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2.1 Il perossido d’idrogeno

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Capitolo 2 I PROPELLENTI

In questo capitolo vengono trattate le caratteristiche di interesse propulsivo dei due propellenti usati:

perossido di idrogeno ed etano. Per un trattamento più approfondito delle proprietà chimico-fisiche di questi propellenti si rimanda all’Appendice A e all’Appendice B

2.1 Il perossido d’idrogeno

Il perossido d’idrogeno (H

2

O

2

) è un liquido limpido, incolore, leggermente più viscoso dell’acqua e miscibile con essa in tutte le proporzioni. Risulta inodore alle basse concentrazioni e presenta un odore leggermente pungente alle alte concentrazioni. Viene prodotto in modo industriale ed è immesso sul mercato sotto forma di diverse soluzioni acquose. E’ un potente ossidante e viene utilizzato in numerose applicazioni: come agente sbiancante, nella sintesi chimica, nella bonifica del suolo, nel trattamento delle acque, per il trattamento superficiale dei metalli, nell’elettronica e nella disinfezione. Ad elevate concentrazioni (high test peroxide HTP) viene impiegato come monopropellente o bi-propellente nelle applicazioni propulsive.

2.1.1 Caratteristiche termo-fisiche di interesse propulsivo

Le caratteristiche fisiche del perossido d’idrogeno sono molto simili a quelle dell’acqua, ad eccezione di

due differenze degne di nota: il perossido ha una densità significativamente maggiore e una pressione di

(2)

vapore molto minore dell’acqua. Tale somiglianza rende plausibile l’uso di acqua come fluido di riferimento, cosa che introduce grossi benefici per lo sviluppo, la sperimentazione e la qualificazione dei sistemi a perossido d’idrogeno data la particolare facilità di manipolazione dell’acqua.

Tabella 2.1 Caratteristiche principali del perossido d’idrogeno Perossido di idrogeno

Caratteristiche generali

Formula bruta o molecolare H

2

O

2

Massa molecolare [u.m.a.] 34,0

Aspetto liquido incolore

Numero CAS 7722-84-1

Proprietà chimico-fisiche

Densità in condizioni standard [ g / l ] 1,24 Temperatura di fusione [ K ] 272,6 (-0,4°C) Temperatura di ebollizione [ K ] 423 (150°C)

Proprietà termochimiche

Δ

f

H

0

[ kJ / mol ] -187,8

Δ

f

G

0

[ kJ / mol ] -120,4

S

0

[ J / mol ⋅ K ] 109,6

C

p 0

[ J / mol ⋅ K ] 89,1

Indicazioni di sicurezza

Di seguito vengono trattate in maggior dettaglio le caratteristiche di interesse propulsivo.

(3)

Densità

In Figura 2.1 e Figura 2.2 vengono rispettivamente riportati l’andamento della densità del perossido d’idrogeno in funzione della concentrazione per varie temperature e il confronto fra le densità dei vari propellenti.

Figura 2.1 Densità di soluzioni acquose di H

2

O

2

in funzione della concentrazione in peso e per alcuni valori di temperatura. (M. F. Easton, A. G. Mitchell e W. F. K. Wyne-Jones [1])

Figura 2.2 Confronto fra le densità dei propellenti liquidi in funzione della temperatura. (G.P. Sutton [2])

(4)

Si nota come il perossido d’idrogeno sia un liquido ad elevata densità, paragonabile a quelle di acido nitrico e tetrossido di azoto e nettamente superiore a quella dell’ossigeno liquido. Questo permette di ridurre i volumi di serbatoio e la massa secca garantendo alti valori di impulso specifico volumetrico, caratteristica importante in tutti i casi in cui sia importante la minimizzazione del volume o la riduzione delle forze aerodinamiche che può essere ottenuta tramite il minor volume frontale a seguito dell’utilizzo di serbatoi più piccoli.

Ebollizione e congelamento

In Figura 2.3 sono riportati i punti di ebollizione e congelamento a pressione ambiente al variare della concentrazione. Si nota come il punto di ebollizione sia sempre superiore a quello dell’acqua e quello di congelamento sempre inferiore. Il punto di congelamento di soluzioni con concentrazione elevata non è tuttavia così basso, imponendo la necessità di controlli per evitare il possibile congelamento a seguito di un sensibile raffreddamento al di sotto della temperatura ambiente.

Figura 2.3 Punti di ebollizione e congelamento di soluzioni acquose di H

2

O

2

in funzione della concentrazione in peso. (G. Scatchard, G. Kavanagh e L.B. Ticknor [3])

Pressione di vapore:

In Figura 2.4 ed in Figura 2.5 vengono rispettivamente riportate la pressione di vapore parziale e totale in

funzione della concentrazione e per diversi valori di temperatura e il confronto con la pressione di vapore

di altri propellenti.

(5)

Figura 2.4 Pressione di vapore di soluzioni acquose di H

2

O

2

in funzione della concentrazione in peso.

Figura 2.5 Confronto fra le pressioni di vapore di alcuni propellenti liquidi in funzione della temperatura.

(G.P. Sutton [2])

(6)

A confronto con comburenti liquidi, come NTO e LOX, il perossido d’idrogeno ha una pressione di vapore di 1-2 ordini di grandezza inferiore. In applicazioni dove sia necessaria una pressurizzazione tramite turbopompe, è possibile lavorare a pressioni di ingresso più basse senza entrare in regime cavitante, cosa che si riflette in una riduzione della massa del serbatoio. Inoltre il basso valore della pressione di vapore, riduce significativamente il quantitativo di vapore rilasciato da una superficie libera.

Un contenitore di H

2

O

2

a temperatura ambiente in una zona ragionevolmente ventilata non comporta esposizioni pericolose per l’uomo.

Calore Specifico

Il perossido d’idrogeno ha un calore specifico piuttosto elevato, di poco inferiore a quello dell’acqua come mostrato in Figura 2.6 (in particolare si ha una diminuzione del calore specifico all’aumentare della concentrazione di perossido, fino ad arrivare ad un decremento di circa il 40% per H

2

O

2

puro). Questa caratteristica combinata con gli alti rapporti di miscelamento O/F che spesso lo caratterizzano in applicazioni bi-propellente, lo candidano come possibile mezzo refrigerante in sistemi di raffreddamento rigenerativo.

Figura 2.6 Calore specifico a pressione costante di soluzioni acquose di H

2

O

2

in funzione della concentrazione

in peso alla temperatura di 20°C (M.Kroutil e M.Vender [4])

(7)

Viscosità:

La viscosità del perossido d’idrogeno liquido (Figura 2.7) è leggermente più alta di quella dell’acqua. Tale proprietà ha effetto sulle caratteristiche di pompaggio e sugli effetti di scambio termico all’interno dei canali dei sistemi di raffreddamento.

Figura 2.7 Viscosità di soluzioni acquose di H

2

O

2

al variare della concentrazione in peso e per alcuni valori di temperatura. (M.K. Phibbs e P.A. Giguere [5])

2.1.2 Proprietà tossicologiche:

Il perossido d’idrogeno, come propellente, è considerato “non tossico” in quanto rispetto ad altri propellenti, cancerogeni e velenosi per l’uomo anche in piccole quantità, ha effetti molto più contenuti.

Con le opportune protezioni la sua manipolazione è più semplice rispetto ad esempio a quella dell’idrazina. La sua bassa pressione di vapore comporta in questo ambito notevoli facilitazioni.

L’inalazione dei vapori di perossido d’idrogeno può causare irritazione ed infiammazione delle vie

respiratorie. L’irritazione dipende dalla concentrazione del perossido d’idrogeno ed anche, in misura

minore ed entro certi limiti (tra cinque minuti e quattro ore), dalla durata di esposizione. Il limite di

esposizione è di 1 ppm (1.4 mg di H

2

O

2

/ m

3

di aria) per un normale periodo lavorativo di 8 ore al giorno e

40 ore la settimana. Il principale effetto del contatto del perossido d’idrogeno con la pelle è una locale

irritazione accompagnata da una macchia bianca dovuta allo scolorimento. Concentrazioni di perossido

superiori al 50% sono considerate corrosive per la pelle. Un eventuale contatto con gli occhi non comporta

(8)

nessun effetto dannoso per concentrazioni inferiori allo 0.5%. Concentrazioni fino al 6% possono produrre dolore e irritazione, concentrazioni superiori possono produrre seri danni ed anche la cecità. I sintomi più comuni dell’ingestione di perossido d’idrogeno sono nausea, vomito, difficoltà respiratorie e distensione degli organi interni. L’ingestione di concentrazioni superiori al 30%-40% può provocare la morte: la causa è l’attacco corrosivo del tratto gastrointestinale e la generazione di grandi volumi di gas che producono gravissimi danni interni.

L’equipaggiamento minimo richiesto per il personale è costituito da guanti in plastica con avambraccio lungo ed occhiali per proteggere gli occhi. Se esiste la possibilità di spruzzi o di esposizione ai vapori, risultano necessarie una maschera per la protezione del viso con l’apposito filtro, una tuta protettiva completa e degli stivali. Gli equipaggiamenti devono essere in PVC, in gomma, in Gore-Tex o in un altro materiale compatibile: sono assolutamente da escludersi guanti e stivali in cuoio.

In Appendice C è riportato in dettaglio il Material Safety Data Sheet (MSDS) .

2.1.3 Caratteristiche esplosive

In Figura 2.8 è riportato il diagramma di fase liquido-vapore di soluzioni acquose di perossido d’idrogeno in funzione della concentrazione in peso. Si nota come per concentrazioni superiori al 70% si presenti il rischio di esplosione della soluzione.

Figura 2.8 Diagramma di fase liquido vapore per soluzioni acquose di H

2

O

2

.

(N. Nimmerfroh ed E. Walzer [6])

(9)

Può ugualmente essere esplosivo anche a concentrazioni minori (>44% p/p) se è miscelato con composti organici per formare una sola fase. Tra i fattori più importanti che possono determinare l’esplosione ci sono la temperatura della miscela, la presenza di una fonte d’innesco e la natura della materia organica. Comunque i vapori di perossido d’idrogeno possono decomporsi esplosivamente a pressione atmosferica solo se la concentrazione di perossido di idrogeno in fase di vapore supera il 40% in peso.

2.1.4 Proprietà di decomposizione

Il perossido di idrogeno può decomporsi in modo spontaneo in ossigeno e acqua liberando energia secondo la reazione esotermica:

H

2

O

2

→ 2H

2

O + O

2

+ 98 kJ gr ⋅ mol

La velocità di decomposizione è normalmente molto lenta. L’effetto della luce o del calore o il contatto con alcuni materiali possono accelerare notevolmente la decomposizione. La decomposizione può distinguersi in tre tipi:

1. Decomposizione fotochimica: il perossido, assorbendo radiazioni in un ampio spettro continuo, può decomporsi se esposto a lungo alla luce solare diretta.

2. Decomposizione omogenea: quando il perossido d’idrogeno viene a contatto con sostanze solubili incompatibili può aversi una decomposizione accelerata nota come decomposizione omogenea.

Tale decomposizione si verifica con un’ampia gamma di sostanze (in particolare sali di rame, cromo, ferro, vanadio, tungsteno, manganese, molibdeno e platino) e può essere causata anche da livelli estremamente bassi di contaminante.

3. Decomposizione eterogenea: si tratta di una veloce decomposizione che ha luogo quando il perossido d’idrogeno entra in contatto con solidi insolubili. Il perossido d’idrogeno si decompone entrando in contatto con quasi tutti i materiali, sebbene la velocità di decomposizione vari enormemente con la natura e lo stato superficiale della superficie di contatto.

In particolare l’ultimo modo di decomposizione è interessante ai fini propulsivi consentendo, attraverso

l’utilizzo di opportuni catalizzatori, una decomposizione estremamente rapida del perossido e dunque

tempi di risposta e prestazioni accettabili. Di seguito si riporta un elenco dei principali catalizzatori più

attivi.

(10)

Il perossido d’idrogeno è un composto fondamentalmente instabile, che si decompone continuamente rilasciando calore. Tale decomposizione naturale, può essere facilmente gestita evitando di conservare il perossido in contenitori ermeticamente chiusi, al fine di evitare un pericoloso aumento della pressione. Se il calore generato dalla decomposizione non è efficacemente scambiato con l’ambiente esterno la temperatura della soluzione tende ad aumentare, provocando un aumento della velocità di decomposizione e quindi del calore prodotto. S’innesca in questo modo una reazione di decomposizione auto accelerata. Si definisce la temperatura di decomposizione auto accelerante o S.A.D.T. (Self Accelerating Decomposition Temperature) quella temperatura dell’ambiente al di sopra della quale il perossido d’idrogeno contenuto in un recipiente di dimensioni e forma assegnate, sviluppa una reazione auto accelerata. La presenza di agenti contaminanti o stabilizzanti, può aumentare o diminuire la S.A.D.T. L’aumento delle dimensioni per geometrie simili, ovvero una variazione di geometria che abbassi il rapporto tra superficie di scambio termico e volume del recipiente, portano all’abbassamento della S.A.D.T. Da quanto detto, si deduce che, nota la temperatura dell’ambiente circostante, esiste una dimensione massima del recipiente che può essere riempita con perossido di idrogeno senza innescare la decomposizione auto accelerata.

Analogamente, fissate la dimensione e la geometria del recipiente, e nota la temperatura dell’ambiente circostante, esiste una temperatura massima per lo stoccaggio del perossido. Tipicamente, la scelta delle dimensioni del recipiente non sono influenzate dalle suddette considerazioni: ad esempio la S.A.D.T. per un recipiente ISO di 17.5 tonnellate riempito con perossido di’idrogeno all’86% è di 68°C.

Tabella 2.2 Elenco dei catalizzatori maggiormente attivi del perossido d’idrogeno.

Ossido di rutenio RuO

4

Platino Pt

Ossidi di manganese Mn

2

O

3

MnO

2

Osimo Os

Ossidi di ferro FeO

Fe

2

O

3

Palladio Pd

Ossidi di cobalto CoO Irido Ir

Ossidi di nickel NiO

Ni

2

O

3

Rodio Rh

Ossido ed idrossido di piombo

PbO Pb(OH)

2

Argento Ag

Ossido di mercurio HgO Oro Au

La decomposizione naturale del perossido è un fenomeno sempre presente, tipicamente, in appropriate

condizioni di immagazzinamento, le soluzioni acquose di perossido d’idrogeno, perdono valori compresi

fra lo 0.5% e il 2% di concentrazione iniziale all’anno. Risulta dunque necessaria una stabilizzazione del

perossido e differenti elementi stabilizzanti possono essere aggiunti. Il principale stabilizzante del

(11)

perossido è lo stagno, presente sotto forma di stannato che forma particelle colloidali di ossido stannico ( SnO

2

). Si aggiungono spesso anche inibitori della corrosione, permettendo al perossido di essere stoccato in contenitori metallici. Da questo punto di vista, i più importanti elementi sono nitrati e pirofosfati.

La temperatura finale raggiunta nella decomposizione adiabatica del perossido dipende dalla concentrazione della soluzione. In particolare si può notare come, per concentrazioni inferiori a circa il 64%, il calore fornito dalla reazione non sia sufficiente all’evaporazione completa dell’acqua. Tale comportamento può essere osservato in Figura 2.9 dove si nota come la decomposizione adiabatica del perossido di idrogeno al 70% in peso è di circa 240°C. A pressione atmosferica tale reazione produce circa 2500 volumi di gas.

Figura 2.9 Curva di espansione del volume del liquido in decomposizione adiabatica a pressione costante e

temperatura iniziale di 20 °C.

(12)

2.1.5 Il propellente utilizzato

Il propellente che verrà effettivamente utilizzato per alimentare il prototipo, e che è già stato utilizzato per una precedente campagna sperimentale su endoreattori monopropellenti a perossido di idrogeno all’interno di Alta S.p.A., è un tipo di perossido di idrogeno ad elevata concentrazione prodotto da Degussa (Figura 2.10). Si chiama PROPULSE™ 875 HTP ed è caratterizzato da una certa facilità sia nella manipolazione sia nello stoccaggio. Le sue principali caratteristiche fisiche sono riportate nella seguente tabella:

Tabella 2.3 Caratteristiche principali del PROPULSE™ 875 HTP Conc e nt r a z i one i n pe so di H

2

O

2

> 87 %

P e so mol e c ol a r e 34.02 g/mol

D e nsi t à @ 20 °C 1376 g/ml

P unt o di c onge l a me nt o - 16.5 °C P unt o di e bol l i z i one 140 °C

T e mpe r a t ur a di i nf i a mma bi l i t à Non infiammabile

I nf i a mma bi l i t à Non infiammabile

P r e ssi one di va por e @ 30 °C 750 Pa V i sc osi t à di na mi c a @ 0 °C 1.9 mPa s

Figura 2.10 Bottiglia di PROPULSE™ 875 HTP

(13)

2.1.6 Applicazioni propulsive

Come già evidenziato nel capitolo introduttivo il perossido d’idrogeno, può essere usato sia come monopropellente con prestazioni propulsive accettabili, anche se inferiori all’idrazina, sia come ossidante in razzi bi-propellenti o ibridi, ottenendo prestazioni paragonabili ai propellenti stoccabili attualmente in uso. Inoltre il perossido d’idrogeno non reagisce chimicamente con gli elementi od i composti presenti nell’atmosfera, consentendone l’utilizzo in missioni in atmosfera come il controllo di reazione (Reaction Control System, RCS) in veicoli trans-atmosferici. Queste caratteristiche di versatilità fanno si che un sistema che usi il perossido d’idrogeno per una certa applicazione possa usarlo anche per altre. Ad esempio, il perossido d’idrogeno può essere usato all’interno del medesimo sistema propulsivo come ossidante, nei motori principali utilizzati in orbita, come monopropellente, per il controllo di reazione, e come sistema di generazione di gas per eventuali turbopompe. Questo può portare ad una possibile semplificazione del sistema propulsivo derivante dal fatto di usare lo stesso propellente per più applicazioni. Un’ulteriore caratteristica che lo rende attraente è la compatibilità con diversi gas pressurizzanti, primo fra tutti l’azoto.

In passato, il perossido d’idrogeno ha ricoperto importanti applicazioni propulsive. Il primo a riconoscerne le sue potenzialità propulsive fu Hellmuth Walter, che nel 1938 realizzò in Germania la sua prima applicazione propulsiva nel sistema di assistenza per il decollo del velivolo Heinkel He 176. Il perossido d’idrogeno veniva decomposto nel motore in modo omogeneo da un catalizzatore liquido e permetteva di ottenere una spinta di 5783 N. La decomposizione del perossido d’idrogeno fu utilizzata per azionare le turbopompe del sistema di alimentazione delle V2, sempre in Germania.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, studi sul perossido d’idrogeno sono stati effettuati sia in Gran Bretagna sia negli USA. Si è impiegato in una prima fase perossido d’idrogeno all’80% e in seguito a concentrazioni più elevate (HTP 85%). Per la decomposizione dell’ H

2

O

2

sono stati sviluppati principalmente letti catalitici in argento. I risultati di questi studi hanno portato negli UK allo sviluppo di motori bi-propellenti che utilizzavano come ossidante il perossido d’idrogeno (Gamma 201 e 301 - impiegati nei velivoli Black Knight e Black Arrow - Spectre e Stentor.). Negli USA sono stati sviluppati dall’USAF sistemi per aumentare la spinta negli aeroplani chiamati AR (Aircraft Rocket). Negli anni ‘50 e

‘60 il perossido d’idrogeno è stato abbondantemente utilizzato in sistemi di reazione e controllo (Reaction

Control Systems) sia di aerei – X-1 e X-15 – sia di veicoli spaziali (Mercury, Syncom, Comsat). Dal 1960

al 1980, e soprattutto durante la guerra fredda, aspetti come costi operativi e tossicità furono trascurati alla

ricerca delle prestazioni migliori. Si scelse di puntare soprattutto sull’ossigeno liquido e, nel campo dei

propellenti non criogenici, sulla miscela ipergolica NTO/MMH. Tra il 1985 e il 1987 il perossido

d’idrogeno non fu praticamente utilizzato per la propulsione negli Stati Uniti.

(14)

Dal 1990 il bisogno di propellenti a basso costo, non tossici ed ecologici ha riaperto la ricerca sul perossido d’idrogeno.

Attualmente i progetti più interessanti sono seguiti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna:

•
 Spacecraft Reaction Control: il Lawrence Livermore National Laboratory sta lavorando a micro- propulsori da 27 N che operano con H

2

O

2

all’85%.

•
Upper Stage Main Propulsion: l’Orbital Science Corporation sta sviluppando un motore bi-propellente da 45000 N per la propulsione dello stadio finale.

•
 Lanciatore Commerciale BA-2: la Beal Aerospace ha il programma di una piattaforma di lancio che utilizza in ogni stadio perossido d’idrogeno e kerosene JP. Una volta completato, il primo stadio fornirà una spinta superiore alle 1500 tonnellate.

•
Ricerca e Sviluppo della Formulazione di un Combustibile Ipergolico: La Naval Air Warfare Weapons (NAWC) sta conducendo ricerche con varie formulazioni di combustibile per sviluppare l’autoaccensione con perossido d’idrogeno.

•
 Ricerca su Razzi Ibridi: dal 1991 la Purdue University e la University at Surrey stanno conducendo

ricerche su letti catalitici, formulazioni ipergoliche e motori ibridi.

(15)

2.2 L’etano

In Tabella 2.4 sono riassunte le principali caratteristiche dell’etano.

Tabella 2.4 Caratteristiche principali dell’etano Etano

Caratteristiche generali

Formula bruta o molecolare C

2

H

6

Massa molecolare [u.m.a.] 30,07

Aspetto gas incolore

Numero CAS 74-84-0

Proprietà chimico-fisiche

Densità in condizioni standard [ g / l ] 1,3562 Temperatura di fusione [K] 90,3 (-182,7°C)

Δ

fus

H

0

[ kJ / mol ] 0,583

Δ

fus

S

0

[ J / mol⋅ K ] 6,46

Temperatura di ebollizione [K] 184,5 (-88,6°C)

Δ

eb

H

0

[ kJ / mol ] 10

Proprietà termochimiche

Δ

f

H

0

[ kJ / mol ] -84

Δ

f

G

0

[ kJ / mol ] -32

S

0

[ J / mol⋅ K ] 229,2

C

p 0

[ J / mol⋅ K ] 52,5

Indicazioni di sicurezza

Flash point [K] 138 (-135°C)

Temperatura di autoaccensione [K] 788 (515°C)

Limiti di esplosione [% vol] 3 - 12,5

(16)

L’etano appartiene agli idrocarburi alifatici ed è il più semplice alcano a due atomi di carbonio; è un gas stabile, incolore, inodore e non tossico. A temperatura e pressione ambiente è estremamente infiammabile ed esplosivo in miscela con l'aria. Industrialmente si ottiene per distillazione frazionata del gas naturale, di cui è uno dei principali componenti, insieme al metano. È principalmente utilizzato nell’industria chimica per la produzione di alcune sostanze quali: etanolo, acetaldeide, acetato di vinile, cloruro di etile, di-cloro- etano e polietilene. Viene solitamente trasportato liquefatto all’interno di opportune bombole.

2.2.1 La curva d’equilibrio liquido-vapore

Nell’ottica di utilizzo come combustibile per il concetto FVP, vengono di seguito trattate le principali caratteristiche dell’etano all’interno della curva liquido-vapore.

Densità

In Figura 2.11 si nota come la densità dell’etano in fase liquida a temperature prossime a quella ambiente sia compresa nell’intervallo [ 200 ÷ 400 ] kg / m

3

valore abbastanza basso.

Figura 2.11 Densità della fase liquida dell’etano in equilibrio liquido-vepore in funzione della temperatura [7].

(17)

Pressione di vapore

Figura 2.12 Pressione di vapore dell’etano in funzione della temperatura [7].

Si nota come per temperature prossime a quelle ambiente la pressione di vapore sia maggiore di 30 atmosfere (Figura 2.12). Questo rende l’etano un buon gas pressurizzante per il concetto FVP.

Calore latente di vaporizzazione

Figura 2.13 Calore latente di vaporizzazione del’etano in funzione della temperatura [7].

(18)

Il fatto che la temperatura critica dell’etano sia prossima ai 300 K fa si che il calore latente di vaporizzazione sia moderatamente basso, cosa che permette una deriva termica durante lo svuotamento dei serbatoi non eccessiva (Figura 2.13).

2.2.2 Proprietà di combustione

La completa combustione di etano produce anidride carbonica (CO

2

) ed acqua secondo la seguente reazione esotermica:

2C

2

H

6

+ 7O

2

→ 4CO

2

+ 6H

2

O + 3122 kJ mol

I principali prodotti della combustione incompleta dell’etano, sono monossido di carbonio e formaldeide.

A temperature sufficientemente alte (600 – 900 °C) c’è inoltre una significante produzione di etilene.

L’etano è un gas altamente infiammabile e tende a creare miscele esplosive con l’aria. I limiti di esplosione sono 3-12.5% vol. Il flash point (temperatura minima alla quale è possibile la formazione di una miscela infiammabile con l’aria) è -135°C. La temperatura di autoaccensione (minima temperatura alla quale avviene una combustione spontanea in atmosfera, senza necessità di fonti esterne di accensione) è 515°C, caratteristica che lo rende infiammabile dai prodotti di decomposizione del perossido ad alta concentrazione.

2.2.3 Proprietà tossicologiche:

L’etano non è tossico. In miscela con l’aria in notevole percentuale (> del 20%) può diventare pericoloso per l’effetto di asfissia causato dall’impoverimento di ossigeno nell’atmosfera. A basse concentrazioni può avere effetti narcotici. Come prodotto di incompleta combustione in carenza di ossigeno, può formare monossido di carbonio, composto molto più tossico e pericoloso.

In Appendice D è riportato il Material Safety Data Sheet dell’etano.

(19)

Riferimenti

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Riferimenti

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