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Capitolo 2 Materiali e metodi

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

Materiali e metodi

Le attuali ricerche in campo scientifico sono sempre più indirizzate verso una miniaturizzazione dello spazio di indagine, concentrando l’attenzione sulle interazioni molecolari che coinvolgono i diversi oggetti di studio. Anche l’Ingegneria Tessutale e tutte le discipline scientifiche che interagiscono con essa si sono concentrate sui meccanismi di interazione che avvengono a livello molecolare e microtopologico, concorrenti ai meccanismi di comunicazione cellulare. Obiettivo ultimo per l’ingegnerizzazione di un tessuto risulta infatti essere la sua riproduzione anatomica e funzionale, tramite un controllo fine delle sue attività cellulari. L’utilizzo di una appropriata combinazione di biomateriali e molecole bioattive con cellule consente di riprodurre gli stimoli meccanici e chimici in grado di indurre i processi cellulari necessari.

Questo capitolo di tesi si concentra sullo studio dei biomateriali utilizzati attualmente per la realizzazione degli scaffold per colture cellulari, focalizzando l’attenzione sui materiali che presentano nuove prospettive di utilizzo per le loro proprietà fisico-chimiche. Dopo aver introdotto le caratteristiche dei materiali, viene presentato uno studio di fattibilità per l’utilizzo di una particolare classe di biopolimeri nelle tecniche di microfabbricazione trattate nel capitolo precedente.

(2)

36

2.1

M

A TERIALI UTILIZZATI PER LA REALIZZAZIONE DE GLI SCAF FOLD

Per la riproduzione di un tessuto funzionale l’Ingegneria Tessutale si propone di utilizzare delle strutture di sostegno, gli scaffold. Queste strutture devono presentare delle caratteristiche peculiari quali l’utilizzo di biomateriali, un elevato grado di porosità e, se possibile, una topologia definita in funzione del tessuto da riprodurre. Recenti studi hanno infatti evidenziato come la topologia degli scaffold possa influenzare la conservazione della funzionalità delle cellule in coltura1,2, promuovendone anche una cresciuta più rapida. Gli scaffold risultano necessari per la riproduzione di una matrice extracellulare sintetica, che orienti l’architettura e l’organizzazione cellulare nello spazio di coltura, al fine di fornire lo stimolo meccanico e chimico necessario per indurre la crescita cellulare e la formazione di un tessuto.

I primi scaffold erano realizzati con PLG (poly-Lactide-co-glycolide), un polimero idroliticamente degradabile ed approvato per l’utilizzo intra-corporeo dalla FDA. Tuttavia gli scaffold fabbricati con questo materiale sono idrofobici, ed inducono le cellule a proliferare in un ambiente fisiologicamente avverso.

Per cercare di riprodurre un ambiente più favorevole gli scaffold sono realizzati con polimeri idrofilici, quali PLLA, PLGA.

2.2

I

DROGEL

,

PR OPRIE TÀ CHIMICO

-

FISICHE

Per la realizzazione di scaffold bioispirati la ricerca scientifica si è rivolta verso l’uso di idrogel. Gli idrogel sono una classe di polimeri altamente idratati (contengono ben più del 30% in peso di acqua)3, formati da lunghe catene polimeriche idrofiliche sintetizzate sia per via naturale che sintetica. Le proprietà meccaniche e l’integrità strutturale degli idrogel è strettamente dipendente dalla formazione dei crosslink, legami chimici o interazioni chimiche istaurate tra catene polimeriche diverse. Gli idrogel per applicazioni di Ingegneria Tessutale devono essere degradabili, con proprietà meccaniche e strutturali simili a quelle dei tessuti e della matrice extracellulare. Inoltre devono mantenere le proprie caratteristiche in ambienti riproducenti quello fisiologico4.

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37 Gli idrogel sono suddivisi in base alla loro origine, sintetica o naturale. Idrogel ottenuti da materiali sintetici sono il poli-etileneossido (PEO), il poli-vinilalcol (PVA), l’acido poliacrilico (PAA), il poli-etileneglicole (PEG), ed alcuni polipeptidi. Mentre da materiali naturali si ricavano polimeri con caratteristiche geliformi quali agarosio, alginato, chitosano, collagene, ed acido ialuronico.

Tuttavia gli idrogel che presentano caratteristiche chimico-fisiche e proprietà meccaniche adeguate per la fabbricazione di scaffold che mantengano stabile la propria forma risultano essere PEO, PVA, PEG, alginato, collagene ed acido ialuronico; ognuno di questi materiali è caratterizzato da una propria struttura chimica, da specifiche reazioni e condizioni di gelificazione e degradazione.

L’utilizzo di idrogel sintetici nella Ingegneria Tessutale è reso possibile grazie alla loro struttura chimica caratteristica ed alle proprietà controllabili e riproducibili, quali:

• peso molecolare; • lunghezza delle catene; • siti di degradazione; • reazione di reticolazione.

In funzione di queste proprietà è possibile caratterizzare opportune reazioni per la sintesi di idrogel, al fine di ottenere caratteristiche meccaniche e di degradazione desiderate per lo scopo di utilizzo. Gli idrogel derivati da composti naturali presentano spiccate caratteristiche somiglianti alla matrice extracellulare, per questo motivo è crescente il loro utilizzo.

2.2.1

I

DR OGEL DI DER IVAZIONE NATURALE

Saranno ora brevemente descritte le caratteristiche e le proprietà di alcuni idrogel naturali, presenti in elevate concentrazioni all’interno di numerose specie biologiche viventi.

Il collagene è un materiale che può trovare un ampio campo di utilizzo nelle applicazioni biomediche. Questo biopolimero è presente in natura in diverse forme, ma la struttura caratteristica della tripla elica rimane sempre costante in esse.

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38 L’acido ialuronico è un biopolimero tra i più semplici appartenenti alla classe dei glicosamminoglicani (GAG), è presente in elevate concentrazioni all’interno di tutti gli organismi5, in particolare nell’uomo è concentrato soprattutto nel fluido sinoviale che circonda le articolazioni. L’acido ialuronico è un polisaccaride lineare, formato da una molecola disaccaride legata (1→4) tra β-D-acido guluronico e N-acetil-β-D-glucosammina. Gli idrogel di acido ialuronico si ottengono con legami covalenti tra catene polisaccaridiche attraverso reazioni di esterificazione o di annealing6,7.

L’alginato è un biopolimero utilizzato in numerose applicazioni mediche, soprattutto per l’incapsulamento delle cellule e per la stabilizzazione ed il rilascio farmacologico. I suoi numerosi campi di applicazione sono dovuti alla scarsa tossicità ed alla facilità di utilizzo dell’alginato in condizioni simili a quelle fisiologiche. L’alginato è un polisaccaride lineare derivato sia dalle alghe brune che dai batteri, è formato da copolimeri di β-D-acido mannuronico (catena M) e di α-L-acido guluronico (catena G) con legame (1→4), presenti in proporzioni variabili.

All’interno della molecola polimerica dell’alginato i monomeri M e G sono legati in blocchi di lunghezza variabile e alternati8,9,10. La lunghezza e la distribuzione di ogni monomero dipende dalla specie, dalla zona di crescita e dall’età dell’alga bruna dalla quale è stato isolato (figura 2.1).

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39 Per la formazione degli idrogel, i legami di reticolazione sono formati da cationi bivalenti quali il calcio (Ca2+), il bario (Ba2+) e lo stronzio (Sr2+) che interagiscono cooperativamente con i blocchi di monomero G o M a formare ponti ionici tra catene diverse8. La densità dei crosslink, le proprietà meccaniche e la grandezza dei pori formati dai ponti ionici del gel, possono essere modificati e controllati al variare del rapporto tra le catene di monomero M e G, e al variare del peso molecolare delle catene polimeriche. I ponti ionici che formano i crosslink dell’alginato non hanno una specifica reazione di degradazione, ma presentano una dissoluzione incontrollata di tali legami. La massa dell’idrogel viene persa man mano che i legami ionici si dissolvono e le catene polimeriche si dividono, ciò comporta una variazione della rigidità meccanica dell’idrogel nel tempo11.

Il chitosano è un polimero ottenuto dalla parziale deacetilazione della chitina, noto anche come poliglucosammina parzialmente acetilata. Esso è un copolimero delle unità (1→4)-2-ammino-2-deossi-β-D-glucopiranosio e (1→4)-2-acetammido-2-deossi-β-D-glucopiranosio, con distribuzione statistica delle due unità all’interno della catena polimerica, e proporzione determinante il grado di acetilazione.

2.3

A

LGINATO

In base alla possibilità di controllare le proprietà chimico-fisiche nonché quelle meccaniche in funzione dei numerosi parametri che lo caratterizzano, l’alginato risulta essere il materiale che più si addice per l’utilizzo nelle tecnologie di microfabbricazione.

Questo biopolimero con comportamento geliforme risulta essere il più appropriato per la realizzazione di scaffold con le tecniche di microfabbricazione viste precedentemente. Per un corretto utilizzo ed una caratterizzazione specifica, risulta necessario analizzare questo biomateriale in tutte le sue proprietà. In questo paragrafo pertanto saranno descritte ed analizzate tutte le proprietà chimiche e meccaniche necessarie per una caratterizzazione precisa delle strutture realizzate. In particolare è necessario porre attenzione sulla struttura chimica dell’alginato per riuscire a comprendere tutti i meccanismi che ne regolano le proprietà successivamente descritte e misurate.

(6)

40 La struttura chimica dell’alginato inoltre non solo influenza notevolmente le caratteristiche meccaniche prima e dopo la reazione di reticolazione, ma anche l’affinità con le specie cellulari che devono interagirvi.

L’alginato, come già accennato, è composto da blocchi di lunghezza variabile di acido mannuronico (M) e di acido guluronico (G), la cui composizione può essere influenzata da diversi fattori. Il monomero che partecipa con interazioni polari più forti alla reazione di reticolazione è l’acido guluronico, mentre l’acido mannuronico presenta delle interazioni più deboli. La differenza dell’intensità delle interazioni di reticolazione è sia di natura chimica che stereotattica, come mostrato in figura 2.2.

Figura 2.2: Interazioni tra catene di alginato e acqua

Nello stato solido le catene polari dell’alginato solitamente legano con uno ione di sodio (Na+), una volta messo in soluzione acquosa questo legame si scinde, il sodio va in soluzione con l’acqua ed i blocchi polari di acido guluronico e mannuronico presentano una porzione polare libera. Se vengono messi in soluzione degli ioni bivalenti in grado di formare delle interazioni relativamente forti con le porzioni polari libere, che non possono essere facilmente idrolizzabili, le catene polimeriche di alginato vengono unite nei punti di reticolazione. La bivalenza dei cationi in soluzione (di solito si utilizza Ca2+) consente la formazione di ponti ionici forti, in grado di tenere unite due catene polimeriche.

La modellazione della reazione di reticolazione dell’alginato non risulta facile in quanto sono numerosi i fattori che possono influenzare tale reazione. Le porzioni di

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41 blocchi G ed M esposti in soluzione, la concentrazione degli ioni bivalenti, la diffusione degli ioni nell’alginato non reticolato e reticolato, i tempi di reazione e la temperatura a cui avviene la reazione sono solo i fattori più importanti da prendere in considerazione per caratterizzare la reazione di reticolazione dell’alginato per formare un idrogel. Inoltre tutti questi fattori risultano concorrenti per modificare le proprietà meccaniche dell’idrogel formato.

La composizione chimica dei polimeri da far reagire, ovvero il rapporto tra monomero M e monomero G, influenza molto anche l’affinità cellulare nei confronti dell’idrogel. Se da una parte un alto contenuto di monomero G migliora notevolmente le proprietà meccaniche e la stabilità dell’idrogel in soluzioni acquose per lungo tempo12, dall’altra parte numerose linee cellulari presentano spiccate attività metaboliche quando interagiscono con alginato ad alta concentrazione di monomero M13. Una scelta critica risulta essere pertanto dettata dallo sviluppo di uno scaffold con determinate proprietà meccaniche equibilanciate da buone interazioni cellulari.

Per la realizzazione di scaffold con alginato risulta pertanto necessaria una corretta caratterizzazione delle proprietà meccaniche in funzione della concentrazione dell’agente reticolante utilizzato e del tempo della reazione di reticolazione, fattori determinanti per la distribuzione ed il numero dei legami di reticolazione tra catene polimeriche.

Recenti studi14,15 hanno evidenziato come anche la concentrazione di ioni non-gelificanti risulti essere un fattore di rilevante importanza per garantire la formazione di un gel omogeneo. Ovvero è possibile controllare la distribuzione dei legami di reticolazione tra catene polimeriche mettendo nella soluzione polimerica acquosa prima della reticolazione una concentrazione opportuna dello ione Na+, ottenendo con la seguente reazione di reticolazione una distribuzione omogenea dei legami di reticolazione, e quindi una distribuzione omogenea delle proprietà meccaniche delle strutture realizzate. In particolare è stato dimostrato per ottenere delle strutture omogenee di alginato al 2% reticolato con lo ione Ca2+, sia necessario mettere l’alginato in una soluzione acquosa contenente lo 0,9% di NaCl (Cloruro di Sodio). Inoltre è stato verificato sperimentalmente che la concentrazione di NaCl

(8)

42 debba essere proporzionalmente incrementata con l’aumentare della percentuale di alginato in soluzione.

Per tale motivo il lavoro di tesi è stato concentrato sulla misura sperimentale delle grandezze necessarie per ricavare la definizione del protocollo di microfabbricazione per la realizzazione di scaffold con alginato.

Per rendere possibile una caratterizzazione delle proprietà fluidodinamiche necessarie per modellare correttamente le tecniche di microfabbricazione, è stato necessario misurare la viscosità dell’alginato in funzione della pressione di estrusione. In questo modo si rende possibile la definizione di un appropriato protocollo di microfabbricazione al fine di ottenere delle strutture opportunamente dimensionate.

Successivamente lo studio dell’alginato è stato focalizzato sulla valutazione della concentrazione dell’agente reticolante da utilizzare, caratterizzando e modellizzando con l’ausilio di un software i tempi necessari per la reticolazione completa della strutture realizzate. Infine è stato eseguito uno studio sulle caratteristiche meccaniche di sforzo/deformazione dei campioni di alginato realizzati, con l’obiettivo di verificare se gli scaffold ottenuti presentassero proprietà simili alle strutture di sostegno presenti nella matrice-extracellulare.

Tutti i test sono stati eseguiti con diverse concentrazioni di alginato e di agente reticolante ed in condizioni standard al fine di verificare l’andamento delle proprietà misurate.

2.4

V

ISCOSITÀ DELL

A LGINATO

Come descritto precedentemente, una delle proprietà necessarie per la definizione dei protocolli di microfabbricazione degli scaffold con le tecnologie selezionate è la viscosità del materiale utilizzato. La viscosità è una proprietà intrinseca del materiale influenzata dagli effetti dissipativi reali presenti in un fluido in movimento. Di seguito è riportato un semplice modello per descrivere gli effetti prodotti da un fluido in movimento che introduce al sistema sperimentale utilizzato per quantificare la viscosità dell’alginato utilizzato in questo lavoro di tesi. Il modello semplificato descrive un fluido, di spessore D ed infinitamente esteso nel piano

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43 perpendicolare al foglio, in moto in una sola direzione. Supponiamo, per semplicità, che una lamina galleggiante sia trascinata verso destra (figura 2.3) e sia essa ad indurre il moto del fluido. Per descrivere il moto supponiamo di dividere il fluido in tante strisce sottili in maniera tale che sia possibile definire per ognuna di esse una certa velocità rispetto al sistema di riferimento fisso del laboratorio. Il caso più semplice è quello di moto stazionario, ovvero di un moto per il quale le velocità misurate non cambiano nel tempo.

Figura 2.3: Lamina in moto su un fluido

A causa delle forze molecolari (di natura fondamentalmente elettrostatica) ogni strato tenderà a rimanere attaccato a quello adiacente. In particolare lo strato più basso resterà attaccato al fondo del recipiente che supponiamo fermo (condizione di no slip), mentre lo strato superiore si muove con la stessa velocità della lamina (ipotesi di continuità). La velocità dei vari strati aumenta progressivamente dal basso verso l’alto come indicato in figura 2.3. Per mantenere la lamina a velocità costante è necessario applicare una forza F che serve appunto a vincere la forza viscosa Fa esercitata dal fluido. Una definizione operativa della viscosità si ottiene misurando la forza F necessaria a mantenere in moto, con una velocità costante v, una lamina di area A galleggiante sulla superficie di un liquido. Se la lamina si muove con accelerazione nulla e velocità costante possiamo dire che la forza viscosa è uguale e opposta alla forza F esercitata sulla lamina. Sperimentalmente si trova che F è proporzionale a v ed A ed è inversamente proporzionale alla profondità D del liquido. La costante di proporzionalità è detta coefficiente di viscosità e viene indicata con la lettera η.

Il coefficiente η di viscosità dipende dalle proprietà del fluido e dalla temperatura, misurato nel Sistema Internazionale di misura in Kg

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44 con altri modelli la definizione di viscosità di un fluido, importante è considerare l’andamento del profili di velocità nel modello preso in esame. Ad esempio in un tubo cilindrico la velocità del fluido è definita dalla legge di Poiseuille, per la quale la velocità sia nulla sulle pareti (no slip) e massima al centro. La legge di Poiseuille fornisce la portata Q di un liquido viscoso (Q= dV/dt) in moto attraverso un condotto in funzione delle sue caratteristiche geometriche, della differenza di pressione Δp agli estremi del condotto stesso e del coefficiente di viscosità η. Per quantificare la viscosità dell’alginato e determinare l’andamento al variare della sua composizione percentuale, è stata condotta una prova sperimentale descritta come segue.

2.4.1

F

ASE

S

PERIMENTALE

Un tubo cilindrico di volume noto è stato riempito con una soluzione di alginato (Alginic acid sodium salt from brown algae, A0682 Sigma) non reticolato in percentuale variabile peso/volume messo in soluzione con acqua deionizzata e Cloruro di Sodio (Sodium Cloride, Carlo Erba Reagenti). L’acqua utilizzata è stata deionizzata con (Milli-Q, Water Purification System) e contiene una percentuale variabile in peso/volume di NaCl per favorire una reticolazione omogenea delle catene polimeriche, come illustrato precedentemente. La frazione di Cloruro di Sodio in soluzione acquosa dipende in modo direttamente proporzionale dalla concentrazione di alginato, in particolare si incrementa di 0.45% di NaCl per ogni unità percentuale di alginato; ovvero si utilizza 1.8% di NaCl per alginato al 4%, 2.7% di NaCl per alginato al 6%, e 3.6% di NaCl per alginato al 8%. Dopo aver completamente disciolto il Cloruro di Sodio, il sale di alginato è stato messo in soluzione nella percentuale desiderata in ambiente controllato ed a temperatura di laboratorio. Le soluzioni utilizzate per questo test sono le stesse che dovranno essere impiegate nelle tecniche di microfabbricazione selezionate in questo lavoro di tesi. Durante l’esecuzione dell’esperimento per la misura della viscosità, il tubo è stato fissato parallelamente al pavimento del laboratorio per non risentire degli effetti dovuti alla gravità. Per visualizzare il moto della soluzione di alginato è stato posto del colorante rosso fenolo ad una estremità del tubo ed è stata applicata una

(11)

45 pressione esterna costante, necessaria per promuovere il moto dell’alginato all’interno del tubo. Il tubo scelto per l’esperimento è una pipetta graduata di diametro interno pari a 1.5 mm, in cui la lunghezza necessaria per percorrere 0.1 mL è 4.35cm. Dopo aver applicato un pressione nota e costante ad una estremità del tubo, sono state effettuate più misurazioni sul tempo necessario a muovere 0.1 mL di alginato, ottenendo un tempo medio di percorrenza. Così facendo è stato possibile caratterizzare la portata del tubo in funzione sia della pressione applicata, sia della concentrazione di alginato in soluzione. Assumendo che l’alginato muova all’interno del tubo con la legge di Poiseuille, nota la portata, il raggio del tubo e la lunghezza percorsa dall’alginato, è possibile ricavare il valore della viscosità in funzione della pressione applicata all’estremità del tubo. Di seguito sono riportati i risultati ottenuti dalla prova di misura effettuata.

Grafico 2.1: Viscosità Alginato 4% in funzione della pressione 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,91 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 v is co si tà ( P a ·s ) pressione (Pa)

Viscosità Alginato 4%

(12)

46

Grafico 2.2: Viscosità Alginato 6% in funzione della pressione

Grafico 2.3: Viscosità Alginato 8% in funzione della pressione

Come auspicabile la viscosità caratteristica della soluzione ha un andamento che può essere approssimato costante al variare della pressione, questa caratteristica è peculiare dei fluidi newtoniani. Al crescere della percentuale di alginato nella soluzione la viscosità aumenta; ricavando dei valori medi sperimentali è riportato nel grafico 2.4 l’andamento della viscosità in funzione della percentuale di alginato.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 v is co si tà ( P a s ) pressione (Pa)

Viscosità Alginato 6%

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 v is co si tà ( P a s ) pressione (Pa)

Viscosità Alginato 8%

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Grafico 2.4: Viscosità in funzione della % di Alginato in soluzione

2.5

R

EAZIONE DI RE TICOLAZ

L’alginato è un polimero formato da e l’acido α-Lguluronico con legame polvere solida legata allo ione sodio (Na

Figura

Grafico 2.4: Viscosità in funzione della % di Alginato in soluzione

EAZIONE DI RE TICOLAZIONE

L’alginato è un polimero formato dall’unione dei monomeri l’acido β-Dmannuronico Lguluronico con legame β(1→4), distribuito commercialmente come polvere solida legata allo ione sodio (Na+) (figura 2.4).

Figura 2.4 : Struttura chimica e gruppi polari dell’alginato

Dmannuronico →4), distribuito commercialmente come

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48 È possibile distinguere diversi tipi di alginato in funzione della sua origine, caratteristiche distintive sono principalmente il rapporto monometrico M/G ed il peso molecolare medio delle catene polimeriche. Per utilizzare le proprietà caratteristiche dell’alginato è necessario mettere in soluzione acquosa la polvere polimerica, in percentuale peso/volume desiderabile per lo scopo di utilizzo. Le catene polimeriche di alginato in soluzione acquosa liberano lo ione solido ed espongono dei terminali carbossilici reattivi. Queste porzioni chimiche polari negative (mostrate in figura 2.4) risultano sufficientemente reattive per formare delle interazioni di tipo elettrostatico con composti che presentano una carica positiva. In particolare i gruppi carbossilici manifestano una particolare affinità verso ioni bivalenti quali calcio (Ca2+), bario (Ba2+) e stronzio (Sr2+), formando delle interazioni polari sufficientemente forti (figura 2.5). La bivalenza di questi ioni permette la formazione di legami intermolecolari, tra diverse catene polimeriche, ricavando una rete polimerica tridimensionale16. Al fine di ottenere delle strutture geliformi omogenee, l’alginato è stato disciolto in soluzioni acquose contenenti cloruro di sodio (NaCl). La presenza di altri ioni sodio in soluzione non modifica significativamente la reattività dei gruppi carbossilici con gli ioni bivalente, pertanto la reazione di reticolazione prosegue con la propria costante caratteristica.

Figura 2.5: Interazione dei gruppi polari con lo ione bivalente Ca2+

Da uno studio accurato della letteratura scientifica riguardo l’utilizzo di alginato in colture cellulari, si è deciso di utilizzare lo ione calcio come agente reticolante per l’alginato. Il calcio presenta infatti un’affinità sufficientemente elevata per garantire

(15)

49 la stabilità delle strutture geliformi nel tempo ed al variare della temperatura. Al contrario, utilizzando cationi bivalenti con natura polare più spiccata quali il bario (Ba2+) e lo stronzio (Sr2+), la forza dei legami ionici tra catene polimeriche comporta la formazione di una struttura geliforme con caratteristiche meccaniche più rigide, quindi non conformi all’obiettivo di questo lavoro per la riproduzione delle proprietà meccaniche della matrice extracellulare. Analisi e misure sono state eseguite in questo lavoro di tesi, e descritte in seguito, per confermare questa ipotesi.

Per promuovere la reazione di reticolazione della soluzione di alginato è stata utilizzata una soluzione di Cloruro di Calcio (CaCl2), in concentrazione tale da non danneggiare eventuali cellule presenti all’interno della soluzione di alginato. Per questo motivo sono state sperimentate due soluzioni reticolanti, la prima in concentrazione molare allo 0.1M e la seconda al 1M. La concentrazione del calcio nella soluzione reticolante ed il tempo di reazione sono parametri di indubbia importanza per la determinazione delle caratteristiche meccaniche della struttura realizzata. Risulta pertanto necessaria una caratterizzazione di tali parametri al fine di ottenere delle strutture uniformemente reticolate, sia sulla superficie e che all’interno.

Per valutare tali parametri è stato utilizzato un software di simulazione in grado di implementare la topologia delle strutture realizzate, di modificare le costanti caratteristiche del materiale, restituendo il profilo di diffusione dello ione calcio ed i tempi caratteristici nella struttura di alginato.

2.5.1

M

ODELLAZIONE CON

C

OMS OL

Al fine di valutare i tempi per una completa reazione di reticolazione è stato utilizzato il modulo di Diffusione presente nella sezione Chemical Engineering Module del software Comsol. Per una valutazione che fosse la più verosimile possibile, è stata modellata la costante di diffusione del calcio nella soluzione polimerica dell’alginato nel modo seguente.

Considerando che lo ione calcio è una molecola molto piccola in confronto delle catene polimeriche dell’alginato, è stata approssimata la costante di diffusione D0

(16)

su valori medi presi in letteratura e fissata ad una valore di 10

calcio, non appena incontra le porzioni reattive delle catene polimeriche promuove la reazione di reticolazione sulla superficie di alginato, la costante di diffusione non può essere considerata costante in tutta la struttura e pertanto è stata modellata con un fattore correttivo di attenuazione. In particolare il fattore di correzione tiene di conto dei seguenti parametri:

• lo spazio percorso dallo ione, quindi della porzione di alginato già reticolata; • un fattore di attenuazione dovuto all’alginato già reticolato, che diminuisce

la diffusività del calcio; • la frazione di alginato

considera la densità delle catene polimeriche nella struttura.

Pertanto è stata implementata a livello software la seguente costante di diffusione

In cui α rappresenta il fattore di attenuazione dovuto all

e stimato su valori caratteristici prossimi a 0,2; [alginato] è la concentrazione di alginato, espressa come frazione peso/volume, della soluzione acquosa di alginato non reticolato; e z è la distanza percorsa dallo ione calcio

di alginato.

L’analisi è stata condotta sulla porzione critica, ovvero sull’incrocio di due deposizioni di alginato, di un singolo strato della struttura tridimensionale. Le dimensioni utilizzate per l’analisi sono state otten

nel seguito del capitolo.

Figura 2.6: modellazione CAD della sovrapposizione di due linee di estrusione

su valori medi presi in letteratura e fissata ad una valore di 10-8. Poiché lo ione calcio, non appena incontra le porzioni reattive delle catene polimeriche promuove ticolazione sulla superficie di alginato, la costante di diffusione non può essere considerata costante in tutta la struttura e pertanto è stata modellata con un fattore correttivo di attenuazione. In particolare il fattore di correzione tiene

seguenti parametri:

lo spazio percorso dallo ione, quindi della porzione di alginato già reticolata; un fattore di attenuazione dovuto all’alginato già reticolato, che diminuisce la diffusività del calcio;

la frazione di alginato peso/volume della soluzione pre-reticolazione, che considera la densità delle catene polimeriche nella struttura.

Pertanto è stata implementata a livello software la seguente costante di diffusione

DzD alginatoz

rappresenta il fattore di attenuazione dovuto alla progressiva reticolazione, e stimato su valori caratteristici prossimi a 0,2; [alginato] è la concentrazione di alginato, espressa come frazione peso/volume, della soluzione acquosa di alginato non reticolato; e z è la distanza percorsa dallo ione calcio all’interno della struttura

L’analisi è stata condotta sulla porzione critica, ovvero sull’incrocio di due deposizioni di alginato, di un singolo strato della struttura tridimensionale. Le dimensioni utilizzate per l’analisi sono state ottenute dalla modellazione spiegata nel seguito del capitolo.

Figura 2.6: modellazione CAD della sovrapposizione di due linee di estrusione

. Poiché lo ione calcio, non appena incontra le porzioni reattive delle catene polimeriche promuove ticolazione sulla superficie di alginato, la costante di diffusione non può essere considerata costante in tutta la struttura e pertanto è stata modellata con un fattore correttivo di attenuazione. In particolare il fattore di correzione tiene

lo spazio percorso dallo ione, quindi della porzione di alginato già reticolata; un fattore di attenuazione dovuto all’alginato già reticolato, che diminuisce

reticolazione, che

Pertanto è stata implementata a livello software la seguente costante di diffusione

a progressiva reticolazione, e stimato su valori caratteristici prossimi a 0,2; [alginato] è la concentrazione di alginato, espressa come frazione peso/volume, della soluzione acquosa di alginato all’interno della struttura

L’analisi è stata condotta sulla porzione critica, ovvero sull’incrocio di due deposizioni di alginato, di un singolo strato della struttura tridimensionale. Le ute dalla modellazione spiegata

(17)

51 Lo studio agli elementi finiti è stato eseguito per le due concentrazioni di Cloruro di Calcio (0.1M e 1M), di seguito vengono mostrati solo i risultati ottenuti per concentrazioni di CaCl2 allo 0.1M in quanto è stato verificato che tale concentrazione garantiva maggiori possibilità di sopravvivenza per eventuali colture cellulari in sospensione nella soluzione di alginato, e soprattutto caratterizzava la formazione di una struttura geliforme con caratteristiche meccaniche prossime a quelle della matrice extracellulare (figura 2.7). Successivamente sarà fornita una spiegazione più esaustiva di quanto affermato.

Figura 2.7: simulazione della diffusione di CaCl2 in alginato al 6%, tempo iniziale, 1 secondo, 20 secondi, 2 minuti

Come mostrato dalle simulazioni è sufficiente un tempo di reazione di 2 minuti per avere una diffusione completa all’interno delle strutture realizzate con le tecniche di microfabbricazione scelte per questo lavoro di tesi. In particolare è possibile apprezzare la variazione del profilo di concentrazione nel tempo iniziale di diffusione e dopo 20 secondi di reazione (figura 2.8).

(18)

52

Figura 2.8: Profili di concentrazione di CaCl2 in alginato al 6% dopo 1 secondo e dopo 20 secondi di reazione

2.6

C

ARATTER ISTICHE SFORZO

-

DEFORMAZIONE

L’analisi delle proprietà meccaniche delle strutture di alginato è stata condotta su campioni a composizione percentuale di alginato variabile tra 4%, 6% e 8% (peso/volume), ottenuta sciogliendo la quantità desiderata di polimero in acqua deionizzata e Cloruro di Sodio in condizioni standard di laboratorio (come descritto precedentemente nella sezione viscosità). Per promuovere la reazione di reticolazione è stata utilizzata una soluzione di Cloruro di Calcio (CaCl2) in acqua deionizzata, con concentrazione molare tra 0.1M e 1M. Questi test sono stati effettuati per verificare che la variazione della composizione di alginato e della concentrazione dell’agente reticolante possano influenzare significativamente le proprietà meccaniche del materiale.

I campioni di alginato utilizzati nei test per la caratterizzazione delle proprietà meccaniche sono film di alginato, ottenuti con l’utilizzo dello spin coater. Questo dispositivo permette di utilizzare la forza centrifuga per ottenere delle superfici con uno spessore omogeneo. La velocità di rotazione, quindi la forza centrifuga cui è sottoposto il materiale, è settata in funzione della viscosità del materiale, per ottenere dei film di alginato con uno spessore inferiore al micrometro lo spin coater è stato settato ad una velocità di rotazione di 2000 rpm per 20 secondi. Successivamente i film ottenuti sono stati immersi nella soluzione acquosa contenente l’agente reticolante (CaCl2). Si è scelto di far reagire l’agente reticolante per 5 minuti, tempo necessario per far diffondere lo ione calcio in tutto lo spessore

(19)

53 del materiale. Trascorsi 5 minuti, la soluzione di CaCl2 è stata aspirata ed i film di alginato reticolato sono stati lavati con acqua deionizzata, successivamente i film sono stati mantenuti in acqua deionizzata per non alterare il grado di idratazione. Per la caratterizzazione meccanica dei campioni è stato necessario utilizzare un’apposita strumentazione in grado di misurare le variazioni di lunghezza, il modello 7006 della Ugo Basile Biological Research Apparatus. Questo sistema utilizza un trasduttore isotonico di posizione, costituito da un sistema a leva di fibra di carbonio ad un estremo del quale è collegato il campione in analisi. All’estremità opposta è posizionato un contrappeso mobile realizzato in una lega di tungsteno. Durante la durata delle prove di sforzo-deformazione i campioni di alginato sono stati mantenuti immersi in acqua deionizzata per prevenire che fenomeni di deidratazione potessero alterare la misura. Dopo 30 secondi di stabilizzazione del campione, con misurazione della lunghezza iniziale di riferimento per le misure seguenti, sono stati aggiunti pesi con valore incrementale per sottoporre il campione a sforzi crescenti. La sequenza dei pesi (in grammi) aggiunti ad intervalli di 3 minuti è la seguente: 0.2, 0.4, 0.84, 2, 3, 4, 5, 10, 20, 40. Poiché il sensore acquisisce un valore di misura al secondo, sono state ottenute 180 acquisizioni di allungamento relativo all’aggiunta di ogni peso. È possibile assumere che mediando tali misurazioni il rumore gaussiano che affligge la misura possa essere in parte eliminato, mentre tutti gli altri fattori che possono alterare la misura possono essere considerati costanti in tutta la durata dell’esperimento, modificando i valori ottenuti con un offset costante e quindi trascurabile.

Di seguito vengono riportati i dati ottenuti dalle misurazioni. Come detto precedentemente sono stati graficati i valori medi di deformazione, calcolati su 180 misurazioni, mentre si considera un valore di sforzo nominale ricavato dalle misurazioni delle dimensioni del campione in analisi.

(20)

54

Grafico 2.5: Curva sforzo-deformazione di Alginato al 4%, CaCl2 0.1M, tempo di reticolazione 5 minuti

Grafico 2.6: Curva sforzo-deformazione di Alginato al 6%, CaCl2 0.1M, tempi di reticolazione 5 minuti e 1 minuto

(21)

55

Grafico 2.7: Curva sforzo-deformazione di Alginato al 6%, CaCl2 1M, tempi di reticolazione 5 minuti e 1 minuto

Grafico 2.8: Curva sforzo-deformazione di Alginato al 8%, CaCl2 0.1M, tempo di reticolazione 5 minuti

Come si può vedere dai grafici riportati l’alginato reticolato ha un comportamento che si approssima con un minimo errore a quello di un materiale puramente elastico con snervamento. Calcolando il Modulo di Young nel tratto precedente allo snervamento nella curva stress-strain dei diversi campioni utilizzando il modello

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56 elastico   Eε, è possibile notare come i valori di tale modulo incrementino con l’aumentare del grado di interazione tra le catene polimeriche dell’alginato e l’acqua17,18. In particolare è possibile apprezzare la variazione del modulo di Young in funzione della percentuale di alginato, della concentrazione dell’agente reticolante e del tempo di reticolazione. Come mostrato dal grafico 2.9 i moduli di Young presentano valori maggiori al diminuire della percentuale di alginato utilizzata, mentre il tempo di reticolazione e la concentrazione di agente reticolante sono fissati rispettivamente a 5 minuti e [CaCl2] 0.1 M.

Grafico 2.9: Variazione del modulo di Young in funzione della % di alginato in soluzione

Tale andamento è dovuto alla diversa interazione mostrata dalle catene polimeriche di alginato con l’acqua. È possibile modellare le catene polimeriche di alginato come una rete, i cui nodi sono mantenuti uniti dalle interazioni polari degli ioni calcio. In presenza delle stesse condizioni durante la reazione di reticolazione, la densità spaziale dei legami di reticolazione aumenta con l’aumentare del numero di catene polimeriche. Applicando una forza di trazione alla rete tridimensionale si induce l’aumento delle dimensioni delle maglie, consentendo ad una molecola piccola come l’acqua, di penetrare la rete e legarsi con le porzioni polari delle catene polimeriche. Se la concentrazione dei legami di reticolazione è bassa (basse % di alginato) la maglia della rete sottoposta a trazione aumenta maggiormente la dimensione rispetto ad una rete con maggiore concentrazione dei legami di reticolazione (alte % di alginato). Noto che l’acqua è un liquido incomprimibile,

(23)

57 all’aumentare del suo grado di interazione con le catene polimeriche consegue un incremento della rigidità della rete. In questo modo è possibile interpretare l’andamento del modulo di Young al variare della percentuale di alginato in soluzione. Utilizzando sempre questo modello fisico è possibile interpretare anche l’andamento del modulo di Young in funzione della concentrazione dell’agente reticolante e del tempo di reticolazione. Nel primo caso l’andamento del modulo di Young è riportato nel grafico 2.10, i dati sono stati ricavati utilizzando alginato al 6% con tempo della reazione di reticolazione di 5 minuti.

Grafico 2.10: Variazione del Modulo di Young in funzione della concentrazione di CaCl2

Nel secondo caso, il tempo di reticolazione determina la concentrazione dei legami di reticolazione all’interno della rete come per la concentrazione dell’agente reticolante. In particolare il tempo di reticolazione risulta meno significativo della concentrazione dell’agente reticolante per promuovere la reazione tra lo ione bivalente del calcio e le catene polimeriche. Quanto detto risulta evidente nel grafico 2.11, in cui la variazione del modulo di Young mostra una pendenza minore. I dati ottenuti sono stati ricavati utilizzando una soluzione di alginato al 6% con agente reticolante CaCl2 allo 0.1 M.

(24)

58

Grafico 2.11: Variazione del modulo di Young in funzione del tempo della reazione di reticolazione

2.7

M

ODELLAZIONE DELL

ESTRUSIONE DI MATERIALE GELIFORME

L’analisi del processo di estrusione utilizzato nelle tecniche di microfabbricazione PAM e Piston Siringe presentata in questo paragrafo è basata sulle ricerche di L. E. Scriven et al. Il modello di calcolo deve tenere conto del fatto che durante la deposizione della soluzione polimerica entrano in gioco sia fenomeni viscosi che fenomeni capillari. Per semplicità si terrà conto prima dei fenomeni viscosi e poi di quelli capillari, ed infine si uniranno i due risultati applicando il principio di sovrapposizione degli effetti. Per una comprensione migliore del modello di seguito riportato è opportuno specificare che in seguito si indicherà come monte la zona posta posteriormente all’ago rispetto al verso di avanzamento dell’ago relativo al vetrino e si indicherà come valle la zona posta anteriormente all’ago relativamente al suo moto rispetto al vetrino. La figura 2.9 mostra una sezione della zona di deposizione e rappresenta un’immagine in stato pseudo-stazionario della goccia di soluzione polimerica che fuoriesce dall’ago del sistema di microfabbricazione e trascinata dall’avanzamento del piano di deposizione.

(25)

59

Figura 2.9: sezione della goccia di deposizione allo stato pseudo-stazionario

Il modello viscoso per la deposizione con i sistemi di microfabbricazione è esposto assumendo che il flusso nella regione compresa tra la punta dell’ago ed il substrato di deposizione sia governato dall’effetto di trascinamento dovuto alla differenza di velocità tra ago e vetrino (moto a Couette) e dal gradiente di pressione (Flusso alla Poiseuille) presente sulla punta dell’ago. In figura 2.10 viene mostrato come è possibile combinare questi due moti per ottenere il profilo delle velocità nelle regioni a monte ed a valle dell’ago indicate precedentemente come DP1 e DP2.

Figura 2.10: Modelli di flusso per l’analisi viscosa

ΔP=(Pd-Pu) indica la differenza di pressione tra la zona a monte e quella a valle della goccia (Pu e Pd rispettivamente), nel nostro caso queste due pressioni sono uguali e quindi ΔP=0.

(26)

60 Detta v la velocità di avanzamento del substrato si ottengono per le tre regioni PF, DP1, DP2 le seguenti equazioni: PF: Q1=vh DP1: η 12 2 3 1 2 pd d e cd d L P P vd Q       + = DP2: 0 12 2 3 3  =      + = η pd u e u cd d L P P vd Q

Pe rappresenta la pressione nel capillare, L1 e L2 sono le larghezze della faccia dell’estremità dell’ago a monte e a valle dell’ago e Lu è la distanza di cui si muove la goccia lungo la faccia dell’estremità a valle dell’ago.

dcd e dcu sono le distanze equivalenti del moto a Couette; dpd e dpu sono le distanze equivalenti del moto di Poiseuille. Nel caso in esame, essendo la distanza tra ago e vetrino costante, le distanze equivalenti sono uguali a d, distanza effettiva tra ago e vetrino.

Il flusso netto nella regione DP2 è nullo perché si suppone che il fluido non possa fuoriuscire dalla superficie a valle dell’ago. Quindi si ottiene che Q1=Q2 e andando a sostituire nelle equazioni si ottiene:

        −                 + = − = ∆ cd pu pd cd cu u pd cd u d d h d d d L d L d d vL P P P 12 1 2 3 1 3 1 η

Questa equazione dipende dal valore di Lu che può variare tra 0 ed L2, ΔP è quindi compreso in un range di valori. Sostituendo i valori estremi di Lu si ricava la seguente disequazione:         −                 + < ∆ <       − cd pu pd cd cu pd cd cd pd cd d h d d d L d L d d UL P d h d d UL 2 1 6 2 1 6 3 1 2 3 1 3 1 η η

Per una modellazione del sistema di tipo capillare occorre considerare la figura 2.11. In essa sono mostrate le curvature delle superfici libere nella sezione trasversale della goccia. La superficie libera a monte è costituita da un’interfaccia aria-liquido

(27)

61 che presenta una linea di contatto statico nel punto A. La superficie a valle è caratterizzata da una di contatto statico in B e da una linea di contatto dinamico in C, dove la superficie incontra il substrato di deposizione con l’angolo di contatto θd.

Figura 2.11: sezione trasversale della goccia per l’analisi con il modello capillare

Per semplificare l’analisi supponiamo che la superficie libera a valle sia estesa fino al punto B (Lu=L2) e che le forme delle superfici libere siano approssimabili ad archi di circonferenza di raggio R. Queste condizioni impongono dei vincoli geometrici ai raggi delle superfici nei punti A e B rispettivamente:

∞ ≤ ≤ Rd d 2 1 d u d d R d θ θ 1 cos cos 1 2 2 + ≤ ≤ −

L’equazione di Young Laplace per una superficie cilindrica fornisce le differenze di pressione attraverso le superfici libere a monte e a valle dell’ago.

d d

R P P − 1= γ

(28)

62 u u R P P2 − = γ

Dove P1 e P2 rappresenta le pressioni all’interno del liquido e γ è la tensione superficiale all’interfaccia liquido-vapore. In questo modo i vincoli geometrici sui raggi divengono vincoli sulle pressioni capillari e sostituendo per R si ottiene

0 2 1 1 > − > P P d d γ

(

)

(

)

2 2 2 cos 1 cos 1 d P P d d u d γ θ θ γ + − ≥ − ≥ −

per piccole velocità del substrato vale la relazione

h v P Pd γ γ η 3 2 1 1.34       = −

Dove ηv/γ è il numero capillare Nca. Sostituendo l’equazione (12) nell’equazione (10) otteniamo: 1 3 2 2 34 . 1 0 d h v γ γ γ η <       <

supponendo nell’ equazione (12) che P1=P2 (supposizione accettabile in assenza di effetti viscosi) e sostituendo quest’ultima nell’equazione (11), ricordando che ΔP=(Pd-Pu), si ottiene:

(

)

(

)

h v d P h v d d d γ γ η θ γ γ γ η θ γ 23 2 3 2 2 34 . 1 cos 1 34 . 1 cos 1       + − < ∆ <       + + −

Anche nel caso del modello capillare si trova quindi un range di valori entro i quali è compresa l’altezza dello strato di soluzione polimerica deposto.

Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti è possibile ottenere un modello visco-capillare che meglio descrive il meccanismo di estrusione delle tecniche di microfabbricazione suddette. Per poter utilizzare il principio di sovrapposizione degli effetti è necessario supporre che le forze viscose e quelle

(29)

63 capillari siano confrontabili. Supponendo che il menisco a valle arrivi fino al punto B, la differenza di pressione ai lati della goccia può essere scritta come ΔP=(Pd -P1)+(P1-P2)+(P2-Pu).

Sostituendo Pd con P1 e Pu con P2 e ricordando che nel nostro caso ΔP=0 si ottengono le due disequazioni:

(

)

        −                 + +       + − < ∆ cd pu pd cd cu pd cd d d h d d d L d L d d vL h v d P 1 cos 1.34 6 1 2 3 1 2 3 1 3 2 2 η γ γ η θ γ

(

)

        −                 + +       + + − > ∆ cd pu pd cd cu pd cd d d h d d d L d L d d vL h v d P 1 cos 1.34 6 1 2 3 1 2 3 1 3 2 2 η γ γ η θ γ

mentre continua a valere l’equazione di vincolo geometrico (13).

Facendo le opportune sostituzioni e risolvendo queste due disequazioni per h si ottiene un sistema di due disequazioni di secondo grado che forniscono il range di valori in cui è compresa l’altezza della deposizione in funzione delle variabili del sistema di deposizione.

2.8

P

ROTOCOLLI E CARATTERIZZAZIONE PER LA MICROFABBRICAZIONE DI STRUTTURE DI ALGINATO CON I SISTEMI

PAM

E

PAM2

Dai risultati ottenuti dalle prove di viscosità e dalla modellazione del sistema di estrusione è stato scelto di utilizzare il sistema di microfabbricazione Piston Siringe, in particolare sono state apportate delle modifiche al sistema PAM già presente nel laboratorio del Centro Interdipartimentale E.Piaggio. È stato realizzato un sistema di sostegno in grado di montare un motore stepper controllato in velocità di rotazione, ed un opportuno sostegno in grado di allocare siringhe sterili commerciali (figura2.12). È stata quindi eseguita un’analisi statica per valutare la stabilità del sistema, verificando che sollecitazioni indesiderate alterassero il funzionamento del sistema di motorizzazione x-y-z del già presente sistema PAM. In seguito ad una caratterizzazione del motore passo-passo per il controllo dell’estrusione di una soluzione polimerica, sono state realizzate delle strutture con velocità variabili del

(30)

64 piano di deposizione. In seguito a queste prove è stato possibile quantificare la larghezza delle linee di soluzione polimerica deposte, come descritto nel paragrafo seguente.

Figura 2.12: struttura meccanica del modulo di estrusione

Per caratterizzare il controllo del motore di estrusione è stata misurata la portata di soluzione polimerica di alginato al 6% in uscita da una siringa commerciale da 10 mL priva di ago. La scelta di estrudere senza ago è necessaria per determinare le grandezze in ingresso alla modellazione trattata nel capitolo precedente. La portata è stata quindi misurata in funzione della grandezza controllabile del motore stepper, ovvero il tempo di delay (DL) che guida la rotazione del motore. Il seguente grafico mostra la portata in funzione del delay del motore stepper:

(31)

65

Grafico 2.12: Portata della siringa in funzione della rotazione del motore stepper

Come si può notare all’aumentare del tempo che intercorre tra step successivi di rotazione, la velocità di rotazione del motore diminuisce  

 ≈ ∆  .

Conseguentemente, al diminuire della velocità di rotazione, diminuisce anche la portata in uscita dalla siringa.

Inoltre, nota la superficie di uscita della soluzione polimerica, è possibile calcolare la velocità di uscita della soluzione in funzione della grandezza controllabile del motore stepper. Infatti:

Q

S %#& #$ #'#&  (fluido

Misurato il diametro di uscita di una siringa commerciale (BD PlastipackTM) da 10mL, pari a 1,7mm, si ricava la superficie S e quindi la velocità richiesta. L’andamento della velocità di uscita, proporzionale alla portata, è mostrato nel grafico seguente.

(32)

66

Grafico 2.13: Velocità di uscita della soluzione in funzione della rotazione del motore stepper

Per semplificare le analisi successive risulta necessario quantificare la velocità lineare impressa dal motore stepper alla vite in contatto con il pistone della siringa, in particolare è possibile assumere che la velocità lineare vstepper sia proporzionale al prodotto tra velocità angolare ω e passo della vite utilizzata. Per semplicità si assume nella trattazione successiva che la velocità lineare v-.//.0 ≈ ∙passovite ≈ DL5 .

2.9

A

NALISI E CARATTERIZZAZIONE DELLE DIMENSIONI DELLE STRUTTURE REALIZZATE

Per determinare la larghezza della linea di polimero deposto è possibile fare un semplice modello, in cui la portata può essere espressa come Q=ahvstepper dove a è la larghezza della linea, h è la sua altezza e vstepper è la velocità lineare di estrusione. Supponendo che la soluzione polimerica sia un fluido newtoniano e che le perdite di carico siano concentrate in corrispondenza dell’ago, il flusso nel capillare può essere considerato come un flusso alla Poiseuille, per il quale la portata può essere espressa con l’equazione:

(33)

67 In cui RS è il raggio interno dell’ago, ΔP è la pressione applicata dal pistone, L è la lunghezza dell’ago e μ è la viscosità della soluzione di polimero. Eguagliando le due espressioni della portata è possibile ricavare lo spessore della linea estrusa dall’ago:

? 8μhvπRS:

stepper

Δp L

È interessante sottolineare come la larghezza delle piste deposte dipenda linearmente dalla pressione applicata ed abbia invece una dipendenza iperbolica dalla velocità di deposizione. La caratterizzazione topologica è stata effettuata realizzando una deposizione di linee parallele successive con motore stepper settato con DL=2000 e con una movimentazione variabile del piano di deposizione tra 2500 e 4500 μm/s. Nel grafico 2.14 è possibile apprezzare la diminuzione dello spessore di deposizione all’aumentare della velocità di movimentazione del piano di deposizione.

Grafico 2.14: andamento delle dimensioni delle linee di alginato estruso in funzione della velocità di movimentazione del piano di deposizione

(34)

68

Bibliografia

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Riferimenti

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