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Il voto dall’estero, una sfida per le democrazie del XXI secolo? CAPITOLO PRIMO

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CAPITOLO PRIMO

Il voto dall’estero, una sfida per le democrazie del XXI secolo?

1.1 La storia del voto dall’estero e le ricadute sul concetto di cittadinanza

Nelle democrazie moderne, come principio generale, coloro che sono governati hanno il diritto di dare il loro consenso all’autorità di quel governo. Questo consenso è dato tramite elezioni periodiche. Allo stesso modo i cittadini partecipano al processo decisionale su temi di importanza nazionale attraverso la partecipazione a referendum. Un tale diritto si configura come un diritto fondamentale delle democrazie moderne nonché il cuore della cittadinanza democratica1. Il diritto di voto2 è però accordato solo quando determinate condizioni sono soddisfatte. Sebbene queste condizioni varino da Stato a Stato, la maggior parte di questi riserva tale diritto esclusivamente ai propri cittadini3. Il legame che sussiste tra nazionalità e diritto di voto ha infatti radici molto antiche. Un più recente sviluppo nella democrazia partecipativa ha condotto all’estensione del diritto di voto a quei cittadini che hanno deciso di vivere all’estero in uno Stato diverso rispetto a quello di cittadinanza. Questo passo in avanti è stato la risposta alla crescente domanda da parte degli individui in questione di poter esercitare il voto indipendentemente dalla loro posizione fisica o dalle ragioni che sottostanno alla loro assenza dal Paese nel giorno delle elezioni.

1 Bauböck R. , Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and

Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 683.

2

Ogni volta che nella presente tesi si parla di diritto di voto ci si riferisce alla votazione per le elezioni nazionali. Là dove ci si dovesse riferire al diritto di voto in relazione alle elezioni locali o, nel caso dell’Unione Europea, alle elezioni del Parlamento europeo, questo verrà specificato di volta in volta.

3 Nell’Unione Europea sono un’eccezione Regno Unito e l’Irlanda. Il Regno Unito permette ai cittadini

irlandesi e ai cittadini dei Paesi che fanno parte del Commonwealth di votare per le elezioni del Parlamento inglese se residenti in Inghilterra. Dunque, in tal caso, il diritto di voto non dipende dal possesso della cittadinanza inglese ma di quella del Commonwealth o quella irlandese. L’Irlanda a sua volta permette ai cittadini inglesi ivi residenti di votare per la camera bassa del suo Parlamento, il Dàil.

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Storicamente il voto dall’estero o voto esterno è un fenomeno abbastanza recente tanto che anche nelle democrazie di lunga data i cittadini residenti fuori dal Paese hanno avuto la possibilità di votare solo negli ultimi decenni4. Inoltre le ragioni per l’introduzione del voto dall’estero divergono a seconda dei contesti storici e politici dei diversi Paesi. Sono dunque le peculiarità nazionali a contare nella decisione di accordarlo o meno. Così, in molti Stati l’introduzione del diritto di voto per i cittadini all’estero fu sinonimo del riconoscimento della loro attiva partecipazione nella prima e seconda guerra mondiale, conflitti questi che rispetto ai precedenti hanno visto l’arruolamento nell’esercito di un alto numero di persone. Fu giudicato quindi ingiusto che le particolari circostanze del loro servizio privasse questi individui della possibilità di esprimere la loro opinione tramite il voto alle elezioni che si sarebbero tenute nel Paese5. Guardando allo scenario europeo, a titolo di esempio, nel Regno Unito ci fu una domanda politica per il riconoscimento del diritto di voto dall’estero per coloro che avevano combattuto nella prima guerra mondiale così che nel 1918 venne introdotto nella sua forma di “voto per delega”. La Francia lo introdusse nel 1924 per permettere agli amministratori francesi che si trovavano in servizio in Renania di poter votare per posta. La seconda guerra mondiale produsse ulteriori momenti per l’estensione del diritto di voto dall’estero a coloro arruolati nelle forze armate. Il voto tramite posta per il personale militare, i marinai dediti al commercio e altri individui che lavorano all’estero in campi considerati di importanza nazionale venne introdotto nel Regno Unito nel 1945. La Francia invece introdusse il voto per delega per il personale militare l’anno seguente mentre dal 1951 sia il voto per posta che quello per procura fu disponibile per gli elettori appartenenti a diverse categorie che includevano quelle del servizio militare, governativo o del business professionale. Sempre in Francia nel 1975 venne introdotto il voto in persona nei consolati e ambasciate per i referendum e le elezioni presidenziali. In altri Paesi, come la Spagna, il conferimento del diritto di voto dall’estero nel 1978 ebbe una valenza simbolica: la sua introduzione nella Costituzione democratica del Paese fu sinonimo del riconoscimento ex post dell’emigrazione

4 Ne sono esempi la Germania e la Gran Bretagna dove il voto esterno è stato introdotto nel corso degli

anni ottanta.

5 Blais A., Massicotte L., Yoshinaka A., Deciding who has the right to vote: a comparative analysis of election laws, in “Electoral Studies”, Vol. 20, No 1, Elsevier, 2001, p. 56.

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repubblicana conseguente alla guerra civile. Anche i partiti politici possono giocare un ruolo chiave nell’introduzione del voto dall’estero nella speranza, e in alcuni casi nella certezza, che gli espatriati supportino loro piuttosto che altri competitori. Questo è il caso inglese dove negli anni 80 il futuro governo conservatore vide un vantaggio nell’introduzione del diritto di voto dall’estero da estendere ad ogni cittadino credendo che molti espatriati avrebbero sostenuto il loro programma elettorale, anche se, in tal caso, l’estensione del periodo massimo di residenza estera per poter votare da 5 a 25 anni non portò al partito i benefici politici sperati6. Allo stesso modo in Austria, seppur il voto dall’estero venne introdotto nel 1990 in seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale, fu sponsorizzato dal partito popolare conservatore7.

In tempi più recenti l’introduzione del voto dall’estero o la sua estensione a categorie di cittadini diverse rispetto a quelle viste sopra è stata motivata da due principali fattori: 1) i cambiamenti politici avvenuti negli anni novanta, ovvero la caduta del blocco comunista e la conseguente diffusione della democrazia8 2) la crescente globalizzazione e il conseguente aumento del fenomeno migratorio9. Nel primo caso con la caduta del blocco comunista il disegno delle norme elettorali democratiche ha ricevuto una maggiore attenzione; nel secondo caso la globalizzazione ha fornito un’opportunità per l’incremento del fenomeno migratorio e delle sfide che questo ha portato con sé. Di fatto milioni di persone, cittadini di Paesi poveri e meno sviluppati, migrarono verso altri Stati in cerca di lavoro, un fenomeno questo sperimentato anche dai Paesi sviluppati seppur in misura minore.

Dunque, in un ordine mondiale caratterizzato da un incremento del fenomeno migratorio, il voto dall’estero è diventato sempre più un tema significativo e alla luce di questo scenario il problema di assicurare una rappresentanza e quindi l’esercizio dei

6

Per un approfondimento del caso inglese vedi il capitolo terzo, paragrafo 3.2.1.

7

Ellis A., The history and politics of external voting, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico, 2007, p. 43.

8 Grotz F., Nohlen D., The legal framework and an overview of electoral legislation, in “Voting from

abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico, 2007, p. 65.

9 Blais A., Massicotte L., Yoshinaka A., Deciding who has the right to vote: a comparative analysis of election laws, in “Electoral Studies”, Vol. 20, No 1, Elsevier, 2001, p. 56.

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diritti politici, nello specifico i diritti di voto, a coloro che hanno deciso di vivere al di fuori del loro Paese di origine è stato preso in considerazione e in alcuni casi risolto con successo da molti Stati. L’estensione del diritto alla partecipazione politica ai cittadini non residenti, nonostante i problemi che può comportare10, risulta essere attualmente una pratica molto attrattiva e sempre più comune. Di fatto ad oggi il voto esterno è diffuso in tutte le regioni del globo nonostante sia più comune in Europa e la sua previsione non dipende dallo sviluppo socio-economico del Paese o dalla sua forma di stato o di governo includendo democrazie consolidate, nuove democrazie e alcuni Paesi che difficilmente possono essere classificati come democrazie. Anche nelle nuove democrazie con poca esperienza di elezioni libere e che presentano problemi con l’amministrazione elettorale, il voto esterno è già stato introdotto o è in procinto di essere implementato. Con una sola eccezione11 la tendenza sembra essere unidirezionale ovvero nessuno Stato ha limitato il diritto di voto degli espatriati una volta introdotto. Ciò non significa che la tendenza è e sarà sempre costante o che tale estensione del diritto di voto si configuri come una pratica universale12 ma i recenti sviluppi nel campo portano ad affermare che sta diventando una pratica sempre più diffusa13.

Come abbiamo visto con la globalizzazione e l’intensificarsi del fenomeno migratorio la geografia della comunità umana è stata destabilizzata. Grandi migrazioni si sono verificate nello spazio ma, allo stesso tempo, il significato dello spazio è stato eclissato dalle innovazioni tecnologiche nel campo delle comunicazioni e dei trasporti14. Ciò ha permesso agli emigrati di rimanere in contatto con i loro Stati di origine con più facilità15. Questi sviluppi hanno gettato le basi, come Kim Barry ha osservato, per un

10 Vedi il paragrafo 1.3.

11 Il Regno Unito, come vedremo nel capitolo III par. 3.2.1, nel 2000 ha ridotto il lasso temporale di

residenza estera entro il quale i cittadini inglesi all’estero possono ancora votare per il Parlamento inglese da 20 a 15 anni.

12

Come illustrato nel capitolo III, alcuni Stati parte dell’Unione Europea presentano dei problemi relativi alla pratica del voto dall’estero.

13 Spiro P. J., Perfecting political diaspora, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No 207,

2006, p. 110.

14 Ibid., p. 111.

15 Barry K., Home and away: the construction of citizenship in an emigration context, in “New York

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cambiamento del concetto di Stato-nazione inteso prima come una delimitata entità territoriale con una popolazione fissa di cittadini16. Allo stesso tempo, la cittadinanza, a lungo un simbolo di radicamento, esclusività e permanenza, è stata scoperta essere portatile, scambiabile, e sempre più multipla17. La separazione tra la cittadinanza (diritti legali in pratica) e nazionalità (appartenenza) ha portato alla qualificazione del concetto di cittadinanza come extraterritoriale18. Si è dunque iniziato a parlare di “external

citizenship” (cittadinanza esterna) in riferimento a quei cittadini che hanno lasciato lo

Stato-nazione ma vogliono continuare a esercitare la loro membership politica (in termini di identità, status giuridico e diritti) dal territorio di un’altra comunità nazionale. Caratteristica che definisce la cittadinanza esterna è la possibilità di distaccare lo status giuridico e le pratiche della cittadinanza (quale si configura il diritto alla partecipazione politica e più propriamente il diritto di voto) dai confini territoriali dello Stato-nazione19.

La conseguenza del disaccoppiamento del territorio dalla cittadinanza, ovvero, detto in altre parole, la realtà del crescente numero di cittadini che risiedono fuori dal loro Stato di cittadinanza, non è stata oggetto di attente riflessioni da parte della letteratura accademica nonostante ciò abbia avuto e avrà profonde conseguenze per le pratiche e il significato di cittadinanza. Infatti la letteratura che si è occupata delle sfide che i movimenti migratori lanciano alla nozione di cittadinanza si è quasi sempre focalizzata sui Paesi di immigrazione e poco su quelli di emigrazione20. Questo è accaduto senza dubbio in parte perché la maggior parte della dottrina ha sempre avuto la credenza inespressa che i cittadini assenti, anche in gran numero, semplicemente non

16 Ibid., p. 106. 17 Ibid., p. 107.

18 Kastoryano R., Transnational participation and citizenship. Immigrants in the European Union, Centre

d'Etudes et de Recherches Internationales, Parigi, 1998, pp. 2-3.

19

Rubio-Marìn R., Transnational politics and the democratic Nation-State: normative challenges of

expatriate voting and nationality retention of emigrants, in “New York University Law Review”, Vol. 81,

No 117, 2006, p. 124.

20 In tal senso il lavoro di Kim Barry, a partire da Home and away: the construction of citizenship in an emigration context, rappresenta un passo importante verso la presa in considerazione della cittadinanza

esterna e delle nuove pratiche ad essa connesse. Kim Barry ha infatti studiato gli sforzi fatti dagli emigrati per rimanere legati alle loro comunità nazionali e ai loro spazi politici nonché gli sforzi profusi dagli Stati per incoraggiarli, nonostante la non residenza nello Stato di origine.

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abbiano da richiedere o non necessitino più del pacchetto di diritti che lo Stato di cittadinanza riconosceva loro prima della partenza dal Paese. Se il governo è in gran parte una società territoriale, come la teoria politica fino a poco tempo fa affermava, il cittadino assente non avrà motivo di essere protetto dal governo locale o di parteciparvi21. Per potersi concentrare sui Paesi di emigrazione invece c’è la necessità di elaborare un più ampio concetto di cittadinanza che sia extraterritoriale e non residenziale22. Tale nuovo concetto di cittadinanza ha poi bisogno di prendere in considerazione la partecipazione dall’estero dei cittadini non residenti23 nella misura in cui l’estensione del diritto alla partecipazione politica a questi soggetti risulta essere la più controversa delle misure extra-territoriali legate alla cittadinanza stessa.

1.2 Il concetto di voto esterno

1.2.1 Una definizione preliminare

Secondo la definizione utilizzata in questa tesi24, con voto dall’estero o voto esterno si fa riferimento all’insieme di disposizioni e procedure che consentono agli elettori di un Paese che si trovano temporaneamente o in modo permanente all’estero di esercitare i propri diritti di voto al di fuori del territorio dello Stato di origine. Il voto esterno deve essere distinto da altri due tipi di voto che sono spesso facilmente confusi con esso. Il primo è il diritto di voto per gli stranieri, riconosciuto ad esempio all'interno dell'Unione Europea a livello locale e che permette ai cittadini europei residenti negli Stati membri dell’UE di partecipare alle elezioni locali del Paese ospitante. Questo è in effetti l'opposto del voto esterno e tale caso non è coperto da questa tesi25. Non è

21 Spiro P. J., Perfecting political diaspora, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No 207,

2006, p. 102. Per altre motivazioni volte ad escludere gli espatriati dalla vita dello Stato di origine, nonché motivazioni a favore dell’inclusione avanzate da un’altra parte della dottrina vedi il par. 1.4.

22

Barry K., Home and away: the construction of citizenship in an emigration context, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No. 11, 2006, p. 58.

23 Ibid., pp. 58-59.

24 La definizione di voto esterno presentata nella tesi riprende quella avanzata in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections

Institute of Mexico , 2007.

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possibile parlare di voto esterno nemmeno là dove la legge elettorale di un dato Paese consenta ai cittadini residenti all'estero di votare nelle elezioni dello Stato di cittadinanza se e solo se decidano di farvi rientro nel giorno delle elezioni. Di fatto il diritto dei cittadini che si trovano all’estero di votare facendo ritorno nello Stato di cittadinanza differisce dal voto esterno o voto dall’estero. Detto in altre parole, il diritto dei cittadini residenti all’estero di poter votare non è sufficiente per poter parlare di voto esterno: il punto principale è dove si vota26. Si parla quindi di voto esterno là dove un elettore di un Paese residente all’estero può votare per le elezioni del suo Paese di cittadinanza dall’estero, ovvero dal o nel territorio in cui risiede temporaneamente o permanentemente. Per riassumere queste considerazioni concettuali, parliamo di voto esterno se: 1) il cittadino non ha la residenza nel suo Paese di origine 2) il voto è esercitabile nel o dal territorio di un Paese straniero.

In generale esistono tre tipi di atti principali che contengono previsioni legali inerenti al voto esterno: 1) le costituzioni 2) le leggi elettorali 3) gli atti amministrativi. In realtà il voto esterno è raramente disciplinato in modo esplicito in Costituzione27, più frequentemente la sua previsione è rintracciabile nella legge elettorale di un dato Paese. Inoltre atti di natura amministrativa per la sua implementazione sono frequentemente adottati dai Parlamenti o dalle Commissioni elettorali. A tale riguardo, la ricerca presentata nel terzo capitolo della presente tesi e volta ad indagare la disciplina del voto dall’estero nei 27 Paesi appartenenti all’Unione Europea, è stata condotta partendo da un’analisi dei suddetti strumenti legali dei diversi Paesi europei.

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Come analizzato nel terzo capitolo, alcuni Paesi appartenenti all’Unione Europea ricadono in questo caso ovvero non revocano il diritto di voto ai propri cittadini residenti all’estero ma richiedono che questi soggetti facciano rientro nello Stato nel giorno delle elezioni per poter esercitare il diritto in questione.

27 Tra i Paesi dell’Unione Europea solo il Portogallo (art. 172 della Costituzione portoghese) e la Spagna

(art. 68 par. 5 della Costituzione spagnola) presentano in Costituzione disposizioni che disciplinano il voto dall’estero.

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1.2.2 I requisiti per l’ammissibilità al voto e la registrazione come elettore dall’estero.

Mentre coloro che risiedono nel Paese di cui hanno la cittadinanza in linea di principio hanno diritto al voto, i cittadini che risiedono all’estero possono essere totalmente esclusi dalla possibilità di partecipare alla vita politica del loro Stato o affrontare difficoltà nell’esercizio dei diritti di rappresentanza politica. Infatti, quando il diritto di votare dall’estero è accordato, ai cittadini che risiedono fuori dal Paese spesso viene richiesto il soddisfacimento di requisiti ulteriori rispetto agli elettori interni al Paese. Essendo il diritto di votare dall’estero solitamente legato al più generale diritto di voto che si applica a tutti gli elettori nel Paese un individuo deve in primis soddisfare i requisiti generali per il voto e la seguente registrazione elettorale che si applicano nel suo Stato di cittadinanza. Questi sono generalmente la cittadinanza, l’età e la residenza.

Il possesso della cittadinanza di uno Stato porta con sé un insieme di diritti e di doveri di varia intensità. Tra i diritti legati alla cittadinanza sicuramente i diritti politici sono di un’importanza basilare dato che solo la rappresentanza democratica conferisce legittimità al sistema di governo e riempie il concetto stesso di cittadinanza di uno dei suoi significati chiave. Questo è il motivo per il quale l’opportunità di eleggere i propri rappresentanti e di essere eletti e il possesso dello status di cittadino sono solitamente considerati due facce della stessa medaglia. La cittadinanza senza diritti di voto risulterebbe essere un concetto preoccupante, facendo sorgere domande circa la legittimità dell’uso della nozione di cittadinanza stessa. In altre parole, la contemporanea comprensione della cittadinanza è profondamente radicata nell’idea della rappresentanza politica28 e il diritto di voto e di eleggibilità risulta essere un pilastro fondamentale della cittadinanza democratica29. Tutto ciò è confermato non solo a livello nazionale nella maggioranza degli Stati democratici ma anche a livello internazionale là dove la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ad esempio, afferma che i cittadini dovrebbero

28 Vedi H. F. Pitkin, The concept of representation, University of California Press, Berkeley, 1972; J.

Waldrom, The dignity of legislation, Cambridge university press, 1999.

29 Esempi storici di esclusione dei cittadini dai diritti politici sono ben conosciuti e includono, inter alia,

la privazione del diritto di voto alle donne, alle minoranze razziali e a coloro che non pagavano abbastanza tasse o non avevano una proprietà.

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avere un diritto alla libera espressione delle opinioni nella scelta della legislatura30. Se i cittadini sono privati della possibilità di esercitare questo diritto, tale limitazione è estremamente difficile se non impossibile da giustificare. Come dimostrano le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo né gli obblighi di diritto internazionale31 né le tradizioni giuridiche penali degli Stati membri del Consiglio d’Europa32 possono fornire una giustificazione sufficiente per la limitazione di questo diritto, considerato fondamentale. In un tale contesto, qualsiasi privazione della possibilità di esercitare i diritti alla rappresentanza politica da parte di un gruppo di cittadini deve essere guardata con grande sospetto.33 Nel determinare se una persona è ammessa all’esercizio del diritto di voto dall’estero in primis una comprensione delle leggi sulla cittadinanza applicabili di ciascun Paese è essenziale. I criteri per l’attribuzione (e la perdita) della cittadinanza che si ritrovano in normative dettagliate, infatti, sono il frutto di esigenze pragmatiche e scelte politiche a loro volta legate alla storia e alla demografia del Paese. Ciò è confermato anche dalla dottrina e dalla prassi internazionali: è lo Stato che determina i modi di acquisto e di perdita della cittadinanza34. Non esistono dunque norme uniformi a livello internazionale sull’argomento35

, al contrario sono riscontrabili varietà di soluzioni36. Due sono i principi giuridici riconosciuti a livello internazionale. La cittadinanza può essere infatti conferita ad una persona per discendenza (ius

sanguinis) dunque, là dove uno Paese applica questo principio, il figlio acquisisce la

cittadinanza del genitore. La cittadinanza per nascita (ius soli) è l’altro principio giuridico riconosciuto a livello internazionale e, dove applicato, una persona ottiene la

30 Art. 3, Protocollo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali (CEDU).

31 Caso 40302/98, Matthews c. Regno Unito, decisione del 28 novembre 2000, par. 23. 32

Caso 74025/01, Hirst c. Regno Unito (No 2), sentenza del 6 ottobre 2005.

33

Caso 58278/00, Zdanoka c. Lettonia, sentenza del 16 marzo 2006.

34

Per maggiori informazioni vedi Giuliano M., Lo straniero nel diritto internazionale, in “La Comunità internazionale”, 1981, p. 329 ss.

35 Anche la Convenzione de l’Aia del 13 aprile 1930, relativa a certe questioni in tema di conflitti di leggi

sulla cittadinanza, entrata in vigore il 1° luglio 1937 e promossa dalla Società delle Nazioni, afferma tale libertà degli Stati.

36 Green P., Entitlement to vote, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for

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cittadinanza dello Stato in cui nasce37. Inoltre un soggetto può ottenere la cittadinanza di uno Stato in virtù del matrimonio contratto con un cittadino o cittadina (iure

matrimonii). Infine una persona può acquisire una diversa cittadinanza, rispetto a quella

originaria, attraverso la cosiddetta naturalizzazione che consiste nell’attribuzione della cittadinanza in seguito al verificarsi di alcune circostanze come, ad esempio, la residenza prolungata nel Paese o la prestazione di particolari servizi allo Stato. La cittadinanza può anche essere persa. In alcuni casi la naturalizzazione può comportare la rinuncia della previa cittadinanza oppure una persona può perdere la sua cittadinanza automaticamente come conseguenza di essere diventata cittadino naturalizzato di un altro Stato. In altri casi un cittadino naturalizzato può mantenere la previa cittadinanza38. Essendo ampia la casistica, data la diversità delle leggi sulla cittadinanza che prevedono modi di acquisto e perdita della stessa altrettanto differenti, risulta fondamentale ogni volta analizzare tali leggi per capire se un individuo sia effettivamente cittadino di un determinato Stato e dunque soddisfi il requisito della cittadinanza, precondizione all’esercizio del diritto di voto.

Posto che la cittadinanza sia quindi il requisito minimo per determinare l’ammissibilità o meno di un soggetto al voto, in pratica gli Stati hanno elaborato differenti approcci ai diritti politici dei loro cittadini spesso subordinando l’accesso a questi diritti al requisito della residenza. Condurre un “test di residenza” su un individuo che non è di fatto residente nel suo Paese di cittadinanza è forse l’aspetto più difficile del processo volto a determinare il diritto del soggetto al voto esterno. Gli elettori esterni al Paese possono essere categorizzati secondo una gamma di tipiche situazioni residenziali. Le categorie più comuni includono: 1- cittadini residenti fuori dal Paese di cittadinanza che non hanno un’ intenzione certa di farvi ritorno 2- cittadini temporaneamente residenti all’estero che intendono ritornare a vivere nel loro Paese di cittadinanza 3- cittadini che hanno occupazioni lavorative ben definite come il personale militare, gli ufficiali pubblici o lo staff diplomatico (e i loro familiari) 4- cittadini che hanno mantenuto la residenza nel Paese di cittadinanza pur trovandosi all’estero.

37 In alcuni casi, là dove sia lo ius sanguinis che lo ius soli vengono applicati contemporaneamente, il

soggetto potrebbe ottenere la cittadinanza di più di uno Stato.

38 Alcuni Paesi, come la Grecia e il Regno Unito, non permettono ai propri cittadini di rinunciare alla loro

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Considerate queste categorie gli scenari che si possono presentare variano ancora una volta a seconda del Paese considerato. Uno Stato può ad esempio non tener conto del criterio della residenza estera del suo cittadino, della sua previa residenza nel Paese, della lunghezza della residenza estera né dell’intenzione di fare ritorno nel Paese di cittadinanza e quindi permette a tutti i suoi cittadini residenti all’estero di votare39. Il caso opposto è quello invece di uno Stato che non permette il voto esterno per quei cittadini che si trovano all’estero indipendentemente dal fatto che abbiano mantenuto la residenza nel Paese, mostrino la volontà di tornare in Patria o si trovino solo temporaneamente all’estero40

. Tra questi due estremi esiste un’ampia gamma di scenari che varia da Paese a Paese. Quindi, a titolo di esempio, facendo riferimento ai Paesi che fanno parte dell’Unione Europea e che saranno analizzati successivamente41

, un Paese può richiedere la previa residenza per un determinato lasso temporale nel Paese di cittadinanza al cittadino che ha deciso di risiedere all’estero e quindi accordare il diritto di voto indipendentemente dalla sua volontà o meno di rientrare nel Paese in futuro42. Un ulteriore esempio è rappresentato dallo Stato che limita nel tempo il diritto di voto dei suoi cittadini all’estero. Detto in altre parole, i residenti all’estero vedranno decadere il loro diritto di voto dopo che il lasso temporale di residenza estera previsto dalla legislazione del Paese giunge al termine43. Esiste anche il caso in cui un Paese riserva solo a determinate categorie di individui il voto perché all’estero per lavoro o studio44

. Ciò significa che il soggiorno estero di questi soggetti è solo temporaneo e intendono tornare nel loro Stato di cittadinanza. L’ultimo caso riguarda quei Paesi che hanno speciali previsioni di voto per i cittadini che hanno un’occupazione ben definita come il personale militare, i pubblici ufficiali e lo staff diplomatico e i loro familiari e che si trovano dunque all’estero per lavoro temporaneamente45.

39

Come vedremo nel terzo capitolo, la maggioranza dei Paesi che fanno parte dell’Unione Europea rientrano in questa categoria.

40

Guardando ai Paesi parte dell’Unione Europea questo è il caso di Malta e Cipro. A tale proposito vedi il capitolo terzo, par. 3.1.1.

41 A tale proposito vedi il capitolo terzo.

42 Questo per lungo tempo è stato il caso tedesco. A tale proposito vedi il capitolo terzo, par. 3.2.4. 43 Ricade in questa categoria l’ Inghilterra. A tale proposito vedi il capitolo terzo, par. 3.2.1. 44 Ricade in questa categoria la Danimarca. A tale proposito vedi il capitolo terzo, par. 3.2.3. 45 Ricade in questa categoria l’Irlanda. A tale proposito vedi il capitolo terzo, par. 3.2.2.

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Quindi come abbiamo visto la residenza è un criterio essenziale46 nel determinare chi ha il diritto di voto insieme alla cittadinanza e all’età. Detto questo, mentre questi ultimi due rimangono requisiti universali, quello della residenza è stato col tempo allentato e conferire il diritto di voto dall’estero significa non considerare più la residenza come un requisito fondamentale per poter esercitare il voto47.

Infine è d’uopo precisare che, come per ogni altro aspetto del processo elettorale, non esiste un unico modo corretto di decidere chi possa votare dall’estero e non esistendo una best practice, un modello adatto per un Paese può non esserlo per un altro.

Una volta che, in base alla legislazione statale, l’ammissibilità al voto di un soggetto residente all’estero è attestata, l’individuo in questione, per poter esercitare il suo diritto di voto, deve fare richiesta di registrazione nei registri elettorali48, procedura questa volta ad accertarsi che il soggetto in questione abbia effettivamente diritto di votare dall’estero. Requisiti speciali di registrazione possono essere richiesti agli elettori esterni oppure a questi soggetti può essere richiesto che si registrino nello stesso modo di tutti gli altri elettori cittadini dello Stato in questione e che esercitano il loro diritto di voto nel Paese. I requisiti di registrazione si configurano dunque come elementi nel

46 Grotz F., Nohlen D., External voting: legal framework and an overview of electoral legislation, in

“Boletìn Mexicano de Derecho Comparado”, Nuova Serie, Anno XXXIII, No. 99, 2000, pp. 1116-1117; Grotz F., Nohlen D., The legal framework and an overview of electoral legislation, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico, 2007, p. 66.

47 Collyer M., Vathi Z., Patterns of extra-territorial voting, Development Research Centre on Migration,

Globalisation and Poverty, University of Sussex, 2007, p. 7.

48 Gli elettori che votano dall’estero possono essere registrati nel registro elettorale del precedente luogo

di residenza, su un registro nazionale (nel caso in cui il Paese in questione abbia un unico registro elettorale) o su registri elettorali speciali appositamente redatti per questi elettori. In questo ultimo caso la lista può essere fatta per Paese di residenza, per tipo di residenza (permanete o temporanea), per categoria (lavoratore, studente etc.) o per qualsiasi combinazione di questi elementi. Il registro degli elettori può essere permanente e aggiornato in modo periodico, in altri casi la registrazione può essere automatica oppure può essere richiesta la registrazione prima di ogni elezione. Per maggiori informazioni vedi Thompson J., The implementation of external voting, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico, 2007, pp. 123-124.

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processo di definizione degli elettori residenti all’estero che possono limitare ulteriormente il numero degli stessi. La registrazione come elettore esterno solitamente richiede la compilazione di un modulo che sarà poi esaminato dall’autorità responsabile del registro elettorale. In alcuni casi al soggetto può essere richiesto di fornire prove documentate della sua ammissibilità al voto e dunque, ad esempio, prove riguardanti la modalità di acquisizione della cittadinanza, l’ultimo giorno di residenza nel Paese di cittadinanza, se e quando intende farvi rientro (se rilevante) e quando è nato49.

In definitiva, come abbiamo visto, l’estensione del diritto di voto ai cittadini che si trovano al di fuori del loro Paese di cittadinanza varia enormemente da Paese a Paese. Da ciò deriva l’esigenza di uno studio dettagliato delle leggi sulla cittadinanza e delle leggi elettorali dei diversi Paesi.

1.2.3 Le procedure del voto esterno

Il voto dall’estero può essere condotto in 4 modi differenti: 1- voto per delega

2- voto di persona nelle ambasciate e nei consolati (in alcuni casi nelle basi militari) 3- voto per posta

4- voto elettronico

Le procedure di voto incidono sull’intero processo elettorale e rivestono dunque un ruolo fondamentale. Queste diverse procedure di voto, che possono essere usate in modo alternativo o combinato tra loro, devono essere esaminate nel contesto del principio fondamentale di elezioni libere e segrete. La votazione deve essere inoltre sicura. Considerati tali presupposti, da un esame delle diverse procedure di voto emerge che ognuna di esse presenta punti di forza ma allo stesso tempo problemi e sfide alle quali ogni Stati deve far fronte.

Partendo dalla prima procedura elencata, il vantaggio del voto per procura consiste nel permettere un risparmio sugli alti costi finanziari e amministrativi che caratterizzano l’organizzazione della votazione all’estero. Un problema però inerente a

49 Per ulteriori informazioni vedi Green P., Entitlement to vote, in “Voting from abroad – the International

IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, pp. 89-103.

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tale procedura di voto riguarda il fatto che il delegato possa approfittare della sua posizione per ottenere un voto addizionale e così violare il principio “una testa un voto”. Il principale vantaggio di votare in una sede diplomatica o consolare risulta essere l’alta trasparenza del processo elettorale in quanto supervisionato dallo staff diplomatico o consolare. In alcuni Stati raggiungere la propria ambasciata e/o consolato più vicini potrebbe però risultare problematico. Questo è il caso di Paesi con poche missioni diplomatiche in determinati Paesi stranieri o di quei Paesi carenti dal punto di vista delle infrastrutture. Detto questo, e considerato che la ricerca presentata nel terzo capitolo della presente tesi è stata condotta sui Paesi dell’Unione Europea, è d’uopo precisare che questo problema non si presenta per i Paesi europei che risultano essere ben collegati tra di loro tramite le loro rappresentanze diplomatiche, né si presenta nei Paesi europei il problema della carenza dei collegamenti infrastrutturali. Un problema che invece potrebbe prendere in considerazione un Paese europeo, come qualsiasi altro Paese del mondo, consiste nell’alto costo finanziario e organizzativo che questa procedura di voto comporta. E’ debito precisare che è possibile contestare l’inclusione del voto per procura nei metodi di voto esterno dal momento che l’atto del voto avrà luogo nel territorio dello Stato di cittadinanza. In modo simile i consolati e le ambasciate sono luoghi dove si estende la giurisdizione dello Stato estero. Ciò nonostante in questa tesi i due tipi di votazione appena analizzati sono inclusi nelle procedure di voto esterno perché gli elettori di fatto non hanno bisogno di fare ritorno nel territorio del Paese di cittadinanza per esercitare il voto ma possono farlo dal loro Paese di residenza.

E’ chiaramente più facile e meno costoso organizzare una votazione per corrispondenza che stabilire seggi elettorali in tutte le missioni diplomatiche o consolari ma la trasparenza del voto per posta non è così alta come risulta essere quella della votazione di persona in un consolato o in una ambasciata sotto la supervisione degli ufficiali dello Stato. Inoltre il servizio postale potrebbe essere lento e inaffidabile ma anche questo aspetto deve essere contestualizzato variando anch’esso da Paese a Paese50.

50 Thompson J., The implementation of external voting, in “Voting from abroad – the International IDEA

handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, pp. 113-115.

(15)

24

Oltre a queste tre procedure, che risultano essere le più diffuse, esiste anche il voto elettronico (e-voting) che, come intuibile, prevede l’utilizzo di mezzi elettronici al fine della votazione. Di tale procedura di voto ne esistono diversi sistemi come il direct

recording electronic voting machine (DRE) che registra il voto direttamente senza che

questo sia trasmesso tramite internet o qualsiasi altra rete51. Più comunemente quando si parla di voto elettronico ci si riferisce a una votazione al computer dove il voto viene trasmesso tramite internet. E’ utile poi distinguere tra due concetti di e-voting: il

“polling place e-voting” e il “remote e-voting”. Nel primo caso il votante vota al

seggio elettorale nel consolato o in ambasciata sotto il controllo dello staff elettorale, nel secondo da un altro posto esterno al seggio elettorale, solitamente a casa tramite internet. Alcuni Paesi stanno testando e considerando l’introduzione del voto elettronico nella sua forma di “remote e-voting”, relativamente più diffusa rispetto al “polling

place e-voting”. Comunque allo stato attuale solo pochi Paesi permettono agli elettori

esterni di votare facendo ricorso a mezzi elettronici. Guardando al contesto europeo, l’Estonia ha adottato questa procedura di voto sia per la votazione interna che esterna al Paese52. I cittadini francesi all’estero il 18 giugno del 2006 poterono scegliere tra tre tipi di procedure di voto: voto personale, voto per posta e voto elettronico. Altri Paesi come la Spagna, l’Austria e l’Olanda stanno elaborando progetti di implementazione di questo sistema di voto o lo stanno già testando. L’introduzione dell’ e-voting è motivata dalla facilità con cui gli elettori all’estero possono votare. Di fatto non esiste un altro metodo di voto comparabile se considerata la comodità e l’accessibilità dello stesso. Il voto per posta infatti non comporta gli stessi benefici perché può capitare che a causa della lentezza del sistema postale le schede elettorali non vengano recapitate prima del giorno della votazione. Votare di persona presso il consolato o una missione diplomatica può risultare un dispendio di tempo a causa della distanza da percorrere per raggiungere i luoghi predisposti alla votazione. Le motivazioni contro l’introduzione dell’e-voting riguardano però la sicurezza e quindi dubbi sull’uso di internet come mezzo di

51 Ad esempio l’interfaccia di una macchina DRE può essere un touch screen oppure la scheda elettorale

del votante, una volta compilata, viene scannerizzata nel sistema.

52 Nel marzo 2007 in Estonia ebbe luogo la prima votazione elettronica per le elezioni nazionali. Un totale

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25

trasmissione di informazioni confidenziali nonché l’alto costo di avviamento e di manutenzione del sistema53.

Secondo le linee guida sulle elezioni54, un testo adottato dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, o più comunemente Commissione di Venezia55, il voto per posta “should be allowed only if the postal service is secure – in

other words, safe from intentional interference – and reliable, in the sense that it functions properly.”56. Lo stesso viene detto per il voto elettronico57 e regole molto stringenti devono essere elaborate per il voto per procura. Quest’ultimo “is permissible

only if subject to very strict rules, again in order to prevent fraud; the number of proxies held by any one elector must belimited”58. Allo stesso modo in un rapporto del

2010 sul voto esercitato dall’estero59

viene affermato che, considerato che il voto di persona presso le ambasciate o i consolati può compromettere fortemente, per i motivi visti sopra, il diritto di voto dei cittadini all’estero, tali restrizioni devono essere giustificate alla luce del fatto che altri metodi di voto non sono affidabili.

Così non esiste una pratica migliore delle altre per la conduzione della votazione dall’estero. Ogni procedura riportata, come visto, presenta dei punti di forza e di debolezza. Ne consegue che ciascun Paese dovrà considerare i pro e i contro di ciascuna

53 Per maggiori informazioni vedi Braun N., “E-voting” and external voting, in “Voting from abroad –

the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, pp. 217-225.

54

Il testo fu adottato dalla Commissione di Venezia durante la 51° seduta plenaria del 5-6 luglio 2002 e fu successivamente incluso, insieme a un rapporto esplicativo, nel “codice di buona condotta in materia elettorale” durante la 52° sessione plenaria del 18-19 ottobre 2002. Queste linee guida si fondano sui principi del patrimonio elettorale europeo e costituiscono il nucleo del codice di buona condotta in materia elettorale. Il testo è disponibile all’indirizzo internet http://www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2012/10/codice-buona-condotta.pdf.

55

La Commissione di Venezia, dal nome della città in cui si riunisce, è un organo consultivo del Consiglio d’Europa che ufficialmente porta il nome di “Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto” e ne fanno parte gli esperti internazionali di materie costituzionali.

56

Consiglio d’Europa, Commissione di Venezia, Code of good practice in electoral matters: guidelines

and explanatory report, CDL-AD (2002) 023 rev., parere n° 190/2002, Strasburgo, 23 maggio 2003, p.

21.

57 Ibid. p. 22 58 Ibid. p. 21.

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26

procedura per poi introdurre quella che più si confà ai bisogni del suo elettorato assicurando al tempo stesso che il suffragio sia effettivamente eguale, libero e segreto nonché la credibilità, l’attendibilità e la trasparenza del processo elettorale. Prima di tutto, devono essere pienamente rispettati e salvaguardati i diritti umani fondamentali. In seguito, la stabilità delle regole deve allontanare i sospetti di manipolazione. Infine, il quadro procedurale deve permettere che le regole enunciate siano effettivamente applicate60.

1.3 Il voto esterno: la sfida dell’organizzazione elettorale

Il voto esterno pone seri problemi inerenti all’organizzazione elettorale. Le elezioni che si tengono al di fuori dai confini nazionali implicano infatti complicazioni nell’organizzazione di un’elezioni e maggiori costi finanziari e logistici rispetto alle elezioni che si svolgono nel Paese. Alla luce di queste difficoltà pratiche un problema cruciale risulta essere quello di garantire il rispetto del principio del suffragio universale, eguale e segreto nonché l’uguaglianza della competizione elettorale e prevenire violazioni della legge elettorale. Il grado di libertà ma soprattutto di sicurezza di una votazione che avviene all’estero può non essere pari a quella di una votazione interna. Gli organi che nel Paese supervisionano il processo elettorale non possono espletare le loro funzioni in modo autonomo in un Paese straniero ma devono collaborare con le istituzioni dello Stato in questione e possibilmente con componenti dell’esecutivo come i Ministri degli esteri e degli interni e, in caso di votazione in persona, con il corpo diplomatico, consolare o militare.

Sicuramente l’organizzazione della votazione dall’estero aggiunge costi al costo complessivo di un’elezione indipendentemente dalla procedura che uno Stato decide di adottare. Un programma di costi del voto esterno può includere costi inerenti alla sicurezza (delle persone, dei posti preposti alla votazione, dei materiali, dell’elezione in sé), costi dello staff (incluso il salario, i corsi di formazione degli individui coinvolti nella votazione che avviene all’estero, per il reclutamento), costi di viaggio e di

60 Consiglio d’Europa, Commissione di Venezia, Code of good practice in electoral matters: guidelines and explanatory report, CDL-AD (2002) 023 rev, parere n° 190/2002, Strasburgo, 23 maggio 2003, p.

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27

trasporto (per lo staff amministrativo e per il personale addetto alla sorveglianza nonché del materiale elettorale per e dai Paesi esteri) etc. Questi sono costi che ricadranno sui concittadini che hanno deciso di continuare a vivere nel Paese e tale considerazione spesso porta gli Stati ad abbandonare l’idea di sviluppare un progetto di voto esterno. Quindi la variabile dei costi extra deve essere considerata in quanto, molto spesso, questa può essere una delle ragioni per cui il voto dall’estero viene limitato o non viene del tutto previsto61.

Bisogna poi considerare il fatto che l’intero processo elettorale viene influenzato dal grado di correttezza, equità, trasparenza del voto esterno, specialmente là dove i risultati esteri deviano fortemente rispetto a quelli della votazione interna al Paese. Dunque temi inerenti alla “giustizia elettorale” (trasparenza della registrazione elettorale, l’equità della competizione elettorale, la conduzione legale dell’atto del voto e i meccanismi di controllo che assicurano tutto questo) sono da considerare in quanto essenziali62. Come per il processo elettorale che si svolge internamente al Paese, il sistema da usare per il voto esterno deve essere coordinato in modo metodico al fine di assicurare che tutti gli elettori siano trattati in modo uguale in base alla legislazione elettorale rilevante. La sicurezza di un’elezione è poi un elemento fondamentale all’esterno come all’interno del Paese ma la sfida ulteriore da dover affrontare in relazione al voto esterno riguarda la sicurezza del materiale elettorale durante il trasporto da e per i diversi Paesi. Un piano di sicurezza è dunque necessario per prevenire la frode63. Tutte le misure usate per proteggere la segretezza del voto esercitato internamente al Paese devono essere duplicate durante la procedura di voto che avviene all’estero. I corsi di formazione degli individui coinvolti nel processo

61

Thompson J., The implementation of external voting, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, pp. 118-119.

62

Grotz F., Nohlen D., The legal framework and an overview of electoral legislation, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, p. 74.

63 Thompson J., The implementation of external voting, in “Voting from abroad – the International IDEA

handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico , 2007, p. 122.

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elettorale come il corpo diplomatico, consolare o in alcuni casi militare è un elemento essenziale volto ad assicurare l’integrità del voto.

I costi del voto e tutto ciò che riguarda la “giustizia elettorale” sono sicuramente elementi da non sottostimare nella decisione di introdurre il voto dall’estero e, come abbiamo visto, considerazioni sugli stessi portano spesso i Paesi a rinunciarvi64. Tuttavia è d’uopo precisare che queste preoccupazioni sono talvolta esagerate e possono mascherare altre motivazioni che portano a non estendere il voto agli espatriati65. La stabilizzazione e il consolidamento delle pratiche democratiche in molti Paesi, sicuramente i Paesi europei, ha ridotto il rischio di disturbi che in passato erano associati alle campagne elettorali66. A peggiorare la situazione, gli strumenti di diritto internazionale e le iniziative che prevedono standard riguardo alle elezioni forniscono limitate se non assenti guide volte ad assicurare la trasparenza e l’integrità del voto esterno: quindi, gli organi predisposti a organizzare e supervisionare un’elezione che si svolge all’estero hanno indicazioni limitate riguardo a come stendere un buon programma che sia funzionale, trasparente, sicuro e a basso costo67. Detto questo, pur essendo indubbio che il voto esterno aumenti la complessità del processo, è una parte essenziale dell’estensione del diritto di voto a tutti gli individui eleggibili e, se ben amministrato e implementato, facilita il processo democratico.

64 Grace G., External and absentee voting, in “Challenging the norms and standards of elections

administration”, International Foundation for Electoral Systems (IFES), 2007, p. 38; Grotz F., Nohlen D.,

External voting: legal framework and an overview of electoral legislation, in “Boletìn Mexicano de

Derecho Comparado”, Nuova Serie, Anno XXXIII, No. 99, 2000, pp. 1136-1138.

65

A questo riguardo vedi il paragrafo successivo dove vengono mostrate le argomentazioni avanzate in letteratura contro l’introduzione del voto dall’estero.

66 Spiro P. J., Perfecting political diaspora, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No 207,

2006, pp. 115-116.

67 Collyer M., Vathi Z., Patterns of extra-territorial voting, Development Research Centre on Migration,

(20)

29 1.4 Argomenti a favore e contro il voto esterno

Come sopra accennato, il voto esterno è un fenomeno abbastanza recente anche nelle democrazie consolidate e, nonostante il numero relativamente alto di Paesi68 nel mondo che permettono ai loro cittadini di votare mentre si trovano all’estero, un dibattito internazionale sul tema è stato quasi del tutto assente fino a pochi anni fa. Nonostante ad oggi il voto esterno si trovi sull’agenda politica di molti Paesi e risulti essere un argomento attuale, i dibattiti sul tema per il momento si sono fermati ad un livello intuitivo. La letteratura sul voto degli emigrati risulta essere estremamente esigua al contrario di quella sulla partecipazione dei residenti non cittadini. Ciò attesta la diffusa sottovalutazione del significato del voto degli emigrati in letteratura69. Di fatto le

élites politiche hanno generalmente poca conoscenza degli argomenti normativi a favore

e contro il voto esterno che si ritrovano nella letteratura. Al di là delle sfide inerenti all’organizzazione elettorale ovvero all’organizzazione di una votazione che si deve svolgere su un territorio di uno Stato estero (costi, sicurezza, organizzazione), che come abbiamo visto portano molti Stati a non elaborare un progetto sul voto dall’estero, devono essere considerate le argomentazioni che si ritrovano nella letteratura e che stanno alla base del supporto o del rigetto del voto esterno da parte degli Stati. Esistono infatti solide argomentazioni teoriche sia a favore che contro il voto esterno.

Per una teoria normativa della democrazia l'estensione del diritto di voto agli emigranti non è obbligatoria come lo sono la protezione diplomatica, la riammissione dall'estero e il diritto di mantenere o di rinunciare alla propria nazionalità d'origine70. Tali limitazioni ai diritti di rappresentanza politica degli espatriati generalmente non

68 I Paesi che presentano previsioni legali che permettono ai cittadini residenti all’estero di votare dal o

nel Paese di residenza per le elezioni che hanno luogo nel Paese di cittadinanza sono nel mondo 115 secondo una ricerca condotta dal Institute for Democracy and Electoral Assistance. A tale proposito vedi Gratschew M., Morales I., Navarro Fierro C., External voting: a comparative overview, in “Voting from abroad – the International IDEA handbook”, Institute for Democracy and Electoral Assistance & Federal Elections Institute of Mexico, 2007, pp. 1-34 e Annesso A.

69 Grace G., External and absentee voting, in “Challenging the norms and standards of elections

administration”, International Foundation for Electoral Systems (IFES), 2007, p. 5.

70 Bauböck R., Toward a political theory of migrant transnationalism, in “International Migration

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30

sono visti come incompatibili con le norme di diritto internazionale71 e sono giustificate da numerose considerazioni, il più delle volte legate ad un apparente debole legame tra i cittadini e lo Stato dopo che questi decidono di partire e risiedere in un Paese estero. In poche parole gli espatriati non sono più considerati cittadini soggetti pienamente alle leggi del loro Stato di cittadinanza.

Dal punto di vista delle teorie della democrazia o della rappresentanza politica due obiezioni possono essere sollevate al diritto alla partecipazione politica, tramite il voto, di quei cittadini che hanno deciso di vivere all’estero. Coloro che prendono parte alla formazione di decisioni collettivamente vincolanti e all'elezione dei rappresentanti dovrebbero avere, in primo luogo, un continuo coinvolgimento e, in secondo luogo, interessi anche futuri da salvaguardare nel Paese di cittadinanza72. Si sente spesso dire quindi che data la loro assenza dal Paese questi individui di fatto non si trovano a diretto contatto con i candidati e le questioni in gioco e devono quindi compiere particolari sforzi per acquisire le informazioni idonee ad un voto responsabile e informato. Il rischio è dunque quello dell’esercizio di un voto che risulti essere disinformato73

. La seconda obiezione riguarda la mancanza di coinvolgimento futuro nel sistema politico: i cittadini voteranno in modo responsabile pensando alle implicazioni delle loro scelte e in vista del bene comune se sanno che dovranno farsi carico un domani delle conseguenze del risultato stesso delle loro scelte elettorali74. I cittadini espatriati sono

71

Vedi il paragrafo 1.5.

72

Bauböck R., Toward a political theory of migrant transnationalism, in “International Migration Review” , Vol. 37, No. 3, 2003, p.713; Blais A., Massicotte L., Yoshinaka A., Deciding who has the right

to vote: a comparative analysis of election laws, in “Electoral Studies”, Vol. 20, No. 1, Elsevier, 2001, p.

56.

73 Grace G., External and absentee voting, in “Challenging the norms and standards of elections

administration”, International Foundation for Electoral Systems (IFES), 2007, p. 38; Rubio-Marìn R.,

Transnational politics and the democratic Nation-State: normative challenges of expatriate voting and nationality retention of emigrants, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No. 117, 2006, pp.

127-128; Spiro P. J., Political rights and dual nationality, in “Rights and duties of dual nationals: evolution and prospects”, David A. Martin & Kay Hailbronner Eds., 2003, p. 140.

74 Spiro P. J., Political rights and dual nationality, in “Rights and duties of dual nationals: evolution and

prospects”, David A. Martin & Kay Hailbronner Eds., 2003, p. 139; Rubio-Marìn R., Transnational

politics and the democratic Nation-State: normative challenges of expatriate voting and nationality retention of emigrants, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No. 117, 2006, p.128.

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31

dunque soggetti considerati a rischio di esprimere un voto che si caratterizza per essere disinformato e irresponsabile75. Dal punto di vista della teoria della rappresentanza politica solo quegli individui che subiscono le conseguenze delle loro decisioni elettorali devono prendere parte al processo elettorale. Di fatto è innegabile che l’esercizio dell’autorità pubblica ha effetto maggiormente su chi vive soggetto alla giurisdizione di quella autorità. Dal momento che gli Stati sono comunità chiuse e i loro confini esprimono i limiti della loro giurisdizione, i Paesi avrebbero buone ragioni per restringere la partecipazione nel processo politico a coloro che risiedono nel territorio76 in quanto quei cittadini che vivono in modo permanente all’estero non subiranno, in alcuni casi per niente e in altri solo in parte, le decisioni prese dagli organi eletti del loro Paese di cittadinanza77. Dal momento che le conseguenze politiche delle elezioni nazionali riguardano principalmente i cittadini che vivono nel Paese, la partecipazione dei votanti che risiedono all’estero viene considerata quindi illegittima78. Non risulta essere dunque ovvio che coloro che hanno deciso di abbandonare il loro Paese di cittadinanza dovrebbero comunque mantenere voce in capitolo nel decidere un futuro che in qualche modo non influenzerà più le loro vite79. Queste sono ragioni, prima facie, contro il voto esterno e dunque per una qualifica residenziale del diritto di voto: solo i cittadini presenti sul territorio possono governarsi partecipando al processo di formazione delle leggi e al processo elettorale in quanto soggetti alle conseguenze del

75

Spiro P. J., Perfecting political diaspora, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No 207, 2006, pp. 111-113.

76 Rubio-Marìn R., Transnational politics and the democratic Nation-State: normative challenges of expatriate voting and nationality retention of emigrants, in “New York University Law Review”, Vol. 81,

No. 117, 2006, p. 129.

77 Bauböck R., Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and

Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 683; Grace G., External and

absentee voting, in “Challenging the norms and standards of elections administration”, International

Foundation for Electoral Systems (IFES), 2007, p.38.

78

Grotz F., Nohlen D., External voting: legal framework and an overview of electoral legislation, in “Boletìn Mexicano de Derecho Comparado”, Nuova Serie, Anno XXXIII, No. 99, 2000, p. 1136; Lòpez-Guerra C., Should expatriates vote?, in “The Journal of Political Philosophy”, Vol. 13, No. 2, 2005, pp. 226-228 e 234.

79 Bauböck R., Toward a political theory of migrant transnationalism, in “International Migration

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32

loro voto80. Tali argomentazioni vengono proposte da una tradizionale visione repubblicana la cui concezione della polity e della membership ne enfatizza i confini territoriale.

L’idea avanzata in questa tesi è che queste obiezioni di principio al voto esterno possono essere a volte superate facendo ricorso ad argomentazioni contestuali. Il nascente diritto degli espatriati di partecipare alla vita politica del loro Stato di cittadinanza è ancora molto fragile. Secondo Rainer Bauböck però questo diritto dovrebbe essere considerato legittimo considerate determinate circostanze.81

Di fatto le tecnologie dell’informazione e la possibilità di poter viaggiare a basso costo sono elementi che hanno potenziato e facilitato il coinvolgimento degli emigranti nelle campagne elettorali82. Con la TV satellitare e la connessione internet, l'accesso a informazioni sulla politica del Paese di cittadinanza è diventato immediato in termini di tempo nonché molto meno costoso. La prima obiezione risulta dunque perdere la sua forza di fronte all’avanzamento della globalizzazione. Di fatto, ad oggi, la posizione fisica non risulta essere più un ostacolo all’informazione83. Inoltre, è plausibile pensare che quegli emigranti interessati a esprimere il proprio voto, soprattutto se devono fare uno sforzo per recarsi in un consolato o ambasciata o reclutare testimoni nel caso del voto per procura, abbiano acquisito le informazioni pertinenti atte a fare una scelta che risulti essere ponderata. Tale meccanismo di auto-selezione può significare in molti casi che gli elettori emigrati potrebbero non essere meno informati rispetto agli elettori concittadini che hanno deciso di continuare a risiedere nel Paese. Tale argomentazione è

80 Bauböck R., Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and

Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 685; Bauböck R., Stakeholder

citizenship: an idea whose time has come?, Migration Policy Institute, Washington DC, 2008, p. 5;

Collyer M., Vathi Z., Patterns of extra-territorial voting, Development Research Centre on Migration, Globalisation and Poverty, University of Sussex, 2007, p. 6.

81

Bauböck R., Toward a political theory of migrant transnationalism, in “International Migration Review” , Vol. 37, No. 3, 2003, p. 713.

82

Bauböck R., Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 683; Bauböck R., Toward a

political theory of migrant transnationalism, in “International Migration Review” , Vol. 37, No. 3, 2003,

p. 714.

83 Spiro P. J., Perfecting political diaspora, in “New York University Law Review”, Vol. 81, No 207,

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33

valida per gruppi isolati e relativamente piccoli di emigranti il cui voto farà poca differenza per l'esito elettorale. Considerazioni un po' diverse devono essere fatte se considerate grandi concentrazioni di migranti da un Paese particolare ad un altro Paese. In tali contesti, in cui il voto degli emigrati può essere decisivo, i candidati hanno incentivi sufficienti per svolgere le loro campagne elettorali anche all'estero. Ne consegue che gli elettori che vivono all’estero non saranno meno informati di quelli che continuano a vivere nel Paese.

Contro l’altra obiezione al voto esterno, ovvero chi decide di emigrare non ha sufficienti interessi futuri nel Paese di cittadinanza, è debito riconoscere che sono molti gli individui che migrano ma si muovono avanti e indietro tra il Paese di origine e quello di immigrazione, che inviano rimesse, hanno proprietà nel Paese o vi investono i loro guadagni. C’è inoltre chi, verosimilmente, pensa un giorno di far rientro nel Paese di cittadinanza. Tutti questi soggetti hanno dunque un interesse nel futuro della comunità e si comporteranno in modo responsabile là dove viene data loro la possibilità di partecipare alla formazione di decisioni collettive su temi che oggettivamente li riguardano84. L'obiezione che a tale proposito sorge secondo alcuni85 riguarda le seconde generazioni. Mentre i figli degli immigrati dovrebbe essere in grado di acquisire la cittadinanza dei genitori accanto a quella del loro Paese di nascita, non vi è alcuna buona ragione per concedere loro il diritto di voto nel Paese di origine dei loro genitori. Come regola generale, il diritto al voto extra-territoriale dovrebbe appartenere alla prima generazione.

Facendo ancora riferimento ad un'altra tipica posizione ideale, come si configura essere quella repubblicana sopra richiamata, il nazionalismo etnico supporta l’inclusione degli espatriati in quanto vede la nazione come una comunità accumunata da una stessa cultura e appartenenza. La polity viene vista dunque, piuttosto che come Stato territoriale, come una comunità che può essere dispersa in diversi Stati. Risulta

84 Ibid., pp. 111-112.

85 Bauböck R., Toward a political theory of migrant transnationalism, in “International Migration

Review” , Vol. 37, No. 3, 2003, p.714; Rubio-Marìn R., Transnational politics and the democratic

Nation-State: normative challenges of expatriate voting and nationality retention of emigrants, in “New

(25)

34

dunque imperativo includere i cittadini residenti all’estero86. Negare ai cittadini il diritto di voto è poi interpretato in modo diffuso come negare loro una piena cittadinanza e quindi mettere in discussione la loro identità come membri della comunità nazionale87. Molto spesso ciò che spinge uno Stato ad estendere il diritto alla partecipazione elettorale ai suoi cittadini residenti all’estero è la volontà di mantenere un legame politico con coloro che hanno lasciato il Paese ma che hanno deciso di conservare la cittadinanza del Paese stesso88. Di fatto la ragione più ovvia per la crescita di popolarità del voto di coloro che emigrano è il significato simbolico del mantenimento dei legami politici con i cittadini all’estero89

e le campagne condotte dagli emigrati per ottenere il diritto di voto e la loro conseguente, perlomeno in alcuni casi, partecipazione elettorale è un segno evidente che una certa forma di appartenenza territoriale sussiste90.

Gli argomenti a favore del voto esterno sono poi legati al principio democratico del suffragio universale. L’idea base è che ogni cittadino ha il diritto di partecipare alle elezioni degli organi rappresentativi statali perché l’uguaglianza giuridica formale di tutti i cittadini è garantita dalla costituzione. Un criterio normativo sottosta a questa argomentazione: i diritti politici rientrano nei diritti umani dunque anche il diritto di voto, essendo questo un diritto politico. Questa prospettiva considera dunque il suffragio universale esclusivamente come un diritto individuale. Si sente dunque spesso affermare che in un mondo globalizzato il suffragio universale può essere attuato a pieno là dove viene data la possibilità a tutti i cittadini, compresi coloro che si trovano all’estero, di votare e tale posizione viene solitamente giustificata richiamando le diverse convenzioni internazionali che fanno riferimento al suffragio universale. Detto

86

Bauböck R., Stakeholder citizenship: an idea whose time has come?, Migration Policy Institute, Washington DC, 2008, p. 5; Bauböck R., Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 685

87 Collyer M., Vathi Z., Patterns of extra-territorial voting, Development Research Centre on Migration,

Globalisation and Poverty, University of Sussex, 2007, p. 4.

88 Bauböck R., Expansive citizenship: voting beyond territory and membership, in “Political Science and

Politics”, Vol. 38, No. 4, American Political Science Association, 2005, p. 683.

89 Collyer M., Vathi Z., Patterns of extra-territorial voting, Development Research Centre on Migration,

Globalisation and Poverty, University of Sussex, 2007, p. 8.

90

Riferimenti

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