• Non ci sono risultati.

L olocausto raccontato attraverso il graphic novel su Jan Karski

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "L olocausto raccontato attraverso il graphic novel su Jan Karski"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

L’olocausto raccontato attraverso il graphic novel su Jan Karski

L’olocausto raccontato attraverso il graphic novel su Jan Karski realizzato da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso

Jan Karski l’uomo che scoprì l’olocausto

L’olocausto raccontato attraverso questo graphic novel è stata per me un’esperienza illuminante. Il fumetto di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso cattura l’attenzione del lettore e riesce a trasmettere un profondo senso di angoscia e impotenza, la stessa che provò quest’uomo straordinario, Jan Karski.

La sua storia ve l’ho raccontata già in un altro post, ma qui vale la pena ricordare alcuni punti salienti della sua vita.

Innanzitutto, diciamo che Jan Karski perse la sua battaglia, e questa è la parte più dolorosa, non solo della sua vita, ma per l’umanità intera. Jan Karski è stato sconfitto dall’indifferenza dei potenti e dagli interessi che girano nel mondo.

(2)

Era un semplice impiegato che, nel momento in cui scoppiò la Seconda guerra mondiale e la Polonia fu invasa, si trovò ad essere uno degli esponenti più importanti della Resistenza polacca. Divenne in breve tempo un informatore per il governo polacco in esilio con il compito di infiltrarsi nel Ghetto di Varsavia e raccontare al mondo ciò che stava accadendo agli ebrei in Polonia. Karski raccontò cosa stava accadendo, ma nessuno gli credette. O meglio, tutti gli credettero ma nessuno volle alzare un dito, e allora gli dissero che la sua storia non era credibile.

Venne catturato, torturato, vide la fame, il dolore e la pazzia negli occhi degli ebrei del ghetto. Portò la sua testimonianza a Churcill e Roosevelt, ma gli voltarono le spalle.

L’olocausto raccontato attraverso il graphic novel

In due tavole, quasi alla fine del fumetto, c’è un passaggio

(3)

drammaticamente attuale e doloroso per la nostra storia. A pag. 135, gli autori inseriscono due piccole tavole, a mio avviso tremende nel suo messaggio e che dovrebbero far r i f l e t t e r e s u c i ò c h e n o n a b b i a m o f a t t o i n m e r i t o all’olocausto e su ciò che probabilmente continueremo a non fare su questioni simili.

Siamo quasi alla fine della guerra e Jan Karski va in America per avere il sostegno del giudice Ebreo Frankfurter alla sua causa, e lui così argomenta la questione: …ma dalle voci che ho sentito negli ultimi mesi, questa catastrofe, questo

“olocausto” è noto. Le informative dei servizi sono piuttosto vaghe…ma una cosa è certa. Un’eventuale emergenza profughi…

profughi ebrei, sarebbe un cataclisma che le forze in guerra non posso reggere. Una lucidità che spiega le scelte di tanti governi che sicuramente molti di noi non condividono, ma che preservano gli stati dal collasso. Una massa umana improvvisa in un determinato paese, spesso non è gestibile. Non si è strutturati, attrezzati, organizzati. Il Paese potrebbe finire nel caos. Questa è la stata la scelta degli Alleati in merito

(4)

all’Olocausto, questa è la scelta dell’Europa difronte ai profughi dei paesi in guerra, questa è la scelta difronte ad un flusso umano potenzialmente infetto che si sposta. Si alzano le barriere, ci si protegge perché non ci sono le risorse umane ed economiche per far fronte a masse umane

“problematiche” in spostamento.

Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso

Questi due autori hanno realizzato un fumetto eccezionale. I disegni sono bellissimi per non parlare del colore, che è stato per me una vera sorpresa. La sceneggiatura ha reso perfettamente onore alla storia anche se, per ovvi motivi legati alla caratteristica del fumetto, il racconto è stato modificato in alcune parti per rientrare tutto in 139 pagine!

Bravi! Come dicevo all’inizio del post, la bravura dei due autori ci trasporta nel tormento e nelle vicende di quest’uomo straordinario che non si è mai dato pace per non essere riuscito a salvare la vita di milioni di persone. E a tal proposito vi consiglio di guardare questo bellissimo video realizzato dagli autori. E guardatelo fino in fondo…

Marco Rizzo e Lelio Bonaccorsosono sono due artisti bravissimi che hanno raccontato storie importanti come quella di Peppino Impastato, Marco Pantani e Che Guevara. Il libro, Jan Karski, L’uomo che scoprì l’olocausto realizzato nel 2014 ha vinto in Francia il premio Cezam ile – de- France ed è stato pubblicato in Polonia, Francia e Spagna.

(5)

Jan Karski. Una missione per l’umanità

Jan Karski. Una missione per

l’umanità è la mostra fotografica

sull’uomo che scoprì l’Olocausto e

a cui nessuno dette retta.

(6)

Chi era Jan Karski

Jan Karski era un partigiano polacco che scoprì i campi di

concentramento nazisti, si infiltrò nel ghetto di Varsavia, raccolse le prove e

le riportò al ministro degli esteri inglese e al presidente Roosevelt, ma entrambi

non gli credettero… Jan Karski doveva fare rapporto agli Alleati sulla

situazione della Polonia occupata dai nazisti. Presentò il suo rapporto anche a

giornalisti, politici e vescovi, ma tutti continuavano a non credergli…

Jan Karski era un impiegato polacco e lavorava al ministero per gli affari esteri. Poi, un bel giorno, nel 1939 i russi lo catturarono, lo fecero prigioniero e lo consegnarono ai nazisti. Per fortuna, durante un trasferimento riuscì a scappare e a rifugiarsi a Varsavia. Qui si unì alla Resistenza ma quasi tutti i suoi amici vennero fucilati dai russi.

Catturato e torturato dalla Gestapo, Jan Karski per paura di non sopportare il dolore e rivelare informazioni, tentò il suicidio tagliandosi le vene, ma la resistenza lo intercettò e lo salvò. Da quel momento cominciò la sua vita come attivista partigiano, divenne informatore per il governo polacco in esilio in Francia, iniziò a fare da spola da un luogo ad un altro con missioni diplomatiche in Gran Bretagna e Stati uniti. La situazione degli ebrei nei campi di sterminio in Polonia documentata con i microfilm che Jan Karski portò ai potenti della terra, non venne presa in considerazione. Jan Karski era furioso con Roosevelt e Churchill…

(7)

Il Giardino dei giusti di Milano

Nel 1944 Jan Karski scrisse La mia testimonianza davanti

al mondo. Storia di uno stato segreto. Nel 1982 è stato riconosciuto Giusto

tra le nazioni e ora una pietra commemorativa al Giardino

dei Giusti di Milano ricorda l’enorme valore dell’attività clandestina di Jan

Karski. Il Giardino dei Giusti è nato nel 2003 ed è un luogo riservato alla

memoria dei giusti, cioè di coloro che hanno aiutato le vittime delle

persecuzioni di tutto il mondo. Una pietra circolare posta nel Giardino ricorda

così Jan Karski:

Jan Karski messaggero della resistenza polacca ha informato il mondo della Shoah e chiesto invano ai grandi della terra di salvare gli ebrei

Jan Karski. Una missione per l’umanità

La mostra, visibile alla Biblioteca Casa della Memoria e della Storia fino al 27 febbraio, è stata organizzata dall’Istituto polacco di Roma in collaborazione con le autorità cittadine.

L’esposizione raccoglie fotografie, documenti e appunti che contribuiscono a ricostruire la storia di un uomo si è sentito sconfitto nella sua missione, che non è stato supportato da chi poteva mettere fine al massacro.

Chiudo questo breve excursus su Jan Karski con un

(8)

profondo amaro in bocca, ma innanzitutto con tanta rabbia quando sento parlare

di negazionismo. E’ ovvio che non si può negare l’evidenza e allora

penso che quando la si nega a è solo e unicamente perché sotto c’è dell’altro. Quando

nel 1943 Jan Karski incontra il segretario di stato inglese Anthony Eden con

una richiesta disperata di aiuto per gli ebrei polacchi, il segretario gli

risponde che l’Inghilterra ha già accolto 100 mila profughi e che non è

possibile fare di più. Corsi e ricorsi storici, logiche di stato, necessità

di contenere la popolazione nazionale etc.., sono troppi i motivi a sostegno

del negazionismo e dell’immobilismo di fronte a certi drammi.

Mi si arrovella

il cervello, volto pagina, ma l’amaro in bocca lo sento più di prima.

E’ possibile visitare la mostra dal lunedì al venerdi dalle 9.30 alle 20

Le serve dei nobili russi:

l’amore tormentato del conte

(9)

Šeremetev

articolo presente in www.cinquecolonne.it

Si chiamavano Nikolaj Petrovič Šeremetev e Praskov’ja Kovaljova gli amanti che tra fine 1700 e inizio 1800 a Pietroburgo mandarono su tutte le furie la famiglia Šeremetev e l’intera aristocrazia russa. La storia di questi due amanti, che poi di fatto divennero marito e moglie nel 1801 con una cerimonia segreta, è anche un modo per raccontare le particolarissime condizioni di vita della servitù (specialmente femminile) che prestava servizio presso l’aristocrazia.

In Russia, Praskov’ja fu una delle cantanti d’opera più

rinomate del XVIII sec. Era una vera star. Il suo successo, però, le servì

a poco, perché nonostante la notorietà, la nobiltà non la accettò mai in

società come compagna del conte Nikolaj Petrovič. Praskov’ja era la figlia del capo fabbro degli

Šeremetev, la famiglia di proprietari terrieri più ricca al mondo (contavano alle

loro dipendenze circa un milione di servi! Ed erano proprietari di tre

splendidi palazzi: la casa della Fontana, il palazzo di Ostankino a sud di

Mosca e quello di Kuskovo a sud di Pietroburgo). Praskov’ja proveniva, quindi, da

una famiglia di servi. Il suo ingresso in società era solo un sogno.

(10)

il conte

Nikolaj Petrovič Šeremetev

Venne immediatamente notata da Piotr Šeremetev, padre di Nikolaj Petrovič, suo futuro sposo, per la bellezza, le doti canore e una naturale attitudine per le arti. il ricco signore le mise accanto i migliori maestri per farle studiare l’opera, la danza, la recitazione e le lingue (imparò a parlare fluentemente l’italiano e il francese) e a soli 12 anni ebbe la parte principale nella Colonia di Antonio Sacchini. Il figlio di Piotr Šeremetev, Nikolaj Petrovič , la vide e se ne innamorò. Non era un bell’uomo, ma era gentile, amava e diffondeva l’arte in tutte le sue forme, apprezzava la bontà d’animo e le doti spirituali delle persone, e in Praskov’ja trovò tutto questo, compresa la bellezza fisica.

Il conte Nikolaj non era uno stinco di santo però, e, come quasi tutti i nobili russi, possedeva un harem di donne ufficiali, che arrivava fino a una decina di serve. Possedere

(11)

un harem era normale, anzi era considerato un segno di modernità. Nessuno si poteva opporre, né le mogli né tanto meno le serve. Molte di queste erano oggetto di percosse e violenze per puro piacere sessuale o perché si erano ribellate. Tuttavia, queste stesse donne, “imprigionate” di notte, ricevevano istruzione e doni di giorno. A tutte veniva i n s e g n a t o a s c r i v e r e e a l e g g e r e ; l e p i ù d o t a t e artisticamente, e le preferite sessualmente, erano prese sotto l’ala protettrice del nobile signore che si occupava di vestirle bene, all’europea, di riempirle di privilegi e in generale di provvedere alla loro educazione. Quando le donne dell’harem erano soppiantate da “nuove e giovani leve”, il nobile signore provvedeva a liquidarle degnamente con una dote e a trovare loro marito tra i servi alle sue dipendenze.

Così era accaduto anche a Praskov’ja, con la differenza che Nikolaj

Petrovič se ne innamorò perdutamente e le restò legato fino alla fine dei suoi giorni. Quando si sposò in segreto con Praskov’ja, liquidò il suo harem, fece sposare tutte le donne e concesse loro una dote. Questo amore però fu ostacolato da più parti, innanzitutto dalla famiglia Šeremetev. I due coniugi furono letteralmente isolati. L’invidia delle altre serve cominciò ad alimentare un chiacchiericcio pregno di sdegno tra l’aristocrazia russa. La famiglia Šeremetev prese le distanze dal figlio, e in più di una occasione Nikolaj Petrovič per tutelare la sua amata dovette dapprima crearle una dacia accanto al palazzo, poi, trasferirla in quello di Ostankino perché le male lingue rendevano l’atmosfera quotidiana invivibile. Per l’aristocrazia russa, il loro rapporto era fonte di imbarazzo e forte sdegno.

(12)

Palazzo

Šeremetev, San Pietroburgo

Nikolaj Petrovič rimase totalmente solo. Aveva l’affetto di pochi amici, prevalentemente quelli di infanzia tra cui il principe Ščerbatov, il poeta Deržavin, l’architetto Quarenghi e l’imperatore Paolo. Quest’ultimo rimase così affascinato da Praskov’ja e dalle sue doti canore che le regalò un anello di diamante che la donna indossò per il ritratto realizzato dal servo Argunov. Inoltre l’imperatore appoggiò il suo amico nel contravvenire alle convenzioni sociali che lo volevano sposo di una donna del suo stesso rango. Lo appoggiò sempre e, salito al trono, lo nominò ciambellano di corte, carica assegnatagli per la profonda stima e l’ amicizia che li legava.

Nel 1801 Nikolaj Petrovič , rese libera Praskov’ja, non più serva quindi, e a fine anno la sposò con una cerimonia segreta. Solo nel 1905 il certificato di matrimonio fu reso

(13)

pubblico, fino a quel momento era rimasto custodito negli archivi…

Praskov’ja Kovaljova

In quell’anno, Praskov’ja si ammalò di tubercolosi. Nonostante la malattia, riuscì a portare avanti con successo la sua gravidanza e nacque Dimitrij. Dopo un però, lei morì. Il conte Nikolaj Petrovič attraversò un periodo terribile, pregno di dolore non solo per la tremenda perdita, ma anche per la solitudine a cui era costretto da una società futile, lontano dalla bellezza e pregna di ipocrisia. Al funerale di Praskov’ja non si presentò nessuno, se non alcuni servi legati ai coniugi e qualche amico del conte. Della sua famiglia e dei membri della corte neppure l’ombra (nel frattempo l’imperatore Paolo era stato assassinato). Nauseato, il conte si dimise dalla corte, tagliò i ponti con la società e si ritirò a vita privata in campagna. Grazie all’appoggio del nuovo imperatore Alessandro riuscì a far riconoscere suo figlio Dimitrij come unico erede legittimo dicendo all’imperatore che in realtà Praskov’ja era stata solo accudita dal suo capo fabbro e che discendeva da un’antica famiglia nobile polacca. Con questo escamoage riuscì ad evitare che gli altri sei figli avuti dalle serve del suo harem prima di sposare Praskov’ja, accampassero pretese.

(14)

Praskov’ja Kovaljova

In memoria della moglie, negli ultimi anni della sua vita, Nikolaj

Petrovič si adoperò a fare opere di bene: costruì scuole e ospedali, creò istituti per bambini orfani, liberò dallo status servile molti dei suoi servi, donò cospicue somme di danaro ai monasteri affinché sostenessero la popolazione nei periodi di carestie, e fondò il primo grande ospizio pubblico nel 1803, lo Strannopriimnyj Dom con 16 reparti maschili e 16 femminili. “La morte di mia moglie – scrisse – mi ha sconvolto a tal punto che il solo modo che conosca per placare il mio spirito sofferente è votare me stesso all’adempimento della sua volontà di provvedere ai poveri e ai malati”. Morì nel 1809, ricchissimo e solo.

Fonte:

Orlando Figes, Storia della cultura russa, Einaudi

(15)

Sulla condizione dei servi vedi anche la seguente bibliografia riportata dall’autore:

L.Lepskaja, Repertuar krepostnogo teatra seremetevych;

P.Roosevelt, Life on the Russian Country Estate;

Serghej Aksakov, Cronaca di famiglia, Adelphi K. Bestužev, Krepostnoj teatr.

Riferimenti

Documenti correlati

For this purpose, three different types of inorganic pigments such as ultramarine blue, cadmium red, and hydrated chromium oxide green were selected and mixed with an

binomial privilege indicator lets the coefficient of financial problems be significantly negative in the selection regression (3), where the interaction of privilege with

Using a high-speed drill the temporal and the thicker orbital portions of the greater wing of the sphenoid were drilled away to the lateral edge of the superior orbital fissure..

In addition, different amounts of As were present in the two soil series, with higher concentration of aqua regia extractable element in GF (Figure 3).. The amount of As in the

This working paper presents evidence from the ETUI Internet and Platform Work Survey conducted in 2018-2019 in five central and eastern European countries – Bulgaria, Hungary,

stesse della rappresentazione, attraverso performance che, brechtianamente, costringono a ragionare sulla funzione (e la finzione) stessa del teatro, dall’altro, ad affrontare

Figure 4: Pdf of the lognormal distribution

Such a new composition of rooted trees is a very powerful tool applied in this paper in order to obtain important results as the creation of new rational and Pythagorean