CAPITOLO 1
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Processi di recupero o rimozione Cromo
1.1 La concia al cromo
La concia al cromo è sicuramente il più importante metodo di concia per la produzione di pellame per tomaie di calzature, per arredamento, per abbigliamento e per pelletteria [1.1].
La concia al cromo promuove, attraverso la formazione di legami multipli con i gruppi carbossilici del collagene, una reticolazione e un consolidamento della struttura dermica che garantiscono una qualità eccellente della pelle sia a livello merceologico sia a livello di proprietà meccanico fisiche (elevata resistenza meccanica, buona tingibilità, solidità alla luce, resistenza al calore) da cui consegue una estrema versatilità dei prodotti ottenuti. A questi vantaggi si aggiunge la semplicità esecutiva, tempi brevi di lavorazione ed un costo di processo non eccessivo.
Il cromo che viene utilizzato nella concia è il Cr(III) sotto forma di sali basici, di cui descriveremo brevemente la chimica. Il cromo come elemento neutro possiede 24 elettroni, mentre allo stato di ioni trivalente ne ha 21 distribuiti come in Fig 1.1.A
Lo ione Cr(III) con l’orbitale d incompleto è instabile e tende a reagire con dei leganti al fine di pervenire ad uno stato di arrangiamento elettronico completo; ciò è reso possibile grazie all’ibridazione dei sei orbitali vuoti di cui due di tipo d, uno di tipo s, tre di tipo p che vanno a formare sei orbitali ibridi d2sp3 (Fig 1.1.B), i quali possono venire riempiti dai doppietti elettronici liberi dei leganti. In soluzione acquosa il Cr(III) è in forma di ione esaquocromo cioè lega coordinatamente sei molecole di acqua, che si dispongono ai vertici di un ottaedro di cui l’atomo di Cr occupa il centro, come si nota in Fig 1.1.C.
Fig. 1.1. Distribuzione elettronica e disposizione spaziale del Cr(III)
Un sale di cromo si può schematicamente rappresentare come [Cr(H2O)6]3+3X- dove la
parte tra parentesi costituisce la sfera di coordinazione e la parte esterna la sfera del legame elettrovalente (ionico).
Quest’ultimi legami risultano labili a differenza di quelli di coordinazione, ciò evidenzia che l’anione è fissato al cromo molto meno delle molecole di acqua quindi, in soluzione, non si avranno forme indissociate, ma solo il catione [Cr(H2O)6]3+ e l’anione.
I suddetti sali di cromo in acqua subiscono un processo di idrolisi con liberazione di ioni idrogeno, che rendono acida la soluzione; sostanzialmente si tratta di una deprotonazione nella quale gli ioni H+ vengono espulsi mentre quelli OH- rimangono coordinati al cromo. Il sale o lo ione formato viene indicato come ione basico.
Tale depronotazione può continuare fino ad un massimo di tre gruppi basici per atomo di cromo; in questo caso si formerà l’idrossido di cromo che precipiterà allontanando il conciate dalla soluzione.
Poiché l’azione conciante dei sali di cromo è connessa alla loro tendenza a generare sali basici, idrolizzandosi, risulta ovvio come tale azione sarà più marcata quanto
maggiore è la quantità di gruppi OH- (senza giungere tuttavia alla formazione del precipitato di idrossido di cromo).
1.1.1
Problemi derivanti dall’impiego del cromoÈ stato accertato che della quantità di ossido di cromo offerto alla pelle, circa 18 – 24 g/l di bagno, di norma solo i 2/3 vengono fissati, la parte rimanente si trova nel bagno refluo e costituisce un grave problema di smaltimento.
I principali problemi legati alla concia riguardano: 1. I bagni di concia esausti in cui rimangono:
- cromo trivalente non fissato
- solfati derivanti dal sale di cromo usato
- cloruri aggiunti per impedire il rigonfiamento acido della pelle - prodotti usati nella fase di riconcia – tintura – ingrasso. 2. I fanghi di depurazione dei bagni esausti contenenti cromo;
3. I residui solidi derivanti dalle operazione meccaniche di spaccatura, rasatura, sforbiciatura e smerigliatura contenenti cromo trivalente (problematico è il lo smaltimento o l’impiego nei settori mangimistico o dei fertilizzanti pur avendo un elevato contenuto di carbonio e azoto).
In Tabella 1.1 si riporta la composizione tipica di un bagno esausto di concia.
Per rientrare nei limiti imposti dall’attuale legislazione, i bagni esausti di concia devono essere sottoposti a trattamenti di depurazione al fine di recuperare e di riutilizzare il cromo.
Allo stato attuale i metodi principali per il recupero o rimozione del cromo dai reflui sono: - Precipitazione
- Adsorbimento su Carboni attivi - Nanofiltrazione
- Estrazione con solvente - Resine a scambio ionico
Nei paragrafi successivi verranno descritti i suddetti processi ponendo particolare attenzione a quelli utilizzanti resine a scambio ionico.
Tabella 1.1. Composizione tipica bagno esausto di concia Elemento Conc (mg/l) Cromo III 2900 Cromo VI < 0,5 Alluminio 65 Ferro 33 Solfati 19250 Cloruri 14800 Calcio 690 Magnesio 1020 Manganese 2,8 COD 7550 pH 3,7 olii e grassi 850
1.2 Sistemi recupero cromo
Il metodo normalmente utilizzato per il recupero del Cromo dai bagni di concia è quello basato sulla precipitazione diretta del cromo come idrossido a pH compreso tra 8 e 8.5, e successiva trasformazione in solfato basico mediante acidificazione con acido solforico. Tale processo viene realizzato su scala industriale nel impianto gestito dal Consorzio Recupero Cromo (CRC) del comprensorio di S.Croce.
1.2.1. Precipitazione
Di seguito si riportano i dati relativi all’impianto del CRC entrato in funzione nel 1981. L’impianto può trattare liquami di cromo tal quale (0.3 - 0.8 % Cr2O3 ), fanghi flocculati (1
- 2% Cr2O3), fanghi filtropressati (10 - 12 % Cr2O3), questi ultimi due reflui, nel caso in
cui la conceria sia dotata a piè di fabbrica di un impianto di pretrattamento. La produzione potenziale giornaliera è di oltre 21000 kg di solfato basico di cromo al 9.5 - 10.5 % di Cr2O3 e basicità 31 - 33 %, riutilizzabili nella concia da parte delle aziende
Il processo consta delle seguenti fasi: - Grigliatura - Omogeneizzazione - Neutralizzazione - Flocculazione - Filtrazione - Dissoluzione - Brillantatura - Stoccaggio
Si riporta in Fig 1.2 lo schema a blocchi dell’ impianto a cui segue una descrizione di ogni fase del processo.
7
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
H2SO4K
Didascalia:A. Ricevimento refluo tale e quale B. Grigliatura C. Vasca equalizzazione D. Vasca neutralizzazione E. Vasca di flocculazione F. Filtrazione idrato G. Prima dissoluzione H. Seconda dissoluzione I. Grigliatura J. Brillantatura K. Stoccaggio L. Scarico grigliato M. Scarico liquami residui
L
NaOH
M
Dicalite
- Grigliatura
In questa fase viene realizzata la separazione del liquido da trattare dai residui solidi grossolani, il liquido viene fatto passare attraverso due griglie di separazione di spessore 0.5 mm la prima e 0.25 mm la seconda ed inviati ad una vasca di raccolta. I solidi invece vengono inviati agli scarichi.
- Omogeneizzazione
I liquidi raccolti nella vasca hanno diversi valori di pH, nella vasca di omogeneizzazione con l’ausilio di quattro agitatori si rende omogeneo tale valore fissandolo a circa 3.5.
- Neutralizzazione
Con l’aggiunta di soda al 50% si porta il pH a valori compresi tra 8 e 9, il tutto necessario a facilitare il successivo processo di flocculazione.
- Flocculazione
Grazie all’azione della soda il cromo presente in forma liquida si separa chimicamente, ciò consente la sua separazione dal resto dei liquidi presenti nei reflui per tracimazione.
- Filtrazione
Il liquido ottenuto per tracimazione viene inviato ad una batteria di due filtri pressa, dove si separa il pannello di cromo dal liquido residuo.
- Dissoluzione
Il pannello ottenuto dalla precedente filtrazione, viene inviato a tre reattori in cui viene aggiunto H2SO4 concentrato per ridisciogliere il pannello ed ottenere il
solfato basico. Segue una grigliatura per separare la fase solida non disciolta, prima di inviare la soluzione ai successivi trattamenti.
- Brillantatura
La soluzione ottenuta contiene solfato basico di cromo, oli e grassi estraibili in etere di petrolio e altre impurezze. Per abbattere i valori di tali olii ed impurezze, in un reattore agitato, si aggiunge della farina fossile (dicalite) in quantità pari a 20 g/l. Il prodotto dopo il trattamento con la farina viene inviato ad un filtropressa.
Il pannello viene mandato agli scarti mentre il filtrato è pronto per essere stoccato.
- Stoccaggio
Sul prodotto stoccato vengono eseguite delle analisi chimiche per verificare la qualità del prodotto ottenuto ed eventualmente effettuare correzioni per rientrare nei parametri della specifica voluta.
Al termine del processo si ottiene solfato basico di cromo liquido la cui concentrazione in Cr2O3 è compresa tra 9 - 10 %.
Le concentrazioni medie in Cr2O3 dei prodotti intermedi sono rispettivamente:
- per i liquami tali e quali 5 - 6 g/l - per i flocculati 12 - 20 g/l
- per i pannelli filtropressati 100 - 140 g/l
Le concentrazione in ferro e alluminio sia nei reflui in ingresso, sia nelle varie fasi di lavorazione, sia nel prodotto finito vanno ad aumentare gradualmente per il continuo utilizzo delle soluzioni di cromo.
Sono stati effettuati, anche, studi sulla precipitazione del cromo(III) da soluzioni acquose utilizzando ossido o idrossido di magnesio (MgO; Mg(OH)2) in soluzione alcalina [1.2] in
accordo con la seguente reazione:
3Cr2(SO4) + 8MgO Cr2(OH)4·SO4·4Cr(OH)3·4H2O + 8MgSO4 (1.1)
Il cromo trivalente può essere separato dalla soluzione acquosa e riutilizzato in altri processi. Le acque dopo la separazione per precipitazione contengono < 0.5 mg/L di Cr3+. Partendo da 4L di soluzione contenente 4.66 g/L di Cr3+ a pH 3.6 sono stati aggiunti 21.6 g di MgO, sotto costante agitazione. Il pH è salito fino ad un valore pari a 9.5 e si è formato un precipitato granulare. Il precipitato è stato successivamente separato tramite filtrazione.
Il filtrato contiene 0.062 mg/L di Cr3+, mentre il precipitato viene sciolto con H2SO4
portando il pH a 2.5. La soluzione viene fatta evaporare fino a 233 mL e presenta un contenuto di 82 g/L di Cr3+ e 1.2 g/L di Mg.
1.2.2 Adsorbimento su carboni attivi
Dalla letteratura, un altro sistema per il recupero e la rimozione del cromo è quello che prevede l’utilizzo dei carboni attivi (sostanze adsorbenti a basso costo). N.F. Fahim et al. [1.3.] hanno studiato tre tipi di carboni per adsorbire selettivamente cromo da bagni di concia: C1, prodotto dall’industria dello zucchero, e C2, C3 normalmente in commercio. Il processo di adsorbimento dipende dalle condizioni operative ed in particolare dal pH (generalmente il valore utilizzato è 5). Il sistema utilizzato è di tipo batch e segue il modello di adsorbimento di Langumir.
Dagli studi effettuati l’efficienza di recupero dei tre carboni attivi è rispettivamente 98.86%, 98.6% e 93% per C1, C2 e C3; l’ordine di selettività è quindi C1>C2>C3 (per il recupero di Cr(III) da bagni esausti). In conclusione, i tre carboni attivi lavorano in maniera efficiente se il range di pH è tra 5 e 6 ed inoltre la capacità adsorbente nei confronti del Cr(III) aumenta con il decrescere delle dimensione delle particelle. Il massimo adsorbimento si ha con particelle di dimensioni pari a 45 µm.
1.2.3 Nanofiltrazione
È stata utilizzata anche la nanofiltrazione per il recupero del cromo. Lina M, Ortega et al [1.4] hanno condotto prove su scala di laboratorio utilizzando quattro differenti membrane nanofiltranti, DS.5, CA, DS.5*, BQ.01 (sono tutte membrane polimeriche microporose sotto forma di film sottili).
La soluzione trattata è una soluzione di solfato basico di cromo Cr(OH)SO4 al 33% di
basicità, generalmente utilizzata nel processo di concia. Le pressioni utilizzate sono sempre comprese tra valori di 1.1·106 e 7·107 Pa con concentrazioni di cromo comprese tra 0.42 e 30.3 moli/m3 (23.52 – 1697 mg/L); inoltre per valutare la membrana migliore sono stati utilizzati flussi diversi e concentrazioni diverse.
Dai risultati ottenuti si è ottenuto che la percentuale di cromo trattenuta varia a seconda del tipo di membrana utilizzata, del flusso, della concentrazione iniziale di cromo; si riesce ad estrarre, al massimo, un 99% di Cr(III), lavorando ad un pH compreso tra 2.8 e 3.5 e con portate comprese tra 0.76x10-14 e 1.01x10-14 m3/s.
1.2.4 Estrazione liquido-liquido
Per la rimozione di Cr(III) dai bagni esausti di concia sono stati studiati anche processi di estrazione liquido-liquido. Barbara Wionczyk et al [1.5] hanno utilizzato quale solvente estrattore Aliquat 336 (trioctyl methylammonium chloride, TOMA-Cl). Una soluzione sintetica di Cr(III) che riproduce il bagno esausto di concia è stata impiegata; è stata aggiunta una quantità di NaOH per aumentare il pH ad un valore ottimale per l’estrazione. Sotto tali condizioni si riesce a raggiungere un’efficienza di rimozione che varia da 98,6 e 99,9%, con un rapporto fase organica/fase acquosa trattata (Va/V0)
variabile tra 1 e 5.
Ugualmente alla soluzione sintetica, anche l’estrazione di Cr(III) da bagno esausto dipende dalla forza ionica iniziale e dalla concentrazione degli elettroliti presenti in soluzione. Il loro effetto negativo viene compensato in parte dalla diluizione del bagno prima dell’estrazione e dal piccolo incremento di temperatura dovuto all’estrazione. L’elevata diluizione del bagno, necessaria per realizzare un’estrazione efficiente, puo’ essere ridotto utilizzando, nell’estrazione, un elevato rapporto Va/V0. L’effetto negativo
dei cloruri viene neutralizzato in parte utilizzando come solventi trioctyl methylammonium (TOMA) -sulphate e/o idrossido anche senza un’elevata temperatura di estrazione.
Lo stripping del Cr(III) con acido solforico 0.5M dalla fase organica caricata è semplice ed efficiente. La fase organica rigenerata, contenente sia TOMA-Cl che (TOMA)2-SO4,
può essere riutilizzata tale e quale nella successiva estrazione e la sua capacità estrattiva non è differente da TOMA-Cl puro.
1.2.5 Resine a scambio ionico
Gli studi di tecniche di recupero del cromo Cr(III) da bagni esausti di concia mediante resine a scambio ionico si sono sviluppati in due direzioni differenti. La prima prevede l’utilizzo di resine in grado di adsorbire direttamente il Cr(III), la seconda invece sfrutta resine in grado di adsorbire il cromo sotto forma di Cr(VI). In questo ultimo caso, si deve prevedere un preliminare stadio di ossidazione perima di andare all’adsorbimento; dopo averlo estratto si rende necessario ridurre il Cr(VI) a Cr(III) data la tossicità del cromo esavalente.
1.2.5.1 Adsorbimento di Cromo(III)
Lo sviluppo di tecniche di recupero dei metalli pesanti, in particolare Cr(III), Fe(III), e Al(III), riveste particolare importanza per ridurre l’immissione di scarti nell’ambiente. Si è valutato che la sola industria conciaria produce ogni anno in Europa circa 100 Mm3 di effluenti, contenenti circa 500 mg/L di Cr(III) [1.6]. Per trattare questi effluenti si utilizzano diverse tecniche, tra cui la precipitazione e il recupero tramite resine a scambio ionico. Tra queste ultime, c’è il processo IERECHROM® [1.6 e 1.7] il quale si basa sull’utilizzo di una resina cationica (Purolite® C106) con gruppi funzionali carbossilici. In Fig 1.3 si riporta lo schema del processo IERECHROM®.
Fe2(SO4)3
Feed
weak acid resin
First step reg.
Effluent
H2SO4
Na2CrO4
Al(OH)3
Polishing step
Fig. 1.3. Processo IERECHROM® [1.6 e 1.7].
La resina prima di essere utilizzata viene portata nella forma sodica, per poter in seguito trattenere gli ioni Cr, Fe e Al; successivamente subisce un processo di estrazione/ rigenerazione in ambiente alcalino (pH = 9). Le reazioni che descrivono il processo sono:
RCOO-Na+ + H2O RCOOH + Na+OH- (1.2)
3RCOONa + Me(III) (RCOO)3Me + 3Na+ (1.3)
dove R = resina e Me(III) = Cr(III), Al(III), Fe(III).
Una volta realizzato il processo di adsorbimento è necessario estrarre gli ioni dalla resina. Una parziale rigenerazione della resina viene fatta con acido solforico o acido cloridrico secondo la reazione (1.3) riportandola in forma H:
(RCOO-)nMe + nH+ nRCOOH + Men+ (1.4)
Per migliorare l’efficienza di rigenerazione nei confronti dello ione Cr si realizza una ossidazione, con passaggio a cromato, per favorire il distacco dello ione dalla resina secondo l’effetto Donnan. L’ossidazione del Cr(III) a Cr(VI) viene realizzata e controllata con perossido di idrogeno in ambiente alcalino in accordo con la seguente reazione: 2(RCOO)3Cr + 3H2O2 + 10NaOH 2Na2CrO4 + 8H2O + 6(RCOO-Na+) (1.5)
Da un punto di vista del meccanismo, la reazione che porta allo scambio Cr3+/Na+ è: (RCOO)3Cr + 3Na+ 3RCOO-Na+ + Cr3+ (1.6)
ed è termodinamicamente sfavorita; se però si realizza una idrolisi ed una successiva ossidazione delle specie idrolizzate si arriva alla formazione dello ione CrO42- che viene
spostato dal gruppo carbossilato in accordo con l’effetto Donnan. Le suddette reazioni sono:
Cr3+ + 4OH - [Cr(OH)4]- (1.7)
2Cr(OH)4- + 3H
2O2 + 2OH- 2CrO42- + 8H2O (1.8)
Un’altra reazione RedOx nella fase di rigenerazione è quella di disproporzione del perossido di idrogeno:
H2O2 H2O + ½ O2 (1.9)
L’ idrossido di sodio, usato per portare il pH a circa 12, gioca un ruolo importante anche nella fase di separazione dei metalli (Fe, Al) che avviene nel successivo step di rigenerazione. A pH 12, infatti, il Fe non viene idrolizzato e rimane “aggrappato” alla resina mentre l’Al viene estratto insieme al cromo, secondo la reazione:
(RCOO-)3Al3+ + OH- 3 RCOO- + [Al(OH4)]- AlO2- + H2O (1.10)
Successivamente l’Al viene separato dal Cr(VI) mediante precipitazione come Al(OH)3.
realizzata portando il pH ad un valore alcalino, mediamente pH = 9.
Il recupero del ferro, rimasto sulla resina, viene eseguito utilizzando una soluzione di H2SO4 1M. Dopo aver effettuato le prove di laboratorio è stato costruito un impianto
pilota capace di trattare 10m3/d per verificare la fattibilità del processo.
L’impianto, riportato in Fig 1.4, è composto da 2 colonne contenenti ognuna 100L di resina (C1, C2), 2 precipitatori (SP1, SP2) per il recupero dei metalli, 2 filtri (F1, F2), un degasatore (D) ed alcuni serbatoi (S).
Fig. 1.4 Impianto pilota recupero Cr [1.7].
Sono stati effettuati 30 cicli (6 mesi di operazione continua) ed i risultati ottenuti sono: - si riesce a rimuovere, sistematicamente, il 98% del cromo
- gli effluenti hanno una concentrazione di cromo < 2mg/L in accordo con le direttive europee per la protezione ambientale
- non si registrano accumuli di metalli sulla resina
- la capacità adsorbente della resina, dopo una prima flessione del 15%, rimane pressoché costante durante tutti i successivi cicli
1.2.5.2 Adsorbimento di Cromo (VI)
Di seguito si riporta il lavoro di Cot et al. [1.8] relativo al recupero di Cr(III) da bagni di concia mediante utilizzo di resina anionica. Inizialmente il bagno contenente Cr(III) viene filtrato ed ossidato con perossido di idrogeno in eccesso per ottenere una soluzione di cromato da inviare alla resina scelta per il processo, AMBERLITE® IRA – 96 capace di trattenere ioni cromato e dicromato. Il processo di ossidazione è condotto a pH 12 mediate utilizzo Na2CO3 o NaOH. La reazione che riassume il processo di ossidazione è
la seguente:
2Cr3+ + 3H2O2 + 10OH- 2CrO42- + 8H2O (1.11)
Il processo di ossidazione da Cr (III) a Cr (VI) è favorito dal punto di vista termodinamico come si ricava dai valori dell’energia libera di Gibbs indicati dalla seguente espressione e dalla Tabella 1.2:
∆Gf° = -4 x 727,85 - 4 x 228,61 - (-2 x 1053 – 8 x 157,28) = - 461,6 kJmol-1
Tabella 1.2. Energie libere di formazione [1.8].
Componenti ∆Gf° kJmol-1 Cr2O3 -1053 OH- -157,28 O2 0 CrO42- -727,58 H2O -228,61 Cr2O72- -1301,2 H+ 0
Il valore negativo dell’energia libera evidenzia la possibilità di una spontanea ossidazione del Cr (III) a Cr (VI) in un opportuno range di pH. L’agente ossidante utilizzato è l’acqua ossigenata che da origine alla seguente reazione di disproporzione:
H2O2 H2O + ½ O2 (1.12)
Durante la fase di ossidazione, si osserva la formazione di un precipitato marrone, che identifica un complesso chiamato perossocromato di difficile isolamento. La reazione che porta alla formazione del suddetto complesso è:
HCrO4- + 2H2O2 [Cr(O)2(O)(OH-)] + 2H2O (1.13)
[Cr(O)2(O)(OH-)] + 3/2 H2O2 + OH- [Cr(O2)43-]brown + 2H2O (1.14)
La reazione secondaria per ottenere il perossocromato è favorita da un eccesso di agente ossidante. Tuttavia si preferisce alimentare in colonna una soluzione di dicromato (Cr2O72-), piuttosto che di cromato (CrO42-) , in modo da permettere alla resina
di trattenere due atomi di cromo per ogni sito attivo invece di uno.
Per fare ciò è necessario trasformare il cromato in dicromato, mediante acidificazione secondo la reazione:
2CrO42- + 2H+ Cr2O72- + H2O (1.15)
Per spostare la reazione a destra si lavora ad un pH compreso tra 3 – 3.5.
In Fig. 1.5 si riportata la sequenza delle operazioni per ottenere la soluzione di dicromato da inviare in colonna per realizzare l’adsorbimento:
Na2CO3 (40%) pH=12 Acido pH=3,5 - 4 H2O2 (30%) Cr3+ Cr2O7 CrO4 2-Cr(OH)3
Fig. 1.5 Sequenza operazioni per ottenere la soluzione di processo.
La resina prima di essere utilizzata, viene condizionata, secondo la metodica indicata dalla casa produttrice, poi caricata in colonna. Durante la fase di adsorbimento, i centri attivi della resina trattengono due ioni Cr(VI) e contemporaneamente rilasciano ioni solfati; il tutto secondo la seguente reazione:
R2+SO42- + Cr2O72- R2+Cr2O72- + SO42- (1.16)
Una volta terminata la fase di adsorbimento in colonna si procede alla riduzione del dicromato a Cr(III) con perossido di idrogeno al 30% a pH acido, ottenuto con aggiunta di acido solforico al 50%. La reazione di riduzione è la seguente:
Cr2O72- + 8H+ +3H2O2 2Cr3+ + 7 H2O + 3O2 (1.17)
Alla quale compete un’energia libera:
∆Gf° = -2 x 1301,2 – (-2 x 1053 – 2 x 228,61) = - 39,18 kJ/mol
Il sito attivo lasciato libero dal Cr(VI) viene occupato dal gruppo solfato derivante dall’acido solforico utilizzato per la riduzione. Il passo successivo consiste nell’effettuare un lavaggio con acqua e acido solforico diluito per recuperare la massima quantità di cromo e allo stesso tempo riattivare la resina.
Esistono altri sistemi di riduzione e recupero del cromo, basati essenzialmente su agenti riducenti diversi, come ad esempio il disolfito di sodio, dove la riduzione avviene secondo la reazione:
Cr2O72-+ 3S2O52- + 10H+ 5H2O + 6SO42- + 4Cr3+ (1.18)
o mediante l’utilizzo di glucosio, dove la riduzione avviene secondo la reazione:
4Na2Cr2O7 + 12H2SO4 + C6H12O6 Cr(OH)SO4 + 4Na2SO4 + 6O2 +14H2O (1.19)
La quantità di cromo recuperato nel processo a scambio ionico è direttamente influenzata dal tipo di riduzione/estrazione utilizzata. Si riportano di seguito le tabelle che evidenziano i risultati ottenuti con i diversi agenti riducenti.
Tabella 1.3 Cr recuperato con H2O2
Campione Crin (mg) Crestratto (mg) Effestrazione (%)
1 2035 1733 85 2 2131 1706 80 3 1749 1601 92 4 1792 1659 93 5 2013 1776 88
Tabella 1.4 Cr recuperato con Disolfito di Sodio
Campione Crin (mg) Crestratto (mg) Effestrazione (%)
1 1815 1323 73 2 2044 1436 70 3 1985 1484 75 4 1750 1187 68 5 1855 1458 79 19
Tabella 1.5 Cr recuperato con glucosio
Campione Crin (mg) Crestratto (mg) Effestrazione (%)
1 1712 1205 70 2 1926 1300 67 3 1893 1225 65 4 2176 1551 71 5 1932 1423 74
Come si vede dai dati riportati nelle tabelle, la massima efficienza di estrazione del Cr si ottiene con perossido di idrogeno come agente riducente, spingendosi fino ad un massimo del 93%.
Riferimenti bibliografici Capitolo 1
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