giorni nostri. In Europa scompare la figura del trade-factor senza però essere sostituita dal finance-factor; solamente verso la metà del Novecento cominciano ad insediarsi anche nel mercato europeo le prime filiali americane dedicate interamente all’attività di factoring, non senza le difficoltà dovute ad un diverso ambiente economico, ma soprattutto una diversa prassi legislativa e burocratica.

È soprattutto in Francia ed in Italia che si nota una difficile imposizione di questo strumento, nel primo a causa dei serrati controlli che le autorità effettuavano alle filiali estere presenti nel

12 Redazione PMI.it, La storia e i vantaggi del factoring, www.bancaifisimpresa.it, 2013

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16 loro territorio e della predilezione verso la pratica dello sconto commerciale, causa presente anche nel contesto italiano. Il factoring subisce un rapido sviluppo in concomitanza con la crisi finanziaria che colpisce l’Europa a metà degli anni Settanta, dovuta dalla diminuzione dell’offerta di petrolio e del relativo aumento del prezzo dell’energia. La necessità di liquidità degli imprenditori contestualizzata in questo periodo, diede un forte impulso alla diffusione di questo contratto, data la sua validità di strumento finanziario alternativo14 (Rende, 2015).

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17 2.2 Il contenuto del contratto di factoring: gli aspetti legali ed operativi

Il contratto di factoring rappresenta una particolare tecnica finanziaria, con la quale un’impresa cede ad una società specializzata i propri crediti esistenti o futuri, al fine di ottenerne liquidità immediata ed ulteriori servizi correlati, come la gestione del credito ceduto, l’incasso e la contabilizzazione degli stessi.

Sotto l’aspetto giuridico il factoring presenta una natura anomala in quanto, data la sua origine anglosassone, è di difficile applicazione nell’ordinamento italiano. Questo contratto viene infatti definito atipico in seguito al pronunciamento di diverse sentenze, tra le quali, la prima, quella del Tribunale di Milano del 28/03/1977, nella quale viene così definito: “Il contratto di

factoring ha natura atipica ed innominata poiché pur realizzandosi essenzialmente attraverso una cessione di credito, presenta un più ampio contenuto in senso economico e giuridico"15 (Fossati). È per questo motivo che gli vengono applicate sia le norme previste per la disciplina generale dei contratti in primo luogo, sia quelle sulla cessione dei crediti in secondo.

Una risposta all’esigenza di una normativa che disciplinasse questa materia è stata raggiunta nel 1991, in seguito all’introduzione della legge n. 52 intitolata “Disciplina della cessione dei crediti d’impresa”16. Fino a questo momento infatti, sono stati molti i tentativi di ricollegare

questa tecnica agli istituti già esistenti in materia di contratti, senza però che nessuno

soddisfacesse appieno la fattispecie del factoring. Questo perché la natura giuridica complessa di questo strumento rischia di far confondere come alternative le funzioni di finanziamento, servizio di gestione e garanzia, ed al tempo stesso di trascurarne la caratteristica intrinseca al factoring, che prevede un’interdipendenza di queste funzioni volta ad arginare il rischio d’insolvenza del debitore. Per questo motivo il legislatore ha ritenuto opportuno

regolamentare almeno quegli aspetti giuridici ritenuti fondamentali nella relazione tipica di questo strumento. Si fa quindi riferimento in particolare all’indicazione dei requisiti

fondamentali che deve possedere il cessionario per concludere validamente l’operazione, al fine di tutelare l’interesse pubblico e del cedente per il rischio legato a quest’operazione; il cedente dovrà essere infatti qualificato come imprenditore, rispettando i criteri imposti nell’art. 2082 cc. Ulteriori regolamentazioni riguardano poi il regime di opponibilità a terzi, rendendo più agevole tale processo per il cessionario, e soprattutto la legittimazione a cedere i propri crediti in massa estendendo poi la possibilità di cedere pure i crediti futuri. Facendo riferimento in particolare all’ultimo passaggio riguardante la cessione dei crediti futuri, la giurisprudenza muove opinioni discordanti. Questo perché, se dall’art. 1472 cc, è prevista la possibilità tra le parti di cedere beni futuri, ci si pone il quesito se sia lecita, in quest’ambito, pure la cessione di diritti derivanti da fattispecie non ancora perfezionate17 (Musacchia, 2008).

Data la mancanza di una risposta dell’ordinamento, il dibattito si fonda sulle due diverse interpretazioni date dai giuristi, i quali si dividono in coloro che attribuiscono a tale fattispecie un connotato positivo relativamente alla bontà dell’operazione, considerando lo schema della vendita obbligatoria preceduta dalla configurazione di un contratto perfezionato

15 in Fossati- Porro op.cit., tratto da M. L. Musacchia, Disciplina della cessione dei crediti d’impresa e factoring, 2008

16 Legge 21 febbraio 1991, n. 52 Disciplina della cessione dei crediti di impresa

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18 antecedentemente ma con effetto traslativo successivo. L’altra visione invece considera

questo contratto un negozio non perfetto, in quanto gli effetti derivanti dalla manifestazione futura dell’oggetto del contratto sono soltanto preliminari, che diventano effettivi solamente una volta concretizzatasi la vendita del bene autonomo. Questo per tutelare la garanzia della determinabilità e della determinatezza dell’oggetto in questione.

Nonostante questa lacuna dell’ordinamento lasci inesatta ed incerta la natura del negozio, la risposta prevalente data dai giuristi è quella che ne prevede una connotazione positiva, questo perché gli effetti negativi della fattispecie si verificano in particolare in contesti di cessione di singoli crediti, e non in blocco come previsto invece per il factoring, “poiché la connessione di tale trasferimento all'attività d'impresa garantisce il requisito della determinatezza o della determinabilità sia rispetto all'individuazione oggettiva dei crediti (connessione con la vendita di certi beni o servizi) sia soggettiva (vendita a clienti abituali dell'impresa)"18 (Cassandro) . Per poter meglio comprendere le difficoltà che incontrano i giuristi nell’interpretare e

classificare questa particolare fattispecie sarà bene illustrare le caratteristiche tecniche ed operative del contratto di factoring. Secondo questo aspetto, data l’ampia gamma di servizi che vengono offerti da questa tecnica finanziaria, sarà necessario considerare e distinguere le possibili configurazioni che vengono a svilupparsi a seconda della tipologia di contratto che viene instaurato.

In primo luogo bisogna considerare che il contratto di factoring si compone di due documenti principali. Il primo viene unilateralmente predisposto dal factor, il quale lo dispone inserendo tutti gli elementi essenziali del contratto e le condizioni generali necessarie alla

concretizzazione dell’operazione. Saranno qui inseriti le voci relative all’anagrafica del cliente, la durata del rapporto, gli obblighi assunti dalle parti, ecc.

Verrà poi predisposto un secondo documento, più personalizzato, dove invece saranno incluse tutte quelle clausole generali e non, fondamentali per rispondere alle esigenze del cliente e, d’altro canto, tutelare il factor; per questo motivo si tratta di strumenti modificabili nel corso del rapporto.

Generalmente è possibile riconoscere due particolari clausole che caratterizzano la maggior parte dei contratti di factoring, che sono la clausola di globalità e quella di esclusività. La prima riguarda l’obbligo del cliente di cedere in massa la totalità dei crediti vantati verso un unico debitore, permettendo al factor di poter valutare e decidere quali tra questi accettare; questo per evitare che il cliente ceda solamente quei crediti considerati più rischiosi

accollando quindi al factor il rischio maggiore. Seguendo il principio di questa clausola sarà poi possibile ritrovarne alcune limitazioni che possono riferirsi ad importi massimi per ciascun cliente ceduto, o per periodi predeterminati, o ancora, limitare il numero di crediti ceduti riguardo ad un unico cliente, basti però che siano tra loro omogenei. Per quanto riguarda invece la clausola di esclusività, questa previene un comportamento doloso che può assumere il cedente qualora ceda ad uno o più terzi lo stesso credito più volte. Questa è una prassi tipica statunitense volta a tutelare i rapporti tra le parti ed evitare abusi del servizio in oggetto. È comunque ammissibile che il cessionario possa rivolgersi a diversi intermediari,

18 Cassandro op. cit. in M. L. Musacchia, Disciplina della cessione dei crediti d’impresa e factoring, 2008, in

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19 previa però autorizzazione del factor; questo è concesso in situazioni tipiche dove il cliente è una grande impresa o quando la produzione è particolarmente diversificata dove quindi è possibile identificare e catalogare i diversi crediti. Le parti potranno poi accordarsi

sull’eventualità di inserire ulteriori clausole facoltative, solitamente accessorie ed operative, e regolare gli aspetti e gli effetti che il contratto andrà a produrre.

Si possono riconoscere due tipologie di contratto di factoring, differenziate principalmente dal metodo di cessione del credito che viene accordato tra cedente e cessionario1920:

 Il factoring pro-soluto: questo particolare contratto prevede che la relazione tra le parti avvenga tramite la cessione immediata dei crediti del cedente, chiamato anche

fornitore, al cessionario, nonché il factor. Questa è sicuramente la tecnica più diffusa, in quanto al momento dello smobilizzo dei crediti dell’impresa, il factor riconosce un’immediata liquidazione degli stessi, acquisendone la titolarità e di conseguenza il diritto a riscuoterli. Attraverso questa procedura però, il cessionario si accollerà tutti i relativi rischi legati all’incertezza ed al rischio di insolvenza dell’azienda debitrice. La metodologia pro-soluto è rivolta a tutte quelle realtà aziendali, grandi e piccole, ed alle pubbliche amministrazioni, le quali sono caratterizzate dalla difficoltà, a livello operativo, di incassare quanto ceduto. Con questo strumento sarà per loro possibile migliorare la propria situazione gestionale ed i loro prospetti di bilancio, in particolare per quanto riguarda i vari indicatori di reddittività e patrimoniali. Ulteriori vantaggi, come si è visto, sono legati all’esternalizzazione del processo di gestione dei crediti, nonché alla diminuzione dei costi amministrativi ad essi relativi.

Il corrispettivo previsto per questo strumento si compone di tre elementi, che vanno dalle commissioni previste per i servizi offerti e per la gestione dei crediti,

comprendendo la garanzia per il rischio di insolvenza, ed inoltre vengono conteggiati gli interessi relativi all’anticipazione pro-soluto.

Viene di prassi inserito all’interno del contratto un ulteriore elemento che rappresenta un limite di tipo quantitativo relativamente al rischio assunto nel caso di

inadempimento da parte del debitore. Si parla in questo caso del cosiddetto “Plafond”, il quale verrà elaborato dal cessionario e comunicato all’impresa, indicando l’importo determinato e le varie condizioni.

In ottica di risultati, questa tecnica finanziaria può rivelarsi vincente, non solo perché alleggerisce l’attività di gestione e mitiga l’effetto del rischio, ma anche perché offre importanti opportunità di crescita e sviluppo; permette infatti di disporre in via immediata di liquidità re-investibile in operazioni di espansione aziendale in nuovi mercati, e sotto l’aspetto del merito creditizio, ne migliora i ratios;

 Il factoring pro-solvendo: il secondo metodo con cui è possibile stipulare un contratto di factoring, prevede la tipologia pro-solvendo. Questa differisce da quella

precedentemente esposta sotto diversi aspetti, sia operativi che normativi, in

particolare si distingue per il semplice fatto che la cessione del credito non incorpora

19 Daniele Minussi, Il contratto di factoring, E-Glossa,

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20 come nel caso di factoring pro-soluto, pure la cessione del rischio di insolvenza, che rimane quindi in questo caso a carico del creditore.

Questo prodotto può essere considerato come lo strumento più vicino alle altre forme di finanziamento autoliquidanti offerte dalla banca, a causa delle sue caratteristiche operative come quella appena citata; può essere infatti offerto come tecnica alternativa ai vari sconti su effetti, anticipo fatture ed anticipo salvo buon fine su ricevute

bancarie; è per questo motivo considerata la forma di factoring tradizionale.

Questa operazione viene offerta maggiormente a grandi imprese, o comunque a realtà che stanno vivendo un particolare periodo di espansione in termini di fatturato, le quali preferiscono, in determinate condizioni, affidare la gestione dei propri crediti ad istituti o agenzie esterni.

Permane come nella soluzione di pro-soluto, un’anticipazione immediata alla cessione dei crediti, la quale può essere erogata con diverse modalità di incasso, come rimessa diretta, titoli di credito ecc., permettendo libertà di notifica al debitore.

Il ruolo del factor nel caso di pro-solvendo svolgerà un ruolo di valutazione preventiva del debitore del cliente sotto il profilo del rischio, continuando a monitorarne la

situazione patrimoniale e finanziaria affinché sia possibile una concessione più ampia del fido nei confronti del cedente. Questo rappresenta uno dei principali vantaggi previsti da questo strumento, in quanto permette al cedente di affidare un numero più elevato di fidi concessi ad un unico debitore. La gestione del rischio effettuata dall’intermediario consente inoltre la conversione di costi fissi, inizialmente previsti per l’amministrazione interna della concessione del merito, in costi variabili per l’azienda, relazionati alla quantità di crediti ceduta.

Ulteriori vantaggi possono risultare da una somma in linea di massima più elevata dell’anticipazione, rispetto a quanto si avrebbe potuto in media ottenere attraverso altre tipologie di finanziamento autoliquidanti richiedibili in banca.

Le parti, una volta stipulato il contratto, avranno l’obbligo di adempiere secondo le condizioni generali e le clausole pattuite, anche a causa dell’assenza di una disciplina generale del

contratto di factoring. Inoltre, come è stato anticipato precedentemente, è obbligatorio che il cedente rispecchi le caratteristiche necessarie per essere qualificato come imprenditore, escludendo quindi la possibilità di offrire tale strumento a consumatori privati o lavoratori autonomi21; il factor deve essere, invece, una società od ente pubblico o privato che abbia incluso nell’oggetto sociale la possibilità di effettuare l’attività di acquisto di credito da imprese. È poi previsto che il capitale sociale minimo, o il fondo di dotazione, sia non

inferiore a dieci volte il capitale minimo per le società per azioni. Il motivo di fondo di questo requisito è quello di garantire gli aspetti di professionalità e solidità finanziaria ed economica fondamentali per il ruolo e a figura dell’intermediario.

Durante il rapporto, oltre ad osservare i principi concordati all’interno del contratto, le parti dovranno assolvere alle rispettive obbligazioni secondo una diligenza professionale. Il cedente dovrà infatti adempiere rispettando i canoni di correttezza, ovvero non dovrà compiere azione alcuna che generi uno scompenso o alterazioni del rapporto. Questa azione può assumere una

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21 connotazione positiva se si assume che, così facendo, il profilo di valutazione effettuato dal factor possa portare a miglioramenti negli affidamenti futuri che possono scaturire. Sempre considerando la sfera giuridica imputata al fornitore, egli ha l’obbligo di restituire ogni corrispettivo e/o anticipo ricevuto dall’intermediario, qualora il debitore non adempia alla propria obbligazione, per quanto previsto dal contratto pro-solvendo.

Le due forme di contratto differiscono ulteriormente in ambito contabilità. Facendo

riferimento alle norme codicistiche, e più in particolare ai principi di redazione contabile, che riguardano l’iscrizione dei crediti, è semplice constatare come le singole operazioni di

factoring non devono essere contabilizzate seguendo la forma del contratto, quanto piuttosto registrare quanto realmente accaduto nella realtà. È questo il motivo secondo cui i contratti pro-soluto prevedono la totale cancellazione dal bilancio per quanto riguarda l’ammontare dei crediti ceduti, a differenza di quanto è previsto per il pro-solvendo. In questo caso infatti, i nuovi principi contabili prevedono che il mancato trasferimento del rischio di insolvenza comporti il contestuale obbligo a mantenere iscritti nel proprio bilancio i crediti ceduti al factor. Prevale infatti in questa situazione la sostanza sulla forma, in ordine al concetto di prudenza da rispettare in fase di redazione del bilancio; perciò sono da escludere anche i crediti futuri ceduti, i quali dovranno essere semplicemente indicati nei conti d’ordine. È quindi intuibile come la forma pro-soluto comporti maggiori benefici all’utilizzatore, soprattutto se si considera la sostanziale iscrizione in conto economico della differenza tra il valore del credito iscritto ed il corrispettivo ricevuto, senza tralasciare la possibilità di dedurre gli interessi prevista per la perdita su crediti sostenuta in seguito alla cessione22 (Gavioli, 2016).

In generale, è possibile elencare in modo sommario una serie di aspetti positivi e negativi legati al contratto di factoring23:

 Esternalizzazione delle attività di gestione del rischio e di riscossione dei pagamenti, che consente di risparmiare sui costi previsti per queste mansioni;

 Finanziamento erogato sulle considerazioni fatte riguardo ai crediti piuttosto che considerando l’intero patrimonio posto in garanzia;

 Presenza di elementi assicurativi per l’incasso, in caso di forma pro-soluto;

 Relazione factor-cliente duratura.

Tra i diversi vantaggi offerti da questo contratto, questi sono probabilmente i più evidenti. Dal lato degli svantaggi si riconoscono invece:

 Il costo del servizio, il quale non è più elevato di quello previsto per le tecniche di finanziamento alternative, ma sostanzialmente non permette un risparmio maggiore in caso di impiego di queste ultime;

 Il sorgere di problemi legati all’immagine, qualora la cessione del credito faccia sorgere complicazioni relazionali nel rapporto azienda-cliente;

 L’incremento delle interfacce finanziarie per l’impresa.

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22 Le caratteristiche sopra elencate sono dei tratti comuni a tutte le tipologie di factoring, le quali verranno presentate in modo dettagliato nel paragrafo successivo.

2.3 Le tipologie di factoring

Le imprese che si rivolgono alle banche, o agli intermediari riconosciuti ed autorizzati per l’esercizio dell’attività di factoring, mostrano tendenzialmente diverse tipologie di fabbisogni ed esigenze, a seconda del settore in cui operano, che ne determina quindi categorie di

clientela più o meno frammentata, o tempistiche di pagamento differenti ad esempio, oppure a seconda del mercato geografico di riferimento, dove imprese che avviano relazioni

internazionali, ricercano maggiori garanzie e tutela per i singoli affari. Per questi motivi il prodotto finanziario che generalmente è indicato col nome di “contratto di factoring” può assumere connotati ed indicazioni differenti con riguardo alle diverse esigenze presentate dai clienti. Sotto questo punto di vista è possibile individuare una moltitudine di categorie di factoring, che differiscono in base alle componenti finanziarie, gestionali e di garanzia che le parti del contratto presentano, ma che virano successivamente ad un obiettivo comune, alla massimizzazione dei flussi di cassa e del capitale circolante.

Tra le principali tipologie di factoring si riconoscono a proposito24:

 Il factoring “tradizionale”25, con questo prodotto viene indicato il contratto analizzato

e discusso nei paragrafi precedenti, che nonostante la possibilità di differenziarsi in pro soluto e pro solvendo, presenta tutti i tratti tipici previsti per questa fattispecie;

 Il factoring “internazionale”26, con il quale si indica in modo generale il contratto

applicato a transazioni che avvengono tra diversi paesi. È per questo motivo

distinguere a sua volta il factoring internazionale di supporto all’esportazione, ed il

factoring internazionale di supporto all’importazione. Il primo si realizza quado il

factor acquista i crediti vantati dagli esportatori nazionali nei confronti di importatori esteri, risparmiando così all’impresa l’onere di reperire informazioni su clienti operanti in mercati meno conosciuti. Per questo tipo di operazioni è prevista solitamente una garanzia a tutela dell’esportatore, contro il rischio di insolvenza da parte del debitore. Per quanto riguarda invece il factoring internazionale di supporto all’importazione, questo ha luogo qualora siano gli esportatori esteri ad essere interessati a ricevere una maggior tutela per le proprie operazioni di export, ma presenta dei vantaggi pure per gli importatori nazionali: questi possono infatti richiedere un rientro dilazionato per l’adempimento all’obbligazione senza gravare sulla propria posizione di rating, in quanto non è previsto l’impegno di firma a differenza delle lettere di credito.

Nonostante questo contratto presenti i principi fondamentali del factoring

“tradizionale”, questo si caratterizza per una maggiore complessità nelle procedure e nella struttura dell’operazione. In primis basti pensare che vengono coinvolti quattro soggetti piuttosto che i tre previsti per il factoring domestico. È qui necessaria la presenza del factor estero, sia che si tratti di supporto all’esportazione, quanto

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23 piuttosto all’importazione. Data poi l’implicazione di due paesi differenti, saranno diversi i regimi fiscali e di tassazione applicati nei relativi ordinamenti. Per evitare che sorgano complicazioni in questo senso, esistono trattati volti ad eliminare la doppia tassazione da parte dei paesi di provenienza delle parti coinvolte;

 Il “reverse factoring”27, detto anche factoring “indiretto”, riguarda probabilmente la

forma più particolare tra le varie tipologie. Questo contratto, come dice il nome appunto, presenta un’inversione nella logica del factoring tradizionale. È

un’operazione pensata in particolare per quelle organizzazioni che presentano un ampio volume d’acquisti provenienti da una clientela frazionata e continuativa. La differenza principale che caratterizza questo contratto è che la richiesta di cessione del credito viene eseguita direttamente dall’impresa debitrice, affinché al factor venga affidata la completa gestione del debito di fornitura.

Questa pratica permette di ottenere particolare vantaggi sia in ottica dell’impresa debitrice, sia per tutte e imprese fornitrici. Per le prime infatti sarà possibile razionalizzare i flussi di pagamento oltre a ricevere, in ottica di negoziazione commerciale, termini di pagamento più vantaggiosi. Per i fornitori invece sarà possibile scontare anticipatamente il credito presso il factor, mitigando così il rischio di insolvenza da parte dell’impresa debitrice;

 Il “maturity factoring”28, è un’operazione che consiste nel pagamento del valore

nominale dei crediti ceduti da parte del cessionario, solamente una volta che questi siano giunti alla loro naturale scadenza. Il cessionario, avendo quindi anticipato l’ammontare del debito per la parte ceduta, potrà quindi rivalersi su quest’ultimo, il quale dovrà rimborsare il factor pagando un interesse aggiuntivo.

Questo contratto può essere proposto, come per il factoring tradizionale, sotto le forme di pro soluto o pro solvendo, incorrendo quindi in diverse metodologie di gestione del rischio, a seconda delle condizioni e delle esigenze in cui perversa l’impresa.

I vantaggi di questa tecnica riguardano non solo il cedente, il quale potrà richiedere al factor un anticipo del credito anche prima che il credito abbia maturato la propria scadenza, ma anche il debitore ceduto, il quale potrà godere di maggior flessibilità nei tempi di pagamento;

 Il factoring “not notification”29, o senza notifica, questa fattispecie è caratterizzata

dalla mancanza di comunicazione della cessione dei crediti al debitore. Questa decisione può essere legata a motivi legati all’immagine aziendale o per non

compromettere alcune relazioni di fiducia che sono venute a crearsi tra le parti. Nei rapporti con modalità “non notification”, a seguito della richiesta del factor di

provvedere alla comunicazione della cessione al debitore, conseguente o meno al suo mancato pagamento, il cliente ha la facoltà di chiedere che la notifica non venga inoltrata, ma in questo caso la garanzia prestata dal factor nei confronti di tutti i crediti ceduti, si considererà inefficace “ex tunc” (art. 13, Add. pro soluto, Ifitalia Spa). Con questo contratto inoltre, al factor non sarà data possibilità di gestire in alcun modo i crediti ceduti;

27 www.ifitalia.it

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24 È poi possibile che il contratto di factoring si manifesti con ulteriori forme meno utilizzate e diffuse, a causa di una ridotta elasticità dell’operazione o di richieste meno comuni tra le imprese.

In particolare indichiamo tra queste operazioni il “factoring ad acquisto a titolo definitivo”30, il quale si rivolge principalmente a medio-grandi imprese che operano principalmente con altre imprese o con la Pubblica Amministrazione, e si tratta di un’operazione di mera cessione del credito; vi è poi il “factoring sola gestione”, il quale prevede la mera operazione di

gestione e di incasso del credito ceduto, in questo caso non è necessaria la notifica al debitore; il “factoring sola garanzia”31, il quale è invece previsto per le aziende che preferiscono

mantenere un rapporto diretto con la clientela, ma al tempo stesso tutelarsi dal rischio di insolvenza; infine vi è il “factoring dilazione per il debitore ceduto”, il quale si sostanzia in un accordo che permette al debitore ceduto di allungare la concessione del credito oltre la

scadenza originaria, fino ad una data fissata dal factor; l’onere graverà sul debitore.

Una volta elencate le varie tipologie con cui i clienti possono soddisfare le proprie esigenze, nel terzo capitolo si analizzerà come, a seconda del contratto sottoscritto dalle aziende, il factoring andrà ad influenzare le scelte strategiche di crescita e sviluppo nei diversi contesti.

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25 CAPITOLO 3

IL FACTORING: UNA RISORSA PER LE AZIENDE

3.1 La clientela

Il motivo cui soggiace l’interesse nell’approfondire il contratto di factoring sta

nell’osservazione dei trend di forte crescita che questo strumento ha sostenuto in questi ultimi anni, in Italia, in Europa e, più in generale, nel mondo. Come viene riportato in uno dei “temi di discussione” della Banca d’Italia32 (Benvenuti, 2004), il mercato italiano è oggi il terzo al

mondo in termini di dimensioni, dovuto alla consuetudine di accordare lunghi tempi di dilazione nei rapporti commerciali tra imprenditori. Questo trend di forte crescita è

riconducibile sia a fattori legati all’andamento del ciclo economico del mercato, inteso sia in termini settoriali che macroeconomici, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, sia a fattori strutturali industriali e del sistema produttivo. Possono essere considerate una

moltitudine di esigenze che stanno alla base della richiesta di operare con questo strumento, come possono essere elencate infinite differenze che caratterizzano i vari contesti aziendali con cui i factor vengono in contatto, ma nella maggior parte dei casi, l’obiettivo primario sarà quello di soddisfare i fabbisogni finanziari richiesti dal capitale circolante. Le diverse

tipologie di factoring precedentemente illustrate, mostrano come sia possibile, grazie all’ampio grado di flessibilità di questo strumento, assicurare e soddisfare le varie richieste apportate dalla clientela.

Oltre al fabbisogno di capitale circolante, ulteriore caratteristica che accomuna la maggior parte delle aziende che richiedono questa tipologia di finanziamento riguarda la fase del ciclo di vita dell’impresa33. Ha avuto forte riscontro il fatto che siano soprattutto le organizzazioni

giovani a sfruttare tale strumento, in quanto per supportare la propria fase di sviluppo diventa necessaria la liquidità che spesso solo i factor sono in grado di offrirgli. È soprattutto in questa fase che le imprese sostengono i costi maggiori, registrando il più delle volte perdite d’esercizio in fase di avvio e di sviluppo dell’attività. Se compariamo infatti il ciclo di vita aziendale con il ciclo di vita del singolo prodotto, è possibile verificare come, nelle fasi di introduzione e di sviluppo nel mercato, i costi siano particolarmente elevati. Ciò accade a causa degli investimenti iniziali per l’avvio dell’attività produttiva, in quanto costringono l’impresa a munirsi, a seconda del core business aziendale, di tutte quelle risorse in termini di impianti ed elementi produttivi il cui valore viene recuperato in più esercizi. Se oltre a questa tipologia di costi (fissi pluriennali) si aggiungono quelli legati alle vendite, facendo qui riferimento relativamente alla concessione del merito di credito, come i costi occulti visti nel capitolo 1, è possibile verificare come il capitale circolante netto operativo abbia un risultato negativo. Attraverso il contratto di factoring, diventa quindi possibile il miglioramento diretto del margine operativo del circolante grazie alla diminuzione dei crediti, in quanto ceduti

32 M. Benvenuti M. Gallo, N. 518 - Perché le imprese ricorrono al factoring? Il caso dell’Italia, 2004

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26 all’intermediario, e dei costi di credit management, ed un contemporaneo aumento delle disponibilità liquide. Ulteriori benefici possono derivare da un uso prolungato di questo strumento, in quanto le attività di risk management vengono ora svolte dall’intermediario finanziario che esegue la prestazione. Così facendo sarà possibile convertire i costi fissi di questa area in costi variabili, legati alle commissioni dovute al factor. Il costo dell’operazione di factoring si traduce infatti in due valutazioni: il costo apparente ed il costo reale. Con il primo termine ci si riferisce, oltre alle commissioni di carattere amministrativo per la gestione del credito e della garanzia per il rischio di insolvenza, alla quota interessi, per l’anticipazione dello sconto dei crediti ceduti, solitamente avviene seguendo i tassi di mercato applicati dal momento dell’erogazione al giorno dell’avvenuto incasso dei crediti, ma ciò non toglie che possa essere accordato un diverso livello nel tasso o una data successiva; infine, alle spese accessorie, intese come tutti i costi sostenuti dal factor per la posta in essere dell’operazione, come per esempio quelle per l’istruttoria o quelle legate a tutti i singoli servizi ausiliari connessi (handling)34.

Quanto concerne al secondo termine, il costo reale del factoring, è possibile definirlo come la somma aritmetica degli elementi che compongono il costo apparente, appurati di variazioni in positivo o negativo a seconda dei vantaggi o degli svantaggi derivanti dalle partite poste all’interno dell’operazione, di cui il costo apparente non tiene in considerazione. Questi elementi infatti non possono essere preventivamente considerati in quanto di difficile

quantificazione; tra questi è possibile ritrovare per esempio il risparmio del personale addetto al risk management o le spese connesse a tale segmento.

Se viene poi considerato che il contesto economico, quello italiano in primis, è caratterizzato in particolare dalla presenza di piccole-medie imprese, anch’esse presentano in ambito operativo e gestionale una fattispecie simile a quella sopra descritta. In base ai dati raccolti e diffusi da Assifact (associazione di riferimento del settore), è possibile verificare come nel solo 2016 il mercato del factoring abbia raggiunto una crescita del 10%, comprendendo un giro d’affari di oltre 200 miliardi di euro35. Un tale risultato è perciò da attribuire al fatto che

diventa sempre più difficile per le piccole realtà accedere alle tradizionali operazioni di servizio bancario, ricorrendo così a forme di credito alternative, come il factoring appunto. Ciò non esclude però la possibilità di estendere l’offerta ad aziende di più grandi dimensioni, in particolare a coloro che intrattengono relazioni con un limitato numero di clienti, le cui operazioni prevedono però importi elevati, piuttosto che coloro che operano con le pubbliche amministrazioni, le quali godono spesso di tempi di dilazione per il pagamento relativamente più lunghi.

Le aziende che nel prossimo paragrafo analizzerò presentano caratteristiche comuni a quanto appena scritto, a conferma di ciò che viene riportato da Assifact e da Creditfact (l’osservatorio per il credito commerciale e per il factoring). I dati che verranno presentati saranno riferiti infatti ad un’azienda che opera nel settore siderurgico, caratterizzato nel 2016 da

un’inversione del trend poco significativa ma comunque positiva; la seconda azienda opera invece nel settore della lavorazione di resine per la fabbricazione di preforme in

34 G. Rende, I nuovi strumenti di intermediazione finanziaria: qualificazione della causa e valenza economica dell’operazione di factoring, 2015

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27 polietilenetereftalato (PET), la quale, nell’ultimo esercizio, ha riportato un risultato positivo dopo la perdita subita l’anno precedente, nonostante il contesto competitivo particolarmente complesso; infine, la terza azienda si occupa della distribuzione dei mezzi tecnici per

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28 3.2 Gli effetti empirici del factoring

Come si è avuto modo di comprendere nei paragrafi e nei capitoli precedenti, il factoring è in grado di soddisfare un elevato numero di aziende, in quanto a seconda dell’esigenza

presentata verrà applicata una determinata tipologia di operazione piuttosto che un’altra. Facendo ciò, sarà possibile non solo soddisfare le singole richieste, ma verificare come questo servizio sia in grado di influenzare l’intera gestione aziendale, generando effetti differenti in base alla tipologia applicata, su posizione finanziaria netta e sugli indicatori di bilancio. Di seguito se ne riporteranno tre esempi, cominciando dall’analisi effettuata sul modello di factoring tradizionale, seguendo poi quello internazionale e, infine, valutando i risultati derivanti dal modello “reverse”.

La prima azienda opera nel settore siderurgico, specializzata nel recupero e nella preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici. Si tratta di un’azienda giovane, non però considerabile come start up in quanto non possiede gli elementi necessari per tale qualifica. Il mercato cui si riferisce è caratterizzato da una forte e continua incertezza nei rapporti tra acquirenti e venditori, a causa della forte volatilità dei prezzi delle materie prime. A conferma di ciò, è possibile verificare come il volume d’affari sia diminuito dell’11%, a causa di una diminuzione del prezzo del ferro e nonostante un lieve aumento delle operazioni effettuate36.

L’utile che risulta dal bilancio d’esercizio, pari a € 31.676,00, è dovuto grazie al collocamento sul mercato di nuovi materiali e fonti che hanno reso possibile il contrasto alla forte

competitività. Tale contesto è inoltre aggravato dalla forte incidenza dei costi di trasporto, i quali riflettono infatti l’andamento delle vendite. I servizi ferroviari in questo senso, hanno reso più complicata la fornitura del servizio per i materiali ferrosi, a differenza degli elementi non ferrosi sui quali incidono per lo più i trasporti stradali.

Per far fronte a questo contesto la politica strategica aziendale prevede di mantenere inalterata la filiera di servizio, investendo piuttosto sulla formazione del personale e sul rinnovo delle attrezzature, ed intervenendo, ove possibile, sulla riduzione e limitazione dei costi.

Dopo aver inquadrato il contesto generale in cui opera questa azienda, si passa ad una valutazione dell’operatività della stessa, osservando gli elementi riportati nello stato patrimoniale, focalizzando l’attenzione sulla gestione e la natura dei crediti, e del conto economico, per valutarne i risultati attraverso l’utilizzo degli indici di bilancio. Per far ciò è stato necessario riclassificare tali documenti, più specificatamente si è convertito lo stato patrimoniale secondo gli schemi:

 finanziario, con lo scopo di evidenziare la liquidabilità delle singole voci,

distinguendo quindi le dimensioni di breve periodo da quelle di medio-lungo periodo.

36 I dati percentuali e della tabella sottostante sono riportati dal bilancio d’esercizio del 2016

Fatturato €. M. 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009

FERRO NAZ. 26.770 29.078 35.832 32.181 40.847 40.437 40.781 23.801

FERRO EST. 182 365 482 459 1.107 2.351 3.897 571

METALLI 59.376 68.023 69.573 67.129 84.425 102.181 89.336 55.471

Riferimenti

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