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3.1 Esercizio dell’azione penale ed udienza preliminare S UDIENZA PRELIMINARE C T

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C

APITOLO

T

ERZO

UDIENZA PRELIMINARE

S

OMMARIO: 3.1. Esercizio dell’azione penale ed udienza preliminare. - 3.2. Gli atti introduttivi. - 3.3. L’udienza. - 3.4. L’attività istruttoria in udienza preliminare. L’ordinanza integrativa delle indagini. - 3.4.1. Il contenuto e i destinatari dell’art. 421 bis c.p.p. - 3.4.2. Il termine per il compimento delle indagini. - 3.4.3. La comunicazione al procuratore generale e l’avocazione delle indagini. - 3.4.4. L’attività di integrazione probatoria ex articolo 422 c.p.p. - 3.4.5. La fissazione di nuova udienza. - 3.4.6. La modifica dell’imputazione. - 3.4.7. Le cause di modificazione dell’imputazione - 3.4.7.1. Il fatto diverso. - 3.4.7.2. La connessione tra reati. - 3.4.7.3. Nuove circostanze aggravanti. - 3.4.7.4. Il fatto nuovo. - 3.5. La deliberazione e gli esiti della camera di consiglio. - 3.6. La sentenza di non luogo a procedere: caratteristiche generali. - 3.6.1. Le singole cause di emissione della sentenza di non luogo a procedere - 3.6.1.1. L’estinzione del reato. - 3.6.1.2. L’azione non doveva essere iniziata o proseguita - 3.6.1.3. Il fatto non sussiste perché l’imputato non lo ha commesso, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. - 3.6.2. La sentenza di non luogo procedere per non imputabilità e l’applicazione delle misure di sicurezza. - 3.6.3. La sentenza di non luogo a procedere per insufficienza o contraddittorietà degli elementi raccolti. - 3.6.4. I requisiti formali della sentenza di non luogo a procedere. - 3.6.5. La declaratoria della falsità di atti o documenti. - 3.6.6. Gli effetti civili della sentenza di non luogo a procedere: la condanna del querelante al pagamento delle spese anticipate dallo stato. - 3.6.7. L’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. - 3.6.7.1. L’impugnazione del pubblico ministero. - 3.6.7.2.L’impugnazione dell’imputato. - 3.6.7.3. L’impugnazione della persona offesa e del danneggiato. - 3.6.8. I termini per il ricorso in Cassazione. - 3.6.9. La revoca della sentenza di non luogo a procedere: caratteristiche generali e presupposti della revoca. - 3.6.9.1. Adottabilità di misure cautelari personali prima della revoca della sentenza di non luogo a procedere. - 3.6.9.2. Il procedimento di revoca della sentenza di non luogo a procedere. - 3.7. il decreto che dispone il rinvio a giudizio. - 3.7.1. La formazione del fascicolo per il dibattimento.

3.1 Esercizio dell’azione penale ed udienza preliminare

Nel nostro sistema penale, il processo penale si articola in fasi. La fase iniziale del procedimento è costituita dalle indagini preliminari, di natura pre-processuale, che sono condotte dal pubblico ministero e

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dalla polizia giudiziaria nei confronti di un soggetto (indagato o sottoposto alle indagini), che non è ancora imputato. Al termine della fase investigativa il pubblico ministero decide, o di chiedere al giudice per le indagini preliminari di archiviare il caso o dare inizio al processo esercitando l’azione penale, e formulando l’imputazione. Di regola (tranne i casi in cui non è prevista) segue l’udienza preliminare di fronte al giudice per l’udienza preliminare.

L’atto che attiva la procedura che porta alla celebrazione dell’udienza preliminare è costituito dalla richiesta di rinvio a giudizio che il pubblico ministero deve depositare nella cancelleria del giudice (art. 416 c.p.p.) e in questo modo si viene ad esercitare l’esercizio dell’azione penale. La l. 479/1999 ha riformato il primo comma dell’art. 416 e ha previsto che la richiesta è nulla “se non è preceduta dall’avviso previsto dall’art. 415bis (avviso di conclusione delle

indagini.) nonché dall’invito a presentarsi per rendere

l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3 c.p.p qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio.”

La richiesta di rinvio a giudizio deve contenere (art. 417 c.p.p.):

a) Le generalità dell’imputato,o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione; b) L’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle

circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione delle misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge;

c) L’indicazione delle fonti di prova acquisite; quelle prove che il pubblico ministero ritiene possano consentire di sostenere l’accusa in dibattimento;

d) La domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio;

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e) La data e la sottoscrizione.

Con il deposito degli atti da parte del pubblico ministero si realizza la discovery, cioè la piena conoscenza degli atti delle indagini.

3.2 Gli atti introduttivi.

Dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice per l’udienza preliminare deve formare il contraddittorio e fissa l’udienza con decreto entro cinque giorni e entro trenta giorni fissa la data per la celebrazione dell’udienza (art. 418 c.p.p.). La pienezza del contraddittorio è assicurata sia dalla previsione della vocatio in ius anche della persona offesa dal reato, oltre che, ovviamente dell’imputato, sia dalla possibilità della citazione delle parti processuali accessorie, quali il responsabile civile e il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, oltre alla possibilità di un intervento volontario della parte civile e dello stesso responsabile civile. Per consentire la difesa delle parti private e del soggetto convocato in giudizio, l’avviso dell’udienza deve essere ad essi notificato almeno dieci giorni prima (art. 419 c.p.p.), a pena di nullità, a tutte le parti ed ai difensori. L’imputato deve essere avvisato che non comparendo verranno applicate le disposizioni di cui agli artt. 420bis e ss.

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, non sempre alla richiesta di rinvio a giudizio segue la celebrazione dell’udienza preliminare. La mancanza di udienza preliminare può dipendere dalla volontà dell’imputato, allorchè costui rinunci all’udienza e richieda il giudizio immediato con atto notificato tempestivamente al pubblico ministero e alla persona offesa, saltando così l’udienza preliminare. Diverso è il caso del giudizio abbreviato nel quale si evita il dibattimento e si arriva alla conclusione del processo con l’udienza preliminare (art. 438

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c.p.p.). Lo stesso procedimento di applicazione di pena patteggiata può innestarsi nel corso dell’udienza preliminare, alterandone il suo usuale svolgimento, o precederne il verificarsi, se il patteggiamento ha luogo in sede di indagini preliminari (artt. 447 e 448 c.p.p.).

3.3 L’udienza.

L’udienza preliminare si celebra in camera di consiglio, in assenza di pubblico, e con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato (art. 420 c.p.p.); l’imputato, anche se detenuto, e la persona offesa hanno la facoltà di non presentarsi. Il verbale è redatto dagli ausiliari del giudice in forma riassuntiva (artt. 134 e 140 c.p.p.) e nel caso di richiesta di parte con stenotipia, riproduzione fonografica o audiovisiva.

Il primo adempimento cui è tenuto il giudice dell’udienza preliminare è quello relativo al controllo della regolare costituzione delle parti, valutando la correttezza degli avvisi, la tempestività e la regolarità delle notifiche; se ci sono delle nullità il giudice deve dichiararle, disponendo la rinnovazione degli avvisi e delle notifiche, rinviando così l’udienza.

Ai sensi dell’art. 420ter c.p.p., il giudice è tenuto a rinviare l’udienza solo se risulta o appaia probabile che l’imputato non si sia presentato per assoluta impossibilità a comparire (ad esempio un ricovero ospedaliero) o per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento53 (ad esempio la comparizione in un’altra udienza). Nello

53 La legge 7 aprile 2010, n. 51, aveva introdotto una specifica disciplina sul

legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri. Tale normativa prevedeva che per tali cariche dello stato costituisse legittimo impedimento a comparire nelle udienze penali, ai sensi dell’art. 420ter c.p.p. sia in qualità di imputato che di persona offesa, il concomitante esercizio di attribuzioni previste dalle leggi o regolamenti che regolano l’esercizio delle funzioni di governo ed esplicitamente indicati nella disposizione. L’impedimento imponeva al giudice il rinvio dell’udienza, con contestuale sospensione dei termini di prescrizione del reato

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stesso modo il giudice è tenuto a comportarsi se l’impedimento riguarda il difensore (di fiducia o d’ufficio), a meno che l’imputato sia difeso da due difensori e l’impedimento riguardi solo uno di essi ovvero sia lo stesso imputato a chiedere che si proceda all’udienza in assenza del suo difensore (ed ovviamente previa nomina di un sostituto: art. 97 comma 4 c.p.p.).

Il giudice è obbligato a disporre il rinvio dell’udienza se:

a) il legittimo impedimento del difensore ( ad esempio un concomitante impegno professionale) è stato comunicato tempestivamente relativamente alla sua insorgenza54, ed inoltre egli sia l’unico difensore nominato55;

b) il legittimo impedimento dell’imputato, oltre ad essere grave e assoluto, è anche attuale56.

La celebrazione dell’udienza in presenza dell’impedimento determina una nullità di ordine generale.

Se l’imputato è stato regolarmente citato, non vi sono impedimenti e non è comparso, il giudice deve dichiarare la sua assenza ai sensi degli articoli 420bis c.p.p. e ss. che sono state totalmente riscritte dalla l. 28

per tutto il periodo del rinvio. Tale legge aveva efficacia temporanea (non oltre 18 mesi dall’entrata in vigore), in attesa dell’approvazione di una legge costituzionale che regoli le prerogative del Presidente del Consiglio e dei Ministri. Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 23 del 25/01/2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge, nella parte in cui non prevede che il giudice possa valutare in concreto l’impedimento addotto. Da ultimo, aseguito di referendum abrogativo la l. 51/2010 citata è stat abrogata, lasciando in vita il comma 4 dell’art. 1.

54 V. Cass. Sez. I del 27 maggio 1994, n. 6234 e Cass. Sez IV del 7 giugno 2004, n.

25332.

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V. Cass. Sez. VI del 31 maggio 2007, n. 21344. Il rinvio si impone anche in caso di astensione del difensore dalle udienze (c.d. sciopero degli avvocati), ma in tal caso la recente giurisprudenza non riconosce la sussistenza di un legittimo impedimento, in quanto esso non ha natura oggettiva, ma è frutto di una libera scelta del professionista ( Cass. 17 gennaio 2014, n. 1826). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che dopo l’emanazione del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, il giudice non può disporre la prosecuzione del giudizio, salvo che sussistano situazioni che rendano indifferibile la trattazione del processo. (Cass. Sez. Un. 27 marzo 2014, n. 40187).

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aprile 2014, n. 67, che nel rispetto dei principi comunitari ha abolito l’istituto della contumacia, prevedendo in sua sostituzione la disciplina del processo in assenza. Le disposizioni dettate per l’udienza preliminare si applicano anche al dibattimento, grazie al richiamo operato dall’art. 484 c.p.p.

Nel momento di controllo sulla regolare costituzione delle parti, se il giudice, rileva che l’imputato non è presente, procede in sua assenza. Il codice si preoccupa comunque che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento in corso, e non una mera conoscenza formale. Pertanto è previsto che si possa procedere in assenza se:

• l’imputato ha espressamente rinunciato ad assistere all’udienza; • nel corso del procedimento l’imputato abbia dichiarato o eletto

domicilio;

• l’imputato sia stato, nell’ambito del procedimento, arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare;

• l’imputato abbia nominato un difensore di fiducia; • abbia ricevuto personalmente la notifica dell’avviso;

• risulti comunque con certezza che l’imputato sia a conoscenza del procedimento o che l’imputato si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

In tutti questi casi il giudice, dopo aver constatato la ritualità della notifica dell’avviso di udienza, secondo le norme previste dal codice, emette ordinanza con cui dispone di procedere in assenza dell’imputato. L’ordinanza è revocabile anche d’ufficio se l’imputato compare.

L’art. 420quater c.p.p., riscritto dalla riforma, prevede in caso di mancata presenza dell’imputato in udienza, la sospensione del processo. Per disporre la sospensione è necessaria la ricorrenza di alcune condizioni:

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• che non vi sia nullità della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, atteso che, diversamente, il giudice dovrebbe provvedere alla rinnovazione dell’atto (art. 420 c.p.p.);

che non ricorra alcuna delle ipotesi previste dall’art. 420bis c.p.p. che consentano la celebrazione del processo in assenza; • che non sussistano ipotesi di impedimento di cui all’art. 420ter

c.p.p.

Se non ricorrono alcuna di tali condizioni, e non vi sono le condizioni per emettere una sentenza di immediato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (esempio per intervenuta prescrizione, amnistia ecc.), il giudice sospende il processo, disponendo, nel caso di procedimento cumulativo la separazione ai sensi dell’art. 18 lett. b) c.p.p.

La sospensione del processo comporta anche la sospensione del corso del termine di prescrizione dei reati per cui si procede (art. 159, ultimo comma c.p.).

Durante la sospensione del processo il giudice può acquisire, a richiesta di parte, le prove non rinviabili, con le modalità stabilite per il dibattimento.

L’art. 420quinquies prevede che nel caso in cui sia stata dichiarata la sospensione, il giudice dispone nuove ricerche allo scadere di ogni anno per procedere alla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza. L’ordinanza di sospensione è revocata se:

• le ricerche abbiano dato esito positivo, cioè se l’imputato sia stato trovato e quindi sia possibile effettuare la notificazione dell’atto;

• l’imputato abbia nel frattempo nominato un difensore di fiducia, così dando la prova dell’avvenuta conoscenza del procedimento;

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• vi sia, in ogni caso, la prova dell’avvenuta conoscenza del procedimento;

• vi siano le condizioni per emettere una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (esempio sopravvenuta depenalizzazione del reato per cui si procede). Con la revoca dell’ordinanza di sospensione, il giudice fissa la data della nuova udienza e dispone la notificazione dell’avviso alla parti private e alla persona offesa, nonché la comunicazione al pubblico ministero. All’udienza l’imputato potrà chiedere il rito abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta.

Dopo aver verificato la rituale costituzione delle parti, il giudice dell’udienza preliminare dichiara aperta la discussione (art. 421 c.p.p.), nel corso della quale le parti illustrano le loro conclusioni sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o prodotti ad inizio dell’udienza ed ammessi dal giudice. L’imputato può chiedere di fare spontanee dichiarazioni ovvero può chiedere di essere interrogato (eventualmente con le forme previste per il dibattimento dagli artt. 498 e 499 c.p.p.: cd. cross examinition). La discussione segue questo ordine: per primo prende la parola il pubblico ministero, poi il difensore della parte civile (se costituitasi) ed a seguire i difensori del responsabile civile e del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (se citati) ed infine il difensore dell’imputato. Il pubblico minstero e il difensore dell’imputato possono replicare una sola volta. Dopo aver raccolto le conclusioni delle parti, se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, e non necessitano ulteriori indagini o attività di integrazione probatoria, dichiara chiusa la discussione ed adotta la decisione di proscioglimento o rinvio a giudizio(art. 424 c.p.p.).

L’udienza preliminare potrebbe anche non giungere alla naturale conclusione, cioè o alla sentenza di non luogo a procedere o al decreto di rinvio a giudizio; infatti l’imputato potrebbe richiedere il rito

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abbreviato o il patteggiamento (in questo ultimo caso con il consenso del pubblico ministero), e in questo modo l’udienza preliminare si trasformerebbe in un rito speciale.

È opportuno, a questo punto, approfondire le due parti che sono state maggiormente modificate dalla l. 479/1999 c.d. Legge Carotti e cioè l’attività istruttoria in udienza preliminare e la sentenza di non luogo a procedere.

3.4 L'attività

istruttoria

in

udienza

preliminare.

L’ordinanza integrativa delle indagini.

Se le indagini preliminari sono incomplete e non è adottabile una decisione “allo stato degli atti”, il giudice dell’udienza preliminare anziché dichiarare chiusa la discussione ex art. 421 ultimo comma c.p.p., potrà ordinare un’integrazione delle indagini (art. 421 bis c.p.p.57) oppure potrà anche d’ufficio, “disporre l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere” (art. 422 c.p.p.58). Le due iniziative istruttorie

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Recita così l’art. 421bis c.p.p.:1. Quando non provvede a norma del comma 4

dell’articolo 421, il giudice, se le indagini preliminari sono icomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimentoè data comunicazione al procuratore generale presso la corte d’appello. 2. Il procuratore generale presso la corte d’appello può disporre con decreto motivato l’avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell’articolo 412, comma 1.

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L’art. 422 c.p.p.: 1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell’articolo 421,

ovvero a norma dell’articolo 421bis, il giudice può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. 2. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all’assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell’articolo 210 di cui siano stati ammessi l’audizione o l’interrogatorio. 3. L’audizione e l’interrogatorio delle persone indicate nel comma 2 sono condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell’ordine previsto dall’articolo 421, comma 2. Successivamente, il pubblico minstero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni. 4. In ogni caso l’imputato può chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, per la quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di aprte il

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sono alternative, nel senso che non sono percorribili simultaneamente, infatti può accadere che, dopo il ricorso all’ordinanza ex art. 421bis c.p.p., il giudice, ai sensi dell’art. 422 c.p.p., ravvisi la necessità di assumere altri mezzi di prova che siano di evidente decisività ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere.

Tali istituti rappresentano le più rilevanti novità che sono state apportate, in materia, dalla legge 16 dicembre 479/1999, cd. “legge Carotti”.

L’art. 421bis è la norma tra quelle previste per l'udienza preliminare che dà l'idea del significato centrale che questa fase ha assunto per l'intero processo, con cui è stato previsto il potere del giudice di ordinare al pubblico ministero nuove indagini, qualora ritenga il compendio probatorio presentatogli incompleto ed inidoneo per la decisione sul rinvio a giudizio richiesto. Questa norma, non era prevista nell'originario codice di procedura penale del 1988, ed è stata elaborata con le modifiche apportate con la legge 16 dicembre 1999 n. 479 che hanno trasformato definitivamente l'udienza preliminare rendendone un momento di verifica della sostenibilità dell'accusa in giudizio59.

Attraverso la "nuova" previsione della possibilità per il giudice di ordinare un supplemento di indagine (art. 421bis c.p.p.), e la facoltà di procedere direttamente ad una vera a propria istruttoria in udienza (422 c.p.p.) il giudice ha la possibilità di diventare parte attiva nella formazione del materiale che egli stesso dovrà poi giudicare al termine della fase processuale.

Viene messa in risalto quella che è la funzione di economia processuale tipica dell'udienza preliminare, attraverso un controllo attivo sul capo di imputazione che impedisce inutili dichiarazioni di

giudice dispone che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499.

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nullità della richiesta di rinvio a giudizio in caso di ambiguità o genericità dello stesso.

In questo modo, l'udienza preliminare assume una forte flessibilità, conformandosi in diversi modi fino a trasformarsi in un vero e proprio mini dibattimento, sebbene con la finalità propria di momento di filtro e di passaggio al processo che è la funzione principale. Infatti, proprio grazie all’ordinanza integrativa delle indagini attribuita al giudice dell’udienza preliminare, si è arrivati ad affermare che il giudizio espresso al termine dell’udienza preliminare sarebbe ormai divenuto un vero e proprio giudizio di merito.

C’è peraltro chi sostiene che le facoltà in esame avvicinano per altro verso questa fase all'istruttoria formale del vecchio codice di procedura penale, perché danno al giudice dell'udienza preliminare il compito non solo di valutare la completezza del lavoro svolto dal pubblico ministero ma anche di sostituirsi all’accusa e alle altre parti arricchendo il compendio probatorio sia con elementi a carico dell'imputato, al fine di determinarsi per il rinvio a giudizio, sia con elementi a suo favore, per preparare la sentenza di non luogo a procedere. In questo modo il giudice lavora per “convincere se stesso60” con una grossa deroga al principio di separazione delle fasi e delle funzioni che costituisce il pilastro fondamentale del sistema processuale. Tuttavia, bisogna ricordare che il nostro sistema processuale è ormai modellato sul modello accusatorio .

La formulazione dell’art. 421bis c.p.p. sembra richiamare quella dell’art. 409 c.p.p. comma 3 e 4 c.p.p.61, che consente un potere di intervento analogo in caso di richiesta di archiviazione ritenuta ingiustificata. Però bisogna tenere presente che oltre alle analogie, le

60 C. DE ROBBIO, L’udienza preliminare, Milano, 2013, p.186. 61

L’art. 409 comma 3 e 4 c.p.p.: 3. Della fissazione dell’udienza il giudice dà inoltre

comunicazione al procuratore generale presso la corte d’appello. 4. A seguito dell’udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse.

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due disposizioni hanno ambiti operativi assai diversi perché l’art. 409 c.p.p. costituisce uno strumento di controllo giudiziale sul mancato esercizio dell’obbligatoria azione penale da parte del pubblico ministero, mentre l’art. 421bis c.p.p. introduce un meccanismo di integrazione delle indagini incomplete in una fase ormai processuale, caratterizzata dall’avvenuto esercizio dell’azione penale.

L'art. 421bis c.p.p. richiama espressamente il quarto comma dell’art. 421 c.p.p., da cui si ricava il primo presupposto per l'emissione dell'ordinanza per le integrazione delle indagini che è costituito dal non poter decidere allo stato degli atti. L'attivazione della facoltà del giudice di ordinare al pubblico ministero il compimento di ulteriori indagini implica in primo luogo un giudizio negativo sulla completezza dell'esito delle indagini preliminari.

Il concetto di completezza delle indagini è un concetto assai complesso da definire precisamente e arrivare ad avere la completezza delle indagini assoluta è di fatto irraggiungibile. Quindi il giudice dell’udienza preliminare ordina le integrazioni delle indagini ex art. 421bis c.p.p. solo quando non sia in grado di poter provvedere allo stato degli atti, ciòè nei casi in cui le indagini siano ampiamente carenti e non consentano al giudice di indirizzare le proprie decisioni né verso la sentenza di non luogo a procedere né verso il decreto che dispone il giudizio.

Inoltre i concetti di completezza delle indagini e conducenza delle stesse (decidibilità allo stato degli atti) implicano due prospettive differenti, l'una propria del pubblico ministero e l'altra del giudice62. Infatti il pubblico ministero dovrà compiere indagini più ampie, rispettando il principio di obbligatorietà dell’azione penale, e vagliare tutte le ipotesi possibili: il fine delle indagini preliminari e dell’azione del pubblico ministero è dunque la completezza delle indagini preliminari. Mentre diverso è il fine del giudice dell’udienza

62 Cfr. F. CASSIBBA, La completezza e la conducenza delle indagini alla luce della

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preliminare, che deve vagliare il materiale già selezionato dal pubblico ministero e ritenuto da questi meritevole di approfondimento dibattimentale: il giudice dell’udienza preliminare dovrà allora valutare se le indagini a lui sottoposte siano conducenti, cioè non denotino carenze tali da costringerlo ad intervenire mediante attivazione di un potere integrativo quale quello previsto dell'art. 421bis o dall'art. 422 c.p.p..

La prognosi in udienza preliminare può dunque idealmente essere scissa in due momenti complementari ma distinti: il primo attiene alla completabilità degli atti di indagine, quindi che non ci siano lacune, piste investigative non seguite, fonti di prova non raccolte. Le indagini possono dirsi complete solo quando al giudice appare ragionevole ritenere che, anche continuandole, non si troverebbero ulteriori elementi conoscitivi. II secondo momento attiene alla cd. utilità del dibattimento, che implica una valutazione della resistenza degli elementi alle prove contrarie, cioè possono servire a comprendere se le investigazioni siano ancora perfezionabili o no, oppure se gli elementi acquisiti possano resistere al vaglio dibattimentale.

3.4.1 Il contenuto e i destinatari dell’art. 421bis c.p.p.

Per quanto riguarda il contenuto dell’ordinanza ex art. 421bis il giudice dell’udienza preliminare indica le ulteriori indagini necessarie per la definizione della fase processuale. L'ordinanza non si deve limitare ad indicare genericamente l'incompletezza delle stesse, ma può spingersi sino all'indicazione degli specifici atti ed accertamenti che il pubblico ministero sarà chiamato a compiere63.

Il potere del giudice dell’udienza preliminare consiste in una sollecitazione al pubblico ministero piuttosto che in una indicazione tassativa di atti da compiere, sicché nulla vieta che l'ordinanza sia al

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contrario generica e si limiti ad indicare un tema di indagine da sviluppare: in questo caso il giudice dell’udienza preliminare lascerà al pubblico ministero la scelta delle specifiche attività ritenute più opportune o efficaci per il raggiungimento dello scopo indicato. Quindi come sottolineato dalla corte di Cassazione che, pur avendo il pubblico ministero l'obbligo di compiere le indagini indicate dal giudice a norma dell'art. 409 c.p., tale obbligo non è avulso né autonomo rispetto a quello di compiere ogni attività necessaria per assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, sicché l'indicazione del giudice opera come una devoluzione del tema d'indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta sulla la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari64.

Quindi il pubblico ministero potrà verificare i temi investigativi indicatigli nel modo che riterrà più opportuno e potrà compiere gli atti investigativi che riterrà necessari ed utili sempre nell' ambito del tema di prova devoluto. Una volta che le nuove indagini siano state compiute, spetta sempre e solo al giudice valutare se sia stato in tal modo soddisfatta l'esigenza dell’ordinanza di completezza delle indagini. Le ulteriori indagini oggetto dell’ordinanza ex art. 421bis c.p.p. non hanno un “segno” favorevole o sfavorevole all’imputato, in quanto il giudice, di regola, dovrà limitarsi all’indicazione dell’incompletezza di un tema probatorio, mentre sarà l’esito di tali ulteriori indagini a rivelarsi contra reum o pro reo, tanto che in dottrina viene qualificata come neutrale questa integrazione investigativa65.

Peraltro la disciplina dettata dal codice non prevede specifica sanzione del comportamento del pubblico ministero, neppure nel caso in cui questi non ottemperi affatto a quanto prescritto e non compia le

64 V. Cass. Pen., Sez. IV, n. 21592 del 2 aprile 2007.

65 Cfr. D.GROSSO, Commento alla l. 16 dicembre 1999, n. 479, sub artt. 20-23 in

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indagini che gli sono state prescritte, dovendosi in tal caso ritenere che il giudice, oltre a reiterare il proprio provvedimento dovrà giungere alla sentenza di non luogo a procedere66.

Il novero degli atti oggetto dell'ordinanza in esame è amplissimo e potenzialmente illimitato, e ricomprende sia accertamenti sul merito della vicenda processuale che sulle cause di estinzione del reato e tutti i presupposti di un'eventuale pronuncia di proscioglimento (condizioni di procedibilità, imputabilità, cause di punibilità,ecc.).

Bisogna tenere presente che l'ordinanza di integrazione delle indagini in esame non può essere utilizzata per sanare vizi processuali, infatti come sottolineato dalla Corte di Cassazione è illegittimo il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dichiari l’inutilizzabilità, o altro vizio meramente procedurale, di un atto compiuto dal pubblico ministero, disponendo che questi provveda a completare le indagini mediante la rinnovazione dell’atto67. La Corte ha dunque precisato che l'integrazione prevista dall'ordinanza riguarda esclusivamente gli adempimenti istruttori, e non si estende alla sanatoria dei vizi procedurali.

Per quanto riguarda i destinatari dell’ordinanza ex art. 421bis c.p.p. non vengono indicati i destinatari dell’indicazione del giudice: costoro, pertanto, oltre al pubblico ministero, potranno essere anche le parti private e i loro difensori, secondo il rispettivo onere della prova, per preservare la terzietà e imparzialità del giudice dell’udienza preliminare68. Questo dato trova conferma anche nella piena ammissibilità delle indagini difensive nella fase dell’udienza preliminare: l’art. 391octies comma 1 c.p.p. introdotto dalla l.

66

In proposito, cfr.R. BRICCHETTI- L. PISTORELLI, L’udienza preliminare, Milano, 2003, ove si sostiene che un adempimento parziale del pubblico ministero all’ordine d’integrazione probatoria impartitogli dal giudice non comporta necessariamente la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere perché esso potrebbe comunque generare materiale probatorio sufficiente a far ritenere necessaria la verifica dibattimentale.

67 V. Cass. pen., Sez. IV, n. 42131 del 30 settembre 2008; nello stesso senso in

precedenza cfr. Cass. pen., Sez. IV, n. 702 del 21 novembre 2003.

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397/2000 prevede che “nell’ udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l’intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del suo assistito.” Il successivo comma 3 sancisce che la documentazione di tale indagini difensiva sia inserita nel fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso l’ufficio del giudice per le indagini preliminari. Poi anche l’art. 391decies c.p.p. prevede l’inserimento nel fascicolo del dibattimento degli atti non ripetibili compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi, anche quando tale documentazione sia sta presentata nell’udienza preliminare.

La dottrina è concorde nell'escludere che tra i destinatari dell'ordinanza possa considerarsi la polizia giudiziaria. Ammettere questa possibilità significherebbe riconoscere al giudice il potere di disporre direttamente delle indagini, nell’ambito di un vero rapporto gerarchico (come quello previsto dall’art. 109 Cost.69), attraverso una delega d’indagine alla polizia giudiziaria che dovrebbe consistere in una indicazione vincolante degli atti da compiere, invece il tenore dell’art. 421bis c.p.p. riconosce al giudice un mero potere di impulso istruttorio verso le parti processuali che restano libere di recepire o meno l’indicazione, conservando in caso positivo, la facoltà di individuare i mezzi istruttori più idonei per colmare le lacune investigative segnalate dal giudice.

3.4.2 Il termine per il compimento delle indagini.

Indicando con l’ordinanza integrativa le ulteriori indagini ritenute necessarie, il giudice dell’udienza preliminare assegna un termine alle parti per il compimento e rinvia l'udienza.

L’ordinanza è in ogni momento revocabile, sicché qualora il giudice dell’udienza preliminare ritenga che siano mutate le ragioni che in

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precedenza hanno portato all'emanazione del provvedimento, potrà rivedere il giudizio di incompletezza delle indagini e conseguentemente revocare l'ordinanza e invitare le parti alle conclusioni a norma dell'art. 421 comma 4 c.p.p..

Per quanto riguarda la natura del termine per il compimento delle indagini, secondo parte della dottrina esso non sarebbe prorogabile, perché se così fosse occorrerebbe un'esplicita previsione legislativa, come avviene nel caso del termine per il compimento delle nuove indagini che il pubblico ministero effettua a seguito delle richieste dell'indagato dopo l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. A norma dell'art. 415bis, 4 comma c.p.p., infatti "quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell'indagato, dipone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. II termine può essere prorogato dal giudice delle indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni”. La correlazione tra l’art. 415bis c.p.p. e l’art. 421bis c.p.p. però non è del tutto soddisfacente: la previsione di una proroga del termine per il compimento delle indagini ex art. 415bis c.p.p. risponde ad una logica interna alla fase delle indagini preliminari, e va inquadrata nell'esigenza di rispetto dei termini massimi delle indagini e l'eventuale superamento dei predetti termini comporterebbe infatti l'inutilizzabilità degli atti compiuti. Invece nel caso delle indagini ordinate dal giudice ex art. 421bis c.p.p. siamo in una fase incidentale del processo, sicché non esiste alcun problema di inutilizzabilità degli atti, poiché questi si inseriscono in un momento in cui è stato già instaurato il contraddittorio.

La previsione di un termine per il compimento degli accertamenti indicati dal giudice dell’udienza preliminare ha una funzione acceleratoria, per provvedere ad una rapida definizione della fase processuale a lui demandata. Di conseguenza, non esiste alcuna

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sanzione per l'eventuale inosservanza del termine, ed esso deve ritenersi liberamente prorogabile (e non solo per una volta, come avviene nel caso dell'art. 415 bis c.p.p.): termine non perentorio ma meramente sollecitatorio. Naturalmente, se il superamento dei limiti temporali assegnati riguardi una volontà di non indagare o di non ottemperare alle direttive del giudice, questi ne potrà tenere conto nella decisione finale dell'udienza per l'emissione di una sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425 c.p.p., essendosi dimostrata in pratica l'impossibilità di rafforzare il materiale probatorio evidentemente ritenuto insufficiente per affrontare il dibattimento. Infine non è applicabile la proroga della custodia cautelare prevista dall'art. 305 c.p.p., riferibile solo alla fase delle indagini preliminari vera e propria, né può essere ordinata la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare di cui all'art. 304 c.p.p., non essendo previste le esigenze probatorie tra le cause di applicazione del predetto istituto.

3.4.3

La comunicazione al procuratore generale e

l’avocazione delle indagini.

Dopo l'emissione dell'ordinanza ex art. 421bis c.p.p. c’è l'obbligo di comunicare il provvedimento al procuratore generale presso la Corte di Appello. Questi, a norma del secondo comma dell'art. 421bis c.p.p., potrà disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini e quindi svolgere le ulteriori indagini indicate dal giudice e formulare le sue richieste.

Il potere di avocazione è diverso da quello previsto dall’art. 412 c.p.p., norma espressamente richiamata dall'articolo 421bis, 2 comma c.p.p.; in questo caso la comunicazione al procuratore generale attestante una possibile inerzia del pubblico ministero avviene quando è già stata esercitata l'azione penale, e il compimento delle indagini indicate

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nell'ordinanza non riapre la fase delle indagini preliminari ma una semplice fase incidentale nell'ambito dell'udienza preliminare e nel caso dell’art. 421bis c.p.p. il procuratore generale non sarà tenuto al rispetto del termine di trenta giorni fissato, invece, dall’art. 412 c.p.p. perché nell’altro caso il termine sarà quello fissato dal giudice dell’udienza preliminare70.

Al pari dell’avocazione prevista dell’art. 412 c.p.p. anche l’avocazione prevista dall’art. 421bis c.p.p. non è obbligatoria, perché come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale71, l’intervento sostitutivo del procuratore generale non è in se destinato a modificare le conclusioni del pubblico ministero o a sostituirsi a un’inerzia inerente all’esercizio dell’azione penale, ma di consentire ad uno stesso ufficio del medesimo organo di valutare se in concreto l’attività di indagine sia stata o meno esauriente.

3.4.4 L’attività di integrazione probatoria ex articolo 422

c.p.p.

Il materiale probatorio su cui il giudice dell’udienza preliminare è chiamato a decidere in udienza preliminare è ulteriormente integrabile con l'ordinanza prevista dall'articolo 422 c.p.p., a norma della quale il giudice può disporre l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. L'ordinanza in esame si pone in rapporto sussidiario e complementare rispetto a quella disciplinata dall'articolo 421bis e presuppone un giudizio negativo sulla possibilità di agire: l'art. 422 c.p.p. prevede che il giudice dell’udienza preliminare possa ricorrere a tale ordinanza

70 E. APRILE, M. SASO, L’udienza preliminare, Milano, 2005, p. 165.

71 V. Corte Cost., 23 maggio 1991, n. 289, in Giur. Cost., 1991, 2303; cfr anche

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"quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, ovvero a norma dell'articolo 421 bis del codice di procedura penale".

Dunque in primo luogo il giudice dell’udienza preliminare cercherà di definire l'udienza preliminare allo stato degli atti, valutando la sostenibilità dell'accusa in giudizio sulla base degli atti presenti nel fascicolo formato durante le indagini preliminari e con le successive eventuali acquisizioni avvenute durante l'udienza preliminare. Laddove ciò non sia possibile, per un'incompletezza degli atti, il giudice dell’udienza preliminare seguirà l’articolo 421bis c.p.p., indicando alle parti ulteriori indagini. Come ultima soluzione, qualora neanche in questo modo sia possibile giungere alla definizione dell'udienza, potrà disporre l'assunzione di prove ai sensi dell'art. 422 c.p.p..

Le caratteristiche di questo strumento istruttorio sono le seguenti: a) le prove possono essere assunte direttamente sia a istanza di

parte che d’ufficio;

b) i mezzi istruttori scelti devono essere decisivi per emettere la sentenza di non luogo a procedere.

Rispetto all'ordinanza integrativa delle indagini prevista dall'art. 421bis c.p.p. che mira a completare il compendio probatorio l’ordinanza ex art. 422 c.p.p. ha una finalità ben precisa: essa serve esclusivamente all'emissione di una sentenza di non luogo a procedere.

Tale previsione legislativa costituisce un' anomalia rispetto al sistema processuale: apparentemente, nel momento in cui il giudice dell’udienza preliminare ricorre a questo strumento ha già deciso l'esito dell'udienza preliminare, sicché si potrebbe concludere che essa serve soltanto a fornire ex post delle giustificazioni formali ad un provvedimento che è già formato nella mente del giudice. Così interpretato, lo strumento legislativo pare sospetto di incostituzionalità, per manifesta violazione della parità delle parti. Come ad esempio il pubblico ministero, parte pubblica che rappresenta l'accusa e che ha avanzato una richiesta di rinvio a giudizio che sarà rigettata, ma

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soprattutto per le eventuali parti private costituite contro l'imputato per la tutela dei diritti di natura civilistica che scaturiscono dal reato, come la parte civile, che potrebbe perdere l'interesse a restare presente in un procedimento penale destinato a concludersi con una smentita delle loro pretese e decidere di revocare la costituzione72. Ma bisogna considerare che nell’ordinanza istruttoria ex art. 422 c.p.p. si presuppone che il materiale probatorio sia completo e l'oggetto dell'accertamento già pienamente individuato.

Dunque le indagini che il giudice dell'udienza preliminare prende in considerazione quando decide di ricorrere al potere istruttorio previsto dalla norma in esame non sono mancanti o ampiamente carenti, perché non lo sono sin dall'inizio della fase processuale o perché si è già fatto ricorso con successo al potere integrativo (questo sì demandato a completare un quadro carente ) disciplinato dall'art. 421bis c.p.p. Per confermare questo, si rileva che l'attivazione del potere istruttorio ex art. 422 c.p.p. non comporta alcuna comunicazione al Procuratore Generale né legittima quest'ultimo all'avocazione delle indagini, proprio perché alla base non vi è un giudizio di incompletezza che può essere valutato negativamente dall'organo di controllo del corretto esercizio dell'azione penale della magistratura inquirente.

L’art. 422 c.p.p. prevede l'attivazione del potere istruttorio "anche d'ufficio" dunque può essere sollecitato anche dalle parti, che possono dunque richiedere al giudice di assumere prove che esse considerano decisive per l'emissione della sentenza di non luogo a procedere.

72 A norma dell'art. 82 c.p.p. (commi 1 e 2) “La costituzione di parte civile può

essere revocata in ogni stato e grado del procedimento con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale in udienza ovvero con atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle altre parti. La costituzione si intende revocata se la parte civile non presenta le conclusioni a norma dell'articolo 523 ovvero se promuove l'azione davanti al giudice civile.”

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Ci sono state diverse discussioni sulle parti a cui spetterebbe tale legittimazione73: non ci sono dubbi sull’imputato ed il suo difensore che possono portare prove per il proscioglimento, invece per alcuni nascono dubbi di un analogo potere anche al pubblico ministero, l’organo che sostiene l’accusa e che ricerca prove in tal senso, sarebbe illogico pensare che poi solleciti il giudice ad assolvere l’imputato74. Altri rilevano che il magistrato inquirente conserva sempre la funzione di rappresentare l’interesse dello Stato e non solo dell'accusa, sicché ha tra i suoi compiti anche la vigilanza del rispetto dell'economia processuale e quindi evitare dibattimenti inutili che potrebbero portare ad una sentenza di assoluzione. Qualora dunque il pubblico ministero ritenga che, in seguito ad una delle molteplici evenienze che si possono verificare nel corso dell'udienza preliminare,o anche in assenza di queste, possa e debba modificare le proprie determinazioni sull'esercizio dell'azione penale puo sollecitare il giudice con lo strumento dell’art. 422 c.p.p.. Questa conclusione è stata sottolineata dalla giurisprudenza di merito che vuole ribadire il concetto di economia processuale. Infatti è stato rilevato che per sostenere il principio della ragionevole durata del processo, bisogna considerare l’art. 422 c.p.p. non una mera facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice ma un vero e proprio potere dovere di acquisire prove preordinate ad una decisione di proscioglimento, per impedire un dispendio dei tempi processuali75.

73

Cfr. F. SIRACUSANO, La completezza delle indagini nel processo penale, Giappichelli, 2005, p. 291.

74Cfr. L.CARACENI, Poteri d'ufficio in materia probatoria e imparzialità del

giudice, Milano, 2007, p. 246.

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3.4.5 La fissazione di nuova udienza.

L'ordinanza istruttoria ex art. 422 c.p.p. può prevedere l'assunzione di prove immediatamente esperibili. Se l'immediata assunzione non sia possibile, il giudice fissa una nuova udienza e "dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell'articolo 210 di cui siano stati ammessi l'audizione o

l'interrogatorio". La norma riprende quella dettata in tema di

ammissione delle prove orali dibattimentali (art. 468, 2 comma c.p.p.), per ribadire che l'ordinanza ex art. 422 c.p.p. costituisce una vera e propria fase para-dibattimentale nell'udienza preliminare,

avvicinandosi alle forme dell'incidente probatorio. Rispetto all’istituto dell’incidente probatorio c’è una fondamentale differenza sul valore delle dichiarazioni acquisite, in quanto non costituiscono una vera e propria prova diversamente dagli artt. 392 e ss. c.p.p. (incidente probatorio). Nel caso in cui l'udienza preliminare, non si concluda con l'emissione della sentenza di non luogo a procedere al cui fine

l'ordinanza ex art. 422 era stata emessa, le dichiarazioni assunte dovranno essere ribadite in dibattimento per avere valore di prova. Per quanto riguarda i tipi di prove ammissibili, l'elencazione contenuta nell'articolo 422 c.p.p. deve ritenersi non completa, perché tutte le prove sono assumibili mediante questo articolo. Invece i criteri di ammissibilità sono diversi, in quanto non è applicabile del tutto la disposizione dell'art. 190 c.p.p. che impone al giudice di escludere le prove "vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti". Quindi sicuramente sono inammissibili le prove vietate dalla legge, invece per i parametri di superfluità e irrilevanza la norma dell’art. 422 c.p.p. non contano e quindi il giudice dell’udienza preliminare non potrebbe rigettare una richiesta di parte di assumere una prova ex art. 422 c.p.p. facendo leva sulla superfluità della prova richiesta. Quanto alle modalità di assunzione delle prove, esse seguono le regole proprie dei corrispondenti istituti dibattimentali.

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Per l’assunzione delle prove, il giudice dovrà fissare una nuova udienza disponendo la citazione delle persone da esaminare (testimoni, periti e consulenti tecnici) o da interrogare. L’audizione e l’interrogatorio dei soggetti citati ex art. 422 c.p.p. sono condotti dal giudice dell’udienza preliminare, secondo un modulo “inquisitorio” contrapposto a quello “accusatorio” proprio della fase dibattimentale, ma il pubblico ministero e i difensori possono porre domande a mezzo del giudice, nell’ordine previsto dall’art. 421 c.p.p. per la discussione. Questa modalità di assunzione della prova ne esclude l’utilizzabilità in dibattimento (eccezione per l’ipotesi ex art. 512 c.p.p.76), ma nulla vieta che il giudice dell’udienza preliminare scelga di formare la prova nel pieno contraddittorio delle parti, consentendo alle stesse di esaminare e contro esaminare i soggetti da escutere; in tal caso potrebbero essere utilizzate nel dibattimento.

Dopo la fase istruttoria ex art. 422 c.p.p., ha luogo la nuova discussione, in cui il pubblico ministero e i difensori illustrano le conclusioni, non potendo più il giudice emettere il provvedimento conclusivo sulla base della discussione svoltasi precedentemente alla sua ordinanza ex art. 422 c.p.p.77

3.4.6 La modifica dell’imputazione.

Un presupposto fondamentale per il processo è costituito dalla perfetta corrispondenza tra i fatti oggetto del contraddittorio ed i capi di imputazione, per questo il pubblico ministero può e deve modificare il capo di imputazione in conseguenza delle evenienze processuali che si

76 Recita cosi l’art. 512 c.p.p.: 1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data

lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e difensore delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione. 1bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli di cui all’articolo 240.

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possono presentare. Tale potere trova la sua sede più idonea nel dibattimento, dove la fase istruttoria è più ricca e maggiori le possibilità di sviluppo grazie al contributo delle parti e dalle prove formate oralmente ( il legislatore dedica infatti alle modifiche del capo di imputazione in dibattimento un intero capo, il Capo IV, del Libro Settimo, che disciplina il giudizio dibattimentale).

Anche in udienza preliminare sono però possibili modifiche del capo di imputazione; l'istituto ha assunto un'importanza maggiore rispetto al passato in seguito alle modifiche operate dal legislatore con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Grazie al rafforzamento del ruolo dell'udienza preliminare e la previsione di una vera e propria attività istruttoria nel corso della stessa, aumentano le possibilità di trovarsi di fronte a modificazioni del fatto o all'introduzione di temi nuovi che richiedono una o più modifiche del capo di imputazione già prima dell'apertura dell'eventuale dibattimento.

Questo potere viene espresso dall’art. 423 c.p.p. 78 che assegna tale potere all'iniziativa del pubblico ministero. Il termine finale per effettuare le modificazioni dell’imputazione, deve ritenersi coincidente con la presentazione delle conclusioni.

La modificazione dell'imputazione deve essere fatta rispettando le regole del contraddittorio per consentire all'imputato di preparare la difesa in base alla nuova accusa. Di conseguenza il pubblico ministero, dopo aver modificato l’imputazione, deve contestare l’imputazione modificata all’imputato, se questi è presente, leggendo il nuovo capo di imputazione in aula ed il cancelliere lo scriverà nel verbale andando a sostituire il capo di imputazione precedente. Nel caso in cui l’imputato

78

Art. 423 c.p.p.: 1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come descritto

nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione. 2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato.

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sia assente o contumace è valida la comunicazione al difensore che "rappresenta l'imputato ai fini della contestazione".

3.4.7 Le cause di modificazione dell’imputazione.

3.4.7.1 Il fatto diverso.

La prima causa di modificazione dell'imputazione ex art. 423 c.p.p. è data dalla scoperta della diversità del fatto che si presenta al pubblico ministero durante l'udienza preliminare rispetto a quello descritto nel capo di imputazione.

Il giudizio di diversità tra il fatto contenuto nel capo d’accusa e quello che risulta dagli atti non deve risultare da sopravvenienze ma è ammissibile una semplice rivisitazione degli elementi contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Quello che conta è che analizzando il fatto si arrivi a un giudizio diverso da quello espresso nel capo d’imputazione e quindi bisogna modificarlo. Questo è importante sia per esigenze di precisione dell’accusa sia per tutelare il contraddittorio, quindi nell’interesse dell’imputato per far si che non pregiudichi la sua possibilità di difesa.

La definizione di fatto diverso si può ritrovare in numerose sentenze , ma non è facile definire una nozione precisa. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha inteso per “fatto diverso” non solo un fatto che integri un’imputazione diversa, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria79. Il "fatto" è costituito dagli elementi oggettivi del reato (condotta, evento, nesso di causalità) e da quelli soggettivi (dolo, colpa), quindi la diversità del fatto sarà data dalla diversità di uno o più di questi elementi che non comporti una modificazione essenziale se no si avrà il “fatto nuovo”.

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Il caso più ricorrente di "fatto diverso" è dato dal rapporto di continenza tra reati, che si verifica ogni volta che tra due fattispecie giuridiche vi sia comunanza degli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi, ed una delle due ipotesi presenti un elemento ulteriore. Come per esempio tra il reato di corruzione propria e il reato di corruzione impropria, tra corruzione e concussione, tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ed altri.

Infine vanno considerate mere specificazioni del capo di imputazione, e non vere e proprie modificazioni dello stesso, quelle relative a variazioni quantitative sul numero e la qualità delle parti offese.

3.4.7.2 La connessione tra reati.

Un’altra ipotesi di modificazione dell’imputazione prevista dall’art. 423 c.p.p. è quella della connessione tra reati, in particolare i casi di concorso formale e di reati con il vincolo della continuazione80. Infatti la legge favorisce la trattazione unitaria delle ipotesi in cui, a fronte di una pluralità di reati, per ragioni di economia processuale è prevista la comminazione di una sola sanzione ( art. 81 c.p.). In questo modo l’art. 423 c.p.p. favorisce l'attrazione nel processo delle imputazioni che darebbero vita, in caso contrario, ad altrettanti processi separati destinati poi a confluire in un'unica sanzione finale in sede esecutiva. Le ipotesi sono, dunque, quelle di più reati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale di reati) e di più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge commesse anche in tempi diversi in esecuzione di un unico disegno criminoso (reato continuato). La contestazione del reato connesso in udienza preliminare non viola le regole del contraddittorio, anche se per il reato connesso la cui

80 L’art. 423 c.p.p. richiama l’art. 12 lettera b) c.p.p. che disciplina i casi di

connessione: “ se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione

od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” ipoteis che fanno riferimento all’art. 81 c.p.

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contestazione avviene per 1a prima volta nel corso dell'udienza preliminare non è stato fatto alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari ed è dunque stata omessa la fase prevista dall'articolo 415bis c.p.p. con le relative facoltà difensive. In merito la Corte di Cassazione ha precisato che la contestazione di reati connessi non implica la necessità di una rinnovazione dell’avviso ex art. 415bis c.p.p. ed è pertanto abnorme l’ordinanza con la quale il giudice dell’udienza preliminare disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per tale adempimento81.

3.4.7.3 Nuove circostanze aggravanti.

Un ulteriore ipotesi di modificazione dell'imputazione è data dalla contestazione di una circostanza aggravante del reato.

Anche in questo caso è consentita la modificazione dell'imputazione nel corso dell'udienza preliminare per due ragioni: da un lato, essa consente al pubblico ministero di adeguare 1a contestazione alla forma aggravata del reato emersa in questa fase processuale, dall’altro garantisce all'imputato l'esercizio della difesa anche in relazione all'aggravante, dalla quale possono derivare rilevanti conseguenze non solo in relazione alla pena ma anche sull'applicazione di benefici in sede esecutiva.

3.4.7.4 Il fatto nuovo.

L'ultima causa di modificazione dell'imputazione è prevista dall'articolo 423 secondo comma ed è costituita dall'emergere di un

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fatto nuovo. In questo caso la disciplina della contestazione in udienza è più rigorosa rispetto a quella prevista per le altre ipotesi, per cui bisogna stabilire quando il fatto sia "nuovo" rispetto a quelli già contestati e quando, invece, semplicemente "diverso".

Su questo argomento la giurisprudenza è intervenuta più volte evidenziando quelle che sono le caratteristiche dela fatto nuovo rispetto al fatto diverso. Infatti la Corte di Cassazione ha affermato che la locuzione fatto nuovo denota un accadimento difforme da quello contestato; invece per fatto diverso si deve intendere non solo un fatto che integri un’imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria82.

Il fatto storico oggetto della nuova valutazione del pubblico ministero si deve aggiungere e non sostituire, infatti come sottolineato dalla Corte di Cassazione il fatto nuovo sta ad indicare un fatto ulteriore e autonomo rispetto a quello contestato, che appunto si aggiunge e non si sostituisce83.

Con l’emergere del fatto nuovo bisogna tutelare in maniera più incisiva il contraddittorio, garantire le regole del “giusto processo” e preordinate ad evitare un pregiudizio che potrebbe derivare al diritto di difesa dell’imputato.

L’iniziativa di procedere alla contestazione di un fatto nuovo spetta al pubblico ministero, che ha libertà di scegliere la via dell’art. 423 o aprire un nuovo procedimento penale.

82 V. Cass. Pen., Sez.II, n. 18868 del 10 dicembre 2012. 83 V. Cass. Pen., Sez. VI, n. 6987 del 19 ottobre 2010.

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3.5 La deliberazione e gli esiti della camera di consiglio.

Dopo aver chiuso la discussione, il ruolo delle parti è concluso e inizia la fase della deliberazione, riservata al giudice in camera di consiglio. Secondo il principio di immediatezza, primo requisito della fase della deliberazione, proprio del nostro sistema processuale, la deliberazione deve avvenire “subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione”, di conseguenza è vietato al magistrato riservarsi di decidere. Inoltre la deliberazione non può mai essere sospesa: deve ritenersi applicabile l'art. 525, 3 comma c.p.p., che dispone che “salvo quanto previsto per l’art. 528, la deliberazione non può esssere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità” . E questo si riscontra anche nei processi di particolare importanza dove può accadere (soprattutto per la deliberazione dibattimentale di processi in Corte di Assise o di c.d. maxi-processi) che la camera di consiglio si protragga per diverse ore ed in casi eccezionali anche per giorni: persino in questi casi la camera di consiglio dura senza possibilità di sospensioni o cesure fino alla sua conclusione.

Un altro requisito della fase della deliberazione è dato dall’immutabilità del giudice, che viene previsto dall’art. 525, secondo comma, c.p.p. che prevede che “alla deliberazione concorrrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento”; questa norma è prevista espressamente per il dibattimento ma è stata estesa dalla dottrina anche all’udienza preliminare. Anche la Corte di Cassazione è intervenuta sul principio di immutabilità specificando che questo principio, applicabile nel procedimento camerale, non è azionabile se il giudice sostituito non abbia partecipato all’attività istruttoria, in quanto esso non è parte dell’udienza preliminare84.

Gli atti utilizzabili dal giudice dell’udienza preliminare per la decisione all'esito dell'udienza preliminare non coincidono con quelli che

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potranno essere utilizzati nell'eventuale futuro dibattimento. Infatti non tutti gli atti assunti nell'udienza preliminare passano nel fascicolo che si forma ai sensi dell'art. 431 c.p.p. all'esito dell'udienza. In dibattimento il criterio per cui un atto debba divenire prova è più rigoroso del concetto di utilizzabilità che troviamo nell’udienza preliminare che è più ampio e libero di quello del giudice del dibattimento. La giurisprudenza ha distinto i casi di inutilizzabilità patologia, che si verificano quando un atto è stato assunto contra legem ed è dunque colpito da un vizio di nullità che lo rende inservibile, da quelli di inutilizzabilità fisiologica o relativa, in cui il vizio ha valenza debole ed incide esclusivamente in alcune fasi processuali, non necessariamente coincidente con quella in cui il vizio si è prodotto. Un esempio importante di questo tipo di inutilizzabilità è ravvisabile nella violazione dell'art. 16quater, comma 9 del d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, a norma del quale "le dichiarazioni …rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto ….non possono essere valutate ai fini della prova dei fatti in essa affermati contro le persone diverse dal dicharante, salvo i casi di irripetibilità"

L'articolo 424 del codice di procedura penale indica gli esiti della decisione del giudice dell’udienza preliminare: il decreto che dispone il giudizio e la sentenza di non luogo a procedere.

Questa previsione è un pò limitativa85, perché oltre a queste due uniche decisioni di merito dell’udeinza preliminare, ci sono altri possibili epiloghi tra i quali:

• L’ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero se il fatto risulta diverso da quello descritto nella richiesta di rinvio a giudizio o nell’imputazione modificata ex art. 423 c.p.p.

85 Cfr. F. CASSIBBA, L’udienza preliminare. Struttura e funzioni, Milano, 2007, p.

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• L’ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell’art. 33sexies c.p.p,, per l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio

La sentenza dichiarativa di incompetenza per qualsiasi causa ex art. 22 comma 3 c.p.p., con contestuale trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente

La declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 comma 1 c.p.p.

Il secondo comma dell’art. 424 c.p.p. recita rispettando il principio di immediatezza che “il giudice da immediata lettura del provvedimento” e la lettura corrisponde alla notificazione per le parti presenti. Il provvedimento è depositato in cancelleria e le parti hanno diritto di ottenerne una copia ex art. 424 comma 3 c.p.p..

Vige la regola dell’immediata deliberazione, lettura e deposito del provvedimento che non ammette eccezioni per quanto riguarda il decreto che dispone il giudizio. Per la sentenza di non luogo a procedere, un’eccezione a tale regola è contemplata dall’art. 424 comma 4 c.p.p. dove è previsto che qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi, il giudice deve provvedervi non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia. È la legge che fissa il termine di trenta giorni per la redazione dei motivi della sentenza pubblicata mediante lettura del solo dispositivo, senza prevedere che il giudice possa fissare un termine diverso per il deposito della motivazione.

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