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L'oggetto di questo elaborato insiste su di un profilo non usuale negli studi della disciplina probatoria, ovvero quello della epistemologia della prova

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Academic year: 2021

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Introduzione .

L'oggetto di questo elaborato insiste su di un profilo non usuale negli studi della disciplina probatoria, ovvero quello della epistemologia della prova; dunque, l'analisi si concentrerà sullo «studio critico dei metodi e della validità della conoscenza»1. Nel nostro lavoro, tale indagine riguarderà la conoscenza processuale e gli strumenti che l'ordinamento predispone per raggiungerla, cioè le prove. In particolare, andremo a ricostruire il percorso dell'affermazione della dialettica probatoria come criterio cardine dell'epistemologia processuale, e a verificarne il grado di resistenza di fronte alle sfide dettate dall'utilizzo di conoscenze scientifiche e tecnologiche sempre più complesse all'interno delle aule dei tribunali.

Adottando una struttura a cerchi concentrici, un primo sguardo viene riservato ai profili epistemologici della prova in generale e, in particolare, a come l'aspetto teleologico della ricerca della verità orienti nel processo le concezioni della prova e del sistema di regole processuali da adottare.

Dunque, si prospettano connotazioni diverse di verità cui il processo può ambire, e altrettante configurazioni di sistemi processuali teleologicamente orientate. In primo luogo, viene individuata una macro distinzione tra la ricerca della verità giudiziale e probabile, e della verità materiale e assoluta; alla prima tipologia di ricerca si lega una concezione argomentativa della prova e un ordine processuale isonomico, mentre un sistema orientato alla ricerca della verità materiale quale entità oggettiva e empirica si lega a una concezione dimostrativa della prova e un ordine processuale asimmetrico. La contrapposizione tra concezione argomentativa e dimostrativa rispecchia due diversi modi di intendere la prova: la prima mira alla ricostruzione del fatto finalizzata alla verifica

1 G. Ubertis, Profili di epistemologia giudiziaria, in G. Ubertis (diretta da), Collana di Epistemologia Giudiziaria, Milano, Giuffrè, 2015, p. 28.

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della rilevanza giuridica dello stesso, sulla base delle argomentazioni dialetticamente esposte dalle parti; mentre la seconda si basa sull'accertamento della realtà empirica per mezzo del ragionamento logico-scientifico del giudice. Di queste concezioni la dottrina2 trova una sintesi nella concezione dialettica della prova; tale teoria della prova, infatti, valorizza il profilo retorico della concezione argomentativa in quanto ambisce non all'accertamento del fatto nella sua dimensione oggettiva e assoluta, ma alla sua ricostruzione per mezzo della contrapposizione delle tesi prospettate dalle parti; tuttavia, non esclude l'utilizzo del sapere scientifico ai fini probatori, purché lo stesso venga impiegato correttamente, quindi conformemente alla prospettiva della ricostruzione dialettica del fatto.

Il principio dialettico della conoscenza processuale costituisce, altresì, il tratto distintivo dei sistemi processuali di tipo accusatorio, tradizionalmente contrapposto al principio autoritario caratterizzante i sistemi inquisitori. Di questa classica distinzione – oggetto di numerose critiche – viene avanzato un aggiornamento alla luce dell'evoluzione del processo in senso scientifico; di fronte all'introduzione processuale della prova scientifica, infatti, si prospetta la possibilità che questa venga applicata in maniera distorta, cioè al fine di soddisfare esigenze di tipo securitario provenienti dall'opinione pubblica3. Dunque, occorre verificare che l'applicazione della prova scientifica avvenga nel rispetto del “giusto processo”, e sulla base di questa valutazione suddividere i sistemi processuali tra quelli più o meno rispettosi delle garanzie processuali individuali. Infine, si anticipa l'intenzione di applicare questo criterio valutativo per verificare se il nostro ordinamento, allo stato dell'arte, può essere ricondotto tra quelli che garantiscono un uso corretto della prova scientifica o meno. La valutazione insisterà anche e

2 G. Ubertis, Profili di epistemologia giudiziaria, cit., p. 12 e ss.

3 L. D'Auria, Prova penale scientifica e “giusto processo”, La giustizia penale, 2004, pp. 31- 32.

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soprattutto sul rispetto del principio della dialetticità probatoria sulla prova scientifica, il quale rappresenta un canone fondamentale del giusto processo la cui attuazione non deve essere data per scontata.

Il secondo capitolo riguarda più in dettaglio la prova scientifica, e si apre con la ricostruzione temporale dello sviluppo della dialettica probatoria sulle conoscenze scientifiche introdotte all'interno del processo penale.

Tale evoluzione viene legata alla duplice affermazione, sia in campo scientifico che in quello processuale, del contraddittorio e della falsificazione delle ipotesi come strumenti gnoseologici migliori al fine di ottenere una conoscenza – giudiziaria e scientifica – più attendibile possibile. Passando dal modello di stampo inquisitorio del codice Rocco a quello di stampo accusatorio del nuovo codice del 1988, vedremo che il percorso evolutivo non è stato lineare e che ancora oggi presenta degli aspetti problematici. Tuttavia, un valido punto di approdo è rappresentato dalla costituzionalizzazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova e dalla successiva legge n. 397/2000, le quali hanno consentito una riaffermazione della dialetticità probatoria dopo un periodo in cui questa è stata oscurata da lacune legislative e da interpretazioni giurisprudenziali involutive.

Nella seconda parte del Capitolo analizzeremo più in dettaglio i profili di epistemologia giudiziaria, intesa come studio dei «criteri e degli strumenti utilizzati dal giudice per conseguire l'acquisizione – e quindi provvedere alla valutazione (le cui cadenze diventano pure oggetto di studio epistemologico) – del materiale fattuale sul cui fondamento compie le scelte decisorie»4. Nell'affrontare i problemi relativi alla ammissione delle prove scientifiche, vengono ripercorse le tappe principali dell'esperienza statunitense di elaborazione dei criteri di valutazione dell'affidabilità delle teorie scientifiche da immettere nel

4 G. Ubertis, Profili di epistemologia giudiziaria, in G. Ubertis (diretta da), Collana di Epistemologia Giudiziaria, Milano, Giuffrè, 2015, p. 28.

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processo. Subito dopo, esamineremo le due linee di pensiero affermatesi nella dottrina italiana circa l'applicazione di questi criteri in sede di ammissibilità della prova. Una prima opinione ne afferma l'applicabilità in questa fase per le «prove scientifiche nuove», le quali sarebbero oggetto della specifica disciplina prevista per la prova atipica ex art. 189 c.p.p.; l'altra disconosce la suddivisione della prova scientifica tra prove nuove e comuni, e riconduce l'ammissione delle prove scientifiche all'interno dei criteri della rilevanza-idoneità previsti dall'art. 190 c.p.p.

per la prova tipica. L'adesione a questa impostazione unitaria ci permette di affermare l'importanza del contraddittorio nell'assunzione di ogni prova scientifica – nuova o usuale – e di ricollocarne la valutazione all'interno dell'ordinaria disciplina probatoria. Attraverso le sentenze dei giudici di legittimità, infatti, viene abbandonata la prospettiva della prova scientifica come una sorta di prova legale e del giudice peritus peritorum, le quali hanno reso il contraddittorio sulla prova scientifica più difficile da attuare. Da una parte, la sentenza Franzese ha ricollocato la prova scientifica all'interno dello schema epistemologico dialettico da essa stessa coniato attraverso la prospettazione del canone della

“probabilità logica”; dall'altra, viene ridefinito il ruolo del giudice di fronte alle conoscenze scientifiche e disegnato un nuovo concetto di peritus peritorum, consono agli sviluppi della teoria della conoscenza.

Con l'ultimo Capitolo andiamo a restringere ulteriormente il campo di indagine ad un particolare tipo di prova scientifica, ovvero la prova neuroscientifica. Di questa, esamineremo in particolare l'applicazione giurisprudenziale in modo da verificare se e fino a che punto le sentenze di merito hanno recepito il metodo epistemologico della dialettica probatoria per come impostato dalla Corte di Cassazione con le sentenze esaminate. Quello delle neuroscienze è un campo multidisciplinare della ricerca scientifica le cui scoperte si sono affermate recentemente e in maniera vigorosa e tumultuosa; prima di tutto, perciò, vengono

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individuati l'oggetto di studio di questo ramo di ricerche e gli strumenti tecnologici attraverso i quali vengono condotte le indagini. Quindi, si volgerà lo sguardo sulle implicazioni delle scoperte neuroscientifiche sia sul piano etico, per quanto riguarda l'affermata inesistenza del libero arbitrio, che su quello più strettamente processuale. Su quest'ultimo piano di analisi andremo ad evidenziare i principali punti di contatto tra neuroscienze e diritto processuale penale, in particolare per quanto concerne la valutazione della capacità di intendere e di volere e la verifica scientifica delle dichiarazioni delle parti. In entrambi i profili di interesse occorrerà verificare la compatibilità degli strumenti e delle conoscenze neuroscientifiche con la disciplina codicistica delle prove.

Nella seconda parte del capitolo verificheremo l'impatto di queste nuove tecnologie sul processo penale, analizzando i pronunciamenti delle Corti che hanno le hanno utilizzate per fondare la loro decisione. Nel ricostruire le posizioni giurisprudenziali, metteremo in luce i pregi e i difetti dei ragionamenti dei giudici alla luce delle impostazioni metodologiche fornite dalla Corte di Cassazione per quanto riguarda la dialetticità probatoria e il ruolo del giudice e dei tecnici.

Infine, evidenzieremo come l'introduzione di strumenti innovativi e conoscenze particolarmente complesse e ben argomentate abbia determinato un deficit di contraddittorio sulla prova neuroscientifica tra gli esperti che utilizzano queste teorie e gli altri i quali, utilizzando le tradizionali metodologie scientifiche, non giungono ad un pari livello di oggettività e accuratezza. Il deficit sullo strumento conoscitivo del processo ha inevitabilmente comportato conseguenze sul piano della cognizione del giudice, il quale non ha saputo fornire decisioni realmente critiche e autonome. Solo in occasione dell'ultima sentenza del Tribunale di Venezia è stato possibile registrare un vero e proprio contraddittorio tra gli esperti, i quali si sono fronteggiati attraverso uno scambio alla pari di opinioni; questo ha consentito una decisione più matura da parte V

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dell'organo giudicante, in quanto realmente nata dallo scontro dialettico delle teorie scientifiche prospettate.

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