Voilà peutetre le plus profond de Nietzsche, la mesure de sa ropture avec la philosophie, telle qu'elle apparait dans l'aphorisme: avoir fait de la pensée une machine de guerre, avoir fait de la pensée une puissance nomade. Et meme si le voyage est immobile, meme s'il se fait sur place, imperceptible, inattendu, souterrain, nous devons demander quels sont nos nomades aujourd'hui, qui sont vraiment nos nietzschéens?
Gilles Deleuze
1. Introduzione e metodo.
“Penser en nietzsche” è il titolo di un numero della rivista francese Rue Descartes1, a 10 anni
della morte di Michel Foucault. Pensare in nietzsche, come suggerisce Monique Dixsaut nell'introduzione al volume, è un' «espressione che non può che impiegarsi avverbialmente»2, sta ad
indicare una particolare «modalità di pensiero»3: «pensare in, è dunque negare ogni possibilità di un
pensiero in generale, [è] affermare che non vi sia che pensiero modale»4. Non significa «prendere in
prestito né le sue metafore, né il suo stile, né i suoi metodi [...]. Pensare in lui, è piuttosto divenire di una diffidenza estrema, vedere delle costruzioni [constructions] laddove gli uomini percepiscono [perçoivent] delle cose, e delle finzioni [fictions] laddove i filosofi credono di avere a che fare con dei concetti, scoprire gli affetti e gli istinti che si dissimulano dietro ogni volontà di oggettività e comprendere secondo quale genealogia sospetta è attribuibile il rispetto che si porta ai valori»5. Abbiamo deciso di fare nostra questa espressione perché, se vi è un pensatore della filosofia francese contemporanea al quale è possibile riferire tale modalità di pensiero, questo è Michel Foucault. Non è un caso che tale rivista abbia inserito nello stesso volume la commemorazione 1 "Rue Descartes", n. 59, Albin Michel, Paris 1994. In omaggio a Jeanne Delhomme, studioso del filosofo tedesco. Tale numero si propone di commemorare Michel Foucault, 10 anni dopo la morte, a questi sono infatti dedicati i tre articoli iniziali; ma il numero è dedicato principalmente a Friedrich Nietzsche. 2 Ivi, p. 53, corsivi dell'autrice. In effetti, è Patrice Laureaux a coniare l'espressione "pensare in nietzsche". Si tratta di una formula di matrice bergsoniana per cui «pensare intuitivamente è pensare in durata» [Ib.]. L'autrice della prefazione al numero della rivista, M. Dixsaut, attribuisce a J. Delhomme tale modalità di pensare per cui «ciascun filosofo pensa nel suo concetto, che non è una categoria, non rinvia ad alcuna esperienza, possibile o impossibile, ma fa di colpo capovolgere [bouger] tutto il linguaggio e tutte le categorie», Ib. 3 Ib. 4 Ib. 5 Ib. I
dedicata al filosofo francese ed alcuni articoli dedicati al filosofo tedesco. Di entrambi i filosofi, infatti, si mette in luce sia l'eredità ma soprattutto la singolarità del percorso filosofico, che non è esauribile né in una scuola né in un semplice metodo. Fin dal 1985 il filosofo francese venne designato come il maggior esponente del niezscheanesimo francese: secondo gli autori di Pensée 68, Luc Ferry e Arnault Renault, il pensiero di Michel Foucault doveva gran parte delle proprie concezioni in particolare rispetto al rapporto tra soggetto, verità ed essere ai filosofi tedeschi Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger. Rifacendosi all'ultima intervista rilasciata da Foucault nel giugno 1984, gli autori di Pensiero '68 portano avanti l'ipotesi di un «nietzscheanesimo fondamentale»6. In questa intervista il filosofo afferma: «La mia conoscenza di Nietzsche è sicuramente migliore di quella di Heidegger; nondimeno sono le due esperienze fondamentali che ho fatto»7. Il pensiero del filosofo francese sarebbe quindi sintetizzabile come
«fondée sur la formule: Heidegger + Nietzsche»8, caratterizzato da un «nietzscheanisme radical,
avec la reconnaissance corrélative d'un arrièreplan heideggerien»9.
Nella medesima intervista, rispondendo ad una domanda riguardante le sue fonti filosofiche, Foucault afferma: «vi sono tre tipi di filosofi, quelli che non ho letto, quelli sui cui ho lavorato e su cui non ho scritto e quelli su cui ho lavorato e ho scritto»10. 6 L. Ferry, A. Renaut, La Pensée 68, Gallimard, Paris 1985, p. 107. 7 M. Foucault, Le retour de la morale (intervista con G. Barbadette e A. Scala, 29 maggio 1984), in Les Nouvelles littéraires, n. 2937, 28 giugno 5 luglio 1984, p. 3641, in Dits et écrits IV, Gallimard, Paris 1994, p. 703, trad. it. Archivio Foucault 3: interventi, colloqui, interviste., Feltrinelli, Milano 1996, p. 268. 8 Ferry, Renaut, Op. cit., p. 107, (corsivi degli autori). 9 Ivi, p. 105. Ferry e Renaut sintetizzano il pensiero del filosofo francese come «una critica dell'umanismo come metafisica della soggettività tale quale è stata elaborata in Nietzsche e Heidegger, in rottura con un pensiero indissolubilmente umanista e dialettico di Hegel e anche di Marx», Ivi, p. 138. Il loro intento è, evidentemente, di criticare ciò che definiscono il "pensiero '68", ossia quell'insieme di correnti definite poststrutturaliste o de costruzioniste, il pensiero della "morte del soggetto", «la morte dell'uomo nel senso nietzscheano e di Heidegger: scoperta della brisure del soggetto, della messa in evidenza della sua dimensione di irriducibile opacità per se stesso» [p. 141] : «l'antiumanesimo del '68 apre sulla "barbarie", non nel senso che condurrebbe a liberare non si sa come una scatenarsi della violenza, ma in quanto il processo intentato alla soggettività distrugge qui ogni possibilità di un effettivo dialogo tra delle coscienze che sarebbero suscettibili di pensare le loro differenze su un fondo di identità», Ivi, p. 163.
10 M. Foucault, Il ritorno della morale, in Archivio Foucault 3, cit., p. 269. Riportiamo in nota l'intero brano: «Ho cominciato leggendo Hegel, poi Marx e mi sono messo a leggere Heidegger nel '51 o nel '52; e nel '53 o nel '52, non mi ricordo più, ho letto Nietzsche. Conservo ancora gli appunti che avevo preso mentre leggevo Heidegger ne ho delle montagne! , e sono molto più importanti di quelli che avevo preso su Hegel o su Marx. Tutto il mio divenire filosofico è stato determinato dalla lettura di Heidegger. Ma riconosco che l'ha spuntata Nietzsche. Non conosco a II
Certo, il discorso si complica nel caso di un pensatore che, in molteplici occasioni, ha dichiarato espressamente di non essere un filosofo, «o perlomeno, non un filosofo nel senso classico del termine»11, che ha esibito il diritto di rifarsi in modo, perlomeno, straniante alle fonti filosofiche e storiche. Proprio la mancata qualificazione di "filosofo" si accompagna, in varie occasioni, ad un richiamo a Nietzsche o alla tradizione che il pensatore tedesco ha inaugurato nella storia della filosofia, in particolare la rottura che questi ha compiuto rispetto alla tradizione metafisica. È all'attitudine filosofica del Nietzsche del 1888, quello della Trasvalutazione dei Valori, il filosofo che descrive nella prefazione del Crepuscolo degli idoli la sua opera come «una grande
dichiarazione di guerra»12 che intendiamo fare riferimento nella nostra ricerca. E, per le stesse
ragioni, intendiamo rifarci all'analisi filosofica del Foucault degli anni '60, in particolare alla produzione di libri che va dal 1961, anno in cui il filosofo ha sostenuto la tesi di dottorato, al 1971, il primo anno di ricerca al Collège de France. La legittimità di tale partage si chiarisce grazie all'intervista del 1976 sopra citata. Foucault parla del proprio metodo storico, dell'archeologia in questi termini:
A partire dal momento in cui si vuole fare una storia che abbia un senso, un uso, un'efficacia politica, non la si può fare correttamente se non a condizione di essere legati in un modo o nell'altro alle lotte che hanno luogo in questo settore. Ho cercato dapprima di fare la genealogia della psichiatria perché avevo una certa pratica ed una certa esperienza nell'ospedale psichiatrico e vi percepivo delle lotte, delle linee di forza, dei punti di scontro, delle tensioni. La storia che ho fatto non l'ho fatta che in funzione di queste lotte. Il problema, la posta in gioco, la scommessa era di poter fare un discorso vero, strategicamente efficace; o anche, come la verità della storia potesse avere sufficienza Heidegger, praticamente non conosco Essere e Tempo, né le cose che sono state pubblicate recentemente. La mia conoscenza di Nietzsche è sicuramente migliore di quella di Heidegger; nondimeno sono le due esperienze fondamentali che ho fatto. Probabilmente se non avessi letto Heidegger, non avrei letto Nietzsche. Avevo provato a leggere Nietzsche negli anni Cinquanta, ma Nietzsche da solo non mi diceva nulla. Mentre Nietzsche e Heidegger insieme sono stati uno shock filosofico! Ma non ho mai scritto nulla su Heidegger e su Nietzsche ho scritto solo un breve articolo; tuttavia, sono i due autori che ho letto di più. Credo sia molto importante avere alcuni autori su cui si pensa, con cui si lavora, ma su cui non si scrive. Forse un giorno scriverò su di loro, ma, a quale punto, per me non saranno più degli strumenti di pensiero», AF 3, p. 269, corsivi nostri. Si noti che il Nietzsche di Heidegger venne tradotto, sempre per Gallimard, da Pierre Klossowski solo nel 1971. Klossowski sarà anche il traduttore della collezione completa delle opere di Nietzsche, edita nel 1966 per Gallimard, di cui Michel Foucault e Gilles Deleuze saranno i curatori. 11 Ib., Domande a Michel Foucault sulla geografia, in "Hérodote", I, 1976, in Dits et Écrits, vol. III, cit., testo n. 169, prima in Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1976, ora in Il discorso la storia, la verità, Einaudi, Torino 1994, p. 156. 12 F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli ovvero come si filosofa col martello, Adelphi, Milano 1983, p. 24 (corsivi dell'autore). III
politicamente un suo effetto.13
Intendiamo situare questo studio seguendo le linee di forza così delineate. L'intento sarà, quindi, non di specificare quali parallelismi esatti si possano fare tra il filosofo tedesco e il pensatore francese, quale filiazione sia possibile diagnosticare, quali strumenti quest'ultimo abbia ereditato, quali percorsi abbia perseguito in funzione di una presunta "eredità" nietzscheana. Questo non significa rinunciare a qualunque riferimento filologico o attenzione mirata all'opera, dell'uno o dell'altro, ma non intendiamo neanche occuparci, in termini esclusivamente storicofilosofici, del ruolo di Michel Foucault nel quadro del pensiero francese contemporaneo. Piuttosto, vorremmo occuparci di come il pensatore francese abbia non tanto reinterpretato, quanto utilizzato l'effort nietzscheano in funzione della propria indagine, all'interno del proprio tempo. In questo senso, ci appoggiamo fermamente alla modalità delineata dal progetto Michel Foucault au
travail, gruppo di ricerca della Bibliothèque Foucauldienne14 che, tenendo conto dell'«imponente
corpus di maniere di leggere Foucault, individuali e/o collettive»15, ossia dei «commentari, le
interpretazioni, i lavori di storia della filosofia, ma anche gli usi del suo pensiero da parte di numerose altre discipline», «non mirerà, mai, alla pura erudizione, ma cercherà di produrre degli strumenti di ricerca che, nella massa di scritti foucaultiani, faranno da strumenti contemporaneamente d'orientamento e di circolazione per la ricerca»16. Gli stessi affermano: «la
prospettiva adottata sarà ugualmente molto differente dalla genetica testuale e in particolare dall'impresa dell'Hypertext condotta particolarmente su Nietzsche (tramite l'ITEM)»17.
L'intento del gruppo è esattamente quello di offrire:
13 M. Foucault, Domande a Michel Foucault sulla geografia, cit., in Microfisica del potere, cit., p. 148, (corsivi nostri). 14 Equipe di studiosi dell'ENS di Lione e dall'EHEES di Parigi. Alcuni di loro, tra cui i quali Judith Revel, fanno parte della redazione editoriale dell'archivio telematico Portail Michel Foucault, consultabile all'indirizzo http://portail michelfoucault.org/?lang=fr , strumento essenziale per gli studiosi del filosofo francese che venne presentato a Pisa nel Congresso tenutosi nell'aprile del 2010. 15 Il documento di riferimento è consultabile al sito http://lbfehess.enslyon.fr/pages/index.html [ultima consultazione 8 maggio 2012], (traduzione nostra). 16 Ib. 17 Ib. IV
un approccio in rottura con l'ermeneutica tradizionale. In maniera generale, il corpus degli scritti foucaultiani sfugge ad una descrizione positivista (contando ad esempio il numero di occorrenze statistiche delle citazioni: per esempio, non ha mai praticamente parlato di Heidegger e si potrebbero fare le stesse osservazioni per Deleuze, Freud o Weber), ma non viene neanche catturato da un approccio ermeneutico tradizionale (che affronterebbe un senso identificabile come ciò che "l'autore avrebbe, veramente voluto dire") o anche da un'ermeneutica generalizzata, come quella di Gadamer (che considererebbe ancora la "verità dell'oggetto" che "parlerebbe" nel discorso in questione). Contro tali riduzioni all'unità di un "senso", noi vogliamo lavorare a mostrare l'importanza determinante di pratiche linguistiche e grafiche foucaultiane, nella loro propria dispersione ed eterogeneità. È a livello di pratiche di documentazione, di lettura, di presa nota, di citazione, d'inserzione nei testi, eventualmente di trasformazione delle citazioni, che noi vorremmo osservare la messa in funzione [en route] di un processo di significazione [signifiance] ancora oggi sempre attivo.18 (corsivi nostri) Da parte nostra, l'intento è mettere in luce le modalità d'uso del pensiero nietzscheano da parte di Michel Foucault. A questo punto è legittimo chiedersi: che posto occupa Nietzsche all'interno della produzione foucaultiana? Cosa può voler significare "osservare la messa in funzione di un processo di significazione" del pensiero di un filosofo oramai appartenente alla storia della filosofia? E, d'altra parte, non si rischia di fare di Foucault un nietzscheano tout court? 18 Ib. V
2. Quale Nietzsche in quale Foucault?
Stando al FoucaultLexicon consultabile in linea sul Portail Michel Foucault, il filosofo tedesco viene nominato esplicitamente 533 volte, un dato rilevante se si raffronta col numero di volte in cui vengono nominati Kant (212), Hegel (150), Heidegger (64). Nietzsche appare numerose volte nelle raccolte delle interviste Dits et Écrits, in particolare nel primo volume [19561970] (in 32 pagine), nel secondo [19701975] (in 26 pagine) e nel quarto volume [19791984] (in 25 pagine), diminuendo parzialmente nel triennio che va dal 1976 al 1979 (in 16 pagine). È nel testo che vede la sua prima materializzazione nel '61, Storia della Follia, che il numero di occorrenze è maggiore (14), a tale record segue il testo del 1966, Le Parole le Cose (11).
I testi che Foucault ha dedicato esplicitamente al filosofo tedesco sono ben pochi19:
Nietzsche, Freud e Marx20 del 1964, intervento tenuto al congresso di Royaumont (primo
congresso dedicato al pensatore tedesco in Francia); Nel 196970 a Vincennes tiene una lezione su Nietzsche (non pubblicata)21; Nietzsche, la genealogia e la storia22 del 1971, testo pubblicato in un volume dedicato a Jean Hyppolite; Una lezione tenuta all'università McGill a Montréal nell'aprile 1971 (ripresa all'interno del volume del primo corso tenuto al Collège de France23, a causa della perdita del fascicolo della lezione tenuta al Collège de France); Una lezione all'Università dello Stato di New York a Buffalo nel marzo 1972, (di cui non resta 19 Secondo quanto affermato da Daniel Défert, «Foucault ha scritto molto più di quanto non abbia pubblicato su Nietzsche», cfr. Tavola rotonda su Leçons sur la volonté de savoir, Parigi, maggio 2011, a cura di Materiali Foucaultiani, [consultabile all'indirizzo http://www.materialifoucaultiani.org/it/materiali/materiali/61tavola rotondaleconssurlavolontedesavoir/161tavolarotondaleconssurlavolontedesavoir.html]. L'elenco dei testi dedicati a Nietzsche è fornito dallo stesso Defert in Situation du cours, appendice a Leçons sur la Volonté de Savoir, p. 263.
20 Il testo della conferenza intitolata Nietzsche, Freud, Marx, in Dits et Écrits vol. I, testo n. 46; trad. it. Nietzsche, Freud, Marx, in Archivio Foucault 1, pp. 137146. 21 Cfr. Portail Michel Foucault, Cronologia del 1968, [http://michelfoucaultarchives.org/?1968#resultats] . 22 M. Foucault, Nietzsche, la généalogie, l'histoire, Hommage à Jean Hyppolite, PUF, Paris 1971, pp. 145172, in Dits et Écrits, vol. II, t. 84; trad. it. Nietzche, la genealogia, la storia, in Il discorso, la storia, la verità, cit., pp. 4364. 23 Ib., Leçons sur la volonté de savoir, cit., pp. 195214. VI
traccia se non alcuni frammenti e appunti riportati nel corso del '7071, Leçons sur la Volonté de
savoir24);
La Verità e le forme giuridiche, ciclo di conferenze tenute a Rio de Janeiro nel maggio del 197325.
In questo modo, considerando sia le occorrenze che i testi esplicitamente dedicati al filosofo tedesco, osserviamo emergere due momenti culminanti di interesse per il filosofo tedesco nella produzione foucaultiana: la prima metà degli anni '60 e la prima metà degli anni '70.
Occorre però fornire un quadro storicofilosofico più ampio. Si deve considerare che, nella seconda metà del secolo scorso, la Francia conosce una renaissaince nietzscheana. Ciò è dovuto a livello accademico ai congressi dedicati al filosofo tedesco, quali il già citato colloquio di Royaumont nel '64 e quello del '7226, organizzato da Gilles Deleuze. Inoltre, come riporta Jacques Le Rider nel suo Nietzsche en France, a partire dagli anni '60, le vendite delle opere del filosofo tedesco crescono considerevolmente27. La diffusione delle opere del filosofo tedesco segue l'edizione completa delle opere per Gallimard nel 1967, sulla scia dell'edizione Adelphi curata da Colli e Montinari. Foucault e Deleuze cureranno il volume quinto delle opere, contenente la traduzione della Gaia Scienza di Pierre Klossowski ed i frammenti postumi del 18801881. Di fronte a tale quadro risulta perlomeno sorprendente l'affermazione di Michel Foucault a proposito della propria lettura del filosofo tedesco, il curatore delle opere affermò infatti: «ho letto Nietzsche perché ho letto Bataille e ho letto Bataille perché ho letto Blanchot»28. Prenderemo posizione rispetto a questo tipo di affermazioni
ma, per il momento, mettiamo tra parentesi la veridicità, la realtà di questa affermazione e
24 I temi erano già stati trattati nella lezione del 17 marzo 1971, Cfr. Ivi, pp. 157159.
25 Ib., La Vérité et les formes juridiques, in Dits et Écrits, vol. III, testo n. 129; tradotto parzialmente in Archivio Foucault 2, pp. 83165.
26 «Nietzsche aujourd'hui», tenutosi al Centro culturale internazionale di CerisyLaSalle (luglio 1972).
27 I dati di vendita in Francia da Gallimard dagli inizi degli anni '60 fino all'incirca al 1998, Genealogia della Morale 385 000, Zarathustra 191 000, La Gaia Scienza 183 500, Al di là del bene e del male 137 000, Nascita della Tragedia 134 400, Crepuscolo degli idoli 86 500, Ecce Homo 68 000, Umano troppo Umano 53 000, Aurora 64 500, Caso Wagner 36 500, cfr. J. Le Rider, Nietzsche en France: de la fin du XIXe siècle au temps présent, PUF, Paris 1999, p. 243ss. 28 M. Foucault, Structuralism and PostStructuralism, (intervista con G. Raulet), "Telos", XVI, n. 55, pp. 195211; in Dits et Écrits, vol. IV, t. 330; trad it. Strutturalismo poststrutturalismo, in Il discorso, la storia, la verità, cit., p. 308. VII
concentriamoci sul possibile significato di tale affermazione, significato non in assoluto ma nella situazione. Tale affermazione venne fatta nel 1978, due dei testi più densi della prima produzione letteraria foucaultiana sono dedicati uno a Bataille, Prefazione alla trasgressione (del 1963)29, l'altro
a Blanchot, Il pensiero del di fuori (del 1966)30. Bataille, come è noto, dedicò diversi studi a
Friedrich Nietzsche31, questi, nell'affrontare il pensatore tedesco, si è differenziato
considerevolmente sia dagli studiosi di Nietzsche a lui precedenti sia per la modalità interpretativa da lui coniata. Ciò che qui ci interessa sottolineare, quindi, è l'ambito nel quale Bataille si rifece a Nietzsche.
Il filosofo francese seguì, come è noto, i memorabili corsi di Kojève sulla Fenomenologia dello
Spirito tenutisi dal '33 al '39 all'Ecole Pratique des Hautes Études32. Gli anni '30 in Francia conobbero quindi, non solo una renaissance, ma un'irruzione folgorante del pensiero hegeliano: la traduzione di Jean Hyppolite del '39 rese il pensiero del filosofo tedesco accessibile agli studiosi francesi e venne considerata una traduzione tanto eccellente da venir poi utilizzata dagli stessi tedeschi per una migliore comprensione dell'opera.
Perché facciamo riferimento a queste due traduzioni quella di Nietzsche nella metà degli anni '60 e quella di Hegel alla fine degli anni '30? Riteniamo che siano importanti in funzione della comprensione del pensiero di Michel Foucault, per ragioni biografiche: ebbe come maestro Jean Hyppolite all'École Normale Superieure, gli succedette al Collège de France istituendo la cattedra "Storia dei sistemi di pensiero"; ma anche per una migliore comprensione dell'itinerario del filosofo francese: è nella prolusione augurale al Collège de France che il ruolo di Nietzsche è considerato cruciale, ed è nella commemorazione ad Hyppolite che Foucault inserisce il suo Nietzsche, la 29 Ib., Preface à la transgression, in Dits et Écrits vol. I, t. 13; trad. it. Prefazione alla trasgressione, in Scritti Letterari, Feltrinelli, Milano 1971. 30 Ib., La pensée du dehors, in DE I, t. 38; trad. it. Il pensiero del di fuori, in Scritti letterari, cit., pp. 111133. Sul ruolo chiave dei testi letterari nella produzione foucaltiana, cfr. J. Revel, Le parole e i poteri, Manifestolibri, Roma 1996; si veda della stessa anche l'introduzione all'Archivio Foucault 1, cit. 31 Cfr. G. Bataille, Sur Nietzsche: volonté de chance, Gallimard, Paris 1945, ma tutta l'opera di Bataille è un continuo confronto col filosofo tedesco, cfr. in particolare L'éxpérience intérieure, Gallimard, Paris 1973. 32 Cfr. AA.VV., Interpretazioni hegeliane, a c. di R. Salvadori, La Nuova Italia, Firenze 1980. VIII
genealogia e la storia33. Come abbiamo accennato, Foucault afferma di aver affrontato il pensiero del filosofo tedesco tramite la lettura di Bataille, l'opera di quest'ultimo è consacrata al tentativo di conciliare nietzscheanesimo ed hegelismo e, ribadiamo, due dei principali scritti foucaultiani su Nietzsche sono dedicati al traduttore della Fenomenologia dello Spirito. Se un excursus storicofilosofico si è reso necessario nella prima parte della trattazione, in questo lavoro non intendiamo concentrarci esclusivamente sulla ricezione del pensatore Nietzsche nella Francia degli anni '60 e neanche di quella del filosofo Hegel tra le due guerre. Piuttosto, sganciandoci dalle possibili commistioni tra i due filosofi tedeschi ipotizzate da Bataille, vogliamo osservare come Michel Foucault percorra un sentiero particolare e differenziato rispetto all'ambito storicofilosofico nel quale si trovava ad operare.
Il grande assente di questa prima presentazione, al quale solo superficialmente abbiamo fatto riferimento, è Gilles Deleuze, eminente esponente del nietzscheanesimo francese. È proprio a quest'ultimo che dobbiamo l'espressione che meglio caratterizza il nostro metodo di analisi: il dispositivo. In Che cos'è un dispositivo?, intervento del 1988 nel primo congresso dedicato a Michel Foucault34, Deleuze ne esamina il percorso filosofico mettendo in evidenza in particolare i concetti di "attualità" e "divenirealtro". Ciò che, infatti, intendiamo dimostrare in questo lavoro è come il pensiero del filosofo tedesco per Foucault sia stato un dispositivo, uno strumento per poter pensare non solo la storia della filosofia ma il ruolo del filosofo stesso nella propria contemporaneità. Si tratterà, dunque, di fare un'archeologia del discorso foucaultiano in relazione al ruolo che ha svolto il pensatore tedesco nella formazione del suo pensiero. 3. Ordine, discontinuità, pratica, evento. 33 M. Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia, cit. Si noti che Foucault nel 1949 si laureò su Hegel sotto la tutela di Hyppolite, cfr. Cronologia, in Dits et Écrits, vol. I, p. 16. 34 AA.VV., Michel Foucault philosophe. Rencontre internationale, Parigi, 911 gennaio 1988, Seuil, Paris 1989, p. 185. IX
Consideriamo la prolusione inaugurale al Collège de France del 2 dicembre 197035. È in Hegel, afferma Foucault, che troviamo la formulazione del logos come mediazione universale, per cui dalla singolarità della cosa si arriva all'universalità del concetto e, quindi, dalla coscienza immediata si giunge alla razionalità del mondo36. È grazie al linguaggio che il cammino della Ragione inizia a manifestarsi alla coscienza. È grazie al linguaggio che da una mera sensibilità del qui e dell'ora, la coscienza può iniziare a percepire il reale, prenderlo come vero, ossia coglierne la natura d'universalità37. La critica ad Hegel, per quanto decisa, è consapevole dei rischi che corre: «sfuggire realmente a Hegel presuppone che si valuti esattamente quanto costi staccarsi da lui; presuppone che si sappia sino a dove Hegel, insidiosamente forse, si sia accostato a noi; presuppone che si sappia, in ciò che ci permette di pensare contro Hegel, quel che è ancora hegeliano; e di misurare in cosa il nostro ricorso contro di lui sia ancora, forse, un'astuzia ch'egli ci oppone e al termine della quale ci attende, immobile e altrove»38. Occorrono, dunque, dei principi di metodo precisi: vengono individuati in discontinuità, specificità ed esteriorità.
Parafrasiamo tale prolusione. Questi principi di metodo intendono opporre alla creazione, ad un'origine delegittimata da una Storia da demiurghi, il discorso nel suo carattere di evento. Contro una filosofia del sospetto che cerca, al di là del discorso, un presunto non detto o impensato, occorre considerare i discorsi come pratiche discontinue. All'unità esprimentesi nella «sovranità del significante»39, ossia alla perfetta congruenza tra ordine del discorso e ordine delle cose, ad una Provvidenza prediscorsiva, occorre mostrare la violenza all'interno del discorso, la pratica della regolarità ravvisabile nella serie; all'originalità dell'autore, quindi, la regolarità delle serie degli enunciati; al significato designato, le condizioni di possibilità che fanno sì che venga usato un sistema di pensiero piuttosto che un altro. Occorre, insomma, ravvisare la sistematicità di una forma 35 M. Foucault, L'ordine del discorso, in Il discorso, la storia, cit., pp. 1142. 36 Cfr. F. W. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, trad. di V. Cicero, Bompiani, Milano 2000, p. 181ss. 37 Cfr. Infra, II.3. 38 M. Foucault, L'ordine del discorso, cit., p. 36. 39 Ib. X
di pensiero che si esprime storicamente e a delle condizioni ben precise. Per far questo occorre incidere sul piano del discorso a livello della pratica, dei discorsi detti, nella storia dei discorsi detti, a livello della wirkliche historie, della storia effettiva, della storia degli storici. All'unità originaria ancestrale della coscienza e alle continuità d'una teleologia metafisica, occorre opporre una genealogia che restituisca la dimensione di evento e discontinuità del discorso. Ciò significa definendo il luogo dell'evento, i margini della sua alea, le condizioni della sua apparizione, metterne in luce la discontinuità, ossia la consistenza incorporea in quanto effetto di e in una dispersione materiale. Occorre in questo modo, abbandonando un'ontologia sostanzialistica e predicativa, occuparsi del «materialismo dell'incorporeo»40, grado dell'essere che nel discorso trova una sua specifica "materialità". Di tale materialità vanno sottolineate, in prima istanza, le cesure che frantumano l'istante e disperdono il soggetto che, a differenza delle filosofie del tempo e della coscienza, rendono conto delle sistematicità discontinue. L'Ordine del discorso è una lezione inaugurale, densa, elegante e ardita ma, a primo acchito, poco chiara. La nostra ipotesi è che sia il vertice, il coagulo di un insieme di ipotesi che Foucault intreccia per anni, oggetti possibili (il desiderio e il potere), metodologie creabili (specificità ed esteriorità per cui occorre partire dalle pratiche per giungere o meno al nucleo del discorso), morfologie filosofiche (un'analisi incentrata sulle discontinuità, la messa tra parentesi di tutti gli universali: autore, opera, soggetto, uomo). È in questo testo che troviamo una possibile serie di concetti chiave: discontinuità, pratica, evento. La discontinuità implica un'analisi epistemologica che mette in luce le fratture piuttosto che il continuum tra parole e cose, cause ed effetti, essere e dover essere. È un'analisi che mina il nesso
della rappresentazione, d'una causalità necessitante, d'una teleologia e che, allo stesso tempo, disturba, differenzia, agita le condizioni di possibilità su cui è fondato l'esistente.
La pratica è il punto di partenza, il basso, la fonte degli eventi o, meglio, il campo all'interno del
40 Ib.
quale gli eventi prendono forma, corso e legittimazione. È una scelta di posizione che implica l'archivio, la ricerca storica allargata e che situa il fondamento nella serie e nella regolarità negli avvenimenti. L'evento è una categoria che nella prolusione inaugurale, come Foucault specifica, è stata poco studiata dai filosofi, è una categoria esaminata solo dagli stoici. Nella versione francese originale abbiamo "événement" che, in italiano, ha il pregio di potersi tradurre in tre modi: avvenimento, avvento, evento41. L'avvenimento implica qualcosa di grande, di rimarchevole ma allo stesso tempo la possibilità che potesse non accadere, la casualità nei termini di non necessità assoluta, ciò che i logici definirebbero come sufficiente ma non necessaria. L'avvento è un termine legato alla teologia, al messianismo e all'escatologia, ossia l'advenire, l'avvento di un qualcosa che già sussisteva, è un evento che si presenta come la conclusione di un ordine preesistente. Abbiamo, infine, l'evento che mette in mostra l'assoluta vulnerabilità dell'accadere, il carattere di intrinseca casualità slegato sia ad un'origine che ad una finalità, il punto della retta nietzscheana, ossia la parte di un infinito che, pur ritornando su di sé, non ha meta né origine: «l'alea come categoria nella produzione di eventi»42. Se sottolineare l'aleatorietà degli eventi aveva senso in Nietzsche contro un causalità necessitante di matrice positivisticokantiana, in Foucault ha, storicamente, un'altra funzione, quale? Proponiamo l'ipotesi che sia in diretto contatto con la modalità con la quale il filosofo francese si serve della storia: per spezzare i nessi necessitanti degli eventi che condizionano il presente, attraverso il metodo della discontinuità. Se la pratica foucaultiana della storia è definibile nei termini di un'epistemologia della discontinuità, il carattere di "evenemenzialità"43 viene applicato anche al
41 Devo questa osservazione alla Professoressa Judith Revel. 42 M. Foucault, L'ordine del discorso, cit., p. 32.
43 Concetto chiave in Foucault, cfr. Qu'estce que les Lumières, in Dits et Écrits, vol. IV, t. 339; trad. it. Che cos'è l'illumismo, in Archivio Foucault 3. Rispetto al rapporto istituibile tra metodo degli storici e analisi della discontinuità, cfr. Sur l’archéologie des sciences. Réponse au cercle d’épistémologie, "Cahiers pour l’analyse", n. 9, été, pp. 940, in Dits et Écrits, vol. I, t. 59, trad. it. Il sapere e la storia: due risposte sull'epistemologia, Savelli, 1979. Cfr. anche Qu'estce que la critique? Critique et Aufklärung (1978), trad. it. Illuminismo e critica, Donzelli, Roma 1997.
segno e alla struttura (versus strutturalisti44). Tale metodo consentirebbe di «introdurre alla radice stessa del pensiero, il caso, il discontinuo, la materialità»45. Emerge così un'altra problematica: il rapporto tra la scienza storica e la filosofia. Quale tipologia di storiografia fa Foucault? E in che modo è connotabile in termini filosofici? Bisogna saper riconoscere gli eventi della storia, le sue scosse, le sue sorprese, le sue vacillanti vittorie, le sconfitte mal digerite, che rendono conto degli inizi, degli atavismi e delle eredità; come bisogna saper diagnosticare le malattie del corpo, gli stati di debolezza e di energia, le incrinature e le resistenze per giudicare un discorso filosofico. La storia, colle sue intensità, cedimenti, furori segreti, le sue grandi agitazioni febbrili come le sue sincopi, è il corpo stesso del divenire. Bisogna essere metafisici per cercarle un'anima nell'idealità lontana dell'origine.46 Se il terreno di ricerca privilegiato dal filosofo francese è quello, notoriamente, della storia, degli eventi storici nel loro carattere discontinuo; in che modo questa scelta di campo effettua un cambiamento nel terreno adiacente della filosofia? Di particolare interesse a questo proposito risultano due affermazioni esplicite sul tema. Una rilasciata in Giappone in cui il filosofo esplicita: È vero che la filosofia, in ogni caso a partire da Cartesio, è sempre stata legata in Occidente al problema della conoscenza. Non vi si sfugge. Qualcuno che si volesse filosofo e che non si ponesse la domanda "che cos'è la conoscenza?" o "che cos'è la verità?" in che senso si potrebbe dire che è un filosofo? E ho un bel dire che non sono filosofo; se è della verità che mi occupo, sono malgrado tutto un filosofo. Con Nietzsche questa domanda si è trasformata. Non più: qual è il cammino più sicuro della Verità?, Ma qual è il cammino aleatorio della verità?47 (corsivi nostri). Se la domanda filosofica rispetto alla verità è stata trasformata da Nietzsche, in che modo tale cambiamento è ravvisabile nella produzione foucaultiana? Consideriamo, dunque, un'altra intervista, rilasciata in Francia. Quel che fa sì che io non sia un filosofo nel senso classico del termine e forse nemmeno un filosofo, o comunque un buon filosofo sta nel fatto che io non mi interesso all'eterno, non mi interesso a quel che resta immobile e stabile al di sotto del dileguare delle apparenze. Io mi interesso invece all'evento. L'evento non è mai stata una categoria filosofica, salvo forse per gli stoici, per i 44 La questione sullo strutturalismo di Michel Foucault è molto articolata. Cfr. Michel Foucault, Les Mots et les Choses (intervista con R. Bellour), "Les Lettres françaises", n. 1125, 31 mars6 avril 1966, pp. 34; in Dits et Écrits vol. I, t. 34; La philosophie structuraliste permet de diagnostiquer ce qu'est “aujourd'hui” (intervista con G. Fellous), "La Presse de Tunisie", 12 avril 1967, p. 3; in Dits et Écrits vol. I, t. 47, trad. it La filosofia strutturalista permette di diagnosticare cos'è "oggi", in Archivio Foucault vol. 1, pp. 147152; Ib., L'Archeologia del sapere. Una metodologia per la storia della cultura, Rizzoli, Milano 1997, p. 261ss. Cfr. Infra, II.5. 45 Ib., Ordine del discorso, cit., p. 33. 46 Ib., Nietzsche, la genealogia, la storia, cit., p. 47. 47 Ib., Questioni a Michel Foucault sulla geografia, cit., p. 159160. XIII
quali costituiva un problema di logica. Ma è ancora una volta Nietzsche che per primo, credo, ha definito la filosofia come quell'attività che serve a sapere quel che accade, e che accade adesso. In altri termini, noi siamo attraversati da processi, da movimenti di forze che non conosciamo, ed il compito consiste nel fare la diagnosi di queste forze, nel diagnosticare l'attualità48. (corsivi nostri) Se nella prima intervista il riferimento privilegiato è agli intrecci tra sapere e potere e, quindi, alla storia di tali intrecci, in cui la verità viene definita come un avvenimento emergenziale del campo storico di riferimento, nella seconda tale modalità di effettuazione del campo nel reale focalizza gli strumenti e le finalità che emergono dall'indagine del fenomeno stesso. Se la realtà è definita in termini di campi di forze, il filosofo nietzscheanofoucaultiano sarà colui che fornirà un quadro di interpretazione come un'opera nel teatro delle procedure di diagnosi del poteresapere. Il nostro lavoro mira ad evidenziare proprio il carattere teatrale dell'opera foucaultiana stessa. 48 Ib., La scène de la philosophie, in Dits et Écrits, vol. III, t. 234; trad. it. La scena della filosofia, in Il discorso, la storia, la verità, cit., p. 216. XIV
4. Piano di lavoro.
A partire di tali considerazioni storicofilosofiche intendiamo chiederci se sia possibile parlare di un nietzscheanesimo francese, di una ricezione particolare del filosofo tedesco nella Parigi del dopoguerra. Vorremmo così specificare quella forma particolare d' "essere nietzscheani" che riguarda Michel Foucault. Immediatamente sorge un problema: è possibile parlare di una forma del filosofare che si richiami al filosofo tedesco e che non passi necessariamente per i testi a quest'ultimo dedicati? Nella conferenza dedicata al rapporto tra Foucault e Nietzsche tenutasi all'ENS di Lione il 7 ottobre del 2010, Luca Paltrinieri, sottolinea come tale conferenza vada a colmare un «vuoto»49, un vuoto nella produzione critica che caratterizza, in territorio francese, la problematica del rapporto tra Foucault e Nietzsche. Questi afferma: nonostante sia stata prodotta una letteratura sterminata riguardo Michel Foucault (anche rispetto ai rapporti che la sua filosofia intesse con altri autori, quali Heidegger, Kant, Marx, la Scuola di Francoforte), il rapporto tra il filosofo francese e il filologo tedesco è rimasto nell'ombra. Ad una ricognizione più ampia50, si nota come in altri paesi la
tematica sia stata invece affrontata, si pensi per esempio agli Stati Uniti, dove, come Paltrinieri sottolinea, sono stati prodotti diversi studi che sottolineano il ruolo del corpo in funzione anti metafisica come traitd'union fra i due filosofi51. In Italia tale parallelo ha trovato solo in due
ricerche un recente sviluppo52. Oggi resto in silenzio quando si parla di Nietzsche. Quando ero professore, ho fatto spesso corsi su di 49 Cfr. Foucault, Nietzsche: nouveaux regards, Congresso tenutosi all'ENS di Lione, il 7 dicembre 2010, consultabile in rete [http://michelfoucaultenseignement.org/?FoucaultNietzschenouveaux&lang=fr]. 50 Facciamo riferimento in particolare al catalogo della Biblioteca SaintGèneviève a Parigi, che raccoglie quasi tutti i volumi dedicati al filosofo francese (il catalogo della BNF ne presenta un numero maggiore) e dove, praticamente, abbiamo svolto la nostra ricerca. 51 Cfr. Gai Shapiro, Archeology of vision: Nietzsche e Foucault in Seeing and Saying, Chicago University Press, Chicago 2003; B. Lightbody, Philosophical genealogy: an epistemological reconstruction of Nietzsche and Foucault's genealogical method, American University Press, New York Washington D.C. Baltimore 20102011. 52 Cfr. S. Berni, I «sofisti» Nietzsche e Foucault, in S. Berni, U. Fadini, Linee di fuga. Nietzsche, Foucault, Deleuze, Firenze University Press, Firenze 2010, pp. 7988; Ib., Per una filosofia del corpo. Heidegger e Foucault interpreti di Nietzsche, in Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche e Sociali, Siena, Aracne Editrice, Roma 2000; S. Righetti, Foucault interprete di Nietzsche. Dall'assenza d'opera all'estetica dell'esistenza, Mucchi, Modena 2012. XV
lui, ma adesso non lo farei più. Se fossi pretenzioso darei come titolo generale a quello che faccio: genealogia della morale. [...] la presenza di Nietzsche è sempre più importante. Ma mi stanca l'attenzione che gli si resta per fare su di lui gli stessi commentari che sono stati fatti o si faranno su Hegel o Mallarmé. Io uso gli autori che mi piacciono. Il solo segno di riconoscenza che si possa testimoniare ad un pensiero come quello di Nietzsche è proprio di usarlo, di deformarlo, di farlo stridere, gridare. Che poi i commentatori dicano se si è fedeli o no, non ha nessun interesse.53 Tali affermazioni rilasciate da Foucault stesso, all'indomani della pubblicazione di Sorvegliare e Punire, denotano un taglio particolare: Nietzsche è considerato il filosofo del potere. Tale questione è, ovviamente, associata alle problematiche sviluppate in quegli anni: la Volontà di Sapere, libro che affronterà il ribaltamento della nozione di potere in termini di repressione e ideologia, sarà pubblicato nel '76. Decidiamo di rifarci a questo tipo di approccio anche rispetto alla tipologia del nostro sguardo ermeneutico. Il nostro fine sarà, allora, non solo di delineare puntigliosamente i paralleli possibili tra la Nascita della Tragedia e la Storia della Follia54, oppure in che modo
l'allotropo storicotrascendentale de Le Parole e le Cose sia correlabile alla nozione di Superuomo nietzscheano55, ma, nel ricostruire un itinerario concettuale e metodologico di riferimento a
Nietzsche, prima in chiave storicofilosofica, offrendo quindi una panoramica del quadro della filosofia francese di inizio e metà '900, poi filosofica, tramite l'analisi dei passi in cui Nietzsche viene esplicitamente nominato in funzione della concettualizzazione del filosofo francese, (in particolare rispetto ai testi letterari degli anni '60, la Storia della Follia e Le Parole e le Cose), perseguiamo la possibilità di definire e costruire un possibile nietzscheanesimo foucaultiano. Come afferma Judith Revel: Parlare del rapporto di Michel Foucault al pensiero di Nietzsche potrebbe non rappresentare un semplice dettaglio nella storia della filosofia. Storia ancora molto fresca, se lo si giudica dalle pubblicazioni recenti, e di cui il carico polemico [charge polèmique] sembra dimorare intatto: ora, se la lettura di Nietzsche da parte dei filosofi francesi degli anni '70 sembra dare a vari filosofi oggi, con un classicissimo "effetto di ritorno", il mezzo per cimentarsi perlomeno negativamente, [...], il problema del nietzscheanesimo di Foucault pone senza dubbio degli altri problemi e delle altre urgenze per il pensiero. Prima di tutto una constatazione: più che un riferimento [réference], è d'una utilizzazione che si tratta di ritracciare qui lo sviluppo, ossia d'una riappropriazione che non si limita né alla tranquilla esegesi, né alla scelta di una posizione filosofica, ma che intende affermare 53 M. Foucault, Conversazioni sulla prigione: il libro e il suo metodo, in Il discorso, la storia, cit., p. 135, (già in Dits
et Écrits vol. II, t. 156).
54 Cfr. Foucault, Nietzsche: nouveaux regards, Congresso all'ENS di Lione, cit., intervento di Antoine Müller. 55 Ivi, intervento di Kojiro Fujita.
contemporaneamente la parentela problematica, di impronta di metodo o di vocabolario, e perfino d'una certa pratica comune del pensiero. Si potrà ben obiettare che in questo modo vi è il rischio di dissolvere il legame Foucault/Nietzsche nello sparpagliamento di rassomiglianze e di echi senza consistenza effettiva ma si tratta di giocare, contro la storia della filosofia e le sue esigenze di fedeltà o d'ortodossia, la carta del tradimento strumentale e del détournement, laddove nella filosofia si affermava sempre in ciò che viene ripreso, ma solo nella misura in cui è anche, ed essenzialmente, d'una déprise o d'un abbandono che si tratta, ossia della violenza d'una interruzione.56
Il nostro lavoro si costituisce di due parti asimmetriche, la prima eminentemente critica: quali sono gli a priori storicofilosofici all'interno dei quali Michel Foucault muove i primi passi nel definire la propria cifra stilistica e di pensiero? E quindi: in che modo si può parlare di un nietzscheanesimo del filosofo francese? La seconda parte è invece dedicata ad una formulazione più radicale ancora: è possibile parlare di un nietzscheanesimo? Si tratterà qui di mettere in luce come l'impresa nietzschiana volta alla riduzione filosofica immanentista trovi nello studio storico foucaultiano non solo una notevole continuazione ma una forza critica inaudita. Partendo dal presupposto che non ci interessa misurare l'esattezza della lettura foucaultiana, ne vorremmo metter in luce la funzione all'interno di un quadro metodologico più ampio, ossia definendo in che modo il metodo genealogico nietzscheano trovi, nell'analisi storica foucaultiana, tramite la coniazione di un metodo che si basa sulle nozioni di discontinuità ed emergenza, il fulcro di una concezione dell'analisi della storia, della wirkliche historie.
Si metterà in evidenza la nozione critica di usage analizzando in che modo l'opera foucaultiana, nel periodo analizzato, sia percorsa da vari fili che, come un sorta di rete, lo legano al pensatore tedesco, da ciò deriverà l'ipotesi che proponiamo di filiazione, distanza e détournement della tradizione filosofica e, quindi, di ribaltamento e trasformazione possibile della tradizione critica. Vorremmo proporre un'ipotesi di lettura che, tramite tali riferimenti indiretti, persegua una particolare finalità: una concezione propria del filosofare, relativa al livello nel quale si sceglie di interagire, quello della materialità del discorso. Come dimostrano le raccolte del collettivo Michel
56 J. Revel, Foucault: l'apprentissage de la déprise, "Le Magazine littéraire", Avril 1992, p. 83.
Foucault au travail57, occorre ricostruire non tanto le fonti non dette, quanto il quadro di ricezione
delle opere, in modo da poterle situare nelle coordinate spazitemporali, all'interno della sua strategia discorsiva58. Per questa ragione, ad una ricognizione storica si affiancherà un'analisi degli
strumenti d'analisi che il filosofo ha esposto nel suo testo del 1969, l'Archeologia del Sapere. Grazie ad un messa in luce del metodo discontinuista, vorremmo specificare quella che è stata la strategia dell'événement filosofico foucaultiano stesso, tramite la disamina della nozione di emergenza, specificando così la contingenza storicospaziale del discorso dello stesso filosofo.
La "scena della filosofia"59, come afferma nel '78 in Giappone, non si occupa primariamente della
verità, ma del teatro all'interno del quale tale verità è giocata. In questo modo intendiamo dissociarci radicalmente dalla corrente critica che intravvede in Foucault un sottodiscorso permanente di dialogo con Heidegger, per quanto lui stesso si sia riferito ad esso in questi termini, preferendo metterne in luce gli aspetti nietzscheani60. Ci distanziamo così anche dalla prospettiva di uno dei più
eminenti critici del filosofo, Frédéric Gros, curatore in particolare dell'ultima produzione che identifica il pensiero di Foucault come un pensiero della e sulla verità61. Riconosciamo la fecondità 57 Cfr. AA.VV., "Surveiller et punir" de Michel Foucault: regards critiques 19751979, a cura di P. Arthières, J.F. Bert, P. Lascoumes [ et al.], Presses universitaires de Caen, IMEC éd. 2010; AA.VV. "Les Mots et les Choses" de Michel Foucault: regards critiques, 19661968, a cura di P. Artières, J.F. Bert, P. Chevallier et al., Presses universitaires de Caen, IMEC éd., Caen 2009. 58 Solo in questo modo è possibile capire affermazioni foucaultiane, quali ad esempio nella seconda prefazione ad Histoire de la Folie, del 1972, «Vorrei che questo oggettoavvenimento, quasi impercettibile tra gli altri, si ricopiasse, si frammentasse, si ripetesse, si simulasse, si raddoppiasse, sparisse infine senza che la persona cui è capitato di produrlo possa mai rivendicare il diritto di esserne il maestro, di imporre quello che voleva dire, né di dire quello che doveva essere. In breve, mi piacerebbe che un libro non si assegnasse da sé quello statuto di testo cui la pedagogia o la critica sapranno ricondurlo; ma che avesse la scioltezza di presentarsi come discorso: battaglia e, insieme, arma, strategia e urto, lotta e trofeo o ferite, congiunture e vestigia, incontro irregolare e scena ripetibile. [...]. Non cerchiamo né di giustificare questo vecchio libro né di reinscriverlo [sic] oggi; la serie di avvenimenti cui appartiene e che sono la sua vera legge, è tutt'altro che conclusa», Storia della follia nell'età classica, Rizzoli, Milano 2008, p. 8 (corsivi nostri). Cfr. a proposito di una definizione più estesa di strumentalità della teoria, Prisons et asiles dans le mécanisme du pouvoir, (intervista con M. D'Eramo), "Avanti", 78e année, n. 53, 3 mars 1974, pp. 2627; in Dits et Écrits, vol. I, t. 136, in particolare p. 524525. 59 M. Foucault, La scena della filosofia, in Il discorso, la storia, la verità, cit., pp. 214240.
60 Cfr. l'intervento di Daniel Defert al Convegno Foucault, Nietzsche: nouveaux regards, cit.,: «Foucault legge Nietzsche a partire da Heidegger», sottolineando come la lettura che ne diede Heidegger gli permise di situare il pensatore tedesco «nella storia della filosofia». Lo stesso Defert nota che il Nietzsche di Heidegger fu il tema dei corsi tenuti da Jean Wahl che Foucault seguì nel 1925 e nel 1936, cfr. Leçons, p. 267, n. 38.
61 Cfr. Introduzione, in Philosophie: Anthologie, a cura di F. Gros e A. Davidson, Gallimard, Paris 2004.
di tale interpretazione, non sottovalutiamo l'aspetto che riguarda il rapporto tra soggetto e verità62, ci
interrogheremo però sul rapporto tra soggetto e verità in termini polemici, di cui alcuni personaggi letterari all'interno dell'economia discorsiva foucaultiana fungono da tipizzazione, soggetti che emergono sempre da una trama complessa di sapere e potere63.
Svolgendo la nostra ricerca abbiamo approntato un metodo che è consistito nel fare una ricerca per potere stabilire in che modo il riferimento a Nietzsche articolasse nel clima della Francia del dopoguerra, prima, e della produzione di Foucault, poi. Questo ha comportato un forte cambiamento rispetto alla direzione che pensavamo avrebbe seguito il nostro percorso, forse noi stessi siamo caduti nella trappola foucaultiana, concedendo all'archeologia del discorso del nietzscheanesimo di Michel Foucault uno spazio storicofilosofico che, in prima istanza, pensavamo di non dover concedere. In effetti è proprio a partire dalla modalità di approccio esplicitata nei confronti del magma nietzscheano64 che siamo partiti: "occorre ricostruire il terreno di gioco"65. Se
la prima parte verterà sulla ricezione del pensatore tedesco, la seconda indagherà su come la relazione tra Nietzsche e Foucault risulti feconda per porre in relazione il filosofo rispetto alle correnti filosofiche del proprio tempo. Ciò ha significato indirizzarsi verso la produzione che va dal '53, anno della prefazione a Sogno ed Esistenza dello psicanalista di scuola fenomenologica, Ludwig Binswanger, per giungere sino all'Archeologia del Discorso del '69. Nello specifico analizzeremo in che modo sia possibile articolare la distinzione decretata da Dreyfus e Rabinow ne La ricerca di Michel Foucault. I due autori americani propongono una lettura del percorso foucaltiana dettata da 62 Messo in luce dallo stesso Foucault in particolare nella sua produzione degli anni '80, cfr. Il soggetto e il potere, intervista rilasciata a Dreyfus e Rabinow nell' '82, in Dits et Écrits IV, t. 306, trad. it. in Dreyfus Rabinow, La ricerca di Michel Foucault: analitica della verità e storia del presente, Ponte alle Grazie, Firenze, 1989. 63 Nel primo suggeriamo la dinamica di movimento di tale teatro filosofico, culminante nei copisti flaubertiani e nella grammatica wharoliana. Nel secondo capitolo, oltre alla cosiddetta "Corte del Fuori", espressione di un'esteriorità all'ordine della ragione, la figura di Don Chisciotte ci permette di capire in che modo da una semiotica della rappresentazione si giunga ad un'ermeneutica del sospetto. Nel terzo capitolo, in gioco vi sarà l'interpretazione dell'Edipo Re.
64 M. Foucault, Michel Foucault et Gilles Deleuze veulent rendre à Nietzsche son vrai visage, (intervista con C. Jannoud), "Le Figaro littéraire", n 1065, 15 septembre 1966, p. 7. Ora in Dits et Écrits, Gallimard, Paris 1994, vol. I, testo n. 41, p. 550.
65 Ib.
una partizione cronologico e metodologica: la distinzione tra archeologia e genealogia. È nostra intenzione approfondire tale solco, problematizzarlo e, forse, superarlo. Per argomentare tale presa di posizione, intendiamo mostrare il ruolo che la lettura di Nietzsche ha avuto nella formazione foucaultiana, in particolar modo per quanto riguarda la declinazione d'uno "strutturalismo" in chiave discontinuista. Oltre ad un'analisi della ricorrenza del lemma "Nietzsche", negli scritti "secondari", chiarificando, di volta in volta, come il filosofo tedesco venga utilizzato, proporremo una lettura del metodo archeogenealogico in chiave nietzscheana.
Rispetto a questi tre differenti livelli del discorso abbiamo utilizzato una triplice modalità metodologica: un criterio filologico rispetto ai Dits et écrits, metodico rispetto ai testi pubblicati dall'autore, e strumentale, in relazione ai nostri fini epistemici, rispetto ai corsi al Collège de France.
5. Legenda e avvertenze. Data la mole di riferimenti bibliografici, si è reso necessario utilizzare delle abbreviazioni nelle note. Qui di seguito una lista delle più importanti: AF 1, 2, 3: Archivio Foucault 1, Archivio Foucault 2, Archivio Foucault 3; AS: Archeologia del sapere; DE I, II, III, IV: Dits et Écrits; HF: Storia della Follia nell'età classica; MC: Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane; NC: Nascita della clinica. Un'archeologia dello sguardo clinico; OD: Ordine del discorso; SP: Sorvegliare e Punire; QP: Questa non è una pipa. Nella bibliografia, alla fine del testo, si trovano per esteso i riferimenti editoriali. Laddove si è ritenuto necessario, si è ricorso ad ulteriori abbreviazioni esplicate nelle note. Alcuni testi citati non sono tradotti in italiano, se non compare alcuna indicazione a riguardo, la traduzione è nostra. In mancanza del riferimento all'autore del testo citato in nota, si dà per scontato che si tratti di Michel Foucault. XXI