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CAPITOLO 4 BREVI CENNI SULLA "TEORIA DI CREAZIONE DEL VALORE"

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CAPITOLO 4

BREVI CENNI SULLA "TEORIA DI CREAZIONE DEL VALORE"

Il principio della creazione di valore si è affermato intorno agli anni ’80 ed è un prodotto tipico della cultura manageriale anglosassone che ha trovato il successo negli Stati Uniti. In Europa e, specialmente in Italia, non è da molti anni che si parla di creazione di valore anche se, in economia aziendale, è ammesso da tempo che la massimizzazione del valore del capitale è un obiettivo assegnabile all’impresa.

Creare valore significa accrescere la dimensione del capitale economico1cioè il valore dell’impresa intesa come investimento. Il maggior valore che si forma nel tempo, per essere percepito e misurato dagli azionisti risparmiatori deve trasferirsi nel valore di mercato, ossia sui prezzi delle azioni. “ La creazione di valore è un obiettivo non solo

razionale, in quanto determina la priorità di concetti come la ricerca di una crescente capacità reddituale ed il controllo dei rischi; ma anche largamente condivisibile da tutti coloro che hanno interesse alla vita dell’impresa e stimolante della professionalità e della fantasia di imprenditori e managers; ed infine è misurabile.”2 L’obiettivo

riguardante la creazione di valore è razionale perché assegna all’impresa una meta che è perfettamente in sintonia con la sua esigenza fondamentale di sopravvivenza e di sviluppo e perché assegna priorità alla tutela degli interessi degli azionisti. Quest’ultimo punto riveste un obiettivo di massima importanza che deve essere tenuto presente in ogni scelta strategica. L’obiettivo della creazione di valore è di larga accettazione perché assicura la sopravvivenza ed il successo a lungo termine per l’impresa ed è gradito sia dagli azionisti che dai lavoratori e managers. La creazione di valore e la sua periodica misurazione è vista come un modo efficace per stabilire la reale performance dell’impresa. Implicitamente ciò significa che il reddito contabile, espresso dai bilanci, esprime in maniera incompleta tale performance.

1 È il valore dell’azienda ottenuto facendo riferimento alla redditività già dimostrata dall’azienda o da questa auspicabile con relativa certezza nel breve periodo.

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Dal punto di vista gestionale, la creazione di valore è animata dalla ricerca sistematica e continua di tutte le opportunità per accrescere il valore dell’impresa. Tali opportunità non sono da vedere soltanto in alcune scelte di tipo straordinario ma in tutte le scelte rilevanti che riguardano la gestione operativa (migliorando l’esistente, attraverso l’innovazione, ricorrendo ad acquisti e dismissioni, ristrutturando le fonti finanziarie ecc…).

Nel paragrafo che segue viene descritto uno dei metodi utilizzati per la misurazione del valore creato: il metodo EVA.

4.1

IL METODO EVA

L’EVA ( Economic Value Added) è un indicatore studiato negli anni novanta dall’economista americano Bennet Stewart, per la valutazione dell’operato del management e, in generale, dell’azienda. Il principale vantaggio di questo metodo è che giunge ad una misura della prestazione dell’azienda direttamente collegata al valore di mercato della stessa. L’utilizzo dell’EVA permette di correlare le politiche di allocazione delle risorse alla creazione di valore e di ricchezza per gli azionisti. Infatti, sottopone al management la valutazione di ogni progetto non solo in termini di redditività assoluta, ma al costo per finanziare tanto i nuovi investimenti, quanto lo stock di capitale esistente, consente di fissare obiettivi chiari, facilmente comprensibili e di valutare ex-post il grado di raggiungimento degli stessi. Il calcolo dell’EVA permette di individuare le leve per ogni tipo di azione manageriale e di collegare le responsabilità organizzative al conseguimento degli stessi obiettivi e, inoltre, consente di correlare la remunerazione del management a una misura unica e quantitativa che sintetizza il livello di successo individuale nel raggiungimento degli obiettivi. La formula utilizzata per il calcolo dell’EVA è la seguente:

) (WACC CI NOPAT

EVA= − × ovvero: EVA=ROIC−(WACC×CI)

In cui:

NOPAT: Net Operating Profit After taxes, si tratta del reddito operativo depurato

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WACC: Weighted Avarage Cost of Capital, si tratta del costo medio ponderato del

capitale;

ROIC: Return on Investment Capital, dato dal rapporto NOPAT/CI CI: capitale investito.

Il NOPAT e il Capitale Investito sono valori di derivazione contabile. Il NOPAT è il reddito derivante dalla gestione caratteristica dell’azienda dedotte le imposte, al lordo degli oneri finanziari e delle poste contabili non monetarie. Come tale il NOPAT rappresenta l’insieme dei profitti disponibili a fornire una remunerazione monetaria a tutti coloro che hanno investito nell’impresa. L’unica componente non monetaria che viene sottratta nella determinazione del NOPAT è l’ammortamento. Per determinare il

NOPAT, i dati contabili da cui si parte devono essere opportunamente rettificati.

Anche al valore del CI, affinché risulti confrontabile con il NOPAT , devono essere apportate delle rettifiche.

Una lista delle rettifiche necessarie, così come proposta da Bennet Stewart, viene indicata nella seguente tabella:

COMPONENTI DA SOMMARE AL

CAPITALE

COMPONENTI DA SOMMARE AL

NOPAT

Riserva per imposte differite Riserva Lifo

Fondo Ammortamento dell’avviamento Capitalizzazione delle immobilizzazioni immateriali nette

Altre riserve quali:

 riserva rischi su crediti

 riserva per obsolescenza magazzino  riserva per garanzie

 riserva per utili differiti  riserve per spese future

Perdite/Utili straordinari cumulati (dopo le imposte)

= CIR

Incremento delle riserve imposte differite

Incremento della riserva Lifo

Quota d’ammortamento dell’avviamento Incremento nelle immobilizzazioni immateriali nette

Incrementi di altre riserve

Perdite/Utili straordinari (dopo le imposte)

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Il WACC si è detto che rappresenta il costo medio ponderato del capitale. Il costo del capitale rappresenta un elemento di vitale importanza per le imprese, indispensabile nell’adozione consapevole delle decisioni di investimento oppure di abbandono dell’investimento già realizzato quando, si vuole misurare la performance operativa dell’azienda nell’ottica della creazione di valore. La misura del WACC determina l’entità del rischio associato all’impresa che a sua volta dipende da vari fattori. Il WACC è dato dalla somma del costo del capitale proprio e del costo di capitale di terzi, ognuno ponderato per il rispettivo peso sulla struttura finanziaria complessiva. In formula si ha: E D D r E D E r WACC e d + + + = Dove:

re = costo del capitale proprio E = patrimonio netto (Equity) D = indebitamento netto (Debt) rd = costo dell’indebitamento

La determinazione del costo del capitale proprio viene di solito eseguita sulla base di un modello matematico che determina il costo del capitale di rischio quale somma del rendimento di titoli a rischio nullo con un premio per il rischio a sua volta dipendente dalla rischiosità sistematica dell’azienda (misurato con un coefficiente detto Beta). Per il rendimento di titoli a rischio nullo vengono osservati i rendimenti dei titoli di stato a lungo termine. Per la determinazione del premio per il rischio si fa di solito riferimento al rendimento medio, in un dato arco di tempo, di un ampio portafoglio di titoli azionari quotati, assumendo l’investimento borsistico come espressione tipica dell’investimento in capitale di rischio. Il confronto tra tasso risk-free e rendimento del mercato azionario configura il cosiddetto rendimento eccedente, ossia il premio medio accordato dal mercato per il rischio imprenditoriale. Ogni settore è caratterizzato da proprie condizioni operative che possono accentuare o ridurre la sua rischiosità rispetto alla media del mercato. Oltre a ciò ogni azienda presenta una propria struttura finanziaria che può concorrere ad amplificare il rischio operativo. Il rendimento eccedente viene quindi corretto moltiplicandolo per un coefficiente, il coefficiente Beta. Il Beta esprime

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la maggiore o minore variabilità del rendimento del capitale investito nell’azienda rispetto al rendimento medio offerto dal mercato azionario. Insomma, il Beta ci dice se un’azienda presenta un grado di rischio superiore o inferiore rispetto alla media del mercato. Dal punto di vista operativo si incontrano spesso notevoli difficoltà nella stima del coefficiente aziendale Beta, ciò accade soprattutto quando la società non è quotata o anche se quotata, ha dimensioni contenute per essere seguita degli analisti e non sono disponibili beta puntuali attendibili. In tali situazioni il Beta societario può essere determinato in base ad un’analisi di quello che è il Beta di settore sulla base della considerazione che nel medio-lungo periodo il Beta societario converge verso la media del Beta di settore.

Il costo dell’indebitamento non è di solito di difficile determinazione, in quanto è pari mediamente al costo medio del denaro dell’azienda oggetto di valutazione. La via più rapida, generalmente seguita, per determinare questo valore è quella di pesare gli oneri finanziari sul valore dell’indebitamento finanziario. Si tenga presente che il costo dell’indebitamento deve essere diminuito della deducibilità degli interessi passivi, secondo l’aliquota fiscale.

Si fa presente che normalmente il costo del capitale di debito è inferiore al costo del capitale di rischio, agendo sulla leva finanziaria, quindi aumentando teoricamente il debito, fermo restando ogni altro valore, diminuirebbe il costo medio ponderato del capitale. Questo può essere vero sino ad una certa soglia di indebitamento, oltre la quale le banche richiederanno interessi sempre più elevati, sino a raggiungere il blocco dei finanziamenti ed addirittura la richiesta di rientro. Non solo, anche gli azionisti richiederanno rendimenti sempre più elevati, per compensare il maggior rischio associato all’aumento del debito.

Il ROIC esprime la redditività del capitale impiegato senza tenere conto delle modalità di finanziamento.

Come si è detto in precedenza, oggi, il successo del management passa attraverso la soddisfazione degli azionisti. Quanto è maggiore il rischio che un’azienda chiede di sopportare ai suoi investitori, tanto maggiore sarà il costo del capitale e tanto più alto sarà il tasso di rendimento (ROIC) affinché venga creato valore. Un reddito positivo non è sinonimo di creazione di valore per gli azionisti se seguito da un aumento della rischiosità aziendale che compromette la competitività e redditività futura dell’impresa.

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Da ciò ne consegue che il successo aziendale non è misurabile guardando esclusivamente le performance contabili desumibili dal bilancio di esercizio.

La stima del costo del capitale diviene un elemento essenziale per stabilire il tasso di rendimento minimo, di cui il management deve tener conto nei processi di investimento e disinvestimento. Solo gli investimenti con rendimenti superiori al costo del capitale creeranno valore generando flussi di cassa in misura sufficiente a ripagare i debiti contratti per finanziarli e a remunerare in modo opportuno il capitale di rischio.

“Sebbene in ogni attività economica ci siano innumerevoli azioni che si possono

compiere per creare valore, tutte devono rientrare in almeno una delle tre categorie misurate da un incremento dell’EVA infatti cresce se viene migliorata l’efficienza operativa, se vengono accettati progetti d’ investimento economicamente convenienti e se le risorse vengono disinvestite dalle attività non economiche. Precisamente l’EVA cresce quando:

1. cresce il tasso di rendimento realizzato sulle attività esistenti, cioè quando si incrementa il NOPAT senza investire nuove risorse;

2. nuove risorse vengono investite in risorse economicamente convenienti;

3. si disinveste, o non si approvano investimenti aggiuntivi, da attività che

producono un rendimento giudicato inaccettabile.”3

Volendo cercare di mettere in relazione le considerazioni fin qui svolte sulla creazione di valore e l’analisi di bilancio svolta sulla Softec S.p.a., un aspetto che assume rilevante importanza è proprio quello della composizione del capitale (proprio e di terzi). Nel 2005 la presenza di una leva finanziaria negativa e di un quoziente di struttura secondario inferiore all’unità comporta un rischio finanziario molto elevato, che, inquadrato in un ottica di creazione di valore ha sicuramente inciso sul grado di rendimento atteso dagli azionisti. Seppur non si è proceduto al calcolo dell’EVA per l’azienda in questione, si è ritenuto interessante e importante poggiare l’attenzione sugli aspetti maggiormente rilevanti in tema di creazione di valore per evidenziare che l’analisi della gestione, nello scenario attuale del mercato, non può prescindere dalle

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considerazioni svolte. Chi deve prendere delle decisioni in azienda deve saper osservare il suo operato in termini di valore per rendere l’azienda un’azienda di successo.

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