Parte Monografica Emozioni e vita quotidiana
Danilo Martuccelli, L’affectivité implicative et la vie en société | Massimo Cerulo, When the love becomes a necessary risk. Simmel, Beck and a sociological analysis of a social emotion | Fiorenza Gamba, Grieving online? An analysis of a digital emotion | Luca Toschi, Il teatro dell’incertezza: una lettura goffmaniana della paura nell’era postmoderna | Teresa Grande, Lorenzo Migliorati, La genesi sociale delle emozioni nella sociologia di Maurice Halbwachs | Paolo Giovan- nini, Angela Perulli, Emozioni e mobilità sociale | Marina D’Agati, Un calcio all’insuccesso: pratica quotidiana delle scommesse e razionalizzazione emotiva del non vincere
teMiindiscussione
Il problema dell’emancipazione tra populismo e fanatismo religioso Roberto Segatori, Quello che le religioni insegnano alla società secolare Libriindiscussione
Luca Diotallevi, Massimo Rosati, The Making of a Postsecular Society. A Durkheimian Approach to Memory, Pluralism and Religion in Turkey, (edited and with a foreward by Alessandro Ferrara), Farnham, Ashgate, 2015 | Paola Rebughini, Lidia Lo Schiavo, Ontologia critica del presente globale. Governance, Governamentalità, Democrazia, Milano, Mimesis, 2014 | Gennaro Iorio, Werner Sombart, L’avvenire del capitalismo, a cura di Roberta Iannone, Milano, Mimesis, 2015
| Matteo Bortolini, Luc Boltanski, Della critica. Compendio di sociologia dell’emancipazione, Torino, Rosenberg &
Sellier, 2014.
Quaderni
di Teoria Sociale 1 | 20 numero 16
Morlacchi Editore
Quaderni di Teoria Sociale 1 | 16Morlacchi Editore
www.teoriasociale.it
ISSN 1824-4750 | euro 20,00
Quaderni di Teoria Sociale n. 1 | 2016
Morlacchi Editore
Quaderni di Teoria Sociale Direttore Franco Crespi
Co-direttore Ambrogio Santambrogio
Comitato di Direzione
Matteo Bortolini, Franco Crespi, Enrico Caniglia, Gianmarco Navarini, Walter Privitera, Ambrogio Santambrogio
Comitato Scientifico
Domingo Fernández Agis (Università di La Laguna, Tenerife), Ursula Apitzsch (Università di Francoforte), Gabriele Balbi (Università della Svizzera Italiana), Giovanni Barbieri (Università di Perugia), Matteo Bortolini (Università di Padova), Lorenzo Bruni (Università di Perugia), Enrico Caniglia (Università di Perugia), Daniel Chernilo (Università di Loughborough, UK), Massimo Cerulo (Università di Torino), Luigi Cimmino (Università di Perugia), Luca Corchia (Università di Pisa), Franco Crespi (Università di Perugia), Riccardo Cruzzolin (Università di Perugia), Alessandro Ferrara (Università di Roma II), Teresa Grande (Università della Calabria), David Inglis (Università di Exeter, UK), Paolo Jedlowski (Università della Calabria), Carmen Leccardi (Università di Milano Bicocca), Danilo Martuccelli (Università di Parigi Descartes), Paolo Montesperelli (Università di Roma La Sapienza), Andrea Muehlebach (Università di Toronto), Gianmarco Navarini (Università di Milano Bicocca), Vincenza Pellegrino (Università di Parma), Massimo Pendenza (Università di Salerno), Walter Privitera (Università di Milano Bicocca), Ambrogio Santambrogio (Università di Perugia), Loredana Sciolla (Università di Torino), Roberto Segatori (Università di Perugia), Vincenzo Sorrentino (Università di Perugia), Gabriella Turnaturi (Università di Bologna)
Redazione a cura di RILES Per il triennio 2016-2018
Ambrogio Santambrogio, Massimo Cerulo, Massimo Pendenza, Luca Corchia Nota per i collaboratori
I Quaderni di Teoria Sociale sono pubblicati con periodicità semestrale. I contributi devono essere inviati a:
[email protected]; [email protected].
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Quaderni di Teoria Sociale, n. I | 2016 ISSN (print) 1824-4750 ISSN (online) ....-....
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È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata.
www.morlacchilibri.com/universitypress/
Sommario
Parte monografica Emozioni e vita quotidiana (a cura di Franco Crespi e Massimo Cerulo)
Danilo Martuccelli
L’affectivité implicative et la vie en société 9
Massimo Cerulo
When the love becomes a necessary risk. Simmel, Beck and a sociological analysis
of a social emotion 29
Fiorenza Gamba
Grieving online? An analysis of a digital emotion 45
Luca Toschi
Il teatro dell’incertezza: una lettura goffmaniana della paura nell’era postmoderna 67 Teresa Grande, Lorenzo Migliorati
La genesi sociale delle emozioni nella sociologia di Maurice Halbwachs 87 Paolo Giovannini, Angela Perulli
Emozioni e mobilità sociale 105
Marina D’Agati
Un calcio all’insuccesso: pratica quotidiana delle scommesse e razionalizzazione
emotiva del non vincere 125
Temi in discussione
Il problema dell’emancipazione tra populismo e fanatismo religioso
Roberto Segatori
Quello che le religioni insegnano alla società secolare 147
Libri in discussione
Luca Diotallevi
Massimo Rosati, The Making of a Postsecular Society. A Durkheimian Approach to Memory, Pluralism and Religion in Turkey, (edited and with a foreward by Alessandro
Ferrara), Farnham, Ashgate, 2015, pp. 304. 157
Paola Rebughini
Lidia Lo Schiavo, Ontologia critica del presente globale. Governance, Governamentalità,
Democrazia, Milano, Mimesis, 2014, pp. 492. 161
Gennaro Iorio
Werner Sombart, L’avvenire del capitalismo, a cura di Roberta Iannone, Milano,
Mimesis, 2015, pp. 62. 169
Matteo Bortolini
Luc Boltanski, Della critica. Compendio di sociologia dell'emancipazione, Torino,
Rosenberg & Sellier, 2014, pp. 234. 175
***
Abstract degli articoli 185 Notizie sui collaboratori di questo numero 191 Elenco dei revisori permanenti 195 Note per Curatori e Autori 197
Parte monografica Emozioni e vita quotidiana
(a cura di Franco Crespi e Massimo Cerulo)
Paolo Giovannini, Angela Perulli
Emozioni e mobilità sociale
The Giver: Emotions!
Jonas: You mean like feelings?
The Giver: Feelings are just meaning, on the surface.
But emotions, they are very deep, primal, and linger.
The Giver, 2014 1. Premessa
N
egli anni duemila si è conclusa una vasta ricerca sui processi di mo- bilità sociale, condotta dal Laboratorio Cambio dell’Università di Firenze. Il corpo centrale di quel lavoro è costituito da un imponente materiale biografico (380 racconti di vita) raccolto tra uomini e donne di una generazione di cinquantenni di ceto medio, in forte movimento sociale e ter- ritoriale nella seconda metà del Novecento1. È una generazione che, nelle aree indagate (la città metropolitana di Firenze e il distretto industriale di Prato), partecipa di importanti cambiamenti nelle diverse fasi della vita, in particolare 1. Metodologicamente, ci si è basati sul racconto di vita [Bertaux 2003]. I casi sono stati selezionati estraendo nominativi dai diplomati di alcuni istituti scolastici superiori al fine di ottenere sotto-gruppi paritetici per genere e per appartenenza territoriale. Ecco le sigle che identificano le interviste: MaFi, diplomate istituto magistrale Firenze; ItcPo, diplomate isti- tuto commerciale Prato; ItiFi, diplomati istituto tecnico industriale Firenze; ItiPo, diplomati istituto tecnico industriale Prato; LsFiF/LsFiM, diplomate/i liceo scientifico Firenze; LsPoF/LsPoM, diplomate/i liceo scientifico Prato.
106 | Paolo Giovannini, Angela Perulli
la transizione in più tappe dalle campagne alla città. I luoghi della memoria, le radici familiari e le appartenenze comunitarie, con il loro bagaglio emozionale, esercitano influenze non secondarie su questi ceti “moderni”. Ma è anche una generazione che vive il clima politico e culturale degli anni sessanta e settanta, che attraversa biograficamente nella fase dell’amicizia, dell’amore, degli affetti, quando si elaborano i progetti di vita, nei tempi sociali e individuali nei quali è determinante l’attesa e l’immaginazione del proprio futuro. Qui si presentano risultati inediti relativi al ruolo delle emozioni nei processi di mobilità sociale, agli eventi che le hanno suscitate, alle azioni sociali che ne sono conseguite, alle scelte compiute dai soggetti nella loro quotidianità.
Concettualmente non si è operata una distinzione tra emozioni e sentimen- ti. Dividere il “campo emozionale”, come direbbe Elster [1999], non avrebbe nessuna utilità euristica dal punto di vista della passionate sociology [Game, Metcalfe 1996]2. Ciò che ci preme è valutare l’incidenza nei meccanismi di mobilità sociale di quelle che Weber chiama “azioni affettive” [1922a; 1922b]
rivelatesi capaci, nella valutazione del narratore, di determinare importanti scelte di vita. Se nel disegno della ricerca si era già dato spazio alle categorie di tempo (le narrazioni coprono un arco temporale di circa un secolo)3 e di luogo (il nostro campione tipologico si colloca per metà in una città-distretto a monocultura produttiva e per metà in una città terziaria di medie dimensio- ni)4, le risultanze di ricerca hanno fatto emergere con chiarezza il peso specifi- 2. Sul piano terminologico, si è così scelto di ricorrere ad un uso comprendente del termine “emozione” (emotion) per indicare il contenuto complessivo del campo emozionale.
Rispetto alla sua principale alternativa – “sentimenti” (feelings) – presenta a nostro parere il vantaggio di trasmettere anche semanticamente un’idea di movimento, di processo, di azione sociale, di un qualcosa che si muove (si può muovere) in una relazione biunivoca con il mon- do esterno, con effetti potenzialmente dirompenti. Un tentativo di distinzione semantica tra emozioni, sentimenti e passioni si trova in Cerulo [2009, 21-41].
3. La dimensione temporale non si limita a essere presente nel criterio biografico della narrazione, ma anche nella attenzione alle successioni e alle alternanze di tempi di efferve- scente cambiamento e tempi di persistenza, ai loro intrecci individuali e collettivi, alle reci- proche influenze tra tempi storici e tempi biografici.
4. Chiariamo che, quando si parla di luogo non ci riferiamo a un semplice dato fisico e geografico, ma a una realtà (concreta o virtuale) dove si esprimono sensi di appartenenza, identità personali e sociali, culture e memorie comuni. In questo senso, e con specifico riferi-
Emozioni e mobilità sociale | 107
co che nell’attivazione e nella qualificazione del ruolo emozionale in relazione ai processi di mobilità sociale giocano gli eventi (individual-familiari, sociali, economici o politici) e la loro memoria. Contingenze esteriori e contingenze interiori, come le chiama Schizzerotto [2002], risultano così strettamente ma non univocamente legate. Percorsi di vita e processi di mobilità sono segnati, interrotti, mutano di direzione e di contenuto di senso al presentarsi di reazioni emozionali di fronte ad accadimenti “privati” (la migrazione dalla campagna alla città, la malattia, la morte di un altro significativo, l’innamoramento, la nascita di un figlio, il fallimento della propria azienda) o “pubblici” (una crisi economica, la partecipazione ad un movimento sociale, la vittoria della propria squadra, un episodio terroristico).
Un breve caveat metodologico. Le emozioni di cui parleremo sono emozioni
“raccontate”. Per farlo il narratore opera un processo di semplificazione e di
“messa in ordine” rispetto a quando (e soprattutto a come) sono state effet- tivamente vissute. La memoria seleziona per intensità dell’emozione e per le conseguenze ad essa imputabili, lasciando tracce più evidenti proprio di quelle emozioni che sono più chiaramente collegabili ad azioni e ad eventi precisi.
Nella ricostruzione dell’intervistato, si crea una linearità difficilmente presen- te nel momento originario. Le emozioni raccontate, allontanandosi dal flusso esperienziale, vengono “razionalizzate” e inserite in un ordine “raccontabile”.
Questo processo non le rende però meno potenti. Al contrario, la traccia emo- zionale che resta è profonda [Rimé 2005]. Ne è prova l’intensità che emerge durante la narrazione: nel rievocarle, le emozioni si “rivivono”, talvolta in for- me potenziate, proprio perché collegate agli effetti esperiti e alle conseguenze oggi visibili sul proprio percorso biografico:
l’argomento è interessante perché ci porta a riflettere [...] questo è il fatto è una cosa che non credevo, ma effettivamente lo sa che appena esco da qui ci rimugino sopra [...]
su [...] mi viene da ripensare ancora alla mia vita e con un bel punto interrogativo su quel che sarà [Bian20LsPoF].
mento alla nostra ricerca, i luoghi più importanti per gli intervistati sono la casa, il quartiere, la città (vedi, esemplarmente, Vale11ItiFi).
108 | Paolo Giovannini, Angela Perulli
2. Uno sguardo sociologico sulle emozioni
Nel corso della ricerca, è serendipiticamente emersa con chiarezza la ne- cessità di considerare come elemento di raccordo con i processi di mobilità sociale ciò che avviene (o è avvenuto), cosa si muove (o cosa si è mosso) e con quali conseguenze nello spazio emozionale del narratore. Che ha però richiesto una ulteriore riflessione sugli strumenti concettuali in campo. La riflessione è partita inevitabilmente da Weber e dalla sua tipologia dell’azione sociale, con particolare riferimento al tipo di azione cosiddetta affettiva, che cioè: non tiene conto delle possibili conseguenze dell’azione; è per sua natura innovativa per- ché non segue comportamenti abitudinari o tradizionali; riconfigura le relazio- ni sociali. Essa scaturisce da un campo emozionale dove al suo interno si agitano emozioni, sentimenti, passioni. La sua composizione si modula differentemen- te nelle diverse culture e subculture e si trasmette di generazione in generazione tramite i consueti meccanismi di socializzazione [Evans 2001]. La sua struttura varia storicamente e spazialmente, presentandosi sempre con nuove gerarchie interne di valore e con centralità sovvertite, per il maggior peso espresso ora dall’una ora dall’altra emozione [Nussbaum 2001]. Con la modernità, via via che cresce la soggettività, sentimenti e passioni si fanno più forti [Rosenwein 2010], o meglio, si esprimono più liberamente e con maggiore efficacia, poten- ziando il campo emozionale individuale5. Costante, anche se variabile in entità, rimane però il rapporto con il campo emozionale collettivo (emotional climate), di maggiore o minore intensità a seconda degli eventi che lo alimentano (un movimento politico-sociale, una drammatica crisi economica, un attacco terro- ristico: de Rivera, Páez [2007, 237-240]).
Un altro importante passaggio concettuale si è imposto poi per la necessità di valorizzare uno specifico sociologico nella lettura dell’azione emozionale. Allo 5. Nei termini di Elias [1939], è questo il portato del processo di civilizzazione, che segna il passaggio da una fase in cui prevalgono gli external constraints a una dove più potenti risultano gli internal constraints. Vedi inoltre Hunt [2012]. L’apparente contraddizione con il processo di civilizzazione (Elias) e con quello di razionalizzazione (Weber) è a nostro pa- rere risolvibile considerando le emozioni come internal constraints. Su emozioni e controllo razionale degli impulsi si veda Elias [2009, 158]; ma anche Barbalet [2001, 29-61] e Crespi [2013, 65-67].
Emozioni e mobilità sociale | 109
scopo, si è ricorso alla categoria di spazio emozionale, che tra quelle proposte dalle numerose discipline che si confrontano con le emozioni si è rivelata di grande utilità nel lavoro di interpretazione. Partiamo da una prima afferma- zione, largamente condivisa dagli studiosi del settore: le emozioni vanno lette come esperienze di relazioni sociali e interpretate alla luce delle teorie sociolo- giche dell’interazione [Hunt, Walby, Spencer 2012, 4]. Lo spazio emozionale specifica gli ambiti nei quali agisce o interagisce l’attore emozionale [Turnaturi 2012, 9]: esso è definito comunemente come il contesto sociale nel quale le emozioni prendono vita entrando nel gioco relazionale6. Più analiticamente, qui se ne adotta un senso alla Harvey, per cui lo spazio è territorio (non ne- cessariamente fisico, e comunque dai confini mobili), luogo di appartenenze, di relazioni fitte e frequenti, di più o meno intensi investimenti emotivi. Sono identificabili come spazi emozionali la coppia, la famiglia, la classe scolastica, il luogo di lavoro, il quartiere, il peer group, fino a spazi emozionali dove predo- mina il carattere “pubblico”. È in proposito significativo che alcuni importanti studiosi delle emozioni usino, invece che l’espressione “spazio emozionale”, quella di “emotional community”. È il caso di Rosenwein [2010, 11 e nota 37]
che utilizza il termine community per dare maggiore rilievo alla forza dei legami e delle appartenenze: una posizione che però rischia di escludere le c.d. negative emotions [Gallo, Linda C., Matthews, Karen A. 2003], che pure sono di grande importanza per capire i meccanismi e i processi di cambiamento, proprio per- ché introducono nello spazio emozionale il conflitto e la separatezza.
La prospettiva sociologica della ricerca ha dato rilevanza alle emozioni in quanto espressioni di sociabilità [Rosenwein 2010, 19; Rimé 2005; Bianchi 2011]. L’ipotesi adottata è che esse vengano in esistenza nel momento in cui entrano in una (o creano una) rete di relazioni sociali, da quella elementare della diade simmeliana a quella globale e “pubblica” dei movimenti collettivi.
Durkheimianamente, ci siamo misurati con il problema delle emozioni (ap- parentemente un fatto individuale) cercando di coglierne e di interpretarne il carattere sociale. In questo processo di interazione sociale attivato o rimodel- lato dall’intervento emozionale, le emozioni si fanno agenti del cambiamento
6. È questa l’interpretazione largamente dominante che ne danno i social constructionist.
Per una importante rassegna degli studi, cfr. Harré [1986] e in particolare il saggio ivi conte- nuto di Armon Jones.
110 | Paolo Giovannini, Angela Perulli
[Reddy 2001]. Per quanto dunque attiene alla nostra ricerca, li abbiamo valu- tati come elementi che influenzano i processi di mobilità/immobilità sociale.
I meccanismi in base ai quali le emozioni contribuiscono alla messa in moto dei processi di mobilità sociale vanno ricercati nel loro carattere relazionale.
Quando gli attori entrano in rapporto con l’altro (o gli altri) con il proprio carico emozionale, si innestano meccanismi di reciprocità, solidaristici o con- flittuali, di indifferenza o di interesse, di attrazione o repulsione, che vanno a definire profili e contenuti dell’azione sociale. Per fare qualche esempio: come le emozioni entrano nel processo di costruzione/modificazione dell’identità;
come la memoria delle emozioni si fa elemento fondamentale nella definizione dei percorsi di vita; come le appartenenze sociali (familiari, amicali, di quartie- re, ecc.) attivino fattori emozionali (il sentirsi vicini, fratelli, compagni, ecc.) che rafforzano i legami reciproci influenzando positivamente o negativamente processi di mobilità sociale familiare o di gruppo; come siano diversi tra i due generi i percorsi che conducono a processi di cambiamento e di mobilità socia- le, e quali diversi ruoli giochino in essi i fattori emozionali; e così via.
3. Alla scoperta degli spazi emozionali
Ai fini di questa analisi sono state selezionate quelle interviste dove emerge- va con chiarezza l’influenza di eventi emozionali sui percorsi di vita e di lavoro dell’intervistato. Avanziamo brevemente alcune risultanze empiriche.
Pur nella diversità dei percorsi biografici individuali, nelle narrazioni a no- stra disposizione emergono alcune “regolarità”. Le “aperture” al discorso emo- zionale si ritrovano soprattutto nella ricostruzione dei processi decisionali che hanno preceduto e accompagnato i momenti di svolta del proprio percorso, quelli che più incideranno sulla futura collocazione sociale. Famiglia e scuola sono gli spazi emozionali in cui con maggiore intensità e dove più efficacemen- te si condizionano l’azione sociale presente e futura. Il carico emozionale legato alle aspirazioni dei genitori, l’ammirazione per un padre o una madre che ha dovuto affrontare prove molto dure, l’orgoglio, la vergogna, la sofferenza o la
Emozioni e mobilità sociale | 111
gioia che caratterizzano tali spazi tendono a ripresentarsi nei racconti sulle scel- te scolastiche o lavorative, in un continuo intreccio tra accettazione e rifiuto, tra dipendenza e autonomizzazione:
ho puntato tutto forse sul cavallo sbagliato, ma il cavallo era mio padre, questo padre che mi ha praticamente quasi impedito di lavorare e non mi ha mai dato uno stipendio o qualche cosa su cui contare. C’è un rapporto tra mio padre e me, non tra me e mio padre, di odio-amore, stress e insoddisfazione, agitazione [...] sempre essere messa [...] sempre dimostrare di essere brava, di aver fatto bene, e cose del genere [Sart01MaFi].
La presenza di fratelli costituisce uno spazio emozionale specifico all’interno dell’ambiente familiare. Esso si presenta non solo con una propria autonomia, ma anche con una forza del tutto particolare. Il fratello o la sorella è da imitare, da rincorrere, da ammirare ma anche colui/colei dal/dalla quale prendere le di- stanze, differenziarsi, autonomizzarsi. In ogni caso il confronto è difficilmente evitato ed evitabile, richiamando sentimenti ed emozioni che si situano spesso in profondità e che tendono a riemergere in più parti durante la narrazione [Peru19LsFiM; Bian47ItiPo].
Spesso la definizione di sé a partire da ciò che si è esperito in famiglia, ne- gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, tende ad essere identificata come una
“seconda natura” che colora e veicola le esperienze successive, come nel caso di una intervistata in cui solitudine ed inadeguatezza poggiano sulla condizione di figlia unica e sulle conseguenti relazioni emozionali con i genitori:
la mia adolescenza, per carità, la mia giovinezza [...] è stato un periodo molto faticoso, perché [...] sono figlia unica e quindi molto inabituata, cioè assolutamente inadatta a vivere [...] In un momento storico, era il ’68, in cui hai un rovesciamento di quelli che sono i valori fondamentali di un patrimonio che ti veniva in qualche modo [...] che qualunque famiglia cercava di propinare. Però sono stata sempre in una mediazione, proprio senza virtù [Bell09LsFiF].
La scuola è l’altra istituzione, lo spazio emozionale, dove è più vivida e anco- ra sentita la memoria delle scosse emotive sofferte e il loro senso nel successivo percorso di vita e di lavoro. Ricorre più volte la memoria del carico emozionale
112 | Paolo Giovannini, Angela Perulli
con cui sono stati vissuti gli inserimenti scolastici, con i vincoli personali e fa- miliari che li hanno accompagnati:
mi ricordo che ero una bambina molto riservata, molto timida, e questa timidezza me la sono portata dietro diciamo per tutti gli anni della scuola, ecco. E ho sofferto tan- to per questo perché naturalmente non potevo mai esprimermi. Mi bloccavo sempre quando dovevo ecco parlare, dovevo intervenire a scuola [Peru10MaFi].
La dimensione emozionale viene esplicitamente indicata come criterio distinti- vo nelle relazioni con gli altri importanti:
e poi, la scuola [...] io dopo ho trovato dei professori, anche quelli che citavano, coin- volgevano sempre un fatto emozionale [...] quindi uno poteva essere o pro o contro [...] però era gente che si impegnava a rimandare a [...] avere un rapporto con te da un punto di vista d’emozioni [Sghe16LsFiM].
Tanto da essere indicata come la fonte primaria delle proprie scelte di per- corso scolastico, lavorativo e personali (matrimonio e divorzio, ad esempio).
Raccontano due intervistati:
per me la scuola era diciamo, l’ancora di salvezza. Nel meridione, negli anni ’50 o face- vi la casalinga o studiavi, non c’erano come per esempio nel Nord delle vie alternative.
Tutti quei legami, con i problemi della donna meridionale, io li ho vissuti, li ho sentiti e quindi li ho rifiutati, e l’unico modo per superare questo era la scuola, era lo studio [Chia01LsPoF].
io ho sposato anche una mia compagna di classe, come d’altronde, questa è una cifra tipica di questa classe. Noi abbiamo cominciato che c’erano sei femmine e trenta ma- schi. Ci sono stati cinque matrimoni nella classe, di cui quattro finiti [Elmo07LsFiM].
I racconti biografici lasciano poi intravedere il movimento negli spazi emo- zionali di eventi che rappresentano riti di passaggio:
Emozioni e mobilità sociale | 113
dai pantaloni corti ai pantaloni lunghi, cioè allora veramente c’era questa differenza, io portavo i pantaloni corti [...] quando cioè mi misi i pantaloni lunghi mi sentii questa investitura, cioè allora i bambini portavano i pantaloni corti [...] come momento di passaggio, infatti il pantalone lungo gl’era qualcosa di ambito perché ti permetteva di sentirti più grande [Bian47ItiPo].
Quando l’infanzia o l’adolescenza sono colpite da eventi luttuosi, vengono identificati dagli intervistati come veri e propri momenti spartiacque: c’è una vita prima e una dopo. Il lutto, quando raccontato, ha sempre un carattere emozionalmente significativo. Viene evocato come riferimento per la propria narrazione, come ancoraggio capace di dare ordine ai racconti [Santambrogio 2013, 101]. Ed è proprio l’intensità del coinvolgimento emozionale a determi- nare quali lutti, quali eventi, siano per chi racconta dei veri turning point della propria vita:
la sera nel riaccompagnarmi a Firenze, nel tornare a casa hanno un incidente con la macchina, e muore sua madre e la Rossana la va in fin di vita, in coma la va. Questo sarà un evento che poi segnerà quella che l’è la mia vita successivamente [...] c’è cam- biata la vita, c’è cambiata completamente, c’è questo salto; questo salto è stato un av- venimento che ci farà maturare; [...] da quel momento in poi si ha da maturare [...] lei, per risolvere tutta una serie di problemi che si erano venuti a determinare ha bisogno di ricostruirsi una sua famiglia, io farò di tutto per cercare di [...] e finisco di fare il militare nel 75, in un periodo che a Prato l’è un periodo di crisi nel tessile, [...] e io ho bisogno di lavorare subito perché s’è già progettato di sposarsi alla svelta [Bian47ItiPo].
Nasce un fratello, di quattro anni più piccolo che muore quando io ho sedici anni, per un incidente, io facevo la prima liceo, questo evento è stato sicuramente una tappa importante della mia vita, anche perché dopo questo evento i miei genitori si sono separati, e quindi è iniziato un periodo molto difficile [...] e questo probabilmente ha inciso anche nelle scelte poi successive di lavoro, di facoltà, no? Cioè, questo avvicinar- si alla psicologia sicuramente nasce da dei problemi personali [Cast16LsFiF].
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Ma gli eventi negativi possono aprire anche a nuove possibilità, come ci raccon- ta la stessa intervistata:
c’è stato un altro punto di biforcazione nella mia vita che è stata una malattia, un’ope- razione stupida e banale che però andò male e questo mi costrinse a stare molto tempo in ospedale. Lì ho conosciuto un sacco di persone, nuove, diverse, uno di questi medici mi disse: perché non vieni a insegnare alla scuola infermieri? E io feci questo concorsi- no che era un concorso della Regione, non era un concorso statale, e andai a insegnare alla scuola infermieri [Cast16LsFiF].
Anche i trasferimenti di abitazione da un luogo ad un altro – così comuni nella fase di transizione dalla campagna alla città che ha caratterizzato infanzia e adolescenza di molti intervistati e che si sono spesso accompagnati a percorsi di mobilità intergenerazionale – vengono evocati come momenti cruciali: c’è chi parla di “grande sofferenza” [Sune13ItcPo]; chi di un vero e proprio “trauma”
[Anva08LsFiM]; e c’è chi dice di essersi “ritrovata veramente fuori dal mondo”
[Peru01MaFi]. In ogni caso tali spostamenti comportano immancabilmente una ridefinizione e un controllo dei propri spazi emozionali.
Benché solo per una minoranza (e prevalentemente di “cittadini”) un altro spazio emozionale che emerge con chiarezza è quello caratterizzato dalla appar- tenenza politica generazionale. I movimenti studenteschi degli anni sessanta e settanta come quello femminista dei primi anni settanta sono evocati da coloro che vi hanno partecipato più o meno attivamente come fondativi della pro- pria identità, proprio perché vissuti con un coinvolgimento emozionale che ha segnato profondamente la memoria individuale, come appare chiaro dalla narrazione che si offre del proprio percorso biografico:
dato che c’era un po’ tutto questo coinvolgimento politico, sociale, così la medicina sembrava più adatta per far trovare campo a queste idee, no? E poi probabilmente la scelta l’ho maturata assieme al mio ragazzo di allora che faceva con me il liceo che era coinvolto, impegnato in attività politica più di me, che poi è diventato il marito suc- cessivamente [Peru01LsFiF].
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Le interviste riportano esperienze di anni in cui, soprattutto per coloro che vivevano nella città capoluogo, era avvertita la necessità di schierarsi, sia che si partecipasse attivamente o meno [Elmo07LsFiM]. Si rifiutava una scuola (il liceo classico XXX) perché di destra [Cast11LsFiF], si litigava con i genitori a causa delle differenti posizioni politiche [Peru19LsFiM], si sceglievano le cer- chie amicali a partire dalla condivisione delle idee politiche [Peru06LsFiF]. E tutto ciò non senza una sofferenza anche emozionale:
Importante, che lascia un segno, ha lasciato un segno, anche sofferenza, io non so se altri hanno parlato di questo come momento [...] di riflessione, di sofferenza, o soltan- to a livello di emozioni, di svago o che, per me è stata sofferta la cosa, perché lei può immaginare anche quanto abbia messo in discussione tutto un mio modo di essere, un mio modo, perlomeno un cliché di famiglia, con questa contestazione, che metteva in discussione non soltanto problematiche scolastiche ma investiva un po’ tutto un modo di essere nella società, ha messo in crisi me stessa sicuramente, e anche un po’ anche la famiglia mia, perché noi eravamo, a quel punto, già due sicuramente al liceo e più Vincenzo era alle medie, e insomma, portavamo a casa i malumori della scuola e della società stessa che si ribellava a un certo modo ormai forse non più adatto ai tempi [Cast20LsFiF].
L’intreccio tra queste diverse sfere della vita comportava anche un intreccio tra i corrispondenti campi emozionali:
Io in quegli anni ho conosciuto quello che adesso è mio marito e lui apparteneva a un gruppo della sinistra extra-parlamentare [...] quindi poi sono stata orientata [...] sono state quelle conoscenze che poi da lì in poi sono andata avanti [...] Probabilmente ecco una situazione storica che ha coinvolto la nostra generazione perché non si può dire che lui o queste amicizie mi abbiano condizionato, ma più che altro un clima per cui si veniva orientati, era un po’ la situazione [Sune23LsFiF].
Un intreccio che talvolta aveva lo stesso segno, altre volte si manifestava attraverso dinamiche, più o meno esplicitamente, confliggenti [Bell02LsFiM].
Sul piano dei progetti di vita e di lavoro, il risultato era più legato, almeno nelle
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intenzioni, alla coerenza con la propria identità politica che a una valutazione di opportunità professionale e sociale:
Ero completamente immersa in questa attività politica che poi ha avuto anche sviluppi, ho lavorato anche al sindacato, sono stata alla CGIL; però in quel momento la scelta era quella di continuare a studiare e arrivare alla laurea, ma con un taglio politico, per cui quello che era sempre stato il desiderio di [iscrivermi a] medicina, che permaneva, era stato messo in secondo piano rispetto alle scelte del momento, pur sapendo che era una professione che mi sarebbe piaciuta, dicendo no, sono impegnata in questo, per cui la scelta di Lettere ad indirizzo umanistico [...] da Medicina ho fatto Lettere e con un piano di studi nei primi anni fortemente improntato sulla storia economica, politica [Peru06LsFiF].
Non è un caso che proprio tra questi ristretti gruppi di politicamente impe- gnati si trovino casi di mobilità discendente o di immobilità sociale. Si tratta di un aspetto rilevante che emerge da varie testimonianze:
La mia generazione ha pensato ad altro che non era la carriera e forse l’ha pagato un po’
lo scotto nel tempo, perché tutto sommato un è che c’è venuto a gran vantaggio d’esse’
così rivoluzionari, così contestatori, così reattivi rispetto al sistema, rispetto a tutto e poi dopo ci siamo ritrovati un po’ a combatte con il quotidiano e poi dopo forse si paga il fio di questa cosa qui essendo ancora anziani e ancora a cercare una collocazione...
sì subito tutti s’è lavorato, tutti abbiamo lavorato immediatamente perché il desiderio era l’autonomia, però abbiamo fatto tutti dei lavori che non erano poi quelli che poi il titolo di studio, le aspirazioni personali forse ci avrebbero consentito di fare, ecco [Tesa09LsPoF].
La dimensione emozionale dunque non è propria solo delle scelte e degli eventi più intimi e privati. Come abbiamo visto, essa al contrario informa le vite dei soggetti nelle più diverse manifestazioni: dalla famiglia alla scuola; dalla rete amicale al lavoro. E proprio su quest’ultimo spazio emozionale, quello del lavoro, vorremmo brevemente concludere il nostro discorso.
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La scelta del lavoro, in termini di aspirazioni ma anche di chance, è forse l’ambito in cui più ci si aspetta di trovare in azione una logica di tipo razionale (sia rispetto allo scopo che rispetto ai valori). La collocazione occupazionale e i passaggi di carriera sono analizzati spesso in termini strategici, come ambito in cui i soggetti spendono il proprio capitale (materiale, culturale, sociale) in vista della migliore collocazione personale. Una collocazione a cui necessariamente corrisponderebbe una definizione del sé, un’idea personale di prestigio sociale e di successo personale. In questa logica si inserisce anche l’analisi dei processi di mobilità concepita come una “oggettiva” progressione o regressione lungo una immaginaria scala di collocazione sociale, un movimento a cui si tende ad assegnare un valore positivo per il soggetto quando si tratta di ascensione e negativo nel caso contrario. Non è possibile in questa sede riportare l’ampio e complesso dibattito sviluppatosi intorno ai criteri, alle scale e ai significati dei sistemi di stratificazione sociale. Ciò che vogliamo sottolineare è che i materiali empirici a nostra disposizione mostrano l’esistenza di meccanismi complessi e pluridirezionali suggerendo una certa cautela nella interpretazione della (im-) mobilità sociale.
Il lavoro può essere la strada per l’autonomia e la sicurezza, il viatico per emanciparsi da dolorosi rapporti familiari [Sune13ItcPo], o può essere la “fred- da” attività caratterizzata dall’essersi piegati alle aspettative altrui contrapposta al “calore” dell’attività scelta nel volontariato [Vale19ItcPo]. E ancora: da un lavoro ritenuto “povero”, accettato sull’onda di un evento luttuoso, emotiva- mente pesante, sconsigliato dagli altri perché di basso profilo, può derivare un percorso di soddisfazione e di realizzazione:
Guardi le combinazioni della vita, io a volte ci penso perché se io avessi fatto la schizzi- nosa o comunque, anche se io sono sempre stata un tipo indipendente che vuol fare le cose di testa sua, ma chi lo sa se la mia mamma stava bene, io in fondo già frequentavo un corso, chi lo sa se avrei accettato un lavoro un po’ di grado inferiore [Tona22MaFi].
O si può rinunciare a una progressione di carriera o a un lavoro ritenuto migliore se questo comporta la necessità di abbandonare i propri amici e fa- miliari [Anva08LsFiM]. Il “buon lavoro” può arrivare ad essere perfino una
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gabbia, magari dorata, ma sempre vissuta come tale. È il caso ad esempio di Bian30ItcPo che dopo essere stata imprenditrice (nella azienda paterna) lavora come collaboratrice in un’agenzia di assicurazioni. E dice:
È un lavoro che a me piace perché sono a contatto con il pubblico; a me stare chiusa in un ufficio era una cosa che proprio mi opprimeva, cioè con questo mio venire fuori il mio carattere [...] quest’esplosione, sono diventata anche molto socievole, dinamica, espansiva, estroversa, e quindi, ecco, questo desiderio di venire a contatto sempre con persone nuove [...] è una cosa che mi entusiasma, più che di stare fra le scartoffie, a una scrivania insomma, all’interno di un ufficio, anche se poi era il mio, era la mia azienda.
In tutti questi casi i percorsi di mobilità occupazionale non sembrano neces- sariamente seguire i significati attesi: salire non sempre vuol dire “meglio” e scendere “peggio”; il “buon lavoro” non sempre è appagante.
4. Per chiudere
Schematicamente, proviamo a richiamare in sede conclusiva le principali risultanze del lavoro: dando per confermato l’assunto iniziale, e cioè la legitti- mità di un interesse sociologico all’analisi delle emozioni, in quanto espressioni di relazione sociale, mai riducibili ad un fatto esclusivamente individuale, e soprattutto, nella logica del nostro lavoro, fattori in non pochi casi non secon- dari di determinazione – o meglio, di co-determinazione – di un’azione sociale capace di produrre cambiamenti anche radicali. Né deve risultare fuorviante la distinzione spesso operata in letteratura tra emozioni individuali ed emozioni sociali o di gruppo [per tutti, vedi Parkinson, Fischer e Manstead 2005]. Nel nostro caso, si è messa alla prova questa distinzione ponendo a ideale confronto le molte esperienze di natura apparentemente individuale (l’amore, l’amicizia, la vergogna, ecc.) con quelle di chiara natura sociale di quella minoranza che aveva vissuto e partecipato ai movimenti degli anni sessanta e settanta e che a quella esperienza a forte intensità emotiva imputava la direzione successiva-
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mente assunta dai loro percorsi di vita e di lavoro. A nostro parere, però, anche se in questo caso la natura sociale appare in tutta evidenza, ciò non è sufficiente a giustificarne la distinzione rispetto alle emozioni individuali. Perché le rea- zioni emozionali ad eventi esterni transitano sempre attraverso reti più o meno vaste di relazioni sociali, in un continuo e mutevole intreccio che toglie la sfera emozionale dall’angusto campo individuale riposizionandola a pieno titolo nel gioco della formazione e trasformazione dei gruppi e delle società.
Le emozioni sembrano procedere secondo una logica analoga a quella dei movimenti collettivi: ad una esplosione iniziale segue una fase in cui l’emo- zione si autonomizza da chi l’ha espressa e ne condiziona dall’esterno l’azione sociale, come una forza che si è fatta indipendente (la “malattia” ad esempio, e l’universo emozionale che vi si accompagna; il “lutto”; il “fallimento”; l’”inna- moramento”). Attraverso meccanismi tipici della riflessività la narrazione delle emozioni tende poi a rafforzare tale autonomia, assegnando loro una fisiono- mia relativamente “razionale”, che può offuscare e giungere talvolta a negarne il ruolo, ma che non ne indebolisce la valenza e la comprensione che ci offre di come uomini e donne agiscono e disegnano quotidianamente i loro percorsi di vita.
La ricostruzione degli spazi emozionali e della loro dinamica nelle diverse fasi del percorso biografico narrato ha consentito, con qualche semplificazione, di identificare due tipologie di relazione tra espressione emozionale e azione sociale. Una prima, quando gli spazi emozionali si ingigantiscono e si liberano nell’azione sociale in maniera improvvisa, qualche volta violenta, introducendo il soggetto in uno stato di effervescenza di natura personale (innamoramento e amore, amicizia) o collettiva (legata alla partecipazione a movimenti sociali, ad esempio), che porta a maturare decisioni e scelte radicali nel proprio percorso di vita, vuoi sul piano delle relazioni “private” vuoi di quelle “pubbliche”. Una seconda, quando invece l’esperienza emozionale va ricondotta a una qualche
“ragione originaria” che ha le sue radici nell’infanzia e nell’adolescenza. In que- sto caso, l’influenza sull’azione sociale si esercita in modi relativamente costanti nell’arco della vita, con una precoce fissazione del rapporto evento-emozione-a- zione sociale. Se per alcuni si è dimostrata capace di favorire processi di mobili-
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tà sociale ascendente, per altri ha significato costituirsi come ostacolo interiore ad ogni investimento sociale, con ripercussioni negative sulle traiettorie di vita.
Importante si è poi dimostrata l’appartenenza al luogo. I due gruppi di narratori, i “cittadini” e i “distrettuali”, sia nella componente maschile che in quella femminile, si differenziano significativamente su vari piani. Al di là di parziali omogeneità (su innamoramento ed amore, ad esempio) si registrano diversità di fondo nelle reazioni emotive ad eventi esterni, oltre che negli stessi meccanismi che collegano emozioni e mobilità sociale. Un esempio: mentre i
“cittadini” in più casi rivelano la scossa emozionale prodotta in loro dagli even- ti sociali e politici degli anni della contestazione e dei movimenti, raramente qualcosa di simile si registra tra i “distrettuali”. A sua volta il loro percorso bio- grafico è spesso segnato (e sconvolto) da eventi esterni che colpiscono il tessuto economico e produttivo dell’area, come la grave crisi economica che investe il distretto negli anni ottanta. Sono, questi, chiari indicatori delle diverse culture locali che caratterizzano le due realtà: la prima, più coinvolta da ciò che accade nella sfera pubblica; la seconda, dove il baricentro culturale rimane saldamente (ed emotivamente) ancorato alla sfera privata.7 Anche le sedi sociali nelle quali si vivono e si elaborano le emozioni sono risultate radicalmente diverse. Tra i
“cittadini” prevalgono reti amicali e gruppi scolastici, tra i “distrettuali” fami- glia e ambiente di lavoro. Diversità che sembrano tradursi anche in differenti percorsi di mobilità sociale: tra i primi, per esempio, si registrano esperienze di mobilità discendente, riconducibili al rifiuto di valori e condotte di azione acquisitive connesse a quel tipo di esperienza emozionale; tra i secondi, si assi- ste in misura maggiore a percorsi di mobilità orizzontale, dove l’abbandono del settore che li ha “traditi” li vede riposizionarsi più perifericamente rispetto al modello distrettuale, nelle classi professionali o di servizio.
La considerazione della dimensione emozionale ha permesso dunque di articolare l’interpretazione delle letture dei percorsi di mobilità o immobilità sociale, mettendo in guardia da facili meccanicismi. Con cautela, per le diffi- coltà intrinseche dell’approccio biografico, che ha da confrontarsi con il sentire
7. La famiglia-impresa è ancora la realtà dominante, se non materialmente, almeno come archetipo culturale. Per cui si avverte solo parzialmente il carattere pubblico dell’impre- sa, che rimane patrimonio (culturalmente) privato (vedi Sune13ItcPo).
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qualche volta certo ma non di rado confuso del soggetto, con la sua percezione della realtà, con le valutazioni che ne dà, spesso senza riscontro nelle classifica- zioni e nelle interpretazioni del ricercatore. Con cautela, ma anche con la solida convinzione che questo approccio possa contribuire a gettare una qualche luce sull’incerta relazione tra accadimenti emozionali e processi di mobilità sociale.
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