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Parte 3: analisi dello stato attuale

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Academic year: 2021

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Parte 3: analisi dello stato attuale

3.1 Rilievo geometrico strutturale

3.1.1 Strumentazione utilizzata

Il rilievo si è svolto sotto la supervisione dell’Ing. M. G. Bevilacqua, docente di Disegno dell’Architettura 2 e Metodi di Rilievo dell’Architettura presso il dipartimento DESTEC dell’Università di Pisa, e coadiuvato da alcuni ragazzi di Ingegneria Edile – Architettura, impegnati nel laboratorio di Restauro Architettonico, insegnamento tenuto dal Prof. Arch. P. Ruschi presso la medesima facoltà. L’attività in loco si è composta di più fasi distinte:

Rilievo strumentale

Effettuato con l’ausilio di strumentazione topografica quale stazione totale e livello laser.

Questo tipo di rilievo ha consentito la realizzazione di una rete di inquadramento a livello sia planimetrico che altimetrico, costituita da una poligonale chiusa e da più poligonali aperte a cui si sono aggiunti più piani di riferimento orizzontali. L’utilizzo della stazione laser inoltre ha permesso di fissare con precisione punti significativi che per condizioni altimetriche risultavano difficilmente rilevabili in maniera diretta e soprattutto di individuare con precisione un quadro fessurativo dettagliato della zona absidale e della cupola.

Rilievo diretto

Effettuato con l’ausilio di strumentazioni tradizionali quali metro, triplometri, canne telescopiche, livelle e fili a piombo.

Questo tipo di rilievo ha permesso di prendere direttamente le misure planimetriche e altimetriche dei singoli ambienti. Il rilievo geometrico è stato quindi bloccato utilizzando due distinte metodologie operative:

- in pianta  si è proceduto alla trilaterazione dei capisaldi e dei punti fissi delle poligonali;

- in alzato  si è proceduto per coordinate ortogonali assumendo come sistemi di riferimento i piani zero precedentemente tracciati.

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Rilievo fotografico

Questo tipo di rilievo, molto dettagliato, ha consentito di realizzare una banca dati cui attingere per la realizzazione degli elaborati grafici. Per alcune aree si è proceduto ad inserire dei target al fine di avere una maggiore precisione nella successiva fase di elaborazione.

Infine l’Università di Pisa ha potuto acquisire parte della nuvola di punti rilevata tramite laser scanner 3D dallo studio Dedalo di Firenze; in particolar modo sono stati fornite, come previsto dal contratto stipulato con la Curia di Massa Marittima, due aree ben definite:

- la zona della cupola, un quadrato di circa 14x14 m, comprendente la parte esterna della cupola (tiburio e lanterna) e la parte interna (vele, tamburo, trombe, e parte della sottostruttura: i due archi trasversali , i 4 pilastri e le 2 colonne che sorreggono la cupola stessa);

- la zona absidale: comprendete la cripta con parte delle scale di accesso alla stessa, l’abside e le due cappelle che l’affiancano, parte della sagrestia.

L’elaborazione dei dati acquisiti col rilievo è avvenuta attraverso vari software: in primis Autocad e Rhinoceros hanno permesso di tracciare le geometrie essenziali rilevate in loco e di elaborare le informazioni presenti nella nuvola di punti, successivamente si è ricorso a programmi quali RDF o Archis per il raddrizzamento delle immagini digitali acquisite durante i sopralluoghi; infine programmi di grafica come Photoshop e Illustrator hanno permesso di uniformare ed esaltare gli elaborati prodotti.

La trasformazione proiettiva delle immagini è stata eseguita per via geometrica per la maggior parte degli elaborati mentre si è ricorso alla via analitica laddove si è ritenuto necessario avere un maggior controllo del prodotto finito. In particolare si è ricorsi alla fotogrammetria per la restituzione del tamburo della cupola, che poggia sopra l’arco in mattoni, in quanto interessato da un fenomeno fessurativo molto esteso e pronunciato.

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3.1.2 Descrizione del complesso ecclesiastico

La cattedrale di San Cerbone può definirsi una chiesa atipica. Questa infatti, costruita in più fasi e nel corso di epoche diverse, presenta un aspetto difforme dal consueto assetto delle chiese romaniche. I successivi smontaggi, ampliamenti e rimontaggi ne hanno infatti modificato l’impianto originario che sicuramente era di tipo basilicale a tre navate per un totale di 7 campate di cui le ultime due formavano la zona presbiteriale e alla quale era addossato un unico abside che Gronchi suppone di forma semicircolare.1

Si presume2 inoltre che già esistesse una cripta sottostante la zona presbiteriale.

Recenti indagini fanno ritenere che, contrariamente a quanto fino ad oggi supposto, la volta a padiglione su pianta ottagonale facesse già parte di questo primo impianto romanico almeno per quanto attiene alla struttura del tamburo sulle cui pareti interne sono state rinvenuti affreschi databili al XII secolo.

Fig. 16. Ipotesi di primo impianto del Duomo di Massa Marittima.

1 GRONCHI L. La Cattedrale di Massa Marittima: un problema di architettura medievale un

Toscana, TAV II, III

2 “Le due porte laterali di fondo, per la loro forma ed altezza e per quella del basamento delle

vicine colonne, lasciano supporre che il tempio avesse l’altar maggiore al di sopra di una gradinata, altare con cripta come nella Cattedrale di Modena e di altre città.” PETROCCHI L.,

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47 La navata centrale si caratterizzava, per le prime cinque campate, di una copertura a capriate che, ad una certa altezza, veniva ritmata trasversalmente da una serie di arconi in mattoni fino alla zona presbiteriale su cui si impostava la cupola.

Fig. 17 A sinistra: saggi eseguiti sul tamburo con illustrazione degli affreschi pittorici. A destra: capriate si sostegno della copertura del primo impianto, oggi nascoste dalle volte a crociera.

Agli ultimi anni del XIII3 secolo risale il primo grande cambiamento che alterò

profondamente l’impianto della chiesa romanica. Il presbiterio della prima chiesa fu abbassato alla quota dell’aula, se ne riscontrano i segni sui muri delle navate laterali sulle colonne e in particolare sulle porte di ingresso laterali. L’abside e le testate delle navate laterali vennero demolite e ai resti del colonnato che reggevano l’arcata dell’abside vennero innestati i pilastri del nuovo ampliamento. Lo stacco fra le due costruzioni è ancora oggi ben visibile sia internamente dove la sezione orizzontale dei nuovi pilastri, formati da due parti ben distinte, risulta essere asimmetrica; sia esternamente dove la luce, forse ancor più che all’interno, mette in risalto la diversa qualità del materiale adoperato. A questa fase, conclusasi probabilmente intorno al 1304-13104, si ascrive la realizzazione delle due campate, dell’abside e delle cappelle

laterali ad esso attigue.

3 L’inizio dei lavori è documentato dalla famosa epigrafe posta sul pilastro della cappella a

destra cupola, in fondo alla navata destra all’attacco delle due costruzioni: “INCEPTUM FUIT HOC

OPUS ANNO D. MCCLXXXVII INDICTIONE XV BIGALLO OPERARIO EXISTENTE QUI FECIT AUGMENTARI ECCLESIAM ______ PISANUS ME FECIT”

4 La data di fine dei lavori è presunta dall’iscrizione e dagli stemmi presenti sui due archi

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Fig. 18. Ipotesi di secondo impianto del Duomo di Massa Marittima.

Di poco successive invece si ritengono essere le due cappelle laterali aggiunte all’impianto presbiteriale sì da formare una sorta di pseudo transetto; il lavoro potrebbe essere avvenuto contemporaneamente all’erezione della sacrestia, che un’iscrizione sopra la porta di ingresso data 1341 al tempo dell’operaio Muccino Guiducci. La prima delle due, quella di sinistra, probabilmente esisteva già nel 1338 secondo quanto riportato dal Petrocchi.5 Questi due nuovi ambienti mostrano una

tessitura muraria più grossolana rispetto a quella del restante impianto; il travertino risulta essere di una diversa qualità e anziché essere levigato e squadrato e disposto su filari regolari, si presenta in piccoli blocchi squadrati uniti da abbondanti letti di calce in quanto privi di lavorazione.

5 “La cappella di crociata destra [NdA lo studioso adotta una convenzione per destra e sinistra

opposta alla nostra] era anticamente la cappella della famiglia Galliuti, che vi aveva pure il

proprio sepolcreto. Siccome la lapide del sepolcreto, trasportata nel 1880 nel pavimento della navata sinistra presso il sarcofago romano, è dell’anno 1338, si può ritenere che la cappella sia stata costruita verso quell’epoca.” PETROCCHI L., Massa Marittima, arte e storia p. 38

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Fig. 19. Ipotesi di terzo impianto del Duomo di Massa Marittima.

A partire dal 1436 si intraprende la realizzazione delle volte a crociera. I lavori iniziarono dalle navate laterali “in corrispondenza delle cappelle di crociata e quelle degli

archi sul presbiterio, che vediamo mal costruite, perché corrispondono irregolarmente al centro delle piccole finestre.”6 Salta subito all’occhio come le volte delle ultime due

campate laterali dell’impianto romanico (la sesta e la settima) siano in cotto anziché in pietra, difformità di materiale che fa pensare a due distinte fase costruttive. Gronchi ipotizza che queste potessero appartenere all’impianto originario.7Pochi anni dopo nel

1461, in corrispondenza dell’ultima campata della navata di destra, prima della cappella del santissimo sacramento, venne autorizzata la costruzione di una piccola cupola semicircolare con sovrastante lanternino al fine di dare luce all’Organo ligneo la cui realizzazione venne commessa lo stesso anno.8 Fra il 1626 e il 16379 furono

6 Archivio Comunale, Riformagioni 21 Settembre 1436. Libro 656, p. 171 (PETROCCHI L., Massa

Marittima, arte e storia p. 39)

7 “non è escluso che queste quattro piccole volte a crociera nella zona presbiteriale fosse

originarie. L’ipotesi è avvalorata anche dalla presenza di semipilastri parietali (tre per parete) che avevano probabilmente il compito di sorreggere le volticciole. GRONCHI L. La Cattedrale di Massa

Marittima: un problema di architettura medievale un Toscana, p. 55

8 Archivio Comunale, Riformagioni 21 Settembre 1436. Libro 658, p. 206

9 Si ritiene che il lavoro fosse terminato nel 1637 perché nello stesso anno come si apprende

dall’Opera di S. Cerbone vennero chiamati i pittori senesi Provenzano Silvani e Bastiano Brunetti affinché “le imbiancassero e dipingessero, e dipingessero pure a pietre finte le pareti e le colonne.” Archivio Comunale, Opera di S. Cerbone dal MDXXI al MDCLXII. Libro 353, p. 379

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50 costruite le restanti volte che andarono ad occultare la vista delle capriate della navata centrale. Nella delibera del 13 Aprile 1622 si legge, su proposta del santese Evandro Gabbrielli nominato dal Comune per amministrare le Opere pie, “di spendere intanto

ottocento scudi a terminare le volte alle navate e coprire le armature a cavalletti «giudicandolo un utile grande e un ornamento particolare».”10 Nel 1625 infine, in seguito

al franamento di una sua parte, dovette essere quasi completamente ricostruita la cupola su progetto dell’ingegnere Girolamo Pollini.11

Fig. 20. Ipotesi di quarto impianto del Duomo di Massa Marittima.

L’assetto della chiesa attuale si compone di un’aula con tre navate: quella centrale di dimensioni in pianta di 38,20x9,12 m, quelle laterali rispettivamente di 38,20x4,42 m la sinistra e 38,20x4,56 m la destra.12 Questa, corrispondente alla prima basilica del XII

scolo, è formata da 7 campate aventi le seguenti dimensioni 4,42x5,04 m, 4,56x5,40 m quelle laterali, e 9,12x5,40 m quelle centrali. Tra la fine della 5° campata e l’inizio della

10 Archivio Comunale, Decreti e consigli Priorali del 1622. Libro 452, p. 434 (PETROCCHI L.,

Massa Marittima, arte e storia p. 39)

11 Archivio Comunale, Case Pie del secolo XVII e XVIII. Libro 345, p. 451

12 La dicitura sinistra e destra, quando usata, si intende riferita alla posizione di un osservatore

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51 6° campata, in corrispondenza della coppia di pilastri cruciformi, è presente uno stacco di circa 40 cm probabilmente dovuto alla presenza nel vecchio impianto di un elemento divisorio che facesse da diaframma fra la parte della chiesa destinata al popolo e quella riservata ai prelati.

L’altezza massima della navata centrale è di circa 14 m in testa alle volte a crociera che coprono le prime cinque campate e di 24,50 m in corrispondenza dell’oculo presente in cima alla volta maggiore che chiude le successive due. Le navate laterali invece presentano un altezza che varia tra i 9,00 e i 9,20 m.

Le colonne che separano le tre navate hanno un interasse di circa 5,40 m e un’altezza che varia dai 6,50 m della parasta in controfacciata ai 5,78 della parasta che forma il pilastro composito all’estremità dell’aula. Queste sono colonne di forma circolare, 5 per ogni lato di 65 cm di diametro, o pilastri di forma poligonale, 1 parasta, 1 pilastro cruciforme, inscrivibile in un quadrato di 1,00x1,00 m, e 1 pilastro di forma composita. Sorreggono complessivamente 14 arcate longitudinali, formate da archi a tutto sesto in pietra, di cui le prime 5 hanno un’altezza che varia fra gli 8,80 e gli 8,95 m mentre le restanti due, in corrispondenza della volta risultano di 8,60 m. Gli archi trasversali, anch’essi a tutto sesto e presumibilmente in mattoni,13 si impostano ad un altezza di

9,50 m e raggiungono i 13,70 m in chiave.

Oltre l’aula troviamo la zona presbiteriale formata da due campate 4,56x4,92 m, 4,56x4,92 m, quelle laterali, e 8,98x4,92 m, quelle centrali. La prima campata si prolunga lateralmente con due cappelle andando a formare uno pseudo transetto. Si nota che fra i due impianti l’asse della campata centrale, in seguito alla differente larghezza delle campate della nave di sinistra e di quella centrale, risulta essere spostato verso destra di 7 cm.

L’altezza massima della zona centrale è di circa 15,60 m in testa alle volte a crociera, le navate laterali coperte da volte a crociera raggiungono un’altezza di 10,20 m, ad eccezione della seconda campata di destra dov’è presente la cupola emisferica che in corrispondenza dell’oculo ha un’altezza di 18,20 m. Le due cappelle laterali hanno anch’esse copertura voltata a crociera con un’altezza leggermente inferiore di quelle laterali, circa 9,60 m.

Le strutture verticali sono costituite da pilastri di cruciformi, inscrivibili in un quadrato di 1,00x1,00 m. Il loro interasse è di 4,92 m e la loro altezza è intorno ai 6 m. La quota

13 È stato possibile osservare nel dettaglio solo l’arcata trionfale su cui poggia la cupola, si

suppone quindi che anche gli altri archi costruiti nella stessa fase siano stati realizzati secondo la medesima modalità costruttiva.

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52 d’imposta delle arcate risulta tuttavia sensibilmente più alta di quelli dell’aula essendo la zona presbiteriale rialzata rispetto a quest’ultima. Gli archi longitudinali poggiano su capitelli più alti di circa 70 cm e raggiungono in chiave i 9,10 m.14 Gli archi trasversali,

anch’essi a tutto sesto ma questa volta realizzati in conci di pietra, si impostano ad un altezza di 10,30 m e raggiungono un’altezza media di 14,50 m in chiave.15

Nella parte tergale della chiesa troviamo due cappelle, a terminazione nelle navi laterali, e la zona absidale formata dal coro e dall’abside poligonale a conclusione della navata centrale. Questo terzo impianto prosegue il passo del presbiterio: il coro ha una profondità di 1,5 volte la campata che lo precede, mentre l’abside poligonale è inscrivibile in un cerchio di raggio 4,50 m.16

Tutti e tre gli ambienti sono coperti da volte, a crociera nelle cappelle laterali, 9,80 m quella di sinistra e 10,20 quella di destra, mentre la parte absidale presenta una copertura non codificata avente altezza massima di 16,00 m.17

Altre strutture addossate alla chiesa sono la torre campanaria sul fianco sinistro e la sagrestia su quello destro.

Lo spessore delle pareti varia dagli 85 – 120 cm dei paramenti esterni ai 70 – 80 cm delle murature sopra gli archi e del cleristorio. Realizzati presumibilmente a sacco18

presentano caratteristiche di lavorazione e di impiego dei materiali assai diversi, imputabili all’avvicendarsi delle diverse maestranze che hanno preso parte alle varie fasi costruttive, e naturalmente al diverso apparato decorativo che andavano a realizzare.

La quasi totalità della chiesa romanica è formata da blocchi di pietra di origine calcarea, un travertino poroso originario della zona su cui spiccano i rocchi di granito rosato, messi in opera nelle parte inferiore delle colonne addossate al fianco sinistro. La seconda maestranza pur utilizzando sempre un travertino, attingerà probabilmente ad una cava diversa dalla prima, tanto che il calcare utilizzato per questo ampliamento risulta essere molto più compatto del precedente, oltre a presentare una diversa

14 L’altezza è riferita alla quota del piano zero. 15 L’altezza è riferita alla quota del pino zero.

16 La forma dell’abside può essere ottenuta dall’esagono circoscritto alla circonferenza avente

per centro il baricentro del mezzo modulo di campata del coro e per raggio metà della sua diagonale.

17 Le altezze sono riferite alla quota del piano zero.

18 Durante i lavori al tetto dell’area tergale è stato possibile verificare puntualmente una sezione

del claristorio. Rimosso uno dei conci della cornice di coronamento si è osservato per quest’area un apparato murario realizzato con la seguente stratigrafia: conci ben rifiniti esternamente posati su un letto di calce e sabbia con un nucleo irregolare e incoerente internamente. Per quanto possibile, nella esigua porzione di muro esaminata, non è stato possibile osservare la presenza di collegamenti trasversali o diatoni.

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53 lavorazione. La parte sommitale della chiesa è invece decorata a fasce policrome dove nel cleristorio si alternano fasce di travertino a fasce di serpentino, nel coronamento della facciata queste vengono sostituite dal marmo rosa. Le volte di copertura sono sia in travertino che in muratura. Gli archi longitudinali sono in pietra cosi come quelli traversali delle navi minori, la navata maggiore presenta archi intonacati nell’aula, dei quali sicuramente l’ultimo fatto in mattoni, e archi con conci di pietra in vista nella parte presbiteriale.

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54 3.1.2.1 Cupola

La cupola è di forma ottagonale inscrivibile in pianta in un rettangolo allungato in direzione longitudinale di dimensioni 9,10 x 10,25 m; in alzato raggiunge i 27,6 m di altezza al netto della lanterna.

Fig. 22. Vista dal basso delle otto vele della cupola, tamburo e trombe.

Internamente il tamburo presenta sulle due facce frontali e sulle due laterali aperture di forma circolare, realizzate nello spessore murario mediante profonde strombature, di dimensioni differenti e poste ad altezze sfalsate.

In particolare si ha:

Parete controfacciata r = 0,70 m Hdavanzale = 15,70 m

Parete absidale r = 0,60 m Hdavanzale = 15,26 m

Parete lato campanile r = 0,87 m Hdavanzale = 15,35 m

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55 Il tamburo è realizzato in parte in muratura di pietra ed in parte in laterizio; presenta uno spessore di circa 70-80 cm.

Fig. 23. A sinistra: vista dell’esterno di una faccia del tamburo e tiburio. A destra: vista interna di una porzione del tamburo.

I sopralluoghi dei sottotetti hanno permesso di osservare da vicino la qualità muraria dei paramenti trasversali. Dal sopralluogo effettuato nel sottotetto della navata centrale si è osservato, sopra l’arco in mattoni, la presenza di una parete inferiormente in pietra e superiormente in laterizio; probabilmente risalente all’impianto della prima chiesa romanica. Questa non presenta un buon ammorsamento con le pareti longitudinali del cleristorio né con l’arco in mattoni sottostante, la cui ghiera risulta parzialmente distaccata dal corpo dell’arco. La parete si presenta visibilmente lesionata per tutta la sua lunghezza con lesioni inclinate ad andamento parabolico particolarmente accentuate nella parte inferiore. Una cornice dentellata in mattoni, che nella parte centrale si alza a formare una specie di timpano, separa la parte di tamburo in travertino da quella in laterizio. Il muro sopra il sesto arco di valico è realizzato nella parte centrale da due fasce di laterizio intervallate da un ricorso in travertino e chiuse in sommità dalla cornice del tiburio, in parte rimossa per ammorsarci la struttura

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56 lignea del tetto. I fianchi della parete mostrano una muratura incoerente e disomogenea in cui si riscontra la presenza sia di blocchi di travertino che di mattoni che di tegole. I muri longitudinali sono costituiti dal proseguimento del cleristorio; si presume quindi che siano costituiti anch’essi da un doppio paramento in conci sbozzati con nucleo interno in pietrame di ridotte dimensioni. I lati obliqui invece sono in laterizio e poggiano sui pennacchi sferici che permettono di trasmettere i carichi soprastanti alle murature longitudinali e trasversali. Le trombe sono realizzate murando mattoni con ampi corsi di allettamento in malta per realizzarne la curvatura.

Fig. 24. A sinistra: vista interna di una delle quattro trombe. A destra: vista della tromba riempita..

L’interno delle trombe probabilmente rintonacato nel 1991, in occasione degli ultimi lavori di restauro eseguiti dallo studio Cappelli di Grosseto, presenta un intricato ed esteso quadro fessurativo che interessa le superfici sferiche e si estende anche sui muri soprastanti. Al di sopra del tamburo, separate da questo da una cornice dentellata in mattoni fortemente degradata dalle infiltrazioni d’acqua, si alzano 8 vele bianche che terminano in un lucernario circolare che lascia filtrare la luce della lanterna. Lo studio della superficie interna delle vele della cupola ha portato a riconoscere una geometria semplice che può ben approssimare la reale struttura19. Le vele delle facce longitudinali

e trasversali sono ottenute da superfici cilindriche a doppia curvatura; quelle diagonali sono di raccordo fra le vele adiacenti e non riconducibili ad una geometria semplice. La sezione trasversale è di 8,54 m di larghezza per 7,40 m di altezza al cui interno può essere inscritto un triangolo equilatero. Il profilo è composto da due circonferenze che

19 Nell’approssimare la struttura reale con quella da noi ipotizzata ci si discosta dal profilo

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57 si raccordano all’altezza di 2,86 m20 quota cui esternamente corrisponde la cornice

esterna del tiburio. La prima circonferenza ha il raggio di 6,90 m e il suo centro sta sul piano della cornice dentellata a 2,65 m di distanza dalla mezzeria; la seconda circonferenza, tangente alla prima alla quota di 2,86 m, ha un raggio di 10,20 m e il suo centro, posto sull’estensione della linea che congiunge il centro della prima circonferenza col punto di raccordi delle due, dista 5,65 m dalla mezzeria.

La sezione longitudinale è di 9,64 m di larghezza per 7,40 m di altezza al cui interno può essere inscritto un triangolo isoscele avente i lati di 8,54 m. Il profilo è approssimabile con un’unica circonferenza avente raggio di 7,57 m e centro sul piano della cornice dentellata a 2,75 m di distanza dalla mezzeria.

Fig. 25. Ricerche sulla composizione della forma della cupola.

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Fig. 26. Ricerche sulla composizione della forma della cupola.

Su numerose facce, all’altezza circa di 4, m si riscontra la presenza di alcuni ferri di sezione quadrangolare posti sia in mezzeria alle vele che negli angoli diedri delle stesse. Si ritiene che questi, inizialmente scambiati per i capochiave di una cintura metallica esterna, siano i resti dell’armatura metallica della copertura progettata da Girolamo Pallini nel 1685.

Esternamente il tamburo in laterizio è diviso a metà della sua altezza da un ricorso in marmo di 15 cm di altezza. Dei quattro rosoni, visibili internamente, solamente i due sulle pareti longitudinali sono visibili anche esternamente. Le finestre sulle pareti trasversali rimangono curiosamente al di sotto delle falde del tetto; quella della parete absidale addirittura risulta in parte chiusa dalla volta della prima campata del presbiterio (figura 27). Al di sopra del tamburo si trova il tiburio, di epoca posteriore, un loggiato in stile quattrocentesco di gusto squisitamente lombardo ritmato da cinque archi ciechi molto snelli.

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59 Il tiburio si compone di una prima cornice in marmo di 12 cm di altezza, del loggiato che presenta un’altezza media intorno ai 2 m e da una seconda cornice sommitale alta circa 1,10 m costruita in laterizio ad eccezione degli spigoli in marmo (figura 23). Le facce del tamburo, come detto, sono ritmate da una sequenza di 5 archetti pensili di dimensioni 50x175x45 cm e intervallati da fasce piene di 28 cm. Al di sopra del tamburo per un’altezza di 1,25 m si ha il muretto in laterizio realizzato in occasione dei restauri del 1930 sul quale poggia la copertura a spioventi in lastre di piombo, ripristinata l’ultima volta il 20 gennaio 1984.21 La copertura a falde converge nella

nuova lanterna (figura 27) che va a chiudere la composizione. La lanterna attuale, la cui forma richiama il tiburio sottostante, venne completamente ricostruita durante i restauri del 1930. Oggi ha la forma di un prisma circolare alto di 2,65 m la cui base ottagonale è inscrivibile in una circonferenza di 1,80 m di diametro. Lo stile richiama quello del loggiatino: le facce sono leggermente ruotate rispetto a quelle del tiburio sottostante e ritmate da snelle monofore di dimensione 30x110x13 cm.

Fig. 27. A sinistra: vista della lanterna dopo le ultime modifiche (Agosto 2013). A destra: vista tamburo lato abside con particolare dell’oculo tagliato dalla volta della prima campata del presbiterio

Il sistema che emerge dalla copertura (di cui fanno parte tamburo, tiburio e cupola) è sorretto da due archi, uno in mattoni e malta di calce intonacato esternamente e l’altro in conci di pietra. I due archi presentano una differente quota di altezza in chiave e una differente larghezza all’imposta. L’arco in mattoni ha dimensioni in sezione di 0,45 x 0,70 m ed è dotato di un tirante metallico inserito per limitare il dissesto che coinvolge questa porzione di struttura. L’arco in pietra ha dimensioni maggiori e pari a 0,55 x 0,70 m.

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Fig. 28. Sopra: arco in pietra (situato verso la parte absidale). Sotto: arco in mattoni intonacato con tirante metallico (situato verso l’aula).

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61 3.1.2.2 La cupola nella storia del duomo

Notizie storiche.

La realizzazione della cupola e la sua datazione rappresentano alcuni fra i temi più affascinanti e più controversi della cattedrale. Numerosi studiosi, fra i quali il Petrocchi e il Tiegler, la ritengono un’aggiunta successiva all’impianto romanico; il primo data la sua realizzazione ai primi del XIV secolo, il secondo addirittura afferma con una certa sicurezza che fu costruita nel 1461-63.22 Anni questi che sicuramente non si riferiscono

alla costruzione dell’opera quanto ad un suo primo e documentato restauro.

Fig. 29. Fotografia ripresa dagli archivi in cui è mostrata la conformazione del Duomo prima dell’anno 1898.

Gli studiosi probabilmente sono stati tratti in errore dal tiburio ottagonale in laterizio, con serie ad arcatelle cieche strette e allungate, che oggi riveste la cupola. Tale

22 “le volte accanto alla crociera furono costruite nel 1436, la cupola negli anni 1461-63 (ma con

riparazioni del tetto in piombo nel 1551 e 1625 e parziale ricostruzione nel 1685);” TIEGLER G.

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62 struttura trova infatti una plausibile collocazione in tutto l’arco del XIV secolo; spingendosi fino anche ai primi anni del XV.

Si riporta di seguito quanto scritto dal Petrocchi che, seppur cronologicamente errato, evidenzia numerosi aspetti interessanti che sono stati per noi spunto per ulteriori indagini.

“Essa non presenta pregi architettonici, non armonizza col tempio, né gli aggiunge decoro. Non fu creata col prolungamento di Giovanni Pisano, ma aggiunta poco dopo, essendo stata demolita la porzione delle pareti della navata centrale, sulla quale poggia, nel fine di consolidarla coll’abolire le piccole finestre; porzione che fu anche irregolarmente collegata; e all’interno fu ricostruito in mattoni il primo arcone che la sorregge, che, come gli altri doveva essere di travertino.

È di forma ottagona, costruita in mattoni, coperta con lastre di piombo, e posa sulle pareti della navata centrale, che in tal punto poggiano, nel centro, su due colonne con base ottagona, ed ai lati, su quattro pilastri.

Opino, come dissi, che la sua costruzione risalga ai primi del trecento, anche perché si riscontrano in tale età cupole costruite in forma e materiale siffatto; primi tentativi delle cupole, nelle quali la volta a crociera passò alla forma ottagonale per assumere in seguito quella rotonda.”23

Lo studioso pone l’attenzione su due particolari: la possibile demolizione dei fianchi del cleristorio della navata centrale (vedi anche Gronchi24) al fine di consolidare la

muratura che doveva sostenere il carico della volta soprastante; la demolizione e ricostruzione dell’ultimo arco di valico della navata centrale.

Per quanto concerne il primo punto Carli, nel suo secondo scritto avanza due differenti ipotesi:

“Resta poi da spiegare perché tanto nel fianco destro quanto nel sinistro il rivestimento della navata maggiore si interrompa in corrispondenza della cupola: ci fu forse l’intenzione, maturata quando già era stato realizzato il rivestimento della zona terrena, di aprirvi le ali di un transetto? Oppure, quando si fece il rivestimento, la cupola ancora non esisteva e la sua costruzione comportò il rifacimento di quel tratto di muraglia da ambo i lati? La prima ipotesi sembra assai più probabile della seconda in quanto dopo

23 PETROCCHI L. Massa Marittima, arte e storia, p. 34

24 “Per innalzarla si demolirono i fianchi del sopralzo della nave centrale, che furono riscostruiti no

più a filari bicromi, ma con un paramento unitario, a conci non così levigati e precisi come quelli dell’ampliamento trecentesco. GRONCHI L. La Cattedrale di Massa Marittima: un problema di

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l’ultima arcatella sul fianco sinistro non si scorge l’inizio di un ulteriore arcatella, bensì quella decorazione appare interrotta di proposito: nel qual caso si dovrebbe giungere alla importante conclusione che la cupola appartiene al secolo XII.”25

La congettura del Carli per cui il rivestimento in fasce policrome si interrompesse per aprirvi le ali di un transetto, mai realizzato, appare oggi non fin troppo inverosimile. Alcuni saggi pittorici recentemente eseguiti sulla cupola hanno portato alla luce una decorazione facente parte di un ciclo pittorico che doveva interessare le pareti interne del tamburo e delle trombe e che si suppone riproducesse le storie di San Cerbone, santo titolare della basilica. La simmetria e le proporzioni della composizione, il tratto deciso e geometrico delle figure, la loro frontalità; il movimento delle stoffe, ottenuto mediante lunghe strisce di colori giustapposti, hanno portato in prima analisi a datare tali affreschi intorno al XII secolo. Verrebbe in questo modo datata con certezza la prima struttura della cupola che almeno nella sua parte interna risalirebbe al primo impianto romanico. Ipotesi questa che come già detto era stata avanzata, seppur senza alcun fondamento, anche dal Santi26 e dal Carli.27 Un sopralluogo nel sottotetto inoltre

ha messo in mostra, in contrasto con lo stacco fra le due diverse apparecchiature esterne, la continuità del paramento interno del cleristorio oltre il muro trasversale sopra l’arco di valico su cui poggia la cupola. Dalle considerazioni qui esposte pare evidente che il progetto della cupola nasca insieme all’impianto della chiesa e non sia un’aggiunta successiva che ne va a modificare la struttura. Una datazione più accurata potrà aversi solo attraverso la completa ripulitura delle superfici intonacate dell’interno della cupola che permetterà lo studio degli affreschi e la loro datazione. Allo stesso tempo esternamente si procederà alla classificazione e suddivisione cronologica dei diversi impianti tramite la metodologia mensiocronologica: alla campionatura dei mattoni seguirà un’elaborazione statistica delle loro dimensioni e in funzione della moda ottenuta, della tipologia di posa e delle argille utilizzate sarà

25 CARLI E. L’arte a Massa Marittima, p. 21,22

26 “incerta è invece la datazione della cupola, che potrebbe essere riferita anche all’originario

impianto, poi rivestita da un tiburio in età moderna […] La forma poligonale del tiburio, danneggiato durante la seconda guerra mondiale e restaurato ampiamente, è decisamente quattrocentesco.” SANTI B. Grosseto, Massa Marittima e la Maremma, p. 30,31 e p. 153

27 “il Petrocchi afferma, non si sa su quali basi, che la cupola è stata aggiunta durante il Trecento;

ma, da quanto si è osservato precedentemente, e dalla susa stessa struttura ottagona e innalzantesi su pennacchi a cuffia di tipo romanico, è probabile che essa risalga al XII secolo. Il tiburio invece, in laterizio e circondato da un loggiatino, ha carattere quattrocentesco, mentre la copertura, più volte riparata e rifatta dal 1463 in poi, ha assunto la forma attuale nel nostro secolo.” CARLI E. L’arte a Massa Marittima, p. 25

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64 possibile datare i diversi organismi confrontandoli con le curve mensiocronologiche redatte per l’area senese.

Per quanto riguarda il secondo punto, la demolizione di un possibile arco di valico in travertino e la sua ricostruzione in laterizio, ci pare un’ipotesi assai improbabile. Non si spiegherebbe il motivo che avrebbe portato a sostituire l’arco in pietra con un materiale meno rigido e differente da quello dell’arco corrispondente, visto anche il notevole carico che vi sarebbe dovuto gravare una volta realizzata la cupola. Il sopralluogo nel sottotetto della navata centrale ci ha permesso inoltre di appurare che anche i restanti archi trionfali sono in laterizio e non in travertino come erroneamente supposto dal Petrocchi.

Non mancano invece le notizie sul periodo successivo alla realizzazione della cupola; anni in cui questa risulta oggetto di continui lavori di restauro e minacce di rovina, in un susseguirsi di eventi ben documentati sia nell’Archivio Comunale di Massa Marittima che nell’Archivio Storico della Soprintendenza di Siena. Il Petrocchi, nel 1990, riporta sinteticamente i principali avvenimenti che hanno interessato la struttura fino ai suoi giorni.

“Questa cupola già nel 1463 presentava dei guasti, e il Consiglio maggiore deputò quattro cittadini a ripararvi,28 e nel 1551 vi furono cambiati in parte i piombi,29 ma minacciando

rovina, fu chiamato nel 1570 Fra’ Michele di Bartolommeo dell’Ordine di San Domenico per restaurarla.30 Il restauro però non fu fatto, perché si accenna e si promette in una

lettera del governatore di Siena del 157431, e se ne dimostra la necessità in una supplica al

Granduca Ferdinando de’ Medici nel 1592,32e solo fu riparata nel 1625, cambiandovi

l’armatura di legno e la copertura di piombo.33Tali restauri però non poterono impedire il

franamento di una sua parte avvenuto nel 1685,34 e in tale anno fu ricostruita sotto la

direzione dell’ingegnere Girolamo Pollini.35 Anche attualmente presenta dei gravi guasti

ai quali sta riparando il Governo non potendo, per la sua povertà, provvedervi l’opera della Cattedrale.”36

28 Archivio Comunale, Riformagioni 12 Marzo 1463. Libro 658, p. 364 29 Archivio Comunale, Riformagioni 12 Aprile 1551. Libro 539, p. 75 30 Archivio Comunale, Riformagioni 3 Dicembre 1570. Libro 541, p. 3 31 Archivio Comunale, Carteggio dal 1567 al 1574. Libro 491, p. 194

32 Archivio Comunale, Ordini e rescritto dal 1390 al 1592. Libro 429, p. 25-26 33 Archivio Comunale, Opera di S. Cerbone dal MDXXI al MDCLXII. Libro 357, p. 371 34 Archivio Comunale, Case Pie del secolo XVII e XVIII. Libro 345, p. 445,446 35 Archivio Comunale, Case Pie del secolo XVII e XVIII. Libro 345, p. 451 36 CARLI E. L’arte a Massa Marittima, p. 34-36

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65 Alla ricostruzione di Girolamo Pallini del 1685 Gronchi37 fa risalire la forma emisferica

che si osserva in alcune foto storiche antecedenti al 1930.

Fig. 30. Fotografia ripresa dagli archivi in cui è mostrata la conformazione del Duomo prima dell’anno 1914.

Agli inizi del XX secolo la cupola è nuovamente oggetto di problemi seri a cui il governo cerca di porre rimedio; nel 1922, come riportato nei documenti dell’archivio della soprintendenza di Siena, un “ciclone” provoca gravi danni alla copertura della cupola del duomo cui si interviene temporaneamente disponendo dei cartoni catramati. Il 22 ottobre 1925 vengono segnalate le prime infiltrazioni d’acqua dovute probabilmente alla dislocazione dei cartoni. La caduta di un mattone sul pavimento della chiesa dalla cupola spinge le autorità a intraprendere lo studio per realizzare un progetto di restauro della stessa.

37 GRONCHI L. La Cattedrale di Massa Marittima: un problema di architettura medievale in

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Fig. 31. Fotografia ripresa dagli archivi in cui è mostrata la conformazione del Duomo dopo l’anno 1914.

Nel 1930, in concomitanza coi lavori di ricostruzione del campanile, viene restaurata la cupola operando nel 1934 gli interventi necessari al consolidamento del tetto al fine di scongiurare ulteriori infiltrazioni d’acqua. Sono probabilmente da ascriversi a questi anni le radicali trasformazioni che ne variano l’aspetto esterno. Sopra alla cornice del loggiatino quattrocentesco, al fine di riportarne alla stessa quota i muri esterni, viene eretto un muretto correggendo così il dislivello di oltre 10 cm che interessava il primo impianto. Su questo muretto si attesta la copertura a falde piane del tiburio in stile lombardo che andrà ad occultare la cupola emisferica a “cipolla” del Pallini. La precedente lanterna, un tozzo cilindro privo di aperture, viene sostituita da una più slanciata struttura di forma ottagonale, leggermente ruotata rispetto al tiburio sottostante, le cui grandi finestrature permettono di illuminare indirettamente l’interno della cupola. Sulla sommità della lanterna viene ricollocata la sfera laccata d’oro e sormontata dalla croce già presente sull’altra lanterna.

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67 Il 9 luglio 1947, tuttavia, si rende necessarie intervenire nuovamente “con notevoli

ricuciture a mattoni e profuse iniezioni di cemento” al fine di garantire la sicurezza

statica della cupola. In tale data non viene effettuato nessun intervento sulle trombe, la cui complessità spinge la committenza a richiedere il parere della Soprintendenza. Le lastre di impermeabilizzazione della copertura si deteriorano rapidamente e già prima degli anni ‘70 vengono segnalate le prime macchie di umido in sommità alla cupola. Il 27 gennaio 1970 il parroco denuncia la caduta d’acqua all’interno del duomo. Il 10 febbraio dello stesso anno la soprintendenza invita l’ente proprietario a farsi carico degli interventi necessari all’impermeabilizzazione della copertura. Il 27 novembre 1981 il Ministero dei lavori pubblici e il Provveditorato regionale alle Opere pubbliche per la Toscana redigono una perizia in merito ai lavori di manutenzione della cupola. Il 6 gennaio 1982 la soprintendenza di Siena impone un intervento di restauro alla cupola a causa delle ampie fessurazioni che interessano l’intonaco e delle copiose infiltrazioni d’acqua conseguenti al deterioramento delle lastre di piombo della copertura. Il consolidamento statico, volto a sanare il quadro fessurativo sopra descritto, in lento ma costante aumento, viene approvato il 18 gennaio 1991 all’interno di un progetto più ampio per il restauro generale del complesso monumentale della cattedrale eseguito dallo studio Cappelli di Grosseto per conto della Curia. Il progetto viene in parte finanziato dal Ministero della Protezione civile che stanzia il 26 luglio 1991 850.000.000 di lire per il consolidamento statico del fabbricato a fronte di un progetto strutturale di 1.785.000.000. Nello stesso anno, il 2 settembre 1991, il Ministero dei lavori pubblici presenta il capitolato dei lavori necessari per eliminare i rischi connessi al sottosuolo e al consolidamento strutturale del duomo; il documento è redatto dall’Ing. A. Iadaresta.

Ad oggi lo stato in cui verte la cupola è quello riportato nella figura 32 dove possiamo riscontrare le notevoli modifiche rispetto a come si presentava agli inizi del ‘900. Nel mese di agosto sono terminati i lavori di restauro della lanterna nei quali è stata data alla spera di sommità un colore oro ben visibile dalla piazza sulla quale si affaccia il Duomo.

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Fig. 32. Fotografia ripresa dagli archivi in cui è mostrata la conformazione del Duomo dopo l’anno 1930.

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3.2 Caratterizzazione meccanica dei materiali e definizione geometrica

degli elementi strutturali

Per la chiesa in esame non è stato possibile effettuare alcuna prova diretta sui materiali che costituiscono l’apparecchio murario né di carattere superficiale né tanto meno di tipo distruttivo. Tuttavia è stato possibile indagare una sezione del paramento murario in corrispondenza del cleristorio dove, durante i lavori di rifacimento del tetto della zona tergale, è stato possibile rimuovere alcuni conci della fascia di coronamento del cornicione. La muratura come già detto si è supposto essere, almeno per questa fase, di tipo a sacco, ossia costituita da due apparecchi esterni in conci squadrati e ben lavorati, poggiati su malta di calce e sabbia, e da un nucleo centrale di materiale incoerente. L’assenza di intonaco ha inoltre permesso un accurato esame visivo delle superfici murarie sia interne che esterne; non è stato invece possibile verificare la presenza di collegamenti trasversali fra i due paramenti.

In occasione dei lavori di manutenzione e rifacimento della copertura della zona absidale è stato possibile svuotare le trombe dal di sopra per osservarne la forma e il materiale con cui sono state realizzate. I pennacchi sono costruiti murando mattoni con abbandonati letti di malta in modo da ottenere la curvatura richiesta.

Fig. 33. A sinistra: saggio sulla tromba realizzata in muratura di mattoni e malta di calce. A destra: saggio dall’esterno sulla tromba necessario per capire la sua conformazione.

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70 Sono stati eseguiti inoltre saggi per conoscere in maniera diretta gli spessori degli elementi delle volte di copertura:

Fig. 34. Sopra: pianta generale con localizzazione dei saggi sulle volte. Sotto: localizzazione dei saggi eseguiti sulla calotta della cupola.

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71 - 4 saggi per la cupola alle altezze di 0.00, 1.90, 3.50 e 4.70 rispetto al dentellato e che hanno dato tutti uno spessore intorno ai 28 cm ad eccezione del secondo che ha dato una lettura di oltre 40 cm dovuto alla presenza dei rinfianchi;

Fig. 35. A sinistra: realizzazione del saggio sulla calotta. A destra: determinazione dello spessore della calotta con misurazione diretta.

- 2 saggi sulle volte a crociera delle quarta campata delle navate laterali di destra e di sinistra; entrambi i saggi hanno fornito uno spessore di 27 cm;

Fig. 36. A sinistra: localizzazione del saggio n°6 eseguito sula volta a crociera della navata laterale. A destra: determinazione dello spessore della volta a crociera con misurazione diretta.

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72 - 1 saggio sulla volta a crociera della terza campata della navata centrale; il saggio ha dato una lettura di 15 cm.

Fig. 37. A sinistra: localizzazione del saggio n°6 eseguito sula volta a crociera della navata laterale. A destra: determinazione dello spessore della volta a crociera con misurazione diretta.

E’ stato eseguito un saggio alla base del tiburio, dove si trovano le archeggiature.

Fig. 38. Saggio sulle archeggiature del tiburio.

Tale saggio è servito sia per fare chiarezza sulle possibili fasi costruttive del complesso, che valutare il grado di ammorsamento tra i paramenti murari. Dalle letture effettuate dall’archeologa la muratura che costituisce l’intradosso della calotta e quella che costituisce la superficie esterna del tiburio risultano coeve; questo lascia pensare che questa parte di struttura appartenga ad una unica fase realizzativa. Inoltre siamo venuti

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74 I risultati dei carotaggi hanno manifestato come, almeno superficialmente, le fondazioni della struttura poggino su uno strato di travertino compatto, dato che risulta importante nella lettura del dissesto.

Il rilievo visivo ha permesso di distinguere il travertino impiegato nella realizzazione del complesso ecclesiastico, in due categorie:

la prima, corrispondente all’impianto romanico, costituita da blocchi di pietra in travertino poroso, grezzamente sgrossati, e appoggiati su di un letto di malta di altezza variabile.

la seconda, corrispondente all’ampliamento del 1287, costituita da blocchi di pietra in travertino compatto, finemente lavorati, e appoggiati su di un letto di malta di altezza pressoché costante.

Successivamente, al fine di caratterizzare dal punto di vista ingegneristico i materiali, abbiamo fatto una classificazione stratigrafica oltre che morfologica.

I valori di resistenza meccanici di tutte le tipologie murarie riscontrate nel complesso, sono stati ricavati, in assenza di dati sperimentali, in base alle indicazioni presenti nelle NTC 2008; in particolare si è fatto riferimento alle indicazioni riportate in appendice alla circolare (TAB C8A.2.1, C8A.2.2) riscontrando le seguenti tipologie:

murature perimetrali: muratura composta da due paramenti esterni in conci sbozzati con nucleo interno in pietrame di ridotte dimensioni.

archi di valico dell’impianto romanico: muratura in mattoni pieni e letto di malta di calce.

archi di valico dell’impianto gotico: muratura in blocchi lapidei squadrati, in travertino compatto.

cupola: muratura in mattoni pieni e letto di malta di calce; il dentellato interno sopra al tamburo risulta essere in pessimo stato di conservazione. La muratura a causa delle ripetute infiltrazioni d’acqua si disgrega facilmente.

trombe: muratura in mattoni e letto di malta di calce.

volte a crociera: muratura piena ad eccezione delle volte della navate laterali attigue alla cupola che sono in muratura in blocchi lapidei.

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Immagine materiale Nome materiale Zone di impiego

Bozze regolarizzate di travertino poroso, disposti su corsi tendenzialmente orizzontali e paralleli. Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta variabile, in relazione al diverso grado di

lavorazione del materiale.

Questa tipologia muraria caratterizza tutto il primo impianto della Cattedrale.

Blocchi di travertino compatto, disposti su corsi orizzontali e paralleli. Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta costante e sottile.

Questa tipologia muraria si riscontra nei corpi aggiunti dal 1287 al 1304. In

particolare nella parte tergale della Chiesa, nel cleristorio, ed

esternamente sul lato sud e in facciata a partire dagli archivolti.

Conci di travertino compatto, disposti radialmente a formare gli archi di valico.

Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta

costante e sottile.

La tipologia a conci è utilizzata per la

realizzazione degli archi.

Muratura in mattoni; realizzata con blocchi di laterizio, di dimensioni diverse a seconda

dell’epoca di costruzione, disposti su corsi

orizzontali e paralleli. Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta

costante e di apprezzabile spessore.

La muratura in laterizio si ritrova nelle trombe, negli elementi costituenti la cupola (tamburo, tiburio e lanterna) e negli archi di valico dell’aula e nelle volte.

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76 Muratura disomogenea. Paramento costituito prevalentemente da conci di travertino poroso di divere dimensione; disposti prevalentemente in corsi orizzontali e paralleli. Si caratterizza per l’uso di laterizi spezzati e frammentari o blocchi di minori dimensioni al fine di regolarizzare i filari. Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta

variabile, in relazione al diverso grado di

lavorazione del materiale.

Questa tipologia si ritrova nei corpi della sagrestia e delle cappelle del

transetto. La muratura diviene via via più disomogenea man mano che ci si avvicina alla quota di gronda.

Blocchi di serpentino verde, disposti su corsi orizzontali e paralleli; alternato a fasce di travertino.

Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta

costante e sottile.

La muratura a fasce alterne di serpentino e travertino è rintracciabile nel

cleristorio di entrambi i fianchi esterni della chiesa.

Blocchi di marmo rosa, disposti su corsi orizzontali e paralleli; alternato a fasce di travertino.

Lo spessore dei giunti e dei letti di posa risulta

costante e sottile.

La muratura a fasce alterne di marmo e travertino è rintracciabile nel timpano della facciata.

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77

3.3 Analisi del degrado e dei quadri fessurativi

Lo studio per la valutazione della sicurezza statica e della sismo resistenza della cattedrale, attualmente in corso da parte dell'Università di Pisa, sotto il coordinamento della prof.ssa Ing. A. De Falco, ha fornito numerose indicazioni sulle principali patologie della struttura nel suo insieme.

Dall’analisi dei documenti nell’archivio della Soprintendenza di Siena siamo venuti a conoscenza che l’ultimo progetto di restauro generale sul complesso monumentale della cattedrale è stato eseguito dallo studio Cappelli di Grosseto per conto della Curia il 18 gennaio 1991. Il progetto venne in parte cofinanziato dal Ministero della Protezione Civile che stanziò 850.000.000 di lire per il consolidamento statico del fabbricato e l’eliminazione dei rischi connessi al sottosuolo a fronte di un progetto strutturale di 1.785.000.000. Allora come oggi Il restauro dell’intero complesso si rese necessario per le cattive condizioni statiche in cui verteva il duomo.

Gli interventi riguardarono:

- facciata, lesioni lato ovest con distacco del paramento murario e infiltrazioni d’acqua;

- restauro statico della cupola, volto a sanare un quadro fessurativo in lento ma costante aumento;

- risanamento e restauro di tutti i paramenti murari esterni, soprattutto nella zona absidale, dove sono presenti importanti fessure.

Lo studio dei quadri fessurativi e la compilazione delle schede di vulnerabilità ci ha ricondotto ad adottare una suddivisione del complesso ecclesiastico in tre macro elementi, analogamente a quanto fatto dallo studio Cappelli:

- la facciata; - la cupola; - la zona absidale.

3.3.1 Facciata

Il macro elemento facciata racchiude al suo interno oltre alla facciata stessa anche tutte quelle strutture ad esse attigue che interagendo con essa possano assoggettarle ad ulteriori azioni o rappresentarne un vincolo allo spostamento fuori piano. Si terrà quindi conto anche delle strutture trasversali ad essa collegata; paramenti esterni delle navate laterali e del cleristorio, archi del colonnato e volte a crociera della prima

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78 campata delle navati minori e della nave maggiore. Le prime fonti che rilevano danni alla facciata, da noi recuperate nell’archivio della Soprintendenza di Siena, risalgono alla metà dello scorso secolo:

- 17 luglio 1956 l’ispettore onorario per le arti segnala al soprintendente l’accentuarsi delle incrinature mediane degli archi e le inflessioni delle volte della navata laterale destra; anche le volte fino alla facciata sono in pessimo stato poiché si vanno spogliando dell’intonaco, così come accade nella navata centrale, dove cadono larghe porzioni di intonaco.

- 4 marzo 1957 il parroco segnala che durante i lavori di riparazione al tetto è stata riscontrata pericolante la 4° capriata della navata centrale e che la guglia di centro della facciata presenta uno spacco di circa 10 cm, con preoccupante pendenza verso la piazza.

- 22 settembre 1968 segnalati danni all’architrave del portale maggiore. - 28 agosto 1982 segnalate alcune crepe nella facciata, a destra rispetto

all’ingresso. (SS)

Il sistema fessurativo più significativo è senza dubbio quello inerente la lesione verticale che attraversa il centro della facciata a partire dal timpano del portale d’ingresso, andando a ramificarsi nella parte sommitale.

Fig. 40. A sinistra: particolare della lesione che corre centralmente alla facciata A destra: particolare delle lesioni che interessano la parte laterale della facciata.

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79 Particolarmente accentuato risulta essere il quadro fessurativo intorno ai due rosoni centrali e all’attaccature fra la 3 specchiatura del loggiatino e le cornici dell’archivolto che si presentano spaccate in più punti. Un secondo quadro fessurativo interessa entrambi gli spigoli della facciata, subito al di sopra dei capitelli dei pilastri d’angolo.

Tutte le lesioni appaiono di antica formazione, a giudicare dal colore e dalla morfologia dei lembi. La risarcitura, eseguita in occasione dell’ultimo restauro si presenta priva di nuove fessure.

Le strutture trasversali sono interessate da quadri fessurativi riconducibili ai due sistemi di lesioni sopra descritti. I cantonali delle pareti del cleristorio e delle navate laterali presentano lesioni verticali su entrambi i lati. Queste interessano la parte compresa fra il sotto gronda della navata centrale e la quota d’imposta dei capitelli delle archeggiature dei due fianchi. Altre lesioni verticali visibili internamente attraversano le monofore del cleristorio, particolarmente pronunciate sono quelle del lato di destra presenti sia nella prima che nella seconda campata.

Fig. 41. A sinistra: sistema di lesioni che interessano le pareti della navata centrale in prossimità della facciata. A destra: tendenza al distaccamento tra facciata e il corpo dell’aula.

Sono altresì visibili esternamente i capochiave di una catena posta subito sopra l’altezza della cornice del timpano. Internamente un’ulteriore catena corre all’altezza del rosone centrale, confondendosi con l’intelaiatura della vetrata, andando ad ancorarsi presumibilmente nel sottotetto delle navate laterali.

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3.3.2 Cupola

Sulla cupola sia internamente, sottotetto dell’aula, che esternamente sono presenti numerosi fessurimetri, collocati probabilmente in occasione degli ultimi lavori di consolidamento. Purtroppo i pochi da noi accessibili son risultati inservibili in quanto si erano distaccati in parte o completamente dall’apparecchio murario. Non potendo determinare l’evoluzione del quadro fessurativo in atto ci siamo limitati a individuare i più evidenti sintomi di dissesto e i principali fenomeni di degrado dei materiali.

Il rifacimento della copertura negli anni ’30 e la nuova impermeabilizzazione con lastre in piombo del 1984 sembrano aver per il momento arrestato i fenomeni di infiltrazione che per secoli hanno afflitto la struttura. Il ristagno e la condensa dell’acqua negli anni tuttavia ha portato ad un avanzato degrado dei mattoni della cornice del dentellato interno, nessuna indicazione abbiamo circa la qualità delle murature interne delle unghie della volta e del tamburo coperte da più mani di intonaco; esternamente la qualità dei materiali impiegati – laterizio, marmo e travertino – è generalmente buona.

Il rilievo del quadro fessurativo ha evidenziato lesioni diffuse nei vari elementi strutturali che compongono la struttura della cupola così come la sottostruttura che la sorregge, le principali lesioni interne si riscontrano sugli archi di valico su cui poggia, sui pennacchi e sulle porzioni di tamburo sopra di esse e sulle vele; esternamente risultano evidenti lesioni sui lati obliqui del tiburio e sulla parete del tamburo dal lato dell’aula. L’arco in pietra è fessurato, per eccesso di compressione, alle reni sull’intradosso e in mezzeria all’estradosso; la parte compresa fra le due reni risulta inoltre soqquadrare verso l’interno della cupola. I saggi sull’arco in mattoni hanno messo in luce una lesione alle reni con tanto di rottura dei mattoni presenti. L’arco risulta incatenato con una barra quadrangolare di 53 mm di altezza per 38 mm di larghezza di cui non si conosce il tiro.

Le trombe mostrano lesioni ad andamento pressoché radiale a partire dal vertice delle stesse proseguono lungo la calotta, particolarmente pronunciate sono quelle che seguono la retta di massima pendenza, per poi diramarsi sul tamburo e in maniera poco percepibile sulle vele.

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Fig. 42. Sistema di lesioni che interessano l’arco in pietra e le trombe.

La porzione di tamburo sopra l’arco in mattoni risulta visibilmente lesionata per tutta la sua lunghezza con lesioni inclinate ad andamento parabolico. L’assenza di continuità tra il muro e l’arco, è ben visibile una lesione fra la ghiera in mattoni e l’arco stesso, e l’assenza di orizzontalità fra i filari di pietra, si è misurato al centro un dislivello rispetto agli estremi di oltre 7 cm. Esternamente sul claristorio, in corrispondenza dell’arco, si riscontrano le tracce di quelli che forse un tempo erano dei contrafforti o delle strutture comunque atte a contenere la spinta dell’arco. Il tamburo sul lato opposto, quello del fronte absidale, non presenta alcuna lesione. Le misurazione delle quote delle cornici che delimitano il tiburio quattrocentesco hanno evidenziato come il loggiato abbiamo subito un abbassamento complessivo di circa 14 cm e un ribaltamento fuori piano in direzione del sagrato.

Le rilevazioni sono supportate dal riscontro visivo ed in particolare dall’aver osservato l’assenza di uno o più mattoni in corrispondenza delle facce più lesionate del tiburio e la presenza di altrettanti mattoni sulla fascia soprastante con la quale si è cercato nel 1930 di riportare l’imposta del tetto alla medesima quota per tutte le facce. Evidenti lesioni, oggi ricucite con iniezioni di malta, si osservano sui lati obliqui del tiburio ed in particolare sui lati 2 e 6; numerosi sono anche i mattoni che per forma e colore si desume siano stati sostituiti nel corso dei secoli.

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82 FACCIA OTTAGONO ATTACCO TAMBURO CORNICE SUPERIORE SOMMITA’ MURETTO

1-2 16,95 20,27 21,65 2-3 17,26 20,26 21,60 3-4 15,06 20,34 21,61 4-5 15,06 20,28 21,63 5-6 16,22 20,21 21,65 6-7 16,50 20,26 21,60 7-8 15,08 20,28 21,64 8-1 15,10 20,27 21,62

Tab. 3. Quote altimetriche espresse in metri che mostrano come il sistema costituito da tamburo – tiburio – cupola sia ruotato verso l’aula.

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3.3.3 Zona absidale

La zona absidale presenta dal punto di vista strutturale un comportamento per certi aspetti autonomo dal resto della Cattedrale. Le strutture interessate dai fenomeni di degrado strutturale, che per comodità nelle nostra trattazione raggruppiamo all’interno del macro gruppo denominato zona absidale, sono le pareti perimetrali dell’abside e della sottostante cripta, le porzioni superiori delle pareti del presbiterio (cleristorio), le volte che coprono questi tre ambienti e gli archi di valico su cui queste poggiano.

L’area del coro è coperta da una volta in pietra su pianta esagonale irregolare e internamente suddivisa in sei settori da costolonature in pietra convergenti in un fiore al cui interno è presente un camino di areazione, oggi in disuso. Attraverso la canna di aspirazione è stato possibile avere una misura diretta dello spessore della volta che è risultato essere intorno ai 40 cm. Le campate del presbiterio presentano una copertura a crociera in laterizio, realizzata con mattoni a due teste. Le murature perimetrali sono realizzate con paramenti esterni in blocchi squadrati e nucleo interno in pietrame di ridotte dimensioni. La qualità originaria delle murature è in generale buona ma varia nelle diverse parti dell’opera a seconda delle diverse fasi costruttive. Alle diverse fasi costruttive e in particolare al riutilizzo di materiale di spoglio o delle fasi precedenti si deve imputare la profonda situazione di degrado che interessa le pareti esterne della fabbrica.

Fig. 44. A sinistra: conformazione della cimasa con particolare dei due paramenti murari scollegati. A destra: possibile meccanismo di rottura di questa porzione.

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84 Lungo tutta la parete esterna, in particolar modo intorno alle cornici delle finestre e lungo la fascia superiore del muro perimetrale del cleristorio nella zona absidale e del presbiterio, si osserva il distacco di alcuni conci oltre alla presenza di alta vegetazione e situazioni a rischio caduta di frammenti, per effetto sia del quadro fessurativo esistente, sia dell'ossidazione e rigonfiamento delle numerose grappe, sia del profondo degrado delle malte.

Il rilievo del quadro fessurativo ha evidenziato lesioni diffuse in vari elementi strutturali, principalmente sugli archi di valico tra le campate, sulle volte e nella parte superiore delle murature perimetrali. I sistemi fessurativi più significativi sono costituiti da due serie di lesioni, tutte legate dal nesso causale: una prima serie interessa le strutture verticali, la seconda le volte di copertura e gli archi di valico. In particolare, una fessura verticale attraversa il vertice absidale, a partire dalla base della muratura e si allarga verso l’alto, andando a diramarsi nella parte sommitale e determinando la deformazione del rosone che ad oggi si presenta di forma ovale per il distacco dei due conci superiori. Tale lesione prosegue anche in direzione longitudinale nella porzione centrale della grande volta in muratura di pietra e, attraverso i timpani, nelle due volte in laterizio.

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85 Altre lesioni verticali attraversano tutte le monofore del cleristorio, particolarmente pronunciate sono quelle del lato di sinistra, e si ricollegano alle fessure sulle volte a crociera. Anche entrambi gli archi di valico sono fessurati alle reni sull'estradosso e in mezzeria all'intradosso. Le volte delle campate presbiteriali mostrano lesioni perimetrali ad andamento pressoché longitudinale a partire dalla prima monofora vicina al tamburo della cupola sul lato est, che più in basso attraversa anche le volte della navata laterale sinistra. La lettura di insieme del quadro fessurativo e deformativo fa presupporre la presenza di fenomeni legati essenzialmente alle strutture spingenti: l'azione degli archi di valico, essi stessi fessurati in modo tipico, e la spinta verso l'esterno delle volte a crociera e di quella poligonale, esercitata in corrispondenza delle linee dei costoloni. A questo può essersi aggiunto l'effetto di passati eventi sismici. Tutte le lesioni appaiono di antichissima formazione, a giudicare dal colore e dalla morfologia dei lembi e dalle molteplici risarciture sovrapposte, eseguite con materiali di epoche diverse38; si rileva però il loro lento ma costante movimento, osservando le

fessure prodotte sugli intonaci e sulla malta cementizia delle stuccature di qualche decennio fa.

La copertura a falde, al di sopra delle volte, è costituita da una struttura lignea di tipo tradizionale coperta dal manto in coppi ed embrici. Le travi principali in abete sono ordite longitudinalmente su timpani trasversali poggianti sugli archi di valico e su porzioni della volta poligonale in pietra, ove sono presenti dei muretti sia in corrispondenza dei costoloni che in mezzo alle vele della volta. L’orditura secondaria è realizzata anch’essa con travicelli di abete, frutto di sostituzioni o rifacimenti relativamente recenti. Tutti gli elementi lignei sono fortemente degradati per la prolungata esposizione all’acqua e per l’attacco di funghi e parassiti (presumibilmente termiti).

38 Si è rinvenuto traccia di alcuni lavori eseguiti nel 1848. “Conto di lavoro di Muratore fatto da

me Angelo Bolsetti, nel coro del Duomo di Massa, ricompensato dal Rev. Sign. Can. Tommaso Lotti. Per mettitura di drappe ed arpioni per sostenere il para Celo nello stesso coro, e stuccature all’interno del medesimo e imbiancatura di tutta la fascia andante. AVM Capitolo Varie

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3.4 Quadri fessurativi

Sugli elaborati grafici sono stati tracciati i quadri fessurativi che rendono idea dello stato in cui verte l’edificio.

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Figura

Fig. 16.  Ipotesi di primo impianto del Duomo di Massa Marittima.
Fig.  17    A  sinistra:  saggi  eseguiti  sul  tamburo  con  illustrazione  degli  affreschi  pittorici
Fig. 20.  Ipotesi di quarto impianto del Duomo di Massa Marittima.
Fig. 21.  Impianto attuale del Duomo di Massa Marittima.
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Riferimenti

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