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Pediatria in Fornaca: Prima di tutto ascoltare i bambini

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Academic year: 2022

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Pediatria in Fornaca: “Prima di tutto ascoltare i bambini”

Il Pediatra Valter Felicioni mette a disposizione della Fornaca di Torino la sua esperienza:

«Evitare che il bambino si ammali è il nostro primo compito».

«Parlo con la mamma e intanto guardo il bambino. A lui cerco di dare sicurezza e allegria, da lui mi aspetto che mi faccia capire cos’ha: in genere funziona». Il dottor Valter Felicioni, pediatra di famiglia da oltre trent’anni, segue la Pediatria della Clinica Fornaca di Torino che si occupa dello sviluppo psicofisico dei bambini nonché della prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infantili e della adolescenza. Da zero a 18 anni, con un’avvertenza: «I bambini hanno bisogno di parlare e di farsi ascoltare, talvolta senza l’occulta regia dei genitori. Tra pediatra e bambino può perciò nascere un’alleanza basata sulla confidenza che può favorire un maggiore benessere psicofisico». Perché: «La salute del bambino è prima di tutto prevenzione e profilassi ed evitare che il bambino si ammali rimane il nostro compito».

«Lo specialista in Pediatria – continua il dottor Felicioni – lavora in modo trasversale con le età del bambino. Prima ancora della patologia, è il livello di crescita del giovane paziente a definire il percorso di prevenzione, diagnosi e cura». Sempre con la fondamentale collaborazione dei genitori: «Sono loro ad assicurare la continuità assistenziale necessaria a un bambino – conferma il dottor Felicioni -. Sono loro a sapere prima di chiunque altro se il bambino cresce bene e o se, di fronte a determinati avvisi che solo loro possono cogliere, è opportuno segnalare al pediatra quello che può essere un problema da approfondire con i giusti esami». In quest’ultimo caso, è un’équipe interdisciplinare a prendersi cura del bambino e a indirizzarlo verso le diverse specialità della pediatria presenti in Fornaca:

«Cardiologo, dermatologo, pneumologo o altro – aggiunge il dottor Felicioni -: ogni specialista contribuisce al percorso dedicato di cura del bambino. A lui e ai suoi genitori offriamo la possibilità di rivolgersi a specialisti competenti con tempi d’attesa e relativi disagi quanto mai ridotti».

In virtù della sua lunga esperienza, il dottor Felicioni può dire di avere visto cambiare in modo importante la figura del bambino: «Oggi riceve una grandissima stimolazione esterna e acquisisce molto velocemente input che talvolta diventano però difficili da controllare perché vanno a riflettersi sulla sua attività psicomotoria». Sono cambiati i figli ma anche i genitori: «Un papà o una mamma di 45 anni non hanno sempre la forza o la voglia di rincorrere tutto il giorno un bambino scatenato – prosegue il dottor Felicioni -. Non viviamo più nella società matriarcale che assegnava ai consigli della nonna un ruolo importante da svolgere con i tempi adeguati, oggi i genitori hanno a disposizione dosi di pazienza molto ridotte: la guarigione del bambino e il suo rientro a scuola vengono visti come elementi da accelerare al massimo, mentre il lavoro è considerato l’elemento di rispetto primario anche quando può andare a discapito della salute del bambino. In tutto questo quadro, non va mai dimenticato che il bambino è sempre innocente e che il suo comportamento è spesso lo specchio delle tensioni che attraversano il suo mondo».

Anche se poi i bambini italiani si possono dire molto fortunati: «Sono tra i più sani al mondo – conclude il dottor Felicioni -: tra i più controllati e vaccinati nonché potenzialmente più longevi. Noi pediatri e, prima ancora i genitori, dobbiamo essere attenti alle loro esigenze e ai loro segnali di attenzione». La Fornaca, oltre alla competenza dei pediatri e degli specialisti della Clinica, mette a disposizione dei bambini spazi di attesa dedicati, con simpatici murales a fumetti, album colorati e giochi pensati per farli divertire.

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Prof. Pisani: l’omaggio tedesco ai suoi 90 anni

Un convegno ha suggellato il forte legame tra la scuola torinese della chirurgia del piede e la Daf, un connubio nato nel 1992 tra le mura della Clinica Fornaca.

Una giornata di alti contenuti scientifici e di grande calore umano: il convegno sulle patologie del piede che, sabato scorso al Centro congressi dell’Unione industriale, ha celebrato i 90 anni del professor Giacomo Pisani ha rappresentato il modo miglior per suggellare una volta di più il profondo collegamento tra la scuola torinese della chirurgia del piede e quella tedesca.

A rendere omaggio all’emozionato professor Pisani, responsabile del Centro di chirurgia del piede della Fornaca dal 1991 al 2006 e attuale presidente onorario del Comitato scientifico della Clinica Fornaca, ha provveduto il gotha della chirurgia tedesca di piede e caviglia. Per tutti ha parlato il professor Hans Heinrich Küster, anch’egli esponente della Daf (Deutsche Assoziation für Fuß und Sprunggelenk), l’Associazione tedesca di piede e caviglia nata nel 1993: «Non conosco nessuno che non sia stato felice di lavorare accanto a te – ha detto il professor Küster rivolgendosi al professor Pisani -.

Torino e la Clinica Fornaca sono stati i semi di una grande amicizia, nata nel 1992 ad Hannover e proseguita nel corso di tutti questi anni». Un omaggio che ha trovato eco nell’intervento del dottor Manfred Thomas: «Gli studi e l’esperienza del professor Pisani hanno ben influenzato l’intera scuola tedesca di piede e caviglia», ha affermato. Nel 1996 la Daf ha peraltro nominato membro onorario il professor Pisani che, al termine della sua impeccabile lectio magistralis sul piede, ha a sua volta ringraziato i colleghi tedeschi («Grande e sincera collaborazione e amicizia con il professor Küster e con i suoi colleghi») nonché dirigenti e personale della Clinica Fornaca.

Dopo l’introduzione della dottoressa Teresa Cammarota, presidente del Comitato scientifico della Clinica Fornaca e del dottor Jõrn Dohle, presidente della Daf, il convegno ha registrato l’intervento del responsabile della Chirurgia del piede di Humanitas Cellini, dottor Luigi Milano («Il professor Pisani ha cambiato la storia della chirurgia del piede e rappresenta ancora oggi un esempio per tutti», ha ricordato) che ha poi lasciato spazio alla discussione e al confronto tra gli specialisti tedeschi e quelli torinesi: Manfred Thomas, Jõrn Dohle, Hans Heinrich Küster e Tanja Busch si sono confrontati con i “nostri” Luigi Milano, Massimo Marconetto, Margherita Germano e Marco Marcarelli.

Nevralgia di Morton, metatarsalgia (approccio plantare o dorsale?) e artrodesi dell’alluce valgo hanno rappresentato alcuni degli animati temi di discussione.

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Il tumore alla prostata cerca una diagnosi precoce

Il comitato scientifico della Clinica Fornaca si è occupato del carcinoma prostatico in un incontro con il professor Muto, il dottor Faletti e il dottor Giacobbe.

«Ogni anno in Piemonte vengono diagnosticati 4000 nuovi casi di tumori alla prostata. Più cresce la possibilità di eseguire una diagnosi precoce e più si avvicina il giorno in cui lo stesso tumore potrà essere trattato localmente: la prostata è infatti rimasto l’unico organo che, in caso di tumore solido, va trattato o tolto per intero». Sono la premessa e la conclusione dell’intervento che il professor Giovanni Muto, urologo della Clinica Fornaca e direttore dell’Urologia dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, ha tenuto mercoledì 25 maggio di fronte al Comitato scientifico della Clinica. Assieme al professor Muto, il dottor Riccardo Faletti, radiologo della Clinica Fornaca e della Città della salute e della scienza di Torino e il dottor Alessandro Giacobbe, urologo di Fornaca e dirigente medico dell’Urologia dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino.

A introdurre l’incontro, il professor Salvatore Rocca Rossetti che, prima di ricordare le cifre legate al tema della serata («Il tumore della prostata è il più frequente tra gli uomini del mondo occidentale e rappresenta il 25 per cento del totale»), ne ha ripercorso la storia partendo da molto lontano: «Mi sono laureato il 19 luglio del 1950 e allora conoscevamo giusto la differenza tra carcinoma e iperplasia prostatica - ha ricordato -. La diagnosi era affidata al dito esploratore che doveva capire e diagnosticare». Dopodiché anche i rimedi («Che potevano essere la castrazione o gli estrogeni», ha rammentato il professor Rocca Rossetti) erano figli del tempo, così come le biopsie («Che risultavano dolorosissime e inefficienti»).

Un altro mondo rispetto agli strumenti e alle cure oggi disponibili. «La Risonanza magnetica è sempre più in grado di rappresentare la metodica di imaging ideale - ha ricordato in proposito il dottor Faletti -. Garantisce maggiori specificità, accuratezza diagnostica e valori predittivi positivi. Insieme con l’esperienza del radiologo è finalizzata alla confezione di un referto che rappresenti per l’urologo lo strumento ideale per decidere come approcciarsi alla malattia». Affermazione confermata dal dottor Giacobbe: «L’esperienza del radiologo e del clinico sono fondamentali per l’ottenimento di buoni risultati - ha sottolineato -, com’è stato ribadito quest’anno a San Diego al Congresso dell’Associazione Americana di Urologia». La Risonanza magnetica aiuta l’urologo a evitare biopsie inutili per effettuarne invece di mirate attraverso l’individuazione di una zona sospetta:

«Eseguire una biopsia prostatica mirata direttamente all’interno dello scanner risulta ancora troppo costoso.

Ecco allora che si procede con i prelievi bioptici sotto guida ecografica o, come avviene da qualche anno anche in Fornaca, con la fusione di immagini: quelle della Risonanza magnetica vengono fuse con quelle dell’ecografia per dirci con esattezza dove si trova la lesione». La tecnologia in Fornaca conta su tre software differenti: il primo ricostruisce la prostata in tre dimensioni, il secondo fonde le immagini e il terzo salva la mappa dei prelievi cosicché, alla Risonanza magnetica successiva, si saprà con precisione dov’è stata eseguita la precedente biopsia.

Il professor Giovanni Muto, dal 2003 membro della Commissione nazionale per la Ricerca del ministero della Salute, fa parte del tavolo di lavoro che sta curando le linee guida destinate a estendere la possibilità di test multigenici basati su DNA (diagnosi) e RNA (prognosi) per i tumori di prostata e mammella. E ha menzionato test sierici (“4k Score” e “PSMA”) oggi in uso all’estero che vanno oltre la tradizionale classificazione del

“Gleason Score” o di altre più recenti che racchiudono in cinque classi di rischio il paziente prostatico. Sono queste classificazioni a determinare la modalità in cui lo stesso paziente rientra nella cosiddetta “Sorveglianza attiva” che lo monitora attraverso controlli periodici destinati a ritardare l’intervento radicale. «Oggi è proprio la Risonanza magnetica ad aprirci un mondo di possibilità - ha concluso il professor Muto, oltre 20.000 interventi urologici all’attivo -: se riuscisse a farci diagnosticare i tumori più aggressivi otterremo una grande conquista. Oggi per salvare una vita ci sono 1410 persone che si sottopongono allo screening e 48 che vengono trattate senza che ce ne sia bisogno. Migliorare la diagnosi è il compito importante che ci aspetta e che ci avvicinerà a trattare localmente anche il tumore della prostata».

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La chirurgia che risolve i problemi della nostra faccia

Pratici ed estetici: li spiega il professor Guglielmo Ramieri, chirurgo della Fornaca e direttore della Scuola di specializzazione in chirurgia maxillofacciale.

E’ una specialità chirurgica relativamente giovane che a Torino conta dal 1990 su un’apprezzata Scuola universitaria di specializzazione, diretta dal professor Guglielmo Ramieri, chirurgo maxillofacciale della Clinica Fornaca, direttore della Chirurgia maxillofacciale della Città della salute e della scienza di Torino e del Master di secondo livello di “Chirurgia Ortognatica e delle malformazioni mascellari” dell’Università degli Studi di Torino.

«La chirurgia malformativa è quella che più identifica la chirurgia maxillofacciale - spiega il professor Ramieri -. Dalle grosse malformazioni alle forme anomale del viso che si traducono in inestetismi, il chirurgo maxillofacciale si occupa di risposizionare correttamente nello spazio i diversi segmenti che compongono la faccia:

mascella, mandibola, zigomi, naso, mento e orbite. Il chirurgo opera per ridurli o ingrandirli, per cambiare loro posizione o per innestarli laddove ce n’è necessità». Si tratta di una chirurgia funzionale perché riporta gli elementi in una situazione più corretta ed è anche portatrice di una valenza estetica in quanto armonizza la fisionomia facciale: «Di norma - aggiunge il professor Ramieri - i pazienti sono giovani adulti ai quali la malformazione genera problemi pratici che possono riguardare masticazione, fonazione o respirazione e disagi nella vita di relazione, visto che talvolta gli inestetismi risultano spiacevoli fino a minare la propria autostima». La chirurgia maxillofacciale è peraltro a bassissimo rischio e a basso impatto di morbilità:

«Determina un ottimo recupero funzionale e si serve, in genere, di ricoveri non più lunghi di due o tre giorni», precisa il professor Ramieri. Che aggiunge: «La chirurgia malformativa maxillofacciale non comporta incisioni esterne: il 99 per cento degli interventi viene condotto attraverso le mucose di naso o bocca, i disagi risultano perciò accettabili per il paziente».

E’ invece più adulto il paziente medio che si avvale della chirurgia ricostruttiva destinata al tessuto osseo di sostegno dei mascellari: «Rendiamo possibile il posizionamento di impianti dentari - conferma il professor Ramieri - e anche in questo caso assolviamo una funzione pratica legata al recupero della masticazione e la associamo a quella estetica del sorriso ritrovato». Spiega ancora il professore: «Questa specialità chirurgica appartiene in toto al maxillofacciale e ha una forte connotazione tecnologica: una vera e propria navigazione chirurgica garantisce interventi molto più precisi e sicuri di un tempo, in grado di ridurre sensibilmente sanguinamenti, danni nervosi e complicanze che potevano anche risultare gravi». Software di programmazione tridimensionali, metodiche ingegneristiche e inserti customizzati per il singolo paziente sono alcuni dei tratti caratteristici di una disciplina che negli ultimi dieci anni ha registrato un’evoluzione formidabile:

«La tecnologia ha consentito di affinare ciò che prima poteva risultare artigianale - conferma il professor Ramieri -. Questo è uno dei motivi che oggi rendono molto frequente il ricorso a impianti dentari: desideriamo una qualità di vita sempre più elevata e accettiamo sempre meno il disagio della malattia, compresa la perdita dei denti. Vent’anni fa il paziente rifiutava l’implantologia, oggi la richiede senza troppe esitazioni». E quando non ci sono le condizioni adatte tocca proprio al chirurgo maxillofacciale creare la situazione ideale affinché il dentista possa proseguire con l’impianto protesico.

Nella sua attività di direttore della Chirurgia maxillofacciale della Città della salute e della scienza, il professor Ramieri si confronta ogni giorno anche con la chirurgia oncologica e ricostruttiva cervico-facciale nonché con gli esiti dei traumi facciali. «Un terzo di tutti i traumi coinvolgono la faccia - assicura - perché è meno protetta di altre parti del nostro corpo». Tumori e traumi colpiscono più uomini che donne: «Abitudini di vita legate all’alcol o al fumo possono essere causa dei primi - osserva il professor Ramieri -, mentre i secondi si possono legare a incidenti stradali o sportivi, incidenti sul lavoro o colluttazioni, tutte situazioni che a oggi registrano una prevalenza maschile».

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Fornaca, ricovero rapido nel segno dell’efficienza

«Occorre conoscere e accogliere le esigenze di medico e paziente, che va seguito in ogni suo momento», spiegano le responsabili della Programmazione ricoveri.

Conoscere e accogliere le esigenze del paziente e del medico per combinarle al meglio con i tempi e gli spazi dei tre padiglioni di degenza e delle sei sale operatorie della Clinica: è questo il fondamentale compito svolto dall’ufficio Programmazione ricoveri in Fornaca. «Interagisce ogni giorno con tutti gli altri uffici della Clinica e rappresenta un punto strategico per una buona organizzazione generale e per il raggiungimento dei risultati che ci stanno a cuore», conferma il Direttore generale della Clinica Fornaca, Margherita Patti.

Supportate da un software dedicato (si chiama Beag ed è stato perfezionato da due giovani laureandi del Politecnico di Torino), accessibile anche dalla sala operatoria, dal reparto di degenza e da tutti gli altri soggetti coinvolti in questo importante passaggio, le responsabili della Programmazione ricoveri, Roberta Perrucci e Gabriella Saluzzo, mettono al servizio dei pazienti e dei medici della Fornaca la lunga esperienza maturata nel corso degli anni: «Roberta e Gabriella hanno acquisito la sensibilità necessaria a capire i bisogni specifici di ciascun singolo ricovero e sono in grado di organizzarlo al meglio, ottimizzando i tempi che rappresentano l’esigenza più sentita dal paziente e dal medico», spiega Cristina Marchese, responsabile della Gestione operativa della Fornaca.

Software, orari e spazi che diventano flessibili proprio grazie alla capacità organizzativa di chi ha la responsabilità della Programmazione ricoveri: «Rappresentiamo un po’ la memoria storica della Clinica – riconoscono Perrucci e Saluzzo -: i pazienti che sono già stati in Fornaca si rivolgono direttamente a noi per ristabilire la situazione che avevano vissuto la volta precedente. Ci chiedono una determinata stanza che avevano apprezzato, ci ricordano un determinato problema che li riguarda, ci chiedono tutto in merito a modalità e tempi del loro ricovero». Una disponibilità e una capacità di ascolto che si manifestano con altrettanta efficacia nei confronti dei medici della Clinica: «Tocca a loro comunicarci la necessità di un ricovero ed è nostro compito renderlo praticabile nel miglior modo e nel minor tempo possibile», puntualizza Roberta Perrucci. Medici con i quali la Programmazione ricoveri lavora da anni:

«Conoscerli bene è un grandissimo punto di partenza – conferma Gabriella Saluzzo -, così come lo è lavorare tutti i giorni a stretto contatto con gli altri uffici della Clinica».

«Sono le doti di umanizzazione e di flessibilità delle responsabili a rendere la Programmazione ricoveri tanto efficace – aggiunge ancora il Direttore generale, Margherita Patti -. Con una sola telefonata, il paziente di Fornaca può risolvere tutte le questioni legate al ricovero: stanza, sala operatoria, medico, pre-ricovero e aspetti amministrativi». Fanno infatti parte di questo iter anche l’istituzione e la gestione del percorso amministrativo del paziente, messo peraltro al corrente di tutto ciò che riguarda le eventuali coperture assicurative e le possibili convenzioni con le Aziende ospedaliere del territorio. «Si tratta di un servizio unico e molto apprezzato – prosegue il Direttore generale -. Una vera e propria continuità assistenziale non sanitaria che determina la totale presa in carico del paziente». Accolto e gestito anche nei casi più imprevisti: «Le urgenze hanno sempre la precedenza – concludono Roberta Perrucci e Gabriella Saluzzo -: tanto che lasciamo sempre una stanza libera per accogliere chi si sottopone a un intervento inatteso. Negli ultimi anni la Fornaca ha visto crescere il numero di reparti, ambulatori e pazienti. Noi lavoriamo sempre con l’obiettivo di informare in modo preciso e tempestivo tutti i nostri interlocutori».

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