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LE OPERE

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Academic year: 2021

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5. OPERE CLASSICHE

Il paganesimo è una realtà percepibile per chiunque si sia proposto di seguire la storia delle immagini della cultura classica. Risulta, tuttavia, difficile definirne la funzione precisa, poiché non è volto alla diffusione di una fede o di un dogma, ma non è nemmeno limitato alla creazione di un divertimento folcloristico. La tecnica di rappresentazione impiegata dagli artisti ci induce a comprendere meglio il rapporto che i miti vogliono istituire con gli spettatori e il senso di questo dialogo. L’illustrazione delle vicende mitologiche, in effetti, è allusiva piuttosto che narrativa. Gli artisti sono soliti riprodurre alcuni dettagli significativi di una storia lunga e complessa, lasciando allo spettatore il compito di ricordare la totalità degli avvenimenti e trarne un insegnamento; l’opera fa riferimento ad una favola, ma non la espone mai, in quanto si suppone che sia già nota. La cooperazione tra gli artisti ed il pubblico è, dunque, costante: gli uni e gli altri condividono la medesima cultura e le rappresentazioni figurative sollecitano il ricordo e la meditazione su di un tema attinto dal patrimonio comune. La raffigurazione di questi precisi momenti è spesso essenziale: costumi, gesti, attributi sono segni convenzionali, che l’osservatore è in grado di riconoscere ed interpretare.

Il grande libro dei miti è disordinato, privo di unità e di messaggi chiari e definitivi; è in grado, tuttavia, di proporre una riflessione sulle azioni umane all’interno delle varie circostanze della vita. Al di là del carattere divertente e spettacolare, il mito diviene dunque un efficace strumento di incitamento alla meditazione sui rapporti tra gli uomini, sulla natura della presenza divina, sulla speranza di conoscere una via diversa dalla mortalità. Sono

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questi tratti che rendono le narrazioni mitologiche universali e permettono loro di tramandarsi nei secoli.

All’interno delle raffigurazioni di carattere mitologico, Dioniso è il grande protagonista. Tale diffusione dei miti dionisiaci si spiega, da un lato, con il regolare consumo del vino nella quotidianità antica, dall’altro con l’importanza del teatro, dominio dionisiaco, nella vita delle città. Tenuto conto di questi ambiti specifici, è necessario ricordare come le molteplici sfaccettature della personalità di Dioniso lo rendano pertinente in ogni genere di circostanza.

Le nozze con Arianna non sono che uno degli episodi che compongono la lunga catena di imprese svolte da Dioniso. Appare lecito, tuttavia, distinguerlo dall’insieme di queste prodezze, poiché i poeti e gli artisti sembrano prediligere questa vicenda, privilegiando così uno dei tratti più seducenti della personalità divina ed elevando Arianna sopra le numerose figure femminili che compaiono nelle gesta dionisiache.

Nell’arte classica, la storia di Arianna appare essenzialmente in tre grandi motivi corrispondenti alla cronologia più diffusa: il sonno di Arianna, l’abbandono da parte di Teseo e l’incontro e l’unione con Dioniso. Molti vasi la mostrano in compagnia sia di Teseo (come spettatrice del combattimento con il Minotauro) sia di Dioniso (in trono a fianco del dio o unita al corteo di satiri e menadi); in questo tipo di produzione artistica, tuttavia, l’identificazione di Arianna non è sempre certa.

5.1. Il sonno di Arianna.

Il primo grande motivo è dunque quello di Arianna addormentata, associato o meno ad uno degli altri due. Esso è trascurato nella ceramica greca e solamente in epoca tarda sono realizzate opere scultoree capaci di sfruttarne il potere di suggestione patetica.

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5.1.1. L’Arianna del Vaticano.

L’archetipo della figura di Arianna dormiente è verosimilmente offerto da una scultura comunemente detta l’Arianna del Vaticano (fig.3).83

Fig. 3 Arianna dormiente, II sec d.C. da un originale ellenistico del III-II sec a.C., h. 161,5 cm, l. 195 cm, Roma, Vaticano, Museo Pio-Clementino, Galleria delle Statue.

Si tratta di una creazione tarda (del II secolo d.C.), probabilmente copia di un originale in bronzo della Scuola di Pergamo, che viene scoperta all’inizio del 1500 (non si ha notizia del luogo del rinvenimento) e conosce una fortuna straordinaria durante il Rinascimento. Associata ad una fontana decorativa, viene immediatamente esposta nel Giardino del Belvedere in Vaticano,84 che ospita già grandi capolavori, quali l’Apollo del Belvedere, il Nilo, la Venux felix. E’ così offerta all’ammirazione universale.

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Bibliografia: H. H. BRUMMER, The Statue Court in the Vatican Belvedere, Stockholm 1970; P. P. BOBER, R. RUBINSTEIN, Renaissance artists & antique sculpture, Oxford University press, New York 1986.

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Il “cortile delle statue” del Belvedere nasce per volontà di papa Giulio II e del Bramante come un ambiente naturale dove i marmi antichi sono calati in un continuo susseguirsi di acque e piante di aranci, limoni, mirto e alloro, al fine di evocare i giardini e le raccolte d’arte degli antichi. Le statue classiche, disposte lungo le pareti in cappelle o nicchie ravvivate da vivaci decorazioni vegetali, o abbandonate in apparente disordine tra le aiuole e le fontane, dovevano colpire l’immaginazione dei visitatori e rasserenare il papa durante le sue passeggiate.

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L’opera potrebbe essere appartenuta ad un complesso scultoreo maggiore raffigurante Arianna e Dioniso, il cui modello potrebbe essere una delle pitture che decorano il tempio di Dioniso ad Atene.85 In ogni caso, la posa patetica e melanconica richiama le creazioni di Scopas, mentre il movimento fluido del drappo velato che avvolge il corpo femminile, capace di donare dinamismo ad un soggetto presumibilmente immobile, è strettamente connesso all’arte di Pergamo. Un bracciale a forma di serpente avvolge il polso sinistro; esso è l’elemento che per secoli ha fatto considerare la scultura un’immagine evocante la morte della regina d’Egitto Cleopatra. L’identificazione del simbolo ctonio e dionisiaco si impone solo dal XVIII secolo con gli studi dell’archeologo tedesco Winckelmann e, nel secolo successivo, dell’archeologo italiano Ennio Quirino Visconti. Di particolare interesse è anche la posizione del braccio, steso a coprire la testa: il gesto è universalmente riconosciuto come un segno di sofferenza e dona grande pathos all’opera. Per maggior precisione, la mano sinistra di Arianna sostiene la testa inclinata e piegata all’indietro, nella posa tipica della figura dionisiaca per eccellenza, la menade estatica, a dimostrazione di come le immagini si riflettano reciprocamente.

Già nell’antichità il modello offerto dall’Arianna del Vaticano è largamente ammirato ed imitato, come prova una variante conservata al Louvre (fig.4): la posa della figura, languidamente distesa e addormentata, ricalca fedelmente il celebre archetipo.

Il capolavoro del Vaticano continuerà ad essere un importante riferimento per la produzione artistica di tutti i tempi.

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Il tempio, realizzato tra il V e il IV secolo a.C., è ricordato anche da Pausania nella sua Guida

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Fig. 4 Giovane dormiente (Arianna?), II sec d.C., h. 58 cm, l. 150 cm, Parigi, Museo del Louvre.

5.1.2. Il Sarcofago di Auletta.

Il sarcofago di Auletta (fig.5),86 risalente al III a.C. e conservato al Museo nazionale di Napoli, fa riferimento al repertorio di immagini raffiguranti Arianna sull’isola di Nasso e testimonia come il modello si sia perpetuato nei secoli. L’associazione tra la figura femminile dormiente con Arianna è immediata: questa fanciulla non può che essere l’amante abbandonata da Teseo e la sposa che Dioniso ha scelto per condividere con lei la vita eterna.

La figura ha dimensioni gigantesche ed è distesa sulla superficie marmorea del sarcofago, circondata da una folla di putti vendemmiatori (chiara allusione a Dioniso); il suo aspetto e la sua posa sono identici a quelli dell’Arianna del Vaticano. Sullo sfondo, uno smisurato tralcio di vite invade completamente lo spazio ed è popolato dai minuscoli putti, alati e nudi.

L’Arianna addormentata sembra appartenere ad una dimensione onirica e atemporale; l’immobilità del suo corpo è, comunque, transitoria e lascia presagire il ritorno al movimento e alla vita. Il suo sarà un risveglio

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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paradisiaco, che la porterà lontana dalla desolata spiaggia di Nasso, accanto allo sposo prediletto, ancora assente ma del quale s’intuisce l’imminente epifania.

Fig. 5 Arianna giacente tra putti vendemmiatori, Sarcofago di Auletta, III sec. d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Il tema di Arianna ricorrerà con notevole frequenza nella decorazione dei sarcofagi; l’iconografia della fanciulla dormiente è, probabilmente, considerata consona all’effigie di una defunta. L’immagine di Arianna, tuttavia, dona anche un messaggio di speranza: l’eroina incarna la promessa di una vita eterna, assolvendo al ruolo di mistica consolatrice.

5.1.3. Il vaso Portland.

Il sonno di Arianna è vegliato da Ermes e Afrodite in una celebre anfora nota come “vaso Portland” (fig.6),87 dal nome dei duchi ai quali un tempo apparteneva. L’opera fu rinvenuta presso Roma alla fine del XVI e presenta una decorazione a cammeo (in vetro bianco su fondo blu cobalto) contraddistinta da immagini enigmatiche, tanto che sono state avanzate numerose ipotesi riguardo all’identità dei personaggi effigiati.

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Bibliografia: D. E. L. HAYNES, The Portland vase, Trustees of the British Museum, London 1964 ; C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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Le anse e, ai loro attacchi, due medaglioni dalle sembianze della testa di Pan, delimitano due scene, il cui ordine di lettura è arbitrario. Su una faccia del vaso sono raffigurati tre personaggi, in uno scenario composto da rocce, sulle quali essi sono seduti o distesi. Sulla sinistra, vicino ad un pilastro, siede un giovane uomo, tenendo le gambe incrociate e appoggiandosi col braccio sinistro ad una roccia rialzata; egli è privo di ogni attributo e nudo, fatta eccezione per la coscia sinistra coperta da un lembo del suo manto. Nonostante l’assenza degli attributi convenzionali (il caduceo, il petaso, i sandali alati), la sua postura permette di identificarlo con Ermes: il suo atteggiamento rilassato e la posizione delle gambe derivano dall’“Ermes a riposo”, noto grazie ad un bronzo conservato al Museo nazionale di Napoli. La figura volta la testa verso destra per osservare il personaggio centrale, ossia una fanciulla dallo sguardo fisso e l’espressione malinconica. Ella, nuda fino alle anche, è distesa e appoggiata sul gomito sinistro, mentre il braccio destro è sollevato e poggiato sulla testa. Nella mano sinistra tiene una torcia capovolta e ai suoi piedi è crollata la base di un pilastro o di un altare; sul retro s’innalza una pianta di vite, i cui pampini fanno ombra alla fanciulla distesa. Nella figura centrale si riconosce immediatamente il tipo classico dell’Arianna abbandonata; confermano tale ipotesi la pianta di vite, simbolo dionisiaco per eccellenza, e lo scenario roccioso, convenzionale nelle raffigurazioni dell’isola di Nasso. In ogni caso, l’identificazione non è del tutto certa, poiché l’artista può aver rappresentato l’eroina di un’altra favola mitologica seguendo il diffuso modello di Arianna.

Sulla destra compare un’altra figura femminile, seduta e anch’essa nuda fino alle anche; il corpo è orientato verso destra, ma la testa è voltata in direzione della giovane distesa. Il personaggio si appoggia con la mano destra alla roccia su cui siede, mentre nella sinistra tiene uno scettro, elemento che rivela la sua divinità; l’unico attributo, una nudità quasi totale, la designa come Afrodite. Ella assiste al fallimento dell’amore tra Arianna e Teseo, simboleggiato dalla torcia capovolta e dalle rovine ai piedi dell’eroina; al contempo, la dea medita sulla nascita di un nuovo amore, più forte e duraturo. Per quanto riguarda la presenza di Ermes vicino ad

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Arianna abbandonata, essa non stupisce, poiché egli è da sempre colui che reca conforto alla principessa addolorata e le annuncia la futura salvezza. Tutti questi elementi confermano l’ipotesi di un’evocazione del mito di Arianna, tradita dall’amante, abbandonata su un’isola rocciosa, ma destinata ad un amore vero, i cui segni sono già percepibili.

La scena sull’altra faccia del vaso presenta un giovane personaggio maschile, interamente nudo, che sembra uscire da un edificio a colonnato. Nella mano destra tiene un’estremità del proprio mantello, mentre la mano sinistra si posa sul braccio, teso verso di lui, di una donna seduta a terra e nuda fino alle anche, la quale tiene un serpente nel suo grembo. Il muso e le orecchie tese dell’animale sono proprie del mostro marino che scorta Anfitrite e le Nereidi. La divinità seduta, dunque, potrebbe essere Teti, la più illustre delle Nereidi, e il personaggio maschile il figlio Achille o lo sposo Peleo. Alcuni elementi, però, smentiscono entrambe le ipotesi: da un lato, la presenza di un Eros, che sembra far strada al giovane, sarebbe incongrua in una raffigurazione di Teti e Achille; dall’altro, le nozze con Peleo determinano per Teti la rottura con il mondo acquatico, quindi non sarebbe pertinente la figura di Poseidone sulla destra. Il personaggio maschile, barbuto e completamente nudo, è privo di attributi, ma è riconoscibile dalla postura, che ricalca quella di Poseidone di Latran, reso familiare dalle monete di Demetrios Poliorcete. La presenza del dio del mare rende plausibile l’ipotesi che la figura femminile al centro sia la sua compagna Anfitrite.

Sullo sfondo si scorge un olivo, che ci aiuta ad identificare la figura a sinistra: come la vigna è segno della presenza nascosta di Dioniso, l’olivo è simbolo di Atena e dell’Attica, e l’eroe attico per eccellenza è Teseo. Egli esce, incurante, dal talamo, simbolo di un’unione coniugale consumata; il momento rappresentato è, dunque, posteriore all’abbandono di Arianna e concomitante al suo risveglio e alla sua disperazione. Teseo si è lasciato alle spalle l’isola di Nasso e durante i suoi nuovi viaggi incontra Anfitrite e

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Poseidone; le divinità marine lo accolgono benevolmente poiché lo ammirano per il recupero dell’anello di Minosse.88

Fig. 6 Vaso Portland, 5-25 d.C., h. 25 cm, Londra, British Museum.

Il tema scelto per illustrare il vaso Porland è, dunque, l’abbandono di Arianna da parte di Teseo. Non raffigurando Dioniso, l’artista ha voluto porre l’accento sullo sconforto momentaneo dell’eroina cretese, piuttosto che sulla futura beatitudine; in ogni caso, la vigna e le maschere di Pan alludono proprio all’epifania del dio.

5.2. Arianna abbandonata da Teseo.

Il motivo di Arianna abbandonata dall’eroe ateniese sull’isola di Nasso presenta due varianti nell’ambito delle arti figurative antiche: la fuga di Teseo durante il sonno della fanciulla e il risveglio di quest’ultima, mentre la nave si allontana all’orizzonte.

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Secondo quanto riferisce Pausania, Teseo, partendo per Creta su una nave che trasporta anche i giovani ateniesi promessi al Minotauro e Minosse stesso, accetta la sfida del re cretese, che aveva gettato il suo anello in mare: Teseo si immerge e riporta l’anello a Minosse, grazie all’aiuto di Anfitrite. La dea dona, inoltre, all’eroe una corona d’oro.

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5.2.1. La fuga di Teseo.

A questa prima categoria appartiene il soggetto di una coppa arcaica di Tarquinia, risalente al V secolo a.C. e attribuita al “Pittore della Fonderia” (fig.7).89

L’immagine riproduce il momento in cui Teseo abbandona Arianna addormentata per adempire l’ordine di Atena: egli prende con cautela i propri sandali, vicini al corpo disteso dell’amata, e si accinge a seguire Ermes, il messaggero della dea. L’eroe, pur amando Arianna (come attestato dal nodo della cintura che le cinge la vita), è costretto a tradirla; egli quindi non ha alcuna colpa. La fanciulla, ignara di ciò che sta accadendo, dorme distesa su una roccia, completamente vestita (in questo si discosta dall’iconografia più diffusa). Il dolore per l’abbandono non l’affliggerà a lungo, poiché l’arrivo di Dioniso è annunciato: Eros vola verso Arianna, tenendo tra le mani una corona, e sullo sfondo si scorge una vigna.

Fig. 7 Pittore della Fonderia, coppa a figure rosse, ca 480 a.C., Tarquinia, Museo Nazionale.

L’opera mostra come sia ormai consolidata la connessione tra le gesta di Teseo e il mito dionisiaco, come la leggenda abbia assunto la sua forma

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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definitiva e il destino di Arianna sia stato fissato in un dittico, in cui alla sofferenza del tradimento segue il trionfo di un nuovo e più grande amore. Esiste, tuttavia, un’altra versione della saga cretese, che gode di una minor popolarità, ma tenta di dare una continuità cronologica ed una certa coerenza al racconto mitico. Un esempio figurativo è offerto da una brocca a figure rosse (fig.8), conservata nel Museo archeologico di Taranto e attribuita ad un artista vicino al “Pittore di Pan” (500-450 a.C).90

Teseo si sta alzando dal letto su cui era disteso al fianco di Arianna per soddisfare, ancora una volta, la richiesta pressante di Atena, che lo invita a partire immediatamente. Arianna, distesa tra le braccia dell’amato, è mostrata frontalmente: ella sorride, immersa in un sonno profondo sul quale veglia un piccolo personaggio alato. Sembra improbabile l’ipotesi che il suo sorriso alluda al futuro arrivo consolatore di Dioniso; esso è, verosimilmente, rivolto a Teseo, del quale la fanciulla ignora l’imminente fuga. Il sorriso di Arianna è, dunque, quello della vittima inconsapevole, la cui sorte tragica incombe.

Fig. 8 L’abbandono di Arianna addormentata da Teseo, svegliato da Atena, brocca a figure rosse, V secolo a.C., Taranto, Museo Archeologico Nazionale.

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Bibliografia: C. VATIN, Arianne et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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5.2.2. Il vaso Franςois.

Solitamente la raffigurazione di Teseo è volta ad esaltare il carattere esemplare delle sue imprese, in particolare la sua vittoria contro il Minotauro. Il combattimento si svolge, talvolta, sotto gli occhi di Arianna, come avviene nel Vaso Franςois (fig.9),91 realizzato nel VI secolo a.C. e conservato nel Museo archeologico di Firenze. Si tratta di un cratere a volute a figure nere, capolavoro della pittura arcaica, firmato dal pittore Clizia e dal ceramista Ergotismo e rinvenuto da Alessandro Franςois nella necropoli etrusca di Chiusi; i 638 frammenti hanno permesso di ricostruire 270 figure, inserite in scene epiche o mitologiche.

Fig. 9 Vaso Franςois, h 66 cm, ca 570 a.C., Firenze, Museo

Archeologico.

Una faccia è occupata da episodi della vita di Achille e del padre Peleo; l’altra mostra, oltre alle nozze di Teti e Peleo, il ritorno di Efesto sull’Olimpo e la figura di Teseo. Quest’ultimo è raffigurato in due diversi ruoli: come partecipante alla lotta tra i Lapiti e i Centauri e come eroe

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Bibliografia: M. TORELLI, Le strategie di Kleitias: composizione e programma figurativo del

vaso François, Electa, Milano 2007; G. IERANO, Il mito di Arianna. Da Omero a Borges, Carocci,

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vittorioso al ritorno dalla spedizione cretese. Sul collo del cratere è riportato il momento dello sbarco in Attica da parte dei compagni di Teseo, i quali, tenendosi per mano, esprimono la loro gioia improvvisando una danza, a cui Teseo (identificato da un’iscrizione) non prende parte perché intento a guidare il coro con la propria lira (fig.10). Si tratta della famosa danza della “Geranos”,92 e l’atteggiamento con cui Arianna, all’estrema destra, la contempla permette di concludere che si tenesse sotto la sua sorveglianza o in suo onore. La figura femminile, dalla pelle bianchissima (secondo la convenzione della pittura a figure nere), indossa il peplos e sembra porgere a Teseo un oggetto rotondo: esso potrebbe essere un gomitolo, allusione alla lotta con il Minotauro all’interno del Labirinto cretese; in base a tale interpretazione, la scena rappresenterebbe piuttosto l’arrivo dell’eroe a Creta e la promessa di sposare la figlia di Minosse in cambio del suo aiuto. In ogni caso, il pittore arcaico ha voluto rappresentare la danza del labirinto, che si esegue tenendosi per mano e che è in grado di far rivivere l’esperienza del percorso iniziatico; essa è un omaggio per Arianna, la quale è affiancata dalla nutrice, come si conviene ad una regina o ad una dea. Ma la principessa cretese non è l’unica protagonista femminile della scena: alle spalle di Teseo si scorge la figura di Eriboia, colei che le fonti ricordano come sposa legittima di Teseo. Il poeta tardo-arcaico Bacchilide, nell’ode intitolata Teseo o i fanciulli, illustra dettagliatamente la vicenda di Eriboia: la fanciulla fa parte dei giovani ateniesi destinati al sacrificio nel Labirinto cretese. Di lei si innamora immediatamente Minosse, il quale tenta di abusare di lei; interviene in sua difesa Teseo, verso cui si scatena l’ira del re. Ne scaturisce una sfida: l’eroe deve recuperare dalle profondità marine l’anello che vi ha gettato Minosse; grazie all’aiuto di Poseidone e Anfitrite, Teseo riesce nell’impresa. L’autore non riferisce esplicitamente delle nozze tra Teseo e Eriboia, tuttavia allude ad un lieto fine per l’eroe ateniese. Nonostante molti studiosi interpretino tale passo come un’allusione

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Secondo la versione del mito tramandata da Plutarco, Teseo avrebbe consacrato a Delo l’immagine di Afrodite recata da Arianna e lì, per la prima volta, avrebbe fatto celebrare la danza della “Geranos” o della “gru” dai quattordici fanciulli e fanciulle che aveva portato in salvo. Il culto di Delo dimostra l’importanza della danza nella leggenda della principessa cretese, a partire da quella che Dedalo organizzò per lei a Crosso.

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all’imminente seduzione di Arianna e alla conseguente vittoria sul Minotauro, è possibile ipotizzare che si tratti piuttosto di un richiamo al matrimonio legittimo e consacrato con Eriboia.

Il tema del matrimonio ritorna, come un leitmotiv, sulla maggior parte delle pitture che ornano il vaso Franςois: oltre al motivo centrale dell’unione tra Teti e Peleo, il ritorno di Efesto sull’Olimpo gli permetterà di sposare Afrodite, mentre la fuga di Arianna con l’amato Teseo dovrebbe sfociare nelle loro nozze. Ma nessuna di queste coppie è destinata alla felicità, poiché l’unione tra Teti e Peleo si romperà, Afrodite tradirà lo sposo con Ares e Teseo abbandonerà Arianna ancor prima che le nozze siano state celebrate.

Fig. 10 Vaso François, ca 570 a. C., Firenze, Museo Archeologico, particolare.

5.2.3. L’amaro risveglio di Arianna.

Il dono del celebre filo che guiderà Teseo fuori dal Labirinto cretese, probabilmente rappresentato nel Vaso Franςois, è raramente raffigurato e, a partire dal periodo ellenistico, gli artisti prediligono il tema più commovente dell’assenza dell’eroe, al momento del risveglio di Arianna. La principessa non può passare dall’incoscienza del sonno all’estasi, ma deve conoscere la sofferenza, tanto che nessun elemento preannuncia ancora le future nozze divine e le imprecazioni che Arianna rivolge al traditore sono quelle di una morente. Tale motivo compare nei cicli pittorici

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della Casa dei Vettii e di Meleagro (fig.11) a Pompei e nella Casa dell’Alcova a Ercolano (fig.12).

I cicli dedicati alla figura di Arianna occupano un posto privilegiato tra le pitture che animano le belle dimore della Campania. La diversità delle composizioni è prova della versatilità del mito, in grado di offrire una moltitudine di scene: l’abbandono sull’isola di Nasso, il sonno di Arianna, l’arrivo tumultuoso del corteo divino, l’iniziazione ai misteri dionisiaci, l’apoteosi della coppia divina. Le pitture campane hanno sfruttato la totalità del repertorio, che è andato arricchendosi nel corso dei secoli. La proliferazione di immagini relative alla saga cretese, se da un lato può essere spiegata dalla predisposizione della Campania al culto dionisiaco (dovuto alla coltivazione della vigna e al commercio del vino), dall’altro è concorde con il gusto della decorazione di interni, largamente diffuso nella società dell’epoca: negli anni successivi alla caduta della Repubblica romana, si trae diletto nel ravvivare le pareti interne, supporto necessario alla narrazione, tramite immagini colorate. Tali figurazioni non fanno riferimento alla realtà quotidiana degli abitanti della Campania, ma narrano alcuni episodi di una storia lontana nel tempo (non sono mai realizzati grandi fregi narrativi); esse evocano la memoria di dei ed eroi, che da sempre ha ispirato artisti e poeti. Una delle scene più popolari è proprio l’abbandono di Arianna, che si trova in quasi trenta dipinti e si ripete in modo molto simile. La situazione prediletta è quella cantata da Catullo e Ovidio: Arianna, seduta e talvolta in lacrime, si dispera vedendo la nave dell’infedele allontanarsi inesorabilmente. In alcuni casi appare circondata da Eros e da un genio alato, compassionevoli per il grande dolore che l’affligge; tali scene richiamano le raffigurazioni della visione di Arianna da parte di Dioniso, poiché la fanciulla (in questo caso distesa e addormentata) è circondata dagli stessi personaggi. Questo tipo di scene rende percepibile la differenza che intercorre tra la produzione artistica campana e quella greca, poiché l’ordine eroico e divino ha lasciato il posto a un grande pathos.

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Fig. 11 Arianna abbandonata da Teseo, I sec. d.C., affresco dalla Casa di Meleagro (Pompei), Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Fig. 12 Arianna abbandonata da Teseo, I sec. d.C., affresco della Casa dell’Alcova, Ercolano.

Di particolare interesse è, infine, un vaso attico (fig.13), realizzato dal cosiddetto “Pittore di Silo” nel V secolo a.C.

L’opera, in modo del tutto anomalo, fonde due momenti salienti della saga cretese: Teseo, sulla destra e armato di lancia, è incoraggiato da un’Atena autoritaria ad allontanarsi da Nasso e si volta per il definitivo addio

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all’amata; al contempo, sulla sinistra, un’Arianna addolorata e remissiva, è trascinata amorevolmente da Dioniso, che è già giunto sull’isola per portare via con sé la futura sposa.

Fig. 13 Pittore di Silo, Teseo abbandona Arianna, ca 470 a.C., Berlino.

5.3. Arianna e Dioniso. Dall’incontro all’apoteosi.

L’angoscia dovuta all’abbandono sull’isola di Nasso è una tappa inevitabile della via che conduce Arianna alla massima felicità: solamente dopo aver superato alcune difficili prove, l’eroina può iniziare una nuova, radiosa vita al fianco di Dioniso.

Già dalla metà del V secolo ha grande diffusione nell’arte figurativa il motivo di Dioniso accompagnato nelle scene di thiasos o di simposio da una figura femminile, talvolta non chiaramente riconoscibile come Ariadne, sua sposa. In seguito, dopo la metà del V secolo, gli schemi compositivi in cui la coppia appare raffigurata si moltiplicano, secondo le nuove tendenze e interpretando le accresciute valenze simboliche della divinità.

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5.3.1. Arianna svelata.

L’incontro dei due protagonisti del mito avviene con l’arrivo di Dioniso sull’isola di Nasso. L’immagine dell’eroina abbandonata sulla riva e, magari, visitata da Dioniso, gode di immediata fortuna nell’arte figurativa antica. In epoca tarda la rappresentazione dell’episodio assume i tratti di un motivo specifico: quello dello svelamento del corpo di Arianna.

Tale gesto è preludio alla ierogamia e il Cratere di Derveni (fig.14), realizzato nel IV secolo a.C., ne offre un estremo, splendido esempio.93

Fig. 14 Derveni (Macedonia). Cratere ellenistico, h. 70 cm, 350-325 a.C., Museo di Tessalonica.

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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Il grande cratere in bronzo dorato, adornato con incrostazioni argentee, proviene dalla necropoli di Derveni ed è stato utilizzato come urna funeraria. Non sorprende che le più belle opere del IV secolo dedicate alla coppia dionisiaca siano state realizzate in Macedonia; da lungo tempo, infatti, si sono qui istallati gli ateniesi e il culto del dio del vino è divenuto molto attraente per artisti e poeti.

Un fregio dionisiaco, con Dioniso insieme a Satiri e menadi danzanti, circonda ininterrottamente il vaso. Il soggetto principale dell’opera è la ierogamia di Dioniso e Arianna. Nel pannello centrale, il dio è disteso su una roccia, coperta dal suo mantello, ed una pantera è docilmente accovacciata ai suoi piedi; egli solleva il braccio al di sopra della testa, espressione di stupore, e posa la gamba destra sul ginocchio della fanciulla, atteggiamento che implica una presa di possesso del corpo dell’amata. La posa disinvolta di Dioniso contrasta con il riserbo di Arianna, la quale, vestita di un chitone pieghettato che le lascia scoperte le spalle, scosta con la mano destra il velo che le cela il viso e abbassa umilmente lo sguardo. Si tratta del gesto rituale dell’apokalypsis, compiuto dalla sposa nel momento in cui si trova da sola con lo sposo; esso diviene, dunque, il segno della loro imminente unione. Il rito dell’apokalypsis appare incongruente con la favola mitologica dell’amore di Dioniso e Arianna, in quanto il volto della fanciulla non può essere sconosciuto a colui che si è innamorato di lei al primo sguardo. Questa apparente incoerenza mette in rilievo un aspetto essenziale del mito, ovvero la legittimità dell’unione dei due protagonisti: solamente attenendosi alle regole del matrimonio umano, le loro nozze possono essere un vero modello per i futuri sposi.

Nel registro superiore sono nuovamente raffigurati Arianna e Dioniso, ma in un momento anteriore: Teseo ha appena tradito la principessa cretese, sprofondata in un sonno profondo; il dio, giovane e a torso nudo, la contempla teneramente e tende il braccio verso di lei.

Queste scene acquistano pieno significato solamente se interpretate in base all’intera composizione decorativa, la quale costituisce un inno alla potenza dionisiaca, in grado di trionfare sulla morte. Un trionfo che caratterizza

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anche la saga di Arianna, salvata dalle tenebre e condotta ad una vita nuova e luminosa. Il tema è annunciato già nei medaglioni che ornano le volute del cratere: sullo sfondo si stagliano due mascheroni di Ade, mentre, sulla faccia principale, compaiono le facce barbute di Eracle e Dioniso (con orecchie e corna da toro);94 in entrambi i casi, la figura di Ade è confrontata con due personaggi che hanno saputo sconfiggerla e dominare la morte. Dioniso è l’energia vitale che invade ogni cosa: tralci di edera e di vite si arrampicano lungo i fianchi ed il collo del vaso, alcune bestie selvagge si insinuano nelle anse, delle creature fantastiche e inquietanti brulicano sul piede del cratere. Il corteo dionisiaco non può sfuggire a questa spinta vitale, ma i suoi effetti sono complessi e non sempre positivi, come dimostrano le scene rappresentate sull’altra faccia del cratere. Essa illustra il delirio, la voracità bestiale e la promiscuità sessuale di satiri e baccanti, rivelando gli aspetti più oscuri e selvaggi del corteo dionisiaco. Il potere di Dioniso, dunque, può rivelarsi terrificante: la sua esuberanza infrange ogni regola e l’istinto animale prevale sulla ragione. Ma l’unico modo per vincere la morte è proprio un’eccedenza di vitalità; la faccia nera di Dioniso è, dunque, la necessaria controparte alla sua faccia dorata.

Tornando all’iconografia di Arianna svelata, in seguito i segni cambiano, nella misura in cui non è più lei stessa a scoprirsi, ma è sorpresa, nel sonno, dal fragoroso corteo dionisiaco. In un péliké a figure rosse del IV secolo a.C. (fig.15) sono i seguaci di Dioniso a scovare la principessa cretese, la quale sta riposando su dei giunchi gettati sul suolo roccioso dell’isola.95 La veste sollevata le lascia scoperte le gambe e due satiri protendono le mani su di lei con bramosia, mentre due loro compagni si stanno avvicinando; Arianna è raffigurata come un oggetto del desiderio e lo scompiglio delle sue vesti scatena l’aggressione da parte dei satiri. Ma la figura di Eros, che vola sopra la fanciulla dormiente e accenna un gesto di protezione, annuncia un amore di altra natura: l’arrivo dei satiri precede

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Nelle Baccanti di Euripide il coro di baccanti afferma che il dio ha delle corna taurine e anche Penteo allucinato lo vede in questo modo.

95

Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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quello di Dioniso, che rimarrà incantato dalla bellezza del corpo inerte e indifeso di Arianna.

Fig. 15 I compagni di Dioniso scoprono Arianna dormiente, péliké a figure rosse, IV sec. a.C., Londra, British Museum.

Il tema della scoperta fortuita di Arianna addormentata è frequentemente impiegato anche per la decorazione dei sarcofagi di epoca romana. Uno splendido esempio proviene dalla chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, sulla via Appia (fig.16).96

Fig. 16 Arianna svelata da Amore, Sarcofago proveniente dalla Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, II sec. d.C., Roma, Museo delle Terme.

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La tipologia della scena è innovativa: allontanandosi dal modello classico di un corteo dionisiaco che si muove dall’estremità sinistra e dall’alto in direzione di una Arianna inserita nell’angolo inferiore destro, gli artisti collocano al centro del pannello l’eroina e dispongono gli altri personaggi intorno a lei, in due gruppi simmetrici il cui movimento contrario isola la stabile figura centrale. La figura di Arianna ricalca la posa più tradizionale; al contrario, l’immagine di Dioniso appare meno convenzionale: giovanile e imberbe, è coronato di pampini e indossa un lungo drappeggio, un lembo del quale ricade sulla spalla sinistra; egli scende dalla biga, tenendo in mano il tirso e contemplando la fanciulla assopita.

Altro aspetto innovativo dell’opera è la fusione tra il tema dell’incontro con Arianna sull’isola di Nasso e quello del corteo bacchico, il cui andamento trionfale è qui interrotto da Eros, che solleva la veste della giovane per svelarne il grazioso corpo. Tale ruolo è solitamente attribuito ad un satiro, mentre Eros si limita a guidare Dioniso senza intervenire direttamente; la sostituzione è rilevata dal fatto che Eros compare una seconda volta nella scena, eretto sulla groppa di un centauro e nell’atto di indirizzare il dio verso Arianna. In qualche modo, l’associazione dei due motivi richiama la narrazione catulliana del momento in cui Dioniso scorge l’eroina, poiché l’intero corteo è rapito dall’insolita apparizione. La processione lineare e ordinata dei compagni di Dioniso, tuttavia, si discosta dallo sbarco selvaggio di Satiri e menadi descritto da Catullo.

L’episodio della scoperta fortuita di Arianna assopita sull’isola di Nasso è riprodotto anche nelle pitture pompeiane. Gli affreschi della Casa di Citaristo e dei Vettii donano due immagini di Arianna dormiente molto vicine all’Arianna del Vaticano nelle linee generali (in particolare nella casa dei Vettii), ma al contempo molto lontane da essa per quanto concerne il tipo di rappresentazione: nell’iconografia più comune una figura alata protegge Arianna, mentre Eros (o in alcuni casi un satiro) scopre le grazie del suo corpo nudo per offrirle allo sguardo di Dioniso. Nell’affresco della

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Casa di Citaristo (fig.17)97 l’eroina, caduta in un sonno profondo, volta le spalle allo spettatore e sembra trovare protezione nell’ala distesa di Ipno.98 Eros attira sulla fanciulla dormiente l’attenzione di Dioniso, coronato di mirto e ritratto in modo magnifico: il suo slancio da una roccia all’altra si è interrotto bruscamente, tanto che il mantello è rimasto sollevato; il suo sguardo, infatti, è stato rapito dalla visione di Arianna ed un amore folgorante lo ha colpito al cuore. Sullo sfondo, il vecchio Pan, attento alle reazioni del dio, solleva la mano in segno di ammirazione, mentre un satiro sembra frenare l’ardore turbolento dei compagni. La scoperta della fanciulla da parte di Dioniso, presentata con singolare poesia, ha turbato il corteo di baccanti e persino l’ebbro Sileno, sollevato con fatica da due satiri. La vita tumultuosa del corteo dionisiaco ha invaso la scena ed Eros, al centro, dirige il gioco; tristezza e angoscia sono spazzate via dal sortilegio del vino, dispensatore di gioia e oblio.

Fig. 17 Dioniso che scopre Arianna dormiente, affresco dalla Casa di Citaristo (Pompei), da un originale del II sec. a.C., Napoli, Museo Nazionale.

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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Nella mitologia greca, Ipno è il dio del sonno, figlio della Notte e fratello di Tanato; il suo potere era tale che poteva addormentare uomini e dei. Viene raffigurato come un giovane nudo con le ali sul capo.

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L’unione spirituale tra Dioniso e Arianna e l’accesso di questa al mondo divino passa attraverso l’amore per la bellezza e il pungolo del desiderio: il dio non è mosso a compassione dal volto sofferente dell’eroina, ma ammira piuttosto le forme voluttuose del suo grazioso corpo nudo.99

5.3.2. Immagini della coppia dionisiaca.

La via della salvezza che Arianna deve percorrere non è così diretta e agevole come l’affresco della Casa di Citaristo può far credere; i cammei provenienti da un’altra dimora campana, quella di Fabio Rufo,100 lo dimostrano chiaramente.

Si tratta di due lastre di vetro-cammeo,101 sul cui fondo blu cupo si stagliano

figure bianche lievemente aggettanti; probabilmente costituivano un ornamento per la decorazione di un mobile ligneo, al posto delle più comuni tarsie in avorio. Il tema del primo pannello (fig.18) è, ancora una volta, l’epifania di Dioniso ad Arianna addormentata. La scena è ambientata in un paesaggio agreste, delimitato da alberi di vite e lauro e da due esili colonne lisce, alle quali Arianna sembra essere addossata. L’eroina, di profilo, è distesa su cuscini e coperta fino alle anche; l’atto di portare la mano destra al capo reclinato riflette l’iconografia tradizionale. Dioniso, all’estremità sinistra, è invece visto frontalmente; è in piedi e appoggiato ad un pilastro, vicino al quale è posato a terra un cratere a calice. Come Arianna, il dio solleva il braccio destro sul capo ed è seminudo, con l’himation pieghettato

99

A Pompei la scoperta del corpo nudo della fanciulla dormiente sembra essere un leitmotiv delle tematiche erotiche. Gli stessi affreschi della Casa di Citaristo, ad esempio, presentano l’ammirevole figura di una menade addormentata, dal corpo parzialmente svelato, alla quale si sta avvicinando Dioniso; ancor più provocante è l’immagine della menade bramata da un satiro.

100

Bibliografia: S. DE CARO, Il museo archeologico nazionale di Napoli, Electa, Napoli 1994; A. MAIURI, Pompei, Ercolano e Stabia, Garzanti, Milano 1961.

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Pannelli in vetro cammeo come questi sono estremamente rari, probabilmente opera delle stesse botteghe, in grado di produrre capolavori come il “vaso Blu” o il “Vaso Portland”. Venivano prodotti saldando insieme due lastre ottenute colando vetro fuso in matrici, dopo averle sovrapposte e introdotte nel forno; successivamente si procedeva all’incisione della lastra superiore.

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sui fianchi e ricadente fino ai piedi, un lungo tirso sulla spalla, ed una corona di foglie e pampini sulla testa; appare stordito dal vino e rivolge lo sguardo vago verso Arianna, mostratagli da un giovane Satiro (in parte mancante). Anche i due eroti che svolazzano sopra di loro tentano di attirare l’attenzione del dio sulla fanciulla dormiente; quello di sinistra tiene in mano cista e cornucopia, quello di destra si muove in direzione di Arianna.

Fig. 18 Scoperta di Arianna dormiente a Nasso, pannello in vetro cammeo dalla Villa di Fabio Rufo (Pompei), fine I sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

La vita esuberante dell’affresco della Casa di Citaristo è qui sostituita da una serenità misteriosa. Persino lo scenario appare enigmatico, in quanto gli elementi architettonici non fanno solamente da supporto per i protagonisti della scena, ma suggeriscono anche la presenza di un santuario o di un monumento funerario nel bel mezzo della natura. Esso si inserisce nell’ampio gruppo di simboli della composizione: la vigna e il cratere esprimono la potenza di Dioniso, gli olivi che circondano Arianna sono l’emblema della città di Atene e, quindi, di Teseo il cui ricordo è ancora vivo; uno dei due amori porta sul capo il cofanetto del serpente usato per l’iniziazione mentre l’altro tiene in mano la torcia di imeneo, simbolo nuziale. La futura unione matrimoniale tra il dio e l’eroina è prefigurata anche dalla simmetria dei loro corpi: indossano entrambi un panneggio che

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copre solamente le loro gambe e ne tengono un lembo con la mano sinistra, ma, soprattutto, entrambi portano il braccio destro sopra la testa. Si tratta del segno convenzionale del sonno di Arianna, che, svolto da Dioniso, esprime l’estasi del dio nell’istante della ierogamia.

La seconda lastra (fig.19) mostra come le nozze debbano essere precedute dall’iniziazione della futura sposa. All’incontro miracoloso con Dioniso, infatti, non fanno immediatamente seguito la ierogamia e l’apoteosi; la principessa deve prima percorrere alcune tappe che le permettono di accedere alla beatitudine dionisiaca. Arianna è qui assimilata a tutte le future spose; ella diviene il modello da seguire per tutte coloro che trovano la realizzazione del loro destino nel matrimonio e sono tenute a prepararsi per intraprendere questa seconda vita.

Fig. 19 Iniziazione dionisiaca di Arianna, pannello in vetro cammeo dalla Villa di Fabio Rufo (Pompei), fine del I sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Arianna, seduta su un blocco di pietra, si volta verso una figura danzante alle sue spalle, la quale le versa del vino. A sinistra, il vecchio Sileno avanza danzando; ai suoi piedi si scorge un cesto dal quale esce un serpente. In alto, appollaiato su un albero da cui pende una siringa, un giovane Eros tende una stoffa tra i rami, formando una sorta di baldacchino sopra la testa di Arianna. E’ evidente il carattere iniziatico della composizione, in cui si

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ritrovano alcuni momenti salienti dell’introduzione rituale della donna all’interno della cerchia dionisiaca: la cesta con il serpente, il consumo regolare del vino, l’incubazione sotto il baldacchino, garanzia di fecondità.

Gli effetti che la bevanda sacra a Dioniso ha su Arianna sono illustrati sul medaglione di fondo di una coppa falisca a figure rosse del IV secolo a.C. (fig.20).102

Fig. 20 Arianna e Dioniso, coppa falisca a figure rosse di Civita Castellana, IV sec. a.C., Roma, Villa Giulia.

La principessa cretese, nuda, si getta all’indietro perdendo quasi l’equilibrio e allunga un braccio fino alla nuca dello sposo, tendendogli le labbra; il dio, incurvato e poggiato saldamente sulle gambe divaricate e aggrappato con la mano sinistra ad un tronco di fico, inclina la testa per ricevere il bacio. L’assenza dei satiri festosi e delle loro anfore colme di vino è compensata da un’iscrizione dipinta sulla coppa, che allude al consumo della prodigiosa bevanda. Oltre che dall’ebbrezza dionisiaca, Arianna è posseduta anche dalla seduzione di Afrodite; il medaglione presenta dunque una scena

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Bibliografia : C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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d’amore, la cui tematica centrale è la ricerca del piacere, sia quello dell’unione amorosa che quello dell’euforia del vino.

In una coppa attica a figure rosse del IV secolo a.C. (fig.21) i ruoli si invertono: Dioniso e Arianna avanzano uno vicino all’altra e la fanciulla sostiene lo sposo stordito dalla propria droga.103 I segni dell’ebbrezza del dio, espressione della sua stessa natura, sono eloquenti: la testa, appesantita dal vino, è gettata all’indietro, la lira gli cade dalle mani e il suo corpo barcollante è quasi trascinato dalla compagna. Egli indossa un mantello che poggia sulla spalla sinistra e si avvolge attorno alla gamba destra; ha dei lunghi capelli ondulati, fermati da un nastro che passa sopra gli orecchi. Dietro di lui vola Eros, che percuote un tamburino e inclina la testa come se stesse cantando.

Fig. 21 Pittore di Meleagro, Dioniso ebbro sostenuto da Arianna, coppa a figure rosse, IV sec. a.C., Londra, British Museum.

Al fianco di Dioniso, la figura di Arianna è completamente coperta da un lungo chitone ed una sorta di giacca ricamata a rosette e motivi spiraliformi nel bordo, mentre un himation cela il braccio sinistro; i capelli sono raccolti

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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da un fermaglio, rendendo ben visibili i gioielli che adornano la giovane. Questa si volta indietro, verso lo sposo, e lo aiuta a mantenere l’equilibrio, cingendogli la vita con il braccio destro; nella mano sinistra tiene un timpano, ornato da una stella nella parte centrale. Dioniso ha suscitato nella sua compagna una sorprendente energia: la sua momentanea debolezza le impone, infatti, il dovere di sorreggerlo e incitarlo; questo ruolo attivo la rende una sposa esemplare.

L’opera ci introduce nell’intimità di una coppia ormai consolidata, offrendo la piacevole visione di una certa felicità coniugale.

L’iconografia più diffusa mostra i due sposi uno vicino all’altro, solitamente seduti e talvolta sorvolati da Eros. Sono così effigiati in una lastra fittile (fig.22) rinvenuta a Vulci nel 1879, insieme ad un nutrito gruppo di terrecotte che presenta l’intera gamma degli elementi architettonici dell’edificio di provenienza.104

Applicata in origine alla testata del trave principale, essa riproduce, a rilievo, la coppia divina secondo lo schema tipico della ierogamia: i due sono seduti ai lati di un’ara nuziale, modanata e adornata con una ghirlanda appesa sulla fronte. La figura di Arianna, di cui è andata perduta la testa, è coperta solamente da un mantello che le fascia le gambe e al collo porta un

torques, accanto al quale ricadono due lunghe ciocche di capelli; solleva,

con la mano sinistra, il corno potorio e poggia l’altro braccio sulle spalle di Dioniso. Questo, a torso nudo e con le gambe completamente celate da un prezioso mantello, reca, nella mano destra, il tirso rivolto verso il suolo e si accosta, con l’avambraccio sinistro, ad un supporto di difficile identificazione. Il volto giovanile del dio, dall’espressione estremamente patetica, presenta tratti affini a quelli del ritratto giovanile di Alessandro: gli occhi incavati, la bocca socchiusa, le ciocche di capelli gonfie e scompigliate, che si raccolgono sulla fronte in forma di anastolè. Tale carattere stilistico permette di datate l’opera entro il III secolo a.C. La definizione cronologica, unitamente alla conoscenza della funzione

104

Bibliografia: Miti greci. Archeologia e pittura dalla Magna Grecia al collezionismo, catalogo mostra a Milano 2004-2005 a cura di G. S. Chiesa, E. A. Arslan, Electa, Milano 2004.

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dell’edificio, rende possibile la comprensione del significato e del valore ideologico dell’immagine riprodotta sulla lastra. Il carattere non sistematico dello scavo e la scarsa documentazione sul ritrovamento del reperto hanno portato alla formulazione di varie ipotesi riguardo alla funzione del piccolo edificio di provenienza; solo grazie a nuovi studi105 e al recupero di una cospicua documentazione d’archivio106 è stata definitivamente stabilita l’appartenenza dell’edicola, recante sul frontone la coppia dionisiaca, alla necropoli di Ponte Rotto. L’immagine della ierogamia di Dioniso e Arianna acquista, dunque, un significato escatologico-funerario; tale accezione basata tradizionalmente sulla figura del dio, trova piuttosto piena espressione nella saga della principessa cretese, la quale, tramite l’acquisizione di uno stato di immortalità, diviene l’emblema del desiderio di una vita ultraterrena.

Fig. 22 Lastra fittile frontonale etrusca di bottega vulcente, III sec. a.C., h. 53, l. 54.5, Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

105

Lo studio di topografia urbana di B. MASSABO’ Vulci e il suo territorio in età etrusca e romana.

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Il tempietto di Ponte Rotto non costituisce un caso isolato, bensì è solo una delle molteplici opere che documentano la diffusione, a Vulci e altrove nell’Etruria meridionale, dell’ideologia dionisiaca, specialmente in campo funerario. Un ulteriore esempio, ancora databile V secolo a.C., è offerto da uno specchio prenestino (fig.23) che decreta per Arianna una sorte meno felice.107

La vicenda illustrata, raramente riprodotta nelle arti figurative, è quella relativa all’uccisione dell’eroina per mano di Artemide, la quale sarebbe stata incitata da un Dioniso ingelosito dal rapporto tra l’amata e Teseo; esiste anche un’altra versione dell’episodio, in base alla quale l’ira della dea sarebbe stata scatenata dalla stessa Arianna, la quale si sarebbe unita a Dioniso dopo aver consacrato ad Artemide la propria verginità.

Fig. 23 Specchio etrusco inciso, bronzo, h. 24.7 cm, diametro 17 cm, V sec. a.C., Bologna, Museo Civico Archeologico.

La scena occupa il rovescio dello specchio circolare ed è incorniciata da una fascia di triangoli contrapposti, al cui esterno si distende un tralcio di

107

Bibliografia: Miti greci. Archeologia e pittura dalla Magna Grecia al collezionismo, catalogo mostra a Milano 2004-2005 a cura di G. S. Chiesa, E. A. Arslan, Electa, Milano 2004.

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fiori di loto alternati a palmette. L’identità dei quattro personaggi raffigurati è precisata da iscrizioni. Nella fanciulla designata come Esia è da individuare Arianna, sorretta sulle braccia da Artames (Artemide), la quale indossa chitone ed himation, ha il capo adornato da un diadema e l’arco ancora in mano. Di fronte a loro è Fufluns108 (Dioniso), coronato d’edera e, al suo fianco, Menarva (Atena) alata, anch’essa in chitone ed himation, con egida ed elmo attico ad alto cimiero.

Il lato riflettente dello specchio è ornato da due doppie volute orizzontali sormontate da palmette.

5.3.3. Il trionfo dell’eroina cretese.

Se nella versione del mito riprodotta nello specchio di Preneste l’incontro con Dioniso si rivela funesto per Arianna, nella tradizione più nota della saga cretese esso è all’origine della sorte gloriosa dell’eroina. Il dio le riserverà i più grandi onori e le farà il dono più prezioso, quello di una vita eterna al suo fianco.

Il personaggio di Arianna acquista sempre maggior centralità all’interno delle scene dionisiache. Esemplificativo è il piatto di Kaiseraugst (fig.24), risalente al IV secolo e rinvenuto nel 1962;109 il sontuoso pezzo d’argenteria apparteneva al servizio da tavola di una ricca famiglia romana.

La decorazione degli apparati di cui si circondavano i Romani di alto rango è solitamente ispirata alle favole mitologiche e il piatto di Kaiseraugst conferma questa tendenza.

Il fulcro della composizione è costituito dalla figura dominante di Arianna, verso la quale convergono tutti gli altri elementi. L’eroina troneggia al centro della scena, all’interno di uno spazio delimitato da una pantera, un alto pilastro sormontato da un’urna ed un recipiente debordante di frutti, verso il quale tende la mano destra. Siede su un appoggio invisibile e volge

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L’etrusco Fufluns, dall’originario carattere agreste, è precocemente assimilato al Dioniso greco, dio del vino e del simposio per antonomasia.

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Bibliografia: C. VATIN, Ariane et Dionysos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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uno sguardo pensieroso in direzione di Dioniso, mentre le vesti che le coprono le gambe ondeggiano fin sopra le sue spalle. Il dio, sulla destra, è stante e si appoggia ad un pilastro, sul quale ricade il panneggio che sostiene col braccio; egli tenta di sfiorare la propria sposa con la mano destra, ma è separato da lei da un lungo corno dell’abbondanza, che pare ondeggiare nel vuoto, analogamente agli altri oggetti che occupano lo spazio lasciato libero dai personaggi. Sulla sinistra, un giovane satiro avanza danzando; trasporta sulla spalla un otre di vino e indossa un mantello, che svolazza alle sue spalle. Le tre figure, dorate e cesellate, si stagliano su uno sfondo cupo, in cui una vigna ed un suolo sassoso suggeriscono che ci troviamo sull’isola di Nasso.

Fig. 24 Arianna come Abbondanza, IV sec., h. 35 cm, l. 41 cm, Augst, Römermuseum.

L’episodio dell’epifania di Dioniso, tuttavia, non viene narrato e l’immagine di Arianna diverge profondamente da quella di una fanciulla abbandonata e afflitta. L’eroina diviene l’emblema dell’abbondanza, richiamo delle ricche festività nuziali, sebbene la composizione non contenga alcun riferimento al tema del matrimonio, tanto che Dioniso e Arianna, distanti tra loro, si limitano incrociare i loro sguardi. La coppia divina non manifesta né la passione tipica del momento della ierogamia né la consapevolezza di una sovranità congiunta; la sposa regna da sola, attorniata da simboli della prosperità: ella presiede ai piaceri del banchetto,

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in quanto dispensatrice feconda di alimenti e bevande, e delega al compagno il privilegio del vino. Arianna diviene una fonte di gioia e di nutrimento e non incarna più il sogno di immortalità, bensì il desiderio di una felicità terrena, basata sul benessere materiale.

Altrove l’immagine dell’eroina continua a far sperare nella possibilità di una vita oltre la morte. Esemplificativi sono, ancora una volta, gli affreschi campani, i quali, ripercorrendo i momenti salienti della saga cretese, mostrano come l’amore divino di Arianna sfoci nella sua elevazione al rango degli immortali.

Su una parete della Casa dei Vettii è possibile ammirare la toccante immagine dell’ascensione celeste dell’eroina, condotta verso l’alto da Dioniso (fig.25).110 L’autore annulla le leggi della fisica e riproduce, con straordinaria naturalezza, un episodio che gli artisti più arcaici non avevano mai osato illustrare.

Le unioni tra dei e mortali si traducono, spesso, in un ratto improvviso, con un passaggio piuttosto brutale dalla dimensione terrestre a quella divina; il dipinto pompeiano conserva il senso di stordimento prodotto da un simile sradicamento, ma ne bandisce ogni violenza. Gli sposi, già uniti in matrimonio, salgono verso l’Olimpo grazie alla spinta ascensionale di un vento che gonfia le loro vesti all’altezza delle anche e delle spalle. Arianna, con indosso tutti i suoi gioielli, tenta di trattenerle con la mano sinistra, mentre il braccio destro è aggrappato alle spalle di Dioniso. Il dio, rigidamente allungato, cinge a sua volta la sposa alla vita e la trascina nel suo movimento. Sui loro volti, rivolti l’uno verso l’altro, si legge l’intimità raggiunta e tutto l’affetto che li lega.

L’immagine dell’ascensione di Arianna acquista un profondo significato, in quanto la via per raggiungere il mondo celeste non appare più impraticabile. La vita di Arianna dona un messaggio di grande speranza. E’ la prova evidente di come sia possibile risollevarsi in un momento in cui tutto sembra perduto, di come possano esistere una felicità terrena e una perfetta

110 Bibliografia : C. VATIN, Ariane et Dyonisos, un mythe de l’amour conjugal, Rue d’Ulm, Paris 2004.

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vita coniugale ma, soprattutto, di come l’amore sia in grado di vincere la morte e aspirare all’eternità.

Fig. 25 Ascensione celeste di Arianna e Dioniso, affresco, I sec. d.C., Pompei, Casa dei Vettii.

Figura

Fig. 3 Arianna dormiente, II sec d.C. da un originale ellenistico del III-II sec a.C., h
Fig. 5 Arianna giacente tra putti vendemmiatori, Sarcofago di Auletta, III sec. d.C.,    Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Fig. 6 Vaso Portland, 5-25 d.C., h. 25 cm, Londra, British Museum.
Fig. 7 Pittore della Fonderia, coppa a figure rosse, ca 480 a.C., Tarquinia, Museo  Nazionale
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