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C.d.L.S. in Ingegneria Edile-Architettura

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Academic year: 2021

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Questo lavoro è dedicato al problema della dismissione industriale e alle opportunità che la riconversione offre sia in termini di ricucitura con il contesto urbano sia come opportunità di nuova vita per edifici abbandonati o snaturati nella loro funzione. L’area presa in esame, quella della ex segheria Walton nella zona di San Martino a Carrara, situata al margine Sud-Ovest della città rappresenta una concreta testimo-nianza di questo problema: è un ex insediamento industriale di lavorazione del marmo che per l’epoca in cui fu concepito, a metà del 1800, rappresentò un prototipo per il suo innovativo impianto strutturale e produttivo, attualmente però sopravvive privato delle sue funzioni originarie e isolato dal contesto urbano e dalla rete infrastrutturale cittadina.

La questione delle aree industriali dismesse ha mobilitato l’interesse e la partecipazione di quanti studiano le città ed il territorio per diverse ragioni. Esse rappresentano la memoria di attività che sono state fon-damentali per l’evoluzione dell’ultimo secolo della nostra storia economica, sociale, territoriale, costitui-scono parte integrante del disegno la città ed, infine, oggi rappresentano nuove possibilità di intervento e di riqualificazione. Spesso sono state considerate come “vuoti” nella misura in cui sono prive delle funzioni per cui sono state create, ma in effetti quegli stessi siti industriali, spesso molto estesi, possono essere rivalutati come “pieni” di manufatti, spesso di notevole interesse per la storia dell’industria e della tecnologia. Si tratta di un tema progettuale che non può essere facilmente ricondotto a soluzioni semplici: conservare, ristrutturare, svuotare, riusare, convertire, o qualsiasi altra azione venga attuata ha a che fare con la necessità di reperire funzioni adeguate e proporzionate, ma soprattutto con l’identificazione di un senso possibile di questi luoghi.

A Carrara la progressiva dismissione delle attività industriali e il contemporaneo abbandono del sistema di trasporto della Ferrovia Marmifera negli anni ‘60 hanno comportato il collasso dell’area di San Martino e la sua trasformazione in un aggregato disorganico di funzioni eterogenee, prive di connessioni funzionali (mercato coperto, tribunale e parcheggio scambiatore a livello di quartiere; laboratori artigianali, depositi, magazzini commerciali nell’area oggetto di studio). Il problema della marginalizzazione è confermato an-che dall’analisi configurazionale an-che è stata applicata sia in senso diacronico, studiando le trasformazioni urbanistiche della città a partire dai primi anni dell’800 fino ad oggi, sia come ausilio nella progettazione per ricucire l’area al tessuto urbano bypassando, per quanto possibile, le invarianti naturali costituite dall’orografia del terreno e dalla presenza del torrente Carrione.

Altro aspetto problematico è l’inadeguatezza degli strumenti urbanistici, a partire dalla non conformità tra Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico cosa che comporta l’inapplicabilità delle previsioni indivi-duate dagli Ambiti Strategici di Trasformazione i quali garantirebbero l’avviamento della trasformazione e riqualificazione della zona.

un progetto per Carrara:

riqualificazione e riuso della ex segheria Walton

Universita' di Pisa _ Scuola di Ingegneria _ D E S T

e

C

C.d.L.S. in Ingegneria Edile-Architettura

Candidata: Camilla Gorlandi Relatori:

Prof. Ing. Valerio Cutini Arch. Giovanni Santi

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A conclusione della fase di analisi ho individuato risorse, invarianti e criticità come punti fermi validi per avviare il progetto di recupero; si tratta di elementi non solo attinenti all’ambito urbanistico ma più in generale socio-economico, culturale e produttivo. Risorsa cardine è risultata la mixitè di funzioni che deve essere valorizzata, invariante fondamentale la complessa orografia della città, criticità evidente l’abbando-no e l’incuria in cui versal’abbando-no la zona in particolare e la città in generale.

Lo studio dello stato di fatto è stato realizzato attraverso una ricerca storica su documenti d’archivio e un rilievo geometrico dell’intera area e dei fabbricati presenti; ciò ha portato alla schedatura dei quattro edifici più significativi (capannone della Tosco Ligure-Lab / magazzino di materiali edili Giannotti / ex segheria Walton / laboratorio di scultura Barattini) sui quali ipotizzare un intervento di recupero. Tra essi particolare attenzione è stata riservata all’edificio dell’ex segheria Walton in quanto rappresenta sia dal punto di vista architettonico che da quello funzionale l’esempio meglio conservato di opificio industriale a doppia navata con capriate lignee; di questo è stato realizzato un rilievo più accurato della struttura af-fiancato da un’analisi del degrado relativa ai prospetti esterni.

Eliminate tutte le superfetazioni l’idea progettuale si è incentrata sull’individuazione di assi compositivi, principali e secondari, generati a partire dalle strutture esistenti; sulla ricucitura fra area e città attraverso l’apertura di nuove visuali e nuovi percorsi verso il torrente e il centro storico; sulla rifunzionalizzazione produttiva volta a potenziare la vocazione artigianale esistente con atelier di scultura, laboratori e spazi espositivi; sulla creazione di nuovi spazi di lavoro nella dimensione del coworking e delle officine digitali. Gli edifici esistenti in questo modo rinascono a nuova vita e riacquistano la loro vocazione produttiva come luoghi di arte, artigianato e cultura, ad essi si aggiungono due nuovi volumi (auditorium / caffette-ria-ristorante e spazi commerciali) dei quali uno, la caffetteria ristorante, posto lungo l’asse longitudinale, rappresenta la connessione tra gli edifici esistenti e la collina retrostante, l’altro, l’auditorium, ruotato di 90° rispetto l’asse longitudinale, costituisce insieme un trait d’union fra le strutture già presenti e una proiezione verso il centro storico della città.

I vecchi piazzali, degradati e soffocati dalla vegetazione spontanea, una volta riqualificati divengono una terrazza verde proiettata sul torrente e sulla città; allo stesso tempo la necessaria realizzazione di livelli a diverse quote permette di sfruttare il livello zero come area di sosta coperta separando i percorsi pedonali da quelli destinati alle auto e rifunzionalizzando la copertura come spazio verde.

Nell’ottica di realizzare un intervento il più possibile compatibile con la natura degli edifici esistenti, non impattante nel contesto ma pur sempre riconoscibile, la scelta dei materiali è ricaduta su texture e finiture tipiche dell’ambito industriale: cemento, acciaio, vetro e marmo. Quest’ultimo, elemento caratteristico dell’architettura della città, viene utilizzato nella sua forma più povera: le scaglie di marmo, scarto di produzione delle lavorazioni, diventano ingrediente base per la realizzazione di un rivestimento murario capace di creare un gioco di pieni e vuoti, di liscio e scabro in una scala cromatica dal bianco dello statua-rio al grigio del bardiglio.

L’elaborazione di questo progetto mi ha permesso di esplicitare quella che io ritengo sia la visione più organica per il recupero di un’area dismessa: non deve diventare un museo, non deve rimanere un’officina vocata semplicemente alla produzione, non deve essere snaturata come moderno centro direzionale non deve trasformarsi in semplice agglomerato di condomini, ma deve proiettarsi al futuro mantenendo me-moria del passato, ciò si realizza con un recupero filologico dell’esistente, con un’adeguata integrazione tra vecchio e nuovo e infine con una mixitè di attività e di funzioni che diano nuova vita al margine della città.

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