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obbligo di assistere all’udienza a capo scoperto e rispetto di credenze religiose che implicano un diverso comportamento

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Academic year: 2022

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Obbligo di assistere all'udienza a capo scoperto e rispetto di credenze religiose che implicano un diverso comportamento.

(Risposta a quesito del 22 febbraio 2012)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 22 febbraio 2012, ha adottato la seguente delibera:

«Con nota dell’8 novembre 2011, il Presidente del Tribunale di … – dott. …- formulava un quesito avente ad oggetto l“obbligo di assistere all’udienza a capo scoperto e rispetto di credenze religiose che implicano un diverso comportamento”.

Il dott. … riferiva che – nel corso di un’udienza tenutasi il 14 ottobre 2011 dinanzi alla I sezione penale – il Presidente del collegio, dott. … invitava un’interprete nominata dal PM, comparsa in aula a capo coperto ma in modo da non celare il volto, a scoprirsi perché “il suo comportamento sarebbe stato in contrasto con l’obbligo di legge di assistere all’udienza a capo scoperto”.

L’interprete, di religione musulmana, si rifiutava di ottemperare alla richiesta e si allontanava rinunciando all’incarico.

Il dott. …precisava che – venuto a conoscenza dei fatti a seguito della richiesta scritta di informazioni da parte di due giornalisti di Repubblica e La Stampa – richiedeva spiegazioni al dott.

… e che questi – escludendo qualunque suo intento discriminatorio - riferiva di aver agito al solo scopo di far rispettare l’obbligo di legge sancito dagli artt. 471 e ss c.p.p. , 127 ss c.p.c..

Dopo aver illustrato la diversa interpretazione che – a suo avviso - deve essere data delle norme sopra citate e ribadito la necessità di una lettura “costituzionalmente orientata” anche dell’art. 129 c.p.c., considerata la “difficoltà e delicatezza della materia”, il dott. …richiedeva al Consiglio di precisare “ a quali regole debba in concreto attenersi il magistrato che dirige l’udienza, sia civile che penale, onde poter fornire ai giudici del Tribunale indicazioni per una condotta uniforme e rispettosa dei diritti individuali della persona”.

La questione sopra prospettata – per la parte in cui implica l’interpretazione delle norme processuali citate (artt. 471 c.p.p., 127 ss. c.p.c.) – esula dai limiti della sfera consultiva del Consiglio, legittimato a dare pareri, oltre che al Ministro della giustizia, nei casi di cui all'art. 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195, ai magistrati su questioni in materia di interpretazione e di applicazione delle norme di ordinamento giudiziario e di organizzazione e di funzionamento degli uffici e dei servizi relativi alla giustizia (vds. da ultimo delibera del 17 maggio 2007 e risoluzione del 16 settembre 1986)1. Tuttavia si osserva che nel caso di specie vengono in rilievo aspetti di conformità del concreto esercizio della giurisdizione ai principi costituzionali in relazione anche alle modalità del suo esercizio.

Nel caso di specie, la disposizione costituzionale invocata dal richiedente, art. 19 Cost. che sancisce la libertà di professare liberamente e anche pubblicamente la propria fede religiosa con il solo limite della contrarietà della condotta al buon costume, individua un valore di rilevanza primaria al quale

1 “……restano escluse dalla sfera consultiva del Consiglio tutte le norme che attengono all'interpretazione della legge sostanziale ovvero disciplinano la forma, il contenuto e i modi di esercizio dell'azione, l'iniziativa e l'intervento del pubblico ministero, gli atti e i provvedimenti del giudice e l'attività processuale in genere. Mentre vi rientrano quelle che, disciplinando poteri e funzioni di direzione, di controllo e di vigilanza sull'attività dei magistrati o degli organi di polizia giudiziaria estranea al concreto rapporto processuale (per esempio, artt. 14 e 16 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, artt. 220 e 298 c.p.p.) ovvero sull'attività del personale di cancelleria e di segreteria, (ad esempio, art. 154 c.p.p.) rivestono senza dubbio carattere amministrativo e non incidono sulle forme e sulle modalità di esercizio dell'azione o della giurisdizione. Giova da ultimo ricordare, per un migliore orientamento, che tutte le limitazioni suaccennate trovano fondamento nella natura e nella finalità dei compiti istituzionali del C.S.M. che, al di là del loro peculiare contenuto, tendono sempre ad assicurare il miglior andamento e la funzionalità degli uffici e dei servizi relativi all'amministrazione della giustizia, siccome elementi concorrenti a garantire l'autonomia e l'indipendenza dell'Ordine giudiziario.” ( risol. 16 settembre 1986).

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deve conformarsi anche l’esercizio delle prerogative di direzione e di organizzazione dell’udienza riconosciute al giudice e quello della facoltà del dirigente di impartire eventuali più generali direttive per l’utenza dell’ufficio giudiziario.

Tutto ciò premesso, il Consiglio

delibera di rispondere al quesito nei seguenti termini:

“Fermo restando che spetta al giudice la direzione dell’udienza e l’applicazione delle relative norme, nell’esercizio dei poteri di direzione e di organizzazione dell’udienza deve essere garantito il pieno rispetto di quelle condotte che – senza recare turbamento al regolare e corretto svolgimento dell’udienza - costituiscono legittimo esercizio del diritto di professare la propria religione, anche uniformandosi ai precetti che riguardano l’abbigliamento ed altri segni esteriori”.».

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