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Capitolo 4 Fisiologia umana

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- 27 -

Capitolo 4

Fisiologia umana

Gli esseri viventi reagiscono agli stimoli dell’ambiente che li circonda, cioè alle forme di energia che li colpiscono; tali fattori ambientali si dicono stimoli sensoriali (Figura 4.01).

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- 28 -

I vari stimoli sensoriali agiscono su specifici sensori denominati recettori sensoriali. Tali recettori sono terminazioni nervose o cellule deputate a captare le varie forme di energia e a convertirle in variazioni locali del potenziale di membrana (trasduzione). Il potenziale di recettore viene poi trasformato in una scarica di potenziali d’azione destinati a raggiungere, tramite i nervi, il sistema nervoso centrale dove i segnali vengono integrati dando origine a percezioni coscienti o a risposte comportamentali/vegetative adeguate.

Ogni sensore trasmette esclusivamente sensazioni della sua stessa modalità indipendentemente dal fatto di essere eccitato da uno stimolo adeguato o non adeguato (Legge di Müller delle energie sensoriali specifiche). Ciò dipende dal fatto, che ogni sistema di senso è collegato al cervello con un proprio apparato neuronale specifico per la trasmissione della propria modalità sensoriale.

La parte della medicina che studia questi legami è la fisiologia della sensibilità; essa si occupa degli eventi fisico-chimici dell’eccitazione degli organi di senso e della elaborazione del sistema nervoso (fisiologia oggettiva), ma anche delle percezioni soggettive che vengono evocate dagli stimoli sensoriali (fisiologia soggettiva) (Figura 4.02) e sono il risultato dei processi di elaborazione del cervello e dell’influenza dell’esperienza personale (percezioni soggettive). Quest’ultima parte della fisiologia è chiamata anche psicologia della percezione.

Figura 4.02 – Relazioni nella fisiologia della sensibilità

Fisiologia oggettiva della sensibilità Psicologia della percezione Fenomeni ambientali Stimoli sensoriali Eccitazione dei nervi Integrazione nel SNC

Organi di senso Sensori adatti Eccitazione centri cerebrali sensoriali Impressioni sensoriali, Percezione Soggetto con coscienza Soggetto con esperienza

(3)

- 29 -

4.1

I

R

ECETTORI

I recettori sono le finestre sul mondo del sistema nervoso centrale; possono essere assimilati a trasduttori elettrici, infatti sono capaci di trasformare una forma di energia in un impulso elettrico.

Taluni recettori sono così complessi da essere definiti organi di senso (ad esempio l’occhio).

I recettori si possono classificare in base alla posizione dello stimolo in:

○ Esterorecettori. captano stimoli provenienti da fuori dell’organismo e si dividono in:

o telecettori: raccolgono forme di energia provenienti da lontano (vista, udito, olfatto);

o propecettori: rispondono a stimoli originati vicino al corpo (cutanei, tattili, dolorifici e termici);

○ enterocettori, rispondono a stimoli che originano dentro il nostro organismo (es. visceri);

○ propriocettori, attivati da stimoli che nascono dentro il nostro organismo connessi con la posizione del corpo (es. muscoli);

oppure in base alla natura dello stimolo che trasmettono: ○ meccanocettori (recettori di stimoli meccanici); ○ termocettori che si distinguono in:

o calocettori: rispondono a stimoli caldi; o frigocettori: rispondono a stimoli freddi; ○ chemiocettori (recettori di agenti chimici); ○ nocicettori (recettori del dolore);

○ fotocettori (recettori della luce con lunghezza d’onda tra 760 e 390 nanometri); ○ osmocettori (recettori della pressione osmotica);

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- 30 -

Su ogni centimetro quadrato di pelle si trovano mediamente circa 130 recettori tattili: per il freddo, per il caldo, per il dolore, le cellule di Merkel, i corposcoli di Meissner, di Ruffini e di Vater-Pacini la cui distribuzione non è uniforme.

I recettori per il caldo e per il freddo sono terminazioni nervose libere nella cute che microscopicamente non si distinguono dai recettori per il dolore (Figura 4.03).

Figura 4.03 – Sensori cutanei

Gli stimoli agenti sui recettori possono essere specifici o aspecifici. I primi sono quelli che stimolano i recettori con un’energia molto bassa, ad esempio la luce per l’occhio, i secondi sono stimoli dovuti a forme di energia diverse da quelle per le quali il recettore è più adatto e sono efficaci solo se molto intensi.

Ad esempio, possiamo generare una sensazione luminosa con una compressione del bulbo oculare, oppure attivare i recettori termici con agenti chimici (mentolo).

L’eccitazione di un recettore dà inizio al processo di traduzione, un fenomeno assai complesso che implica almeno tre eventi successivi:

1. Una certa quota di energia dello stimolo viene assorbita dal recettore;

2. L’energia assorbita induce modificazioni caratteristiche in apposite aree della membrana del recettore;

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- 31 -

Alcuni recettori generano segnali nervosi per tutto il tempo durante il quale lo stimolo agisce, sono definiti tonici; altri generano segnali nervosi solo all’inizio dello stimolo e poi diventano silenti benché lo stimolo non sia stato rimosso. Questi recettori sono detti

fasici e la diminuzione della loro frequenza di scarica viene detta adattamento (ad

esempio i termocettori).

In quest’ultimo tipo di recettori si ha inizialmente si ha un forte eccitamento che si riduce rapidamente nei secondi successivi e poi sempre più lentamente nel periodo successivo. Raramente la scarica viene soppressa del tutto.

Per essere efficaci gli stimoli devono superare un valore “soglia”, altrimenti si dicono sottoliminali. L’intensità minima capace di produrre una sensazione è stata definita come soglia assoluta (stimulus limen); si definisce inoltre soglia differenziale l’intensità con la quale uno stimolo deve differire da un altro affinché la differenza possa essere percepita.

4.2

L

E LEGGI PSICOFISICHE

Le relazioni che legano l’intensità dello stimolo all’intensità della sensazione sono descritte dalla psicofisica.

Storicamente si sono avvicendate tre leggi diverse:

1. Legge di Weber 2. Legge di Fechner 3. Legge di Stevens

4.2.1

Legge di Weber

Ernst Heinrich Weber dimostrò che la differenza tra due stimoli viene percepita in funzione dell’intensità degli stimoli:

(6)

- 32 -

“la variazione dell’intensità di stimolazione che può essere appena percepita (

ϕ

) è una frazione costante (c) dell’intensità di partenza: ∆ =c

ϕ

ϕ

Grazie a studi successivi sappiamo che questa legge (Figura 4.04) è valida per diverse modalità sensoriali nel caso in cui siamo sufficientemente lontani dalla soglia assoluta.

Legge di Weber 0 60 120 180 240 300 2 4 6 8 10 ϕ ∆ϕ

Figura 4.04 – Legge di Weber

Frazione di Weber

φ ∆φ/φ

Caso reale Caso ideale

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- 33 -

Avvicinandosi alla soglia assoluta la frazione di Weber

ϕ

ϕ

non si mantiene costante (Figura 4.05) poiché per superare la soglia differenziale è necessario un incremento maggiore di quello proposto da Weber. Infatti la presenza di attività spontanee dei neuroni sensoriali, nonostante sia di piccola intensità, può influenzare uno stimolo debole.

4.2.2

Legge di Fechner

Nel 1860 Fechner (Figura 4.06) elaborò la sua legge, basandosi sul lavoro di Weber:

“un incremento logaritmico dell’intensità dello stimolo comporta un aumento lineare dell’intensità della sensazione:

( )

0

log ϕϕ

⋅ =

Ψ k

Per definire una scala di intensità della sensazione (Ψ) Fechner introdusse le soglie differenziali (DL) e utilizzò la legge di Weber. Lo zero (S0) corrisponde alla soglia

assoluta e l’incremento alla soglia differenziale, cioè a una differenza appena percettibile.

La relazione di Fechner afferma che un incremento logaritmico dello stimolo (φ) produce un aumento lineare dell’intensità della sensazione corrispondente

S

S

S

b

+

S

b

S

b

S

a

+

S

a

S

a

S

o

ϕ

Ψ

∆Ψ

DL

DL

DL=

(8)

- 34 -

In realtà l’ordinata Ψ nella legge di Fechner è piuttosto una scala di differenziabilità che una dell’intensità della sensazione.

4.2.3

Legge di Stevens

Attualmente la psicofisica è basata sulla teoria di Stevens, elaborata nel 1956, (funzione potenza) e non su quella di Fechner (funzione logaritmica):

“la relazione tra intensità dello stimolo e intensità della sensazione nei vari sistemi sensoriali si può descrivere con una funzione esponenziale: Ψ=k

(

ϕ

ϕ

0

)

a.”

Con k costante che dipende dalla scala dello stimolo, φ0 è l’intensità dello stimolo alla

soglia assoluta e a è l’esponente che dipende dalla modalità sensoriale e dalle condizioni della stimolazione (Tabella 4.01).

modalità sensoriale condizione esponente a

intensità visiva occhio adattato al buio 0,33

intensità visiva riflettanza media 0,50

Temperatura freddo sul braccio 1,00

Temperatura caldo sul braccio 1,60

Calore Irradiazione piccola zona 1,30

Calore Irradiazione grande zona 0,70

Disagio Freddo Irradiazione corpo intero 1,70

Disagio Caldo Irradiazione corpo intero 0,70

Dolore Termico Calore Rediante sulla pelle 1,00

Pressione sul palmo della mano 1,10

Peso sollevamento 1,60

Dolore scossa sulla gengiva 0,90

Dolore 60 Hz sulle dita 3,50

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- 35 -

Ponendo come esponente a=0.35 ritroviamo la legge di Fechner che ha una validità in particolari ambiti (Scala decibel).

La legge di Stevens (Figura 4.07) ha trovato evidenze in campo neuro-fisiologico che indicano come una funzione potenza possa descrivere i processi sensoriali a carico della vista, del tatto, del gusto e della sensibilità cutanea.

Figura 4.07 – Relazione di Stevens

Una correzione a tale teoria venne fatta dalla Teoria del livello di adattamento la quale afferma che, se un soggetto prima dell’esperimento è stato esposto a stimoli molto intensi, tenderà a considerare molto bassi degli stimoli di valore medio e viceversa. Infatti, l’esposizione produce un certo livello d’adattamento e il giudizio viene formulato non in astratto ma in riferimento a questo livello.

Dolore

Percezione

freddo sul

braccio

Vista

ϕ

Ψ

(10)

- 36 -

4.3

S

ENSIBILITÀ TERMICA

La percezione soggettiva del nostro corpo si basa soprattutto sull’attività del sistema sensoriale somato-viscerale che comprende la sensibilità cutanea, la sensibilità degli organi interni e quella dell’apparato locomotore.

Il senso termico contribuisce anche al benessere soggettivo. Le informazioni sulla temperatura servono per la termoregolazione non cosciente.

La termocezione cutanea possiede due qualità, freddo e caldo; esistono recettori specifici per il caldo (calocettori) e per il freddo (frigocettori) (Figura 8).

Figura 8 – Qualità sensoriali termiche

Alcuni termocettori, tonici, sono stimolati dalla temperatura, altri, fasici, invece dalle sue variazioni.

I calocettori sono disposti più profondamente dei frigocettori; anche la loro distribuzione regionale è differente, infatti mediamente i recettori per il freddo sono più densamente distribuiti di quelli per il caldo,Tabella 4.02.

Nella Tabella 4.02 sono mancanti alcuni dati sul numero di recettori per il caldo in quanto gli studi considerati sono stati fatti da diversi ricercatori che hanno considerato zone del corpo differenti.

In generale, la sensibilità al freddo è maggiore di quella al caldo. Sono più sensibili al freddo la fronte, la cornea, i capezzoli, la regione dei glutei e il dorso invece sono più ricche di recettori per il caldo le labbra, le palpebre, la punta della lingua e le fosse nasali.

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- 37 -

Recettori Parte del corpo

Freddo Caldo

Fronte 5,5-8,0

Naso 8 1

Labbra 16,0-19,0

Altre parti del Volto 8,5-9,0 1,7

Petto 9,0-10,2 0,3

Addome 8,0-12,5

Schiena 7,8

Avambraccio 5,0-6,5

Parte sup. del braccio 6,0-7,5 0,3-0,4

Dorso della mano 7,4 0,5

Palmo della mano 1,0-5,0 0,4

Dita (dorso) 7,0-9,0 1,7

Dita (ventre) 2,0-4,0 1,6

Coscia 4,5-5,2 0,4

Polpaccio 4,3-5,7

Dorso del piede 5,6

Pianta del piede 3,4

Tabella 4.02 – Numero di recettori per cm2 (Stughold and Porz, Rein )

La sensibilità cutanea dà origine a sensazioni coscienti, che possono essere piacevoli o spiacevoli, e partecipa ai processi automatici (incoscienti) di termoregolazione.

Poiché la sensibilità termica differisce nelle varie regioni del corpo, ogni parte avrà una diversa importanza nella risposta a parità di stimolazione (Figure 4.09-4.10).

Sensibilità al caldo 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4

Volto Petto Addome Coscia Gambe

C o ff ic e n ti d i s e n s ib il it à

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- 38 - Sensibilità al Freddo 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4

Fronte Schiena Gamba Petto Coscia Addome

C o e ff ic ie n ti d i s e n s ib il it à

Diminuzione sudore Sensazione di freddo

Figura 4.10 – Coefficienti di sensibilità al freddo (Crawshaw)

Nel caso di sensibilità al caldo, Figura 4.09, è stato imposto come unitario il coefficiente per la coscia e sono stati valutati gli altri in base ad esso calcolando l’aumento di sudore nelle varie zone del corpo.

Per valutare la sensibilità al freddo, Figura 4.10, è stato preso come riferimento unitario quello relativo al petto e sono stati valutati i coefficienti in due modi diversi: apprezzando la diminuzione di sudore e stimando la sensazione di freddo provata. In base a questi risultati è possibile calcolare i fattori di ponderazione per varie regioni del corpo che rappresentano sia i coefficienti di sensibilità che di zona (Tabella 4.03).

Area Area +

Sens. caldo

Area +

Sens. freddo Media

Volto 0,07 0,21 0,19 0,20 Petto 0,09 0,10 0,08 0,09 Schiena 0,09 0,11 0,09 0,10 Addome 0,18 0,17 0,12 0,145 Coscia 0,16 0,15 0,12 0,135 Gamba (inf.) 0,16 0,08 0,15 0,115 Avambraccio 0,13 0,12 0,13 0,125 Braccio 0,12 0,06 0,12 0,09 1 1 1 1

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- 39 -

In accordo con la legge di Stevens possiamo inoltre affermare che ad alti livelli di radiazione di calore le differenze percepite dalle varie parti del corpo tendono ad essere meno pronunciate.

La termocezione per il caldo e per il freddo presenta risposte statiche e dinamiche differenti.

4.3.1

Sensazioni termiche statiche e dinamiche

Analizzando un’area cutanea di 15 cm2 si è visto che esiste una variazione della temperatura entro la quale, se lo stimolo rimane costante non avvertiamo né sensazioni di caldo né di freddo; in questa zona di temperatura indifferente, la percezione si adatta completamente. I limiti di tale zona sono 31°C e 36°C; per valori al di fuori di questo intervallo si hanno percezioni permanenti di calore o di freddo indipendentemente dal tempo di esposizione.

Le sensazioni termiche dinamiche dipendono dalla temperatura iniziale e dalla velocità di variazione della temperatura, Figura 4.11.

Meno Caldo Meno

Freddo

Soglia per il freddo

So glia p er il c aldo Zona neutra Calore persistente Freddo persistente Sensazione "è diventato più freddo"

Sensazione "è diventato freddo"

Sensazione "è diventato più caldo" Sensazione "è diventato caldo" Variazione della T cutanea [°C] -1,0° -0,8° -0,6° -0,4° -0,2° 1,0° 0,8° 0,6° 0,4° 0,2° 38° 36° 34° 32° 30° 28°

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- 40 -

Per temperature cutanee basse la soglia per la percezione di una variazione per una sensazione di caldo è molto alta (>0.6°C) al contrario per una sensazione di freddo è molto bassa (<0.2°C); succede al contrario per temperature cutanee elevate.

Modificando la velocità di variazione della temperatura fino a valori di 0,1°C/sec gli effetti sono pressoché trascurabili, ma, diminuendo ulteriormente la velocità di variazione, si ha un innalzamento della soglia per il freddo e per il caldo (Figura 4.12).

V ar ia zi o n e d el la t em p er at u ra d i so g li a (° C )

Cambiamento velocità di variazione della temperatura (°C/sec)

0.3 0.1 -1.0 -0.5 1.0 2.0 3.0

Figura 4.12 – Influenza della velocità di variazione della temperatura sulle soglie (Khenshalo)

Per variazioni di temperatura estremamente lente, inferiori a 0,007°C/sec, non viene prodotta nessuna sensazione termica per molto tempo. Ad esempio, partendo da 33°C e raffreddando di 0,4°C/min, sono necessari oltre dieci minuti per percepire freddo. In questo tempo la temperatura è scesa di oltre 4 °C; dunque, quando il raffreddamento è molto lento, un soggetto può non accorgersi che ampie zone della cute si sono raffreddate.

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- 41 -

4.3.2

Risposte a temperatura cutanea costante

La frequenza di scarica statica dei sensori per il caldo aumenta da 30°C a 43 °C per poi calare bruscamente, per valori oltre i 45°C la sensazione di caldo viene sostituita da quella di calore doloroso; per i sensori del freddo si ha aumento per diminuzione di temperatura a partire dai 33°C con un massimo intorno ai 25°C; per avvertire il dolore da freddo la temperatura cutanea deve scendere sotto i 17°C (Figura 4.13).

Sensori per il caldo

Sensori per il freddo Frequenza di scarica statica [impulsi/s] Temperatura cutanea [°C] 6 5 4 3 2 1 50°C 45°C 40°C 35°C 30°C 25°C

Figura 4.13 – Frequenza media di scarica in funzione della temperatura cutanea (Crawshaw)

Per temperature inferiori a 28°C un piccolo aumento di temperatura riesce solo a ridurre la scarica dei recettori per il freddo ma occorre una variazione più elevata per poter superare la soglia del caldo in quanto per far ciò devono arrivare più impulsi dai recettori del caldo che da quelli per il freddo (Figura 4.13).

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- 42 -

4.4

I

L METABOLISMO

Il metabolismo è l’insieme di tutte le trasformazioni di materia e energia che si compiono negli esseri viventi.

La produzione di calore nell’organismo umano avviene come in tutti gli altri organismi viventi; nel nostro corpo il comburente è l’ossigeno ed il combustibile è costituito dagli alimenti che ingeriamo. Essi contengono energia potenziale di natura chimica che si trasforma in materia vivente o in energia cinetica o termica.

Se l’organismo è a riposo non libera energia cinetica fatta eccezione per una certa quantità di energia termica che costituisce il metabolismo basale cioè l’energia necessaria alle funzioni vitali del corpo umano.

Il metabolismo basale ammonta a circa 1,2 W/kg di peso corporeo ed è influenzato dall’età, dal sesso (Figura 4.14) e dai ritmi circadiani (fenomeni che si riproducono con ritmicità quasi giornaliera).

Metabolismo Basale 30 35 40 45 50 55 1 6 11 16 21 26 31 36 41 46 51 56 61 66 Anni Cal/m2h Uomini Donne

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- 43 -

La constatazione che se il metabolismo basale veniva riportato alla superficie corporea risultava pressoché uguale per tutti gli animali, ha portato il fisiologo tedesco Max Rubner a valutare tale grandezza in funzione della superficie corporea e non del peso (Legge della superficie di Rubner).

Il metabolismo si misura perciò in W/m2; un medesimo lavoro fatto da due persone diverse implica una conversione di energia nel processo metabolico differente.

Il metabolismo viene anche espresso attraverso un’unità di misura specifica il Met; 1 Met corrisponde a circa 58.1 W/m2.

Quando si effettua una qualsiasi attività si sviluppa energia cinetica ma, soprattutto, energia termica in quanto il rendimento della “macchina uomo” è basso (Tabella 4.04), mediamente η≈0,2; dunque circa l’80% dell’energia impiegata si trasforma in energia termica. Attività Rendimento Sollevare pesi 9% Salire Scala 23% Pedalare 25% Camminare in salita 30%

Tabella 4 – Rendimento di alcune attività fisiche

Per ottenere il metabolismo energetico totale al metabolismo basale bisogna perciò aggiungere un’altra aliquota, metabolismo di lavoro, che corrisponde al lavoro che si compie.

A tale somma nel bilancio del corpo umano andrebbe sottratto il lavoro esterno; in realtà si pone nullo per tre motivi:

1. a causa del basso rendimento, il lavoro meccanico prodotto è molto più piccolo del metabolismo;

2. la valutazione del metabolismo è generalmente imprecisa di conseguenza non ha senso considerare una quantità così piccola;

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- 44 -

4.4.1

Superficie di DuBois

Per calcolare la superficie corporea, ADU, si ricorre alla formula elaborata da Du Bois:

725 . 0 425 . 0 202 . 0 W h ADU = ⋅ ⋅

nella quale W rappresenta il peso in kg e h l’altezza in m (Figura 4.15).

Superficie corporea 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 Peso corporeo (kg) A lt e z z a ( m ) 0.9 1.0 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3 2,4 Superficie Corporea (m2 )

Figura 15 – Carta di Du Bois

4.4.2

Norma UNI 8996

Il metabolismo è stato calcolato per varie attività raccolte nella norma UNI 8996 (Tabella 4.05)

La norma specifica metodi diversi per la determinazione del metabolismo energetico nell'ambito dell'ergonomia degli ambienti di lavoro considerati dal punto di vista termico.

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Può essere usata anche per altre applicazioni, per esempio nella valutazione della pratica lavorativa, del costo energetico di lavori specifici o di attività sportive, del costo totale di un'attività e così via.

Stime, tabelle e altri dati compresi nella norma si riferiscono ad un soggetto medio: uomo di 30 anni, massa di 70 kg e altezza 1,75 (area della superficie corporea 1,8 m2); donna di 30 anni, massa 60 kg e altezza 1,70 (area della superficie corporea 1,6 m2). In caso di soggetti particolari si devono apportare appropriate correzioni.

Attività Wm-2 Met A Riposo Dormire 40 0,69 Rilassato disteso 45 0,77 Rilassato seduto 58,15 1,00 Rilassato in piedi 70 1,20 Attività d'ufficio Leggere 55 0,95 Scrivere a macchina 65 1,12 Sollevare oggetti 120 2,06 Guidare Automobile in relax 60 1,03 Automobile in situazione di traffico 115 1,98 Veicolo pesante 185 3,18 Aereo in atterraggio 140 2,41 Attività varie Camminare a 2 km/h 110 1,89 Camminare a 3 km/h 165 2,84 Camminare a 5 km/h 200 3,44 Danzare 225 3,87 Trasportare sacchi da 50 kg 235 4,04 Tabella 5 – Metabolismo per alcune attività (UNI 8996)

(20)

- 46 -

4.5

B

ILANCIO

T

ERMICO

Gli esseri viventi si dividono in due categorie:

○ pecilotermi: regolano la propria temperatura corporea a quella dell’ambiente circostante;

○ omeotermi: mantengono costante la loro temperatura corporea (del nucleo); ma ci sono anche animali, come le marmotte, che in inverno sono pecilotermi e nel resto dell’anno omeotermi.

L’omeotermia è un vantaggio per gli esserti viventi perché conferisce maggior libertà d’azione e consente di vivere anche in ambienti più ostili; essa permette inoltre un corretto funzionamento dell’organismo. Infatti, la maggior parte degli enzimi necessari al mantenimento delle funzioni vitali funziona in modo ottimale intorno ai 37°C.

La temperatura delle diverse parti del corpo varia notevolmente (Figura 4.16).

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- 47 -

Il nucleo interno (core) ha una temperatura che oscilla tra i 36° e i 37.3°C; esso è composto dall’encefalo e dai visceri addominali e produce oltre il 70% del calore, sebbene rappresenti solo l’8% del peso corporeo, la cute e le estremità hanno una temperatura inferiore e molto più variabile. Vi è quindi un gradiente termico tra la temperatura interna e quella dell’ambiente.

La temperatura del core centrale sale durante il lavoro in maniera proporzionale alla prestazione cui il soggetto è sottoposto, ma è dipendente anche dalla temperatura esterna; esiste tuttavia un ampio intervallo nel quale la temperatura del core è pressoché indipendente da quella esterna.

4.5.1

Termoregolazione

Per termoregolazione si intende il complesso di fenomeni mediante i quali il nostro corpo riesce a mantenere costante la sua temperatura interna intorno ai 37°C, anche se all’esterno fa freddo o fa caldo.

Alcune reazioni sono locali, quindi circoscritte ad una determinata zona corporea, altre invece sono generali e investono tutto l’organismo.

Alla termoregolazione partecipano:

l’ipotalamo, dove sono presenti i due centri del riscaldamento e del raffreddamento sensibili alla temperatura del sangue;

le ghiandole sudoripare eccrine, che producono più o meno sudore a seconda delle condizioni ambientali;

i vasi cutanei più superficiali per aumentare o diminuire il flusso sanguineo. La conservazione di una temperatura corporea costante è conseguenza delle capacità di omeostasi dell’organismo (condizione di equilibrio all’interno dell’organismo).

Il sistema termoregolatorio si può schematizzare come un sistema di controllo con feedback (Figura 4.17) composto da molti sensori (recettori), e un sistema di controllo (ipotalamo) che agisce sui vari apparati modificandone lo stato attraverso varie azioni di controllo (sudorazione, variazione del metabolismo, variazione flusso sanguigno) per mantenere in equilibrio l’equazione di bilancio del corpo umano.

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Figura 4.17 – Schema a blocchi della regolazione della temperatura nell’uomo

I recettori periferici reagiscono alle variazioni di temperatura dell’ambiente mentre quelli interni rispondono a variazioni di temperatura del sangue, quindi meno rapidamente. Le informazioni che giungono all’ipotalamo sulla temperatura della cute e del sangue inducono inizialmente una variazione di irrorazione cutanea e, successivamente, una modificazione dell’attività delle ghiandole sudoripare.

Il guadagno in ciclo aperto del sistema di controllo della temperatura è il rapporto tra la variazione della temperatura del sensore (recettore) e la variazione di temperatura all’interno del corpo meno uno, e vale circa 27. Ciò significa che il sistema termoregolatorio dell’uomo è molto efficiente, cioè tende a riportare il corpo umano all’equilibrio termico molto rapidamente.

Gli altri sistemi di regolazione del corpo umano sono molto meno efficienti; ad esempio il sistema barocettivo, che regola la variazione della pressione arteriosa, ha un guadagno pari a 2.

Nella reazione al freddo si distinguono due tipi di risposte che provvedono ad: ○ aumentare la produzione di calore con l’aumento:

• dell’attività muscolare (brivido);

• della fame (libera nell’organismo energia chimica);

• delle secrezioni interne (adrenalina); ○ diminuire la dispersione termica con:

• vasocostrizione cutanea e riduzione della sudorazione;

Ipotalamo (Controllore) Metabolismo Sudorazione Circolazione cutanea Temperatura: • CNS • pelle • core Azioni di controllo Sistemi di controllo Disturbi Variabili di controllo Variabili controllate: TCN,TSK, TCO Temperature di riferimento

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- 49 -

• attivazione dei muscoli (brivido) e orripilazione (pelle d’oca);

• assunzione di posizioni capaci di ridurre la perdita di calore e comportamenti adeguati;

Le reazioni di difesa dal caldo comprendono le seguenti reazioni:

1. vasodilatazione e arrossamento della cute; 2. sudorazione;

3. diminuzione dell’attività muscolare;

4. assunzione di posizioni più adatte e comportamenti adeguati.

La percezione soggettiva di una sensazione corrisponde al vantaggio che lo stimolo ricevuto reca alla correzione del squilibrio termico del corpo; ogni volta che la sensazione corrispondente ad uno stimolo tende a correggere lo stato termico riportandolo verso l’omeotermia questa viene classificata come piacevole. Dunque chi soffre il caldo gradisce stimoli freddi e viceversa.

Il comfort termico globale potrebbe dunque essere il risultato di moltissime percezioni soggettive di origine cutanea.

4.6

E

QUILIBRIO TERMICO DEL CORPO UMANO

La costanza della temperatura corporea deriva dall’equilibrio tra la produzione e la dispersione del calore.

Le principali reazioni per produrre il calore avvengono nel fegato, sede di numerosi processi esotermici, e nei muscoli in quanto, come già detto, solo il 20% dell’energia impiegata nella contrazione muscolare si trasforma in lavoro mentre il resto diventa energia termica; anche quando siamo a riposo, il leggero stato di contrazione muscolare che costituisce il tono muscolare si accompagna alla produzione di calore.

(24)

- 50 -

Se la produzione di calore non è perfettamente bilanciata dalla sua dispersione andiamo verso l’ipotermia o l’ipertermia (diminuzione o aumento della temperatura corporea oltre i valori nominali).

In condizioni stazionarie la produzione di calore associata al metabolismo energetico (M) deve essere uguale al flusso di calore dall’interno del corpo verso la superficie (Hint) e a quello dalla superficie all’esterno (Hest).

Il flusso termico esterno in aria comprende diversi meccanismi: l’irraggiamento, la conduzione, la convezione e la sudorazione.

La loro importanza varia a secondo delle condizioni circostanti: l’irradiamento e la conduzione si verificano solo quando esiste un gradiente termico; la conduzione quando due corpi sono in contatto diretto. La convezione ha importanza quando siamo sottoposti a correnti d’aria.

In condizioni standard (temperatura ambiente intorno ai 20°C e umidità relativa al 50%) l’evaporazione (E), che non può mai essere eliminata del tutto, è responsabile del 25% della perdita del calore, la respirazione del 2% (HRES), la convezione (C), la conduzione

(K)e l’irraggiamento (R) del rimanente 73%.

In accordo con la prima legge della termodinamica (la variazione di energia interna U di un qualsiasi sistema (un uomo, un pianeta) corrisponde alla somma delle quantità di calore Q e lavoro W forniti al detto sistema) l’equazione di bilancio del corpo umano si può scrivere:

M- CRES-ERES-C-R-K-S-ED=0 (±U)

4.6.1

Scambio di calore attraverso la respirazione

Anche la respirazione consente all’organismo di perdere calore attraverso l’evaporazione di acqua dalla superficie delle vie aeree, della bocca e della lingua (ERES)

e attraverso la dispersione di calore sensibile dal corpo nella respirazione (CRES)

Poiché la temperatura dei polmoni può essere posta sempre uguale a quella dell’interno del corpo umano (37°C) la quantità di calore perse attraverso la respirazione sarà funzione solo dell’attività svolta (M) e delle condizioni ambientali (tA e UR):

(25)

- 51 -

HRES =CRES +ERES

(

ex A

)

p RES c V t t C =0.072⋅ ⋅ ⋅ −  2 m W

Si può scrivere il flusso di calore generato attraverso l’evaporazione dell’acqua durante la respirazione come: ) ( 072 . 0 e ex A RES c V W W E = ⋅ ⋅ ⋅ −  2 m W

con ce calore latente di vaporizzazione (79,7 cal/g), V volume di aria ventilata, Wex e

WA umidità relativa dell’ambiente e dell’aria espirata.

Il volume di aria ventilata si può correlare all’attività svolta, il metabolismo, inoltre è possibile mettere in relazione l’umidità relativa con la temperatura e la pressione; così facendo si possono ricavare le seguenti relazioni empiriche per la valutazione delle precedenti grandezze: ) 641 , 0 885 , 0 56 , 28 ( 00152 , 0 a A RES ADU M t p C = ⋅ ⋅ + ⋅ + ⋅ ) 63 , 11 53 , 0 34 , 59 ( 00127 , 0 a A RES ADU M t p E = ⋅ ⋅ + ⋅ − ⋅

con pA pressione parziale del vapore d’acqua [kPa] legata all’umidità relativa dalla

relazione:       + − ⋅ ⋅ = ( 235) 183 . 4030 6536 . 16 01 , 0 tA A UR e p

4.6.2

Irraggiamento

La cessione di calore da parte della cute sotto forma di radiazione infrarossa è descritta dall’equazione di Stefan-Boltzmann; questa afferma che l’entità della radiazione (Hr) è

funzione della quarta potenza della temperatura assoluta della cute e quella radiante dell’ambiente e della costante di Stefan-Boltzmann(σ):

(

4 4

)

r SK

r t t

H =

σ

− .

Nell’intervallo di temperature che andremo a valutare questa equazione può essere linearizzata e riscritta nel modo seguente, con le temperature espresse in °C:

(

cl mr

)

cl

r t t ADU f

h

(26)

- 52 -

Si può ricavare il coefficiente di scambio radioattivo hr usando la seguente equazione:

(

) (

)

mr cl mr cl r r t t t t ADU A h − + − + ⋅ ⋅ = −8 273 4 273 4 10 67 , 5

Il rapporto tra la superficie coinvolta nella scambio radiante e quella totale è pari 0.77 per soggetti in piedi e 0.70 per quelli seduti.

Per calcolare la temperatura degli abiti è necessario eseguire un ciclo iterativo (Figura 4.18).

Figura 4.18 – Ciclo iterativo per il calcolo della tcl In questo ciclo si calcola tcli+1 con la formula:

(

) (

)

[

]

(

)

{

cl r c cl a

}

cl cl cli M I f t t h t t t =35,7−0,028⋅ − ⋅ 3,96⋅10−8 +273 4 + +273 4 + +

4.6.3

Convezione

Quando la cute è più calda dell’aria si ha cessione di calore; se vi è ventilazione la convezione non è libera ma è forzata; il flusso d’aria diventa turbolento e la cessione di calore è molto elevata.

Il flusso di calore convettivo è proporzionale alla differenza di temperatura tra la cute e l’ambiente (tSK-tA) alla conduttanza termica convettiva (hc) e alla superficie cutanea

effettiva. hR=f(tcli) tcli+1=f(hR) tcli-tcli+1<10-3 tcl tcli+1 =(tcl+tcli)/2 tcl0= tmr+0.1 N S

(27)

- 53 -

In realtà il corpo umano è coperto parzialmente dai vestiti dunque una parte di scambio per convezione avverrà tra aria e superfici nude e una parte tra aria e abbigliamento, sarà necessario valutare la temperatura dei vestiti (tcl).

Si definisce superficie corporea effettiva la parte che partecipa effettivamente allo scambio termico che normalmente è inferiore alla superficie corporea calcolata con la formula di DuBois (ADU) a causa della presenza dell’abbigliamento; si può ricavare moltiplicandola per il rapporto tra la superficie esterna dei vestiti e la superficie del corpo nudo (fcl) (cfr norma UNI 9920).

Si può calcolare tale rapporto conoscendo la resistenza termica dell’abbigliamento, Icl,

che può essere ricavata dalla norma UNI 9920; essa valuta l’isolamento termico dei singoli capi di abbigliamento determinato in camere climatizzate con manichini riscaldati e velocità dell’aria quasi nulla (Tabella 4.06 - 4.07).

Resistenza termica Abbigliamento clo m2K/W Maglieria intima Slip 0,30 0,047 T-shirt 0,09 0,014 Slip e reggiseno 0,03 0,005 Maglieria intima Maniche corte 0,15 0,023

Leggera maniche lunghe 0,20 0,031 Pantaloni Leggeri 0,20 0,031 Normali 0,25 0,039 Gonne e Abiti Estiva 0,15 0,023 Invernale 0,25 0,039 Maglioni Gilet 0,12 0,019 Leggero 0,20 0,031 Pesante 0,28 0,043 Giacche Estive 0,25 0,039 Invernale 0,35 0,054 Cappotto 0,60 0,093 Accessori Calze 0,03 0,005

Scarpe suola sottile 0,02 0,003 Scarpe suola spessa 0,04 0,006 Tabella 4.06 – Resistenza termica di alcuni capi di abbigliamento (UNI 9920)

(28)

- 54 - L’unità di misura della resistenza termica è il clo;

W K m clo=0.155 2⋅ 1

Si può ricavare la resistenza termica di una combinazione di capi tramite la relazione:

+ = i cli cl I I 0.161 0,835 (Tabella 4.07). Resistenza termica Abbigliamento clo m2K/W Slip, maglietta, pantaloncini,

calzini leggeri, sandali 0,3 0,047 Mutande, camicia, pantaloni

leggeri, calzini, scarpe 0,6 0,093 Mutande, camicia, tuta, calzini,

scarpe 0,8 0,124

Slip, camicia, pantaloni, giacca,

calzini, scarpe 1 0,155

Mutande,cannottiera maniche corte, camicia, pantaloni, giacca,

calzini, scarpe

1,1 0,171

Tabella 7 – Resistenza termica di alcune combinazioni di capi (UNI 9920)

Nel caso di soggetti seduti alla resistenza dei capi di abbigliamento bisogna sommare la resistenza termica della sedia (Tabella 4.08).

Sedia Resistenza termica

(clo)

Metallo 0,00

Legno 0,01

Standard d'ufficio 0,10

Dirigenziale 0,15

(29)

- 55 -

Il valore di resistenza del vestiari così ricavato è valutato in condizioni statiche; nel caso di aria in movimento si deve introdurre un fattore correttivo (Corr) che tiene conto della velocità dell’aria: ) 066 , 0 0398 043 , 0 exp( 2 a a v v Corr = − +

Per valori di resistenza termica maggiori di 0,6clo si ha : fcl =1+1,97IclCorr.

La conduttanza termica convettiva è funzione della radice quadrata della velocità dell’aria e della posizione dell’individuo; per un corpo seduto frontalmente alla corrente d’aria è stato calcolato:

v hC =12,1⋅     ° ⋅ C m W 2 .

L’equazione per il flusso convettivo sarà dunque:

(

cl A

)

cl

C ADU f t t

h

C= ⋅ ⋅ ⋅ −

[ ]

W

La direzione del trasporto termico si invertirà quando la tA>tcl (assunzione di calore).

4.6.4

Sudorazione

Un’importantissima via di dispersione del calore è la sudorazione che avviene attraverso le ghiandole. La sudorazione scatenata dell’esposizione al caldo mostra un massimo e poi diminuisce ad un livello più basso a causa della presenza di un sottile film liquido sulla pelle che inibisce l’ulteriore secrezione del sudore.

L’evaporazione del sudore sulla cute è la forma più efficace di cessione di calore; l’acqua diffonde sotto forma di vapore acqueo attraverso gli stati esterni dell’epidermide in maniera impercettibile (perspiratio insensibilis) generando la cessione evaporativa

passiva di calore.

Il valore di 37,1°C corrisponde alla temperatura che l’organismo tende a mantenere costante in quanto si ha una uguaglianza tra la produzione di calore e la sudorazione (Figura 4.19) ed inoltre identifica il valore per il quale il corpo umano è più efficiente. Per variazioni anche minime della temperatura ipotalamica si hanno drastiche variazione nella produzione di calore o nella di dispersione tramite la sudorazione. Questo punto si definisce punto di regolazione (Set Point): tutti i meccanismi di

(30)

- 56 -

Figura 19 – Effetto della temperatura ipotalamica sulla produzione e dispersione di calore

In ambienti caldi la sudorazione aumenta fino ad essere responsabile di più del 50% del calore scambiato dall’organismo umano con l’esterno; viene inoltre favorita o inibita cambiando le temperature della testa (ipotalamica) e della pelle (Figura 4.20).

(31)

- 57 -

Non è possibile prevedere la quantità di calore perso attraverso la sudorazione però sappiamo che in condizioni di benessere può essere posta in relazione al metabolismo dell’individuo:

(

M

)

ADU

S =0.42⋅ −58,15 ⋅

Il valore massimo di calore perso attraverso la sudorazione si può stimare con

(

32

)

max = M

S ; si deve tener presente che il flusso di calore deve essere compreso tra 250 e 400 Wm2.

4.6.5

Diffusione

Il parametro che rappresenta la percentuale di pelle umana coperta di sudore, WS,

(regolabile dall'organismo) varia tra 0 e 100%; dipende da individuo a individuo e dall’ambiente in cui la persona si trova a vivere; ad esempio per gli scandinavi un valore di WS=20% è il massimo sopportabile in situazione di benessere, invece per gli italiani

tale valore arriva fino al 35%.

Gli scambi termici diffusivi ed evaporativi sono proporzionali alla differenza tra la pressione di saturazione alla temperatura corporea (pSC) e la pressione del vapore

nell'aria (pV) e all’attività svolta. Se non vi è differenza tra queste due pressioni parziali,

non c'è scambio di tipo evaporativo.

Non potendo calcolare la percentuale di superficie bagnata dal sudore, in quanto è diversa per ogni soggetto, nelle condizioni prossime al comfort si può approssimare la dispersione di energia per diffusione del vapore acqueo attraverso la pelle, in modo sufficientemente esatto, mediante l'equazione:

) 99 , 6 5733 ( 10 05 , 3 3 A D ADU M p E = ⋅ − ⋅ ⋅ − ⋅ −

(32)

- 58 -

4.6.6

Conduzione

Il calore perso per conduzione nel bilancio del corpo umano può essere trascurato in quanto nel meccanismo della termoregolazione ha un ruolo molto minore. Si può ritenere gia conglobato nella somma del calore perso per irraggiamento e conduzione.

4.6.7

Termine di accumulo

L’organismo non varia istantaneamente le proprie grandezze fisiologiche per mantenere il corpo in equilibrio termico, per questo è importante il termine di accumulo del quale il metabolismo è il principale responsabile.

Il corpo umano è dotato di capacità termica (cp=0.98W/kgK) dunque è in grado di

accumulare o cedere una certa quantità di calore.

La capacità termica totale che l'organismo può sopportare, ovvero la massima dose di energia che l'organismo può temporaneamente mettere a disposizione in caso di freddo o di caldo è pari circa a ±600 kJ. Il termine U costituisce la "valvola di sicurezza" del

sistema nel momento in cui condizioni ambientali particolarmente severe non consentano all'organismo umano di far fronte alle esigenze energetiche con i mezzi usualmente utilizzati allo scopo. In condizioni transitorie il termine di accumulo diviene particolarmente importante e permette all'organismo umano di resistere a condizioni ambientali gravose. Scompensi dell'ordine di 600 kJ costituiscono i valori limite dell'elasticità energetica dell'organismo umano, al di là dei quali difficilmente la vita è in grado di riprendere il suo ritmo normale. Per una variazione in negativo maggiore di 600 kJ si verifica il cosiddetto "colpo di freddo".

Figura

Figura 4.01 – Scambi termici con l’ambiente
Figura 4.02 – Relazioni nella fisiologia della sensibilità
Figura 4.03 – Sensori cutanei
Figura 4.04 – Legge di Weber
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