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2. I mercati borsistici in Italia

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Academic year: 2021

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2.

I mercati borsistici in Italia

Introduzione a Borsa Italiana e ai suoi mercati, con un focus su AIM

Italia (il mercato per le piccole e medie imprese)

2.1 Borsa Italiana

Dopo aver spiegato che cos’è una Initial Public Offering, come funziona e cosa comporta, da un punto di vista generale, cioè senza caratterizzazioni e specificazioni, entriamo più nello specifico, cercando di capire il contesto nel quale un’azienda italiana che decidere di quotarsi deve operare e, in particolare, qual è questo contesto per le piccole e medie imprese. Quindi, in questo capitolo andremo ad analizzare il mercato di Borsa Italiana in generale e più approfonditamente il suo segmento dedicato alle piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita, denominato AIM Italia-MAC.

Al fine di comprendere pienamente la situazione attuale del mercato borsistico in Italia è utile chiarire ciò che s’intende con questo termine, perché nel senso comune c’è una tendenza ad averne distorta e incompleta, e spiegare il percorso storico che ha portato alla situazione del sistema finanziario attuale, perché solo attraverso la conoscenza di tutte le evoluzioni registrate negli anni e delle loro cause si può avere piena conoscenza del fenomeno.

Borsa Italiana è quindi un mercato di strumenti finanziari, ma cosa vuol dire questa dicitura? I termini utilizzati in lingua inglese ci possono rendere più chiaro l’approfondimento dell’argomento. Infatti, in inglese si distingue tra il termine generico market e il più specifico exchange, che è rappresenta un’accezione che interessa maggiormente ai nostri fini. Il mercato in gergo economico ha diversi significati e può assumere diverse configurazioni, anche nella seconda accezione suddetta, infatti può indicare un luogo fisico, un insieme di persone o un insieme di regole organizzative per l’esecuzione degli scambi. Un mercato di strumenti finanziari è un po’ tutte le cose che abbiamo detto e in particolare l’ultima citata, cioè l’insieme di regole per effettuare gli scambi. Il mercato è caratterizzato quindi dalle regole che ne scandiscono l’operatività: regole per la trasmissione e raccolta ordini, regole per l’esecuzione degli stessi (in particolare regole di priorità tra gli ordini), regole per la diffusione delle informazioni prima e dopo gli scambi. Il risultato di tutte queste regole è la determinazione di prezzi per ciascuno degli strumenti finanziari e mobiliari trattati sul mercato. In sostanza, la cosiddetta price discovery è la fase essenziale del mercato e tutte le procedure, regole e operazioni sono finalizzate ad essa. Ovviamente, se tutti gli strumenti finanziari avessero un valore intrinseco oggettivo, il problema della price discovery sarebbe secondario, nel senso che non ci sarebbe niente da scoprire e d valutare. In realtà così non è perché gli operatori hanno aspettative estremamente eterogenee sui flussi di reddito assicurati dagli strumenti mobiliari e dunque sul loro valore attuale. Il compito del mercato è dunque quello di “scoprire”, cioè di esprimere, il prezzo che rifletta nel modo più accurato possibile le aspettative degli operatori incorporate negli ordini di acquisto e vendita che essi trasmettono.

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Un altro elemento che non è conosciuto, se non dagli studiosi e dagli addetti ai lavori, è il fatto che Borsa Italiana non è un unico mercato borsistico presente a Milano, ma è, come detto, un complesso di regole, strutture, operatori e strumenti che riguardano vari mercati borsistici e variano da uno all’altro di questi. Sono, infatti, presenti vari mercati che si differenziano per il tipo di strumenti negoziati (azioni, obbligazioni, strumenti derivati di vario tipo), per il tipo di operatori ammessi alle negoziazioni (investitori professionali o retail) e per la tipologia e dimensione degli emittenti. Come vedremo meglio nel seguito di questo capitolo si tratta di una diversificazione molto ampia e significativa, che andremo ad approfondire soprattutto nell’aspetto della dimensione dell’emittente sul mercato azionario, il quale infatti vede la presenza di un mercato apposito per le PMI con un elevato potenziale di crescita, che abbiano l’obiettivo di internazionalizzarsi ed aprire il proprio capitale a nuovi investitori, denominato AIM Italia-MAC (mercato alternativo del capitale), a fianco del classico mercato per emittenti di dimensioni più grandi, denominato MTA (mercato telematico azionario).

2.2 Excursus storico

Per comprendere come si è arrivati a questa forma e sostanza di organizzazione di Borsa Italiana è necessario analizzarne l’excursus storico e le sue evoluzioni che si sono registrate nel tempo, dal momento della sua nascita in modo organizzato e definito, fino ad oggi. Da un punto di vista più generale, partiamo seguendo l’evoluzione dei mercati finanziari nel tempo, lungo la direttrice fondamentale della loro struttura istituzionale. Essa era inizialmente condizionata dal fatto che la tecnologia dell’informazione di un tempo richiedeva la concentrazione fisica degli operatori. Il mercato, sempre inteso nel senso del termine “exchange”, nasce dunque come monopolio naturale (e legale) determinato da questo vincolo fondamentale. In alcuni paesi, in particolare quelli anglosassoni, si scelse la forma privatistica: le borse di Londra e di New York nacquero “dal basso”, cioè per iniziativa di operatori specializzati che decisero di dedicarsi a questi scambi allo stesso modo con cui altri decisero di diventare commercianti tè o di caffè. Nei mercati dell’Europa continentale, tra cui l’Italia, i mercati nacquero invece come istituzioni pubbliche. Il mercato degli strumenti finanziari nasce quindi come luogo fisico (la Borsa) e come un monopolio naturale, prima ancora che legale, cioè come mercato ufficiale in forza di un potere ad esso attribuito dalla legge. L’evoluzione tecnologica ha però gradualmente eroso questi elementi di monopolio e quella normativa ne ha profondamente modificato le caratteristiche. Fino a quando le informazioni erano relativamente lente, difficilmente reperibili e costose non vi era, infatti, alternativa all’accentramento degli scambi. Al di fuori del mercato ufficiale e centralizzato, potevano esistere solo scambi diretti tra le parti, tipicamente su base telefonica e tra operatori professionisti e specializzati. Lo sviluppo tecnologico ha consentito di collegare gli operatori tra loro a costi progressivamente decrescenti e dunque di trovare strade alternative alla raccolta degli ordini e alla “price discovery”, ovvero alla fissazione dei prezzi. Risulta pertanto evidente che la moderna tecnologia ha gradualmente stravolto la natura stessa del mercato, da luogo fisico unico, in cui alcuni operatori specializzati eseguivano gli ordini con procedure molto caratteristiche, come le grida, si è passati a circuiti telematici in concorrenza tra loro in cui tutto avviene attraverso i computer. La sostanza continua ad essere il succitato processo di price discovery, ma le modalità per realizzarla sono profondamente cambiate.

Il caso italiano è emblematico e rappresentativo di quanto e come è cambiata la struttura dell’istituzione che organizza il mercato e del suo diffuso passaggio dalla forma pubblicistica a quella privatistica nei paesi dell’Europa continentale. Istituita e regolamentata con un decreto del 1913, è rimasta con una struttura pressochè identica fino all’emanazione del TUF (Testo Unico della Finanza), che ne ha modificato numerosi e fondanti aspetti. Mentre la normativa precedente indicava in sostanza che l’istituzione delle Borse Valori avveniva prima con Regio decreto, su proposta della Camera di Commercio competente, dopo con Decreto del Presidente della Repubblica

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l’istituzione delle Borse Valori avveniva prima con Regio decreto, su proposta della Camera di Commercio competente, dopo con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro del Tesoro, la norma attuale prevista dal TUF afferma che: “L’attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro”. Quanto citato descrive il quadro istituzionale esistente nei paesi che non fanno riferimento all’area anglosassone, infatti, la norma che è ivi rimasta in vigore per quasi tutto il ventesimo secolo rifletteva una concezione del mercato come istituzione pubblica: prima come emanazione degli enti pubblici preposti alle attività commerciali e poi (dal 1975) direttamente del Ministro del Tesoro. Qual è la ragione politica di tutto ciò? Negli intenti del legislatore, in considerazione degli interessi di carattere generale collegati alla formazione dei prezzi e della delicatezza delle norme relative, si era ritenuto di togliere all’iniziativa privata la responsabilità diretta dell’istituzione e gestione dei mercati finanziari e della determinazione delle norme relative. È significativo che questa struttura istituzionale sia stata scelta dai Paesi dell’Europa continentale, Paesi dove i mercati finanziari hanno assunto una importanza largamente inferiore a quella del sistema creditizio. Nei paesi anglosassoni, invece, si era da subito affermata la struttura privatistica dei mercati, come istituzioni organizzate “dal basso”, dagli operatori specializzati negli scambi, i traders. In particolare, nella soluzione di mercato organizzato in forma di impresa, cioè posseduto da un soggetto esterno, che offre servizi di negoziazione come una qualsiasi altra attività imprenditoriale. In questa logica, la partecipazione al capitale sociale dell’impresa mercato non è limitata agli utenti dei servizi offerti dal mercato stesso, ma chiunque potrebbe diventare socio dell’impresa mercato. Infatti, gli azionisti delle società di gestione dei mercati possono essere anche operatori non finanziari che investono in questa società sulla base di considerazioni di rischio-rendimento come per qualsiasi altro investimento. Ma se è così, si può compiere un altro passo importante: le società di gestione dei mercati possono essere società quotate, come qualsiasi altra società per azioni. E questa trasformazione fondamentale è quella che si è compiuta nell’ultimo decennio in tutte le principali società europee e americane (New York Stock Exchange, London Stock Exchange, Deutsche Börse). La società di gestione dei mercati è dunque legata da una relazione stretta e biunivoca al concetto di mercato regolamentato.

Il legislatore italiano ha, pertanto, scelto la soluzione della società per azioni perché l’ha ritenuta coerente con le esigenze operative dell’offerta di servizi finanziari e soprattutto con i processi di aggregazione a livello nazionale e internazionale, che erano già in corso nel 1998 al momento dell’approvazione definitiva del Testo unico della finanza e che infatti ha portato ad un’ulteriore evoluzione nella recente storia del mercato borsistico nostrano. Le finalità del legislatore erano anche quelle di aumentare l’efficienza del mercato, attraverso una maggiore spinta alla quotazione delle imprese e un più elevato numero di scambi giornalieri sul mercato; in sostanza, cioè, l’obiettivo primario era quello di omologare e integrare la regolamentazione e il funzionamento di Borsa Italiana a quella delle altre principali borse mondiali, al fine di raggiungere anche i medesimi risultati operativi. Infatti, la situazione italiana era stata fino a quel momento molto particolare, perché sul listino di Milano risultavano quotate poche aziende rispetto alle medie degli altri paesi, si trattava pertanto di un mercato asfittico, con pochi scambi, che non incentivava gli investimenti nel settore produttivo e che non era in grado di competere con gli altri mercati borsistici europei e anglosassoni. L’istituzione regolatrice e organizzatrice del mercato in forma pubblica spesso determinava un livello di commistione pubblico-privato con molte ombre e poche luci che faceva tenere lontane dal mercato borsistico le migliori energie e i maggiori investimenti del Paese. Inoltre, il ruolo dello Stato era molto preminente, in quanto questo, con l’elevato indebitamento che lo caratterizzava e che tuttora lo caratterizza, doveva continuativamente collocare sul mercato un ingente quantitativo di titoli e garantirsi che fossero prontamente acquistati. In quegli anni i buoni del Tesoro rappresentavano perciò la principale voce di investimento dei risparmiatori italiani, che invece trascuravano quasi completamente l’investimento sul mercato borsistico azionario. Questo era dovuto sicuramente al profilo rischio-rendimento dei

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borsistico azionario. Questo era dovuto sicuramente al profilo rischio-rendimento dei titoli di Stato che garantivano degli elevati tassi d’interesse nominali (quelli reali invece erano molto più bassi a causa dell’inflazione molto sostenuta) a fronte di un rischio che era considerato praticamente pari a zero. Un altro fattore molto significativo era però il molto elevato vantaggio fiscale del debito, indotto da una legislazione fiscale molto favorevole e accomodante verso l’indebitamento, rispetto alle altre forme di finanziamento, come la raccolta dei capitali sul mercato e l’autofinanziamento ottenuto attraverso il reinvestimento dei proventi realizzati in azienda. Era previsto, infatti, un livello di tassazione superiore al 50% per il valore che andava a remunerare gli azionisti, mentre la tassazione era pari a zero se il valore andava a remunerazione dei creditori. Ciò rappresentava un forte disincentivo a finanziare le imprese con capitale proprio e le portava a rivolgersi quasi esclusivamente al canale bancario per reperire fondi, con il sistema creditizio che quindi svolgeva un ruolo quasi unitario e totalizzante all’interno del sistema produttivo del Paese. L’incentivo e il mantenimento di questa situazione da parte dell’autorità pubblica era dovuta essenzialmente alla triangolazione tra investimento in BOT (anch’essi completamente detassati), finanziamento bancario e necessità finanziarie dell’impresa, che portava un notevole sollievo e beneficio per le casse dello Stato. Infatti, quando l’impresa aveva bisogno di fondi per sostenere le proprie esigenze finanziarie veniva indotta, dalla regolamentazione fiscale e dagli altri aspetti precedentemente indicati, ad indebitarsi rivolgendosi al canale bancario, il quale a sua volta utilizzava i BOT a garanzia e copertura del finanziamento e si trovava pertanto ad investire in maniera massiccia nei titoli di Stato non appena questi venivano emessi sul mercato. Con il passare degli anni si è visto che questo sistema rappresentava una forte limitazione alle possibilità di sviluppo dell’economia del paese, perciò il legislatore ha varato una regolamentazione fiscale che riducesse il suddetto vantaggio fiscale del debito e che incentivasse il ricorso a forme di finanziamento alternative all’indebitamento bancario e ha spinto per una modernizzazione e l’internazionalizzazione delle strutture di regolamentazione e controllo del mercato borsistico, con il via al processo di privatizzazione del mercato e alla trasformazione della società di gestione in una vera e propria impresa.

L’impresa mercato può essere immaginata come un soggetto che offre servizi, tra cui il più importante è lo scambio di strumenti finanziari. In un mercato costituito in forma di società per azioni, in cui gli azionisti differiscono dagli utenti, il contrasto, tra gli obiettivi di chi gestisce il mercato e gli obiettivi degli utenti, si pone in modo importante ed è legato ad alcune caratteristiche fondamentali di questo specifico tipo di business. Infatti, l’attività di scambio è caratterizzata da forti economie di rete. In un’attività di questo tipo perciò si creano i presupposti per integrazioni sia orizzontali (tra mercati di vari paesi, anche per effetto della crescente internazionalizzazione) e verticali (tra i vari segmenti del mercato). Ciò però pone la questione del possibile contrasto tra l’efficienza tecnica del mercato (che comporta la concentrazione di fatto in un unico luogo di scambio e l’integrazione verticale delle varie fasi della negoziazione) e l’efficienza per gli utenti e per l’economia in generale. Mercati fortemente integrati possono infatti portare a monopoli di fatto, con costi a carico degli utenti superiori a quelli conseguibili in un mercato concorrenziale. Questa è la direzione che in Europa è stata maggiormente percorsa negli ultimi anni, nonostante che anche la Commissione europea abbia evidenziato, sulla base di indagini empiriche, che i costi di negoziazione sono notevolmente più alti in Europa rispetto agli Stati Uniti. Ciò rappresenta ovviamente un aspetto negativo perché gli alti costi di negoziazione costituiscono un freno importante allo sviluppo dell’area in quanto, a parità di altre condizioni, aumenta il costo del capitale per le imprese e dunque frena il processo di investimento e crescita. Dall’altro lato, bisogna riconoscere però che la concorrenza, cioè l’esistenza di più luoghi di scambio, porta alla frammentazione della liquidità che può danneggiare gli stessi utenti. L’effetto positivo in termini di riduzione delle commissioni può essere, infatti, compensato e annullato dall’effetto sulla qualità informativa dei prezzi: poiché non tutti gli ordini interagiscono tra loro, il prezzo che

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informativa dei prezzi: poiché non tutti gli ordini interagiscono tra loro, il prezzo che si forma non riflette pienamente le aspettative di tutti gli operatori e dunque perde in efficienza informativa. Quest’ultimo fattore può essere una causa determinante di più alti livelli di underpricing, che come vedremo più dettagliatamente nel capitolo successivo, si registrano maggiormente nei mercati con un ridotto numero di scambi giornalieri e pertanto meno efficienti. Inoltre, la frammentazione può ridurre la velocità di esecuzione degli ordini se non addirittura la stessa probabilità di esecuzione.

Al di là delle considerazioni sui vantaggi e gli svantaggi di una maggiore concentrazione dei mercati, questa via è stata quella percorsa da Borsa Italiana, che è entrata a far parte dal giugno 2007 del London Stock Exchange Group. Infatti, la Borsa londinese ha presentato un’offerta per l’acquisizione da 1,6 miliardi di euro che gli azionisti di Piazza Affari hanno accettato. Questi ultimi hanno preso possesso del 28% delle azioni della nuova società, che ha assunto la forma di holding ed è stata anche quotata sul mercato. Al momento dell’operazione il London Stock Exchange Group, con l’acquisto di Borsa Italiana, è diventato ancora più leader europeo e player di primo ordine tra i vari gruppi mondiali, con 3571 società quotate e un valore di mercato complessivo di circa 5,8 miliardi contro i 14,8 miliardi del Nyse (New York Stock Exchange), mentre il valore delle società presenti sui listini era rispettivamente di 7737 miliardi contro i 21500 del Nyse. Le ragioni di fondo di questa operazione sono di ricercarsi nell’elevata complementarità tra le due società e nella presenza di notevoli sinergie, che hanno spinto a ritenere di poter raggiungere dei ritmi di crescita ancora più elevati grazie all’unitarietà. Borsa Italiana è stata considerata all’epoca molto appetibile dal London Stock Exchange grazie all’elevata efficienza di costi della prima sia nelle fasi di trading (emissione, quotazione, collocamento e scambio) sia in quelle di post-trading (compensazione, regolamento e custodia), per le quali l’organizzazione di Borsa Italiana era considerata, a ragione, un vero e proprio modello. Inoltre, la nuova realtà presentava delle enormi potenzialità anche per quanto riguarda le Pmi, dato che il listino londinese AIM, ad esse dedicato, si contraddistingueva per una grande efficienza e rappresentava quindi una struttura modello e dato che il mercato italiano delle Pmi era uno dei più grandi d’Europa, con un potenziale di duemila piccole e medie imprese italiane interessate a cogliere questa opportunità offerta sul mercato dei capitali. L’integrazione tra queste due realtà lasciava quindi intravedere dei notevoli margini per sinergie di costi (efficienza italiana nelle fasi di trading e post-trading), ma anche sinergie di mercato (efficienza del mercato londinese dedicato alle piccole e medie imprese e presenza nel mercato italiano di un elevato numero di imprese potenzialmente interessate). Gli anni seguenti all’integrazione delle borse di Milano e di Londra e alla nascita di questo grande player mondiale, sono stati quelli della crisi più grave dal 1929 ad oggi, con i mutui sub-prima prima e i titoli di stato di alcuni paesi sovrani dell’eurozona poi, che hanno portato a dei risultati molto negativi per i titoli quotati e ha ridotto notevolmente l’accesso di nuove società al mercato borsistico. Questo non ci permette di analizzare con completezza i benefici e gli svantaggi legati prettamente all’operazione, in termini di imprese quotate, di scambi giornalieri, di efficienza dei prezzi (anche in termini di underpricing) e dei costi. Quella che rappresenta certamente una conseguenza di questa integrazione è l’evoluzione nel mercato borsistico italiano del listino dedicato alle piccole e medie imprese, la cui struttura e forma è stata nel tempo trasformata fino a omologarla a quella del mercato londinese. Nonostante le incertezze sui risultati di questa integrazione tra i mercati borsistici di Londra e Milano, nell’ultimo anno è stato fatto un ulteriore passo avanti nell’accentramento degli scambi e verso la creazione di un unico grande mercato borsistico europeo che sia in grado di diventare leader indiscusso anche a livello mondiale, con l’annuncio nel marzo 2016 della fusione tra London Stock Exchange Group e la Deutsche Borse. La fusione, a completamento della quale Deutsche Borse arriverà a detenere il 54,4% del capitale del nuovo mercato originato dall’operazione, mentre al London Stock Exchange Group rimarrà il controllo del 45,6%, è attualmente al vaglio delle autorità europee e staremo a vedere se con la Brexit e i rapporti non più idilliaci tra Londra e Bruxelles ci saranno delle

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se con la Brexit e i rapporti non più idilliaci tra Londra e Bruxelles ci saranno delle conseguenze anche su di essa. Negli ultimi anni si è dunque registrata una notevole accelerazione nella trasformazione dei mercati borsistici e di Borsa Italiana in particolare, dopo che, per quasi un secolo, il quadro normativo e regolamentare e, in conseguenza a ciò, la struttura stessa del mercato, erano rimasti invariati. L’evoluzione registratasi è chiaramente indirizzata verso una maggiore competitività all’interno di uno scenario di globalizzazione e internazionalizzazione sempre più accentuata anche per i mercati finanziari.

2.3 I mercati di Borsa Italiana (non azionari)

Borsa Italiana gestisce un insieme di mercati aventi ad oggetto sostanzialmente la totalità delle tipologie degli strumenti finanziari negoziabili: azioni, covered warrant, quote di fondi, titoli obbligazionari e strumenti derivati negoziabili. In questo lavoro ci focalizzeremo sui mercati di tipo azionario, che sono quelli d’interesse per le aziende che vogliano quotarsi, ma prima di approfondirli cerchiamo di dare un’immagine complessiva dei mercati di Borsa Italiana, descrivendo brevemente anche i mercati finanziari sui quali sono negoziati strumenti diversi dalle azioni.

I principali mercati regolamentati di Borsa Italiana sui quali sono negoziati strumenti non di tipo azionario sono elencati e brevemente descritti di seguito.

• SeDeX: sul mercato SeDeX (Securitised Derivatives Exchange) sono

negoziati i securitised derivatives (in sostanza, covered warrant e certificates), ossia strumenti derivati le cui caratteristiche contrattuali sono incorporate in un titolo negoziabile. I securitised derivatives negoziati su SeDeX possono essere caratterizzati dalla presenza dell’effetto leva (covered warrant e leverage certificates) oppure privi di tale effetto (investment certificates). L’effetto leva deriva dalla natura di opzione dello strumento: con un investimento contenuto si partecipa alle variazioni di prezzo dell’attività sottostante lo strumento; ciò fa sì che la performance dell’attività sottostante risulti amplificata sia al rialzo sia al ribasso (con il limite minimo dato dall’impossibilità di perdere oltre la totalità del capitale investito). Gli strumenti privi dell’effetto leva replicano invece esattamente, anche in termini di capitale investito, la performance dell’attività sottostante (come nel caso, ad esempio, degli indici su commodities, quali petrolio, oro o argento). Il mercato SeDeX è

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indici su commodities, quali petrolio, oro o argento). Il mercato SeDeX è a sua volta segmentato in modo da rappresentare in classi omogenee le diverse tipologie di strumenti finanziari che possono trovarvisi, ovvero covered warrant plain vanilla, covered warrant strutturati/esotici, leverage certificates e investment certificates.

• ETFplus: il mercato ETFplus è dedicato alla negoziazione di quote o

azioni di OICR aperti e di strumenti finanziari che replicano l’andamento di indici (Exchange Traded Fund) o materie prime (Exchange Traded Commodities). Su questo mercato sono presenti tre segmenti, uno per gli OICR aperti indicizzati, uno per gli ETF strutturati e uno per gli ETC.

• MOT: sul Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato

(MOT) gli intermediari autorizzati scambiano obbligazioni non convertibili, titoli di Stato, euro-obbligazioni, obbligazioni strutturate, obbligazioni bancarie garantite, ABS, altri titoli di debito, nonché strumenti del mercato monetario. Borsa Italiana stabilisce i quantitativi minimi negoziabili avendo come obiettivo la funzionalità del mercato, l’agevole accesso da parte degli investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli ordini. Il MOT è suddiviso in segmenti omogenei per modalità e orari di negoziazione e Borsa Italiana assegna i diversi titoli ai vari segmenti sulla base di criteri oggettivi (tipo di titolo, valore nominale emesso, liquidità, servizio utilizzato per la gestione accentrata ed eventuale rating). Attualmente sono previsti due segmenti, il Domestic MOT per gli strumenti liquidati internamente a Borsa Italiano, che è a sua volta suddiviso in “classe titoli di Stato italiani” e “classe titoli di debito in euro e in valuta diversa dall’euro” e l’EuroMOT per gli strumenti liquidati presso servizi esteri, articolato in un’unica classe sul quale vengono negoziati euro-obbligazioni, ABS, titoli di emittenti esteri e altri titoli di debito. Dal 2009 Borsa Italiana ha istituito anche il mercato ExtraMOT, ossia un sistema multilaterale di negoziazione per le obbligazioni corporate di emittenti italiani ed esteri già quotate in altri mercati regolamentati dell’Unione Europea.

• IDEM: il mercato IDEM (Italian Derivatives Market) è il mercato italiano

degli strumenti derivati azionari, è gestito da Borsa Italiana e le negoziazioni avvengono per via telematica. Il mercato è ripartito in due segmenti in funzione delle caratteristiche dell’attività sottostante il contratto derivato. Infatti, è presente un segmento IDEM equity sul quale sono negoziati i derivati aventi come sottostante strumenti finanziari, tassi d’interesse, valute e relativi indici e un segmento IDEX sul quale sono negoziati i derivati aventi come sottostante merci e relativi indici.

• MTS: oltre alle contrattazioni che si svolgono sul MOT, i titoli di Stato

sono scambiati (solo da particolari categorie di operatori) sul Mercato telematico dei titoli di stato (MTS). Il MTS è un mercato regolamentato all’ingrosso (infatti, il quantitativo minimo negoziabile è pari rispettivamente a 500.000 e 250.000 euro per MTS e MTS Corporate) e di tipo quote driven, basato quindi su quotazioni esposte da operatori che operano in conto proprio e che sono tenuti a esporre quotazioni in acquisto e vendita impegnative per quantitativi minimi determinati. Si tratta quindi del mercato regolamentato telematico all’ingrosso dedicato ai titoli governativi e ad altri titoli obbligazionari. Infatti, vi sono trattati CCT, BTP, BTEi, BOT e CTZ (per quanto concerne i titoli di Stato italiani), i titoli di stato esteri, le obbligazioni non governative e i titoli emessi da organismi internazionali partecipati da Stati (ABS e Quasi-government bonds negoziati su MTS Corporate). Il mercato all’ingrosso

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government bonds negoziati su MTS Corporate). Il mercato all’ingrosso dei titoli di stato prevende due segmenti, uno a Pronti, nel quale vengono negoziati i normali strumenti finanziari e il segmento Pronti Contro Termine, nel quale vengono appunto negoziati contratti di pronti contro termine tramite i quali un operatore vende (a pronti) ad un altro operatore un determinato strumento finanziario e contestualmente si impegna a riacquistarlo ad una data futura (a termine).

2.4 I mercati azionari di Borsa Italiana

La struttura del mercato azionario è suddivisa in base a due diverse logiche fondamentali: si ha suddivisione in base alla dimensione, in termine di capitalizzazione dell’azienda quotata, e in base alla tipologia di azienda quotata. La rappresentazione piramidale della figura sopra riportata non è molto calzante, poiché, così posta, sembra che si abbia una suddivisione sulla base della capitalizzazione aziendale per tre tipi di mercati: Standard (capitalizzazione più bassa), STAR (capitalizzazione intermedia) e Blue Chip (per aziende con capitalizzazione più alta). In realtà, la situazione non è questa perché il segmento STAR, analogamente al segmento AIM Italia, presuppone una suddivisione in base alla tipologia di azienda quotata, con dei requisiti specifici ad hoc per potervi accedere che non sono legati solo alla capitalizzazione. Sostanzialmente il segmento STAR è allo stesso livello del segmento Standard, perché con gli stessi requisiti in termini di capitalizzazione, ma separato da esso, perché prevede requisiti di altro tipo molto più stringenti. Ovviamente, visti i più alti requisiti qualitativi e quantitativi, all’interno del segmento Blue Chip e del segmento STAR, saranno comprese un numero inferiore di società, rispetto al segmento Standard, che in termini di requisiti, si può definire più di “manica larga”. Pertanto, da questo punto di vista, la rappresentazione a piramide, con la base più larga e il vertice più stretto, si può considerare azzeccata.

Le azioni delle stesse società e i loro andamenti sono poi rappresentati in vari indici. È presente un indice FTSE Italia STAR dedicato appositamente alle azioni delle società quotate nel segmento STAR, poi ci sono i vari indici generali del mercato azionario, quali: FTSE Italia All Share (comprendente le azioni di tutti i titoli quotati a Piazza Affari); FTSE Mib, FTSE Italia Mid Cap e FTSE Italia Small Cap, con suddivisione in base alla dimensione della capitalizzazione; indici settoriali (petrolio e gas naturale, chimica e materie prime, industria, beni di consumo, salute, servizi al consumo, servizi

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chimica e materie prime, industria, beni di consumo, salute, servizi al consumo, servizi pubblici, telecomunicazioni, finanza, tecnologia), che rappresentano gli andamenti nelle valorizzazioni dei vari settori del sistema economico e produttivo del paese. Le azioni comprese negli indici FTSE Italia STAR e negli indici settoriali, saranno ritrovabili anche in uno dei vari indici con suddivisione in base alla dimensione della capitalizzazione e, ovviamente, nell’indice FTSE Italia All Share, che comprende i titoli di tutte le società quotate alla Borsa di Milano. Di tutti i segmenti e indici appena elencati, l’unico che trova ampio spazio tra le notizie su quotidiani, radio, televisioni e siti internet e che quindi può essere considerato a buon titolo il più rappresentativo nella visione comune del mercato di Borsa Italiana è l’indice FTSE Mib, che comprende i titoli delle società più importanti e maggiormente capitalizzate presenti sul listino di Piazza Affari.

In generale, sul Mercato Telematico Azionario (MTA), che è il mercato azionario di Borsa Italiana comprendente tutti i segmenti suddetti, sono ammesse alle negoziazioni le azioni di emittenti possedenti i seguenti requisiti (requisiti che poi possono essere implementati, variati o integrati in base al segmento di appartenenza):

• Devono aver pubblicato e depositato i bilanci, anche consolidati, degli

ultimi tre esercizi (l’ultimo dei quali deve essere anche corredato dal giudizio positivo di una società di revisione). L’ammissione alla quotazione non può essere disposta se la società di revisione ha espresso un giudizio negativo oppure si è dichiarata senza possibilità di esprimere un giudizio.

• La loro attività deve essere in grado di generare ricavi in autonomia

gestionale e non devono perciò esserci ostacoli al perseguimento degli obiettivi economico finanziari dell’emittente.

• Devono avere conferito l’incarico di revisione contabile dei bilanci ad una

società di revisione, iscritta nell’apposito albo della Consob.

• Il loro attivo di bilancio e i ricavi non devono essere costituiti in maniera

preponderante da investimenti in una società quotata su un mercato regolamentato. Questo ha lo scopo di rendere impossibile la quotazione delle cosiddette “scatole cinesi”.

• La prevedibile capitalizzazione di mercato delle azioni oggetto di

quotazione deve essere almeno pari a 40 milioni di euro. Questa soglia può essere derogabile qualora si ritenga che comunque per tali azioni si formerà un mercato di sufficiente spessore.

• Il flottante deve costituire una quota almeno pari al 25% del capitale

sociale, in modo da garantire una sufficiente diffusione delle azioni. All’atto dell’ammissione, Borsa Italiana assegna a ciascuna azione un appropriato segmento di negoziazione in base all’entità della capitalizzazione della società emittente. In seguito, Borsa Italiana provvede a verificare periodicamente (solitamente ogni 6 mesi) la ripartizione delle azioni tra i vari segmenti, effettuando gli eventuali trasferimenti che nel frattempo si fossero resi necessari. Le azioni per le quali sono rispettati i requisiti di ammissione visti sopra sono ammesse alla negoziazione nel MTA, mentre le azioni (o altri strumenti finanziari) con specifiche caratteristiche sono ammesse nei vari segmenti in cui è suddiviso lo stesso MTA.

Le aziende in possesso dei requisiti generali suddetti, che abbiano una capitalizzazione compresa tra 40 e 1000 milioni di euro, saranno ammesse a far parte del segmento di mercato di MTA denominato Standard. Nel caso invece in cui, aziende con la medesima tipologia di requisiti, abbiano una capitalizzazione superiore ai 1000 milioni di euro, saranno inserite all’interno del segmento di mercato, denominato Blue Chip.

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di euro, saranno inserite all’interno del segmento di mercato, denominato Blue Chip. Per entrare, invece, a far parte del segmento STAR (Segmento Titoli ad Alti Requisiti) dedicato alle aziende di media dimensione, quindi in possesso della medesima capitalizzazione, compresa tra 40 e 1000 milioni di euro, del segmento Standard, che vogliono distinguersi sul mercato finanziario per una maggiore trasparenza informativa, liquidità e adeguatezza della propria governance alla best practice internazionale, le aziende devono essere in possesso di ulteriori stringenti requisiti aggiuntivi, rispetto a quelli generali elencati precedentemente per il mercato Standard. I principali requisiti aggiuntivi, oltre a quelli già citati, che le aziende che vogliono quotarsi sul segmento STAR devono rispettare sono:

• Possedere un flottante di almeno il 35% del capitale rappresentato dalle

azioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria (quindi non le azioni di risparmio).

• Rendere disponibile al pubblico il resoconto intermedio di gestione entro

45 giorni dal termine del primo, terzo e quarto trimestre dell’esercizio.

• Trasmettere i dati di periodo, una volta approvati dall’organo competente,

a Borsa Italiana secondo il formato elettronico dalla stessa predisposto e comunicare tempestivamente eventuali modifiche apportate ai dati di bilancio dall’assemblea dei soci.

• Rendere disponibili sul proprio sito internet il bilancio, la relazione

semestrale, i resoconti intermedi di gestione, tutta l’informativa suppletiva prevista dal TUF e anche gli ulteriori elementi indicati da Borsa Italiana nelle Istruzioni. Le informazioni devono essere rese disponibili sul sito secondo il formato indicato da Borsa Italiana, anche in lingua inglese.

• Prevedere all’interno della propria struttura organizzativa un soggetto

professionalmente qualificato che abbia come incarico specifico la gestione dei rapporti con gli investitori, denominato investor relator.

• Adottare il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto

dall’articolo 6 del decreto legislativo 231 del 2001, contenenti disposizioni sui soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione degli enti.

• Incentivare il management mediante sistemi di remunerazione anche

variabile che commisurino una parte significativa della remunerazione destinata agli amministratori esecutivi e agli alti dirigenti ai risultati raggiunti.

• Aderire ai principi di corporate governance definiti dal Codice di

Autodisciplina di Borsa Italiana.

• Nominare un operatore specialista incaricato di sostenere la liquidità delle

azioni.

La scelta della quotazione sul segmento STAR è inevitabilmente contraddistinta da una maggiore onerosità per l’azienda, ma nonostante ciò, molte di queste sono spinte ad intraprendere quella strada dalla ricerca di una maggiore visibilità e di elementi distintivi che possano portarle ad essere più facilmente riconosciute e maggiormente valorizzate all’interno del mercato finanziario.

2.5 AIM Italia-MAC, il mercato per le PMI

Negli ultimi anni, l’attenzione riservata alle piccole e medie imprese, che rappresentano l’asse portante del tessuto economico e produttivo italiano, e la volontà

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rappresentano l’asse portante del tessuto economico e produttivo italiano, e la volontà di incentivarne la quotazione, ha spinto la Borsa Italiana a delineare alcuni mercati e segmenti ad hoc per questa realtà. Ad esempio, per le aziende di dimensioni minori, che vogliano quotarsi riducendo al minimo i costi ed i tempi del processo di ammissione, è stato recentemente istituito (dal 2012) un mercato non regolamentato (MTF, Multilateral Trading Facility) gestito da Borsa Italiana, denominato AIM Italia-MAC, nato dall’accorpamento dei due mercati AIM Italia e MAC già esistenti precedentemente e che sono stati uniti in un’ottica di maggiore efficienza e razionalizzazione. Il nuovo mercato ha assunto fondamentalmente caratteristiche e requisiti di AIM Italia, infatti le società già quotate su quest’ultimo mercato sono automaticamente passate al nuovo, con una disciplina molto simile, mentre per le PMI quotate sul MAC (rimasto aperto alle nuove quotazioni solo fino al 30 marzo 2012) è stata disposta una procedura di adeguamento proseguita fino a fine 2012. Di MAC è stato mantenuto il processo di ammissione rapido, la tempistica ridotta e l’introduzione di lotti minimi di negoziazione, mentre da AIM Italia derivano la valenza internazionale, una comunità di professionisti dedicata e specializzata e la possibilità di accedere a un bacino più ampio di investitori, sia professionali, sia retail.

2.5.1 Evoluzione storica

Abbiamo visto che il mercato attuale, AIM Italia-MAC, rappresenta una sintesi e un’integrazione tra realtà già pre-esistenti, pertanto al fine di comprenderne al meglio il funzionamento, le caratteristiche ed i requisiti è utile andare a vedere l’evoluzione storica che c’è stata su Borsa Italiana negli ultimi anni per i mercati destinati alle piccole e medie imprese. Negli anni passati sono stati attivi quindi anche dei mercati “storici” per le PMI che hanno poi cessato di esistere, per andare verso un’evoluzione, integrazione ed efficientamento ed hanno portato perciò a crearne di nuovi.

Il primo mercato, in assoluto, destinato alle imprese di media e piccola dimensione, è stato il mercato di MTA denominato Expandi, che è stato attivo da dicembre 2003 a dicembre 2008. Si trattava di un mercato regolamentato con requisiti di accesso più bassi rispetto a quelli del MTA. Infatti, per essere quotati su questo mercato era previsto un requisito di capitalizzazione minima pari solamente a 1 milione di euro (a differenza dei 40 milioni di capitalizzazione minima richiesta per MTA), il flottante doveva essere almeno pari al 10% del totale del capitale sociale (a differenza del 35% previsto per la quotazione su MTA), non imponeva cambi nella governance, adeguamenti alla best practice internazionale in materia o integrazioni negli organi societari e nelle posizioni apicali, consentiva infine di risparmiare intorno al 25% dei costi di quotazione rispetto a quelli necessari per accedere al mercato MTA. Era prevista però, a fronte di questi requisiti più bassi, come vincolo a tutela degli investitori poco informati e che quindi potevano essere più facilmente ingannati e truffati, che l’offerta potesse essere sottoscritta solo da investitori istituzionali, in possesso di una struttura finanziaria più solida e di maggiori conoscenze e competenze per poter valutare l’eventuale investimento con adeguatezza.

A cavallo tra il 2006 e il 2007 viene creato su Borsa Italiano il mercato MAC (nascita del mercato il 23 dicembre 2006 e avvio delle negoziazioni il 17 settembre 2007). Si tratta di un mercato non regolamentato con requisiti bassissimi e procedura istituzionale snella. Questo mercato nasce su iniziativa istituzionale di una società denominata pro-MAC, all’interno della quale erano presenti Borsa Italiana, Associazione Bancaria Italiana e altre importanti istituzioni del mondo creditizio e finanziario italiano. Infatti, per l’accesso a questo mercato non era richiesto alcun requisito in termini di capitalizzazione minima, né di quota minima di flottante, né di numero minimo di anni di esistenza della società, né infine l’esistenza di una specifica struttura di governo societario. Le uniche richieste per essere ammessi alla quotazione sul mercato riguardano la presentazione di un’adeguata domanda di ammissione, del solo bilancio relativo all’ultimo esercizio, della relazione della società di revisione, dello statuto vigente e di documenti idonei ad accertare i requisiti di onorabilità dei

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dello statuto vigente e di documenti idonei ad accertare i requisiti di onorabilità dei membri degli organi dirigenziali. L’offerta è anche in questo caso aperta ai soli investitori professionali, a maggior ragione visti i requisiti ancora più bassi rispetto al mercato Expandi. Gli investitori possono effettuare investimenti diretti sul mercato, ma anche investitori con patrimoni elevati possono effettuare investimenti su MAC, solo che devono farlo attraverso gestione patrimoniale o fiduciaria (o fondi). La procedura di ammissione era molto semplice e rapida, infatti, si poteva fare scaricando un modulo online e il processo di quotazione era addirittura ridotto a 6 settimane. Per la quotazione su questo mercato erano necessari due intermediari specifici, uno specialist e uno sponsor. Il ruolo dello sponsor (una banca scelta dall’imprenditore, anche di piccole dimensioni) è analogo a quello della stessa figura per il mercato MTA, ovvero accompagnare la società verso la quotazione. Questa banca aveva il compito di presentare il mercato all’azienda quotanda, raccogliere le informazioni per valutare la fattibilità dell’operazione di quotazione, in caso positivo presentare la candidatura e supportare l’azienda nel completamento della domanda. Lo sponsor doveva rimanere a fianco dell’imprenditore anche nei tre anni successivi, supportandolo nell’adempimento degli obblighi informativi. Lo specialist invece rivestiva un ruolo cruciale e particolare. Si trattava di un intermediario specializzato che doveva decidere il prezzo di emissione delle azioni dopo aver svolto la valutazione dell’azienda. Infatti, questo doveva eseguire tutto il percorso del roadshow con gli investitori, affiancando imprenditoria e management della quotanda negli incontri e doveva effettuare il collocamento. Anche lo specialist, come lo sponsor, doveva rimanere a fianco dell’emittente, nella fase successiva alla quotazione, poiché aveva il compito di immettere liquidità, cioè di inserire almeno una proposta in acquisto e in vendita per 25000€ durante ogni sessione di negoziazione, facendo così da market maker e assicurando una più facile liquidità del titolo. Inoltre, doveva produrre report sulla situazione economico-finanziaria dell’azienda due volte all’anno. Era prevista una terza figura, però facoltativa, quella dell’advisor, attraerso il quale la quotanda poteva contattare lo sponsor, rivolgendosi altrimenti, in assenza di questo intermediario, direttamente allo sponsor. Una volta che lo sponsor aveva collaborato e contribuito alla presentazione della domanda di ammissione, se essa andava a buon fine, iniziava il collocamento privato e venivano poi avviate le negoziazioni, alle quali, come abbiamo visto, potevano prendere parte solo gli investitori professionali. I report di cui doveva occuparsi lo specialist, insieme alle informazioni da fornire in sede di presentazione di domanda di ammissione, rispondevano all’esigenza e obbligo d’informativa di tipo price sensitive (cioè su tutti quegli aspetti in grado di modificare il prezzo del titolo) da perseguire sia in fase di ammissione che in fase di negoziazione.

Il 22 giugno 2007 avviene un fatto significativo, che rappresenta una cesura e una discontinuità rispetto al passato: l’accordo tra borsa italiana e borsa londinese che porta alla fusione tra queste due importanti realtà del contesto europeo. All’interno del gruppo della borsa di Londra c’è AIM, il più grande mercato delle piccole e medie imprese, mentre in Italia c’è il maggior numero di PMI non quotate. Si vede subito quindi come la possibilità di estendere il modello del mercato AIM del London Stock Exchange, anche a Piazza Affari, rappresenti un’importante sinergia scaturente dall’operazione di fusione tra queste due realtà. L’1 dicembre 2008 nasce pertanto il mercato AIM Italia. Da quel momento non è stato più possibile quotarsi sul mercato Expandi, che è stato assorbito da MTA.

Il mercato AIM Italia era caratterizzato anch’esso da una facile accessibilità grazie alla scarsità di requisiti necessari all’accesso. Infatti, non viene prevista né una capitalizzazione minima e viene richiesto un flottante minimo pari al solo 10% della capitalizzazione totale della società. Non ci sono richieste che riguardino un numero minimo di anni di esistenza della società o una specifica struttura di governo societario. Le uniche previsioni tassative per procedere alla quotazione riguardano la documentazione da presentare alle autorità che si occupano di analizzarla. Tale documentazione deve consistere nel comunicato pre-ammissione, nel documento di

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documentazione deve consistere nel comunicato pre-ammissione, nel documento di ammissione, in tre bilanci certificati di cui due redatti secondo le regole IFRS e nelle dichiarazione di una figura fondamentale per questo mercato, il Nomad, che descriveremo più avanti. Il processo di quotazione su AIM Italia, al di là degli scarsi requisiti, risulta comunque più articolato e complesso rispetto al mercato MAC e quindi per questa ragione più lungo e maggiormente costoso. La grossa novità di AIM Italia, rispetto ai precedenti mercati dedicati alle piccole e medie imprese è data dal fatto che è aperto anche agli investitori di tipo retail, anche se la maggior parte degli investimenti continua ad essere effettuata da parte degli investitori istituzionali. In questo quadro, nell’affiancare l’azienda quotanda, svolge un ruolo di fondamentale importanza il Nomad (Nominated Advisor). Questa figura ha la funzione di garantire di fronte a Borsa Italiana S.p.a. che il soggetto sia adatto per la quotazione. Tutta l’attività di due diligence e tutta la preparazione alla quotazione è a cura del Nomad, che affianca la società quotata anche nella fase post-quotazione oltre che in quella precedente. È necessario, perciò, che per procedere alla quotazione l’azienda provveda innanzitutto alla nomina del Nomad, che può essere trovato negli appositi registri destinati all’iscrizione di questi intermediari in possesso dei requisiti previsti. Questi criteri da rispettare per essere Nominated Advisor selezionabili dalle aziende quotande prevedono che non debba trattarsi di persone fisiche, ma di intermediari finanziari con adeguata professionalità nella valutazione d’azienda, adeguata esperienza nel campo della corporate finance, con un numero di dipendenti sufficienti a svolgere le attività richieste e dirigenti key executive con competenze ed esperienza e, infine, che siano sottoposti a controlli di compliance costanti e sufficienti. Anche per quanto riguarda AIM Italia, poi, deve essere fornita da parte delle imprese che vogliono accedere al mercato tutta l’informativa di tipo price sensitive sia nella fase precedente alla quotazione sia a negoziazioni già avviate ed è prevista la figura dello specialist che assicuri la liquidità. A differenza di MAC, su AIM non è prevista alcuna quota minima da acquistare, se si vuole investire nel mercato, perché il primo è un mercato all’ingrosso, mentre il secondo può essere anche un mercato al dettaglio. Un ultimo punto di novità di AIM Italia rispetto a MAC risiedeva nel fatto che, mentre quest’ultimo mercato era caratterizzato da una negoziazione mediante asta giornaliera, il primo si contraddistingueva per la negoziazione continua preceduta da asta di apertura e seguita dalla negoziazione di chiusura.

Nei primi anni le quotazioni che si sono registrate su questi mercati sono state inferiori alle aspettative. Anche per questo motivo, oltre che per ragioni di una maggiore efficienza, integrazione e razionalizzazione dei mercati si è deciso di procedere all’accorpamento di AIM Italia e MAC, al fine di creare un unico mercato italiano destinato alla quotazione e negoziazione dei titoli delle piccole e medie imprese più dinamiche e competitive. L’1 marzo 2012 nasce pertanto AIM Italia-MAC, con una formula che fa leva sul know how ottenuto in oltre 15 anni di esperienza dell’AIM inglese da un lato e sulle specifiche esigenze del sistema imprenditoriale italiano dall’altro. Il nuovo mercato nato da questa fusione di fatto riprende le caratteristiche di AIM Italia, perdendo quasi completamente quelle di MAC, che si distingueva per l’elevata flessibilità e snellezza nella quotazione, a fronte però del fatto che in questo mercato potessero investire solo gli investitori istituzionali e non quelli di tipo retail (come avveniva in AIM Italia e come avviene poi in AIM Italia-MAC). Anche per questo nuovo mercato comunque non è prevista una dimensione minima o massima della società quotanda in termini di capitalizzazione e, per quanto riguarda il flottante, è sufficiente una soglia minima del 10% sul totale del valore della capitalizzazione (comunque più alta che nel precedente mercato MAC, quando non era prevista alcuna soglia). Non sono previsti requisiti particolari in tema di corporate governance, così come non sono previsti requisiti economico-finanziari specifici. Dopo la quotazione la società, con il supporto del Nomad, deve fornire le informazioni economico-finanziarie attraverso la pubblicazione del bilancio e della relazione semestrale e le informazioni di tipo price sensitive, cioè tutte quelle informazioni che potrebbero avere impatto sui risultati futuri e sull’andamento del titolo. È evidente dunque quante

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avere impatto sui risultati futuri e sull’andamento del titolo. È evidente dunque quante siano le analogie con il precedente mercato AIM Italia, a partire dalla centralità della figura del Nomad. Nella grafica della pagina successiva si può vedere un accostamento tra i requisiti dei due mercati destinati alle PMI pre-esistenti e il mercato AIM Italia-MAC risultato dalla loro fusione. In questo modo si vede anche immediatamente e a colpo d’occhio che ci sono molte più analogie tra AIM Italia e AIM-MAC che tra MAC e AIM-MAC.

2.5.2 Confronto

Il risultato finale di questa evoluzione è rappresentata dunque dal mercato AIM Italia-MAC, che come abbiamo visto è frutto di numerosi aggiustamenti nel tempo, ma che è il punto di riferimento, a questo punto unico, per le imprese che vogliano procedere alla quotazione in Borsa. Pertanto è importante evidenziare le differenze e le agevolazioni previste per questo mercato in termini di minori requisiti, minori costi e minor tempo necessario alla quotazione rispetto al mercato principale per le imprese di più grandi dimensioni che vogliano quotarsi a Piazza Affari, ovvero il segmento Standard del mercato MTA.

A questo scopo ci avvarremo di tabelle che possano fornire una visione d’insieme e un colpo d’occhio immediato su quelle che sono le differenze tra il mercato AIM Italia-MAC e il mercato Standard di MTA. Per prima cosa andiamo a vedere le differenze nei requisiti previsti per accedere ai due mercati. Possiamo notare come la quotazione per le piccole e medie imprese sul mercato AIM Italia-MAC sia molto più agevolata rispetto alle altre al fine di spingerle a ricercare fonti di finanziamento alternativo al canale bancario, il capitale cosiddetto “paziente” che può essere molto utile per finanziare lo sviluppo e la crescita di queste aziende ad alto potenziale.

REQUISITI STANDARD AIM ITALIA-MAC

Flottante ingresso 25% 10%

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Dimensione capitalizzazione 40-1000 mil € Nessuna soglia minima CDA con amministratori non

esecutivi ed indipendenti

Raccomandato NO Comitato controllo interno Raccomandato NO Comitato remunerazione Raccomandato NO Pubblicazione dati trimestrali Obbligatorio NO Investor relation manager Raccomandato NO

Sito Raccomandato NO

Informazioni contabili ita/ingl Raccomandato NO Principale advisor Sponsor/Global

coordinator

Nomad Presenza dello specialist NO SI

Come possiamo vedere per il segmento Standard è stato lasciato molto spazio alla discrezionalità, anche se l’adozione di quelle che sono disposizioni solo raccomandate è molto utile per ottenere una migliore reputazione e visibilità e, infatti, tutte le raccomandazioni del segmento Standard del mercato MTA diventano delle vere e proprie disposizioni tassative per il segmento STAR, il segmento ad alti requisiti per le imprese ad elevato potenziale di crescita. Questo segmento pur essendo molto più oneroso in termini di requisiti da rispettare, spesso viene scelte dalle imprese che vogliono quotarsi proprio per la maggior visibilità garantita, data l’ottima reputazione delle imprese che rispettano tutti i requisiti per accedervi.

Un altro importante ambito rispetto al quale la quotazione su AIM Italia-MAC è molto agevolata al fine di incentivare le imprese a ricorrere a questo mercato è dato da un’onerosità ancor più materiale rispetto ai requisiti di accesso, ovvero dai costi che è necessario sostenere per permettere l’accesso e il mantenimento dell’azienda sul mercato. Tali costi sono molto più limitati per le piccole e medie imprese che vogliono quotarsi in Borsa, sia a causa della minor durata del periodo di analisi e valutazione precedente alla quotazione, sia a causa del più ristretto numero di intermediari che devono intervenire a fianco dell’impresa in questo processo, rispetto a quelli delle imprese che vogliono quotarsi sul segmento Standard del mercato MTA. In sostanza la maggior semplicità e snellezza del processo di quotazione per le PMI permette di dover sostenere dei costi di quotazione più ridotti rispetto all’iter normale, che abbiamo ampiamente affrontato e descritto in tutta la sua complessità e articolazione nel capitolo precedente. Si tratta ovviamente, in entrambi i casi di costi difficili da stimare in linea così generale, poiché questi sono molto variabili da caso a caso in funzione di vari fattori. Comunque per l’accesso al mercato AIM Italia-MAC l’azienda necessita del contributo fondamentale di tre soli intermediari: il revisore legale che deve certificare almeno l’ultimo bilancio, il broker (Nomad) che si occupi della fase di collocamento e settlement e lo Specialist che si occupa di mantenere la liquidità del titolo dal momento in cui le negoziazioni sono già state avviate. Perciò i costi di quotazione si compongono di una parte una tantum legata ai costi da sostenere una volta sola nella fase di accesso al mercato e di una parte ricorrente da sostenere annualmente perché legata allo Specialist che deve continuare ad intervenire sul mercato anche successivamente all’avvenuta quotazione al fine di mantenere elevata la liquidità del titolo. I costi complessivi per accedere al mercato AIM Italia-MAC, dovrebbero aggirarsi intorno ai 300000-350000€ così ripartiti:

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dovrebbero aggirarsi intorno ai 300000-350000€ così ripartiti:

• SPECIALIST: 20000€-30000€ (costo annuale)

• BROKER (Nomad): 4%-6% del controvalore collocato per la funzione di

collocamento, 1% per la funzione di settlement

• REVISORE: 15000€-20000€

Questi costi sono più alti rispetto a quelli che erano necessari per il mercato MAC, che prevedeva una procedura ancora più rapida e snella. Infatti, nel giro di alcune settimane o comunque pochi mesi, era possibile quotarsi sul mercato. Si tratta di costi che rendono la possibilità di quotarsi sul mercato borsistico non accessibile per tutte le aziende e infatti può essere utile alle piccole e medie imprese con buone possibilità di sviluppo avere già al loro fianco un intermediario finanziario specializzato che li accompagni nella crescita e nel passaggio della quotazione (quali ad esempio istituti creditizi e/o fondi di private equity). I costi appena citati sono comunque molto inferiori a quelli necessari per la quotazione su un mercato non agevolato e apposito per realtà di dimensioni minori come AIM Italia-MAC. Allo scopo di fare questo confronto andiamo a considerare il segmento Standard del mercato MTA, con cui avevamo già fatto il raffronto per i requisiti di accesso precedentemente. Elencando nella tabella della pagina successiva che tipo di costi si hanno e qual è il loro ammontare per la normale quotazione su MTA risulta evidente come la quotazione sul mercato dedicato alle PMI, per quanto gravosa, abbia dei costi molto inferiori e pertanto sia molto più agevolata rispetto agli altri casi. Questo avviene sia perché le voci di costo nel caso di AIM Italia-MAC sono in numero inferiore, dato il minor numero di intermediari che devono lavorare a fianco dell’azienda in questo mercato, sia perché il ridotto tempo di quotazione porta dei costi più bassi in valore assoluto anche per ogni singola voce di costo. Questo evidenzia anche come la poca semplicità della procedura e di conseguenza la sua elevata onerosità rappresenti una delle principali ragioni ostative per le aziende che valutino la quotazione.

COSTI DEL CONSORZIO Tra il 2% e il 4% del controvalore collocato

SPESE LEGALI 300000€-500000€ SOCIETA’ DI COMUNICAZIONE 40000€-80000€

SOCIETA’ DI REVISIONE 250000€-500000€ ROAD SHOW 50000€-100000€ ALTRI COSTI (STAMPA, ECC.) 50000€ circa

BORSA ITALIANA 75€ ogni 500000€ di capitalizzazione (da un minimo di 10000€ a un massimo di

500000€)

CONSOB 2 per 1000 dell’offerta pubblica

Infine, l’ultimo aspetto fondamentale da analizzare è costituito dalle tempistiche del processo di quotazione sui mercati che abbiamo sinora considerato per questo confronto ovvero AIM Italia-MAC e il segmento Standard di MTA. Risulta difficoltoso stabilire con precisione quanto tempo sia necessario per completare tale processo per una società di qualsiasi tipo, che sia essa di medio-piccole oppure di grandi dimensioni. Questo perché la durata del procedimento è influenzata da svariati e molteplici fattori, tra i quali la dimensione dell’azienda, il settore in cui essa opera, la

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e molteplici fattori, tra i quali la dimensione dell’azienda, il settore in cui essa opera, la sua struttura societaria e organizzativa, la tecnica di quotazione prescelta e il grado di complessità della due diligence. Il processo si suddivide in due periodi fondamentali: il primo è quello dedicato alla preparazione del progetto di quotazione, all’analisi e valutazione di fattibilità e all’eventuale adeguamento ai requisiti in termini qualitativi e quantitativi ed è pertanto più lungo rispetto alla procedura vera e propria e di molto difficile quantificazione; il secondo periodo invece è quello della vera e propria realizzazione del progetto, inizia con la delibera del Consiglio di Amministrazione della società quotanda e termina con la collocazione del titolo sul mercato prescelto e l’inizio delle negoziazioni.

La seconda fase suddetta ha una durata compresa tra i 4 e i 6 mesi, che aggiunta alla prima (avente una durata molto variabile e quindi difficilmente stimabile, ma comunque compresa nell’arco di 6-8 mesi) porta a una durata complessiva del processo di quotazione per il mercato MTA di circa un anno. La prima fase come abbiamo visto è caratterizzata dall’analisi e valutazione di fattibilità e dalla preparazione del progetto di quotazione, con la redazione del Business Plan, la definizione della struttura di offerta e la strutturazione del team di lavoro. La seconda invece può essere articolata in tre passaggi fondamentali, la preparazione della domanda, la presentazione della domanda e l’ammissione alla quotazione. I suddetti passaggi sono ottemperati in questo modo:

1) Preparazione della domanda:

• Presa di contatto con consulenti, sponsor ed intermediari che seguiranno

l’operazione

• Convocazione del Consiglio di Amministrazione per deliberare il progetto,

convocazione dell’assemblea ordinaria e/o straordinaria (nel caso in cui sia previsto anche un aumento di capitale, cioè nei casi di OPS o OPVS)

• Formazione del consorzio con gli intermediari finanziari che ne faranno

parte

• Predisposizione del prospetto informativo in grado di fornire una visione

adeguata e completa agli investitori

• Presentazione dell’operazione agli analisti finanziari, che emettano un

giudizio preliminare

• Pubblicizzazione ufficiale dell’operazione

2) Presentazione della domanda:

• Invio alla Consob e a Borsa Italiana del prospetto informativo e della

domanda di ammissione, con in allegato tutta la documentazione prevista relativamente agli obblighi informativi

• Esame della domanda da parte della Consob e della Borsa. L’accettazione

o il rigetto della domanda da parte di Borsa Italiana viene comunicata entro due mesi. In seguito all’avvenuta delibera di ammissione la Consob deve dare il nullaosta alla pubblicazione del prospetto informativo

3) Ammissione alla quotazione

• Verifica dell’interesse da parte degli investitori istituzionali

• Roadshow con incontri individuali e di gruppo con gli investitori

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• Pubblicazione del prospetto informativo • Fissazione del prezzo di collocamento

• Effettuazione dell’offerta pubblica ed assegnazione dei titoli in gestione

alla Monte Titoli

• Delibera dell’inizio delle negoziazioni in Borsa emanata da parte di Borsa

Italiana

La durata stimata dei vari passaggi della fase riguardante la procedura di quotazione vera e propria sul segmento Standard del mercato MTA che abbiamo appena visto è contenuta nella sottostante tabella.

PASSAGGI DURATA Preparazione della domanda 1-2 mesi Presentazione della domanda 2-3 mesi

Ammissione alla quotazione 3-4 settimane

Invece, la situazione per il mercato Aim Italia si presenta notevolmente diversa.

Il mercato AIM Italia-MAC, infatti, si contraddistingue per una maggiore semplicità e snellezza del processo di quotazione, che porta ad una durata inferiore sia della prima fase, quella più incerta ed interlocutoria, che della seconda fase, quella della procedura vera e propria. Come molto efficacemente rappresentato nell’immagine della pagina precedente, la prima per quanto di difficile stimabilità, ha una durata compresa in media tra i 2 e i 3 mesi, mentre la seconda, con tutti i suoi vari passaggi ha una durata media complessiva di 3-4 settimane.

2.5.3 Alcuni dati

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Per concludere questo capitolo nel quale abbiamo presentato i mercati di Borsa Italiana, soffermandoci in particolare su quello di maggior interesse per il nostro lavoro, ovvero il mercato agevolato dedicato alla quotazione delle piccole e medie imprese, analizzando alcuni dati riguardanti proprio AIM Italia-MAC, che descrivono quindi la situazione di questo mercato e ne forniscono una valida rappresentazione. L’importanza rivestita dalle PMI nel panorama imprenditoriale italiano è molto alta, poiché rappresentano il 99% del totale delle imprese, l’80% dell’occupazione, il 67% di valore aggiunto (valori tra i più alti tra i paesi Ocse) e il 54% dell’export totale, e mostrano anche (come evidenzia in particolare quest’ultimo dato) una notevole capacità di tenuta alla crisi grazie alla presenza sui mercati internazionali. Il mercato di Borsa Italiana inoltre è parecchio indietro rispetto ai similari europei per quanto riguarda il numero di imprese quotate, dato che su MTA sono presenti 236 società a fronte delle 1009 sul London Stock Exchange, delle 757 sul mercato principale tedesco e delle 528 su quello francese. Analogamente le PMI quotate rappresentano una percentuale ridotta dell’intero listino, con un peso molto inferiore sia rispetto alla percentuale media europea sia se comparato alla rilevanza all’interno dello stesso tessuto produttivo italiano. Risulta, pertanto, evidente che si rende necessaria una serie di interventi per favorire e incentivare lo sviluppo del mercato mobiliare nazionale e superare il ritardo strutturale rispetto alle altre economie europee. Proprio per questo anche che lo spazio e il ruolo che un mercato dalla quotazione agevolata e privilegiata come AIM Italia-MAC può ricavarsi all’interno del panorama borsistico e finanziario italiano sono molto ampi. La conferma di tutto ciò arriverà pure dai dati man mano che essi saranno esposti poiché questi rendono evidente che negli ultimi anni si è registrata una forte crescita di questo mercato in termini di capitalizzazione e d’imprese quotate. Tali dati sono ricavati dall’ultima ricerca completa svolta sul mercato AIM Italia-MAC nell’anno 2017 e riguardano quindi il periodo che arriva fino a giugno dello stesso anno. La ricerca viene svolta annualmente dall’Osservatorio AIM Italia e da IR Top, Equity Capital Markets e strategie di Investor Relations e i risultati vengono pubblicati sul sito internet “AIMnews.it – Aggiornamenti periodici online dell’Osservatorio”. Questi dati sono importanti e significativi perché spaziano su tutti gli ambiti del mercato fornendo una visione e informazione completa. Pertanto, la fonte di tutti i grafici che saranno poi riportati sono le elaborazioni di IR Top al 9 giugno 2017 su dati di Borsa Italiana.

AIM Italia-MAC, il canale privilegiato per il finanziamento della crescita delle piccole e medie imprese, presenta elevate potenzialità in termini di visibilità sui mercati nazionali e internazionali. La risposta delle PMI approdate sul listino negli ultimi tre anni analizzati conferma che l’interesse è in ascesa e anche il potenziale numero di Initial Public Offering è previsto in crescita nei prossimi anni. Da questa ricerca emerge che al 9 giugno 2017 le società quotate sono 81 (di cui 7 IPO nei primi 6 mesi del 2017 e 11 nel 2016). È notizia recente il superamento dei 4 miliardi di capitalizzazione complessiva, che infatti ammonta adesso a 4,2 miliardi di euro e la raccolta da IPO ha superato anch’essa il tetto del miliardo di euro, attestandosi a 1,16 miliardi raccolti a partire dal 2009. Dall’immagine riportata qui sotto è possibile vedere l’evoluzione del numero di società quotate sul mercato e della loro capitalizzazione, da quando il mercato AIM è nato, nel 2009, a luglio 2017 (quando la ricerca è stata pubblicata) passando per la fusione del 2012 di AIM e MAC. Risulta evidente la notevole crescita fatta registrare da questo mercato negli ultimi anni per entrambi i punti di vista considerati.

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