• Non ci sono risultati.

BUONA VOLONTÀ FRA GLI UOMINI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "BUONA VOLONTÀ FRA GLI UOMINI"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

BUONA VOLONTÀ FRA GLI UOMINI

Un anno fa circa ho parlato qui ad alcuni dei presenti su gli Orientamenti e compiti spirituali. Poi, nello scorso dicembre, vi ho esposto in modo più definito alcune Direttive e Metodi di Lavoro Spirituale.

Quegli orientamenti e quei programmi hanno ricevuto fervidi consensi e adesioni; sia qui, sia altrove.

Ciò indica che essi rispondono realmente ai bisogni e alle aspirazioni di molti ed è dovuto al fatto che mi ero proposto, non tanto di esporre idee mie, quanto di cogliere i “segni dei tempi” e le chiare indicazioni della vita attuale, di precisare e coordinare quello che da varie parti veniva detto e tentato. Ora stanno divenendo sempre più evidenti la necessità e l’urgenza di un’azione intensa e concorde da parte di tutti i volonterosi per cercare di stornare i gravi pericoli che minacciano l’esistenza stessa dell’umanità e per appoggiare attivamente i grandi tentativi che vengono fatti per porre le basi di una nuova civiltà, mediante un rinnovamento profondo degli uomini di tutte le forme di vita associata. Perciò mi sono sentito spinto a rivolgere un appello ad unirsi sempre più alle Forze di bene e di ricostruzione già operanti nei mondo, che sono molto più numerose e potenti di quanto si sappia generalmente, e a proporre un programma d’azione. Esso è semplice e insieme sì vario e vasto, che ognuno può in qualche modo e in qualche misura partecipare alla sua attuazione.

Esso mi è stato suggerito dalla lettura di alcuni capitoli di un libro nel quale sono esaminati con visione ampia e universale i più importanti problemi che travagliano ora l’umanità.1

Dal quinto capitolo ho estratto e tradotto, con qualche adattamento e abbreviazione, i seguenti brani, che costituiscono un forte APPELLO AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ.

“L’attuale situazione del mondo offre una mirabile opportunità di bene per il fatto che per la prima volta, e su scala planetaria, gli uomini sono consapevoli dei mali che devono venir eliminati. Ovunque si discute e si fanno progetti; ovunque vi sono riunioni di assemblee, di consigli e di comitati; vi sono adunanze e convegni che vanno dalla grande assemblea della Organizzazione delle Nazioni Unite giù giù fino alle piccole riunioni tenute in remoti villaggi.

“La situazione attuale ha questo di buono: che quello che è necessario su scala mondiale può essere offerto e venir applicato praticamente anche nelle comunità umane più piccole. I problemi e i dissensi esistenti nelle famiglie, nei paesi, nelle città, nelle nazioni, nelle chiese, fra le razze e fra i popoli, possono venir tutti risolti ed eliminati nello stesso modo: stabilendo giusti rapporti umani. La tecnica o modo per attuare questi rapporti è in ogni caso il medesimo:

l’uso dello spirito di buona volontà.

1Alice Bailey, The Problems of Humanity, New York, Lucis Publ. Co.

(2)

“La buona volontà è l’espressione più elementare del vero amore ed è quella più facilmente compresa. L’uso della buona volontà per risolvere i problemi che l’umanità deve affrontare fa sì che l’intelligenza operi lungo linee costruttive. Ove la buona volontà è presente le barriere di separazione e di incomprensione cadono. È opportuno – almeno temporaneamente – evitare di parlare dell’amore e del suo uso per risolvere i problemi, e attenersi invece a un livello più accessibile e pratico: quello della buona volontà. La parola

“amore” non è accolta, e suscita quasi derisione negli scettici, in coloro che sono induriti e delusi. Invece tutti possono comprendere e riconoscere che la buona volontà è una forza armonizzatrice.

“L’amore e la comprensione potranno più tardi seguire l’espressione pratica della buona volontà in ogni tipo di rapporto umano. L’espressione del vero amore nella vita del nostro pianeta può essere lontana, ma la buona volontà è una possibilità attuale e il suo uso è una necessità impellente.

“Ciò che più occorre è una campagna svolta immediatamente dagli uomini di buona volontà in tutto il mondo, con lo scopo di spiegare il significato della buona volontà; di far risaltare il carattere pratico della sua manifestazione; di riunire in un gruppo mondiale attivo ed efficiente tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

“Ciò, non per creare una super-organizzazione, ma per convincere i disgraziati, i sofferenti, i conculcati, della grandezza dell’aiuto intelligente che è pronto per assisterli. Il movimento della buona volontà deve mostrare la sua capacità di dare appoggio e forza a tutti coloro che stanno lavorando e lottando per instaurare giusti rapporti umani; deve mettere a loro disposizione la potenza di una pubblica opinione attiva, educata dagli uomini di buona volontà.

Così si potranno formare in ogni nazione, in ogni città, in ogni villaggio, gruppi di uomini di buona volontà dotati di una comprensione esercitata, di buon senso pratico, che siano al corrente dei problemi mondiali.

“L’opera degli uomini di buona volontà è di carattere educativo. Essi non possiedono e non offrono soluzioni miracolose ai problemi mondiali, ma SANNO che uno spirito di buona volontà, soprattutto se unito ad una giusta conoscenza dei fatti, può produrre un’atmosfera e un atteggiamento che renderanno possibile risolvere quei problemi. Quando degli uomini si riuniscono con buona volontà, qualunque sia il loro partito politico, la loro nazionalità, la loro religione, non vi è problema che non possa prima o poi venir risolto – e risolto con soddisfazione delle varie parti in causa.

“Il compito principale degli uomini di buona volontà non è presentare soluzioni bell’e fatte, bensì creare quell’atmosfera ed evocare quell’atteggiamento. Tale spirito di buona volontà può essere presente anche quando vi sia all’inizio un dissenso di fondo fra le parti in causa.

“Non vi è ragione di credere che lo sviluppo della buona volontà debba essere lento e graduale. Potrà avvenire il contrario se gli uomini e le donne che sentono ora in sé una genuina buona volontà e che sono liberi da preconcetti si cercheranno gli uni gli altri e lavoreranno insieme alla diffusione della buona volontà. Le persone che sono dominate da preconcetti, i fanatici nel campo religioso, i nazionalisti ostinati trovano grande difficoltà nello sviluppare in

(3)

loro stessi la buona volontà, ma possono farlo se hanno abbastanza a cuore il bene dei loro fratelli e se sono disposti a lasciarli liberi. Per farlo dovranno cercare i punti oscuri nelle proprie menti, ove esistono barriere separative, e abbatterle. Essi dovranno sviluppare deliberatamente la buona volontà (non la tolleranza) verso coloro contro i quali hanno dei preconcetti, verso le persone di religione diversa, verso la nazione e la razza per la quale sentono antagonismo o che guardano dall’alto in basso.

“La buona volontà è molto più diffusa nel mondo di quanto si pensi; occorre scoprirla, educarla e renderla efficiente. Gli uomini di buona volontà prendono una posizione intermedia fra i vari gruppi opposti, allo scopo di creare una condizione in cui discussioni e mutue concessioni e compromessi possono facilmente attuarsi. Essi seguono costantemente il ‘‘nobile sentiero di mezzo”, indicato dal Buddha, che passa fra le paia di opposti e procede dritto fino allo stesso cuore di Dio; essi percorrono la “via stretta” dell’amore di cui parla il Cristo. Essi dimostrano di percorrerla esprimendo il solo aspetto dell’amore che l’umanità nel suo insieme possa attualmente comprendere: la BUONA VOLONTÀ.

“L’Era Cristiana venne instaurata da una piccola schiera di uomini: i dodici apostoli, i settanta discepoli, i cinquecento che riconobbero il messaggio del Cristo. La Nuova Era viene adesso instaurata dalle centinaia di migliaia di uomini di buona volontà che sono attivi nel mondo e che possono diventarlo ancora di più se saranno riconosciuti, riuniti e organizzati”.

Anzitutto il suo valore sta nel non chieder troppo, nel limitarsi a un minimo accettabile e attuabile, se non da tutti, da una grandissima parte degli uomini. Infatti la buona volontà è conciliabile con un ben inteso, ragionevole, illuminato egoismo. È facile riconoscere e dimostrare che l’ammissione e il rispetto dei diritti altrui, le opportune concessioni, la cooperazione, l’onestà, la lealtà (il “fair play”), in realtà e alla lunga convengono non meno a noi stessi, alla nostra classe, al nostro partito, alla nostra nazione che agli altri. La buona volontà esclude bensì l’egoismo, miope, avido e impaziente, che mira solo al vantaggio immediato ottenuto con qualsiasi mezzo; essa esclude lo sfruttamento, la malafede, il fanatismo, l’intransigenza, la violenza. Ma è facile riconoscere che queste espressioni eccessive dell’egoismo, con le reazioni che provocano, riescono prima o poi dannose, e spesso distruttive per chi ne ha dato prova. Molte e terribili “rese dei conti”, collettive e/o individuali ne hanno dato e ne danno continuamente – soprattutto ora – una ben significativa dimostrazione.

Però, se la convenienza e i benefici della buona volontà sono evidenti, la sua pratica non è affatto facile come potrebbe sembrare a tutta prima. Essa richiede l’eliminazione e il dominio di istinti, passioni, sentimenti, atteggiamenti, tendenze mentali assai “radicati negli uomini”. E non solo quelli più elementari e palesi, come l’aggressività, l’odio, l’avidità, l’assolutismo ideologico. Ve ne sono di più sottili e meno evidenti, ma tali da impedire e intralciare la manifestazione della buona volontà. Ne citerò due fra i più noti, l’uno emotivo, l’altro mentale.

Un sentimento al quale inclinano anche molte persone buone e miti, è l’“impietosimento di sé”. È un sentimento che le attuali difficili condizioni hanno reso molto diffuso e che possono in un certo senso giustificare. Si può dire che quasi tutti, in un modo o nell’altro, sono stati e spesso sono ancora sottoposti a dure prove: perdita di persone care, di beni e possessi;

(4)

cambiamenti improvvisi e radicali di genere di vita; difficoltà economiche; obbligo di sottoporsi a un lavoro faticoso; incertezza e apprensione per l’avvenire… tutti ne sappiamo qualcosa – e più che qualcosa! È facile, direi è quasi naturale, reagire a ciò con l’impietosimento di sé; ma non è per questo meno dannoso a noi stessi e agli altri. Quell’atteggiamento, che sembra un

“peccato veniale” e di cui non di rado non ci rendiamo neppure chiaro conto, è in realtà il terreno sul quale crescono le piante velenose dell’amarezza, del risentimento, dell’invidia, delle recriminazioni, delle esigenze, o per lo meno quello dello scoraggiamento, dell’abbattimento, dell’inerzia.

È evidente che esse, chiudendoci in un ristretto egocentrismo, impediscano ogni esplicazione della buona volontà. Perciò dobbiamo sradicarle risolutamente!

Un atteggiamento mentale che non di rado si associa con la pietà di sé è il criticismo.

Anche questo è in un certo senso naturale e sembra giustificato. Siamo circondati da una quantità di cose e di persone che “non vanno”, si potrebbe arrivare a dire che tutto e tutti per qualche verso “non vanno”… purché si includa nei “tutti” anche noi stessi!

Orbene, l’eliminazione del criticismo non vuole affatto dire non veder chiaro e cercare di illudersi. Ciò sarebbe semplicemente stupido. Il primo passo per guarire un male è quello di scoprirlo e diagnosticarlo.

Così in passato si è insistito soprattutto sulla Grazia Divina, spontanea e imperscrutabile;

sull’impotenza dell’uomo, sulla necessità della sua fede e del suo atteggiamento di piena sottomissione.

Ora invece l’accentuazione è posta sul polo opposto: l’uomo si sente – e vuole diventare sempre più – un collaboratore libero, consapevole, attivo di Dio; egli crede che dipende da lui, dalle sue scelte e dalla sua azione, la diffusione della luce spirituale, l’instaurazione della fraternità e dell’amore nel mondo.

Vediamo poi che cosa significhi e che cosa implichi lo “sbarrare la porta dietro cui il male risiede”.

Quale è la “porta” che dà accesso al male? Essa è costituita da tutto ciò che, collettivamente o individualmente, nell’umanità e in ciascuno di noi, è affine al male, e quindi è aperto ad esso, lo accoglie, si unisce, si allea con esso. Sono i nostri istinti e le nostre passioni incontrollate, i nostri egoismi e i nostri antagonismi, le nostre paure e le nostre brame, i nostri preconcetti e le nostre incomprensioni… Occorre un pieno e sincero riconoscimento di ciò, e poi un’opera coraggiosa e decisa di purificazione, di eliminazione di tutti quegli elementi che servono da “punto d’appoggio” al male.

Ma oltre a quest’opera che in un certo senso si può chiamare “negativa” (ma che in realtà richiede un’azione interna molto positiva!) vi è il mezzo più diretto, indicato dall’Invocazione stessa: è lo svolgimento, l’attuazione del Piano di Amore e di Luce, che ha il potere di sbarrare quella porta. Ciò significa che la luce della Verità, l’attiva irradiazione e la vittoriosa affermazione del Bene vincono per sé stessi il male.

(5)

Tale affermazione del Bene si attua con la costante pratica della “buona volontà” in tutti i rapporti e in tutte le contingenze della vita quotidiana.

Oltre al fondamentale lavoro psico-spirituale di invocazione e di evocazione di energie superiori, oltre alla pratica individuale della “‘buona volontà” in tutti i rapporti umani, vi è il SERVIZIO ATTIVO per la salvezza e la rigenerazione dell’umanità che ognuno di noi può e deve svolgere in qualche misura.

Questo è un campo immenso, un’opportunità meravigliosa che si apre dinanzi a noi!

Vi è tanto da rifare, da rinnovare in tutti gli aspetti e le manifestazioni, materiali, intellettuali, morali, della vita umana, in tutti i settori della civiltà e della cultura: vita economica, sociale e politica, scienze, arti, filosofia, religione, educazione…

Limitandoci (per modo di dire!) ai campi di cui più direttamente ci occupiamo noi, ecco i principali compiti e i modi nei quali potrebbero venir più efficacemente attuati:

1. Orientamento, istruzione, allenamento attivo, nel campo strettamente spirituale.

È inutile che ripeta quanto bisogno ce n’è. Ma vi è anche – e questo è confortante – una crescente consapevolezza di questo bisogno e una corrispondente e sempre più vasta e insistente richiesta. A questa è doveroso cercar di rispondere nel modo migliore e più ampio possibile.

Per farlo nel modo più efficace occorrerebbero e sarebbero utili:

1. Centri per l’insegnamento verbale di principi e di metodi per guidare individualmente nell’uso di questi, per il consiglio e il commento di scritti e di pubblicazioni.

2. Organi per la produzione e la diffusione su ampia scala di libri e di pubblicazioni.

3. Centri di convivenza ove riunire per determinati periodi, in ambienti adatti, coloro che sono decisi a sottoporsi ad un allenamento psicospirituale intensivo, col doppio inscindibile scopo di accelerare il proprio sviluppo e la propria realizzazione spirituale e di divenire più efficienti “servitori dell’umanità”.

Insegnamento e avviamento pratico all’uso dei nuovi metodi di auto-educazione, di cura e di retti rapporti umani. Questi sono e possono venir inclusi e coordinati nella psicosintesi con le sue varie sezioni: psicagogica e di auto-affermazione interiore; educativa; psicoterapica;

interindividuale. Quest’ultima è ancora in via di formazione, ma destinata a vasti sviluppi;

riguarda il retto funzionamento di tutti gli svariati gruppi umani: la coppia fornata da uomo a donna, con i suoi ardui e complessi problemi fisio-psichici e spirituali – il gruppo famigliare, che implica i rapporti fra le diverse generazioni (genitori e figli) – le classi sociali – le nazioni (considerate come entità psicospirituali) – le religioni – i gruppi o comunità spirituali – le razze – l’intera umanità.

Vi sono poi molti altri campi dell’attività umana, come quello letterario, artistico, musicale, scientifico, politico, sociale, assistenziale, ecc. nei quali può venir svolta opera spirituale e per i quali incito coloro che vi hanno attitudini e competenza a formulare i corrispondenti “piani di lavoro”.

(6)

A questo punto alcuni potrebbero pensare: “Tutto ciò è bellissimo, ma che cosa posso fare io?”. “Io non so e non posso scrivere articoli o libri, tener conferenze, insegnare, organizzare, dirigere, perciò devo lasciar fare agli altri che ne hanno la capacità”.

Qui vi è un grave malinteso che deve venir chiarito, poiché impedisce l’esplicazione di molte utili energie e le sviluppo di preziose cooperazioni. Occorre rendersi ben conto che in ogni organizzazione di lavoro, come un ministero, un’azienda, una Casa editrice, ecc. vi sono due generi di lavoratori: quelli che in linguaggio burocratico sono chiamati “impiegati di concetto” e quelli che sono detti “impiegati d’ordine”. In termini più generali e più… moderni, si può dire che in ogni campo, compreso quello spirituale, occorre l’armonica cooperazione di due tipi o categorie di lavoratori:

1. Coloro che fanno il lavoro “creativo”, cioè che iniziano, promuovono, dirigono un’opera.

2. Coloro che svolgono funzioni “pratiche” in senso stretto; che “eseguono”, che si occupano di tutti i compiti e gli elementi materiali, meccanici, “quantitativi” per così dire, necessari per manifestare, moltiplicare, diffondere su questo piano l’azione creativa del primo gruppo.

Orbene, occorre riconoscere chiaramente che questo secondo tipo di attività, se in un certo senso è più modesto, meno “brillante” e perciò meno attraente, è però prezioso e necessario, e può essere non meno “spirituale” del primo. Infatti dal punto di vista spirituale quello che conta è l’“intenzione”, il movente che ci spinge, l’animo col quale si agisce, l’amore e la devozione, la dedizione che mettiamo nel nostro lavoro, non il genere, la materia del lavoro stesso. Perciò, restando nel nostro campo, lo scrivere sotto dettatura, il copiare a macchina, il far indirizzi, telefonate o commissioni, l’offrire i necessari strumenti di lavoro o i mezzi finanziari per procurarli e per il loro uso, sono atti di servizio altrettanto “spirituali” quanto lo scrivere articoli o libri, il tener conferenze, il dare lezioni, il curare.

Vi è poi un altro malinteso, collegato con quello or ora chiarito, che è opportuno dissipare. Quelli che ho chiamato “lavoratori di concetto”, creativi, promotori, dirigenti, sono spesso, e soprattutto nelle condizioni ora esistenti, gravemente ostacolati nel loro lavoro da difficoltà pratiche; devono occuparsi di cose materiali che prendono loro molto tempo ed energie. Questo può costituire per essi una buona disciplina, un “Karma Yoga”, una lezione di umiltà, di accettazione, di pazienza, e quindi favorirne lo sviluppo interiore individuale. Ma per l’umanità, dal punto di vista del bene che possono fare agli altri, ciò costituisce una perdita reale, uno sperpero di “valori” e di energia, che in questo momento grave, decisivo per le sorti del genere umano, dovrebbe venire evitato il più possibile, per il bene di tutti.

Perciò ogni aiuto e collaborazione che valgono a sollevare e liberare i “servitori spirituali” produttivi per un maggior rendimento, è servizio, indiretto ma non meno fecondo, e certo non meno apprezzato da coloro che osservano e vigilano dall’invisibile.

La chiara comprensione di ciò dovrebbe servire di conforto, di incoraggiamento, ma insieme di stimolo e di monito, a tutti quelli che possono svolgere opera soltanto (o soprattutto,

(7)

poiché la distinzione non è assoluta) di carattere pratico. Perciò ognuno dovrebbe chiedersi:

“Come e quanto posso e voglio servire?”. “Come posso aiutare gli altri lavoratori?”.

A parte, e oltre, alle risposte e ai programmi dì lavoro, individuali e di gruppo, che ognuno potrà formulare, vi è un compito al quale tutti possono cooperare subito in qualche misura, ed è quello di diffondere l’Invocazione di cui abbiamo parlato e di promuoverne l’uso.

Ciò si può fare in due modi: estensivo e intensivo. La diffusione estensiva consiste nel render nota l’Invocazione al maggior numero possibile di persone, dandola di persona o acclusa in lettere, a tutti coloro che conosciamo, facendola stampare in periodici, incitando altri a fare altrettanto.

L’uso intensivo può venir promosso illustrando il significato e il valore dell’Invocazione, e anche con la formazione di piccoli gruppi a tale scopo. Infatti si sono formati dei nuclei di tre persone le quali si impegnano ad aiutarsi a vicenda a penetrarne il senso più profondo, e a diffondere quel tanto di Luce che potranno ricevere; a praticare la “buona volontà” nella vita quotidiana e soprattutto a promuoverla con la parola e con l’esempio.2

Concluderò dicendo che anche il servizio attivo d’ogni genere deve venir considerato, scelto e preparato “alla luce dell’anima”; non deve cioè esser frutto di una momentanea effervescenza emotiva, bensì deve venire ispirato da una profonda compassione, da un immenso amore per l’umanità sofferente, dalla richiesta del massimo bene per il massimo numero dei nostri fratelli – di quel Sommo Bene che la Volontà di Dio sulla terra recherà a tutte le creature viventi.

2 Per far ciò ognuno di noi potrebbe scegliere quale tema di meditazione la seguente domanda a se stesso: “In quali modi e in quale misura mi propongo e mi impegno, liberamente verso me stesso, verso i miei fratelli e verso Dio, a fare la mia parte nell’opera di salvazione e di rigenerazione mondiale?”.

Riferimenti

Documenti correlati

È opportuno rammentare, in proposito, come la prima e più compiuta teorizzazione in materia di bona fides canonistica veda ascritta alla fondamentale monografia di

Perché da questa raccolta di articoli dedicati alla sanità, ai servizi sociali e allo sport in Toscana, emerge limpida la realtà della regione in cui viviamo.. Una regione

Nel pranzo di Natale e nella cena della Vigilia sono da sempre presenti piatti tradizionali di tutte le regioni, gustosi ma anche ricchi di calorie.. Nel passato era l’occasione in

Il sesto modulo “La lavagna interattiva multimediale” ha avuto il suo sviluppo durante tutto il percorso, visto che gli alunni hanno avuto modo di lavorare non solo con il pc,

i dati cedap relativi all’anno 2019 confermano il trend di denatalità che caratterizza il nostro Paese da oltre un decennio (una tendenza che neppure le straniere riescono ormai

devono aiutare Cunegonda a sistemare la dispensa, dividendo i barattoli di marmellata di rose da quelli di marmellata di more?. Quanti sono i barattoli di marmellata

questo, quando non lo si contrabbanda teorizzandolo come l'estrema liberazione dell'istinto e invocando in malo modo Freud, nonché come l'ultimo traguardo della conoscenza nella

ANDI INFORMA: DIRETTORE EDITORIALE Gianfranco Prada | DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Callioni | COORDINAMENTO D-Press PROPRIETÀ ANDI Associazione Nazionale Dentisti Italiani |