CAP. 4 – SEMEIOTICA ECOGRAFICA DEL FEGATO,
COLECISTI E VIE BILIARI
In questo capitolo non ci limiteremo a descrivere i segni ecografici che indicano le affezioni delle vie biliari ma, visto che spesso vi è associazione tra le patologie delle varie componenti del fegato, riporteremo, oltre ai segni ecografici normali delle vie biliari, anche quelli riguardanti parenchima epatico e strutture vascolari.
PARENCHIMA EPATICO
Il parenchima epatico si riconosce facilmente per la sua posizione craniale nell’addome e per il fatto che sia modellato, cranialmente, sul diaframma. Il diaframma apparirà sul monitor come una linea tanto più brillante quanto più il fascio ecosonoro lo intersecherà perpendicolarmente.
Presenta un’ecostruttura più grossolana di quella splenica ed omogenea dovuta alla associazione di grasso, fibre, epatociti.
La sua ecogenicità è:
- inferiore a quella del legamento falciforme e della milza. Negli animali obesi il grasso contenuto nel legamento falciforme può separare il parenchima dalla parete addominale ventrale: è facilmente distinguibile dal parenchima per la sua trama più “grossolana” e l’ecogenicità superiore;
- leggermente superiore o uguale a quella della corticale renale (Fig 4.1, Fig 4.2).
Fig 4.1 – Confronto tra parenchima epatico e splenico. Il fegato appare più ipoecogeno rispetto alla milza.
Fig 4.2 – Confronto di ecogenicità tra corticale renale ed il parenchima epatico e splenico.
Al di sotto della colecisti il parenchima appare più ecogeno che in altri settori a causa dell’artefatto di “rinforzo posteriore di parete”.
Sono stati eseguiti vari studi per definire le dimensioni epatiche e lo standard di normalità (Godshalk C.P. e coll., 1988; Barr F., 1992). Questi hanno permesso di stabilire che il sesso non influenza le dimensioni del fegato, contrariamente al peso corporeo ed alla conformazione del cane (misure epatiche maggiori si sono riscontrate nei cani a torace stretto e profondo rispetto a quelli con torace largo). Ma non hanno comunque consentito di stabilire un metodo di calcolo utile, a causa dell’assenza di correlazione tra le misure lineari ed il volume epatico. Per valutare le dimensioni epatiche il metodo più semplice, probabilmente, è la radiologia: tale valore rimane invece un parametro soggettivo nell’ecografia. Esistono, tuttavia, alcuni criteri per definire le dimensioni del fegato:
aspetto dei margini dei lobi che sono normalmente sottili con contorni regolari ed apice acuto: un arrotondamento è sintomo di ipertrofia;
il parenchima epatico normale non oltrepassa, se non centralmente, l’ipocondrio;
si sospetta epatomegalia quando il lobo caudato si estende oltre il terzo craniale del rene destro quando il suo contorno è arrotondato; si sospetta epatomegalia quando aumenta la distanza tra stomaco e
diaframma.
In generale, comunque, un’idea di massima si può ottenere valutando la relativa facilità (maggiore dimensione) o difficoltà (dimensioni ridotte) ad individuare il fegato (Chetboul V. e coll., 2003).
STRUTTURE VASCOLARI
1. L’arteria epatica non è normalmente visibile a meno che non disponiamo di un Doppler a codice di colore (Chetboul V. e coll., 2003).
2. La vena cava caudale si evidenzia facilmente grazie alla sua posizione dorsale e spostata a destra rispetto alla vena porta. Il suo diametro può diminuire se viene applicata una compressione della sonda sulla parete addominale, inoltre, subisce delle variazioni con la respirazione (aumenta durante l’inspirazione e diminuisce con l’espirazione). Le vene epatiche o sovraepatiche che presentano contenuto anecogeno ed assenza di una struttura parietale evidente (ad eccezione dei tratti di sbocco nella vena cava caudale). Tali vene sono facilmente evidenziabili nel punto in cui raggiungono la vena cava caudale (sulla faccia diaframmatica del fegato), in virtù del maggiore diametro che raggiungono in tale distretto. Il loro percorso è grossolanamente rettilineo. La respirazione influenza considerevolmente le loro dimensioni.
3. La vena porta è il vaso che trasporta al fegato il sangue proveniente dagli organi deputati alla digestione. Nasce dall’unione delle vene mesenteriche e dalla vena splenica. Si sviluppa parallelamente e centralmente alla vena cava caudale la quale è situata leggermente più a destra. Poco prima del suo ingresso nella scissura incontra leggermente a destra del piano mediano, la vena gastroduodenale. I rami portali che originano direttamente dalla vena porta a livello dell’ilo epatico e si distinguono dalle vene epatiche per la presenza di un sottile bordo iperecogeno: questa “pseudo immagine” di parete corrisponde all’associazione di tessuto adiposo, fibroso, ai tragitti dei nervi, delle vie biliari e delle arterie. In corso di insufficienza cardiaca destra le vene sovraepatiche sono dilatate e possono essere delimitate da una
anche se, prima di raggiungere la vena cava caudale, possono assumere un andamento tortuoso (Fig 4.3).
Fig 4.3: a – Vene sovraepatiche (VSE) con contenuto anecogeno ed assenza del contorno iperecogeno parietale. b – Vena porta (VP) in sezione longitudinale, contorno iperecogeno parietale.
STRUTTURE BILIARI
Colecisti
Risulta facilmente identificabile, meglio se dopo digiuno da almeno 24 ore, sulla destra del piano sagittale mediano, posizionata tra il lobo quadrato ed il lobo mediale destro. Ha forma piriforme in sezione longitudinale oppure rotonda, ovale in sezione trasversale (Fig 4.4).
Fig 4.4: a – Colecisti in sezione longitudinale. b – Colecisti in sezione trasversale.
La sua parete sottile e regolare non è visibile se non quando gli ultrasuoni la intersecano perpendicolarmente. La colecisti è normalmente priva di echi, quindi, appare come una formazione con contenuto anecogeno a motivo del suo contenuto biliare. E’ caratterizzata da un rinforzo acustico posteriore che rende la parete distale (rispetto alla sorgente di emissione degli echi) più ecogena e quindi maggiormente evidente, e da ombre acustiche laterali. Un particolare artefatto acustico di riverberazione, detto “effetto specchio”, riflette l’immagine del parenchima epatico al di sotto del diaframma simulando una seconda colecisti (da non confondere con l’anomalia congenita della doppia colecisti dove le due
vescicole sono entrambe dalla stessa parte del diaframma) (Spaterna A. e coll., 2000; Chetboul V. e coll., 2003).
Le dimensioni della colecisti sono maggiori quando l’animale è a digiuno. Può raggiungere il diaframma, cranialmente, quando dilatata.
In cani sani, la parete della colecisti, meglio osservabile dopo svuotamento, appare spessa 2-3mm misurata longitudinalmente o trasversalmente (Spaulding K.A., 1993; Besso J.G. e coll., 2000). Nella parete della colecisti non distesa si può apprezzare la stratigrafia:
- strato iperecogeno interno (mucosa);
- strato ipoecogeno intermedio (tonaca muscolare);
- strato iperecogeno esterno (sierosa) (Spaterna A. e coll., 2000; Center S.A., 2009).
Vari metodi sono stati usati per calcolare il volume della cistifellea utilizzando le misure osservate con l’ecografia: metodo della somma dei cilindri (Everson G.T. e coll., 1980; Hopman W.P.M. e coll., 1985; Hashimoto S. e coll., 1995), metodo del singolo cilindro (Weiner I. e coll., 1981), metodo dell’ellisse (Dodds W.J. e coll., 1985; Jonderko K. e coll., 1992; Finn-Bodner S.T. e coll., 1993; Besso J.G. e coll., 2000), ma Atalan G. e coll., nel 2007 hanno visto che la formula che ha dato la migliore stima del volume della cistifellea è quella calcolata per la stima del volume della vescica urinaria umana (Hakenberg O.W. e coll., 1983):
V= 0,625 x L x W x (DT+DL/2) dove:
L è la massima lunghezza della cistifellea ottenuta su una sezione longitudinale;
DL è la massima profondità ottenuta su una sezione longitudinale che va dalla parete dorsale alla ventrale;
DT è la massima profondità ottenuta su una sezione trasversale che va dalla parete dorsale alla ventrale.
Condotti biliari
In condizioni normali non sono apprezzabili (Spaterna A. e coll., 2000; Chetboul V. e coll., 2003).
Condotto cistico e condotto coledoco
In condizioni normali (Chetboul V. e coll., 2003) o in condizioni particolari come in seguito ad un pasto (Spaterna A. e coll., 2000) si può apprezzare il condotto cistico e, a livello dell’ilo epatico, la parte prossimale del condotto coledoco. Il condotto coledoco appare come una struttura tubulare di 1-3mm di diametro, ventrale alla vena porta e caratterizzato da parete iperecogena (Chetboul V. e coll., 2003).
E’ possibile, a volte, identificare la papilla duodenale sotto forma di una piccola zona iperecogena che interrompe la parete duodenale nel tratto discendente (Borgarelli M. e coll., 1998).