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Capitolo III: Regolatore serie: metodo di controllo della generazione della potenza elettrica nei sistemi automotive

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Academic year: 2021

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Capitolo III: Regolatore serie: metodo di controllo

della generazione della potenza elettrica nei

sistemi automotive

In questo capitolo verrà affrontato uno studio relativo alla progettazione, alla realizzazione e al test di un regolatore serie di tensione AC per generatori a magneti permanenti, basato sul brevetto internazionale WO/2009/004466 depositato a nome del prof Paolo Emilio Bagnoli, del dott. Emilio Franchi e dello scrivente. Dopo una introduzione sull'argomento trattato e una spiegazione dei principi di funzionamento del sistema, verranno descritte le fasi di dimensionamento e implementazione di due prototipi, identici nella parte di potenza ma distinti per quanto riguarda la tecnologia impiegata per il controllo. Il primo infatti utilizza componenti elettronici analogici discreti ed integrati, il secondo basa il proprio funzionamento su un microcontrollore digitale. Per entrambe le soluzioni saranno mostrati i risultati delle simulazioni preliminari e delle misure sperimentali effettuate.

III.1

Introduzione generale all'argomento affrontato

III.1.1 Principi di funzionamento dei generatori a magneti permanenti

Il principio di funzionamento di un generatore a magneti permanenti può essere illustrato in riferimento alla struttura di Figura III.1 [36,37]. Nell’immagine riportata è possibile riconoscere due parti fondamentali che costituiscono il generatore: un rotore a magneti permanenti interno, collegato ad un albero rotativo, e uno statore esterno caratterizzato da avvolgimenti opportunamente connessi tra loro. Il rotore è costituito dall’alternarsi di poli magnetici positivi e negativi che

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creano un campo magnetico permanente; nel momento in cui viene impressa una rotazione all’albero, il campo magnetico suddetto ruota con la stessa velocità angolare. In tal modo gli avvolgimenti dello statore sono attraversati da un flusso di campo magnetico variabile, in quanto durante la rotazione il segno del campo magnetico varia con continuità, passando da valori positivi a negativi in funzione della polarità del polo che istantaneamente si trova a concatenare il proprio campo con il suddetto avvolgimento, inducendo una corrente nello statore (ipotizzato connesso ad un carico). Gli avvolgimenti, in numero uguale al numero dei poli, sono connessi in serie, ed hanno un senso tale da permettere la somma delle correnti indotte sui singoli avvolgimenti. Se all’uscita di statore non viene connesso alcun carico si misurerà una f.e.m. indotta, il cui valore dipende in modo direttamente proporzionale al numero di poli, o più precisamente dal numero di coppie polari, costituenti il rotore. La forma d’onda, tendenzialmente sinusoidale, dipende dalla struttura realizzativa delle espansioni polari, che i costruttori tendono a sagomare opportunamente per ottenere un andamento della tensione di uscita quanto più vicino ad una sinusoide ideale. Poiché il campo magnetico è generato da magneti permanenti e non da un sistema di induzione ad eccitazione, esso è fisso, e la f.e.m. indotta dipenderà soltanto dal flusso concatenato al circuito di statore; poiché, ancora, la f.e.m. indotta è linearmente dipendente, per la legge di Faraday, dalla derivata del flusso concatenato al circuito di statore, e questi ha andamento

Figura III.1: struttura schematica di un generatore a magneti permanenti.

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sinusoidale, si otterrà un’ampiezza massima della tensione indotta ai capi dell’avvolgimento di statore che aumenta in modo lineare all’aumentare della velocità di rotazione dell’albero stesso.

Data una frequenza di rotazione espressa in giri/minuto e pari ad n, e un generatore con p coppie polari del complesso meccanico di rotore, la frequenza della sinusoide di uscita è determinata dalla seguente espressione:

f=

p⋅n

60

(III.1)

In Figura III.2 è riportato un esempio di struttura dell’alternatore monofase di un ciclomotore, in cui è rappresentato il cosiddetto esploso (rappresentazione delle parti costituenti il motore, separate tra loro e unite da linee che ne denotano il montaggio) della sezione di alloggiamento del generatore di un motore a due tempi.

Figura III.2: dettaglio della parte elettrica di un motore a due tempi, analoga a quella di generico veicolo a due ruote.

L’albero motore a cui il sistema pistone-biella trasferisce il movimento meccanico, è collegato al rotore a magneti permanenti, tipicamente a 6÷18 coppie polari. Dalle considerazioni fatte sull’andamento della tensione di uscita dell’avvolgimento di statore, e in considerazione del fatto che i carichi pilotati (lampade, frecce, quadro, ecc….) funzionano a tensione efficace costante, risulta evidente la necessità di effettuare una regolazione di tensione per non rischiare di danneggiarli all'aumentare della velocità di rotazione dell'albero.

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Lo stato dell’arte in molte applicazioni automotive, tipico ambito di interesse di un sistema di regolazione di questo genere, consiste in una parzializzazione della tensione generata mediante cortocircuito dell’uscita del generatore stesso verso il riferimento di tensione del sistema (regolazione di tipo “shunt”), secondo uno schema di principio che è riportato nella Figura III.3 [38].

Figura III.3: schema di principio di un sistema di regolazione parallelo della tensione su un carico automotive.

In pratica è presente un interruttore in parallelo al carico che, durante le due semionde (positiva e negativa) della tensione di uscita del generatore, cortocircuita verso massa per opportuni intervalli di tempo il terminale connesso al carico, contrassegnato in figura con l’etichetta “Vmo”. Il sistema di controllo provvederà a misurare la tensione sul carico stesso, o in valore efficace o talvolta in valore di picco (se possibile, semplifica il circuito di controllo) e a ricavare informazioni di sincronia con la tensione o corrente fornita dal generatore del motore, e da qui genererà gli impulsi di pilotaggio per la chiusura degli interruttori (tipicamente SCR).

La tecnica esposta risulta evidentemente invasiva verso il motore, sia dal punto di vista elettrico che meccanico, in quanto crea per un certa fase del periodo di rotazione una condizione di sovraccarico per l’avvolgimento del motore; dal punto di vista meccanico si avrà una perdita di potenza utile causata da una coppia resistente elettromagnetica generata dalla corrente di cortocircuito, e dal punto di vista elettrico delle forti correnti di cortocircuito sull'interruttore e sul generatore. Da qui la necessità di sovradimensionare gli interruttori elettronici ed i dissipatori del calore prodotto per effetto Joule, e tutto questo al fine di non fornire nessuna potenza all’utilizzatore, cosa chiaramente tutt’altro che efficiente. Nelle applicazioni automobilistiche, in particolare, i vantaggi offerti dai sistemi elettronici di gestione e controllo si pagano in termini di requisiti molto stringenti

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per i dispositivi, sia per quanto riguarda l’affidabilità meccanica (resistenza alle vibrazioni, ecc…), sia per le problematiche relative alla dissipazione del calore. Non è raro infatti che questi si trovino ad operare in vicinanza del motore o altre parti che raggiungono temperature molto elevate, anche superiori ai 150°C. In considerazione del fatto che gli effetti di un elevata temperatura costituiscono la principale causa di guasto nei circuiti elettronici, avere un sistema più efficiente può senz’altro produrre dei benefici anche in questo senso.

III.1.2 Esempi di applicazioni

La principale applicazione per cui è pensato un regolatore di questo tipo, consiste nel pilotaggio di lampade e parti elettriche in generale, per automobili e ciclomotori. L’utilizzo del sistema in questione può comunque essere esteso a tutti quegli ambiti in cui vi sia necessità di regolare una grossa potenza fornita in corrente alternata, con alti valori di tensione, basse o medie frequenze in gioco (dalle decine di Hz fino a una decina di KHz), e in cui, a differenza di quanto accade per generatori con campo magnetico indotto, non sia possibile effettuare la regolazione agendo sulla corrente di eccitazione del campo di rotore, e si necessiti di una regolazione esterna al generatore stesso. Quindi non è da escludere un impiego del regolatore in ambito microeolico.

III.1.3 Prospetto dai vantaggi offerti dalla soluzione sviluppata nel

brevetto

Il sistema di regolazione AC/AC che ci prepariamo a presentare nel seguente capitolo rivendica caratteristiche di innovazione, in quanto rientra nella categoria dei regolatori serie in applicazioni di potenza differenziandosi totalmente dallo stato dell’arte dell’ambito di interesse, sia come architettura che come tecnica di controllo, versatilità e prestazioni. Pertanto gli inventori (Paolo Emilio Bagnoli, Emilio Franchi, Fabio Stefani) hanno deciso di procedere alla sua brevettazione in ambito nazionale [39] ed internazionale [40].

Il funzionamento del regolatore prevede infatti di limitare il trasferimento di potenza al carico mediante degli interruttori posti in serie al generatore e al carico, anziché in parallelo. Lo schema di principio a cui si può ridurre il tutto risulta molto semplice ed è rappresentato in Figura III.4, dove per S+ si intende la semionda positiva della tensione generata e per S- quella negativa. Il generatore reale è schematizzato tramite un generatore ideale di tensione in serie ad un’induttanza e ad una resistenza, rappresentative dell’impedenza interna di uscita

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del generatore reale, rispettivamente Lg ed Rg, ed associate agli avvolgimenti che compongono la struttura dello statore descritta precedentemente; Rload rappresenta il carico connesso in uscita al regolatore.

Figura III.4: schema di principio del regolatore serie.

Indicando con Vmoeff la tensione efficace presente sul carico, e con Vrms* la tensione efficace desiderata, e considerando di essere in situazione di regolazione attiva, in cui gli interruttori non sono sempre chiusi, si ha che per la semionda positiva, durante il tempo di conduzione è chiuso l’interruttore di sinistra e la corrente passa per il diodo di destra, mentre per la semionda negativa, è il diodo di sinistra a condurre e l’interruttore di destra ad essere chiuso. Ovviamente ciò che permette di parzializzare l’onda è il fatto che, ad interruttori aperti, non può circolare una corrente significativa; giocoforza il punto focale del sistema consisterà in un controllo dei tempi di apertura e di chiusura degli interruttori, non solo finalizzato a stabilizzare la tensione efficace sul carico, ma orientato ad una sincronizzazione ottimale degli istanti di apertura in modo da evitare disturbi impulsivi (spike) di tensione sugli avvolgimenti del motore, causati dalla repentina interruzione della corrente in un circuito induttivo, che potrebbero anche costituire una sorgente di disturbi elettromagnetici.

Tra i punti di forza vantati dalla presente architettura possiamo annoverare: • Minore dissipazione di potenza sugli interruttori;

• Maggiore efficienza nel trasferimento di potenza al carico;

• Risparmio di energia meccanica per assenza di azione freno-motore.

LG 1m RG 1

Rload 10 Interruttore per S+ Interruttore per

S-Diodo per S- -+ Vmo Diodo per S+ V + V efficace

(7)

III.2

Descrizione generale del sistema e cenni ai metodi

di controllo

III.2.1 Struttura generale del sistema generatore-interruttore

Prima di passare all’esposizione della struttura di controllo che compone il regolatore, è bene porre l’attenzione su alcuni aspetti caratteristici di un sistema composto da un generatore che fornisce una elevata potenza all’utilizzatore. Poniamo l’attenzione sul circuito in una delle due situazioni di interruttore chiuso, o quello di destra o quello di sinistra, visualizzata nella figura sottostante e derivata dall’architettura di principio esposta in precedenza (Figura III.4) [41].

Figura III.5: maglia equivalente del sistema nello stato di conduzione.

Quello che si osserva nella Figura III.5, dove si è approssimato il diodo che tra i due è nello stato di conduzione con un cortocircuito, è che tale circuito, dove la grandezza di ingresso è la tensione del generatore e quella di uscita la tensione sul carico, costituisce un filtro passa-basso con costante di tempo τ dipendente sia dai parametri caratteristici del generatore, sia dal carico connesso in uscita, verosimilmente variabile da una minimo di frazioni di Ω ad una massimo di decine di Ω o più e di valore τ= L/(Rg+Rload ). Nel momento in cui il circuito si trova a gestire potenze medio-alte, dell’ordine delle decine o centinaia di Watt, la costante di tempo del circuito è parimenti situata nella fascia medio-alta del suo raggio di variabilità, in quanto il carico è per contro di bassa entità; in tal caso la frequenza di taglio della maglia sarà bassa rispetto a quella che si ottiene quando il carico in uscita è grande, cioè quando c’è un basso trasferimento di potenza. Ciò significa che più i carichi connessi sono bassi, più il sistema tenderà a presentare in uscita

LG 1m RG 1

Rload 10 Interruttore per S+ Interruttore per

S -+ Vmo V + V efficace

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segnali filtrati passa-basso, cosa estremamente utile per il controllo delle emissioni EM, senza entrare per ora nel dettaglio di tali forme d’onda.

Detto questo, è bene porre l’attenzione su un altro fatto correlato al passaggio da uno stato all’altro del circuito; supponiamo di essere in una situazione di regolazione attiva (cioè Vmoeff > Vrms*). Poiché in questo caso sarà sempre necessario limitare il tempo di conduzione, non avverrà mai che i due interruttori siano entrambi chiusi, in quanto si presenterà sempre la necessità di intervalli di tempo in cui non arrivi potenza al carico. Si alterneranno quindi, in questa circostanza, tre situazioni salienti, una in cui l’interruttore di destra è chiuso e l’altro aperto e che chiameremo A, una in cui sono entrambi aperti, che chiameremo B, e infine la situazione duale alla prima, in cui conduce l’altro interruttore per la semionda S-, e che denomineremo situazione C. Il circuito funzionerà pertanto nella sequenza descritta dalla stringa A-B-C-B-A-B-C ecc.. In base a questo secondo aspetto, la situazione più semplice da pensare per la parzializzazione dell’onda, è quella descritta nell’immagine di Figura III.6, in cui durante la fase di conduzione gli interruttori entrano nella zona di funzionamento B (aperti) e l’uscita, ovvero la tensione sul carico, va repentinamente a zero.

Figura III.6: esempio di parzializzazione di una forma d’onda sinusoidale.

In riferimento a questo esempio, data la non linearità degli interruttori, è chiaro che i punti critici per la generazione di spike di tensione e più in generale comportamenti spurî ed effetti parassiti, sono costituiti dal passaggio A-B e C-B,

T Vload Time (s) 0.00 750.00u 1.50m 2.25m 3.00m O ut pu t [V ] -10.00 -5.00 0.00 5.00 10.00 Vload

(9)

ovvero dal momento in cui gli interruttori diventano entrambi contemporaneamente aperti, in quanto il comportamento inerziale in corrente degli avvolgimenti del motore, comporterà delle sovratensioni proporzionali alla velocità di variazione della corrente nell’intervallo di apertura. Gli istanti di apertura in Figura III.6 sono quelli in corrispondenza dei quali gli archi tornano a zero. Risulta pertanto scontato che il miglior modo per ottenere la regolazione non è quello di Figura III.6, ma quello illustrato di seguito (Figura III.7), in cui gli istanti di apertura vengono sincronizzati con gli istanti in cui la corrente e la tensione del generatore assumono valore nullo (ipotesi di carico resistivo), in modo da annullare o comunque ridurre notevolmente gli spike di tensione prodotti.

Figura III.7: parzializzazione ottimale della forma d’onda sinusoidale.

Si può osservare che la parzializzazione dell’onda nella figura precedente (che ha natura puramente qualitativa e non simulativa), presenta un’attenuazione quasi nulla in ampiezza; ciò che diminuisce è soltanto l’angolo di trasferimento della potenza al carico, con una pendenza molto ripida della tensione di uscita in concomitanza con la chiusura degli interruttori, corrispondente ad alte componenti frequenziali; tale situazione, pertanto, potrebbe far riferimento ad un carico molto elevato, che non introduce una partizione della tensione con la resistenza interna del generatore e determina una costante di tempo della maglia molto piccola. Il circuito equivalente della maglia in situazione di conduzione, rappresentato nella Figura III.5, come già accennato ha un comportamento di tipo passa-basso. I valori

T Vload Time (s) 0.00 750.00u 1.50m 2.25m 3.00m O ut pu t [V ] -10.00 -5.00 0.00 5.00 10.00 Vload

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tipici dell’induttanza interna del generatore sono dell’ordine del mH, a seconda delle dimensioni degli avvolgimenti, a sua volta dipendenti dal tipo di generatore e dalla sua potenza massima, mentre la resistenza interna dell’avvolgimento stesso è dell’ordine delle centinaia di mΩ o degli Ω, motivo per cui, ricordando il range di variabilità di un carico automotive per cui è stata pensata l’applicazione (ovvero da valori di centinaia di mΩ a decine di Ω), è facile avere partizioni significative tra impedenza interna del generatore e carico in uscita; sarà presente inoltre una forte azione filtrante, dati gli alti valori delle costanti di tempo che ci possiamo aspettare per quei valori di induttanza, resistenza interna e carico di bassa entità. Detto questo, una forma d’onda più verosimile avrà sia ampiezza ridotta che andamento molto dolce, data l’attenuazione delle frequenze superiori alla fondamentale. Una tale situazione è raffigurata in modo ancora qualitativo in Figura III.8; si parla di andamento qualitativo in quanto la tensione di uscita del generatore (ovvero a valle della sua impedenza interna) è rappresentata come una sinusoide ideale, coincidente con la tensione Vgen del generatore ideale a monte dell'impedenza interna.

Figura III.8: andamento realistico della tensione sul carico Vload.

Ciò è vero soltanto in condizione di circuito aperto o carico molto maggiore dell’impedenza del generatore, mentre così non può essere dato che il carico visto dal generatore stesso, è costituito sia dal carico vero e proprio che dagli interruttori serie; il carico complessivo quindi, passerà da un valore elevatissimo (interruttori

T Vload Vgen Time (s) 0.00 1.00m 2.00m 3.00m O ut pu t -50.00 -25.00 0.00 25.00 50.00 Vgen Vload

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aperti, in cui l’andamento è sinusoidale) ad un valore pari a quello dell’utilizzatore (interruttori chiusi, in cui l’andamento della Vmo è uguale alla tensione sull’utilizzatore).

La forma d’onda sinusoidale di Figura III.8, pertanto, costituisce una rappresentazione semplificata della vera Vmo e viene qui utilizzata per una descrizione di massima del sistema, svolgendo il ruolo di riferimento temporale. Verrà data enfasi al comportamento reale della tensione Vmo nei capitoli dedicati alle misure sul circuito di prova.

III.2.2 Panoramica del sistema di controllo con cenni alla teoria dei

controllori P.I.D.

Date le caratteristiche di un tipico generatore a magneti permanenti associato ad un motore endotermico, è chiaro che il sistema descritto precedentemente necessita di una parte di controllo capace di mantenere costante la tensione efficace sul carico al variare dell'ampiezza della sinusoide generata, e di mantenere la sincronia tra istanti di apertura e attraversamento per lo zero della tensione, al variare della frequenza, oltre che, ovviamente, al variare del carico. Il tipo di controllo scelto è di tipo classico ad anello chiuso e reazione negativa, il cui schema a blocchi semplificato è raffigurato nella Figura III.9 [42,43].

Figura III.9: schema a blocchi semplificato con controllo ad anello chiuso del regolatore di tensione. Controllore Attuatore Trasduttore

Valore

di

consegna

Segnale di eccitazione

Uscita

Variabile

di

stato

Vmo(f)

+

(12)

-Il valore di consegna rappresenta la quantità che la variabile di stato deve eguagliare, e la variabile di stato è, in questo caso, il valore RMS (Root Mean Square) della tensione sul carico, pertanto il valore di consegna sarà una tensione continua di riferimento. L’attuatore nel caso in questione rappresenta invece il sistema regolatore, comprensivo di interruttori ed elettronica di contorno, che si trova a gestire la tensione fornita dal generatore Vmo(f), mentre il trasduttore dovrà fornire informazioni sul valore RMS dell’uscita, e sarà quindi un convertitore RMS-to-DC. Il controllore è chiamato ad elaborare l’errore sulla variabile di stato e a fornire un cosiddetto segnale di eccitazione per l’attuatore. Per quanto riguarda la sua scelta, ci siamo orientati verso un controllore di tipo PID, ovvero ad azione Proporzionale, Integrale, Derivativa, tanto per la soluzione analogica che per quella digitale, per le ragioni seguenti[44,45]:

• prima di tutto l'impiego di controllori PID consente di controllare in modo soddisfacente un’ampia gamma di processi;

• in secondo luogo, negli anni sono state sviluppate e largamente utilizzate semplici regole per la loro taratura automatica, applicabili con buoni risultati anche nel caso in cui non sia disponibile un modello matematico preciso del sistema sotto controllo;

• inoltre, per la loro semplicità, i PID possono essere realizzati con le tecnologie più varie: meccaniche, pneumatiche, idrauliche, elettroniche analogiche e digitali. Questo implica una grande disponibilità commerciale, che permette la realizzazione, anche con costi contenuti, di schemi di controllo complessi.

Per descrivere il comportamento di un generico sistema controllato da PID ci riferiremo allo schema di Figura III.10: l’uscita del processo y viene confrontata con un valore di consegna r, l’errore e derivante da questo confronto viene inviato al controllore che, dopo le opportune elaborazioni, modifica la propria uscita u per portare il processo al livello desiderato.

Tradizionalmente la struttura dei PID viene introdotta in base a considerazioni empiriche secondo le quali è opportuno che la variabile di controllo u sia generata come la somma di tre contributi. L’andamento nel tempo della variabile di controllo u(t) è:

u  t=K

P

{

e  t

1

T

I

0 t

e d T

D

de t

dt

}

(III.2)

(13)

riferimento, e = r-y e’ il segnale di errore. Il regolatore PID è caratterizzato dalla costante KP, detta coefficiente dell’azione proporzionale, e da TD e TI che sono

rispettivamente la costante di tempo dell’azione derivativa e la costante di tempo dell’azione integrale (o tempo di reset), misurate in secondi.

Figura III.10: generico sistema di controllo ad anello chiuso utilizzato per l'esemplificazione di un sistema di

controllo PID.

Il primo termine della III.2 è la parte proporzionale, così detta perché il suo effetto è proporzionale all’errore e tra il segnale di riferimento r e la variabile controllata y. Il secondo è la parte integrativa perché produce in uscita una correzione che rappresenta l’integrale dell’errore nel tempo, ed è richiesto per imporre che l’errore si annulli asintoticamente a fronte di segnali di riferimento o disturbi costanti. Infine abbiamo la parte derivativa, così detta perché fornisce un contributo alla correzione che è funzione della

derivata prima di e, ed ha lo scopo di tentare di “anticipare” l’andamento dell’errore negli istanti futuri e di limitare le sovraelongazioni causate dalla componente integrativa.

Nelle figure seguenti vengono mostrati gli effetti di ogni singola componente del regolatore in un sistema ad anello chiuso. La figura Figura III.11 mostra l’effetto che si ha sull’uscita di un sistema sollecitato con un gradino di ampiezza unitaria al variare dell’entità della fattore di controllo proporzionale: il sistema

Figura III.11: risposta al gradino unitario di un sistema controllato con un PID puramente

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non arriva mai al valore di regime (indicato dalla linea tratteggiata), anche se all’aumentare di KP si avvicina sempre più ad esso; si nota inoltre come di pari

passo all’incremento del controllo proporzionale cresca l’ampiezza delle sovraelongazioni.

In Figura III.12 è invece rappresentato l’andamento dell’uscita dello stesso sistema sottoposto ad una regolazione di tipo proporzionale ed integrativo: si vede subito come il processo riesca a raggiungere il valore di regime per qualsiasi valore finito della costante di tempo integrativa. Dalla equazione III.2 è evidente come il contributo della parte integrativa del regolatore sia inversamente proporzionale a TI,

per cui una piccola costante di tempo dell’azione integrale comporta un grosso contributo di questa componente nella regolazione: il sistema si avvicina sempre più velocemente al valore desiderato, ma aumentano anche le sovraelongazioni. Nella Figura III.13 è invece possibile confrontare l’uscita del sistema sottoposto all’azione proporzionale e derivativa con quella dello stesso sistema controllato solo dalla componente proporzionale, ovvero con un valore nullo di TD : il processo

non arriva comunque al valore di regime, ma con l'aggiunta di una opportuna componente derivativa vengono annullati completamente le sovra-elongazioni.

In Tabella III.2 riportiamo un quadro riassuntivo degli effetti causati dalle tre componenti KP, TI e TD sull'uscita del sistema.

Figura III.12: risposta al gradino unitario di un sistema controllato con un PID

proporzionale-integrativo per vari valori del parametro Ti.

Figura III.13: risposta al gradino unitario di un sistema controllato con un PID

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Componente Tempo di salita elongazioniSovra- Transitorio Errore a regime Proporzionale (Kp) Diminuisce Aumentano Non influisce Diminuisce Integrativa (1/Ti) Diminuisce Aumentano Aumenta Eliminato Derivativa (Td) Non influisce Diminuiscono Diminuisce Non influisce Tabella III.1: quadro sinottico degli effetti, sull’uscita del processo, delle componenti del

regolatore, all’aumentare del contributo di ogni singolo fattore.

Nel dominio di Laplace, l’espressione del regolatore PID analogico ideale diventa:

U s=K

P

1

1

T

I

s

sT

D

Es 

(III.3)

Tale funzione, a causa della presenza del termine derivativo, ha un numero di poli minore di quello degli zeri: è impropria e non è fisicamente realizzabile. Il termine derivativo, tra l’altro, causa un’amplificazione dei rumori di misura; la sua azione è necessaria fino ad una certa frequenza, oltre la quale è conveniente che vi sia attenuazione per filtrare il rumore fuori dalla banda di regolazione. Per queste ragioni, il termine derivativo è usualmente implementato come

K

P

s⋅T

D

K

P

s T

D

1

s⋅TD

N

(II.4)

con valori tipici di N da 5 a 20 per posizionare il polo all’esterno della banda di regolazione. L’approssimazione II.4 può essere interpretata come il termine derivativo ideale sTD filtrato da un sistema del primo ordine con costante di tempo

TD/N. In pratica, tale approssimazione si comporta come una derivata per segnali a

bassa frequenza. Il guadagno ad alta frequenza risulta essere limitato al valore KPN.

La struttura del regolatore PID reale è quindi data da:

U s=K

P

1

1

T

I

s

K

P

s T

D

1

s T

D

N

⋅Es

(II.5)

(16)

Una simile funzione di trasferimento può essere facilmente implementata sia in elettronica analogica, per mezzo di amplificatori operazionali reazionati, sia in elettronica digitale, dopo un opportuno procedimento di discretizzazione. Per quanto riguarda il tuning dei parametri, consistente nella scelta di opportuni coefficienti KP, TI, TD ed N, esistono diversi metodi ben collaudati, fra i quali

citiamo il metodo della risposta a gradino (detto di Cohen-Coon) e il metodo della risposta in frequenza (detto di Ziegler e Nichols). Tuttavia, l'applicazione di queste tecniche al caso in questione si è rivelata impraticabile, in quanto il sistema da regolare ha un comportamento fortemente non lineare. Pertanto abbiamo utilizzato delle metodologie di taratura semi-empiriche, che saranno trattate nei paragrafi III.3.5 (per il prototipo analogico) e III.4.4 (per il prototipo digitale).

III.2.3 Descrizione del pilotaggio degli interruttori di potenza

In Figura III.14 viene mostrato lo schema di principio del pilotaggio dei transistori di potenza che consentono di connettere o disconnettere il generatore di tensione dal carico, al fine di realizzare la corretta parzializzazione della forma d'onda, mostrata in Figura III.8 , che permette di ottenere una tensione di valore efficace desiderato. Tale schema, racchiudendo nei segnali “on up”, “off up”, “on down” e “off down” le informazioni di temporizzazione di apertura e chiusura degli interruttori del circuito, prescinde dalla particolare implementazione, analogica o digitale, del sistema di controllo che dovrà generarli, poiché costituisce di fatto una parte comune alle due soluzioni.

Osserviamo anzitutto come i due transistori DMOS di potenza T1 e T2, responsabili rispettivamente della chiusura del circuito per la semionda positiva e per quella negativa, si trovino in configurazione di gate flottante ed abbiano quindi bisogno di un circuito di bootstrap per l'imposizione della tensione di accensione fra gate e source. Questo circuito, del tutto analogo per T1 e T2, ha il compito di caricare un condensatore ad una tensione appropriata e di cortocircuitarne i capi fra gate e source del transistore quando richiesto dal circuito di controllo, al fine di innescare la fase di conduzione.

La soluzione consistente nel caricare i condensatori di bootstrap alla tensione di alimentazione +Vcc si è rivelata impraticabile, poiché i transistori FET di potenza richiedono Vgs-on di 15-20V, superiori al tipico valore di tensione di alimentazione di una scheda elettronica. È stato quindi scelto di sfruttare la tensione del generatore per la carica; la descrizione che segue si riferisce alla semionda positiva (per quella negativa valgono le stesse considerazioni).

(17)

S4 sono aperti, così da consentire la carica del condensatore C2 attraverso il diodo D2 e attraverso il diodo di body di T1. Una volta caricato C2, la chiusura di S4, causata da un segnale logico alto su “on up”, comporta una trasferimento della sua carica fra il gate e il source di T2, causandone l'accensione. Successivamente, la chiusura di S3, a seguito dell'arrivo di un segnale logico alto su “off up”, ne forza lo spegnimento, poiché gate e source di T2 vengono cortocircuitati.

Le temporizzazioni più opportune per i segnali di “on up”, “off up”, “on down” e “off down” saranno ricavate in seguito, nel paragrafo III.3.9.1 , nella sezione dove viene esposta la fase di progettazione del prototipo analogico, e mantenute identiche anche per il prototipo digitale.

III.2.4 Specifiche realizzative

Come si evince da quanto riportata fino ad ora, è evidente come l'architettura del regolatore serie possa essere applicata in molteplici casi con un’ampia varietà di condizioni al contorno, quali tipo di generatore e carico utilizzatore connesso a valle degli interruttori. Potranno sussistere diverse combinazioni di tensione-corrente in ingresso al sistema, e tensione desiderata in uscita, nonché spettro di frequenze d’utilizzo, rispetto alle quali gli interruttori e le altre componenti in gioco dovranno essere dimensionati opportunamente, sia per quanto riguarda la

Figura III.14: schema di principio del circuito di pilotaggio dei transistori di potenza.

(18)

capacità da parte degli interruttori di gestire la potenza richiesta dal carico, sia per i coefficienti caratteristici del controllore PID. Lo stesso vale per i tempi d'intervento delle altre componenti del controllo, che potranno essere circuitali, nel caso della realizzazione analogica, o algoritmiche, nel caso della realizzazione digitale. Le singole soluzioni dovranno quindi essere dimensionate ad hoc per il particolare caso in cui sono chiamate a lavorare, e potranno differire notevolmente, sia per componenti utilizzati, che per risposta ai transitori, in quanto si dovranno adattare alle specifiche richieste dalle condizioni al contorno. Il caso considerato nel presente sviluppo fa riferimento ad un utilizzo per ciclomotori di generica cilindrata, con generatore a 12 coppie polari, e contempla il pilotaggio di carichi puramente resistivi, come di fatto possono essere considerate le lampade ad incandescenza, tipico carico presente a bordo di un veicolo a due ruote. Fissato quindi il numero di coppie polari p=12, e ipotizzando un range di variazione del numeri di giri del motore pari a 1500÷15000rpm, si ottiene una frequenza della sinusoide variabile tra 300Hz e 3kHz. La tensione di uscita massima a vuoto è tipicamente dell’ordine delle centinaia di Volt, e può essere fissata, a scopo di riferimento per la progettazione del sistema, a 300 Volt; a seconda del tipo di generatore potranno poi essere effettuate modifiche opportune per una taratura ad hoc del sistema di regolazione [37].

Riassumendo, il dimensionamento del progetto è stato eseguito nel rispetto delle specifiche riportate in Tabella III.2, tanto per la versione analogica che per quella digitale.

Specifica Valore di riferimento Generatore:

Tensione massima picco-picco (VmoP-P) 300 V

Frequenza sinusoide in uscita 300 Hz ÷ 3 KHz

Resistenza interna (Rg) 1 Ω

Induttanza avvolgimenti (Lg) 1 mH

Carico:

Variazione Carico 1 Ω ÷100 Ω

Tensione RMS desiderata sul carico (V*RMS) 13,5 V Corrente RMS massima assorbita 13,5 A Tempi di risposta:

Risposta ai transistori 50 ms

(19)

III.3

Progettazione, dimensionamento e realizzazione di

un prototipo in elettronica analogica

In questa sezione presenteremo i risultati ottenuti nella progettazione, nel dimensionamento e nella realizzazione di una implementazione del regolatore di tensione basato interamente su componenti elettronici analogici, sia discreti che integrati. Questo fase del progetto potrebbe apparire anacronistica a fronte della sempre maggiore espansione raggiunta dall'elettronica digitale nei sistemi di controllo, dovuta al continuo abbattimento dei costi e ai miglioramenti che si susseguono di anno in anno relativamente alla miniaturizzazione, velocità e affidabilità dei microcontrollori. Tuttavia, è stata preziosa per prendere dimestichezza col sistema da controllare e per avere una stima delle grandezze e delle costanti di tempo coinvolte, in modo da avere una idea orientativa dei componenti digitali necessari per la realizzazione definitiva del prototipo [46]. Tutte le simulazioni a cui si fa riferimento sono state eseguite col software TINA Pro di DesignSoft; la scheda PCB su cui sono state effettutate le misure finali è stata realizzata col software Cadence Orcad.

III.3.1 Metodo di applicazione del sistema di controllo alla soluzione

analogica

L’idea che sta alla base della realizzazione analogica del sistema di controllo prevede, in linea di principio, di generare delle onde a dente di sega (dette anche “sawtooth”, segnali Vsaw+ e Vsaw- in Figura III.15 e Figura III.16), sincrone rispetto alla forma d’onda in uscita al generatore Vgen, e di confrontare tali onde con il segnale di eccitazione Vpi, generato dal controllore in funzione della tensione efficace misurata sul carico, per poi determinare gli istanti di apertura e chiusura degli interruttori S1, S3, S3 ed S4 di Figura III.14 in base all’esito del confronto, come illustrato in Figura III.15, dove è rappresentata una situazione statica di regime dei segnali caratteristici del sistema di controllo e attuazione [38]. L’istante di accensione dell'interruttore di potenza per ciascuna semionda (corrispondenti ad una transizione di “on up” o “on down” da uno stato logico alto ad uno stato logico basso), si ha quando la relativa onda a dente di sega supera la tensione di soglia Vpi, mentre l’istante di spegnimento (analoghe transizioni su “off up” o “off down”) quando lo stesso segnale torna basso. Da questa comparazione vengono generati quindi, in prima analisi, degli impulsi di

(20)

accensione per gli interruttori.

Poiché la tensione Vpi, a prescindere dai parametri scelti per il controllore PID, è una funzione crescente dell'errore, all’aumentare dell’errore per un aumento (ad esempio) della tensione di statore corrisponderà un aumento della Vpi stessa; tale tensione, confrontata con le onde triangolari (di ampiezza di picco fissa) determinerà una diminuzione degli intervalli di conduzione, in quanto ritarderanno gli istanti di attraversamento positivo da parte delle onde sawtooth della soglia Vpi, determinando quindi un ritardo dell’accensione degli interruttori di potenza. In tal modo l’intervallo di tempo in cui ciascun transistore sta chiuso diminuirà, così come l’area degli archi di tensione sul carico e parimenti la sua tensione efficace. Si può osservare come in questo modo si sia introdotta una reazione negativa all'interno dell'anello, che ad anello chiuso tenderà a stabilizzare la tensione efficace sul carico intorno al valore desiderato.

Figura III.15: schematizzazione della famiglia di segnali che caratterizzano il metodo di controllo.

Figura III.16: segnali salienti con istanti di accensione tup e

tdown, rispettivamente per la semionda positiva e negativa.

T Vload Vpi Vgen Vsaw+ Vsaw-Time (s) 0.00 1.00m 2.00m 3.00m O ut pu t -50.00 -25.00 0.00 25.00 50.00 Vpi Vsaw-Vsaw+ Vload Vgen T Vload Vpi Vsaw+ Vsaw-Time (s) 0.00 1.00m 2.00m 3.00m O ut pu t -30.00 -15.00 0.00 15.00 30.00 tdown tup Vpi Vsaw-Vsaw+ Vload

(21)

III.3.2 Schemi a blocchi

Lo schema a blocchi che riassume l’architettura dell'implementazione analogica sviluppata è illustrato in Figura III.17.

Figura III.17: schema a blocchi del sistema completo per la realizzazione elettronica analogica.

Si notino la struttura generatore-interruttore-carico già vista nella parte introduttiva in Figura III.4, nonché i quattro segnali di controllo dei power MOS (gli interruttori di potenza) di Figura III.14. A partire dal carico, avviene una lettura della tensione efficace per mezzo di una conversione RMS-DC, la cui uscita viene inviata, previo confronto differenziale con la Vrms* desiderata, al controllore PID, che fornisce la tensione Vpi descritta nel paragrafo III.3.1 . Spostando l’attenzione sul blocco che rileva il passaggio per lo zero della tensione (zero-crossing) in uscita dal generatore, vediamo come le onde a dente di sega vengano generate in modo sincrono con la tensione Vmo (ipotesi di carico resistivo come da specifiche), e con valore di picco costante grazie alla misura della frequenza (blocco frequency-meter) e alla conseguente correzione della pendenza della loro pendenza. Mediante

Vrms* Vmo Vmo Vmo LG 1m RG 1 Rload 10 Interruttore per S+ Interruttore per

S-Diodo per S- -+ Vmo Diodo per S+ Freq-Meter Vfreq Vmo Sawtooth Generator Vsaw-ZeroCrossi ng Vfreq Vsaw+ TRMS Vrms Vin U5

PI

* controller Switch Driver OFF-UPON-DOWNOFF-DOWN

Vpi Vsaw+ Vsaw-zerocrossing ON-UP Zero Crossing Zero-Crossing Vmo

(22)

-il confronto tra le onde a dente di sega e la tensione Vpi si ricavano gli impulsi di pilotaggio per la chiusura degli interruttori e, mediante l’utilizzo delle informazioni di zero-crossing, anche quelli per il mantenimento degli interruttori nello stato aperto.

III.3.3 Studio del blocco funzionale frequenzimetro-generatore di dente di

sega

La prima parte del circuito curata è stata il frequenzimetro, necessario a fornire al sistema una tensione continua rappresentativa del valore della frequenza della tensione Vmo, funzione del numero di giri del motore, al fine di variare la pendenza delle onde a dente di sega per mantenere pressoché costante la tensione di picco delle stesse. La scelta di mantenere costante il valore di picco delle onde sawtooth è risultata necessaria per non variare le condizioni di lavoro del circuito di reazione della tensione efficace al variare della frequenza del motore, con indesiderati effetti di instabilità del sistema o comunque di scarsa velocità di convergenza.

III.3.3.1 Architettura dei generatori di onde a dente di sega

Come da letteratura, il modo più semplice per realizzare una forma d’onda a dente di sega, è l’utilizzo di un integratore con un segnale continuo in ingresso e con l’aggiunta del controllo sulla reazione dell’operazionale al fine di bloccare la salita della tensione per l’operazione di integrazione e far ripartire da zero la tensione di uscita. Lo schema classico è pertanto un integratore di Miller con l’aggiunta di un mosfet in parallelo alla capacità di reazione, come mostrato in Figura III.18.

In ipotesi di cortocircuito virtuale la risposta in frequenza dell’integratore è

Is=

1

R

2

C s

(II.6)

La tensione di uscita nel dominio del tempo risulta invece:

V

SAW

t=

1

R

2

C

0

t

V

freq

d =

V

freq

R

2

C

t

per 0<t<TS/2 (II.7)

(23)

“freq” appunto per indicare che è necessario agire su tale tensione per correggere la pendenza al variare della frequenza ed ottenere una tensione di picco di valore costante.

Con TS si è indicato il periodo della forma d’onda sawtooth; poiché, come spiegato

nel paragrafo III.3.1 , le onde sawtooth sono sincrone con la tensione di uscita del motore Vmo, rispettivamente l’una con la semionda positiva e l’altra con la semionda negativa, il periodo TS viene a coincidere con il periodo Tmo della

tensione del motore, quindi TS=Tmo. Pertanto, prendendo in considerazione una

delle due forme d’onda sawtooth, per metà periodo TS/2 (corrispondente ad una

certa semionda della Vmo) essa dovrà essere generata e quindi l' N-MOS di Figura III.18 sarà aperto, mentre per il restante semiperiodo TS/2 (corrispondente alla

semionda di segno opposto) l’uscita Vsaw sarà nulla. Il segnale di controllo denominato Vsawctrl+ pilota il gate dell’N-MOS, e la sua forma d’onda sarà un’onda quadra con valori 0-Vcc e duty-cicle 1/2, ovviamente sincrona con la tensione Vmo, quindi deriverà direttamente dal blocco di zero-crossing.

Figura III.18: schema classico di un generatore analogico di onda a dente di sega.

La pendenza della Vsaw nel semiperiodo di salita, come indicato dalla II.7, vale:

K=

V

freq

R

2

C

(II.8) Il valore di picco della tensione Vsaw dipenderà quindi dal semiperiodo di

Vc c + Vc c -Vsaw ctrl+ Vfreq Vsaw+ R2 33k R1 33k C 4,7n N-MOS ZVN4306A -+ -+ OPAMP TL082/301

(24)

integrazione TS/2=Tmo/2 e si ricava imponendo t=TS/2 nella equazione II.7:

V

SAW

max=

V

freq

R

2

C

T

S

2

=

V

freq

R

2

C⋅2f

S (II.9) Si nota facilmente che se Vsawmax deve essere costante, poiché a denominatore compare la frequenza fS, la tensione Vfreq deve essere linearmente proporzionale

ad fS al fine di compensare la sua variazione, pertanto la caratteristica

tensione-frequenza del frequenzimetro dovrà essere quanto più possibile lineare.

In realtà la soluzione circuitale adottata differisce leggermente da quello mostrato sopra ed è riportato in Figura III.19.

Figura III.19: schema completo del generatore di onde sawtooth con sistema di chiusura in uscita.

Dallo schematico si evince la presenza aggiuntiva del mosfet in uscita U23 e della resistenza R24. Il mosfet U23 è comandato dallo stesso segnale di gate dell’U25. Quando siamo nel semiperiodo di carica lineare del condensatore (integrazione), Vsawctrl+ è basso e i mos sono entrambi spenti. Quando la carica è terminata e U25 viene chiuso per far tornare a zero la tensione di uscita, arriva lo stesso segnale ad U23, e l’uscita va a zero secondo i tempi di commutazione del mosfet scelto (circa 70ns) anziché dello slew-rate dell’operazionale (circa 800ns, di un ordine di grandezza superiori). Questa modifica ha comportato notevoli miglioramenti nella velocità di risposta del sistema complessivo, poiché il fronte di discesa determina, mediante il confronto con la tensione Vpi, gli istanti di apertura degli interruttori, e pertanto una minimizzazione dei ritardi risulta di fondamentale

V cc + V cc -Vsaw ctrl+ Vfreq Vsaw + R20 33k R21 33k C20 4,7n R24 100 U23 ZVN4306A U25 ZVN4306A -+ -+ U20 TL082/301 VTR2

(25)

importanza ai fini di un buon sincronismo con la tensione di zero-crossing del motore per evitare spike dovuti a correnti residue al momento dell'apertura del circuito.

III.3.3.2 Architettura del frequenzimetro

Il frequenzimetro progettato per gli scopi suddetti è anch’esso completamente analogico, e dimensionato per funzionare nel range di interesse del presente lavoro (300Hz-3Khz), seppur con adeguati margini di banda di funzionamento. L’idea che sta alla base della soluzione trovata consiste nell’utilizzo di due monostabili, in grado di fornire un impulso unipolare di ampiezza Vcc e durata fissa al variare della frequenza, e corrispondenti ognuno ad una delle due semionde, in modo da avere per ogni periodo della tensione del motore Vmo due soli impulsi, indipendentemente dalla frequenza; ciò che si ottiene è un treno di impulsi periodico di durata ottimale in corrispondenza degli attraversamenti per lo zero della tensione prelevata dal generatore, o eventualmente in altri punti del sistema; poiché gli impulsi hanno sempre identica forma e durata, il loro valore medio dipende solo dal duty-cycle di tale segnale, ovvero dalla frequenza della sinusoide generata dal motore, in modo linearmente proporzionale ad essa, e quindi è sufficiente avere in cascata un filtro passa-basso per ottenere un segnale continuo proporzionale alla frequenza con caratteristica lineare.

Figura III.20: schema a blocchi del frequenzimetro.

In Figura III.20 è rappresentato lo schema a blocchi del frequenzimetro. Si può osservare la presenza in ingresso di due segnali di zero-crossing; questo perché, come è stato detto, si hanno due impulsi in ogni periodo, per cui gli eventi di

ZeroCrossing+ ZeroCrossing-Vfreq Monostabile Pin2 Pin1 U1 Monostabile Pin2 Pin1 U2

U3 Vin Filtro 3 ord. Vout

(26)

riferimento per la loro generazione più immediati e già disponibili all’interno del sistema sono appunto le informazioni sul passaggio dello zero sia con pendenza positiva che negativa da parte della tensione del motore Vmo. Nella fattispecie i due segnali ZeroCrossing+ e ZeroCrossing- sono due onde quadre sincrone con la tensione Vmo, ma rispettivamente in fase e in controfase; è importante osservare infatti che ai fini del funzionamento corretto del circuito non è necessaria alcuna coerenza di fase tra i segnali che innescano i monostabili e il resto del circuito, la sola coerenza necessaria è ovviamente sulla frequenza, pertanto gli eventi di zero-crossing sono stati scelti per pura semplicità ma si potrebbero utilizzare altri eventi con relazioni di fase differenti.

Condizione necessaria da rispettare nel dimensionamento della durata degli impulsi dei monostabili, è che non vi sia sovrapposizione temporale degli impulsi per la S+ e di quelli per la S- alla frequenza massima di lavoro (3kHz), pena una saturazione della tensione di uscita del frequenzimetro e quindi una forte perdita di linearità. Sotto questa ipotesi i due segnali di uscita dei monostabili saranno mutuamente esclusivi, ovvero non saranno mai entrambi contemporaneamente al livello alto. III.3.3.3 Architettura e analisi dei multivibratori monostabili

Lo schema del monostabile è quello classico reperibile in letteratura, ed è riportato qui in Figura III.21, in riferimento al ramo superiore con il segnale ZeroCrossing+. L’integrato utilizzato per la simulazione è un comparatore LM311, pilotato sul terminale positivo dall’onda quadra generata con lo zero-crossing. La squadra RC fa da filtro passa-alto e permette di avere degli impulsi stretti in corrispondenza dei fronti di salita e discesa del segnale ZeroCrossing+.

Il comparatore è di tipo open collector, per cui si può decidere di far funzionare il circuito con vari valori di resistenza di pull-up R11, variando in tal modo anche l’impedenza di uscita; scegliendo una resistenza R11 troppo elevata (∼ 10÷30 kΩ) si avrebbero dei buoni livelli logici ma si potrebbero connettere carichi in uscita di valore non troppo bassi, pena l’abbassamento del livello logico alto per effetto partitivo tra R11 e il carico connesso; viceversa se R11 fosse troppo bassa (200÷300 Ω) si avrebbe un effetto di pull-up troppo forte, per cui il livello logico alto sarebbe robusto anche in presenza di carichi dell’ordine di pochi kΩ, mentre il livello logico basso ne risentirebbe e non sarebbe propriamente basso a causa della vicinanza tra i valori della R11 e dell’impedenza d’uscita del solo transistor nella condizione di conduzione; ultima considerazione merita il terminale di emettitore, anch’esso aperto, che può essere connesso a massa oppure all’alimentazione negativa a seconda che si voglia in uscita un segnale che commuta dal potenziale di riferimento a +Vcc oppure da –Vcc a + Vcc.

(27)

Tutti i comparatori del sistema sono stati dimensionati con resistori di pull-up da 1 kΩ e con emettitore connesso a massa.

Figura III.21: schema elettrico di uno dei due monostabili.

Per l’analisi del circuito si ipotizza che in condizione di riposo presenti tensione di uscita nulla, per cui la squadra RC di carica in alto ha il condensatore scarico e il partitore R15-R16 impone potenziale nullo sul terminale Vin+, inoltre si trascura in prima analisi la presenza del diodo U10 e della resistenza R12. Un impulso dovuto ad un fronte negativo porterebbe il potenziale Vin+ basso rispetto al Vin- per cui l’uscita rimarrebbe necessariamente nello stato basso; non appena invece si presenta un fronte positivo, ovvero un impulso positivo sull’ingresso non invertente, il potenziale Vin+ sale sopra al Vin- e fa commutare lo stato dell’uscita; a sua volta attraverso il partitore R15-R16 viene mantenuto il potenziale alto sul terminale Vin+ del comparatore, per cui lo stato futuro dell’uscita dipenderà dall’evoluzione del solo potenziale Vin-; poiché l’uscita è divenuta alta il condensatore C11 si carica attraverso la resistenza R13 e alza il potenziale del terminale Vin- fino a che non supera la soglia, inverte il segno dell’ingresso differenziale e fa tornare bassa l’uscita determinando la fine dell’impulso.

Si riporta in Figura III.22 la simulazione del funzionamento per un tempo di 4 ms alla frequenza di 1 kHz, con i segnali più significativi del circuito.

V cc -V cc + V cc + Vcc+ C10 1n R 1 0 1 0 k R16 3 ,9 k R 1 5 2 2 k C 1 1 1 0 n -+ -+ U11 LM111/NS R 1 1 1 k R12 330k R13 5,1k U10 BAS16C -+ ZeroCrossing+

(28)

Figura III.22: segnali salienti della simulazione del circuito monostabile di Figura III.21.

Come si vede il segnale Vin- evolve con andamento esponenziale verso il valore logico alto (circa Vcc=12V nella simulazione) fino a che non raggiunge lo stesso valore della Vin+, fissato dal partitore R15-R16. Il segnale Vrc è la tensione del nodo che unisce C10 R10 e U10, ovvero a monte del diodo.

Per il dimensionamento della durata dell’impulso ci sono considerazioni particolari da fare sul comportamento di un monostabile di questo tipo al variare della frequenza. La durata dell’impulso dipende infatti da alcuni fattori principali e da altri secondari, che divengono rilevanti in una condizione di frequenza variabile come questa. I due fattori principali che concorrono a fissare il Tp sono l’entità dell’isteresi determinata dalle resistenze R15-R16, che riportano sull’ingresso non invertente una soglia positiva, e la costante di tempo τP=R13⋅ C11 che determina la

velocità di crescita del potenziale sul terminale invertente. Il fattore secondario che entra in gioco è che, se il condensatore non è completamente scarico al momento in cui parte l’impulso, la sua carica arriverà più velocemente al valore di soglia che determina il ritorno a zero della tensione di uscita; se si considera quindi che all’aumentare della frequenza il periodo che intercorre tra un fronte positivo e il successivo diminuisce, affinché non si abbia compressione dell’impulso e perdita di linearità nel frequenzimetro all’aumentare della frequenza, si dovrà dimensionare la costante di tempo in modo da permettere la scarica completa del condensatore anche alla frequenza più grande.

Avere d’altra parte una costante di tempo troppo piccola richiederebbe di impostare

T Vin+ Vin-Vout Vrc Time (s) 1.00m 1.50m 2.00m 2.50m 3.00m O ut pu t -15.00 -9.00 -3.00 3.00 9.00 15.00 Tmo Ts Vout Vin+ Vin-Vrc Tp

(29)

la soglia del terminale non-invertente ad un valore di poco al di sotto del livello logico alto (a cui tende la tensione sul condensatore), per controbilanciare la velocità di carica del condensatore e ottenere un impulso di durata accettabile; questa scelta renderebbe però il confronto tra soglia e tensione del condensatore meno robusto, in quanto la tensione Vc arriverebbe verso la soglia con una deriva a pendenza molto piccola, sarebbe inoltre più difficile e meno preciso il dimensionamento dei componenti in quanto dovremmo avere R16<<R15 e piccole variazioni di R16 darebbero luogo a grosse variazioni della durata dell’impulso. La durata dell’impulso inoltre dovrà essere sufficiente per garantire l'estrazione di una tensione continua di livello accettabile senza ricorrere ad amplificazioni eccessive dello stadio filtrante, e inoltre non potrà essere troppo grande per il fenomeno suddetto della scarica del condensatore che avviene nell’intervallo di tempo in cui l’impulso è basso, ovvero TS=Tmo-TP, per cui avere un impulso troppo largo,

ovvero TP troppo vicino a Tmo, richiederebbe una costante di tempo τP troppo

piccola per avere una scarica in un tempo breve, con i problemi di dimensionamento e robustezza che ne derivano.

Detto questo i valori di R13 e C11 sono stati scelti tramite delle simulazioni di confronto tra 1 kHz e 3 kHz con lo scopo di ottenere un impulso di valore 100-150μs e una sua compressione all’aumentare della frequenza contenuta entro 2-3 μs; si è trovato un buon compromesso ponendo R13=5,1 kΩ e C11=10nF, da cui si ricavano τP=51 μs e Tp=120 μs @ 1Khz; alla frequenza di 3Khz dove Tmo=333 μs,

Tp scende a 118μs e pertanto Ts=Tmo-Tp=215 μs, che verifica la condizione Ts>4∙τP necessaria ad avere una scarica completa del condensatore. In Figura

III.23 a) e b) è possibile vedere rispettivamente le simulazioni a 1kHz e 3kHz con un dettaglio di misura della durata dell’impulso nei due casi.

Le ultime considerazioni sul monostabile riguardano il diodo in ingresso e la resistenza da 330 kΩ. Il diodo viene aggiunto non tanto per bloccare l’impulso negativo, che comunque non viene totalmente eliminato per via dell’inerzia capacitiva del diodo stesso, bensì per evitare che nello stato alto dell’uscita la squadra RC di ingresso vada a modificare la soglia del terminale non-invertente; con la presenza del diodo infatti quando l’uscita è alta non può scorrere corrente sulla resistenza R10 della squadra RC, e quindi il potenziale Vin+ è fissato solo dal partitore R15-R16.

La resistenza R12 da 330 kΩ, invece, è stata aggiunta per evitare un tipo di disturbo che creava commutazioni aggiuntive dell’uscita in modo aleatorio tra un impulso e l’altro: il problema scaturisce dal tipo di accoppiamento effettuato per i due monostabili.

Per evitare l’utilizzo di un sommatore attivo, le due uscite sono state accoppiate semplicemente tramite due resistori da 5,6 kΩ ed un diodo connesso al loro termicale comune, come indicato in Figura III.24.

(30)

Figura III.24: panoramica dello schema del frequenzimetro, con dettaglio sullo stadio di somma dei due rami per S+ ed S-.

Vcc-Vcc+ Vcc+ Vcc-Vcc+ Vcc+ Vfreq -+ -+ U11 LM111/NS R 1 1 1 k R 1 2 0 1 k -+ -+ U13 LM111/NS R 1 7 5 ,6 k R 1 8 5 ,6 k U15 BAS16C

Filtro 3 ord. Vout Vin

U4

Figura III.23: simulazioni del circuito monostabile a 1kHz (a) e 3kHz (b): dalle indicazioni riportate nella finestra di misura relativa ai cursori X e Y, si nota la durata degli impulsi nei due casi, pari a 119,67μs nel

(31)

Le resistenze R17 e R18 creano un partitore di tensione su ciascuna delle due uscite di valore ≤1/2 (l’uguaglianza vale nel caso ideale); affinché tale partitore rimanga di poco sotto 1/2 è necessario che le due resistenze suddette abbiano valore minore della resistenza di ingresso del filtro (∼50-60 kΩ) e la loro serie sia abbastanza maggiore della resistenza di uscita dei monostabili in condizione di uscita alta (almeno un fattore 10), ovvero la resistenza di pull-up da 1kΩ (resistenza di collettore degli LM311), pertanto è stato trovato come valore ottimale R17=R18=5,6kΩ; quello che si ottiene a monte del diodo, ovvero in uscita al sommatore passivo così dimensionato, è un segnale a treno di impulsi rettangolari che contiene sia gli impulsi per la semionda positiva (ramo superiore) che quelli per la semionda negativa (ramo inferiore), con valore di picco circa dimezzato rispetto alle uscite separate dei due monostabili, come mostrato dall’immagine in Figura III.25.

Figura III.25: segnali dello stadio di somma degli impulsi dei due monostabili.

Qui abbiamo indicato con Vmono+ e Vmono- i due segnali di uscita dei monostabili, che sommati danno luogo a Vpulse. Vfreq è la tensione di uscita dal frequenzimetro mentre Vsin una semplice sinusoide di riferimento sincrona con il segnale ZeroCrossing+, con la sola funzione di riferimento di fase.

Il diodo U15 di Figura III.24 è stato aggiunto per abbassare lo zero logico dei monostabili, altrimenti di qualche centinaio di mV, che avrebbe causato la presenza di un offset nella caratteristica frequenza-tensione del frequenzimetro.

Data questa configurazione a somma passiva tramite le resistenze R17 ed R18, il T Vfreq Vmono+ Vmono-Vsin Vpulse Time (s) 5.00m 5.50m 6.00m 6.50m 7.00m O ut pu t -6.00 0.00 6.00 12.00 Vsin Vpulse Vmono+ Vmono-Vfreq

(32)

disturbo accennato sopra, per rimediare al quale abbiamo inserito le resistenze da 330 kΩ, consiste nel mutuo innesco tra i due monostabili anche nella semionda di non pertinenza, con probabilità non unitaria; ciò significa che in alcuni cicli i segnali Vmono+ e Vmono- presentano entrambi impulsi alti sia per l’attraversamento dello zero con pendenza positiva che negativa, causando un più che sensibile aumento della tensione Vfreq e la conseguente dilatazione e saturazione delle onde a dente di sega. Il fenomeno è facilmente spiegabile: per esigenze di funzionamento, come già illustrato, il condensatore di ciascun monostabile si deve scaricare quasi completamente, pertanto quando lo stato di uscita è basso la Vin- arriva ad un valore quasi nullo e di poco superiore alla Vin+ (vedi Figura III.22), anch’essa ovviamente vicina allo zero in quanto derivante da una partizione dell’uscita (supposta nello stato basso); al momento in cui l’altro monostabile commuta, quello che deve rimanere nello stato basso subisce attraverso il partitore di reazione un aumento del potenziale Vin+, mentre sul terminale invertente il condensatore fa da schermo per le commutazioni e il suo potenziale rimane istantaneamente fisso, in tal modo Vin+ va a superare la Vin- causando una commutazione non voluta; la resistenza da 330 kΩ collegata a Vcc+, di valore dimensionato empiricamente, non fa altro che alzare il potenziale minimo del terminale invertente rendendo sensibile l’ingresso differenziale al solo impulso derivante dal fronte positivo di ingresso, e non alle commutazioni dell’altro monostabile.

III.3.3.4 Dimensionamento del filtro di uscita del frequenzimetro

Uno dei requisiti fondamentali del frequenzimetro è quello di rispondere in tempi brevi alle variazioni di frequenza, nella fattispecie dell’ordine di pochi millisecondi, in quanto da specifiche di sistema si è previsto di realizzare un regolatore in grado di assorbire variazioni delle condizioni di lavoro caratterizzate da tempi dello stesso ordine di grandezza. Tra i vari tipi di filtri citati sono stati scelti per un confronto simulativo un Butterworth, un Bessel e un Čebyšëv. Le simulazioni sono state effettuate con lo scopo di confrontare selettività e risposta ai transitori a parità di ordine dei filtri, con un peso maggiore al secondo aspetto, data l’importanza della velocità e della forma della risposta in un sistema regolatore di questo tipo. I tre filtri sono tutti tarati con frequenza di taglio fT=100Hz in quanto il sistema ha banda che inizia da poco più di un'ottava sopra, ovvero 300Hz; la fT

scelta rappresenta quindi un compromesso al fine di mantenere basso il ripple residuo sulla continua di uscita senza perdere eccessivamente in velocità di risposta, come sarebbe accaduto con una frequenza di taglio eccessivamente bassa. Per il Čebyšëv è stato imposto un ripple massimo in banda passante pari a 1dB.

(33)

Le risposte in frequenza di modulo e fase sono riportate in Figura III.26 e Figura III.27.

Figura III.26: risposte in ampiezza dei filtri di Butterworth, Čebyšëv, e Bessel per un confronto simulativo a parità di fT=100 Hz e guadagno in

continua Af=4.

Figura III.27: risposte in fase dei filtri di Butterworth, Čebyšëv e Bessel per un confronto simulativo a parità di fT=100 Hz e guadagno in

continua Af=4.

Le simulazioni nel dominio del tempo invece sono state effettuate con una sollecitazione di ingresso a gradino, di ampiezza pari a 2V, tale da mantenere

T Butterworth Chebyshev Bessel Frequency (Hz) 1 10 100 1k 10k 100k 1M G ai n (d B ) -200.00 -100.00 0.00 100.00 Chebyshev Butterworth Bessel T Butterworth Chebyshev Bessel Frequency (Hz) 1 10 100 1k 10k 100k 1M P ha se [ de g] -300.00 -200.00 -100.00 0.00 100.00 200.00 Chebyshev Butterworth Bessel

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l’uscita del filtro al di sotto del valore di saturazione degli operazionali, in quanto il guadagno dei filtri è stato fissato pari a 4, valore vicino a quello ottimale della taratura definitiva.

La Figura III.28 mostra i risultati del transitorio della tensione di uscita.

Figura III.28: transitorio della risposta al gradino dei tre filtri simulati.

Dalle simulazioni si evince che il transitorio più soddisfacente è quello relativo al filtro di Bessel, in quanto non presenta sovra elongazioni intorno al valore di regime e permette, a partire dall’inizio della sollecitazione, di raggiungere il 90% del valore finale in un tempo pari a 4,7 ms. La scelta di un allineamento dei poli del filtro di tipo Bessel trova inoltre ulteriore motivazione nella stabilità garantita dalla risposta in frequenza; il fatto di avere poli con parte reale preponderante rispetto agli altri due allineamenti, ovvero basso fattore di merito Q, permette di avere una rotazione di fase meno brusca, ovvero un margine di fase positivo maggiore e quindi meno probabilità di incorrere nell’innesco di oscillazioni non desiderate. Considerazioni sul ripple residuo possono essere ricavate andando a simulare la risposta del filtro scelto alla frequenza minima fmin=300Hz (Figura III.29); in questo caso si nota che l’oscillazione residua ha un valore picco-picco di 70mV su un segnale in DC di circa 1V, che corrisponde al 7% circa del valore della continua estratta; tale risultato risulta soddisfacente in quanto lo stadio in cascata al frequenzimetro è il generatore di onde a dente di sega, costituito come visto da due integratori in parallelo per le due semionde; lo stadio di integrazione pertanto costituisce un ulteriore elemento di filtraggio passa-basso, che contribuisce ad eliminare ulteriormente il ripple riscontrato.

In riferimento alle considerazioni fatte sulla necessità di avere una buona risposta

T Butterworth Chebyshev Bessel Time (s) 0.00 12.50m 25.00m 37.50m 50.00m O ut p ut -9.00 -7.50 -6.00 -4.50 -3.00 -1.50 0.00 1.50 3.00 Chebyshev Butterworth Bessel a b

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nel tempo in termini di velocità, pur mantenendo un ripple contenuto sulla tensione di uscita, si osserva che la scelta di avere due rami in parallelo per la generazione degli impulsi monostabili è finalizzata alla soddisfazione di tali requisiti. Poiché infatti la frequenza risultante del treno di impulsi è doppia rispetto alla frequenza della tensione Vmo, si ha che per un ripple desiderato fisso si può dimensionare una frequenza di taglio doppia rispetto al caso di singolo ramo; avere una frequenza di taglio più alta a sua volta garantisce una risposta nel tempo più veloce e quindi un comportamento migliore di tutto il sistema ad anello chiuso.

Riassumendo le caratteristiche del filtro: l’allineamento è di Bessel del 3° ordine, con frequenza di taglio FT=100 Hz; l'implementazione è a due stadi, uno a singola

costante di tempo con guadagno variabile e l’altro con guadagno 2 e architettura a cella di Sallen&Key(Figura III.30).

Figura III.30: schema elettrico del filtro implementato nel frequenzimetro. V cc + V cc -Vcc+ Vcc-Vfreq Vpulse R115 112k C16 10n -+ -+ U14/2 TL082/301 R117 5,1k R116 15k C14 100n C 1 5 1 5 0 n R118 10k R 1 1 9 1 0 k R1 68k -+ -+ U14 TL082/301

Figura III.29: particolare simulativo del ripple a 300Hz in uscita al filtro di Bessel progettato nel frequenzimetro.

Figura

Figura  III.14:   schema   di   principio   del   circuito   di   pilotaggio   dei   transistori di potenza.
Figura III.18: schema classico di un generatore analogico di onda a dente di   sega.
Figura III.19: schema completo del generatore di onde sawtooth con sistema di chiusura in   uscita.
Figura  III.24:   panoramica   dello   schema   del   frequenzimetro,   con  dettaglio sullo stadio di somma dei due rami per S+ ed S-.
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Riferimenti

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