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In tema di permesso di costruire ex art. 10 d.p.r. 380/2001 TAR Campania Napoli sez. VIII sentenza del 16 ottobre 2020 n.4562

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“In tema di permesso di costruire ex art. 10 d.p.r. 380/2001” – TAR Campania – Napoli – sez. VIII – sentenza del 16 ottobre 2020 – n.4562

L’art. 10 d.p.r. 380/2001 sottopone a permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o semplici mutamento di destinazione d’uso.

Per determinare la necessità del previo rilascio del permesso di costruire occorre verificare se l’opera esaminata, da un lato, modifichi in modo

sostanziale il territorio sul quale insiste e, dall’altro, risulti in concreto destinata ad un utilizzo autonomo e durevole nel tempo, diretto a soddisfare esigenze di carattere permanente.

Pubblicato il 16/10/2020

N. 04562/2020 REG.PROV.COLL.

N. 05994/2015 REG.RIC.

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5994 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Anna B. e Gerardo N., rappresentati e difesi dall’avvocato Gianfranco D’Angelo, con recapito digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

Comune di San Tammaro, in persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Cocozza, con recapito digitale come da PEC da registri di giustizia;

per l’annullamento:.

1) quanto al ricorso introduttivo, notificato il 6 novembre 2015 e depositato il successivo 3 dicembre:

dell’ ordinanza di demolizione n. 13 del 18 agosto 2015 emessa dal Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di San Tammaro;

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2) quanto al ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 luglio 2016 e depositato il successivo 1° settembre:

– della nota del 5 maggio 2016, protocollo 3367 del 15 aprile 2016, notifica lo stesso 5 maggio

– della nota prot. n. 4410 del 17 giugno 2016, notificata il successivo 20, contenenti il diniego di sanatoria in merito all’istanza di accertamento di conformità depositata in data 29 dicembre 2015, prot. n. 9632.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Tammaro;

Vista l’ordinanza cautelare n. 2156 del 22 dicembre 2016;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 settembre 2020 il dott.

Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Riferiscono i ricorrenti, Anna B. e Gerardo N., di essere comproprietari di un fabbricato, ove risiedono, sito nel Comune di San Tammaro, Viale Ferdinando di Borbone n. 23, Foglio 4, p.lla 5125, sub 6-7-9-10-11-13.

Per questo fabbricato ottenevano il permesso di costruire n. 53 del 7

novembre 2013, per l’ampliamento del fabbricato, ai sensi della leggi regionali n. 19/2009 e n. 1/2011.

In seguito, con SCIA, acquisita al protocollo dell’ente al n. 4973 del 19 giugno 2014, e variante prot. n. 214 del 13 gennaio 2015, i ricorrenti

chiedevano alcune modifiche al progetto originario.

In data 4 febbraio 2015, l’Ufficio tecnico comunale di San Tammaro, effettuava un sopralluogo sul sito a seguito del quale riscontrava presunte difformità rispetto all’originario permesso di costruire 53 del 2015.

A conclusione del preventivo contraddittorio procedimentale,

l’amministrazione comunale ha emesso l’ordinanza n. 13 del 18 agosto 2015 con la quale ha ingiunto la demolizione delle opere che ha valutato difformi rispetto al permesso di costruire.

In particolare, l’amministrazione, con l’ordinanza in questione, ha contestato la realizzazione delle seguenti opere:

– al piano terra, di un box e di un porticato in luogo dei due box auto previsti nonché l’ampliamento dell’area da destinare ad ulteriore box;

– al primo piano, la chiusura dell’area destinata a porticato e la

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realizzazione di un balconcino e di un deposito;

– al secondo piano, tramezzature e trasformazione ad uso abitativo di un sottotetto.

2.- Con l’odierno ricorso introduttivo, notificato il 6 novembre 2015 e depositato il successivo 3 dicembre, Anna B. e Gerardo N. hanno impugnato, per l’annullamento, previa richiesta di sospensione cautelare, la menzionata ordinanza n. 13 del 2015.

Il Comune di San Tammaro si è costituito in giudizio con memoria

depositata il 29 giugno 2016; con successiva memoria depositata il 20 luglio 2016, ha argomentato per la correttezza del proprio operato.

Nel frattempo, i ricorrenti, con istanza prot. n. 9632 del 29 dicembre 2015 e con due istanze di integrazione, prot. n. 1979 e prot. n. 1980, entrambe del 16 marzo 2016, hanno chiesto l’accertamento di conformità in sanatoria degli asseriti abusi in difformità dal permesso di costruire n. 53 del 2013.

L’amministrazione comunale ha risposto con due provvedimenti negativi:

– prot. n. 3367 del 15 aprile 2016, di diniego alla richiesta di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 d.p.r. 380/2001 nonché delle Leggi regionali 19/2009, 5/2013, 16/2014 e del D.L. 98/2013 (decreto del fare), per il sottotetto;

– prot. n. 4410 del 17 giugno 2016 di diniego alla richiesta di accertamento di conformità, ai sensi del menzionato art. 36 d.p.r. 380/2001, delle opere al piano terra ed al primo piano.

3.- Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 luglio 2016 e depositato il successivo 1° settembre, i ricorrenti hanno impugnato i menzionati dinieghi.

Con ordinanza cautelare n. 2156 del 22 dicembre 2016, la Sezione ha respinto la richiesta di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati col ricorso per motivi aggiunti.

La causa è stata inserita nel ruolo dell’udienza pubblica del 30 settembre 2020, calendarizzata in attuazione del Piano di riduzione dell’arretrato

approvato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa in

applicazione dell’art. 16 delle norme di attuazione del c.p.a.; la stessa è stata quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- Col ricorso introduttivo parte ricorrente ha formulato le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 3 e dell’art. 10-bis L. n. 241/1990 per difetto di motivazione, d’istruttoria e sviamento: l’amministrazione dopo avere

correttamente comunicato, con nota prot. n. 3559 del 14 maggio 2015, l’avvio del procedimento non avrebbe tenuto in alcun conto i rilievi formulati dai

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ricorrenti in sede di partecipazione procedimentale.

2) sviamento di potere; erroneità dei presupposti, violazione del d. lgs.

380/2001; ingiustizia manifesta.

Nel merito delle contestazioni mosse dal Comune, la realizzazione dei box auto e del porticato, sarebbero conformi ai titoli abilitativi che, nel caso di

specie, consisterebbero non solo nel permesso di costruire n. 53/2013 ma anche nella SCIA in variante prot. n. 4793/2014.

In particolare, riguardo alla contestata chiusura dell’area destinata al porticato, i ricorrenti hanno evidenziato, nelle controdeduzioni, il suo carattere temporaneo, motivata da esigenze di cantiere; a conferma di ciò, il porticato non era in oggetto del permesso di costruire n. 53/2013 bensì della variante.

Riguardo alla realizzazione di tramezzature al sottotetto, anch’essa oggetto della variante prot. n. 4973/2014 ed in seguito dalla successiva richiesta di variante prot. n. 214 del 13 gennaio 2015.

3) difetto d’istruttoria, sviamento, violazione del giusto procedimento;

violazione dell’art. 34 d.p.r. 380/2001. L’amministrazione comunale non avrebbe effettuato alcuna valutazione sulla compatibilità urbanistica dell’intervento e sulla possibilità di sanatoria delle opere ritenute difformi rispetto ai titoli abilitativi. Né risulta effettuata la valutazione di cui all’art. 34, comma 2, d.p.r. 380/2001, necessariamente occorrente considerato che si contesta una presunta parziale difformità rispetto ai titoli abilitativi.

4) violazione della legge regionale Campania n. 16 del 2004; del Regolamento regionale della Campania 5 del 2011, come modificato dal Regolamento regionale n. 4 del 2015.

Il Comune di San Tammaro ha adottato l’ordinanza in discussione assumendo come parametro un P.R.G. che, in base alle norme in oggetto, risulta inefficace, essendo decorsi i termini previsti dalla legge senza che sia stato adottato il P.U.C.

2.- Col ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha formulato le ulteriori seguenti censure di approfondimento e di precisazione di quelle già oggetto del ricorso introduttivo:

1) Violazione dell’art. 3 e dell’art. 10-bis L. n. 241/1990; violazione dei principi del giusto procedimento per omesso esame delle controdeduzioni formulate dai ricorrenti ai preavvisi di diniego.

2) illegittimità del provvedimento notificato in data 5 maggio 2016 di rigetto dell’istanza relativa al sottotetto; violazione delle leggi regionali nn. 19 del 2009, 16 del 2014; 1 del 2016, 6 del 2016; sviamento di potere, erroneità dei presupposti, ingiustizia manifesta.

A sostegno della propria istanza, riguardo al sottotetto, i ricorrenti avevano invocato l’applicazione della legge regionale n. 1 del 2011 e di quelle successive

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disciplinanti il recupero dei sottotetti per finalità abitative.

L’ufficio ha motivato il diniego sulla base del presunto aggravio del carico urbanistico della zona e dell’inapplicabilità della normativa di cui alla legge regionale 19 del 2009, cd. “Piano casa”, posto che la legge regionale n. 1 del 2011 richiede, quale presupposto, l’esistenza del sottotetto alla data di entrata in vigore della legge regionale 15 del 2000, assente nella fattispecie in esame, ad avviso dell’amministrazione comunale.

In questo caso, l’amministrazione non avrebbe considerato che la legge regionale n. 6 del 2016 avrebbe esteso l’applicabilità della normativa sul cd.

“Piano casa” ai sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore della legge regionale 1 del 2016 e, quindi al 19 gennaio 2016.

3) Violazione delle leggi regionali n. 1/2016, 6/2016, 16/2014, 19/2009; del D.L. 98/2013, degli artt. 3 e 19 L. n. 241/1990; della L. 122/1989.

Il diniego relativo alla sanatoria del piano terra e del primo piano sarebbe illegittimo per le seguenti ragioni:

– l’amministrazione ha considerato le opere non assentibili in assenza di precisa indicazione nel progetto dell’effettiva volumetria dei porticati al piano terra ed al primo piano; in realtà il volume dell’androne dei porticati e dei terrazzi coperti tra preesistenze e progetto risulterebbe inferiore al 25%

calcolato sul volume complessivo dell’edificio, tanto più che il rilievo non è stato formulato nella nota di preavviso di rigetto, ai sensi dell’art. 10-bis L. n.

241/1990;

– l’amministrazione, in sede di preavviso di diniego, aveva contestato una discrasia nell’elaborato relativo al box al piano terra; sul punto, il tecnico

progettista, in sede di chiarimenti, aveva precisato che, in realtà, il box è unico mentre l’altro locale indicato per mero errore come “garage” è in realtà un locale tecnico per gruppo elettrogeno, in ogni caso assentibile in base al cd

“piano casa”, come disposto dall’art. 4 della legge regionale 19/2009, ovvero in qualità di parcheggio privato come da art. 9 legge n. 122/1989 (cd. Legge

Tognoli) che autorizza la realizzazione di box in misura di un decimo rapportato al volume dell’edificio, requisito pacificamente sussistente nel caso in

questione.

– l’amministrazione ha considerato che la documentazione fotografica prodotta dal tecnico non dimostri il ripristino del porticato al primo piano, emergendo ancora il parquet in legno; siffatto elemento, ad avviso di parte ricorrente, sarebbe irrilevante ove si consideri l’avvenuta rimozione degli infissi;

– ad avviso dell’amministrazione la SCIA 4793/2014 non si sarebbe mai perfezionata, ragion per cui non risulterebbero autorizzate opere quali

balconcino e deposito al primo ed al secondo piano da essa previste; in realtà, con la nota prot. n. 5191 del 25 giugno 2014, l’amministrazione avrebbe reso

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solo un atto meramente interlocutorio non idoneo a costituire provvedimento motivato di inibizione dell’attività, con la conseguenza che la SCIA si sarebbe perfezionata per decorso del tempo con le relative conseguenze;

– l’amministrazione contesta la realizzazione di aggetti in carenza dell’autorizzazione sismica: sul punto, nelle osservazioni, il tecnico aveva precisato che gli aggetti in questione erano già previsti tali nel permesso di costruire ed, in seguito, con la citata SCIA prot. n. 4793/2014.

4) Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 6 del 2016.

L’amministrazione comunale, con i provvedimenti impugnati, non avrebbe considerato la formulazione dell’art. 12, comma 4-bis, della legge regionale n.

19 del 2009 come modificato dalla legge regionale n. 6 del 2016, che prevede l’applicabilità del cd Piano casa anche in sanatoria, con riferimento ad interventi realizzati in assenza o in difformità dal permesso di costruire.

3.- Deve in primo luogo dichiararsi l’improcedibilità del ricorso introduttivo, posto che, come da orientamento della Sezione (ex multis, recente sentenza 9 luglio 2020, n. 2949), confermato in sede cautelare con l’ordinanza n. 2156 del 22 dicembre 2016, la richiesta di accertamento di conformità rende inefficace l’ordine di demolizione originario con esigenza per l’amministrazione, in

conseguenza del diniego di sanatoria, di emettere una nuova ordinanza di demolizione o comunque di assegnare un nuovo termine agli interessati.

L’interesse alla decisione si trasferisce quindi al ricorso per motivi aggiunti, col quale i ricorrenti, nell’impugnare i due dinieghi alle richieste sanatorie

edilizie per gli abusi rilevati, hanno riproposto ed approfondito le censure già formulate col ricorso introduttivo.

4.- Ciò chiarito, è infondata la prima censura del ricorso per motivi aggiunti.

Va osservato che, per entrambe le pratiche di accertamento di conformità, l’amministrazione ha prima notificato i due preavvisi di diniego prot. n.

2942/2016 e prot. n. 3378/2016 ed, in seguito, i dinieghi prot. 3367/2016 e prot.

n. 4410/2016 coi quali ha puntualmente riportato e confutato le controdeduzioni dei ricorrenti.

Riguardo alla dedotta violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990,

l’amministrazione, con i dinieghi impugnati e con i presupposti preavvisi, ha adempiuto correttamente all’onere della motivazione fornendo un’esatta e completa descrizione delle opere abusive rilevate, in quanto difformi rispetto al permesso di costruire 53/2013.

D’altronde, dal momento che la repressione dell’abuso edilizio corrisponde all’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato, un’adeguata e sufficiente motivazione, prima nell’ordinanza di demolizione ed in seguito nei provvedimenti espressi di rigetto, consiste già nella descrizione delle opere e nella constatazione della loro carattere abusivo (ex multis, TAR

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Salerno, sez. II, 8 luglio 2020, n. 851).

5.- Infondate sono anche le restanti censure del ricorso per motivi aggiunti che, per ragioni di connessione oggettiva tra i vari argomenti negli stessi

esposti, possono essere trattate congiuntamente.

5.1.- L’amministrazione ha individuato le seguenti irregolarità edilizie che si oppongono al rilascio della sanatoria:

1) al piano terra, un box di mq 22,62 riferito a due unità abitative e relativo porticato, laddove il Regolamento edilizio, per escluderli dal computo

volumetrico, ne richiede uno in ragione di ciascuna unità abitativa con superficie utile non superiore a mq 15 ed altezza netta inferiore a mt 2,40, dimensioni superate dai locali in questione;

2) ai piani terra e primo, la chiusura dei porticati ha prodotto un incremento volumetrico che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, è superiore al limite del 25% di quello esistente, da determinarsi esattamente in via

preventiva; d’altronde, la rimozione degli infissi ad opera dei ricorrenti costituisce implicitamente un’ammissione della correttezza del rilievo sull’abusivo aumento dei volumi;

3) al primo piano, la realizzazione di un balcone e di un deposito, nell’area prevista dal progetto a cucina e disimpegno con traslazione del vano cucina in avanti sull’area destinata al terrazzo coperto, anch’esso determinante un

ampliamento di volumi e di superfici utili che si somma a quello del piano terra;

4) al secondo piano, in luogo di un unico ambiente, costituente in origine un sottotetto non abitabile, sono stati riscontrati tramezzature interne ed ambienti rifiniti, destinati ad uso abitativo; risulta inoltre realizzato un balconcino ed un piccolo deposito.

5.2.- Le opere descritte si pongono in difformità dal permesso di costruire n.

53/2013 a suo tempo rilasciato, avendo sviluppato incrementi dei volumi e delle superfici utili, non previsti in progetto.

Ne consegue che la SCIA n. 4793/2014, presentata dai ricorrenti in asserita variante al permesso 53/2013, peraltro nemmeno depositata agli atti della causa e di cui non è possibile conoscerne l’esatto contenuto, non può considerarsi valido titolo autorizzatorio. Le opere in difformità realizzate,

risolvendosi infatti in un aumento dei volumi e delle superfici utili preesistenti, non sono suscettibili di mero assenso.

Si rammenta, infatti, che l’art. 10 d.p.r. 380/2001 sottopone a permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o, limitatamente alle zone A, semplici mutamento di destinazione d’uso.

Come poi chiarito da ormai costante e condivisa giurisprudenza, per

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determinare la necessità del previo rilascio del permesso di costruire occorre verificare se l’opera esaminata, da un lato, modifichi in modo sostanziale il territorio sul quale insiste e, dall’altro, risulti in concreto destinata ad un utilizzo autonomo e durevole nel tempo, diretto a soddisfare esigenze di carattere

permanente, circostanza che si verifica nel caso in esame in considerazione della tipologia delle opere realizzate (cfr., ex multis, TAR Bologna, sez. I, 9 aprile 2019, n. 335; TAR Napoli, Sez. III, 29 maggio 2019, n. 2284).

Deve altresì considerarsi che la nota prot. n. 5191 del 25 giugno 2014, con la quale l’amministrazione comunale, in via interlocutoria, si è limitata ad

individuare il responsabile del procedimento, non ha classificato la richiesta dei ricorrenti come SCIA bensì, più correttamente, di permesso di costruire per

“Cambio d’uso di porzioni di immobile esistente da non residenziale a residenziale…”.

L’amministrazione ha quindi inviato nota prot. n. 8082 del 17 ottobre 2014 con la quale ha invitato i ricorrenti a fornire chiarimenti.

A tali note ha fatto seguito, prima, il sopralluogo del 4 febbraio 2015, in esito al quale l’ufficio tecnico riscontrava le difformità dal progetto ed i mutamenti di destinazione e, quindi, l’ordinanza di demolizione n. 13 del 18 agosto 2015, impugnata col ricorso introduttivo.

5.3.- Parte ricorrente sostiene che la verifica delle dimensioni dei box avrebbe dovuto tenere conto dei parametri della legge 24 marzo 1989, n. 122, cd “Legge Tognoli”, secondo cui sono autorizzabili i parcheggi privati in misura di un decimo rapportato al volume dell’edificio.

Il rilievo è infondato perché la deroga deve essere invocata

preventivamente e non è attuabile in corso d’opera, con modalità in concreto difformi dalla normativa regolamentare comunale.

L’art. 9, comma 1, legge n. 122/1989 dispone che: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano

terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.”.

Il Regolamento edilizio del Comune di San Tammaro, nel recepire la Legge n. 122/1989, esclude dal computo dei volumi le autorimesse a condizione che abbiano superficie non superiore a mq 15 ed altezza non superiore a 2,40 mt, limiti che, nel caso di specie, sono stati superati.

Sul punto, i ricorrenti chiariscono di avere errato nell’indicare come garage uno dei locali, preposto in realtà ad essere un “locale tecnico per gruppo

elettrogeno”, assentibile in base al cd. Piano casa. La giustificazione postuma non appare plausibile, in assenza di obiettivi elementi di fatto, non riscontrati nel corso del sopralluogo.

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5.4.- Anche riguardo al recupero abitativo del sottotetto, l’Ufficio tecnico ha osservato che le opere abusive sono state eseguite in difformità dal permesso di costruire 53/2013, consistendo in un complesso di opere – tramezzature interne, rifiniture ed impianti – idonee a rendere abitabile il sottotetto

trasformando la sua naturale destinazione di volume tecnico, in una vera e propria nuova unità abitativa, tramite la realizzazione di ambienti abitabili, completi di finiture e d’impianti.

La trasformazione del sottotetto ad uso abitativo determina

indiscutibilmente un aggravio del carico urbanistico della zona interessata.

Al contrario degli assunti di parte ricorrente, nel caso di specie risultano inapplicabili le disposizioni di cui alle leggi regionali 15/2000 e 1/2011 in

assenza del requisito essenziale, ossia la preesistenza legittima del sottotetto al 5 dicembre 2000, data di entrata in vigore della legge regionale 15/2000.

Sul punto, l’art. 3, comma 1, dell’appena menzionata legge regionale

15/2000 chiarisce, infatti, che: “Il recupero abitativo dei sottotetti esistenti, alla data di entrata in vigore della presente legge, è ammesso qualora concorrano”

tra le altre “le seguenti condizioni: …b) l’edificio in cui è ubicato il sottotetto deve essere stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato

abusivamente, deve essere stato preventivamente sanato ai sensi della Legge 28 febbraio 1985 n. 47 e della Legge 23 dicembre 1994, n. 724”.

Nel caso di specie, il sottotetto che s’intende destinare ad uso abitativo risulta in parte abusivo senza che, per le ragioni sopra esposte, la SCIA n.

4793/2014 possa sopravvenire in funzione sanante.

Non pertinenti appaiono altresì i riferimenti alla legge regionale n. 6/2016 la quale, pur prorogando i termini per l’attuazione del cd “Piano casa”, non ne ha tuttavia modificato i presupposti, chiariti dall’art. 3 della menzionata legge regionale 15/2000, secondo cui, si ribadisce, l’edificio in cui è ubicato il sottotetto dev’essere stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché

realizzato abusivamente, sia stato sanato ai sensi della legge n. 47/1985 e n.

724/1994.

Per questo motivo l’Ufficio tecnico, fondamentalmente, non ha qualificato come SCIA l’ istanza prot. n. 4973/2014 bensì come pratica edilizia in sanatoria alla quale ha attribuito il numero 17/2014.

Inoltre, giova ricordare che, ai sensi dell’articolo 36 d.p.r. 380/2001, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, è richiesta la doppia conformità della disciplina urbanistica ed edilizia vigente, intesa come conformità

dell’intervento al momento sia della realizzazione sia della presentazione della domanda.

Non a caso, la Corte Costituzionale, con la sentenza 11 maggio 2017 n.

107, ha dichiarato l’illegittimità – per contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost. –

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dell’art. 12, comma 4-bis, della legge regionale 19 del 2009, disposizione invocata dai ricorrenti, la quale, contenendo un elemento testuale di

differenziazione, è potenzialmente in grado di indurre l’interprete a considerare sanabili opere conformi alla disciplina regionale nella sua attuale formulazione, frutto di successivi interventi di modifica, e non a quella vigente all’epoca della loro esecuzione.

6.- Per quanto sopra, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile, con le precisazioni di cui in motivazione; il ricorso per motivi aggiunti va respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo e rigetta il ricorso per motivi aggiunti, in epigrafe proposti.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di San Tammaro, delle spese del giudizio che liquida in € 1.500,00

(millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente

Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore Viviana Lenzi, Primo Referendario

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