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17 Capitolo 2-Eddy Dissipation Concept

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Eddy Dissipation Concept

2.1

Introduzione

L’Eddy Dissipation Concept (EDC), sviluppato dal prof. B.F. Magnussen (Magnussen e Hjertager 1976, Magnussen 1981, Magnussen 1989, Magnussen 2005), fornisce un concetto per trattare l’interazione tra turbolenza e chimica nelle fiamme. In particolare,l’ EDC può essere applicato sia per l’analisi di fiamme premiscelate che diffusive per lo studio di processi di combustione controllati sia dal mixing che dalla cinetica chimica.

La grande varietà di condizioni per le quali il modello sembra funzionare ha attirato l’attenzione su di esso, tanto che l’EDC è stato implementato in alcuni codici di calcolo commerciali. Tuttavia lo stesso Magnussen sostiene che l’implementazione del modello non è stata fatta sempre nel migliore dei modi (Magnussen 2005). Alla base dell’EDC vi è l’ipotesi che le reazioni chimiche avvengono solo in regioni dove la dissipazione dell’energia turbolenta è significativa. È quindi importante capire come l’EDC “interpreta “ la turbolenza. La visualizzazione classica della turbolenza consiste in un campo di vortici annidati di dimensioni decrescenti dove l’energia cinetica della turbolenza viene trasportata, con una dissipazione trascurabile, dai vortici più grandi (energy containing eddies) a quelli via via più piccoli fino alla scala di Kolmogorov, dove la viscosità, non più trascurabile, attenua le fluttuazioni turbolente (vedi schema Figura 2.1).

(3)

2.1.1

CASCATA DI ENERGIA TURBOLENTA

In generale, flussi turbolenti con elevati numeri di Reynolds sono costituiti da una gamma di vortici di differenti dimensioni.

L’energia meccanica è trasferita principalmente tra strutture vorticose vicine come mostrato in Figura 2.2 .

Figura 2.2 – Schema del trasferimento dell’energia meccanica

Per la stessa ragione la produzione di energia cinetica turbolenta è data dall’interazione tra vortici grandi ed il mean flow. La dissipazione di energia cinetica in calore, dovuta alle forze molecolari,avviene quindi nei vortici più piccoli.

Caratteristiche importanti per flussi turbolenti possono, nel caso di turbolenza prossima all’isotropia, essere relazionati alla velocità turbolenta u′, ed alla dimensione della macroscala L′.

Queste quantità sono collegate a ciascuna delle altre attraverso la viscosità turbolenta del vortice, espressa come:

L u

vt = *′ ′ (2.1)

Tale teoria, sviluppata da Kolmogorov, è valida sotto le ipotesi di omogeneità tridimensionale ed isotropia locale della turbolenza.

Tuttavia, ad elevati numeri di Reynolds, il campo di turbolenza presenta ampie regioni di flusso quasi inerziale con dissipazione viscosa trascurabile e regioni relativamente piccole, dette fine structures, in cui avviene la dissipazione; la disuniformità spaziale della dissipazione viscosa è detta intermittenza.

(4)

2.1.2

MODELLAZIONE “DISCRETA”DELLA CASCATA DI

ENERGIA TURBOLENTA

Il collegamento tra il comportamento delle strutture fini e le caratteristiche di larga scala della turbolenza come l’energia cinetica turbolenta, k, ed il suo tasso di dissipazione ε , è basato nello schema EDC, sul modello della cascata dell’energia turbolenta proposto per la prima volta nel 1975 da Magnussen.

La Figura 2.3seguente illustra schematicamente il trasferimento in cascata dell’energia meccanica dal mean flow ai vortici macroscopici fino alle scale microscopiche (u

,

L

)

Figura 2.3 – Schema del trasferimento in cascata dell’energia con indicati i vari parametri caratteristici Per una turbolenza prossima all’isotropia,l’energia fornita a ciascun livello energetico viene parzialmente dissipata in calore ed una parte trasformata come energia meccanica al livello di turbolenza successivo.

Il primo livello della struttura della turbolenza è costituito dai vortici più grandi, aventi

L′ come dimensione caratteristica e u′come velocità caratteristica.

Sulla base dell’ipotesi d’isotropia della turbolenza è possibile ricavare la seguente espressione per u′: 1 2 2 3 u′ =  k  

(

)

2 2 2 1 2 3 2 2 2 2 1 2 3 1 1 3 2 2 u u u dove k= u′ +u′ +u′ → ∗′= ′ = ′ u′ 3 2 2 ku′  ⇒ =  (2.2) con k energia turbolenta.

(5)

Si può definire una velocità di deformazione caratteristica: L u ′ ′ = ′ ω (2.3)

Il primo livello rappresenta inoltre l’intero spettro della turbolenza poiché contiene gli effetti dei livelli successivi. Il secondo livello rappresenta la parte dello spettro avente velocità

u′′e dimensione L ′′ e velocità di deformazione caratteristica: ω

ω ′′ 2= ′ (2.4)

Analogamente a quanto fatto per il primo, si assume che il secondo livello contenga gli effetti di quelli successivi ed, in generale, tale ipotesi viene estesa a tutti i livelli dello spettro.

Il livello n-esimo di strutture è caratterizzato da una velocità turbolenta u , dimensione n

n

L ,energia meccanica trasferita al livello n+1 w e vorticità o velocità di deformazione n

1 2 n n ω ω − = ∗ (2.5)

Il modello a cascata di Magnussen si può quindi considerare un modello “a gradini”, che non presenta un range continuo di dimensioni dei vortici ma discreto.

Altri modelli di cascata di energia turbolenta a gradini (“Stepwise Cascade Model”) sono stati proposti in passato (Onsager 1945).

Nelle fine structures le grandezze w , n u , n L sono dell’ordine delle scale di n

Kolmogorov. Il trasferimento di energia dal primo al secondo livello w′′ è dato dalla somma della dissipazione in corrispondenza di tutti i livelli successivi, di conseguenza si ha che :

q w

ε = +′ ′′ (2.6)

L’energia trasferita dal mean flow al primo livello, chiamata produzione w′ ,viene espressa come il prodotto di uno sforzo turbolento ( 2

2 3

u′′ dimensionalmente pari al quadrato

della velocità caratteristica del primo livello u′ ) per una velocità di deformazione del flusso medio. Su questa base, il trasferimento di energia meccanica w” al secondo livello è

modellato come : 2 1 3 2 2 D w′′= C u ω′′ ′ (2.7)

Dall’ equazione (2.4) sostituendo risulta che:

2 1

3 2 D

w′′= C u ω′′ ′′ (2.8) La dissipazione viscosa al primo livello,q′,è modellata, analogamente al termine di dissipazione nell’equazione dell’energia meccanica:

(6)

2 2

D

q′=C νω′ (2.9)

Si assume che il trasferimento di energia da un livello a quello successivo possa essere definito utilizzando lo stesso modello.

Per il livello n-esimo ottengo, quindi, le seguenti equazioni:

2 1 2 3 n n D n C u w = ω e 2 2 n D n q =C νω (2.10)

Il bilancio energetico per il livello n-esimo è

1

n n n

w = +q w+ (2.11)

L’ultimo livello risulta essere quello equivalente alle strutture fini (n=∗) e per il quale si ottengono le seguenti relazioni:

2 1 2 3 = C u w Dω (2.12) 2 2 D q∗=C νω∗ (2.13)

Con l’ipotesi di stato quasi-stazionario ed effettuando il bilancio energetico, si ottiene :

∗ ∗ =q

w (2.14)

La dissipazione di energia meccanica in calore ,ε, può essere espressa come somma della dissipazione a ciascun livello:

( ) 2 2 2 2 2 1 2 2 2 1 ... ... ... ... νω νω νω νω ε =+ ∗− + + + +=+ ∗− + + + +D n D D D n q C C C C q q q (2.15) da cui ∗ ∞ = ∗ ∗ ∗ ∗ + + + = = =C C C q

q k k D D D 3 4 2 1 ... 4 1 2 1 0 2 2 2 2 2 2 2νω ν ω ν ω ε (2.16) essendo 2 1 ∗ − ∗ =ω ω .

Sostituendo nella precedente espressione l’equazione (2.13) si ottiene:

2 2 3 4 = νω ε CD (2.17) Sapendo che ∗ ∗ = L u ω si ottiene : 2 2 2 3 4 ∗ ∗ = L u CDν ε (2.18)

Sostituendo l’equazioni (2.14) e (2.16) nella (2.18) si ha :

3 2 2 1 1 1 4 3 2 2 3 2 D D D u u C u C u C L L ε ω∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ = = = ⇒ 3 0, 267u L ε ∗ ∗ = (2.19)

(7)

Dalle equazioni (2.18) e (2.19) è possibile ricavare le grandezze caratteristiche per le fine structures, L∗ e u∗: 3 3 1 2C uD 0, 267u L ε ε ∗ ∗ ∗ = = (2.20)

Sostituendo la (2.20) nella (2.18) si ottiene :

6 2 1 2 2 2 4 3 4 ∗ ∗ = u C u C D D ε ν ε (2.21)

da cui semplificando e ricavando u∗ si ottiene un’espressione di u che è funzione delle grandezze relative al flusso macroscopico :

( )

14 4 1 2 1 2 4 1 2 1 2 3 3 νε νε       =       = ∗ D D D D C C C C u (2.22)

Sostituendo la (2.22) nella (2.20) si ottiene un’espressione analoga per L∗:

( )

34 4 3 2 1 2 1 3 2 νε ε      = ∗ D D D C C C L ⇒ 4 1 3 4 3 2 1 2 1 4 1 1 4 3 3 4 3 2 1 2 1 3 2 3 2             = ⇒             − ε ν ε ε ν ε D D D D D D C C C L C C C 1 1 3 3 4 3 4 4 2 1 2 4 1 3 2 1, 43 3 D D C L L C ν ν ε ε=    =       (2.23)

Tali grandezze sono dell’ordine delle scale di Kolmogorov.

Dall’equazione (2.18) ed (2.19) si ottiene l’espressione del numero di Reynolds:

2 3 1 2 2 1 2 4 2 2 Re 2, 5 3 3 D D D D C u u u L C C L L C ν ν ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ = ∗ ⇒ = = = (2.24)

Per valori di Reynolds moderati e superiori, la dissipazione ai primi stadi della cascata (n piccoli) risulta trascurabile. Quindi qn << wn e wnwn+1 da cui risulta ad esempio che, per n= : 2 2 2 1 1 3 3 2 D 2 D w′′≅w′′′⇒ C u′′ ′′ω ≈ C u′′′ ′′′ω (2.25)

Dall' equazione (2.5) si ha che ω ′′′ 2= ∗ω′′ da cui ω ω′′ ′′′ ′′ ′′ 2 2 3 2 3 2 1 2 1u C u CD D (2.26)

(8)

Semplificando si ottiene : 2 2 2 2 1 2 2

u′′ ≈ u′′′ ⇒u′′′ ≈ u′′

In termini generali è possibile assumere che :

2 1 2 2 1 − ≈ n n u u (2.27)

Sulla base di tale ipotesi e dall’equazione (2.2) si ottiene:

ω′ ≅

′′ C k

w D1 (2.28)

Il modello di combustione turbolenta di Magnussen utilizza come valori per le costanti del modello di cascata dell’energia CD1 =0.135 e CD2 =0.5 (Ertesvag).

Questi coefficienti sono assunti uguali e costanti per ciascun livello della cascata e sono calibrati sulla base del tipo di flusso e della loro relazione con le costanti del modello di turbolenza utilizzato.

Il valore di CD1 =0.135 è stato scelto adottando l’approssimazione che ε ≈w′′ quindi 0

≅ ′

q da cui risulta quindi che :

ω ε ′′= ′2 ′ 1 2 3 u C w D (2.29)

Sostituendo nella (2.29) la relazione (2.3) si ottiene

L u C w D ′ ′ = ′′ ≈ 1 3 2 3 ε (2.30)

La viscosità turbolenta vt =u′*L′ può essere espressa, quindi, come:

ε ε 2 1 4 1 3 2 2 3 k C u C vt D = D ′ = (2.31) Il termine 1 3 2 D

C corrisponde pertanto alla costante Cµ =0.09 usata nel modello di

turbolenza kε standard (Launder e Spalding 1974). Si ottiene quindi 1 3 0.135

2

D

(9)

2.2

STRUTTURE FINI

2.2.1

Modellazione delle strutture fini

La tendenza ad avere elevata disuniformità nella dissipazione turbolenta per elevati numeri di Reynolds è stata scoperta da Batchelor and Townsend (1947) e studiata sotto due punti di vista:

 differenti modelli statistici per il modello di cascata di energia partendo da un’ipotesi di invarianza locale o somiglianza tra il movimento di scale differenti

 considerando la produzione di vorticità idrodinamica dovuta allo stiramento dei vortici.

Si può concludere che le strutture delle piccole scale, che sono responsabili per la maggior parte della dissipazione di energia, sono generate in maniera localizzata. Si assume che queste strutture siano composte tipicamente da larghi e sottili strati vorticosi, striscie di vorticità o vortici a forma di tubo ripiegati di estensione casuale o raggomitolati nel flusso come schematizzato nella seguente figura:

Figura 2.4 – Illustrazione schematica delle strutture fini

Le strutture fini (fine structures) sono localizzate in regioni ad energia costante, dette fine structure regions, le cui dimensioni lineari sono notevolmente maggiori rispetto a quelle delle strutture fini interne(L∗).

Le fine structures sono posizionate principalmente nelle regioni altamente deformate tra i vortici larghi ricchi di energia.

(10)

Le reazioni chimiche avvengono quando i reagenti sono miscelati a livello delle scale molecolari ad una temperatura sufficientemente alta (Magnussen 1981).

I processi che avvengono al livello delle microscale, che sono decisivi per il mescolamento a livello molecolare, così come la dissipazione di energia turbolenta in calore, sono rigorosamente intermittenti; cioè sono concentrati in regioni isolate il cui volume è solo una piccola frazione del volume del fluido.

Queste regioni sono occupate da strutture fini le cui dimensioni caratteristiche sono dello stesso ordine di grandezza delle microscale di Kolmogorov o più piccole.

Le strutture fini sono responsabili sia della dissipazione dell’energia turbolenta in calore sia del mescolamento a livello molecolare.

Le fine structures regions di conseguenza creano lo spazio di reazione per reagenti non uniformemente distribuiti così come per i reagenti mescolati omogeneamente nei flussi turbolenti.

La non omogeneità dello spazio di reazione è stato dimostrato mediante misure ottenute utilizzando laser-sheet fluorescence.

Alcuni studi volti a modellare le fine structures si basano sulla produzione idrodinamica di vorticità dovuta a stiramento dei vortici; le fine structures si creano, cioè, in regioni fortemente deformate dai macrovortici e le loro dimensioni caratteristiche sono dell’ordine della microscala soltanto in una o due dimensioni.

Secondo Corrsin (1962) le strutture dissipative consistono in “fogli” di spessore dell’ordine della scala di Kolmogorov η che circondano macrovortici di dimensione L; (Figura 2.5), esse occupano una frazione volumetrica pari a :

L L L η η = 3 2 (2.32) Assumendo che l’energia cinetica turbolenta locale posseduta dalle fine structures sia proporzionale ad u′2, la velocità di dissipazione locale nelle fine structures è stimata come :

2 2

η

νu′ (2.33)

dove ν è la viscosità cinematica.

La media volumetrica della velocità di dissipazione, sarà quindi:

2 1/ 2 2 2 Re u λ η ε ν η λ − ′ = (2.34)

sfruttando le identità valide con l’approssimazione di equilibrio locale (produzione=dissipazione ovvero energia cinetica turbolenta costante):

(11)

λ λ =Re L (2.35) 2 / 1 Reλ η = L (2.36) dove: ν λ λ u′ =

Re con λ microscala di Taylor.

La velocità di dissipazione media nei flussi turbolenti è scritta come:

2 2 3 λ ν ε u L u ′ = ′ = (2.37)

Si può osservare come le relazioni differiscano per il termine Re1λ/2.

No reaction

No reaction

mixing yk, hk mixing yk, hk

No reaction

No reaction

mixing yk, hk mixing yk, hk

L’

L*

L’

L’

L*

L’

Figura 2.5 Modello di Corrsin

Secondo Tennekes (1968) le strutture dissipative consistono in tubi di vorticità di diametro η deformati da vortici di dimensione λ

.

Assumendo che in un volume λ3 la lunghezza dei tubi di vorticità sia proporzionale a λ (microscala di Taylor) essi occupano una frazione volumetrica pari a:

2 2 3 2 λ η λ λ η = (2.38)

In altre parole secondo il modello di Tennekes la deformazione prodotta ai macrovortici crea regioni di vorticità di dimensione λ .

(12)

Queste a loro volta producono tubi di vorticità di diametro η (microscala di Kolmogorov).

La media volumetrica della velocità di dissipazione, sarà quindi:

2 2 2 2 2 2 λ ν λ η η ν ε = u′ = u′ (2.39)

Anche nel modello di Tennekes, (Figura 2.6) si assume che l’energia cinetica turbolenta locale posseduta dai vortici dissipativi, relativa alla rotazione attorno al proprio asse, sia proporzionale ad 2

u′ . L’energia dei tubi di vorticità, mediata sul volume complessivo, risulta essere proporzionale al quadrato della velocità di Kolmogorov; quest’ultima rappresenta quindi una velocità caratteristica dei vortici dissipativi mediata sul volume.

Questo suggerisce che la velocità di Kolmogorov risulta piccola non perché i vortici dissipativi siano deboli, ma perché la dissipazione è localizzata in regioni molto piccole del volume complessivo.

Le fine structures sono di fondamentale importanza nei processi di miscelazione molecolare e nel modello EDC di Magnussen si assume quindi che le reazioni siano localizzate proprio all’interno delle fine structures.

Figura 2.6 Vorticità secondo il modello di Tennekes

Il comportamento turbolento dei sistemi inerziali ad ogni livello nel continuo spazio-tempo sembra mostrare caratteristiche simili, come la struttura dei vortici e non omogeneità strutturali.

Di conseguenza si può immaginare che l’interazione tra la turbolenza nel flusso del fluido a differenti scale può essere modellata con lo stesso concetto ad ogni livello strutturale.

Il modello EDC di Magnussen sfrutta il modello di Tennekes per descrivere il trasferimento di materia alle fine structures ed il modello di Corrsin per definire la frazione volumetrica delle fine structures.

(13)

Questa concezione ha fornito le basi per derivare il modello di trasferimento in cascata dell’energia ed il modello delle strutture fini nell’EDC.

2.2.2

Modellazione del mixing molecolare

Un’ importante assunzione effettuata nell’EDC è quella secondo la quale le reazioni avvengono nelle strutture fini. Effettuando l’assunzione di chimica veloce (Fast chemistry), lo stato nelle fine structures, è considerato di equilibrio.

Nelle valutazioni per la chimica dettagliata (Finite Rate chemistry) le regioni di strutture fini sono invece trattate come reattori Perfect Stirred Reactor (PFR).

Per essere in grado di trattare le reazioni all’interno di questa regione è necessario conoscere la frazione di massa di reazione e la velocità di trasferimento di materia tra regioni di strutture fini e fluido circostante.

Nelle prime versioni dell’EDC (Magnussen, 1978) la frazione di massa occupata dalle fine structures regions era definita come:

3 ' u u γ∗ =   ∗   (2.40) da cui si ottiene :

( )

3 3 3 4 4 2 4 2 2 1 9 3 4 D D C C k γ∗ =   νε         da cui 3 3 4 4 2 2 2 1 3 4 D D C C k νε γ∗ =           (2.41)

Assumendo che le fine structures sono localizzate in regioni ad energia approssimativamente costante e che l’energia cinetica turbolenta può essere caratterizzata da

2

'

u (quadrato della velocità turbolenta), l’equazione sopra si può scrivere come

2 ' u u λ γ∗ =γ  ∗    (2.42) Di conseguenza il termine ' u u λ

γ = ∗ rappresenta la frazione di fluido occupata dalle fine structures regions, ovvero la frazione delle regioni che contengono le strutture fini ed il fluido circostante con il quale scambiano materia (avendo assunto che le fine structures scambiano materia solo con una parte del fluido circostante), in altre parole, le strutture fini tendono ad agglomerarsi in regioni ad energia costante e scambiano materia con le fine structures

regions.

(14)

2 ' u u γ∗ =   ∗   (2.43)

E’ possibile definire per ciascuna grandezza un valore medio tra fine structures e fluido circostante :

( )

1

γ∗ ∗ γ∗ ∗

Ψ = Ψ + − Ψ (2.44)

La dissipazione in calore risulta non omogenea ed avviene principalmente nelle fine structures regions in quanto, indicando la dissipazione di energia meccanica media con come

( )

1

ε γ ε= ∗ ∗+ −γ ε∗ ∗ (2.45)

Dall’equazione (2.16)è possibile concludere che solo 1 4

≈ della dissipazione totale avviene all’esterno delle strutture fini, quindi il secondo termine della relazione (2.45) può essere trascurato: ε ε γ ε ε γ ∗ ∗ ∗ ∗ ≈ ⇒ ∝   (2.46)

Di conseguenza è possibile caratterizzare le fine structure interne sulla base delle caratteristiche del flusso principale k edε .

Si vuole studiare in maniera approfondita le strutture fini e si fa quindi riferimento ad ε .

Sostituendo nelle equazioni precedentemente ricavate i valori delle costanti 135 . 0 1 = D C e CD2 =0.5 si ottiene :

( )

( )

1 4 1 1 2 4 4 2 1 1, 75 3 D D C u C νε νε ∗ = =   (2.47) Definendo

( )

1 4 1, 75

u∗∗ = νε∗ andando a sostituire la ε∗, dall’equazione sopra si ottiene:

( )

1 4 1 4 1 1, 75 u νε γ ∗∗ ∗   =    ⇒ 1 4 1 u u γ ∗∗ =(2.48)

Per L∗∗, dall’equazione (2.23) si ottiene:

( )

( )

( )

1 3 4 4 3 3 4 4 1 1 1 4 4 4 1 1, 43 1, 43 1, 43 L ν ν ν γ ε ε ε γ ∗ ∗∗ ∗ ∗           = = =           ⇒ L∗∗ =L∗ ∗γ 14 (2.49)

(15)

Assumendo una turbolenza prossima all’isotropia ed introducendo l’energia cinetica turbolenta ed il suo tasso di dissipazione, si ottiene la seguente espressione per la frazione di massa occupata dalle fine structure regions in termini di ε ,k,ν :

( )

(

14

)

2

( )

1 1 2 2 2 2 2 1 2 1, 75 4, 6 4, 6 ' 2 3 u u k k k νε νε νε γ∗ = ∗ γ∗ = = =                (2.50)

Il flusso massivo tra fine structures e fluido circostante per unità di fluido ed unità di tempo può essere espresso come relazione tra il flusso di massa fuori dallo strato limite delle scale piccole e la loro massa.

Si assume che le fine structures abbiano struttura cilindrica come illustrato in Figura 2.7:

L*

L*

m

m

**

h

h

m

m

**

L*

L*

m

m

**

h

h

m

m

**

Figura 2.7 – Schema della geometria cilindrica Sezione della sezione

Si assume che il flusso di massa abbia velocità u∗ fuori dal vortice di forma cilindrica con diametro L∗ ed altezza h.

Il volume della fine structure è dato da :

2 2

4 D

V=πr h=π h (2.51)

Dove D=L∗ che risulta essere la dimensione caratteristica. Quindi 2 4 L V π h ∗ ∗= (2.52)

(16)

(

)

1 2 2 Area Laterale Lh A πDh π ∗ − ∗ = = (2.53)

Il flusso di massa uscente dalle fine structures attraverso il contorno del cilindro è dato da: 2 L M ρ u A ρ u π h ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ = =  [kg s / ] (2.54)

La massa del cilindro è data da:

2 4 L m ρV π hρ ∗ ∗ ∗ ∗ = = [kg ] (2.55)

La relazione tra il flusso di massa attraverso lo strato limite delle fine structures e la loro massa è dato da : 0.5 2 2 2 2.5 [1/ ] 4 L u h M u m s L V L h π ρ ε ρ πρ ν ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗   = = = =       (2.56)

Lo scambio di materia tra le strutture fini ed il fluido esterno è dato da

( )

0.25 0.25 2 2 3 1 2 2 1 1 3 12 3 4 D D D C m m m m C C k k λ γ γ γ νε ε γ γ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗     = = = =             (2.57) Il termine λ γ γ ∗

rappresenta il rapporto tra massa delle strutture fini e massa delle

regioni di strutture fini e questo porta a concludere che le strutture fini scambiano materia con le fine structure regions.

Il tempo di residenza nelle fine structures dall’ equazione (2.56) è dato da :

0.5 1 0.41 [ ]s m ν τ ε ∗ ∗   = =      (2.58)

Risulta quindi che nello scambio di massa tra fine structures e fine structures regions, la velocità di trasferimento della massa stessa deve essere modellata come

2

γ τ∗ .

2.2.3

Modellazione dei processi di mixing molecolare

La velocità del mescolamento a livello molecolare è determinata dalla velocità del trasferimento di massa tra fine structures regions ed il fluido circostante.

(17)

Le varie specie partecipanti alle reazioni sono assunte mescolate omogeneamente all’interno delle fine structures regions.

Per effettuare la modellazione delle strutture fini è necessario definire l’espressione che fornisce la velocità di reazione per la specie k .

Le fine structure nel dominio osservato sono considerate come dei reattori PSR. La rappresentazione di una singola cella è illustrata nella seguente figura:

Figura 2.8

Il flusso di massa in ingresso ed uscita è dato rispettivamente da Min ed Mout, la massa

all’interno della cella è data da MFS.

I simboli o e * ,che contrassegnano le grandezze, indicano rispettivamente fuori e dentro la cella.

Effettuando il bilancio di massa per la specie k nel reattore stazionario si ottiene :

o FS in k out k k M M Y M Y R ρ ∗ ∗ ∗ − = −   (2.59)

dove Rk∗ risulta essere il consumo della specie k per unità di tempo e volume. I termini Yko ed Yk

rappresentano la frazione massiva della specie k rispettivamente

nel fluido esterno e interno alle strutture fini.

Quando il reattore opera in regime stazionario allora:

in out

M =M =M (2.60)

Sapendo che dall’equazione (2.56),m ,risulta essere il flusso di massa verso le fine ∗

structures diviso la massa nelle fine structures

FS

M M

⇒  (2.61

Dall’equazione di bilancio, dividendo entrambi i membri per MFS ,si ottiene :

(

)

M ρ∗ ∗ ∗ 

(

)

ρ ∗ ∗ ∗ ∗

(18)

Questa risulta essere la massa reagita della specie k in funzione del tempo ed unità di volume nelle fine structures e quindi la velocità di reazione.

Dalla relazione precedente è possibile sviluppare un’espressione per la velocità media di reazione estendendo il volume di interesse al fluido circostante (surroundings):

(

o

)

k k k

R = −ρ χm YY∗ (2.63)

dove R risulta essere la massa reagita della specie k in funzione del tempo e dell’unità k di volume del fluido (reattore e surroundings).

Il termine χ rappresenta la frazione reattiva delle fine structure regions

(

0≤ ≤ χ 1

)

Dalle simulazioni effettuate utilizzando i vari tipi di programmi di calcolo si ottengono i valori medi delle frazioni massive delle specie chimiche che prendono parte alle reazioni

(

0

)

,

k k

Y Y∗ ; è necessario quindi trovare una relazione per il trasferimento di massa tra

surrounding e fine structures che tenga conto dei valori medi delle grandezze che caratterizzano le due regioni.

Questa può essere ottenuta andando a studiare in maniera approfondita una regione al cui interno è presente sia reazione chimica sia turbolenza.

Avendo definito γ∗ come la frazione di massa occupata dalle fine structure regions, il termine χγ∗ risulta essere la massa di struttura fine che reagisce rapportata alla massa totale.

Questa risulta essere la parte attiva del reattore.

Il volume a cui si fa riferimento in questo momento ha massa MTOT e volume VTOT.

La densità media è definita come: TOT TOT

M V

ρ = (2.64)

L’ area locale è divisa quindi in parte attiva delle fine structures e fluido circostante (surroundings).

La massa attiva delle fine structures è data da :

R TOT

M =χγ∗M (2.65)

Il surroundings ha il resto della massa:

(

1

)

surr TOT

M = −χγ∗ M (2.66)

Per la variabile generica ϕ , è possibile definire la massa media come :

o surr R TOT TOT M M M M ϕ= ϕ∗+ ϕ (2.67)

(19)

(

1

)

o

ϕ γ χϕ= ∗ ∗+ −γ χ ϕ∗ (2.68)

È possibile applicare la relazione precedentemente ottenuta per la variabile generica ϕ, per definire la frazione massiva media della specie k :

(

1

)

o

k k k

Y =γ χ∗ Y∗+ −γ χ∗ Y (2.69)

Ricavandoci dall’equazione precedente la Yko e sostituendola nell’equazione (2.63) si ottiene la relazione:

(

)

1 k k k m R ρ χ Y Y γ χ ∗ ∗ = − −  Kg m s/ 3  (2.70) Nell’equazione precedente le variabili Yk∗ e χ sono incognite.

In base all’ipotesi del perfetto miscelamento del reattore per le strutture fini, la velocità netta di consumo della specie k, è determinata dalla velocità di reazione prendendo in considerazione le specie chimiche più importanti, le loro interazioni chimiche e le condizioni locali all’interno del reattore.

Di conseguenza in aggiunta alla risoluzione delle equazioni necessarie per la chimica, si deve risolvere un’equazione addizionale per il bilancio di energia :

(

)

1 1 s k k N k k k m q ρ Y h Y h γ χ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ = = − −

   (2.71) dove hk e k

h sono le entalpie totali di ciascuna specie e q∗ risulta essere l’energia netta immagazzinata nelle fine structures o trasferita dalle fine structures al surrounding attraverso altri meccanismi come la radiazione.

La valutazione della frazione di massa Yk

può essere effettuata utilizzando due diversi

approcci :

 si assume che la reazione sia infinitamente veloce (Fast chemistry limit)

 calcolo dettagliato della cinetica chimica (Finite Rate chemistry approach)

In riferimento al fatto che la velocità di scambio di massa tra fine structures e fine structures regions è modellato come

2

γ

τ∗ si ottiene che la velocità di reazione media R k

risulta:

(

)

2 0

k k k

R = −ρ γλ m∗χ Y Y∗ (2.72)

(20)

(

)

3 3

1 o

λ λ

ψ γ ψ χ =+ γ χ ψ (2.73)

da cui definendo la frazione massiva media risulta:

(

)

3 3 1 o k k k Yλ Y∗χ+ −γ χλ Y (2.74)

2.3

REAZIONI CHIMICHE

2.3.1

Fast chemistry

In un gran numero di casi di combustione trattare le reazioni considerandole infinitamente veloci risulta essere un’assunzione plausibile.

Nel Fast chemistry limit si assume che vi è sufficiente tempo per raggiungere l’equilibrio nelle strutture fini e questo si ottiene stabilendo le condizioni di combustione delle principali specie chimiche e ricercando il componente limitante principale.

Si assume inoltre che la reazione possa essere convenientemente rappresentata attraverso un singolo stadio illustrato di seguito:

1 kg fuel F ( ) + r kg oxidant OF ( )→ (1+rF) kg product P ( ) (2.75) Questo permette di supporre che uno dei principali componenti , ossigeno o fuel, sia completamente consumato nella zona dove avviene la reazione.

Per semplificare le equazioni del modello sono state introdotte le seguenti espressioni delle frazioni di massa:

ˆ 1 F F Y Y =  per il fuel ˆ O O F Y Y r =  per l’ossigeno ˆ 1 P P F Y Y r = +  per il prodotto e Yˆmin =minYˆF, YˆO

Magnussen (1989) propose un modello per determinare la frazione di strutture fini dove ha luogo la reazione.

In base al modello, χ è dato dal contributo di tre termini:

1 2 3

(21)

dove

(

)

(

)

(

)

2 min 1 1 1 1 P F P P F O F F Y Y r Y Y Y Y r r χ   +    +    =    + +     +  +          

rappresenta la possibilità di coesistenza dei

reagenti

(

)

(

)

2 min 1 1 min ,1 1 P F P F Y r Y Y r λ χ γ    +    = +   +      

esprime il grado di riscaldamento

(

)

min 3 min 1 1 min ,1 P F Y Y r Y λ λ γ χ γ     +   +      =        

 rappresenta il limite della reazione dovuto alla

mancanza di reagenti (concentrazione dei reagenti bassa).

Con le espressioni sopra elencate per χ ,il vincolo 0≤ ≤χ 1 risulta sempre soddisfatto. La velocità di reazione espressa dall’equazione (2.72) può essere espressa adesso come (Gran 1990): min 3 D1 3 1 Y 2C k 1 k R χ ε ρ γ χ   = − −    (2.77) dove il termine 13 1 γ χ   

  deriva dall’equazione (2.73) ed il cui valore risulta vicino

all’unità.

L’ equazione (2.70) che fornisce l’espressione per la velocità media di reazione riferita al combustibile (fuel) diventa quindi:

min * 1 fuel m R ρ χ Y γ χ = − −    (2.78)

dove min min ,

O F F Y Y Y r   =     

Il termine Ymin si ottiene attraverso un bilancio di massa prendendo a riferimento la reazione (2.75).

(22)

(

)

min R 1 p p q Y H T T C C m γ χ ρ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ − ∆ = +  −  (2.79)

e quella del fluido circostante:

min 1 o R p p Y H q T T C C m γ χ γ χ γ χ ρ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∆ = − + −   (2.80)

dove ∆ è il calore di reazione (KJ/Kg fuel) e HR Cp è il calore specifico locale (KJ/Kg

K)

2.3.2

FINITE RATE CHEMISTRY (effetto della cinetica)

L’effetto della cinetica nelle reazioni di combustione è studiato considerando le fine structure come reattori omogenei a pressione costante.

Se il trasferimento di calore viene trascurato, il reattore può essere considerato adiabatico.

Le equazioni che regolano questo tipo di reattore sono :

( )

( )

(

)

( )

0 0 1,... k o k r k k s dh a dt dp b dt dY R Y Y k n c dt υ ∗ ∗ ∗  =    =    = + − =   (2.81)

dove l’esponente o è riferito al fluido entrante nel reattore, il termine υr risulta essere la velocità di miscelazione e Rk∗ il termine netto di produzione chimica calcolato attraverso le equazioni di Arrhenius.

L’equazione (c) nella parentesi viene integrata tra t= e 0 t= + ∆to t.

Il modello del reattore è fissato attraverso la scelta di υr e di t∆ nella equazione (2.81). Magnussen (1989) ha assunto la stazionarietà dei reattori con velocità di miscelazione 1

r

υ

τ∗

= .

Questo corrisponde ad avere reattori di tipo PSR con tempo di residenza τ∗.

La condizione di stato stazionario è ottenuta assumendo il limite ∆ → ∞ , il quale t

conduce alla seguente serie di equazioni per le frazioni di massa:

(

)

1

(

)

0 0 k o o k r k k k k k dY R Y Y R Y Y dt υ τ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ ∗ = + − = ⇒ + − = (2.82)

(23)

quindi: o k k k Y Y R τ ∗ ∗ ∗ − = con k =1,...ns (2.83) dove Rk∗ è funzione di Yk∗ e di T∗ (temperatura nella fine structures).

L’espressione sopra risulta essere altamente non lineare e richiede per la sua risoluzione un algoritmo robusto che comporti una discretizzazione temporale di qualche tipo.

Riprendendo l’espressione (2.72) che risulta essere Rk = −ρ γλ2 m∗χ

(

Yk0−Yk

)

, ponendo il termine χ uguale ad χ =1 (Gran-Magnussen 1996) e l’equazione sopra citata diventa :

(

)

2 0

k k k

R = −ρ γλ m Y∗ −Y∗ (2.84) L’espressione sopra per essere risolta richiede la conoscenza del parametro Yk∗ che può essere ottenuto risolvendo il reattore PSR.

(24)

3

Modelli di Combustione

In questo capitolo si illustrano i principali modelli di combustione, con particolare attenzione a quelli implementati nel codice di calcolo CFX.

La scelta del modello di combustione è infatti critica e solo la conoscenza dettagliata delle ipotesi alla base del modello può aiutare a scegliere il modello più adatto. Inoltre la comprensione concettuale del modello può indicare il corretto modo di implementarlo se non già presente.

Come già precedentemente accennato il modello di combustione serve a rappresentare il termine di velocità di reazione w che compare nell’equazione di trasporto delle specie k

chimiche mediata secondo Favre (Capitolo 2 eq. 2.20).

Una generica reazione di combustione può essere espressa in termini di M reazioni elementari che coinvolgono NC componenti:

' '' 1 1 C C N N kj k kj k k k R R ν ν = = ⋅ ⇔ ⋅

per j=1, 2,....,M (2.85) dove νkj è il coefficiente stechiometrico del componente R nella reazione elementare k j , definito come:

'' '

kj kj kj

ν =ν ν (2.86)

La velocità di reazione netta del componente k è data da :

1 M k k kj j j w W ν Q = =

 (2.87)

dove Wk è il peso molecolare della specie k , Qj è il grado di avanzamento della razione j esprimibile come :

' '' 1 1 kj kj C C N N k k j fj rj k k k k Y Y Q k k W W ν ν ρ ρ = =     =    

(2.88)

con kfj e krj che rappresentano le costanti cinetiche diretta ed inversa della reazione j ed il termine k k Y W ρ    

  rappresenta la concentrazione molare della specie k.

Le costanti cinetiche della reazione sono espresse solitamente attraverso la relazione di Arrhenius e la costante di equilibrio, Keq:

(25)

exp aj exp aj j j fj fj fj E T K A T A T RT T β   β   = =     (2.89) fj rj eq K K K = (2.90)

dove A risulta essere il fattore pre-esponenziale , fj β jinvece è l’esponente della temperatura mentre E e aj T rappresentano rispettivamente , l’energia e la temperatura di aj

attivazione.

Dalle precedenti equazioni (2.87)-(2.90) si deduce che la velocità di reazione delle specie chimiche w è un termine fortemente non-lineare è quindi non si può esprimere k direttamente con le medie dei parametri che caratterizzano il sistema ( T , ,ρ Yk ).

Una possibilità è quella di esprimere la velocità di reazione media con lo sviluppo in

serie di Taylor.

Considerando una reazione irreversibile tra un combustibile, F , ed un ossidante, O :

( )

1

F+sO→ +s P (2.91)

la cui la velocità di consumo del combustibile risulta:

2 1 1 1 exp a F F O T w A T Y Y T β ρ   = −    (2.92)

ed espandendo in serie di Taylor i termini Tβ1 ed exp Ta1

T

 

 , espressi in funzione delle

variabili medie, si ottiene (Borghi, 1978):

(

)

(

)

'' '' '' '' '' '' 1 1 1 2 1 1 '' '' 2 '' '' 2 1 1 1 1 2 2 1 exp ... F o F O F O F O a F F O F O F O Y Y Y T Y T P Q Y Y Y T Y T T w A T Y Y T Y T Y T P Q PQ Y T Y T β ρ      + + + ⋅ + +         = − −  ⋅      + + + ⋅ + +         (2.93) dove

( )

(

) ( )

( )

1 2 1 1 ! 1 ! 1 ! k N n k a n k n T P T n k k k − =   − = −    −  

e

(

1 ....

) (

1

)

! n n Q n β β+ β+ − = (2.94)

(26)

 Essa introduce infatti nuove quantità ( Y YF'' o'' e Y Tk'' '' ) che per essere configurate necessitano l’impiego di equazioni algebriche o di trasporto.

 Quando vengono utilizzati pochi termini dell’espansione in serie si commette un errore di troncamento non accettabile.

 Questa equazione è valida solo per reazioni irreversibili e quindi non è utilizzabile per gli schemi di combustione realistici.

Quindi la chiusura del termine w non viene realizzata utilizzando l’equazione (2.94), k

ma si utilizzano modelli prodotti da analisi fisiche e sviluppati per lo studio delle fiamme premiscelate e diffusive. Di questi modelli, noti come modelli di combustione, saranno illustrati in seguito quelli che hanno riscosso il maggior successo.

3.1

Modello Eddy Break Up (EBU)

Il modello Eddy Break-up, sviluppato da Spalding (1971) per lo studio delle fiamme premiscelate, si basa sull’analisi fenomenologica della combustione turbolenta nell’ipotesi di elevati numeri di Reynolds (Re<<1 ) e di Damkohler1 (Da>>1).

L’ipotesi alla base del modello è che la velocità globale del processo di combustione sia controllata dal miscelamento turbolento e non dalla chimica delle reazioni di ossidazione. In altre parole la chimica di reazione è considerata infinitamente veloce (questo approccio è anche noto come “mixed in burnt”).

La velocità di reazione media, w , risulta, quindi, proporzionale al tempo caratteristico F

del miscelamento turbolento

( )

kε .Nel caso di sistemi caratterizzati da un eccesso di ossidante si ottiene (considerando la reazione (2.91)):

1 turb

chem

Daτ è usato nella combustione turbolenta e corrisponde al rapporto tra il tempo caratteristico della turbolenza e il tempo caratteristico della reazione, cioè fornisce una misura di quanto è importante l’interazione tra chimica e turbolenza. Numeri di Damkohler elevati (Da>>1)corrispondono a reazioni chimiche molto veloci rispetto agli altri processi , viceversa Numeri di Damkohler piccoli (Da<<1) corrispondono a reazioni chimiche molto lente.

(27)

( )

0.5 2 F EBU F w C Y k ε ρ ′′ = −  (2.95)

dove CEBU è una costante del modello, dell’ordine dell’unità e YF′′ indica la varianza

della frazione massica del combustibile.

Questo modello è attraente perché la velocità di reazione è scritta come semplice funzione di quantità medie note senza equazioni di trasporto addizionali ed è quindi molto utilizzato nei codici di calcolo commerciali.

Malgrado il suo successo, dall’equazione (2.95), si nota che tale modello presenta una grande limitazione e cioè non considera gli effetti della cinetica chimica.

Inoltre l’EBU tende a sovrastimare la velocità di reazione soprattutto nelle regioni del fluido altamente stressate dove il rapporto

( )

kε risulta elevato.

3.2

Modello Eddy Dissipation (EDM)

Questo modello, sviluppato da Magnussen e Hjertanger (1976), costituisce l’estensione del modello Eddy Break-up alle fiamme non premiscelate.

La maggior parte dei combustibili bruciano velocemente e la velocità complessiva di reazione è controllata dal mixing turbolento. Nelle fiamme non premiscelate la turbolenza provoca un lento mescolamento/convezione del combustibile con l’ossidante all’interno della zona di reazione dove poi essi bruciano velocemente.

Nelle fiamme premiscelate la turbolenza provoca un lento mescolamento/convezione dei reagenti freddi con i prodotti caldi all’interno della zona di reazione, dove la combustione avviene rapidamente.

In questi casi si dice che la combustione è mixing-limited cioè risulta controllante per il sistema il grado mescolamento (lento) rispetto alla velocità di reazione (veloce) e le velocità cinetiche di reazione (spesso sconosciute) possono essere trascurate.

Il modello assume quindi che la velocità di reazione può essere relazionata direttamente al tempo richiesto per il mescolamento dei reagenti a livello molecolare.

Nei flussi turbolenti questo tempo di mescolamento è dominato dalle proprietà dei vortici. La velocità è proporzionale quindi al tempo di mescolamento determinato dall’energia cinetica turbolenta k e dalla dissipazione ε :

rate k

ε

(28)

Nel modello EDM il grado di avanzamento medio Qj della reazione j è determinato

dal minore dei termini che esprimono la frazione molare media dei reagenti

[ ]

Rk R e dei

prodotti ,

[ ]

k P R :

[ ]

[ ]

' '' min min , k P k mix k R P j ED ED kj kj k P R W R Q C B k W ε ν ν     =    

(2.97)

dove CED e BED sono due costanti del modello,ν e kj' ν sono coefficienti kj'' stechiometrici, Wk peso molecolare della specie k .

L’EDM si applica correttamente nei flussi turbolenti quando la velocità di reazione chimica è veloce rispetto ai processi di trasporto nel flusso. Non c’è il controllo da parte della cinetica dei processi di reazione quindi, ignizione e processi dove la cinetica chimica può limitare la velocità di reazione, sono predetti difficilmente.

3.3

Modello Finite Rate Chemistry (FR)

Il modello finite rate considera come parametro controllante la cinetica (Da< ).1

Quindi definendo R il grado di avanzamento, si ottiene: k

[ ]

'

[ ]

'' , ,.... , ,.... kI kI C r C r N N k k k I A B I A B R F I B I = =     = −   

 (2.98)

dove

[ ]

I è la concentrazione molare del componente I , F e k B sono rispettivamente k

le costanti di velocità diretta ed inversa, r rappresenta l’ordine di reazione del componente I

nella reazione elementare k . Per le reazioni elementari l’ ordine di reazione è uguale al coefficiente stechiometrico, mentre nel caso di reazioni globali può essere diverso.

La relazione per le costanti di velocità diretta ed in inversa assume una dipendenza dalla temperatura secondo l’equazione di Arrhenius:

exp k k k k E F A T RT β   =   (2.99) exp k k k k E B A T RT β   =   (2.100)

dove A è il fattore pre-esponenziale k

k

(29)

k

E è l’energia di attivazione

T è la temperatura assoluta

k

R può essere anche specificata direttamente senza l’uso di relazioni.

Il modello Finite Rate è applicato correttamente in situazioni dove la chimica è il parametro limitante, ossia lenta rispetto al miscelamento veloce.

Questo modello può essere usato per flussi laminari e flussi turbolenti.

3.4

Modello combinato Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry

Per il modello combinato la velocità di reazione è la minima tra quella del modello Finite Rate e quella del modello Eddy Dissipation.

(

)

min FR, ED

k k k

w = w w (2.101)

La velocità di reazione viene prima valutata separatamente per ogni modello così, mentre la velocità per uno step di reazione può essere controllata dalla cinetica chimica, alcuni altri step possono essere governati dal miscelamento turbolento allo stesso tempo e nella stessa posizione fisica.

È anche possibile applicare differenti modelli di combustione per ciascuno degli step facenti parte di schemi multi-step.

Il modello combinato è valido per un’ampia gamma di configurazioni, in particolare per reazioni che presentano sia bassi che alti numeri di Damkohler .

L’uso di questo modello è raccomandato se le velocità di reazione sono limitate dal mixing turbolento in una zone del dominio e limitati dalla cinetica in altre zone.

Problemi con l’utilizzo di tale modello insorgono del caso di meccanismi cinetici comprendenti un alto numero di step di reazione. Infatti il modello deve ripetere il confronto tra velocità Finite Rate e Eddy Dissipation per ogni step e per ogni cella del dominio di calcolo. Matematicamente questo procedimento è critico per un numero di step maggiore di 3-4.

3.5

Modello Laminar Flamelet con PDF

Il concetto Flamelet per la combustione non premiscelata descrive l’interazione della chimica con la turbolenza nel caso limite di chimica veloce (fast chemistry) quindi per numeri di Damkohler elevati.

(30)

due equazioni scalari nel caso di flussi turbolenti, di aggiungere nuovi dettagli alla simulazione di processi di combustione rispetto all’utilizzo di altri modelli di combustione.

La fiamma turbolenta è di per se considerata come un insieme di flamelets laminari immerse all’interno del flusso.

Il principale vantaggio di questo modello è che sebbene siano comprese informazioni dettagliate dei processi di trasporto molecolare e di reazioni cinetiche elementari, la risoluzione numerica per piccoli time scale e per piccole lunghezze non è necessaria ed inoltre i termini sorgenti chimici non-lineari non è necessario siano modellati.

Questo evita i problemi di risoluzione di cinetiche altamente non lineari nei flussi e fa sì che il metodo sia molto robusto.

Solo due equazioni scalari devono essere risolte indipendentemente dal numero delle specie chimiche che sono coinvolte nella simulazione.

Questo modello fornisce informazioni riguardo alle specie presenti in piccole quantità (es. CO) ed ai radicali (es OH).

Informazioni riguardanti i modelli di fiamme laminari sono precalcolati ed immagazzinati in librerie che permettono di ridurre notevolmente il tempo computazionale. In definitiva il modello è ancora vincolato da ipotesi come fast chemistry o dal trascurare i numeri di Lewis delle specie chimiche.

Queste librerie forniscono le frazioni massiche medie delle specie chimiche in funzione delle mixture fraction medie, della variazione delle mixture fraction e della velocità di dissipazione scalare.

L’accoppiamento della chimica laminare con flussi turbolenti fluttuanti viene effettuata mediante metodi statistici (PDF2).

Sebbene il metodo evita alcune modellazioni si rende necessario, come ad esempio nel caso venga usato il termine del momento,la modellazione di alcuni importanti termini come il gradiente della fluttuazione della pressione ed il termine della diffusione molecolare.

Se la combustione avviene all’interno di strati fini, come è assunto da questo modello, il termine diffusione molecolare è strettamente legato al termine di reazione e quindi il problema della modellazione del termine sorgente chimico si trasferisce verso la modellazione del termine della diffusione.

Tuttavia non ci sono termini sorgenti all’interno dell’equazione delle mixture fraction che risulta anche essere la principale equazione di trasporto nel modello Flamelet.

2

(31)

Il modello presenta alcune limitazioni :

 Il modello è applicabile solamente per sistemi che presentano due flussi di alimentazione (combustibile e ossidante), ossia per sistemi non-premiscelati.

 Richiede una libreria chimica come input e queste non sono

facilmente ottenibili e solitamente richiedono un programma esterno per essere generate.

 All’interno del dominio deve essere applicato lo stesso livello di pressione

La seguente lista traccia le assunzioni fatte per ricavare il modello Flamelet:

 Fast Chemistry

 Numero di Lewis unitario per tutte le specie, Lei =1

 La combustione è nel regime Flamelet

 Due sistemi di alimentazione (la composizione del fluido al contorno deve essere combustibile puro, ossidante puro o una loro miscela

lineare).

 Fiamma diffusiva

Le proprietà del fluido incluse temperatura e densità, sono calcolate dalle composizioni medie del fluido nello stesso modo degli altri modelli di combustione come ad esempio nell’Eddy Dissipation Model .

Il modello Flamelet implementato nel codice di calcolo CFX utilizzato per questo lavoro può essere applicato per configurazioni non-adiabatiche.

Questo porta a non considerare la variazione nella composizione del fluido dovuta ai diversi livelli di temperatura e pressione.

Tuttavia, l’effetto della dissipazione di calore e della pressione sulla densità e sulla temperatura vengono presi in considerazione.

(32)

Per un maggiore approfondimento riguardo al modello Flamelet si veda [Peters ,2000]. Il modello Laminar Flamelet è presente in CFX, tuttavia la libreria che risulta disponibile contempla solamente reazioni di combustione omogenea di metano ed idrogeno puri. Quindi nel caso di miscele di combusibili, è necessario disporre di un generato re di librerie, CFX-rif, non disponibile per licenze del software di tipo accademico.

3.6

Modelli “marginali, accessori” o altro titolo

Vi sono altri modelli di combustione come il modello di combustione Premixed e

Partially Premixed il quale può essere diviso in due parti indipendenti:

 Modello per l’avanzamento della reazione globale: Turbulent Flame

Speed Closure (TFC) (illustrato nei dettagli nel manuale di CFX)

 Modello per la composizione delle frazioni reattive e non reattive di fluido: Laminar Flamelet con PDF

Le frazioni massiche nella frazione non reattiva di fluido sono ottenute dal mescolamento della composizione del combustibile e dell’ossidante, le frazioni di massa nella parte di fluido che brucia sono calcolate applicando il modello Flamelet (per i dettagli inerenti questo modello si veda il Manuale di CFX)

Per quanto riguarda i modelli di combustione che non sono presenti all’interno del codi codice CFX, riveste una certa importanza il modello Condizional Momentum Closure (CMC).

In questo modello si assume che le frazioni massiche delle specie chimiche sono tutte correlate con la mixture fraction (per fiamme non premiscelate).

L’idea è quella di derivare, chiudere e risolvere l’equazioni esatte di bilancio per le frazioni di massa condizionate, Yk

η ,corrispondenti al valore medio della frazione di massa

k

Y per un assegnato valore della mixture fraction η Utilizzando la funzione PDF si ottiene la

frazione massica media delle specie :

( )

k k

Y

Y =

η P η ηd (2.102)

il modello CMC fornisce una serie di equazioni di trasporto che determinano la struttura della fiamma.

Sperimentalmente è stato osservato che temperature e specie chimiche sono legate alle mixture fraction in maniera fortemente non-lineare. Utilizzando la media secondo Reynolds

(33)

descritta nel capitolo 2 è possibile decomporre le frazioni massiche in due termini, uno medio ed uno fluttante

'

k k k

Y = + Y Y (2.103)

Tuttavia il termine di fluttazione '

k

Y è molto grande è questo crea difficoltà nella

chiusura del termine termine di velocità di reazione w . un metodo di chiusura possibile è k quello che utilizza una decomposizione di questo tipo :

'

k

k k

Y

Y = η + y (2.104)

dove il termine y è la fluttuazione attorno alla media condizionata per k' Y , detta anche k

“fluttazione condizionata”.

Sperimentalmente si è stato visto che yk'Yk e questo è una assunzione fondamentale del modello CMC.

(34)

2 Eddy Dissipation Concept 18

2.1 Introduzione 18

2.1.1 CASCATA DI ENERGIA TURBOLENTA 19

2.1.2 MODELLAZIONE “DISCRETA”DELLA CASCATA DI ENERGIA TURBOLENTA 20

2.2 STRUTTURE FINI 25

2.2.1 Modellazione delle strutture fini 25

2.2.2 Modellazione del mixing molecolare 29

2.2.3 Modellazione dei processi di mixing molecolare 32

2.3 REAZIONI CHIMICHE 36

2.3.1 Fast chemistry 36

2.3.2 FINITE RATE CHEMISTRY (effetto della cinetica) 38

3 Modelli di Combustione 40

3.1 Modello Eddy Break Up (EBU) 42

3.2 Modello Eddy Dissipation (EDM) 43

3.3 Modello Finite Rate Chemistry (FR) 44

3.4 Modello combinato Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry 45

3.5 Modello Laminar Flamelet con PDF 45

Figura

Figura 2.1 – Schema della cascata di energia
Figura 2.2 – Schema del trasferimento dell’energia meccanica
Figura 2.3 – Schema del trasferimento in cascata dell’energia con indicati i vari parametri caratteristici  Per  una  turbolenza  prossima  all’isotropia,l’energia  fornita  a  ciascun  livello  energetico  viene  parzialmente  dissipata  in  calore  ed  u
Figura 2.4 – Illustrazione schematica delle strutture fini
+4

Riferimenti

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