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CAPITOLO IV TUTELA DEI DIRITTI UMANI E BRACCIALETTO ELETTRONICO

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CAPITOLO IV

TUTELA DEI DIRITTI UMANI E BRACCIALETTO

ELETTRONICO

SOMMARIO: 1.Teoria e pratica: il rapporto con gli articoli 3 e 13 della Costituzione; 2.La problematica del consenso; 3.Le indicazioni prevalenti del Consiglio d’Europa in materia.

1.Teoria e pratica: il rapporto con gli articoli 2, 3 e 13 della Costituzione Italiana

I vantaggi e gli obiettivi della sorveglianza elettronica, che sembravano di semplice realizzazione inizialmente, sono stati oggetto di vivaci critiche su diversi piani. In primo luogo vengono criticate l’eccessiva ingerenza nella sfera privata del soggetto sottoposto a queste particolari modalità di controllo, e le disparità di trattamento che si verificherebbero tra coloro che possiedono un’ abitazione, un telefono ed hanno la possibilità di pagare le spese relative al controllo elettronico rispetto a coloro che non dispongono di tutto ciò. In

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secondo luogo viene criticato l’incremento del controllo penale, che , nonostante le politiche di depenalizzazione e decarcerizzazione, fa registrare un aumento della popolazione detenuta, comportando la ricerca di soluzioni alternative al carcere. Ma il bisogno di sicurezza dell’opinione pubblica e l’esigenza di soddisfare tale bisogno hanno spesso comportato un innalzamento dei limiti edittali, che risultano sproporzionati rispetto a molte fattispecie di reato, inflazione di sentenze di condanna pesanti, che non verranno scontate o scontate solo in parte grazie ai meccanismi che integrano una fuga dalla sanzione per ristabilire in sede esecutiva quell’equilibrio venuto meno in sede penale170. In questo clima generale la sorveglianza elettronica è stata spesso utilizzata non come effettiva soluzione alternativa alla detenzione, ma come modalità di applicazione di misure alternative alla detenzione, finendo per rappresentare una restrizione aggiuntiva agli spazi di libertà già compressi. Se usata come modalità esecutiva potrebbe mutare il ruolo degli assistenti sociali, che finirebbero per diventare controllori a distanza del buon funzionamento dell’apparato di controllo invece di instaurare un rapporto diretto con il sorvegliato, teso al suo reinserimento nel contesto sociale171. Si verificherebbe in questo modo l’ulteriore conseguenza di privilegiare la neutralizzazione

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della pericolosità, cioè il profilo della sicurezza, a discapito della risocializzazione, che dovrebbe invece caratterizzare le misure

170

V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.53.

171

V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.53.

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alternative alla detenzione173. Tolta questa premessa bisogna tenere in considerazione le problematiche relative al possibile contrasto di tale forma di sorveglianza elettronica con alcuni principi di rango costituzionale. Innanzitutto è significativo174 che, di fronte all’ipotesi di ricorrere ad una sperimentazione di nuove forme di controllo, si sia optato, sul piano formale per la disciplina legislativa, introducendo nel codice un apposito articolo che contiene la regolamentazione generale, anche se poi si fa un rinvio all’art. 19 d.l. n.341 del 2000 ad un decreto ministeriale per la pratica attuazione. Questa tecnica legislativa del rinvio da una fonte primaria a una fonte secondaria, vertendosi in tema di libertà personale tutelata dall’art. 13 della Costituzione, che è coperto da riserva di legge, oltre che di giurisdizione, potrebbe apparire come una lesione delle garanzia prevista a livello costituzionale. Questo tanto più che l’art.19 del d.l. 341 del 2000 demandava la definizione delle caratteristiche dei mezzi elettronici necessari per il controllo ad un decreto ministeriale, in relazione alla cui emanazione non si indicava alcun termine. La soluzione adottata poteva essere giustificata da ragioni pratiche relative al tipo di strumentazione necessaria per l’effettuazione e la gestione dei controlli, suscettibile di continua e rapida evoluzione. Il decreto ministeriale sembra prestarsi meglio a recepire e trasfondere nella normativa generale tale evoluzione, senza subire gli intoppi

173

V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag. 54.

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dell’attività legislativa175

. Altro problema si pone in relazione al principio di uguaglianza, di cui all’art.3 della Costituzione. Il controllo elettronico presuppone la disponibilità di un’abitazione e di una linea telefonica, nonché la effettiva disponibilità dei mezzi e degli strumenti da parte della polizia giudiziaria. Mentre l’art.284 c.p.p. prevede la concessione degli arresti domiciliari nell’abitazione o in un altro luogo di privata dimora o in un luogo pubblico di cura e assistenza e l’art.47-ter dell’ordinamento penitenziario fa riferimento all’ammissione domiciliare negli stessi luoghi appena detti nonché nel luogo di accoglienza, l’allegato al decreto ministeriale di attuazione della nuova forma di controllo fa sempre e solo riferimento all’abitazione della persona. Ci si chiede subito se coloro che non godono di un’abitazione, ma sono ospitati presso terzi siano esclusi dalla possibilità di applicazione del braccialetto elettronico o se non si possa affermare nessuna esclusione sul punto176. Se si accogliesse la prima alternativa si darebbe luogo a delle evidenti disparità di trattamento, con palese violazione dell’art. 3 della Costituzione e costituirebbe una forte contrazione dell’ambito di operatività dell’art.284 c.p.p.. Tuttavia l’indicazione del decreto attuativo va coordinata con l’art.275-bis c.p.p., che offre al giudice la possibilità di prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici quando disponga gli arresti domiciliari. Il riferimento a questa misura è fatto con una formula

175 V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag. 59. 176 V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.61.

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neutra e generica, che deve essere letta in correlazione con la previsione degli artt. 284 c.p.p. e 47–ter dell’ordinamento penitenziario, in maniera tale che potrebbero essere utilizzati in tutti i luoghi indicati da queste ultime norme177, così da scongiurare la lesione dell’articolo 3 Cost.. Tuttavia tale soluzione porterebbe con sé problemi organizzativi di non poco conto, soprattutto in relazione all’assenso dei terzi coinvolti dalle particolari modalità di controllo178

. Sempre nell’allegato al decreto attuativo si precisa poi che per il funzionamento del controllo è necessario il collegamento ad una linea telefonica di tipo digitale (Isnd) o analogica (Telco), e che quest’ultima <<potrà essere utilizzata solo eccezionalmente laddove impedimenti tecnici non consentano di installare una linea digitale (Isnd)>>179. Anche nel caso della mancanza di tale linea bisogna chiedersi se i controlli debbano essere esclusi o se , essendo stati ritenuti essenziali dal giudice, il soggetto debba provvedere all’installazione di detta linea. Se si optasse per la seconda soluzione sorgerebbe anche l’interrogativo se le spese siano a carico del soggetto interessato o sul bilancio statale. La necessaria <<sperimentalità>>180 della fase di prima applicazione della normativa inerente al braccialetto elettronico e la sua finalizzazione ad un più consistente uso delle misure alternative alla custodia carceraria potrebbero rivelarsi argomenti utili

177 V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.61. 178 V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.61. 179

V. L. Cesaris, Dal panopticon…, in AA.VV., cit., pag.61.

180 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit. ,

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ad escludere eventuali dubbi di legittimità che pure potrebbero cogliere l’interprete che appunti la sua attenzione su quel <<preliminare>> requisito del <<controllo elettronico>>. Controllo legato all’accertamento, da parte del giudice, della disponibilità degli strumenti tecnici da parte della polizia giudiziaria, o sulle modalità tecniche di realizzazione del controllo dove queste postulino il possesso (che potrebbe, in taluni e sia pure marginali casi, non esservi) di un’ apparecchiatura telefonica181

.

La nuova forma di controllo elettronico sembrerebbe prestare il fianco anche a critiche sotto altri profili, che attengono a diritti primari riconosciuti ad ogni cittadino dall’art.2 Cost., tra cui rientrano <<quello del proprio decoro, del proprio onore, della propria rispettabilità, riservatezza, intimità e reputazione>> secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale182

. Questa Corte183 si rifà al dettato dell’art. 8 della Cedu, che afferma il <<diritto al rispetto della vita privata e familiare>>, e per converso il divieto di ingerenze di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto, salve le eccezioni indicate nel secondo comma dello stesso art.8. Infatti il monitoraggio elettronico si basa sulla consapevolezza del soggetto di essere sempre sorvegliato con un controllo invisibile e spersonalizzato e se pure il dispositivo è posto alla caviglia per creare i minori disagi possibili,

181 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

pag.57.

182

V. Sent. 13 aprile 1973, n.38 della Corte Costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale., 1973, p.354 s.

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esso resta pur sempre un segno tangibile dello status di sorvegliato, cosicché il soggetto potrebbe ritenersi leso nel proprio decoro o nella reputazione di fronte ai familiari o a terzi ammessi ad avere contatti con lui. Tuttavia l’art.4 del decreto attuativo precisa che <<l’applicazione dei mezzi e degli strumenti di cui all’art. 1 e l’imposizione di prescrizioni sono disposte nel rispetto della dignità dell’interessato>>, volendo con ciò evitare che tali operazioni possano concretarsi in un trattamento disumano e degradante. Inoltre non si può non osservare che tale forma di controllo lede la rispettabilità e la reputazione di un soggetto in misura minore del controllo effettuato da una pattuglia di polizia, che con la sua presenza segnala ai vicini di casa o ai colleghi di lavoro la particolare condizione di soggetto controllato184. Infine è lo stesso secondo comma dell’art.8 della Cedu ad ammettere eccezioni al diritto al rispetto della vita privata, consentendo delle <<ingerenze>> previste espressamente dalla legge solo quando queste siano necessarie <<alla sicurezza sociale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione della commissione di reati>>. L’ adozione del monitoraggio elettronico mira espressamente a garantire una maggiore sicurezza pubblica e a rassicurare la collettività e consentire al contempo di utilizzare per altri incarichi il personale di polizia fino ad ora impegnato nel controllo delle persone ammesse agli

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arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare185. Le finalità che si vogliono perseguire rientrano pertanto tra quelle espressamente indicate dal secondo comma dell’art. 8 Cedu. A tutela della sfera privata e quindi anche della riservatezza l’art.4 del decreto attuativo consente l’utilizzo dei dati raccolti dal sistema informatico deputato al controllo unicamente per le finalità indicate nel capo VII del d.l.n.341 del 2000 e prevede la conservazione dei dati utili ai fini del controllo. Sempre a tutela della privacy il Garante per la protezione dei dati personali sottolineava la necessità di “individuare con precisione… la

base normativa del provvedimento di adozione del ‘braccialetto’, anche per la fase sperimentale”, trattandosi di “nuova misura incidente sulla libertà personale”, ed altresì di “una compiuta disciplina delle modalità di raccolta e di utilizzazione dei dati secondo i criteri generali indicati dall’art. 9 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, anche per quanto riguarda le finalità e la durata della conservazione”,

non ritenendo – a tal fine – sufficiente il consenso dell’interessato. Raccomandava, inoltre, di valutare anche la “disciplina sulla sicurezza

dei dati (art. 15 della legge sopra citata ed il d.P.R. n. 315/1999) e l’applicabilità dell’art. 17,1 comma della legge sopra citata, dove si stabilisce che <nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo che implichi una valutazione del comportamento umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato

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di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato>”186

.

Volendo dare uno sguardo all’estero anche in Germania si nutrivano preoccupazioni riguardo alla tutela della dignità della persona187.

2.La problematica del consenso

L’art.275-bis c.p.p. fa espresso riferimento al requisito del consenso del soggetto interessato per l’applicazione del braccialetto elettronico e disciplina le modalità con cui tale manifestazione di volontà deve essere effettuata, prevedendo, al comma secondo, che l’accettazione o la negazione del consenso avvenga <<con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura>> e che quest’ultimo trasmetta tale dichiarazione <<al giudice che ha emesso l’ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall’art. 293, comma 1>> c.p.p. Peraltro l’art.275-bis prevede anche che in caso di mancato consenso il giudice prevede alla misura della custodia cautelare in carcere.

186

V. F. Gianfrotta, Il braccialetto elettronico, cit., pag.67.

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Innanzitutto si pone un dubbio sulla <<volontarietà>> del consenso, dato che la mancata accondiscendenza al controllo elettronico produce l’applicazione di una misura cautelare assai più afflittiva188

. Tuttavia non sembra possibile censurare l’opzione compiuta dal legislatore, dal momento che una diversa soluzione avrebbe implicato o il ricorso a mezzi necessariamente <<occulti>>, ossia usati all’insaputa del soggetto da controllare; il che oltre che ad essere ipotesi difficilmente realizzabile nella prassi, appare anche scarsamente compatibile con la necessità che la persona assoggettata a misura cautelare non sia esposta a trattamenti inumani o degradanti, o avrebbe reso la sperimentazione del braccialetto elettronico meramente simbolica. Infatti in questo caso il tentativo di sperimentarlo rispetto a situazioni in cui gli arresti domiciliari debbano essere comunque applicati avrebbe, al più, consentito di ipotizzare un possibile consenso solo in fattispecie motivate, magari, dal disvalore che potrebbe ritenersi insito nella <<visibilità>> del controllo effettuato personalmente dagli organi di polizia giudiziaria189. Data la rilevanza dell’espressione del consenso si spiega perché il legislatore abbia previsto la sua prestazione per <<atto formale>>, anche se alle volte la disciplina potrebbe sembrare <<eccessiva>>. Ad esempio nel richiedere che la dichiarazione di consenso venga trasmessa al giudice ed al pubblico ministero <<insieme con il verbale previsto dall’art.293, comma 1>> c.p.p.; in

188

V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit., pag.65.

189 V. D. Carcano- D. Manzione , Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

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questo caso sembra darsi per scontato che si tratti di due atti distinti, il che sembra scarsamente plausibile. Ciò che andrà trasmesso al giudice ed al pubblico ministero non è la <<dichiarazione espressa>>, ma il <<verbale >> che la contenga190. Inoltre che il consenso intervenga nella sequenza che il legislatore prevede, ossia successivamente all’emissione del provvedimento, spiega perché le forme del provvedimento in questione debbano avere natura complessa191 : il giudice che si convinca dell’idoneità della misura degli arresti domiciliari a scongiurare i pericula libertatis presenti nel caso concreto, è tenuto ad emettere un’ordinanza avente un duplice contenuto. Questo è costituito dall’applicazione della misura attenuata in alternativa di quella carceraria, entrambe condizionate al consenso o al diniego, che determinano la realizzazione <<per progressione>> della fattispecie dando luogo alla realizzazione a una delle due ipotesi previste e lasciando non perfezionata e quindi indifferente la restante192. Per quanto riguarda infine l’ipotesi del <<dissenso>> sembra193 che per esso sia previsto oltre che la dichiarazione formale anche una dichiarazione per fatti concludenti. Il comma 3 dell’art.275-bis c.p.p. prevede che il soggetto che abbia accettato l’applicazione dei mezzi o degli strumenti idonei ad assicurare il controllo a distanza <<è

190 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

pag.67.

191 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

pag.67.

192 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

pag.67.

193 V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit.,

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tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli. Da questo si può desumere che le infrazioni registrabili a tale proposito non possono che rappresentare una revoca implicita all’assenso precedentemente fornito194

.

Rispetto al requisito del consenso merita fare qualche considerazione in merito a quelle ipotesi in cui la misura venga applicata per uno dei reati elencati all’art. 282-bis, comma 6, c.p.p.. La nuova normativa del 2013 ha previsto che la sua esecuzione possa avvenire anche con le modalità previste dall’art. 275-bis c.p.p. cioè con “mezzi elettronici o altri strumenti tecnici”. Il rinvio all’art. 275-bis c.p.p. è operato alle modalità di controllo previste da questo articolo e si tratta di una, apparentemente, ambigua formulazione nella parte in cui non si esclude, in modo palese, che si possa prescindere dal consenso del soggetto cautelato195. Consenso che come abbiamo visto costituisce un requisito fondamentale per l’applicazione della misura. Un’interpretazione sistematica delle disposizioni in esame, che tenga conto delle caratteristiche specifiche della misura cautelare di cui all’art. 282-bis c.p.p., del tutto incompatibile con il consenso del soggetto cui la misura viene applicata in quanto poste a presidio delle esigenze di sicurezza e tutela della vittima che assumono carattere preminente, sembra condurre ad affermare che, nel caso in esame, il

194

V. D. Carcano- D. Manzione, Custodia cautelare e braccialetto elettronico, cit., pag.69.

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consenso dell’indagato non è previsto196

. Se fosse possibile affidarsi esclusivamente alla buona volontà del soggetto sottoposto di sottostare alla misura del divieto di avvicinamento, non avrebbe alcun senso aggravare detta misura cautelare con l’applicazione dello strumento di controllo a distanza di cui all’art. 275-bis c.p.p.: la previsione delle modalità di controllo remoto costituiscono, nel caso di specie, l’estremo baluardo a difesa della persona offesa di fronte a violazioni della misura cautelare che potrebbero porre a rischio l’incolumità fisica della vittima, senza dover ricorrere a misure coercitive di maggiore impatto197. In questa particolare ipotesi si parla infatti di sorveglianza bilaterale. Anche il dato lessicale, se correttamente inteso, sembra avallare l’interpretazione proposta; il legislatore non ha operato il richiamo alle disposizioni contenute nell’art. 275-bis c.p.p., ma unicamente alle modalità di controllo in esso previste, con ciò operando la precisa scelta di consentire al giudice di applicare le modalità di controllo a distanza ai soggetti sottoposti alla misura di cui all’art. 282-bis c.p.p., indipendentemente dalle altre condizioni previste dall’art. 275-bis c.p.p.198.

Lo stesso Consiglio d’Europa si è occupato della tutela dei dati personali nella raccomandazione CM/REC(2014)4 disponendo che i dati raccolti nel corso dell’uso della sorveglianza elettronica debbano essere soggetti a specifiche regole basate sui relativi standard

196 V. S. Aprile, Il sistema del controllo elettronico, cit., pag.51. 197

V. S. Aprile, Il sistema del controllo elettronico, cit., pag. 51.

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internazionali riguardanti la conservazione, l’uso e la condivisione. Necessario è anche porre particolare attenzione a disciplinare rigorosamente l’uso e la condivisione di tali dati nell’ambito delle indagini penali e dei procedimenti penali. Si deve quindi porre in essere un efficace sistema di sanzioni in caso di cattivo uso o cattiva gestione di tali dati. Infine le agenzie private che forniscono il materiale per la sorveglianza elettronica o che sono responsabili del controllo dei soggetti sottoposti a sorveglianza elettronica devono sottostare alle medesime regole e normative per la gestione dei dati in loro possesso199.

4. Le indicazioni provenienti dal Consiglio d’Europa

Le differenze nei sistemi penali dei vari Paesi sono molte, anche se inevitabilmente le esperienze positive di quelli che sono stati “i padri” nell’ambito della sperimentazione e dell’utilizzo della sorveglianza elettronica, ossia Stati Uniti ed Inghilterra, hanno influenzato le esperienze degli altri Stati. Esistono degli organismi sia a livello internazionale che europeo, che cercano di indicare delle linee comuni da seguire e una forma di comparazione tra i vari sistemi. Se ne è

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occupato e continua a farlo il Consiglio d’Europa, un’organizzazione internazionale fondata il 5 maggio del 1949 con il Trattato di Londra, il cui scopo è di promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzione ai problemi sociali in Europa. La Raccomandazione R(2014)4 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si occupava nuovamente del tema della

Probation, dopo una complessa elaborazione condotta essenzialmente

nella sede del Conseil de coopération pénologique (PC-CP), il suo organismo competente in materia penitenziaria, operante sotto la supervisione e il coordinamento del Comitato europeo dei problemi criminali (CDPC). Il tema risultava già da tempo sull’agenda del PC-CP, si trovava già nella Raccomandazione sul Prison overcrowding

and prison population inflation del 1999200, nella quale la sorveglianza elettronica rientrava fra le misure considerate auspicabili in alternativa alle sanzioni di natura detentiva. La successiva Raccomandazione del 2000201 sul miglioramento dell’attuazione delle Regole Europee in materia di sanzioni e misure applicate in area penale esterna, considerava la sorveglianza elettronica come possibile strumento di esecuzione di sanzioni e misure restrittive della libertà diverse dalla detenzione, da applicarsi nel rispetto delle precedenti regole europee in materia202 . Si faceva soprattutto riferimento alla

200

Raccomandazione del Comitato dei Ministri Rec (99) 22. 201

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necessità di eseguire tale misura di controllo nel rispetto della riservatezza e dignità dell’autore del reato e della sua famiglia e che le modalità di esecuzione della misura avrebbero dovuto tendere ad uno sviluppo personale e sociale del soggetto rilevante ai fini del reinserimento. La Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulle

Probation Rules 203 precisava la natura complementare della sorveglianza elettronica nel contesto dell’esecuzione penale esterna, dovendosi accompagnare con interventi volti a facilitare la reintegrazione del condannato e ridurre la recidiva. Inoltre poneva l’attenzione anche sulla necessità di limitare allo stretto indispensabile l’invasività della misura, in relazione alla gravità del crimine commesso. La sedicesima Conferenza dei Direttori delle Amministrazioni penitenziarie degli Stati membri del Consiglio d’Europa (CDAP), tenutasi a Strasburgo nell’ottobre 2011, nelle sue conclusioni prendeva atto dell’uso crescente della sorveglianza elettronica e richiedeva di fornire sostegno agli Stati membri nello sviluppo di standards etici e nell’introduzione di adeguate procedure per l’applicazione di questa misura. Dopo la finalizzazione del progetto da parte del PC-CP e la successiva discussione davanti al CDPC nella sua sessione del dicembre del 2013, è stata definitivamente adottata la Raccomandazione (2014)4 da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Quest’ultima fissa degli

202

Raccomandazione del Comitato dei Ministri Rec (92) 16. 203

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standards minimi al fine di assicurare un controllo efficace e al

contempo rispettoso dei diritti umani e i principi fondamentali da seguire in tale ambito. Tra questi si segnalano: la necessità di una disciplina organica, chiara e trasparente riguardo le tipologie; la durata e le modalità di esecuzione delle misure di controllo elettronico; la necessaria natura giurisdizionale della decisione che predispone la misura o perlomeno la possibilità di ricorrere ad adeguati rimedi giurisdizionali; il divieto di discriminazione; la proporzionalità della misura; la limitazione dell’invasività al minimo necessario; la trasparenza e pubblicità delle procedure in caso di coinvolgimento del settore privato; la tutela del diritto alla riservatezza204. Un apposito paragrafo è dedicato alle questioni etiche dove si dispone che si deve tenere conto dell’età, della eventuale disabilità o di altre condizioni specifiche o circostanze personali di ogni imputato o condannato quando si decide se e con quali modalità si può imporre una sorveglianza elettronica. Inoltre che in nessun caso l’attrezzatura per la sorveglianza elettronica può essere usata per provocare un danno intenzionale fisico o mentale o una sofferenza ad un imputato o ad un condannato.

Dispone anche che le regole che disciplinano l’uso della sorveglianza elettronica debbano essere periodicamente rivedute per tenere conto degli sviluppi tecnologici nel settore, in maniera tale da evitare un

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livello di intrusione eccessivo nella vita privata o familiare dei sospettati, dei condannati e delle altre persone coinvolte.

Altra questione molto importante riguarda il personale, che di fatto costituisce l’intermediario tra il sorvegliato e l’autorità giudiziaria. La raccomandazione dispone che il personale deve essere formato per comunicare con sensibilità con gli imputati o i condannati e per informarli, in un modo ed in una lingua che comprendono, circa l’uso della tecnologia, l’impatto di questa sulla loro vita privata e familiare e sulle conseguenze del cattivo uso di esse. Deve essere formato per trattare con le vittime, nel caso si utilizzino schemi di sostegno alla vittima nell’ambito della sorveglianza elettronica, nel caso del nostro ordinamento vi rientrerebbero le ipotesi ex art.282-bis comma 6 c.p.p. Il personale deve inoltre essere regolarmente aggiornato e formato in merito alla manipolazione, l’uso e l’impatto dell’attrezzatura sulle persone coinvolto. Deve essere formato per installare e disinstallare l’apparecchio tecnologico e per fornire assistenza e supporto tecnico al fine di ottenere un funzionamento efficace ed accurato dell’attrezzatura.

Un aspetto particolarmente interessante che la raccomandazione si occupa di disciplinare è la sfera dell’opinione pubblica. Infatti dispone che questa deve essere informata in merito agli aspetti etici e tecnologici dell’uso della sorveglianza elettronica, dell’efficacia di essa, dei suoi scopi e del suo valore come strumento per la restrizione della libertà degli imputati o dei condannati. Si sottolinea che ci deve

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essere sensibilizzazione riguardo al fatto che la sorveglianza elettronica non può sostituire da sola l’intervento ed il supporto umano del professionista per questi soggetti. Inoltre prevede una sorta di aggiornamento che gli Stati devono curarsi di avere, suggerendo di condurre ricerche, valutazioni e controlli indipendenti per aiutare le autorità nazionali ad adottare decisioni basate su informazioni aggiornate e complete riguardo agli aspetti etici e professionali dell’uso della sorveglianza elettronica nell’ambito della procedura penale. Le raccomandazioni del Consiglio d’Europa sono strumenti di

soft law, quindi non immediatamente vincolanti, incoraggiano gli Stati

membri a disporre livelli di maggiore tutela, oltre a indicare gli

standars minimi in esse indicati. Questa raccomandazione inoltre

abbracciava la definizione più ampia di sorveglianza elettronica, ricomprendendovi tanto l’ambito delle misure di controllo pre-sentenziale quanto l’utilizzo di tali strumenti quale modalità alternativa di esecuzione di una misura custodiale.Tutta questa attenzione nei confronti della sorveglianza elettronica era dovuta al problema del sovraffollamento carcerario, problematica in crescita e sempre più preoccupante, tanto da rischiare di andare a ledere i diritti umani. Ecco quindi che si spiega l’intervento del Consiglio d’Europa. Tale problematica è talmente importante da aver trovato uno spazio permanente all’interno delle annuali Conferenze dei Direttori delle Amministrazioni penitenziarie e dei servizi di probation (CDAP). In

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occasione della sua diciassettesima Conferenza, tenutasi a Roma nel novembre del 2012, è stato istituito un foro di dialogo con le autorità giudiziarie, giudici e pubblici ministeri competenti in materia penitenziaria. Inoltre poiché l’esecuzione di misure di sorveglianza elettronica reca con sé la conoscenza di elevate tecnologie è applicabile in materia l’ European Code of Ethics for Prison Staff 205

per tutti gli operatori coinvolti. C’è inoltre la necessità di

un’appropriata formazione e di un costante aggiornamento del personale operante nell’esecuzione della sorveglianza elettronica. Uno specifico interesse per gli strumenti della sorveglianza elettronica lo mostrò la CEP , l’Organizzazione europea per la Probation, fondata nel 1981. Quest’ultima sollecitò gli organismi comunitari europei sulle misure alternative alla detenzione dedicando, con cadenza biennale206, una Conferenza europea proprio su questo tema. In Italia sono membri della CEP il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia e l’Università della Calabria.

205

Raccomandazione del Comitato dei Ministri Rec (2012) 5. 206

V. S. Aprile, Il sistema per il controllo elettronico delle persone, pag.61, in Rassegna penitenziaria e criminologica n.2 del 2013.

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