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CORSO di CHIMICA (06AHM) ITt A.A

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino - 1

Facoltà di Ingegneria

Facoltà di Ingegneria –– POLITECNICO di TORINOPOLITECNICO di TORINO Anno Accademico 2014-2015

CORSO di CHIMICA (06AHM)

ITt

A.A. 2014-2015

Pila di Volta presentata a Napoleone

Emma Angelini Emma Angelini

Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia Politecnico di Torino

e-mail : [email protected]

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LEZIONE 10 Elettrochimica

Sappiamo che esistono sostanze che conducono la corrente elettrica. Le migliori sono i metalli (lo si capisce ricordando le caratteristiche del legame metallico), detti conduttori di I specie: se sottoposti a una ddp (differenza di potenziale), in essi avviene passaggio di elettroni, che trasportano cariche, ma non materia. L'intensità della corrente elettronica dipende dalla resistenza R del conduttore. Altre sostanze sono gli elettroliti, le cui soluzioni trasportano corrente, con trasferimento anche di materia, mediante gli ioni; sono detti conduttori di II specie.

A questa classe appartengono anche i sali fusi e alcuni liquidi puri (come acido solforico puro e ammoniaca liquida, che presentano il fenomeno dell'autoprotolisi come l'acqua). L'esistenza di ioni positivi e negativi è stata postulata da Arrhenius nel 1883 (Nobel 1903).

Gli elettroliti forti (sali, idrossidi alcalini e alcalino-terrosi, che sono ionici anche nello stato solido, acidi forti, etc.), in soluzione acquosa sono dissociati completamente, o quasi, in ioni. Gli elettroliti deboli invece sono poco dissociati (per esempio molti acidi organici). L'acqua è un ottimo solvente per sostanze ionizzabili purché la solvatazione porti ad un guadagno energetico che compensi l'energia di rottura dei legami attrattivi che esistono in fase solida. Potremo perciò avere, per molecole polari (anche se a struttura covalente, non ionica) una reazione di dissociazione, favorita dall'acqua, che può essere totale o parziale.

HCl + H2O ← H3O+ + Cl- totale NH3 + H2O ← NH4+ + OH- parziale H2SO4 + H2O ←H3O+ + HSO4- totale HSO4- + H2O ← H3O+ + SO42- parziale Gli ioni sono solvatati da altre molecole di acqua.

Se in una soluzione di elettroliti immergiamo due lamine metalliche e ad esse imponiamo una forza elettromotrice fem (o differenza di potenziale ddp), si ha passaggio di corrente e, alle due lamine, che si chiamano elettrodi, avvengono processi chimici.

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino - 3

Rappresentazione schematica di una apparecchiatura costituita da una soluzione di elettroliti in cui sono immerse due lamine metalliche sottoposte a ddp mediante una pila. Gli ioni positivi (cationi) vanno verso il catodo che si trova a potenziale elettrico più basso (catodo dal greco κατα = sotto). Gli ioni negativi (anioni) verso l'anodo, a potenziale più alto (anodo dal greco ανα = sopra). All'interfaccia catodo-soluzione si ha una riduzione (assorbimento di elettroni e-);

all'anodo invece ossidazione (cessione di elettroni). Gli elettroni ceduti, sotto l'effetto della forza elettromotrice passano dall'anodo verso il catodo attraverso un circuito metallico esterno e seguono perciò un percorso da destra a sinistra. Avremo così un flusso di cariche elettriche che avviene in parte nel circuito esterno (elettroni) e in parte in soluzione (ioni).

Le reazioni che avvengono sono:

riduzione (al catodo) Mn+ + n e- → M

Alcuni ioni metallici (Ag+, Cu++, etc.) possono depositarsi sul catodo.

In presenza di acidi, idrossidi, sali di metalli alcalini e alcalino-terrosi, può essere l'acqua a subire la riduzione: 2 H2O + 2 e- H2 + 2 OH-

ossidazione (all'anodo) M← Mn+ + n e-

Questo tipo di reazione avviene se l'anodo è costituito da un metallo attaccabile (che possa perciò passare in soluzione sotto forma di ioni).

Se si tratta di alogenuri X (escluso però il fluoro F), in soluzione avviene la reazione: 2 X- → X2

+ 2 e-. Se l'anodo è costituito da un metallo "nobile" (come Pt, Au, etc.) e se non ci sono anioni che si possano scaricare facilmente, è l'acqua a subire l'ossidazione: 2 H2O → O2 + 4 H+ + 4 e- Questo processo si chiama elettrolisi e può avvenire anche in assenza di solvente, per esempio nei sali fusi, purché esistano ioni in grado di muoversi (NaCl, HgCl2, KBr, NaOH, etc.).

Per esempio, per NaCl fuso (e in assenza di ossigeno e di acqua!) si hanno le seguenti reazioni:

al catodo: Na+ + e- → Na all'anodo 2 Cl- → Cl2 + 2 e-

L'elettrolisi di NaCl permette, con catodo di Hg, di ottenere Na metallico in amalgama, cosa impossibile in acqua, poiché si ridurrebbe H2O dando H2 anziché il metallo desiderato.

Ricordando che la carica elementare è 1,602 x 10-19 C (C = Coulomb, unità di misura elettrica) e che una mole contiene 6,022 x 1023 unità, per un metallo monovalente occorrerà una quantità di elettricità = 1 mole di elettroni = 96486,7 C

Approssimando, definiamo questa quantità di elettricità Faraday F 1 F = 96500 C

La stessa quantità basterà solo per 0,5 moli di metallo bivalente e così via.

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Le leggi stechiometriche di Faraday sulla elettrolisi sono del 1834:

1) la quantità di elettrolita decomposto durante l'elettrolisi è proporzionale alla quantità totale di elettricità Q = i Δt in cui i è l'intensità di corrente, Δt è il tempo per cui essa circola.

2) la massa di ogni specie chimica trasformata ad ogni elettrodo per il passaggio di 1 F di elettricità è uguale al prodotto della massa molare, per il coefficiente di reazione, diviso il numero di elettroni scambiati (è perciò proporzionale alla massa equivalente).

Abbiamo visto così che l'energia elettrica può portare a trasformazioni chimiche; ma è possibile trasformare energia chimica in energia elettrica?

Possiamo far avvenire delle reazioni redox (di ossidoriduzione) in una apparecchiatura controllata, detta cella elettrochimica o pila.

Se mettiamo una lamina di zinco Zn in una soluzione di solfato di rame CuSO4 (che è di colore blu dovuto ad un complesso di Cu++ con l'acqua), Zn si ricopre progressivamente di polvere rossastra, mentre la soluzione scolora.

Avviene cioè la reazione: Zn + CuSO4 →Cu + ZnSO4

La polvere è Cu che si riduce (assorbendo elettroni dalla lamina di Zn); la soluzione scolora poiché diminuisce la concentrazione di ioni Cu++ (che, solvatato, è blu).

Contemporaneamente Zn deve ossidarsi a Zn++ e passa in soluzione (anche se questo processo non è visibile, dato che Zn++ è incolore.

In base a queste considerazioni, proviamo a costruire una "pila" per sfruttare l'energia chimica del processo che, come si è visto, avviene spontaneamente; per far questo è necessario mantenere separati i due processi di ossidazione e riduzione.

Pila Daniell, che permette di ottenere energia elettrica da una reazione chimica di ossidoriduzione. Una lamina di Zn è immersa in una soluzione di Zn++ , una di Cu in una soluzione di Cu++. Le due lamine sono collegate mediante un circuito elettrico che comprende una resistenza R (per ridurre e controllare la velocità di passaggio degli elettroni e perciò del processo redox) e un amperometro A (per evidenziare l'intensità della corrente). Le due soluzioni sono collegate mediante il ponte salino P, costituito da un sifone contenente una

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino - 5

ponte salino permette il riequilibrio elettrico delle soluzioni quando avviene la reazione redox; se non ci fosse, il circuito sarebbe bloccato e la reazione non potrebbe procedere.

In questo modo, costruendo la pila, abbiamo praticamente separato la reazione : Zn + CuSO4 → Cu + ZnSO4

in due reazioni parziali: all'anodo (osssidazione): Zn → Zn++ + 2 e- al catodo (riduzione): Cu++ + 2 e- → Cu

ed abbiamo potuto così mettere in evidenza che avviene una trasformazione di energia chimica in energia elettrica; se le due reazioni fossero avvenute nella stessa soluzione avremmo avuto una meno evidente (e meno interessante) trasformazione di energia chimica in energia termica.

Ognuno dei due elementi che costituiscono la pila sono detti semielementi. Praticamente tutte le reazioni redox spontanee possono generare energia elettrica. Se invece di sfruttare le reazioni per ottenere energia elettrica, fornissimo noi l'energia elettrica, invertendo la direzione del flusso elettronico, potremmo far avvenire la reazione inversa. E' possibile perciò far avvenire anche reazioni non spontanee (elettrolisi). Chiamiamo catodo l'elettrodo sul quale avviene la riduzione, anodo quello su cui avviene l'ossidazione (esattamente come nell'elettrolisi). La fem generata (a circuito esterno interrotto, altrimenti non la potremmo misurare poiché cambierebbe continuamente) è una misura della tendenza della reazione ad avvenire ed è perciò collegabile, parlando in termini di termodinamica delle reazioni, al ΔG della trasformazione. Se ΔG = 0 anche fem = 0 (perciò un sistema in equilibrio non può generare energia elettrica).

E' possibile costruire pile anche con metalli nobili, detti elettrodi inerti, immersi in soluzioni contenenti le forme ossidata e ridotta di una stessa specie chimica (Fe2+/Fe3+, Sn2+/Sn4+, Mn2+/MnO4-, etc.). Altre pile si possono costruire utilizzando dei gas a contatto con elettrodi inerti; un esempio è l'elettrodo standard a idrogeno.

Elettrodo standard a idrogeno. Perché sia standard occorre che la pressione di H2 sia 1 atmosfera e che la concentrazione di H+ sia 1 molare. Può funzionare sia come anodo (ossidazione), sia come catodo (riduzione), a seconda del con cui viene accoppiato per costruire

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la pila. Il suo potenziale standard viene preso, per convenzione, come lo zero della scala dei potenziali ed è perciò un riferimento importante per definire la scala, benché esso sia piuttosto delicato da usare e sia difficile mantenerne le condizioni standard (se procede la reazione cambia infatti la concentrazione della soluzione).In effetti, anche se nella scala dei potenziali usata normalmente, i valori si considerano misurati rispetto a questo elettrodo in pratica se ne utilizzano altri, più semplici, stabili e riproducibili.

Il potenziale di un elettrodo è misurato in volt e dipende dalle concentrazioni delle forme Ox (ossidata) e Red (ridotta), secondo la relazione di Nernst

Walther Hermann Nernst (Briesen 1864 - Berlino 1941), fisico e chimico tedesco è noto soprattutto per la legge che fu poi generalizzata da Max Planck come terzo principio della termodinamica. Studiò alle università di Zurigo, Berlino, Graz e Würzburg. Dopo aver insegnato all'università di Gottinga, lavorò in quella di Berlino (1905) dove, in seguito, divenne direttore dell'Istituto di fisica sperimentale. Inventò una lampada a incandescenza, ancora oggi impiegata in laboratorio, ma il nucleo fondamentale della sua attività di ricerca fu lo studio degli equilibri chimici. Elaborò la teoria del potenziale elettrochimico e le leggi sulla conduzione di corrente elettrica nelle soluzioni. Nel 1920 ricevette il premio Nobel per la chimica.

Per una reazione generica Ox + ne- → Red

la relazione di Nernst è la seguente

in cui: E è il potenziale dell'elettrodo ed E° il suo potenziale normale, cioè il potenziale dell'elettrodo in condizioni standard (concentrazione 1M per tutte le specie in soluzione, pressione 1 atm per i gas; T=25°C; metalli puri; sali poco solubili presenti come corpo di fondo);

ed inoltre: R = 8,313 (J mol-1 K-1); F = 96500 (C); T = 298,16 (K) (cioè 273.16 + 25); n = numero di elettroni in gioco

Per convenzione si scrive così un potenziale di riduzione, in base alla reazione indicata sopra.

Normalmente usiamo sempre gli E di riduzione. Il potenziale di ossidazione (reazione inversa) sarebbe eguale, ma di segno opposto. Gli E° sono tabulati e, se riferiti a reazioni in cui compaiono gli elementi con stato di ossidazione 0, la sequenza viene chiamata serie elettrochimica degli elementi.

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Ox + ne-

→ Red E° (V)

Li+ + e-

→ Li -3,045

K+ + e-

→ K -2,925

Ba++ + 2e-

→ Ba -2,9

Ca++ + 2e-

→ Ca -2,87

Na+ + e-

→ Na -2,714

Mg++ + 2e-

→ Mg -2,37

Be++ + 2e-

→ Be -1,85

Al+++ + 3e-

→ Al -1,66

Ti++ + 2e-

→ Ti -1,63

Mn++ + 2e-

→ Mn -1,18

V++ + 2e-

→ V -1,18

Zn++ + 2e-

→ Zn -0,763

Cr+++ + 3e-

→ Cr -0,74

Fe++ + 2e-

→ Fe -0,44

Cd++ + 2e-

→ Cd -0,403

Co++ + 2e-

→ Co -0,277

Ni++ + 2e-

→ Ni -0,25

Sn++ + 2e-

→ Sn -0,136

Pb++ + 2e-

→ Pb -0,126

2 H+ + 2e-

→ H2 0,000

Cu++ + 2e-

→ Cu +0,337

O2 + 4e- + 2 H2O → 4 OH- +0,401

(8)

Cu+ + e-

→ Cu +0,521

I2 + 2e-

→ 2 I- +0,536

Hg++ + 2e-

→ 2 Hg +0,789

Ag+ + e-

→ Ag +0,799

Rh+++ + 3e-

→ Rh +0,8

Pd++ + 2e-

→ Pd +0,987

Br2 + 2e-

→ 2 Br- +1,065

Cl2 + 2e-

→ 2 Cl- +1,359

Au+++ + 3e-

→ Au +1,50

Au+ + e-

→ Au +1,68

F2 + 2e-

→ 2 F- +2,87

Serie elettrochimica degli elementi: comprende quasi tutti gli elementi più comuni nei loro stati di ossidazione più abituali. La freccia indicata non è doppia (benché le reazioni siano sempre possibili anche in senso contrario) poiché consideriamo sempre la reazione di riduzione.

Ma sono stati determinati gli E° per moltissimi altri sistemi redox, che non coinvolgono direttamente gli elementi allo stato di ossidazione 0. Nella tabella successiva ne vengono riportati alcuni.

Ox + ne- → Red E° (V)

2 SO3-- + 2 H2O + 2e- → S2O4-- + 4 OH- -1,12

SO4-- + H2O + 2e- → SO3-- + 2 OH- -0,93

Cr+++ + e- → Cr++ -0,41

2 SO4-- + 4 H+ + 2e- → S2O6-- + 2 H2O -0,22 CrO4-- + 4 H2O + 3e- → Cr(OH)3 + 5 OH- -0,13

S4O6-- + 2e- → 2 S2O3-- +0,08

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino - 9

Sn++++ + 2e- → Sn++ +0,154

Cu++ + e- → Cu+ +0,153

SO4-- + 4 H+ + 2e- → H2SO3 + H2O +0,17

Fe(CN)6--- + e- → Fe(CN)6---- +0,36

MnO4- + e- → MnO4-- +0,564

MnO4-- + 2 H2O + 2e- → MnO2 + 4 OH- +0,60

O2 + 2 H+ + 2e- → H2O2 +0,682

Fe+++ + e- → Fe++ +0,771

2 Hg++ + 2e- → Hg2++ +0,920

NO3- + 4 H+ + 3e- → NO + 2 H2O +0,96

MnO2 + 4 H+ + 2e- → Mn++ + 2 H2O +1,23

Tl+++ + 2e- → Tl+ +1,25

Cr2O7-- + 14 H+ + 6e- → 2 Cr+++ + 7 H2O +1,33

MnO4- + 8 H+ + 5e- → Mn++ + 4 H2O +1,51

MnO4- + 4 H+ + 3e- → MnO2 + 2 H2O +1,695

Co+++ + e- → Co++ +1,842

S2O8-- + 2e- → 2 SO4-- +2,01

Scala dei potenziali normali per una serie di reazioni abbastanza comuni.

Mano a mano che aumenta E°, aumenta la capacità ossidante del sistema che, se in condizioni standard, potrà ossidare tutti i sistemi con E° inferiore, se in condizioni standard anch'essi.

Se il sistema, come succede quasi sempre, non è in condizioni standard, occorre calcolare il potenziale effettivo dei sistemi in gioco utilizzando la relazione di Nernst per sapere quale dei due elettrodi sia il più ossidante (cioè con potenziale più alto).

Dagli E° è possibile risalire alla K di equilibrio della reazione chimica totale che avviene nella pila.

Infatti, per la reazione generica: a A + b B ← c C + d D

(10)

la variazione di energia libera per a moli di A che hanno reagito sarà

Per una pila reversibile (cioè con intensità di corrente erogata tendente a zero), il lavoro elettrico compiuto è −ΔG che è uguale a E (in cui E è la differenza di potenziale, ddp) per la carica passata (cioè nF).

L'utilità dei metodi elettrochimici è enorme: permette, per esempio, di determinare il pH di una soluzione (si può perciò seguire una titolazione) misurando la fem di una pila formata da un elettrodo di riferimento e da un elettrodo sensibile alla concentrazione [H3O+]. Per far questo, invece dell'elettrodo a idrogeno, poco pratico, si preferisce usare l'elettrodo a vetro (detto anche

"a membrana"). Infatti, su una sottile membrana di certi vetri si crea una ddp se esso separa due soluzioni a diversa [H3O+].

Elettrodo a vetro. Il bulbo contiene un elettrodo di riferimento Ag/AgCl/Cl-In figura la espressione ideale del potenziale della membrana di vetro. Il meccanismo non è chiaro, ma si suppone che i cationi delle cavità tetraedriche della silice (essendo il vetro costituito essenzialmente di SiO2, CaO, Na2O) si possano spostare verso altre cavità, se sottoposti a campo elettrico

Praticamente il sistema è formato da una soluzione a [H3O+] = costante (cioè tamponata) e di un elettrodo di riferimento interno (Ag/AgCl/Cl-); la E di quest'ultimo dipende da [Ag+], che è però condizionata dal prodotto di solubilità di AgCl, KPS AgCl.

[A] a [B] b [C] c [D] d

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

Potenziale o fem di un elettrodo di riferimento Ag/AgCl/Cl-

Altri elettrodi di riferimento possono essere quelli a calomelano di schema (Hg/Hg2Cl2(sat), KCl(xM)), il cui E dipende da [Cl-], che può essere , per esempio, O,1M, 1M o saturo di Cl- con KCl solido presente al fondo.

Stiamo parlando, da un po' di tempo, di "misure di fem di una pila"; ma come si può determinare la fem di una pila? Innanzitutto occorre operare in condizioni di reversibilità termodinamica, cioè senza passaggio di corrente (altrimenti variano le concentrazioni e, di conseguenza, gli E) e senza allontanarsi troppo dalle condizioni di equilibrio (ΔG=0), altrimenti la relazione di Nernst non è più valida. Per la misura si usa uno strumento chiamato potenziometro.

Schema di potenziometro. La batteria B invia corrente attraverso il filo calibro AO (reocordo) e la resistenza variabile R. Si regola R finché si ha una certa ddp tra A e O. Quindi, dopo aver inserito il circuito scelto col deviatore D (la cella Weston di riferimento W, per la taratura, oppure la cella C da misurare) si regola il reostato col puntatore P in modo che il galvanometro non segni passaggio di corrente. Il galvanometro G, infatti, non ha la funzione di misurare l'intensità di corrente come un amperometro, bensì quella di individuare quando non passa corrente (la differenza sostanziale tra un amperometro e un galvanometro è che, mentre nell'amperometro lo zero è a fondo scala a sinistra, nel galvanometro è centrale; inoltre la sua sensibilità è elevatissima); la situazione in cui l'ago dell'indicatore punta sullo zero si chiama punto di azzeramento.

Col potenziometro si bilancia la fem incognita con una fem nota, in modo che non passi corrente;

il metodo è detto metodo di opposizione o di Poggendorf. Quando, variando la resistenza R e in base alla relazione V =R i, (differenza di potenziale V uguale al prodotto della resistenza R per l'intensità della corrente i) si è tarato il reocordo AO in modo da conoscere la ddp tra i due estremi A e O, il puntatore P del reostato individua in ogni momento una ddp proporzionale alla lunghezza del tratto AP, lunghezza che chiameremo lAP. Operando con la cella incognita C si individua un tratto AP. Tutte le operazioni debbono avvenire evitando al massimo qualsiasi passaggio di corrente, per non modificare le ddp delle celle. Possiamo dire che Ecella = i RAP; cioè la ddp della cella è proporzionale a i e alla resistenza del tratto AP.Ma poiché non conosciamo i, sarà necessario prendere come riferimento un'altra cella di ddp nota, come la cella Weston; con questa individueremo un tratto AW tale che EWeston = i RAW. Tenendo presente che la resistenza di un filo calibro è proporzionale alla sua lunghezza l, potremo dire che:

RAP/RAW = lAP/lAW

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Dividendo ora membro a membro, avremo che: Ecella/EWeston = RAP/RAW= lAP/lAW e da questa: Ecella =EWeston lAP/lAW

Cella Weston, 1 = soluzione satura di CdSO4 2 = cristalli di 3 CdSO4.8 H2O 3 = pasta di Hg2SO4 e Hg 4 = Hg 5 = amalgama 10-13% Cd/Hg. La cella Weston è una cella standard, molto stabile anche se passa corrente, perfettamente reversibile e con un piccolissimo coefficiente di temperatura: ΔE/°C (4x10-5 Volt/°C), EW = 1,01864 V

Ricordiamo le convenzioni da seguire quando si parla di celle elettrolitiche (nelle quali si effettua una elettrolisi fornendo energia) o di celle galvaniche (nelle quali si sfrutta una reazione spontanea per ottenere energia).

catodo Anodo

segno reazione segno reazione

cella elettrolitica

-

riduzione

+

ossidazione

cella galvanica

+

riduzione

-

ossidazione

Convenzioni per celle elettrolitiche e galvaniche

In una cella galvanica il catodo (+) è quello costituito dal sistema a potenziale più alto, perciò più ossidante; al catodo si avrà perciò riduzione: la sottrazione di elettroni dall'elettrodo lo rende positivo; all'anodo invece si avrà ossidazione: gli elettroni lasciati sull'elettrodo lo rendono negativo. E' ovvio però che un semielemento potrà comportarsi da catodo o da anodo a seconda del semielemento che gli viene accoppiato.

Se abbiamo a disposizione per esempio i tre semielementi (1) Cu++/Cu E° = +0,377

(2) Zn++/Zn E° = -0,763 (3) Ag+/Ag E° = +0,799

potremo ottenere 3 accoppiamenti diversi in cui un semielemento può assumere la funzione di anodo o di catodo in base al potenziale dell'altro semielemento:

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

.

Pile costituite mediante accoppiamenti di diversi semielementi.Per convenzione si mette a destra sempre quello con E più elevato, così che quando si fa la differenza (ddp) essa sia sempre positiva.

Si nota che, mentre il semielemento Zn++/Zn, che possiede E° più basso, funziona, in questi esempi, sempre da anodo, il semielemento Cu++/Cu funge da catodo nel primo caso e da anodo nel terzo. Se la differenza fosse negativa, occorrerebbe invertire le posizioni, in modo che sia sempre l'anodo a sinistra e il catodo a destra. Sia nella cella elettrolitica sia nella galvanica, i cationi si muovono sempre dall'anodo verso il catodo, gli anioni viceversa, o per reagire sull'elettrodo o, quantomeno, per equilibrare la densità di cariche positive e negative nella soluzione.Si possono costruire celle galvaniche anche con due semielementi che differiscono tra loro solo per la concentrazione della soluzione: sono dette pile a concentrazione.

(Notare anche la simbologia che si usa nel descrivere graficamente una pila: il simbolo / indica una interfaccia, generalmente metallo/soluzione; il simbolo // indica la separazione tra due soluzioni e corrisponde, praticamente, al ponte salino; tra parentesi la concentrazione dello ione nella soluzione).

Un esempio di pila a concentrazione può essere:

Zn / Zn++(0,001 M) / Zn++(1 M) / Zn

E = E2-E1 = E°Zn++/Zn + 00,59/2 lg [Zn++]2- E°Zn++/Zn + 00,59/2 lg [Zn++]1

E = 00,59/2 lg [Zn++]2 / [Zn++]1 = 0,0295 lg 103 = 0,0885 V

La fem non dipende da E° né, perciò, dal sistema scelto, ma solo dal rapporto delle concentrazioni.

Spontaneità delle reazioni redox

La serie permette di stabilire quali reazioni di ossidoriduzione possono avvenire spontaneamente, ad esempio:

• La reazione Cu++ + Zn → Cu + Zn++ avviene poichè si ha riduzione di Cu++ e ossidazione di Zn, e dalla serie elettrochimica si osserva che effettivamente la tendenza alla riduzione è maggiore per il rame rispetto allo zinco.

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• La reazione Cu + Zn++ → Cu++ + Zn NON avviene poiche si avrebbe riduzione di Zn++ e ossidazione di Cu, ma dalla tabella si osserva che la tendenza alla riduzione e maggiore per il rame rispetto allo zinco.

• La reazione Zn + 2 H+ → Zn++ + H2

avviene poiche si ha ossidazione dello zinco e riduzione dell'idrogeno, e dalla tabella si osserva che effettivamente la tendenza alla riduzione e’ maggiore per l'idrogeno rispetto allo zinco: ecco perche lo zinco viene corroso dall'acido cloridrico!

• La reazione Cu + 2 H+ → Cu++ + H2

NON avviene poiche si avrebbe ossidazione del rame e riduzione dell'idrogeno, ma dalla tabella si osserva che la tendenza alla riduzione e’ maggiore per il rame rispetto all'idrogeno: ecco perche il rame non viene corroso dall'acido cloridrico!

La serie di reattività o serie di attività è una serie empirica di metalli , in ordine di "reattività"

dal più alto al più basso. E 'utilizzata per riassumere le informazioni circa le reazioni dei metalli con acidi e l'acqua, le reazioni di spostamento e l'estrazione dei metalli dai loro minerali.

Metallo Ione Reattività Estrazione

K K +

reagisce con l' acqua

elettrolisi Na Na +

Li Li + Rb Rb + Ba Ba 2 + Sr Sr 2 + Ca Ca 2 + Mg Mg 2 +

reagisce con gli acidi Al Al 3 +

Mn Mn 2 +

fusione

con il carbone Zn Zn 2 +

Cr Cr 2 + Fe Fe 2 + Cd Cd 2 + Co Co 2 + Ni Ni 2 + Sn Sn 2 + Pb Pb 2 +

H 2 H + inclusi per il confronto

Sb Sb 3 +

può reagire con alcuni fortemente acidi ossidanti

calore o fisico estrazione Bi Bi 3 +

Cu Cu 2 + Ag Ag +

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

Au Au 3 + Pt Pt 2 +

Andando dal basso verso l’alto in questa tabella:

Aumenta la reattività dei metalli;

I metalli perdono elettroni più facilmente per formare ioni positivi;

I metalli si corrodono più facilmente;

I metalli richiedono più energia (e diversi metodi) per essere separati dai loro minerali;

I metalli diventano più forti agenti riducenti.

Parte (o tutta) della capacità ossidante degli acidi deriva dalla ione H+.

Dall’espressione del potenziale ossido riduttivo relativo alla semi - reazione dello ione H+ (H3O+):

2H+ + 2e D H2(g)

si ottiene (se l’H2 si libera all’atmosfera p(H2) =1.00 atm ) E = -0.0592 pH

Una soluzione di H+ 1.0 mol dm -3 (pH = 0, E=0.0 V) è in grado di comportarsi da ossidante solo rispetto a quelle coppie ossido - riduttive che hanno potenziali più piccoli del suo cioè minori di zero (in modo quantitativo se il potenziale è inferiore a –0.300 V; a pH più alti H+ è meno ossidante).

I metalli “normali” che hanno potenziale normale ossido riduttivo negativo come zinco e alluminio:

Zn2+ + 2eD Zn E° = -0.763 V Al3+ + 3e D Al E° = -1.662 V

possono essere ossidati dallo ione H+ di acidi minerali non ossidanti. Alcuni di questi metalli, per esempio quelli del gruppo I, del gruppo II ed i lantanidi, sono così riducenti che vengono ossidati anche dall’acqua. In alcuni casi, la reazione di ossidazione è così esotermica che l’idrogeno prodotto è così caldo che prende fuoco all’aria.

I metalli “nobili” invece hanno un potenziale ossido - riduttivo > 0:

Cu2+ + 2e D Cu E°=0.334 V Ag+ + e D Ag E°=0.800 V

e richiedono un ossidante più energico di H+ quale può essere l’acido nitrico in ambiente acido.

Dalla espressione del potenziale della semireazione relativa alla riduzione dell' acido nitrico:

2 2 2

2

2 [ ]

2 log 0592 . 0 ] log[ 2 0592 . 0

H H H

H p

H p

E H

E = ° + + + = +

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4H+ + NO3- + 3e D NO(g) + 2H2O

si osserva che il potenziale aumenta col diminuire del pH. In altri termini all'aumentare dell'acidità il potere ossidante dell'acido nitrico aumenta.

Reazioni dei metalli in acido cloridrico diluito: da sinistra a destra calcio, magnesio, zinco e ferro liberano idrogeno e si ossidano..

Reazione di metalli con acido nitrico : da sinistra a destra oro,argento, platino, rame, solo il rame reagisce con l’acido nitrico perché ha un potenziale di riduzione di +0,337V molto inferiore a quello della coppia NO3-/NO che è uguale a +0,96V.

NO NO NO

NO p

pH NO p

NO E H

E [ ]

log 02 . 0 08

. 0 957 . ] 0 [ ] log[ 3 0592 .

0 4 3 3

3

+

+ ≅ − +

°

=

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

PILE e BATTERIE

Le celle galvaniche sono utilizzate come sorgenti portatili di energia elettrica.

La pila propriamente detta non è ricaricabile e a tale proposito viene anche detta batteria primaria, per distinguerla dalla batteria ricaricabile (è possibile cioè, mediante una sorgente di energia esterna, provocare una elettrolisi che ristabilisce le condizioni iniziali). che prende invece il nome di batteria secondaria o accumulatore di carica elettrica. All'interno di una pila avviene una reazione di ossido-riduzione, in cui una sostanza subisce ossidazione, perdendo elettroni, mentre un'altra sostanza subisce riduzione, acquistandoli. Data la sua configurazione, la pila consente di intercettare e sfruttare il flusso di elettroni tra le due sostanze. Tale flusso genera una corrente elettrica continua, il cui potenziale elettrico è funzione delle reazioni di ossidazione e riduzione che vi avvengono. Una pila si scarica quando queste reazioni chimiche raggiungono lo stato di equilibrio.

PILA di VOLTA (1799)

Nel 1799 Alessandro Volta riprese gli studi di Luigi Galvani sulla corrente elettrica, riuscendo a realizzare la prima pila (oggi detta voltaica), con i seguenti costituenti:

un supporto di legno posto verticalmente su una base circolare;

dischetti di rame e zinco;

panno imbevuto di una soluzione acida (formata da acqua e acido solforico);

due fili di rame.

La pila di Volta consiste in dischetti di rame e zinco alternati, secondo lo schema rame-zinco- umido-rame-zinco, e così via, il tutto mantenuto verticalmente dalla struttura di legno esterna.

Una volta disposti i dischetti e il panno sul supporto, collegando il primo e l'ultimo dischetto della colonna con due fili di rame, si viene a creare tra essi una differenza di potenziale in grado di produrre il passaggio di corrente.In realtà Volta credeva che il passaggio di corrente fosse dovuto alla differenza di potenziale originatasi in seguito al semplice contatto dei due metalli, mentre successivamente si capì che il passaggio di corrente è dovuto alla differenza di potenziale creata dai due metalli, provocata dalle reazioni chimiche al quale concorre anche il mezzo umido.Durante il funzionamento della pila, lo zinco si consuma mentre il rame rimane intatto (può eventualmente ossidarsi). Questo perché lo zinco cede due elettroni e passa da Zn metallico a Zn2+ .

PILA DANIELL- 1836 (illustrata in precedenza)

Successivamente, nel 1836, John Frederic Daniell elaborò una pila, chiamata pila Daniell, sfruttando il prototipo inventato da Volta e apportando miglioramenti in termini di voltaggio e sicurezza d'uso.

PILA ZINCO-CARBONE

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La prima pila a secco (cioè priva di elementi liquidi) prodotta industrialmente e commercializzata su ampia scala fu la pila zinco-carbone, brevettata nel 1886 dal Dr Carl Gassner, che sviluppò un precedente prototipo inventato e brevettato da Georges Leclanché nel 1866 (la cosiddetta pila Leclanché). In sostanza la precedente pila Leclanché aveva i due elettrodi ancora immersi in una soluzione acquosa elettrolita di cloruro di zinco e cloruro di ammonio, per cui non può essere considerata una vera e propria pila a secco.

La pila zinco-carbone ha forma cilindrica ed è costituita da un anodo di zinco metallico che occupa la base inferiore e la superficie del cilindro, fungendo quindi anche da contenitore.

All'interno troviamo una pasta gelatinosa di biossido di manganese e cloruro di ammonio, misti ad una polvere di carbone. Il catodo è costituito da una barretta di grafite, immersa in questa pasta e la cui sommità, ricoperta da un cappuccio metallico, sporge sulla base superiore del cilindro.

Una plastica sigillante divide il cappuccio metallico dal contenitore di zinco, in modo da evitare il corto circuito tra anodo e catodo.

Sezione schematica di pila a secco zinco-carbonio, 1 = parete di Zn (che funge da anodo); 2 = setto poroso; 3 = impasto di MnO2, NH4Cl, polvere di grafite; 4 = grafite (che funge da catodo); 5 = setto isolante

La reazione all'anodo è: Zn (s) → Zn++ + 2e-

Al catodo le reazioni sono molto complesse; una delle principali è:

2 MnO2 (s) + 2 NH4+ + 2 e-→ Mn2O3 (s) + 2 NH3 + H2O

Zn e MnO2 sono entrambi solidi per cui, pur essendo fisicamente a contatto non reagiscono all'interno della pila in maniera rapida. I potenziali di riduzione all'anodo e catodo (E) sono difficili da calcolare sia perché sono instabili a causa delle variazioni delle specie ioniche coinvolte nelle due semi-reazioni (secondo l'equazione di Nerst E dipende dalla concentrazioni molari delle specie ioniche coinvolte nella semi-reazioni), sia perché sono diverse le semi- reazioni di riduzione al catodo. In ogni caso la differenza di potenziale (d.d.p) o forza elettromotrice (f.e.m.) di una pila zinco carbone giovane (∆E) è circa 1.5 V.La pila zinco-carbone ha numerosi svantaggi: il contatto fisico Zn e MnO2 e l'ambiente acido della pila non impediscono la reazione di ossidoriduzione anche a riposo, rendendo relativamente elevato il processo di scarica a riposo. Le numerose reazioni parallele portano alla formazione di numerose sostanze che aumentano la resistenza interna della pila, abbassando il ∆E (inizialmente 1.5 V ma poi destinato ad abbassarsi rapidamente). Anche l'ammoniaca che si libera al catodo tende a formare un velo gassoso sulla sua superficie, aumentando la resistenza interna e quindi

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

abbassando il ∆E. In altre parole la pila ha facilità a scaricarsi. Un problema aggiuntivo è dato dall'assottigliamento della parete di zinco della pila a causa della semi-reazione di ossidazione.

Questo porta a problemi di perdita del contenuto interno.

PILE ALCALINE

Furono Inventate negli anni ‘50 da un ingegnere canadese, Lewis Urry, e sono l'evoluzione delle pile a secco zinco-carbone. L'ossidante e il riducente sono ancora biossido di manganese (MnO2) e zinco metallico (Zn), ma lo Zn non forma più il contenitore esterno, bensì è inserito in forma di polvere attorno ad una barra metallica inerte (anodo). MnO2 è anch'esso una polvere a contatto con il contenitore esterno metallico e inerte (catodo). Le due polveri di Zn e MnO2 sono immerse in una pasta gelatinosa, alcalina appunto, di idrossido di potassio (KOH) come elettrolita e sono separate da un separatore che fa passare ioni, ma non le due sostanze solide polverizzate. La presenza del KOH è fondamentale in quanto ha il vantaggio di non produrre gas durante il funzionamento (esempio NH3) e di non avere cadute di tensione (∆E), che rimane costante e pari ad 1.5 V. L'estremità della barra di metallo che funge da anodo è a contatto con un dischetto di metallo sulla base inferiore del cilindro della pila, estendendo quindi la funzione anodica a tutto il dischetto. Quest'ultimo è separata dal contenitore esterno catodico di metallo da un sigillante di plastica non conduttore che evita il corto circuito.

La pila alcalina, che ha capacità maggiore ed eroga una ddp di 1.54 V, lavora in ambiente basico;

le reazioni sono:

all'anodo Zn (s) + 2 OH- → ZnO (s) + H2O + 2e-

al catodo 2 MnO2 (s) + H2O + 2 e- → Mn2O3 (s) + 2 OH- totale Zn (s) + 2 MnO2 (s) ZnO (s) + Mn2O3 (s)

A differenza della tradizionale pila zinco-carbone, nella pila alcalina entrambi i potenziali di riduzione (E) all'anodo e al catodo sono noti, stabili e costanti durante il funzionamento della pila, garantendo una ∆E = 1.5 V. Inoltre Zn e MnO2 non sono adesso a contatto (divisi dal separatore) e quindi non reagiscono tra di loro quando la pila è a riposo (no scarica a riposo). Non si liberano gas e non di sono reazioni indesiderate, impendendo cadute di potenziale (∆E stabile). Infine non c'è consumo del contenitore della pila e quindi non ci sono perdite.

Un'altra pila è la pila nichel-cadmio, usata per calcolatori elettronici e piccoli apparecchi elettrici, che eroga una fem di 1.4 V e le cui reazioni sono:

all'anodo Cd (s) + 2 OH- → Cd(OH)2 (s) + 2e-

al catodo NiO2 (s) + 2 H2O + 2 e- → Ni(OH)2 (s) + 2 OH-

totale Cd (s) + NiO2 (s) + 2 H2O ← Ni(OH)2 (s) + Cd(OH)2 (s)

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PILA RUBEN-MALLORY

Ci sono poi pile miniaturizzate di vario tipo, ma con una struttura fisica come quella schematizzata nella figura seguente:

Schema di pila a secco miniaturizzata (per orologi al quarzo, macchine fotografiche, etc.)

1 = anodo di Zn; 2 = guarnizione isolante; 3 = KOH (aq) concentrato assorbito su tamponi; 4 = separatore; 5 = granuli di HgO

all'anodo Zn2 (s) + 2 OH- → ZnO (s) + H2O + 2e- al catodo HgO (s) + H2O + 2 e- → Hg (l) + 2 OH- totale Zn (s) + HgO (s) ZnO (s) + Hg (l)

PILA AD OSSIDO DI ARGENTO

Simile alla precedente è la pila a ossido d'argento, piuttosto costosa, le cui reazioni sono:

Inventata e commercializzata negli anni ’50 in varie forme e dimensioni. Fu utilizzata per tutta la seconda metà del secolo scorso nell’aeronautica militare, civile e spaziale. Gli alti costi di realizzazione, dovuti alla presenza dell'argento, l'hanno oggi resa poco competitiva in questi campi, ma sono ancora commercializzate e molto usate batterie da argento di piccole dimensioni, a forma di bottone, per orologi, calcolatrici, macchine fotografiche ed altri oggetti elettronici di piccoli dimensioni.

La base superiore della batteria è occupata da una lastra metallica inerte che funge da anodo, mentre la base inferiore e la parete laterale sono costituiti da una simile lastra metallica inerte che funziona da catodo. Una plastica sigillante e isolante corre internamente alla parete laterale fino alla base superiore, interponendosi tra anodo e catodo ed evitando così il corto circuito.

All’interno, a contatto con le basi superiore e inferiore della batteria, si trovano due paste gelatinose alcaline a base di idrossido di potassio (KOH) e contenenti una polvere di zinco (Zn) e un polvere di ossido di argento (Ag2O), rispettivamente. Queste sono separate da un separatore

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

permeabile agli ioni che, come in tutte le pile, assicura il ristabilimento della neutralità nei due ambienti gelatinosi.

Sulla superficie interna della lastra anodica avviene la semi-reazione di ossidazione, identici nella stechiometria e nel potenziale E a quelli già descritti per la batteria alcalina (vedi sopra), ovvero:

Zn → Zn2+ + 2 e- E = -1.25 V.

Sulla superficie interna della lastra catodica avviene la semi-reazione di riduzione:

Ag2O + H2O + 2e- → 2Ag + 2OH- E = +0.342 V.

Il potenziale di riduzione (E) di questa semireazione equivale a quello standard (E°) in quanto Ag2O e Ag sono composti solidi e OH- è ad una concentrazione molare alta, vicina ad 1 M (standard). Quindi E = E° = +0.342 V. Tale potenziale è inoltre costante in quanto la concentrazione molare di OH- rimane alta e costante durante il funzionamento della pila.

La reazione redox completa è:

Zn + Ag2O -> ZnO + 2Ag

∆E = 1.6 V

Come nella pila alcalina entrambi i potenziali di riduzione (E) all'anodo e al catodo sono noti, stabili e costanti durante il funzionamento della pila, garantendo una ∆E = 1.6 V. La batteria è inoltre piccola e quindi adatta per piccoli apparecchi. La presenza dell’argento la rende tuttavia costosa.

Usi: Aeronautica militare, civile e spaziale (nel secolo scorso e con dimensioni decisamente più grandi di quelle descritte qui); orologi, calcolatrici, macchine fotografiche, telecamere ed altri oggetti elettrici ed elettronici di piccole dimensioni.

Vantaggi: dimensione piccola, ∆E stabile (∆E = +1.6 V).

Svantaggi: bassa capacità (utilizzabili solo per piccoli strumenti), costo relativamente alto Si continua a progettare e a sperimentare nuovi tipi di pile a secco, perché la possibilità di poter disporre di sorgenti di energia elettrica trasportabili è diventata una delle esigenze maggiori del mondo attuale (basti pensare ai computer portatili, ai telefoni cellulari, alle telecamere, ecc.); gli obiettivi maggiori sono quelli di poter disporre di pile leggere, ad alte capacità e stabilità e possibilmente reversibili (alta durata).

BATTERIA PIOMBO-ACIDO.

Il nome "batteria" dipende dal fatto che si tratta di più celle collegate in serie; in questo caso la cella eroga una ddp di 2V, perciò 6 celle in serie portano ad una ddp di 12V (le batterie comunemente usate nelle automobili erogano infatti 12 volt; in alcuni casi, quando serve una ddp di 24 volt, occorrerà avere 12 celle, oppure collegare in serie due batterie da 12 V).

L'anodo è costituito da elettrodi di Pb, sui quali avviene la reazione:

Pb(s) + SO4-- → PbSO4 (s) + 2 e- Il catodo da elettrodi a PbO2:

PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- + 2 e- → PbSO4 (s) + 2 H2O

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Nella reazione totale, che si ottiene sommando membro a membro le due precedenti (operativamente corrisponde all'utilizzo della energia elettrica erogata, perciò alla scarica progressiva della batteria), diminuisce la [H2SO4], perciò anche la densità del liquido; ciò permette di controllare facilmente lo stato di carica della batteria mediante un semplice picnometro (operazione che esegue l'elettrauto quando controlla lo stato di carica della batteria dell'auto). La reazione totale è

Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- → 2 PbSO4 (s) + 2 H2O

Il vantaggio di queste batterie (nonostante il peso elevato) è che sono ricaricabili, cioè reversibili, ed hanno una lunga durata: applicando una sorgente di energia esterna (dinamo o alternatore) in senso opposto, si può invertire la reazione, operando cioè una elettrolisi:

2 PbSO4 (s) + 2 H2O → Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4--

In effetti è corretto, dato che la batteria è reversibile, scrivere la reazione totale, così:

Pb(s) + PbO2 (s) + 4 H+ + SO4-- 2 PbSO4 (s) + 2 H2O

Altre celle usate comunemente, anche per la loro economicità, sono quelle dette pile a secco, anche se non sono veramente "a secco", ma contengono l'elettrolita in un sistema gelatinoso.

BATTERIA LITIO-IONE

La batteria ricaricabile accumulatore agli ioni di litio (a volte abbreviato Li-Ion) è comunemente impiegata nell’elettronica di consumo, laptop e cellulari con i migliori rapporti potenza-peso, nessun effetto memoria ed una lenta perdita della carica quando non è in uso. Tali batterie possono essere pericolose se impiegate impropriamente e se vengono danneggiate, e comunque, a meno che non vengano trattate con cura, si assume che possano avere una vita utile più corta rispetto ad altri tipi di batteria. Una versione più avanzata della batteria agli ioni di litio è accumulatore litio-polimero.

Una reazione chimica tipica della batteria al Li-Ion è come segue:

Le batterie agli ioni di litio hanno una tensione di circuito aperto nominale di 3.6 V e una tensione di ricarica tipica di 4.2 V. La procedura di ricarica è a tensione costante con limite di corrente.

Questo significa caricare con corrente costante finché una tensione di 4.2 V viene raggiunta dalla pila e continua con tensione costante finché la corrente diventa nulla o quasi. (Tipicamente la carica viene terminata al 7% della corrente iniziale di carica). Le vecchie batterie agli ioni di litio non potevano essere caricate velocemente e necessitavano tipicamente di almeno 2 ore per ricaricarsi completamente. Le pile della generazione attuale si ricaricano completamente in 45 minuti o meno; alcune raggiungono il 90% di carica in appena 10 minuti. Il design interno delle pile a ione di litio è come segue. L'anodo è fatto con carbonio, il catodo è un ossido metallico, e l'elettrolita è un sale di litio in solvente organico. Poiché il metallo di litio, che potrebbe essere prodotto in condizioni irregolari di ricarica, è molto reattivo e può causare esplosioni, le pile agli ioni di litio solitamente hanno incorporati circuiti elettronici protettivi e/o fusibili per evitare l'inversione di polarità, sovraccarichi di tensione e surriscaldamento.

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E. Angelini – Dip. DISAT – Politecnico di Torino -

Le batterie agli ioni di litio possono essere costruite in una vasta gamma di forme e dimensioni, in modo da riempire efficientemente gli spazi disponibili nei dispositivi che le utilizzano. Tali batterie sono anche più leggere delle equivalenti fabbricate con altri componenti chimici - spesso molto più leggere. Questo perché gli ioni di litio hanno una densità di carica molto elevata - la più alta di tutti gli ioni che si sviluppano naturalmente. Le batterie Li-ion non soffrono dell'effetto memoria. Hanno anche un basso ritmo di auto-scarica approssimativamente del 5% mensile, paragonato all'oltre 30% mensile e 20% mensile in batterie all'idruro metallico di nichel e al nichel-cadmio, rispettivamente.

Svantaggi

L'unico svantaggio della batteria al Li-Ion è che presenta un degrado progressivo anche se non viene utilizzata . Questo svantaggio non è molto pubblicizzato Ad un livello di carica del 100%, una tipica batteria Li-Ion per calcolatore portatile caricata al 25% e conservata a 25 °C perderà irreversibilmente circa il 20% della sua capacità all'anno. Tuttavia la batteria di un computer portatile poco ventilato potrebbe venire esposta a temperature più alte, abbreviandone ulteriormente la durata. Questo tipo di degrado peggiora con l'aumento della temperatura di conservazione e dello stato di carica. La potenza massima che può essere prelevata in continuo dalla batteria dipende dalla capacità, nei dispositivi che richiedono alta potenza (relativa alla capacità della batteria espressa in A·h), computer portatili e videocamere, le batterie al Li-Ion spesso si guastano bruscamente anziché mostrare una graduale diminuzione della durata di uso del dispositivo. Al contrario, dispositivi che richiedono bassa potenza, come i telefoni portatili, possono sfruttare l'intero ciclo di vita della batteria. Una pila al Li-Ione singola non va mai scaricata sotto una certa tensione, per evitare danni irreversibili. Di conseguenza tutti i sistemi che utilizzano batterie al Li-Ion sono equipaggiati con un circuito che spegne il sistema quando la batteria viene scaricata sotto la soglia predefinita. La chimica delle batterie Li-Ione non è sicura come le altre: una batteria. Li-Ione può esplodere se surriscaldata o caricata eccessivamente. Un accumulatore agli ioni di litio richiede diversi sistemi di sicurezza obbligatori al suo interno, prima che si possa considerare sicuro per l'uso comune. Questi includono un interruttore termico (per prevenire il surriscaldamento in caso di sovraccarico) e una linguetta di sicurezza con valvola di sfiato (per controllare la pressione interna). Nonostante queste caratteristiche di sicurezza, le batterie Li-Ion sono soggette a frequenti richiami in fabbrica; inoltre, i sistemi di controllo occupano spazio utile all'interno delle pile, oltre ad aggiungere ulteriori possibilità di guasto.

CELLE A COMBUSTIBILE – FUEL CELL

La cella a combustibile è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno ed ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica. L'efficienza o rendimento delle pile a combustibile può essere molto alta; alcuni fenomeni però, come la catalisi e la resistenza interna, pongono limiti pratici alla loro efficienza.

Il principio alla base delle pile a combustibile è quello della generazione diretta, a partire dalle sostanze reagenti (per esempio idrogeno ed ossigeno) di una forza elettromotrice per mezzo di una reazione elettrochimica, in modo analogo alle pile elettriche, anziché attraverso processi di conversione di energia, come si fa invece nei generatori elettrici azionati da macchine a combustione termica. La reazione elettrochimica si basa sull'idea di spezzare le molecole del

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combustibile o del comburente (di solito ossigeno atmosferico) in ioni positivi ed elettroni; questi ultimi, passando da un circuito esterno, forniscono una corrente elettrica proporzionale alla velocità della reazione chimica, e utilizzabile per qualsiasi scopo. In pratica, la scelta dei combustibili è molto limitata, perché ionizzare molte molecole è difficile, e la reazione risulta spesso bisognosa di una grande energia di attivazione, che a sua volta rallenta la reazione e rende l'uso pratico impossibile. L'idrogeno è un gas in grado di essere ionizzato facilmente, perché la sua molecola è costituita da due atomi legati da un legame relativamente debole (H-H); molto più debole, per esempio, di quello tra atomi di idrogeno e carbonio nella molecola del metano (CH4).

Il comburente più tipicamente usato è l'ossigeno dell'aria: non solo reagisce con l'idrogeno dando un prodotto innocuo come l'acqua, ma è anche disponibile in abbondanza e gratuitamente dall'atmosfera. Tuttavia, il doppio legame (O=O) tra gli atomi nella molecola dell'ossigeno è più forte che nel caso della molecola di idrogeno, e l'ossigeno rappresenta spesso un ostacolo maggiore nella catalisi delle reazioni elettrochimiche; si parla in gergo tecnico di sovratensione catodica, visto che l'ossigeno viene consumato al catodo della cella, e che una parte della tensione generata dalla cella viene assorbita per promuovere la reazione dell'ossigeno.

I problemi connessi all'uso dell'idrogeno come combustibile sono essenzialmente la sua scarsa densità energetica su base volumetrica (mentre è notevole su base massica), che richiede, per il suo stoccaggio, cilindri in pressione, in alternativa uno stoccaggio criogenico a 20 kelvin, o uso di metodologie di confinamento tramite spugne ad idruri metallici; nessuna di queste soluzioni risolve completamente il problema dello stoccaggio. Questa difficoltà ha stimolato vari filoni di ricerca alcuni dei quali rivolti a sostituire come combustibile l'idrogeno a favore di altri tipi di combustibili, quali il metanolo e l'acido formico; con questi combustibili, la densità di potenza prodotta dalla pila è più ridotta rispetto all'uso del solo idrogeno, relegando le applicazioni possibili al solo campo della elettronica (in particolare cellulari e laptop). Le peggiori caratteristiche della pila con combustibili alternativi all'idrogeno sono dovute essenzialmente all'aumento della sovratensione anodica per promuovere la reazione del combustibile.

Alternativamente, all'uso diretto del metanolo, è possibile un processo di trasformazione (reforming) in idrogeno, ma in tale processo si produce anche CO, un composto, che anche in piccole quantità (poche ppm), può portare al completo blocco di funzionamento delle celle.

L'ingombrante equipaggiamento di purificazione, necessario per evitare la presenza di monossido di carbonio, aumenta la complessità del sistema con una parallela riduzione delle prestazioni. Un problema molto forte che riguarda l'utilizzo dell'idrogeno nelle pile a combustibile è il fatto che lo

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