3 - DATI ARCHEOLOGICI
3.1 Ritrovamento di paleoalvei di età etrusca
Per quanto riguarda l’area oggetto di studio è possibile, visto il susseguirsi di ritrovamenti avvenuti negli ultimi 30 anni, usufruire di molti dati di tipo archeologico.
Questi sono risultati molto utili in quanto hanno permesso di definire con maggiore accuratezza i paleoalvei del Serchio.
Infatti, le più antiche testimonianze di età preistorica e protostorica nell’area in esame consistono nella segnalazione sulle colline delle Cerbaie, a casa Grugno e al Poggetto di Orentano, di manufatti litici su ciottoli attribuiti alla Pebble Culture, termine con il quale vengono indicate le prime industrie umane (Ciampoltrini et al,1987). Nello specifico risulta essere densa di testimonianze, specialmente di età etrusca l’area compresa tra Paganico (Comune di Capannori) e Fossa Nera (Comune di Porcari) nella quale è stato possibile ricostruire un “paesaggio etrusco con fiumi e strada”. In quest’area (Fig. 3.1.1) gli scavi per il tracciato del metanodotto (1994-1996) hanno permesso di portare alla luce due paleoalvei definiti “Area A” ed “Area B” (Fig. 3.1.2; 3.1.3), riferibili all’età Etrusca (Ciampoltrini, 2005).
Viene di seguito riportata una descrizione fedele (Ciampoltrini, 2005), della successione stratigrafica rinvenuta durante lo scavo dei paleoalvei.
L’alveo A era sepolto, sotto il terreno agricolo, da uno strato di limo giallo marrone caratterizzato dalla presenza, sporadica, di frammenti laterizi e ceramici fluitati, prevalentemente di età etrusca, che, con una superficie inferiore dal profilo discontinuo, raggiungeva talora i -1,10/1,50 metri dal piano di campagna moderno, coprendo direttamente, per circa metri 15, il suolo in cui si apriva il tracciato del corso d’acqua. L’argine del fiume è costituito da argilla giallastra con aree ossidate, tagliata di netto dall’alveo e profilo bruscamente discendente da nord a sud; il sedimento si estende all’intera superficie documentata e copre argille azzurre plastiche con aree ossidate, segno evidente di idromorfia parziale.
Il letto del fiume è segnato da un deposito di grosse ghiaie miste a sabbia che restituisce minuti frammenti di parete di ceramica d’impasto con scisti microclastici, riconducibili alle produzioni etrusche del VI-V secolo a.C. Il progressivo seppellimento dell’alveo fluviale si manifesta con una complessa sequenza di stratificazioni che permettono solo nelle grandi linee di intuire la dinamica. Un deposito di limi e argille grigie, con piccoli elementi lignei e lenti di sabbia, prelude all’episodio cui devono essere ricondotti gli strati a dominante matrice sabbiosa: sabbie
grigio-giallastre con ramaglie in disfacimento, sabbie grigio giallastre caratterizzate dalla presenza più cospicua di ramaglie spezzoni di rami; sabbia grigia fine con piccoli elementi lignei.
Ad episodi di parziale ostruzione del corso d’acqua si intercalano probabilmente fasi di ripresa di attività, fino all’obliterazione finale. Ai sedimenti di sabbia grigio-verdastra con elementi lignei e di sabbia con ghiaia, forse indice di un momentaneo recupero dell’attività fluviale, segue,- probabilmente indice di un momento di magra- una sedimentazione argillosa di colore marrone-chiaro probabile esito dell’accumulo di materiale organico in disfacimento, su cui si forma, sulla sponda, una sacca di argilla grigio-verdastra con materiale organico e un potente deposito di sabbia e limo verdastro con venature gialle e caratterizzato dalla presenza di numerose lenti di
Fig. 3.1.1 Ubicazione dei saggi dove sono stati ritrovati i due presunti paleoalvei del Serchio (Ciampoltrini, 2005).
sabbia pura e di minutissima ghiaia.
L’episodio di occlusione finale è dato dalla sequenza di legname depositato sul fondo dell’alveo, coperto da sabbia gialla con venature grigiastre su cui si accumulano sabbie giallastre con venature di argilla grigia e, in una successione in cui episodi di sedimentazione si alternano ad altri di dilavamento, sacche di sabbia e limo, suggellate infine dal deposito di sabbie e limo di colore giallo-grigiastro con aree ossidate che livella definitivamente l’alveo fluviale. Meno complessa risulta essere la sequenza di ostruzione del secondo alveo incontrato a circa 250 metri a sud del primo. Gli argini sono costituiti anche in questo caso dal sedimento limo-argilloso formato su argilla plastica.
Il colmamento dell’alveo è avviato da un deposito di sabbia con elementi lignei, più consistenti per numero e pezzatura nella faccia superiore, in cui giacciono poggiati su uno strato di sabbia grigio-verdastra mista a ghiaino fine due elementi lignei di pezzatura maggiore privi di tracce di lavorazione. Segue la formazione di sabbie grigio-verdastre e sabbie grossolane su cui è possibile incontrare un episodio di vita di sponda: la fossetta riempita di terra grigia argillosa con abbondanti resti di radici potrebbe infatti essere esito dell’apparato radicale di un albero vissuto sul margine meridionale dell’alveo. Il deposito di limo e sabbia grigia caratterizzato da aree ossidate suggella definitivamente l’alveo dopo la formazione della lente di sabbia grossolana incontrata solo sulla sezione occidentale. I sedimenti limo-argillosi si accumulano infine sull’area ormai non più percorsa dal fiume fino alle opere di bonifica di età moderna che lasciano traccia in due fosse riempite di terra nerastra con scaglie calcaree. A differenza dei pochi materiali ceramici almeno latamente collocabili fra VI e V sec. a.C. che consentono almeno di recuperare l’orizzonte di attività dell’alveo A, il saggio dell’alveo B non ha offerto alcun dato cronologico (Ciampoltrini, 2005).
Nel 2004 un saggio richiesto dalla Soprintendenza per chiarire la natura di un accumulo di pietre collegate a stratificazioni etrusche del V sec. a.C., ritrovato durante la campagna di scavi del 2007 portò alla luce un manufatto stradale. I saggi successivi permisero di incontrare un primo glareato costruito con ciottoli fluviali la cui datazione è indicata da frammenti ceramici etruschi di età tardo arcaica finiti nel manto inghiaiato e da altri materiali di età etrusca tardoarcaica e classica che coprendolo costituiscono un secondo glareato costituito da ciottoli di arenaria. Così come ipotizza Ciampoltrini, è proprio sulla sede di questo manto stradale che possono essere collocati gli eventi ambientali che spazzano buona parte delle sedimentazioni etrusche della piana dell’Auser, nella parziale dislocazione della copertura e nella sequenza delle dislocazioni alluvionali incise da opere di bonifica di età medioevale che vanno a tagliare il manto stradale etrusco.
saggiare la progressiva urbanizzazione di alcuni tratti del dosso dell’Auser a discapito della densità di insediamenti riscontrata nel tratto meridionale della bassa piana dell’Auser stesso. Sicuramente questa migrazione è data dalla presenza di un nuovo paesaggio inciso da alvei di rottura dell’Auser variamente attivi che con andamento genericamente NW-SE costringono l’insediamento a spostarsi sugli alti dossi.
Vengono di seguito riportate le scansioni delle immagini delle successioni stratigrafiche rinvenute nei paleoalvei “A” e “B”. Le sezioni sono state tagliate trasversalmente rispetto al paleoalveo e viene mostrata sia la parete orientale che quella occidentale.
Fig. 3.1.2 Sezione stratigrafica del paleoalveo A: parete orientale, sopra; parete occidentale, sotto (Ciampoltrini, 2005).
Fig. 3.1.3 Sezione stratigrafica del paleoalveo B: parete orientale, sopra; parete occidentale, sotto (Ciampoltrini, 2005).