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g. tre,, 1,1" GA% e, ka clv;

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Testo completo

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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CIRESI GIROLAMO nato il 02/08/1948 a PALERMO

avverso l'ordinanza del 05/01/2016 del TRIB. LIBERTA' di PALERMO sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI;

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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18449 Anno 2016 Presidente: CONTI GIOVANNI

Relatore: GIANESINI MAURIZIO Data Udienza: 08/04/2016

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Girolamo CIRESI ha proposto ricorso per Cassazione contro l'ordinanza 5 gennaio 2016 con la quale il Tribunale di PALERMO ha rigettato la richiesta di riesame presentata contro l'ordinanza con la quale era stata disposta la custodia in carcere in riferimento al reato di cui all'art. 416 bis cod. pen. per avere il CIRESI "fatto parte della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio occupandosi costantemente di attività illecite nel sottore delle estorsioni alle imprese ed esercizi commerciali della zona e degli altri delitti commessi nell'interesse della famiglia mafiosa".

2. Il difensore ha dedotto due motivi di ricorso.

2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato che non fosse stato trasmesso al Tribunale di Palermo ex art. 309, comma 5 cod. proc. pen., il verbale di interrogatorio reso dal collaboratore Francesco CHIARELLO il 13 maggio 2015 ad ore 10,50, menzionato dal Gip nella motivazione della ordinanza genetica, ma solo quello reso dallo stesso CHIARELLO nello stesso giorno ad ore 15,40; ancora, non erano state trasmesse, nella loro interezza, le informative 12 aprile 2013 e 24 febbraio 2015 che pure il Gip, nel corpo della motivazione della ordinanza genetica, aveva dimostrato di aver esaminato nella loro interezza, con la conclusione che l'ordinanza impositiva della custodia in carcere doveva dichiararsi inefficace ex art. 309, comma 10 cod. proc. pen.

2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha contestato la sussistenza della necessaria gravità indiziaria dato che le dichiarazioni del collaborante Francesco CHIARELLO erano di per sé non del tutto affidabili e gli elementi di riscontro anche individualizzante indicati dal Tribunale, e cioè le dichiarazioni della moglie del CIRESI e il contenuto di conversazioni intercettate, non possedevano in realtà alcuna reale efficacia convalidante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per motivi manifestamente infondati.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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2. Per quanto riguarda il primo motivo, che lamenta la mancata trasmissione al Tribunale ex art. 309, comma 5 cod. proc. pen., di atti presentati al Gip in sede di richiesta della misura cautelare, va osservato che, per quanto attiene in particolare all'interrogatorio 13 maggio 2015 di Francesco CHIARELLO, il Tribunale dà atto specificamente che tale interrogatorio è presente in atti in quanto trasmesso con il sistema TIAP e si trovava nel faldone 20; il ricorrente, come si è ricordato più sopra, ha confutato tale affermazione segnalando che era presente in atti il solo interrogatorio delle ore 15,40 ma non quello della ore 10,50 che pure il Gip aveva esaminato e menzionato nella motivazione della misura cautelare impugnata, specificamente a pag. 512, e che si trovava invece nel faldone n. 29 e ha allegato, a comprova delle sue affermazioni, l'indice del procedimento.

2.1 In realtà, la deduzione difensiva non trova corrispondenza negli atti a disposizione di questa Corte; va infatti osservato che l'indice del procedimento allegato dal ricorrente al ricorso non riflette la fascicolazione e la trasmissione degli atti con il sistema TIAP in quanto fa riferimento alla sola fascicolazione del pubblico ministero, tanto è vero che il faldone 29, dove in realtà avrebbe dovuto trovarsi, secondo il ricorrente, l'interrogatorio delle ore 10,50 di cui si lamenta la mancata trasmissione al Tribunale, contiene in realtà l'interrogatorio delle ore 15,40, con ciò smentendo in radice la tesi difensiva; resta quindi priva di reale confutazione l'affermazione del Tribunale di Palermo secondo la quale l'interrogatorio del CHIARELLO era stato regolarmente trasmesso nei termini di legge.

2.2 Quanto poi alla affermata, mancata trasmissione di due informative relative alle indagini cc.dd. "Alexander" e "Jago 2", va rilevato, sulla base degli atti a disposizione di questa Corte, come esse siano state trasmesse prima al Gip e poi al Tribunale in un dettagliato riassunto condensato nella informativa "Panta Rei" e in questa forma siano state esaminate a valutate dal Giudice per le indagini preliminari all'atto della emissione della misura cautelare; del tutto correttamente, quindi, il Tribunale ha negato ingresso alla richiesta di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare ex art. 309, commi 5 e 10 cod.

proc. pen., aderendo alla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione esplicitamente enunciata nella motivazione del provvedimento impugnato, dove si ricorda, da un lato, che il pubblico ministero non ha l'obbligo di trasmettere al Gip e poi al Tribunale tutti gli atti di indagine fino ad allora svolti ma solo quelli ritenuti capaci di sostenere la richiesta di emissione della misura ex art. 291, comma 1 cod. proc. pen., dall'altro che l'onere di trasmissione è comunque rispettato quando siano trasmessi atti, nel caso in esame informative di reato,

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che contengano, in riassunto ma per esteso, il contenuto di altri precedenti, analoghi atti di polizia giudiziaria.

3. In riferimento poi ai gravi indizi di colpevolezza, va osservato come il Tribunale abbia fatto corretto uso dei principi che sorreggono la nozione di "gravi indizi di colpevolezza" di cui all'art. 273, comma 1 e 1-bis cod. proc. pen..

3.1 La motivazione della ordinanza impugnata, infatti, si è soffermata a valutare, in primo luogo, le dichiarazioni di accusa del collaboratore Francesco CHIARELLO, che aveva indicato il CIRESI come colui che doveva affiancare altra persona nella gestione della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio e che si era occupato di consegnare ogni mese alla propria moglie una somma a titolo di sostentamento; le dichiarazioni del CHIARELLO sono poi state sottoposte con esito positivo al necessario giudizio di attendibilità intrinseca, dal momento che il dichiarante aveva accusato se stesso di gravi fatti delittuosi e aveva indicato il luogo dove poi è stata materialmente trovata una pistola; di esse sono stati poi indicati i riscontri specificamente individualizzanti nei confronti del CIRESI rappresentati da incontri osservati dalla polizia giudiziaria con esponenti del mandamento di "Porta Nuova", da conversazioni intercettate nelle quali il ruolo del CIRESI appare con chiarezza come quello delineato nella ordinanza oggetto di ricorso e dalle dichiarazioni della moglie del CHIARELLO secondo la quale altra persona, dopo l'arresto del marito, le aveva in effetti assicurato somme di denaro per il suo mantenimento e per le spese legali.

3.2 Un percorso argomentativo, quindi, assolutamente rispettoso dei criteri richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza per l'affermazione della necessaria gravità indiziaria che si dipana conseguenzialmente dalle premesse alle conclusioni senza alcuna incongruenza logica o di manchevolezza motivazionale o addirittura, come denunciato nel ricorso, di circolarità della prova.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.500,00 euro, congrua al caso in esame, a favore della cassa delle ammende; copia del provvedimento va trasmessa, ex art. 94-1/ter disp. att. cod. proc. pen., al direttore dell'istituto penitenziario.

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P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di 1.500,00 euro a favore della cassa delle ammende; manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94-1/ter disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 8 aprile 2016.

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