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Capitolo 4 Verso un modello in vitro di lobulo epatico

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Verso un modello in vitro di

lobulo epatico

L’obiettivo del presente lavoro di tesi è realizzare, su un substrato di silicio, una struttura tridimensionale che replichi l’architettura tipica del lobulo epatico, la più piccola unità funzionale del fegato (Paragrafo 1.3). La presenza dei sinusoidi, disposti a raggiera intorno alla vena centrolobulare e separati gli uni dagli altri da cordoni di cellule parenchimali, rende la geometria del sistema da riprodurre molto complessa. La progettazione del microambiente si complica ulteriormente se si considera la morfologia dell’endotelio delle pareti sinusoidali, caratterizzato da clusters di finestre che permettono sia lo scambio di ossigeno e nutrienti tra il sangue e gli epatociti, che la comunicazione intercellulare.

Questo studio si propone di realizzare un microambiente nanostrutturato che tenga conto degli aspetti geometrici descritti in precedenza. Il sistema che si vuole ottenere, rappresentato in Figura 4.1, consiste di microcanali paralleli progettati per ricreare in vitro l’organizzazione degli epatociti in cordoni, tipica dell’architettura lobulare. Un’architettura analoga, ma senza collegamenti nanostrutturati tra canali attigui, è stata utilizzata con successo nell’ambito di una collaborazione tra il gruppo di ricerca del Prof. Barillaro del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e il Mawson Institute dell’University of South Australia. In particolare, questo studio ha dimostrato (dati non ancora pubblicati) che, ad un mese dalla semina degli epatociti su microcanali di silicio, la loro vitalità cellulare, in termini di produzione di albumina e urea, è molto maggiore rispetto a quella di epatociti coltivati su un una

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

2 piastra di Petri. Sulla base di questi risultati sperimentali e nota la morfologia in vivo delle pareti dei sinusoidi, l’idea è di realizzare delle cavità di dimensioni nanometriche tra le pareti dei microcanali, che le attraversino interamente, in modo da garantire la comunicazione tra cellule alloggiate in microcanali adiacenti. La superficie del silicio, scelto per realizzare questa struttura, se necessario, può essere convertita in ossido di silicio (SiO2) per migliorare la biocompatibilità del

substrato.

I microcanali nanostrutturati sono pensati per essere parte, in futuro, di un dispositivo microfluidico (Micro-Electro-Mechanical-Systems - MEMS), che integri un sistema per il drenaggio del mezzo di coltura in grado di simulare il flusso sanguigno nei sinusoidi epatici e la diffusione di ossigeno e nutrienti.

Figura 4.1: Rappresentazione della struttura tridimensionale che si vuole realizzare (il modello non è in scala). La comunicazione tra i microcanali è garantita dalla presenza di nanopori che ne attraversano interamente le pareti.

4.1 Strategie di realizzazione di microcanali nanostrutturati

La realizzazione su un substrato di silicio della struttura tridimensionale costituita di microcanali nanostrutturati, mostrata in Figura 4.1, ha richiesto uno

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

3 studio preliminare per individuare la strategia di realizzazione più appropriata al raggiungimento dell’obiettivo.

Sono stati individuati tre approcci possibili per ottenere la futura struttura da microfabbricare:

i. Realizzare dei microcanali sul silicio e, in una fase successiva, creare i nanopori sulle pareti (Figura 4.2);

ii. Realizzare, prima, i canali di dimensione nanometrica paralleli alla superficie del substrato di silicio e, poi, i microcanali (Figura 4.3); iii. Realizzare simultaneamente, in un unico passo di processo,

microcanali con nanopori sulle pareti (Figura 4.4).

Figura 4.2: Rappresentazione di un substrato di silicio (a) su cui sono realizzati microcanali (b) e successivamente dei nanopori (c)

Figura 4.3: Rappresentazione di un substrato di silicio (a) reso poroso (b) prima della realizzazione dei microcanali (c)

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4 Figura 4.4: Rappresentazione di un substrato di silicio (a) processato per ottenere microcanali nanostrutturati che si sviluppano parallelamente alla superficie del substrato (b) in un’unica fase di lavorazione

La richiesta di due fasi di lavorazione, che caratterizza le prime due strategie individuate, comporterebbe un elevato dispendio di tempo ed energia, con un conseguente aumento del costo di produzione. Inoltre, la necessità di ricorrere a tecniche di fabbricazione diverse per le due fasi di lavorazione implicherebbe la stima di un cospicuo insieme di parametri, probabile causa dell’aumento della percentuale di errore che può portare al fallimento della lavorazione. La terza strategia, richiedendo invece un unico stadio di lavorazione, permetterebbe la realizzazione di un prodotto finale più preciso. L’eliminazione del trasferimento del substrato da una fase a quella successiva, infatti, ne ridurrebbe le possibili contaminazioni, altra probabile causa del fallimento della lavorazione. L’individuazione dei parametri ottimali per il controllo del processo di produzione risulterebbe altrettanto complessa, ma i tempi di fabbricazione sarebbero minori, con un risparmio in termini di energia e costi di produzione.

Da quest’analisi emerge che la strategia più vantaggiosa per ottenere la struttura desiderata è quella che prevede un unico stadio di lavorazione e, pertanto, è stata quella selezionata in questo lavoro di tesi.

Sebbene l’obiettivo futuro di questo studio sia la realizzazione di microcanali nanostrutturati in silicio che si sviluppano parallelamente alla superficie del substrato, in questo lavoro di tesi si è scelto di mettere a punto il processo di fabbricazione simultaneo di micro e nano-strutture su matrici di microcanali che si sviluppano perpendicolarmente alla superficie del silicio (Figura 4.5).

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5 Figura 4.5: Rappresentazione di un substrato di silicio (a) processato per ottenere microcanali nanostrutturati che si sviluppano perpendicolarmente alla superficie del silicio (b) in un’unica fase di lavorazione.

Nel capitolo successivo saranno discusse, seppur sommariamente, alcune tecniche di realizzazione dei MEMS per comprendere le ragioni che hanno portato, nello svolgimento di questo lavoro di tesi, all’utilizzo del processo di etching elettrochimico del silicio (Capitolo 3).

4.2 Tecniche standard di microlavorazione del silicio

Attualmente, i dispositivi di tipo MEMS sono molto diffusi in diversi settori, come quello biomedico, delle telecomunicazioni, del monitoraggio ambientale, dell’automazione industriale, dell’ottica.

Le tecnologie per la fabbricazione dei MEMS si basano sulle tecniche standard per la realizzazione dei circuiti integrati, come la fotolitografia, la deposizione di film sottili, i processi di etching, bonding ed assemblaggio [55-57], e consentono la realizzazione di dispositivi miniaturizzati che integrano, sullo stesso substrato, componenti elettriche, meccaniche, ottiche e microfluidiche [54].

È possibile distinguere in due classi i metodi utilizzati per fabbricare dispositivi MEMS:

 Surface micromachining;  Bulk micromachining.

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6 Il “surface micromachining” è una tecnica che permette di realizzare MEMS tramite deposizione, su opportuni substrati, di strati sovrapposti di materiali, dielettrici e metallici, e successiva modellazione e incisione degli stessi. Le microstrutture ottenute sono in rilievo rispetto alla superficie del substrato e la loro geometria è definita mediante l’utilizzo di tecniche fotolitografiche [57]. La realizzazione, ad esempio, di strutture sospese, come membrane e ponti, avviene grazie alla rimozione altamente selettiva dei film sacrificali senza intaccare la forma desiderata del film strutturale. Gli strati sacrificali sono depositati, infatti, sotto quelli strutturali per essere successivamente rimossi tramite tecniche di attacco selettivo.

Il “bulk micromachining” si differenzia dal precedente in termini di materiale utilizzato come substrato, che tipicamente è il silicio monocristallino [55]. In questo caso, il substrato non si limita a fungere da base meccanica rigida, come succede nel “surface micromachining”, ma le microstrutture vi sono realizzate all’interno mediante la rimozione selettiva di porzioni di silicio [56]. Lo spessore delle strutture realizzate con questa tecnica ha dimensioni che variano da pochi nm a 200÷500 μm (l’intero spessore del wafer di silicio), mentre le dimensioni laterali possono variare da pochi μm a 75÷200 mm (l’intero diametro del wafer) [58]. Sfruttando le caratteristiche di etching anisotropo del silicio cristallino, questi processi di fabbricazione consentono di realizzare, con elevata precisione, strutture tridimensionali complesse, come scanalature, canali, pozzi piramidali, membrane e ugelli [55].

Il processo di attacco chimico per la rimozione controllata di materiale (e in particolare di silicio) attualmente più diffuso, sia nell’ambito del “surface micromachining” che del “bulk micromachining”, è il Reactive Ion Etching (RIE). Le microstrutture in silicio, realizzate con questo processo di tipo dry, sono caratterizzate da un aspect ratio, definito come il rapporto tra la profondità e la larghezza di una cavità nel substrato, inferiore a 30. Con l’ausilio di tecniche fotolitografiche, questo processo consente di realizzare delle strutture di dimensioni micrometriche. Riferendoci all’applicazione specifica per questo studio, quindi, consentirebbe la realizzazione solo dei microcanali.

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7 L’electrochemical etching in soluzione acquosa a base di HF è una tecnica wet ad elevato aspect ratio ( >30) che consente di combinare, simultaneamente, la micro e nano-strutturazione del silicio. In particolare, mentre è necessario definire la geometria delle strutture micrometriche tramite tecniche fotolitografiche, come nel caso precedente, le componenti nanometriche sono realizzabili grazie a caratteristiche proprie della chimica e fisica del processo di dissoluzione elettrochimica del silicio. Per questa ragione, e per la semplicità e il basso costo che caratterizzano l’electrochemical etching del silicio, questo processo è stato ritenuto più consono per l’applicazione proposta.

4.3 Realizzazione di microcanali nanostrutturati

Come detto in precedenza, nonostante l’obiettivo futuro di questo studio sia la realizzazione di microcanali nanostrutturati in silicio che si sviluppano parallelamente alla superficie del substrato, in questo lavoro si è messo a punto il processo di fabbricazione simultaneo di micro e nano-strutture su matrici di microcanali che si sviluppano perpendicolarmente alla superficie del silicio, lavorando, in tal modo, sull’unità elementare per il controllo dell’electrochemical etching, cioè il macroporo (Figura 4.14Figura 4.6).

Figura 4.6: Schematizzazione dei microcanali nanostrutturati paralleli che si sviluppano perpendicolarmente alla superficie del silicio (il modello non è in scala).

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8 I parametri di controllo dell’electrochemical etching del silicio in soluzione acquosa a base di HF, da regolare per realizzare macropori con ramificazioni nanostrutturate, sono la tensione e la corrente di anodizzazione, la presenza o meno di illuminazione dal back, la composizione chimica della soluzione elettrolitica. Di seguito sarà descritto il setup sperimentale per il processo di anodizzazione dei substrati di silicio e saranno discusse le scelte fatte in merito alle soluzioni elettrolitiche e ai parametri di attacco.

4.3.1 Descrizione del setup sperimentale

La cella elettrochimica, utilizzata durante la fase di etching elettrochimico del silicio, è realizzata con un materiale inerte nei confronti dell’HF, il Politetrafluoroetilene (PTFE), comunemente noto come teflon. Le proprietà che lo caratterizzano lo rendono particolarmente favorevole per questo tipo di applicazioni:

 subisce una variazione della durezza solo intorno ai 300°C;  è attaccato solo dai metalli alcalini fusi (come sodio e potassio);  non viene intaccato da acidi e solventi di alcun tipo;

 è un ottimo isolante termico ed elettrico;  non assorbe umidità.

La cella elettrolitica (Figura 4.7) ha tre elettrodi: un catodo, un anodo e un elettrodo di riferimento. Il catodo e l’elettrodo di riferimento sono immersi nella soluzione elettrolitica a base di HF e per questo sono realizzati in platino, materiale inerte rispetto all’HF. Il silicio cristallino da processare costituisce l’anodo del sistema elettrochimico. Il campione è posto in contatto con la soluzione di HF attraverso un foro di diametro 0.9 cm e un O-ring interposto tra silicio e teflon. Il back del silicio è in contatto con un disco di alluminio che permette l’ancoraggio del substrato alla cella con l’ausilio di viti. Il disco di alluminio (Figura 4.7) è forato per permettere l’illuminazione dal back del substrato di silicio, qualora fosse necessario. La soluzione elettrolitica all’interno della cella è mantenuta in agitazione, durante l’attacco, con l’ausilio di

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9 un’ancoretta magnetica in modo da ridurre la formazione di bolle di idrogeno gassoso responsabili della perdita di uniformità dell’attacco. La peculiarità di questa cella elettrolitica è la possibilità di illuminare dal back il campione di silicio, per foto-generare le lacune necessarie al processo di anodizzazione. La lampada utilizzata è alogena, da 250W di potenza e alimentata a 24V. Si interpone un filtro tra lampada e campione per eliminare la componente infrarossa della luce che non contribuisce alla foto-generazione di lacune, ma che induce solo il surriscaldamento del substrato e di tutto il sistema di etching. Una finestra di quarzo migliora la diffusione della luce sull’intera superficie esposta del campione. Il sistema è alimentato mediante un 2410 SourceMeter della KEITHLEY, tramite il quale è possibile imporre la tensione di anodizzazione tra l’anodo e l’elettrodo di riferimento, che non assorbe corrente. Un’unità di controllo della corrente (Controller A – Figura 4.7) consente la misura della corrente tra anodo e catodo durante l’attacco e pilota la lampada, modulandone la potenza, per garantire il mantenimento della corrente di fotogenerazione imposta.

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4.3.2 Effetto dell’agente ossidante sulla morfologia dei macropori nanostrutturati random

Alla luce delle conoscenze acquisite dallo studio della letteratura (Paragrafo 3.4), è emerso che per realizzare dei macropori ramificati nanostrutturati tramite etching elettrochimico del silicio è necessario lavorare ad elevate tensioni di anodizzazione e con soluzioni elettrolitiche ad elevata concentrazione di HF contenenti un agente ossidante.

I substrati utilizzati, per validare sperimentalmente le evidenze teoriche, sono wafer di silicio di tipo n, drogati con fosforo, con orientazione cristallografica (100) e resistività 3-8 Ω·cm, sulla cui superficie è presente uno strato di ossido si silicio, cresciuto termicamente, dello spessore di 200nm. Con l’ausilio di una punta diamantata, sono stati realizzati campioni di 2x2 cm2 e utilizzati tal quali (flat). Prima di procedere con la successiva fase di etching elettrochimico, è stato necessario rimuovere l’ossido di silicio dai campioni. La soluzione utilizzata per l’attacco dell’ossido di silicio è a base di acido fluoridrico (HF) al 48% wt ed etanolo (C2H6O) in rapporto 1:1 (in volume). L’attacco è di tipo isotropo e la

velocità stimata è circa 200nm/minuto.

Le soluzioni elettrolitiche preparate per l’anodizzazione del silicio sono a base di HF al 48% wt. Gli agenti ossidanti scelti per questo studio sono:

 Idrossido di tetrametilammonio - TMAH - al 25% wt [93]  Perossido di idrogeno - H2O2 - al 30% wt [92]

La composizione delle soluzioni utilizzate è riportata nella tabella seguente. Tabella 4.1: Tabella riassuntiva delle soluzioni utilizzate.

Soluzione HF (% v/v) TMAH (% v/v) H2O2 (% v/v) H2O (% v/v)

A 25 25 - 50

B 25 - 15 60

Le soluzioni preparate sono state in una prima fase analizzate attraverso lo studio della caratteristica I-V del sistema silicio/elettrolita, in assenza o meno di

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11 illuminazione. Le caratteristiche I-V sono state ottenute montando un wafer di silicio flat sulla cella elettrolitica. È stata eseguita una scansione in tensione (100mV/s) per registrare l’andamento della corrente al variare di quest’ultima, sia in condizione di assenza di illuminazione, sia illuminando il substrato dal back con la lampada al 100% della sua potenza. Ogni misura è stata eseguita tre volte per tener conto della variabilità sperimentale delle letture. Sono stati quindi effettuati degli attacchi di wafer di silicio flat in soluzioni contenenti TMAH e H2O2, rispettivamente a corrente (100mA) e tensione costante (15V).

Di seguito sono riportate le caratteristiche I-V ottenute per ciascun sistema silicio/elettrolita. Saranno inoltre discussi i risultati ottenuti dall’etching elettrochimico dei substrati di silicio flat nelle soluzioni in esame, esaminati dal punto di vista morfologico attraverso l’utilizzo di un microscopio elettronico a scansione (SEM).

Soluzione HF:TMAH:H2O (1:1:2)

La Figura 4.8 (a) mostra la caratteristica I-V della soluzione elettrolitica a base di HF contenente TMAH, ottenuta in condizione di illuminazione dal back. Il picco di electropolishing si ha nell’intorno di 0.9 V e 60 mA. L’andamento della curva di Figura 4.8 (b), ottenuta in condizione di assenza di illuminazione, mostra che il fenomeno del breakdown si manifesta per tensioni inferiori a 10V, sebbene non sia visibile una rottura della giunzione con passaggio di corrente elevata, ma delle oscillazioni dovute all’ossidazione del silicio in corrispondenza dell’aumento di corrente ed alla rimozione dello strato di ossido ad opera dell’HF in corrispondenza della diminuzione di corrente.

Per valutare l’effetto combinato del TMAH e del fenomeno del breakdown sulla morfologia dei macropori, sono stati eseguiti degli esperimenti di attacco elettrochimico su substrati di silicio flat in condizione di assenza di illuminazione e in modalità galvanostatica, imponendo cioè una corrente di anodizzazione pari a 100 mA. Il valore medio di tensione registrato durante la fase di etching è pari a 28 V. L’attacco elettrochimico è stato eseguito per un tempo pari a 300 secondi, in

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12 quanto, in accordo con quanto dimostrato sperimentalmente da Bao et al. [78], per elevate concentrazioni di HF ed elevate tensioni di anodizzazione, la crescita dei pori è più veloce rispetto a basse concentrazioni di HF e basse tensioni di polarizzazione. L’immagine SEM di Figura 4.9 mostra che l’anodizzazione del silicio flat in queste condizioni porta alla formazione di macropori con connessioni interporo di tipo nanometrico, come ci si poteva attendere sulla base della letteratura.

Figura 4.8: Caratteristica I-V del sistema silicio n/ HF(25%):TMAH(25%). a) Andamento della caratteristica in condizione di illuminazione dal back; b) Andamento della caratteristica in condizione di buio.

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13 Figura 4.9: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione di silicio flat attaccato, in condizione di assenza di illuminazione, con la soluzione elettrolitica contenente TMAH. La corrente di anodizzazione è costante, pari a 100mA, la durata dell’attacco è 300 secondi e la tensione massima misurata è 28V.

Soluzione HF: H2O2:H2O (5:3:12)

La Figura 4.10 (a) mostra la caratteristica I-V della soluzione elettrolitica a base di HF contenente H2O2, ottenuta in condizione di illuminazione dal back. Il

picco di electropolishing si ha nell’intorno di 0.5 V e 55 mA. L’andamento della curva di Figura 4.10 (b), ottenuta in condizione di assenza di illuminazione, mostra che il fenomeno del breakdown si manifesta, anche in questo caso, per tensioni inferiori a 10V. Le oscillazioni di corrente per tensioni maggiori di quella di breakdown sono, anche in questo caso, imputabili a fenomeni di formazione/dissoluzione di ossido di silicio che disattiva/attiva il passaggio della corrente stessa.

Anche in questo caso, per valutare l’effetto combinato dell’H2O2 e del

fenomeno del breakdown sulla morfologia dei macropori, sono stati eseguiti degli esperimenti di attacco elettrochimico di substrati di silicio flat di tipo n in condizione di assenza di illuminazione dal back. Si è imposta una tensione di anodizzazione pari a 15V, un valore selezionato perché superiore sia al valore della tensione di breakdown riscontrato sperimentalmente, sia al minimo valore

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14 teorico di tensione di breakdown, pari a 10V, per substrati con densità di drogaggio inferiore a 1017cm-3 [73]. L’attacco elettrochimico è stato eseguito per un tempo pari a 300 secondi e la corrente media misurata è circa 13 mA.

Figura 4.10: Caratteristica I-V del sistema silicio n/ HF(25%):H2O2(15%). a) Andamento della

caratteristica in condizione di illuminazione dal back; b) Andamento della caratteristica in condizione di buio.

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15 L’immagine SEM di mostra che i pori ottenuti dall’anodizzazione del silicio flat in queste condizioni sono caratterizzati da una maggiore densità di pori laterali rispetto a quelli di Figura 4.9. La ragione di questa differenza è legata, presumibilmente, al più elevato potere ossidante dell’H2O2 rispetto al TMAH

[92].

Figura 4.11: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione di silicio flat attaccato, in condizione di assenza di illuminazione, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La

tensione di anodizzazione è costante, pari a 15V, la durata dell’attacco è 300 secondi e la corrente massima misurata è 13mA.

Alla luce dei risultati ottenuti in questa prima fase della sperimentazione, la morfologia più adatta per l’applicazione proposta in questo lavoro di tesi risulta essere quella ottenuta utilizzando la soluzione elettrolitica ad elevata concentrazione di HF contenente H2O2.

4.3.3 Realizzazione di matrici ordinate di macropori nanostrutturati

Utilizzando la soluzione elettrolitica contenente perossido di idrogeno, sono state realizzate matrici ordinate di macropori, mediando, come vedremo in seguito più nel dettaglio, l’effetto del breakdown, che garantisce la nanostrutturazione dei

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16 pori, e del rifornimento di lacune fotogenerate dal back, che permette di aumentare il diametro del poro centrale.

Per questo scopo sono stati utilizzati wafer di silicio di tipo n, drogati con fosforo, con orientazione cristallografica (100) e resistività 3-8 Ω·cm, sul cui strato superficiale di ossido di silicio (spessore 298nm) è stata definita una matrice di fori a sezione quadrata di periodo 3.5µm (Figura 4.12).

Figura 4.12: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in pianta) dei wafer di silicio litografati.

Il trasferimento della geometria dall’ossido di silicio al substrato di silicio è stato eseguito con un attacco anisotropo in soluzione acquosa di idrossido di potassio (KOH) al 25%, che presenta una velocità di attacco del silicio fino a cento volte maggiore rispetto a quella dell’ossido di silicio, che, pertanto, è utilizzato per schermare l’attacco. Poiché il KOH è un attacco anisotropo rispetto alle direzioni cristallografiche, sul substrato con orientazione (100) produce, nelle aree di silicio esposto, piramidi invertite (Figura 4.13) i cui vertici costituiranno i siti per la nucleazione dei pori durante la successiva fase di etching elettrochimico.

L’attacco in KOH è effettuato ad una temperatura di 50°C costante per tutta la durata dell’attacco. Il tempo di attacco dipende dalla geometria e, in questo caso, sono necessari 15 minuti per completare la formazione delle piramidi invertite. Al termine della procedura, è stato eseguito un lavaggio dei campioni in

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

17 acqua deionizzata per eliminare eventuali residui di KOH. I campioni sono stati, infine, asciugati in flusso di azoto.

Figura 4.13: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in pianta) della matrice di pori dopo il KOH.

Prima di procedere con l’etching elettrochimico, è necessario rimuovere l’ossido di silicio dai campioni su cui è stato trasferito il pattern di pori. La soluzione utilizzata per l’attacco dell’ossido di silicio è a base di acido fluoridrico (HF) al 48% ed etanolo (C2H6O) in rapporto 1:1 (in volume). L’attacco è di tipo

isotropo e la velocità stimata è circa 200nm/minuto.

La Tabella 4.2 riassume, schematicamente, i parametri degli esperimenti di etching realizzati su substrati di silicio patternati con la soluzione elettrolitica a base di HF ad elevata concentrazione contenente H2O2. È necessario precisare

che, terminata la procedura di etching, i campioni devono essere asciugati. Per evitare il danneggiamento dei macropori realizzati, si procede sostituendo la soluzione elettrolitica con solventi a bassa tensione superficiale e, successivamente, si elimina la fase liquida per evaporazione. In particolare, il campione è immerso, prima, in acqua deionizzata, successivamente in etanolo e, infine, in pentano. Per favorire l’evaporazione di quest’ultimo, e quindi l’asciugatura, il campione viene appoggiato su un hotplate a 100°C.

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18 Tabella 4.2: Tabella riassuntiva dei parametri di attacco.

Soluzione Tensione (V) Corrente di etching (mA) Tempo di etching (s) Illuminazione B 15 26 300 No B 10 4 300 Si (back) B 15 10 300 Si (back) B 15 16 300 Si (back) B 15 32 300 Si (back)

L’immagine SEM di Figura 4.14 mostra un esempio di matrice di macropori ottenuti anodizzando un substrato di silicio patternato in condizione di assenza di illuminazione, con una tensione pari a 15 V e per un tempo pari a 300 secondi, in soluzione elettrolitica al 25% di HF e 15% di H2O2. I macropori principali ottenuti

si sviluppano in profondità per circa 46µm e il loro diametro medio è circa 0.946µm (Tabella 4.3). Il diametro medio dei canali nanometrici che si sviluppano paralleli alla superficie del substrato è pari a 161nm circa (Tabella 4.3). L’esperimento dimostra che è possibile riprodurre, su un pattern prestabilito di difetti, la morfologia dei pori di Figura 4.11, a parità di condizioni di lavoro.

Tabella 4.3: Diametro medio e deviazione standard delle strutture micro e nano-metriche ottenute dall’etching di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di assenza di illuminazione, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2 a tensione pari a 15V per 300secondi.

Diametro medio (µm) Deviazione standard (µm) Macropori principali 0.946 0.36

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

19 Figura 4.14: Immagine SEM (vista in sezione) di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di assenza di illuminazione, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La

tensione applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 15V. La corrente di buio media misurata è circa 26mA.

Le Figure 4.16 e 4.17 riportano le immagini SEM di substrati di silicio patternati anodizzati in condizione di illuminazione dal back in soluzione contenente perossido di idrogeno per 300 secondi a diverse tensioni di anodizzazione, 10V e 15V. Dal confronto, in termini morfologici, dei due campioni, si evince che variando la tensione di anodizzazione da 10V (Figura 4.16) a 15V (Figura 4.17) si ha un incremento del diametro dei macropori principali (Figura 4.15) mentre la loro profondità è circa costante (Tabella 4.4). Da un’accurata analisi della morfologia del campione in Figura 4.17 risulta evidente che macropori adiacenti sono connessi grazie ai pori laterali cresciuti nelle direzioni cristallografiche <100>.

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20 Figura 4.15: Nel grafico è riportato il valore del diametro medio dei macropori, ottenuti dall’anodizzazione di substrati di silicio di tipo n patternati, per diversi valori di tensione.

Tabella 4.4: Profondità dei macropori in funzione della tensione di anodizzazione Tensione di anodizzazione (V) Profondità dei macropori (µm)

10 40.9

15 39.7

Figura 4.16: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di illuminazione dal back, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La tensione applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 10V. La

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21 Figura 4.17: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di illuminazione dal back, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La tensione applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 15V. La

corrente è 10mA (Potenza della lampada 11-12%).

Per comprendere meglio la natura delle connessioni tra i macropori, ne è stata realizzata una replica in ossido di silicio, utilizzando una tecnica di ossidazione di tipo wet. I substrati di silicio anodizzati sono stati ossidati in forno a una temperatura di 1050°C per 22 minuti per accrescere uno strato di ossido di silicio dello spessore di 250nm. L’ossido ottenuto si estende per metà del suo spessore in aria e per la restante metà all’interno del silicio. Per questa ragione, il diametro delle repliche in ossido delle micro e nano-strutture è maggiore rispetto a quello delle corrispondenti strutture cave e ciò garantisce che siano più robuste e meno soggette a rottura dopo la fase di dissoluzione del silicio che li circonda, eseguita per consentirne la visualizzazione al SEM. In Figura 4.18, riportata di seguito, è possibile riconoscere i macropori principali (), che hanno una sezione a stella (come ci si poteva attendere sulla base della letteratura [74]), e i canali nanometrici () che mettono in comunicazione ogni macroporo con i quattro ad esso adiacenti.

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

22 Figura 4.18: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in pianta) delle repliche in ossido di silicio dei macropori nanostrutturati ( macropori; canali nanometrici).

È interessante analizzare la morfologia dei macropori ottenuti, a parità di tensione di anodizzazione (15V), variando la corrente di etching (IETCH):

 IETCH =10mA (Figura 4.17);

 IETCH =16mA (Figura 4.19);

 IETCH =32mA (Figura 4.20).

Da un’analisi morfologica qualitativa, è possibile affermare che, indipendentemente dal valore della corrente di etching, i macropori adiacenti sono interconnessi. Si osserva che, all’aumentare del valore di IETCH, aumenta il

diametro dei macropori principali (Figura 4.21) mentre la loro profondità (Figura 4.22) e il diametro dei canali nanometrici (Tabella 4.5) è circa costante. La tabella di seguito riporta i valori medi dei diametri dei microcanali principali e dei canali nanometrici in funzione del valore della corrente di etching.

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

23 Tabella 4.5: Diametro (Ø) medio e deviazione standard (dev.std.) dei microcanali principali e dei canali nanometrici in funzione della corrente di etching.

IETCH (mA)

Microcanali principali Canali nanometrici

ØMEDIO (µm) Dev. Std. (µm) ØMEDIO (nm) Dev. Std. (nm)

10 0.471 0.081 265 115

16 0.560 0.165 295 81

32 0.851 0.203 207 63

Figura 4.19: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di illuminazione dal back, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La tensione applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 15V. La

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

24 Figura 4.20: Immagini SEM a diversi ingrandimenti (vista in sezione) di un campione patternato di silicio n anodizzato in condizione di illuminazione dal back, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La tensione applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 15V. La

corrente è 32mA.

Figura 4.21: Nel grafico è riportato il valore del diametro medio dei macropori, ottenuti dall’anodizzazione di substrati di silicio di tipo n patternati, per diversi valori di corrente di etching.

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

25 Figura 4.22: Nel grafico è riportato il valore della profondità dei macropori, ottenuti dall’anodizzazione di substrati di silicio di tipo n patternati, per diversi valori di corrente di etching.

La perdita di regolarità nella crescita dei macropori, che si osserva per elevate correnti di anodizzazione, può essere presumibilmente legata ai fenomeni diffusivi che interessano, in fase di etching, le specie in soluzione. Una diminuzione della concentrazione di HF alla punta del poro, infatti, in accordo con l’equazione 3.1, porterebbe a una riduzione della densità di corrente in corrispondenza della punta che si tradurrebbe in un aumento del diametro del poro (Eq. 3.7). Questo aspetto non risulta essere un problema per l’applicazione proposta poiché fino a una profondità di 20 µm, valore di riferimento per la realizzazione dei microcanali nanostrutturati, non risulta esserci una significativa perdita di regolarità dei pori in nessun caso.

Si è ritenuto interessante indagare singolarmente l’effetto sulla microlavorazione dei due componenti della soluzione elettrolitica HF(25%):H2O2(15%). Pertanto, sono state eseguiti degli esperimenti per valutare

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

26 Tabella 4.6: Tabella riassuntiva delle composizioni delle soluzioni elettrolitiche

Soluzione HF (% v/v) H2O2 (% v/v) H2O (% v/v)

B1 5 15 80

B2 25 - 75

Gli attacchi elettrochimici con le due soluzioni di Tabella 4.6 sono stati eseguiti a tensione di anodizzazione pari a 15 V, con corrente di etching pari a 10 mA e per 300secondi.

I risultati preliminari mostrano che i macropori, ottenuti in una soluzione HF(5%):H2O2(15%), subiscono un cambiamento della morfologia durante la fase

di etching (Figura 4.23 a). Questo cambiamento, presumibilmente, è legato al fatto che la concentrazione di perossido di idrogeno in soluzione è troppa rispetto a quella di HF. Il processo di ossidazione del silicio ad opera dell’H2O2, quindi, è

più veloce di quello di dissoluzione dell’ossido. Si ha, pertanto, dopo una certa profondità, una completa passivazione delle pareti dei pori. Nonostante l’attacco elettrochimico sia eseguito a tensione elevata, questa è sufficiente a indurre la rottura dell’ossido in punta (assimilabile a una giunzione sferica), ma non quello alle pareti (assimilabili a giunzioni cilindriche) che richiederebbe un valore di tensione più elevato. La Figura 4.23 b mostra, invece, l’effetto sulla morfologia dei pori di una soluzione elettrolitica al 25% di HF. Questo esperimento dimostra che l’elevata concentrazione di HF in attacchi elettrochimici a tensione di anodizzazione elevata è responsabile del fenomeno del branching, la cui entità però non è tale da garantire l’interconnessione tra pori adiacenti.

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

27 Figura 4.23: Immagini SEM (vista in sezione) di campioni patternato di silicio n anodizzato in condizione di illuminazione dal back, con la soluzione elettrolitica contenente H2O2. La tensione

applicata, costante per tutta la durata dell’attacco (300 secondi), è pari a 15V. La corrente è 10mA. a) Soluzione elettrolitica HF(5%):H2O2(15%):H2O(80%); b) soluzione elettrolitica HF(25%): H2O(75%).

In conclusione, gli esperimenti condotti hanno dimostrato che è possibile realizzare, su silicio n, macropori nanostrutturati interconnessi tra di loro combinando l’effetto del breakdown e degli agenti ossidanti in soluzioni ad elevata concentrazione di HF, responsabili della formazione di pori nella direzione ortogonale a quella di crescita del macroporo principale, e l’effetto della foto-generazione di lacune dal back, per controllare il diametro dei macropori stessi. La dimensione dei diametri ottenuti, però, non è ancora ottimale per l’applicazione proposta in questo lavoro di tesi.

Per completezza, di seguito è riportato uno schema riassuntivo (Figura 4.24) di tutti gli esperimenti condotti in questo lavoro di tesi. Gli esperimenti del ramo “FS” non sono stati discussi poiché non hanno condotto a risultati soddisfacenti. Gli esperimenti eseguiti, appartenenti al ramo “BS” del macrogruppo “Silicio FLAT”, non sono stati discussi perché non avrebbero introdotto informazioni in più utili alla trattazione.

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Capitolo 4: Verso un modello in vitro di lobulo epatico

28 Figura 4.24: Schema riassuntivo degli esperimenti condotti in questo lavoro di tesi. (DARK=condizione di buio; BS=illuminazione dal back; FS=illuminazione dal front; CONT=contatti della cella elettrochimica; PLAMP=potenza della lampada; IWORK=corrente di lavoro; VWORK= tensione di lavoro)

Figura

Figura 4.1: Rappresentazione della struttura tridimensionale che si vuole realizzare (il modello non è in  scala)
Figura 4.2: Rappresentazione di un substrato di silicio (a) su cui sono realizzati microcanali (b)  e successivamente dei nanopori (c)
Figura  4.4:  Rappresentazione  di  un  substrato  di  silicio  (a)  processato  per  ottenere  microcanali  nanostrutturati  che  si  sviluppano  parallelamente  alla  superficie  del  substrato (b) in un’unica fase di lavorazione
Figura  4.5:  Rappresentazione  di  un  substrato  di  silicio  (a)  processato  per  ottenere  microcanali  nanostrutturati  che  si  sviluppano  perpendicolarmente  alla  superficie  del  silicio (b) in un’unica fase di lavorazione
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