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Capitolo 1 Generalità botaniche

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Capitolo 1

Generalità botaniche

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GENERALITA’ BOTANICHE

La famiglia delle Polygonaceae

Il genere Ruprechtia Meyer appartiene alla famiglia delle Polygonaceae. Questa famiglia di Dicotiledoni, unica famiglia dell’ordine delle

Polygona-les, comprende circa 800 specie ripartite fra 40 generi di piante erbacee o

arbustive, solo raramente arboree, come nel caso, invece, del genere

Ruprechtia. Le Polygonaceae sono ampiamente diffuse nelle zone tropicali

o temperate di tutto il globo, principalmente dell’emisfero nord. Caratteristica distintiva della famiglia è l’ocrea, una formazione stipolare vaginiforme costituita da una guaina membranacea o carnosa che avvolge il fusto al di sotto dell’inserzione del picciolo fogliare ed è originata dalla concrescenza di due stipole fogliari. Il frutto è sempre un achenio. I generi più noti sono: Rheum, che fornisce i tipi asiatici e più importanti di rabarbaro, Rumex con il rabarbaro alpino e l’acetosa, Fagopyrum con il grano saraceno, Coccoloba e Polygonum [Bruni et al., 2003; Maugini, 2006; Pettit et al., 2003].

Il genere Ruprechtia Meyer

Il genere Ruprechtia Meyer comprende 37 specie di liane, arbusti o alberi dioici, tutti originari dell’America Centrale e Meridionale, in un areale compreso fra i 26°N e i 33°S di latitudine, dal Messico fino al centro-nord dell’Argentina. Molte specie sono oriunde della regione tropicale a clima cosiddetto monsonico, ovvero caratterizzato dall’alternanza fra una stagione umida e una stagione secca. In questi casi la diffusione delle singole specie è spesso limitata e territorialmente ben definita. Nove specie sono invece presenti nelle foreste pluviali dei bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni, a clima equatoriale, e possiedono un areale di diffusione notevolmente più ampio. Il Brasile annovera ben 15 specie del genere Ruprechtia nella propria flora, ed è in assoluto la nazione con il maggior numero di specie presenti nel proprio territorio.

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Il genere Ruprechtia è strettamente correlato al genere Triplaris L., entrambi raggruppati nella tribù Triplarideae Meyer e con cui condivide il caratteristico frutto che presenta tre ali formate dai sepali persistenti e allungati, uniti alla base a dare un calice tubulare, che nel genere

Ruprechtia non copre mai più di ¾ dell’achenio. Inoltre, in questo genere,

i fiori maschili sono sempre pedicellati, mai sessili, e la base appuntita del calice tubulare si prolunga in un piccolo peduncolo che si congiunge al pedicello.

Alcune specie arboree vengono oggi coltivate per il legno, impiegato nell’edilizia e nella falegnameria, e sono note col nome comune di virarò o marmelero, fra queste si cita, oltre a Ruprechtia polystachya Griseb.,

Ruprechtia salicifolia C. A. Mey.

Il genere Ruprechtia è stato descritto per la prima volta da Meyer nel 1840 e così chiamato in onore del botanico austro-boemo Franz Josef Ruprecht, che aveva a lungo lavorato a San Pietroburgo in Russia [Pendry, 2003].

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La specie Ruprechtia polystachya Griseb.

Inquadramento tassonomico REGNO: Plantae SOTTOREGNO: Tracheobionta SUPERDIVISIONE: Spermatophyta DIVISIONE: Magnoliophyta CLASSE: Magnoliopsida SOTTOCLASSE: Caryophyllidae ORDINE: Polygonales FAMIGLIA: Polygonaceae

TRIBÙ: Triplarideae Meyer

GENERE: Ruprechtia Meyer

SPECIE: Ruprechtia polystachya Griseb.

SINONIMO: Ruprechtia laxiflora Meissn.

NOME COMUNE: Virarò blanco, virarò crespo, marmelero, ibirà. Descrizione botanica

Ruprechtia polystachya Griseb. è un albero dioico, alto da 8 a 15 m. Ha

una corteccia sottile, grigio-scura, molto fessurata longitudinalmente. I rami giovani sono glabri, con ocrea, caduca, a forma di guaina che circonda la foglia emergente e che lascia una cicatrice circolare sul ramo. Le foglie sono alterne, semplici, glabre, ovato-lanceolate, con apice acuminato e margine ondulato, picciolate, lunghe da 3 a 7 cm e larghe da 1.5 a 3 cm. I piccioli delle foglie sono lunghi dai 3 ai 5 mm. La faccia superiore è di un verde più scuro della faccia inferiore. Le infiorescenze maschili sono terminali e presenti solo sui rami secondari. Sono racemi composti lunghi da 3 a 9 cm e con le infiorescenze singole cimose portanti ciascuna dai 2 ai 4 fiori pedicellati. Le infiorescenze singole sono irregolarmente disposte lungo l’asse, sottese da

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una brattea acuta. Le bratteole sono fuse fra loro a dare una formazione tubulare. I fiori maschili sono bianco-verdognoli, di circa 4 mm di diametro, pedicellati. Nei fiori maschili il calice è costituito da 3 sepali verdi, la corolla da 3 petali simili ai sepali nella forma. Sepali e petali sono liberi e alternati fra loro. L’androceo è formato da 9 stami, 6 raggruppati in un verticillo esterno, 3 in uno interno. È presente un gineceo rudimentale e vermiforme. Le infiorescenze femminili sono simili a quelle maschili con infiorescenze singole contenenti dai 2 ai 3 fiori pedicellati. I fiori femminili sono rossastri o gialli. Anche nei fiori femminili corolla e calice sono di 3 elementi ciascuno ma il calice è gamosepalo, a forma tubulare, e i petali sono sempre alternati ai sepali ma molto più piccoli di questi. Il gineceo presenta 3 stili, e un singolo ovario supero di forma ovoide. Spesso ci sono anche 9 strutture staminoidi. Il frutto è un achenio ellissoidale-trigono di circa 8 mm di lunghezza, contenuto nel caratteristico involucro rossiccio, dato dall’accrescimento del calice persistente, con le tre ali prominenti e spatolate originatesi dalle estremità libere dei sepali. Il seme è di forma oblunga-trigona. Il nome della specie,

polystachya, deriva dal greco e allude al gran numero di infiorescenze

[Brandbyge J., 1990; López Lillo et al., 2001; Pendry, 2003].

Diffusione e habitat

R. polystachya è originaria della regione dell’America

meridionale compresa fra il nord dell’Argentina, l’Uruguay, il Paraguay, la Bolivia, e il sud del Brasile. Cresce principalmente nelle foreste tropicali ma può acclimatarsi anche in climi più temperati, ad esempio nella regione mediterranea dove è presente come pianta ornamentale. Con questo scopo è menzionata sia in Spagna, sia in Egitto, dove al Cairo è stata

censita in un recente rilevamento delle specie arboree e arbustive presenti nei giardini storici della città [López Lillo et al., 2001; Pendry, 2003; Hamdy et al., 2007]. Il nostro campione proviene infatti da un giardino cairota, più precisamente da El Zoharia Research Garden.

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Precedenti studi sul genere Ruprechtia

All’interno della famiglia delle Polygonaceae, i generi maggiormente investigati sono stati Rheum, Rumex e Polygonum. Il genere Ruprechtia, invece, è stato fino ad ora oggetto di pochi lavori investigativi, nonostante siano documentati alcuni usi popolari [Pettit et al., 2003].

In un lavoro del 2003 sono stati isolati e caratterizzati 9 steroli e un triterpene pentaciclico dagli estratti diclorometanici e metanolici delle parti aeree di Ruprechtia triflora Griseb., un arbusto nativo della regione semiarida del Chaco argentino, al fine di testarne l’attività inibitoria nei confronti di Mycobacterium tubercolosis, l’agente eziologico della tubercolosi, dopo che, in precedenti studi, era stata già confermata l’attività antitubercolare dell’intero estratto della specie in questione [Woldemichael et al., 2003].

Gli steroli sono una classe di metaboliti di natura steroidea, presentanti un gruppo ossidrilico in configurazione β nella posizione 3. Sono molto comuni negli organismi pluricellulari, pur diversificandosi notevolmente per distribuzione: negli animali troviamo il colesterolo, nelle piante il più noto è il β-sitosterolo. Hanno importanti attività strutturali e funzionali, soprattutto a livello della membrana cellulare. Come metaboliti sono considerati derivati dell’isopentil pirofosfato e condividono la via biosintetica dei terpeni fino alle sostanze triterpeniche [Bruni et al., 2003; Maffei, 1999].

Di seguito sono riportate le strutture dei 9 steroli (1-9) e del triterpene (10) isolati e caratterizzati da Woldemichael e dai suoi collaboratori.

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R1 O O R2O 1. R1 = CH2 R2 = H 2. R1 = CH2CH3 R2 = H 3. R1 = CH3 R2 = O 16 4. R1 = H R2 = O R3 = CH2CH3 R4 = H 5. R1 = H R2 = 2H R3 = H R4 = CH2CH3 6. R1 = H R2 = 2H R3 = CH2CH3 R4 = H R1O R2 R4 R3

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7. R1 = R2 = 2H R3 = H R4 = CH2CH3 8. R1 = R2 = 2H R3 = H R4 = CH2CH3 R1O R2 R4 R3 O O OH OH HO O 10 O O OH OH HO O 12 9. O OH

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HO

10.

I 10 composti isolati hanno mostrato un’attività compresa fra 2 e 128 µg/ml espressa come MIC (minima concentrazione inibente). L’attività dei singoli composti è illustrata in Tabella 1.1, dove è confrontata con l’attività della rifampicina, antibiotico del gruppo delle rifamicine, comunemente usato in terapia come antitubercolare [Woldemichael et al., 2003].

Composto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Controllo

MIC

(µg/ml) 2 2 4 128 128 >128 32 32 2 128 0.06

Tabella 1.1 Inibizione della crescita di M. tubercolosis, espressa in MIC

(µg/ml), da parte dei composti isolati nello studio di Woldemichael et al., 2003. Come controllo positivo è stata usata la rifampicina.

In un lavoro del 2003, condotto su estratti diclorometanici-metanolici della corteccia dei rami di Ruprechtia tangarana Standl., specie originaria del Perù, sono stati isolati e caratterizzati sette composti appartenenti a differenti classi di metaboliti secondari, fra cui lo sterolo 3β,22E,24S-stigmasta-5,22-dien-3-olo, l’acido secalonico A, quattro derivati fenolici e un nuovo isochinolinone, il ruprechstiril. Di tutti questi composti è stata valutata l’attività antitumorale, e in seguito l’attività antimicrobica. Solo

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l’acido secalonico A è risultato attivo nell’inibire la crescita sia di due batteri opportunistici, Micrococcus luteus (MIC = 4-8 µg/ml) e

Enterococcus faecalis (MIC = 32 µg/ml) sia della linea cellulare tumorale

di roditore P388 (ED50 = 3.5 µg/ml). Tutti gli altri composti sono risultati

inattivi.

I composti isolati in questo studio sono stati:

 il ruprechstiril, un nuovo isochinolinone,

NH O

OH H3CO

l’acido 2’-O-metilevernico, un composto di natura fenolica,

O OH O H3CO OCH3 OH O

 il lichexantone, uno xantone,

O

OH

OCH3 H3CO

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l’acido 3,3’,4-tri-O-metilflavellagico, composto di natura fenolica, O O O O OH OCH3 OCH3 HO H3CO

 l’acido secalonico A, metabolita secondario molto comune special-mente nei funghi, sempre di natura fenolica,

O O OH O O OH OH OH HO OH O OCH3 H3CO O

 il metilasterrato, composto di natura fenolica,

OCH3 O HO O OCH3 OH OCH3 O

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lo sterolo 3β,22E,24S-stigmasta-5,22-dien-3-olo [Pettit et al., 2003]. HO H H H H

Recentemente è stato condotto uno studio sugli estratti di 73 piante raccolte nella provincia di Còrdoba, nell’Argentina centrale, al fine di testarne l’attività inibitoria contro l’acetilcolinesterasi (AchE). Gli inibitori dell’AchE sono usualmente impiegati nella terapia del morbo di Alzheimer, in quanto un approccio terapeutico classico è appunto l’aumento dei livelli sinaptici di neurotrasmettitore. Questa classe di composti è altresì impiegata nel trattamento del morbo di Parkinson, della miastenia gravis, della demenza senile e dell’atassia. Il materiale vegetale è stato selezionato preferendo specie poco o per niente studiate.

Le droghe essiccate sono state estratte con etanolo, e gli estratti così ottenuti sono stati successivamente ripartiti in due porzioni, una organica e una acquosa. Per la fase organica è stato usato diclorometano come solvente. Le due frazioni sono state testate per ognuna delle specie in esame, usando la fisostigmina come controllo positivo. In generale le frazioni organiche sono apparse molto più attive delle rispettive frazioni acquose. La poca azione degli estratti acquosi è da imputare sicuramente alla maggiore idrofilia dei composti presenti. Solo 9 estratti organici sono risultati attivi, avendo una percentuale di inibizione maggiore del 70%, e

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fra questi quelli di Ruprechtia apetala Wedd. e Trichocline reptans Hieron. sono stati in assoluto i più attivi, in quanto in grado di bloccare completamente l’enzima (100% di inibizione, rispetto al 92.5% della stessa fisostigmina). Entrambe le piante hanno mostrato i più bassi valori di IC50, rispettivamente di 0.0779 mg/ml per la R. apetala e di 0.1118

mg/ml per la T. reptans. La fisostigmina ha invece presentato una IC50 di

0.0028 mg/ml.

Analisi ulteriori sugli estratti più attivi hanno portato all’identificazione delle classi di metaboliti secondari presenti nelle frazioni in esame. Fra questi sono stati ritenuti responsabili dell’attività inibitoria dell’AchE i flavonoidi e i lignani, in accordo con i dati provenienti dalla letteratura scientifica [Carpinella et al., 2009].

Altri lavori minori hanno riportato che Ruprechtia triflora Griseb. ha un’attività sedativa mentre Ruprechtia salicifolia C. A. Mey, originaria dell’Uruguay, è tradizionalmente impiegata come amaro-tonico, e si suppone possa contenere un alcaloide all’interno del proprio fitocomplesso [Gonzales et al., 1943; Pettit et al., 2003].

Figura

Tabella 1.1 Inibizione della crescita di M. tubercolosis, espressa in MIC

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