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Geometria Differenziale : Parte 5

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Geometria Differenziale : Parte 5

Alessandro Savo 2016-17

Indice delle sezioni 1. Superfici minimali 2. Geodetiche

3. Derivazione covariante 4. Equazioni delle geodetiche 5. Teorema di Clairaut

1 Superfici minimali

Ricordiamo che una superficie Σ si dice minimale se ha curvatura media identicamente nulla. Le superfici minimali sono legate a un’importante proprieta’ variazionale riguardo all’area. Supponiamo che γ sia una curva dello spazio semplice (senza autointersezioni) e chiusa e consideriamo l’insieme Sγdelle superfici Σ che hanno come bordo γ. Supponiamo poi che esista una superficie (regolare) Σ0 che abbia area minima tra tutte le superfici della famiglia Sγ. Vogliamo verificare che allora Σ0 `e minimale. In altre parole,

Teorema 1. Nella notazione precedente, supponiamo che Σ0 sia una superficie parame- trizzata regolare di Sγ, tale che:

Area(Σ0) ≤ Area(Σ) per ogni Σ ∈ Sγ. Allora Σ0 `e minimale.

Dimostriamo il teorema nel caso in cui Σ0 sia parametrizzata da un’applicazione f : Ω → R3.

La dimostrazione si fa considerando variazioni a un parametro di Σ0; precisamente, dato un campo di vettori ξ (s’intende, differenziabile) e normale a Σ, e dato t ∈ [−, ], con

 > 0 sufficientemente piccolo, consideriamo la funzione ft: Ω → R3 definita da:

ft(u, v) = f (u, v) + tξ(u, v).

Se  `e sufficientemente piccolo si puo’ verificare che ft `e una parametrizzazione regolare di una superficie ft(Ω) .

= Σ[ξ]t , detta variazione di Σ0 associata a ξ. Otteniamo cosi’ una famiglia a un parametro di superfici ”vicine” a Σ0:

[ξ]t : t ∈ [−, ]}.

(2)

Notiamo che per t = 0 otteniamo proprio Σ0: Σ[ξ]0 = Σ0.

Se assumiamo che ξ sia nullo sul bordo γ di Σ0, vediamo che tutte queste superfici appartengono a Sγ, dunque, per la propriet`a di minimo di Σ0, si ha:

Area(Σ[ξ]0 ) ≤ Area(Σ[ξ]t ) per ogni t ∈ [−, ].

Ora, fissato il campo di vettori ξ, consideriamo la funzione ψ : [−, ] → R:

ψ(t) = Area(Σ[ξ]t ).

Si verifica che ψ `e differenziabile; poich´e t = 0 `e un punto di minimo di ψ, si ha necessariamente ψ0(0) = 0. Dunque concludiamo che

Lemma 2. Se Σ0 ha area minima tra tutte le superfici di Sγ allora, per ogni campo di vettori ξ normali a Σ0 e nulli su γ, si ha:

d

dt|t=0Area(Σ[ξ]t ) = 0.

Ora osserviamo che un vettore normale a Σ0 nel punto x0 ∈ Σ0 `e un multiplo del versore normale N (x0) alla superficie in x0. Dunque un campo di vettori normali a Σ0 si scrive:

ξ(x) = φ(x)N (x)

dove φ(x) `e una funzione su Σ0. Il prossimo lemma sar`a dimostrato nella sezione che segue.

Lemma 3. Sia ξ = φN . Allora d

dt|t=0Area(Σ[ξ]t ) = −2 Z

Σ0

φH dΣ0 dove H `e la curvatura media di Σ0.

• Notiamo che se H = 0 ovunque, allora la derivata a primo membro della relazione

`

e nulla per ogni variazione a un parametro di Σ0. Questo si esprime dicendo che una superficie minimale `e un punto critico del funzionale area.

Dimostriamo ora il teorema. Se Σ0 minimizza l’area in Sγ allora, per il lemma 2 e il lemma 3 si ha:

Z

Σ0

φH dΣ0 = 0

per ogni funzione differenziabile φ su Σ0, nulla al bordo. Ma si dimostra facilmente che questo succede solo se H = 0 in tutti i punti di Σ0. Quindi Σ0 `e minimale.

(3)

1.1 Dimostrazione del lemma 3 Ricordiamo che

Σ[ξ]t = ft(Ω), dove ft `e la parametrizzazione ft: Ω → R3 definita da

ft(u, v) = f (u, v) + tφ(u, v)N (u, v) e che scriveremo semplicemente:

ft= f + tφN.

Se g(t) `e la prima forma fondamentale di ft (notare che g(t) `e una matrice dipendente da u, v) allora:

ψ(t) .

= Area(Σ[ξ]t ) = Z

pdet g(t) dudv.

Dobbiamo quindi calcolare ψ0(0). Poich`e l’integrale a destra esiste finito per ogni t, si ha:

ψ0(t) = d dt

Z

pdet g(t) dudv

= Z

d dt

pdet g(t) dudv

= Z

1 2pdet g(t)

d

dtdet g(t) dudv dunque:

ψ0(0) = Z

1 2√

det g

d

dt|t=0det g(t) dudv,

dove g `e la prima forma fondamentale di Σ0. Rimane dunque da calcolare d

dt|t=0det g(t).

Ora: 





∂ft

∂u = ∂f

∂u + t∂φ

∂uN + tφ∂N

∂u

∂ft

∂v = ∂f

∂v + t∂φ

∂vN + tφ∂N

∂v Indichiamo con gij(t) gli elementi della matrice g(t). Si ha:

g11(t) = h∂ft

∂u,∂ft

∂ui

= h∂f

∂u,∂f

∂ui + 2t∂φ

∂uh∂f

∂u, N i + 2tφh∂f

∂u,∂N

∂ui + t2A11 dove

A11=∂φ

∂u

2

+ φ2|∂N

∂u|2+ 2φ∂φ

∂uhN,∂N

∂ui.

(4)

Ora

h∂f

∂u,∂f

∂ui = g11, h∂f

∂u, N i = 0, h∂f

∂u,∂N

∂ui = −h∂2f

∂u2, N i = −l11. Dunque:

g11(t) = g11− 2t φ l11+ t2A11= g11− 2t φ l11+ O(t2),

dove O(t2) `e una funzione del tipo: O(t2) = t2h(t), con h(t) funzione differenziabile; dun- que tale funzione, insieme con la sua derivata prima, si annulla per t = 0. Analogamente si dimostra che:

g12(t) = g12− 2t φ l12+ O(t2), g22(t) = g22− 2t φ l22+ O(t2).

Ora

det g(t) = g11(t)g22(t) − g12(t)2.

Dovendo calcolarne la derivata prima, siamo interessati soltanto al coefficiente di t nell’e- spressione di det g(t). Ora si ha:

det g(t) = det g − 2tφ

g11l22+ g22l11− 2g12l12

+ O(t2) Dunque:

d

dt|t=0det g(t) = −2φ

g11l22+ g22l11− 2g12l12 . Ricordiamo che

H = 1

2 · l11g22+ l22g11− 2l12g12 g11g22− g122 da cui si ricava

g11l22+ g22l11− 2g12l12 = 2H det g.

In conclusione:

d

dt|t=0det g(t) = −4φH det g.

Sostituendo nella precedente espressione di ψ0(0) vediamo che:

ψ0(0) = −2 Z

φHp

det g dudv

= −2 Z

Σ0

φH dΣ0 e la dimostrazione `e completa.

(5)

2 Geodetiche

In questa sezione definiremo le geodetiche di una superficie come curve parametrizzate dall’ascissa curvilinea la cui accelerazione `e un vettore ovunque normale alla superficie (quindi tali che la componente tangenziale dell’accelerazione `e nulla).

Queste curve hanno un’importante propriet`a variazionale, che si pu`o riassumere cosi’. Dati due punti p, q della superficie, consideriamo l’insieme Γ(p, q) di tutte le curve α : [a, b] → Σ contenute in Σ e tali che α(a) = p, α(b) = q. Allora, se p e q sono sufficientemente vicini, si pu`o dimostrare che esiste un’unica curva γ ∈ Γ(p, q) che ha lunghezza minima tra tutte le curve di Γ(p, q); inoltre, tale curva `e una geodetica. In altre parole, almeno localmente, le geodetiche generalizzano una ben nota propriet`a delle rette del piano: quella di essere curve di lunghezza minima.

Il problema sar`a dunque il seguente: data una superficie Σ, determinare esplicitamente tutte le sue curve geodetiche. Il problema `e ricondotto a un’equazione differenziale del secondo ordine per ciascuna delle componenti di γ, e data una parametrizzazione regolare della superficie l’equazione differenziale delle geodetiche si scriver`a in funzione delle entrate della prima forma fondamentale e delle sue derivate.

Chiudiamo questa introduzione esplicitando il ruolo della prima forma fondamentale nel calcolo della lunghezza di una curva.

Sia dunque α : [a, b] → Σ un’arco di curva contenuto in Σ: allora α(t) = f (γ(t)), dove γ(t) `e una curva in Ω; allora

α(t) = f (u(t), v(t))

dove u(t), v(t) sono le componenti di γ(t). Si verifica immediatamente che α0(t) = u0(t)fu+ v0(t)fv, dunque

0(t)|2 = g11u0(t)2+ 2g12u0(t)v0(t) + g22v0(t)2

dove si intende che gij sono le componenti della prima forma fondamentale calcolate in u(t), v(t). Otteniamo:

Proposizione 4. Sia γ(t) =u(t) v(t)



(dove t ∈ [a, b]) una curva regolare nel dominio Ω.

Allora la lunghezza della curva α = f ◦ γ immagine di γ tramite f , `e:

Lba(α) = Z b

a

pg11u0(t)2+ 2g12u0(t)v0(t) + g22v0(t)2dt.

2.1 Definizione di geodetica

Lemma 5. Sia Σ una superficie regolare, e p ∈ Σ. Un vettore ξ dello spazio R3 ammette un’unica decomposizione ortogonale:

ξ = ξT + hξ, N iN

dove ξT ∈ TpΣ `e detta componente tangenziale, mentre hξ, N iN `e detta componente normale.

(6)

Dimostrazione. Fissato un punto p ∈ Σ e una base (E1, E2) del piano tangente TpΣ, osserviamo che la terna (E1, E2, N ) `e una base di R3. Se ξ `e un vettore dello spazio, possiamo scrivere

ξ = aE1+ bE2+ cN,

per opportuni scalari a, b, c. Ora N `e il versore normale a Σ in p, dunque hN, Eii = 0 per i = 1, 2. Prendendo il prodotto scalare ad ambo i membri, otteniamo

c = hξ, N i.

Dunque la decomposizione del lemma vale con ξT = aE1+ bE2.

Sia ora α : [a, b] → Σ una curva contenuta in Σ, e decomponiamo il suo vettore ac- celerazione: α00(t) = (α00)T(t) + hα00(t), N iN. Dal capitolo precedente sappiamo che la componente normale si esprime con la seconda forma fondamentale hα00, N i = II(α0, α0).

Dunque possiamo scrivere:

α00(t) = (α00)T(t) + II(α0(t), α0(t))N.

Definizione 6. Diremo che la curva parametrizzata α `e una geodetica di Σ se (α00)T(t) = 0 per ogni t ∈ [a, b]; se cio`e la componente tangenziale della sua accelerazione `e identica- mente nulla.

Osserviamo le seguenti conseguenze della definizione.

Proposizione 7. Una curva α : [a, b] → Σ `e una geodetica se e solo se per ogni t ∈ [a, b]

si ha:

α00(t) = λ(t)N (1)

dove N `e il versore normale a Σ nel punto α(t), e dove λ(t) = II(α0(t), α0(t)).

Inoltre, se α `e una geodetica, il suo vettore velocit`a α0(t) ha norma costante (cio`e, una geodetica `e sempre parametrizzata proporzionalmente all’ascissa curvilinea).

Dimostrazione. La (1) `e immediata da quanto detto. Ora si ha:

d

dt|α0(t)|2 = 2hα00(t), α0(t)i = 0

poich´e α0(t) `e tangente e α00(t) `e normale. Dunque |α0(t)| `e costante.

(7)

3 Derivazione covariante

Ricordiamo la nozione di derivata di un campo di vettori ξ lungo un vettore tangente Xp ∈ TpΣ:

Xpξ = d

dt|t=0ξ(α(t))

dove α(t) `e una qualunque curva tale che α(0) = p e α0(0) = Xp. Il risultato `e un vettore di R3.

• Se X `e un campo di vettori tangente a Σ, allora ∇Xξ `e un campo di vettori su Σ, che associa a ciascun punto p di Σ il vettore ∇Xpξ di R3.

Notiamo che, se α = α(t) `e una curva su Σ, allora α0 `e un campo di vettori tangente, e risulta, per definizione:

α0ξ = d

dtξ(α(t)).

In particolare

α0α0 = α00.

Questa operazione soddisfa alle seguenti regole. In cio’ che segue, h `e una funzione differenziabile su Σ, Xi `e un campo di vettori tangente e ξi `e un campo di vettori qualunque.

hXξ = h∇Xξ

X(hξ) = (∇Xh)ξ + h∇Xξ

X1+X2ξ = ∇X1ξ + ∇X2ξ

X1+ ξ2) = ∇Xξ1+ ∇Xξ2

X1, ξ2i = h∇Xξ1, ξ2i + hξ1, ∇Xξ2i

(2)

Supponiamo ora che X e ξ siano campi di vettori tangenti a Σ. Poniamo:

TXξ .

= (∇Xξ)T,

la componente tangenziale della derivata di ξ lungo X. Abbiamo la decomposizione:

Xξ = ∇TXξ + h∇Xξ, N iN.

Ora, derivando l’identita hξ, N i = 0 lungo il vettore X otteniamo:

0 = h∇Xξ, N i + hξ, ∇XN i = h∇Xξ, N i − II(X, ξ).

Dunque la decomposizione assume la forma:

Xξ = ∇TXξ + II(X, ξ)N. (3)

(8)

Definizione 8. Dati campi di vettori tangenti X, ξ, il campo di vettori tangenti ∇TXξ `e detto derivata covariante di ξ lungo X. Dunque, l’operazione di derivazione covariante

T si ottiene per proiezione ortogonale della derivata ordinaria sul piano tangente alla superficie.

• Notiamo che, se α = α(t) `e una curva su Σ e se X = α0, allora ∇Tα0ξ `e un campo di vettori tangenti, che scriveremo:

Tα0ξ .

= Dξ dt .

In particolare, se ξ = α0, allora ∇Tα0α0 `e la componente tangenziale dell’accelerazione di α.

Dall’espressione (3) si verifica che la derivata covariante soddisfa le seguenti propriet`a, analoghe a quelle della derivata in R3. Qui h `e una funzione differenziabile su Σ e X, ξ, Xi, ξi sono campi di vettori tangenti:

ThXξ = h∇TXξ

TX(hξ) = (∇Xh)ξ + h∇TXξ

TX

1+X2ξ = ∇TX

1ξ + ∇TX

2ξ

TX1+ ξ2) = ∇TXξ1+ ∇TXξ2

TX1, ξ2i = h∇TXξ1, ξ2i + hξ1, ∇TXξ2i

(4)

3.1 Simboli di Christoffel

Sia ora f : Ω → Σ una parametrizzazione della superficie Σ, che assumeremo iniettiva.

• Nota bene : in questa sezione le coordinate in Ω saranno scritte come (u1, u2) e useremo la seguente notazione:

E1 = ∂f

∂u1, E2 = ∂f

∂u2.

La coppia di campi di vettori tangenti (E1, E2) `e una base di TpΣ in ogni punto p. Ri- cordiamo che la seconda forma fondamentale sui campi di vettori tangenti X, Y `e definita cosi’:

II(X, Y ) = −h∇XN , Y i = hN, ∇XY i, Dunque la matrice l di II nella base (E1, E2) si scrive

lij = hN, ∇EiEji.

In conclusione, la decomposizione (3) sui vettori della base `e:

EiEj = ∇TE

iEj+ lijN.

Ora, in ogni punto, il vettore tangente ∇TE

iEj si scriver`a come combinazione lineare di E1, E2:

TE

iEj = Γ1ijE1+ Γ2ijE2, i, j = 1, 2. (5)

(9)

• I coefficienti Γkij in (5), dove i, j, k = 1, 2 sono detti simboli di Christoffel della parametrizzazione.

Dunque, i simboli di Christoffel permettono di calcolare la derivata covariante di campi di vettori su Σ. Vedremo in seguito come calcolarli; in ogni modo Γkij sono funzioni differenziabili di (u, v) ∈ Ω.

3.2 Derivata covariante di un campo di vettori lungo una curva

Fissata una curva α : [a, b] → Σ e un campo di vettori ξ lungo α, vogliamo ora esprimere la derivata covariante di ξ lungo α = α(t):

dt = ∇Tα0ξ

in funzione dei simboli di Christoffel. Se h = h(t) `e una funzione della variabile t, e ξ `e un campo di vettori lungo α, allora (4) implica:

D

dt(h(t)ξ) = h0(t)ξ + h(t)Dξ dt .

Ora esprimiamo ξ nella base (E1, E2). Esprimendo ξ nella base (E1, E2), si ha ξ = ξ1(t)E1+ ξ2(t)E2

dove i coefficienti ξ(t), ξ2(t) sono funzioni di t. Dunque:

dt = ξ10(t)E1+ ξ1(t)DE1

dt + ξ20(t)E2+ ξ2(t)DE2

dt Ora si ha α(t) = f (γ(t)) = f (u1(t), u2(t)), da cui otteniamo:

α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2. Dunque (vedi (4)):

DEj

dt = ∇Tα0Ej

= u01(t)∇TE

1Ej+ u02(t)∇TE

2Ej

= u01(t)X

k

Γk1jEk+ u02(t)X

k

Γk2jEk

=X

i,k

Γkiju0i(t)Ek.

Sostituendo nell’espressione precedente, otteniamo la seguente proposizione.

(10)

Proposizione 9. La derivata covariante del campo di vettori ξ lungo α(t) = f (u1(t), u2(t))

`

e data da:

dt = ∇Tα0ξ =

2

X

k=1



ξk0(t) +

2

X

i,j=1

Γkiju0i(t)ξj(t)

 Ek.

In particolare, prendendo ξ = α0, si ha la seguente espressione dell’accelerazione tangen- ziale:

00(t))T = Dα0 dt =

2

X

k=1



u00k(t) +

2

X

i,j=1

Γkiju0i(t)u0j(t) Ek, dove Γkij = Γkij(u1(t), u2(t)) sono i simboli di Christoffel.

4 Equazioni delle geodetiche

Ricordiamo che una geodetica `e una curva α su Σ la cui accelerazione tangenziale `e nulla.

Dunque per il calcolo precedente abbiamo:

Proposizione 10. La curva

α(t) = f (u1(t), u2(t))

`

e una geodetica sull’intervallo t ∈ [a, b] se e solo se le componenti u1(t), u2(t) soddisfano il sistema di equazioni differenziali:













u001(t) +

2

X

i,j=1

Γ1iju0i(t)u0j(t) = 0

u002(t) +

2

X

i,j=1

Γ2iju0i(t)u0j(t) = 0

(6)

dove Γkij = Γkij(u1(t), u2(t)) sono i simboli di Christoffel della parametrizzazione.

Come conseguenza di questo calcolo, e della teoria dei sistemi di equazioni lineari, otte- niamo il seguente teorema di esistenza e unicit`a (locale) delle geodetiche di una superficie.

Teorema 11. Sia Σ una superficie parametrizzata da f : Ω → R3. Fissiamo un punto p ∈ Σ e un vettore tangente X ∈ TpΣ. Allora esiste  > 0 e una geodetica αX : [−, ] → Σ tale che αX(0) = p, α0X(0) = X. Inoltre, tale geodetica `e unica.

Quindi, fissati un punto p e una direzione ξ (vettore tangente alla superficie, di modulo unitario), esiste un’unica geodetica αξ che origina nel punto p e ha vettore velocit`a, in quel punto, prescritto da ξ. Sappiamo che ogni geodetica ha vettore velocit`a di modulo costante: quindi, se ξ ha modulo unitario, αξ sar`a parametrizzata dall’ascissa curvilinea.

Se X ha modulo c > 0, allora il vettore ξ = 1cX ha modulo unitario; `e chiaro che αX e αξ

(11)

originano in p e hanno la stessa traccia. Tale traccia `e percorsa con velocit`a unitaria da αξ e con velocit`a costante, pari a c, da αX.

Per la dimostrazione del teorema, supponiamo che p = f (x1, x2) e X = a1E1(p) + a2E2(p).

Dalla teoria delle equazioni differenziali, esiste una soluzione (u1(t), u2(t)) del sistema di equazioni differenziali (6), con dato iniziale

(u1(0), u2(0)) = (x1, x2), (u01(0), u02(0)) = (a1, a2)

definita in un intervallo [−, ] contenente 0. Inoltre tale soluzione `e unica. `E chiaro allora che la curva α(t) = f (u1(t), u2(t)) soddisfa i requisiti del teorema.

4.1 Calcolo dei simboli di Christoffel

Ricordiamo che i simboli di Christoffel Γkij sono definiti dalle relazioni:

TEiEj =

2

X

k=1

ΓkijEk.

Un calcolo diretto (che non espliciteremo) mostra che, se gij sono le entrate della matrice g−1, allora:

Γkij =

2

X

r=1

grk{ij, r}, (7)

dove {ij, r}, detti simboli di Christoffel di prima specie, sono dati da {ij, r} = hEij, Eri

= 1 2

∂gjr

∂ui +∂gri

∂uj − ∂gij

∂ur



e dove Eij = ∂Ei

∂uj.

Notiamo che Γkij = Γkji. Dunque, si hanno al massimo sei simboli di Christoffel distinti e le relazioni (7) forniscono formule esplicite per il loro calcolo.

4.2 Esempio: formule in una parametrizzazione ortogonale

Supponiamo che la parametrizzazione sia ortogonale (nel senso che hE1, E2i = 0 ovunque).

Allora

g12 = 0, gkk= 1 gkk. Un calcolo mostra:

{11, 1} = 1

2g11,1 {11, 2} = −1

2g11,2 {12, 1} = 1 2g11,2 {12, 2} = 1

2g22,1 {22, 1} = −1

2g22,1 {22, 2} = 1 2g22,2

(12)

Dunque:

Γ111= 1 2g11

g11,1 Γ211 = − 1 2g22

g11,2 Γ112= Γ121= 1 2g11

g11,2 Γ212= Γ221= 1

2g22g22,1 Γ122 = − 1

2g11g22,1 Γ222= 1 2g22g22,2

(8)

Riassumiamo il calcolo nel seguente

Lemma 12. In una parametrizzazione ortogonale (g12 = 0) si hanno le relazioni (8), ovvero:

Γkik = 1 2gkk

∂gkk

∂ui

per ogni i, k Γkii= − 1

2gkk

∂gii

∂uk per ogni i 6= k

Applichiamo il calcolo alla situazione in cui la prima forma fondamentale, oltre a essere diagonale (g12 = 0) `e tale che g22 = 1 e g11 dipende solo da u2. Parametrizzazioni di questo tipo sono importanti, e includono le superfici di rotazione.

Teorema 13. Supponiamo che la prima forma fondamentale sia del tipo g(u1, u2) =g11(u2) 0

0 1

 . Allora i simboli di Christoffel non nulli sono solo due:

Γ211 = −1

2g11,2, Γ112 = 1 2g11g11,2 e le equazioni delle geodetiche sono:

(u001 + 2Γ112u01u02 = 0

u002 + Γ211(u01)2 = 0 ovvero





u001 +g11,2

g11 u01u02 = 0 u002 −1

2g11,2(u01)2 = 0 Infine, se α(t) `e una curva su Σ e se µ(t) = hα0(t), E1i, allora:

µ0(t) = hDα0 dt , E1i.

Dimostrazione. Occorre dimostrare solo l’ultima affermazione. Se α(t) = f (u1(t), u2(t)) allora α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2 quindi:

µ(t) = u01(t)g11(u2(t)).

(13)

Derivando otteniamo:

µ0(t) = u001g11+ g11,2u01u02 = g11

u001+ g11,2 g11

u01u02 . Per definizione:

0 dt =

u001+ g11,2 g11 u01u02

E1+ u002− 1

2g11,2(u01)2 E2, da cui

hDα0

dt , E1i =

u001 +g11,2 g11 u01u02



g11= µ0(t).

4.3 Superfici di rotazione Parametrizzazione:

f (u, v) =

φ(u2) cos u1 φ(u2) sin u1

ψ(u2)

, (u1, u2) ∈ (−π, π) × (a, b). (9)

La curva profilo (anche detta generatrice) nel piano xz `e α(u2) =

 φ(u2)

0 ψ(u2)

, e Σ si ottiene per rotazione di α intorno all’asse z.

• Assumeremo α parametrizzata dall’ascissa curvilinea, quindi dφ du2

2

+dψ du2

2

= 1 per ogni u2 ∈ (a, b).

La prima forma fondamentale della parametrizzazione `e g =φ(u2)2 0

0 1

 ,

ed `e del tipo specificato in precedenza, con g11(u2) = φ(u2)2. Le equazioni delle geodetiche sono:





u001+ 2 φ

du2u01u02 = 0 u002− φ dφ

du2(u01)2 = 0

(10)

• Verifichiamo, ancora una volta, che i meridiani, parametrizzati dall’ascissa curvilinea, sono geodetiche. Le equazioni

 u1 = c u2 = t

(14)

dove c `e una costante, parametrizzano il meridiano u1 = c, cosicch´e α(t) = f (c, t). Poich´e u01 = 0, u02 = 1, risulta che α0 ha modulo:

0|2 = g11(u01)2+ 2g12u01u02+ g22(u02)2 = 1

dunque α `e parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Si vede immediatamente che u1 = c, u2 = t

`

e una soluzione di (10), dunque una geodetica per ogni c.

• Vediamo infine quali paralleli sono geodetiche. Ricordiamo che φ(u2) `e la distanza dall’asse di rotazione.

Proposizione 14. Il parallelo u2 = c `e una geodetica se e solo se dφ

du2

(c) = 0, cio`e se e solo se c `e un punto critico della funzione φ.

Dimostrazione. Parametrizziamo il parallelo u2 = c nel modo che segue:

 u1 = t u2 = c.

Dato che u01 = 1, u02 = 0, la curva immagine α(t) = f (t, c) ha vettore velocit`a tale che

0(t)|2 = φ(c)2+ 1, dunque di modulo costante. Ne segue che α `e una geodetica se e solo se  u1 = t

u2 = c `e una soluzione di (10). Ma si vede che ci`o accade se e solo se dφ

du2(c) = 0.

5 Teorema di Clairaut

Abbiamo il seguente teorema, noto come Teorema di Clairaut.

Teorema 15. Sia Σ una superficie di rotazione, parametrizzata come in (9), e sia α : I → Σ una geodetica di Σ parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Poniamo:

ρ(t) = distanza di α(t) dall’asse di rotazione (asse z), θ(t) = angolo tra α0(t) e il parallelo passante per α(t) (θ(t) si intende acuto: θ(t) ∈ [0,π2]). Allora la funzione

µ(t) = ρ(t) cos θ(t)

`

e costante sull’intervallo I.

(15)

Dimostrazione. Notiamo che ρ(t) = φ(u2(t)). Ora il vettore E1 `e tangente al parallelo, e α0 ha modulo unitario per ipotesi. Dunque

cos θ(t) = |hα0(t), E1

|E1|i|.

Ora φ2 = g11= |E1|2 dunque ρ(t) = φ = |E1| e risulta:

µ(t) = |hα0(t), E1i|.

E sufficiente dimostrare che hα` 0(t), E1i `e costante, dunque supporremo per semplicit`a µ(t) = hα0(t), E1i. Per il Teorema 13:

µ0(t) = hDα0 dt , E1i

e quindi µ0(t) = 0 poiche’ per ipotesi α `e una geodetica (Dα0 dt = 0).

Potevamo anche procedere direttamente. Siccome α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2 abbiamo che µ(t) = hu01(t)E1+ u02(t)E2, E1i = u01(t)|E1|2 = u01(t)φ(u2(t))2,

che scriveremo semplicemente µ = u01φ2, sottintendendo la dipendenza da t. Ora d

dtφ(u2(t))2 = 2φ(u2(t))dφ

du2(u2(t))u02(t).

Dunque

µ0 = u001φ2+ 2φdφ

du2u01u02 = φ2 u001 + 2

φ dφ du2u01u02 che vale zero per la prima relazione in (10).

5.1 Esempio

Esercizio. Consideriamo la curva α del piano xz definita dal seguente grafico:

x = z4− 2z2+ 2,

e sia Σ la superficie ottenuta ruotando α intorno all’asse z. La parametrizzazione `e

f (u, v) =

φ(v) cos u φ(v) sin u

v

 dove φ(v) = v4− 2v2+ 2.

a) Determinare i paralleli che sono geodetiche.

(16)

b) Sia Γ il parallelo z = 0, e sia p un punto qualunque di Γ. Si consideri la geodetica γ = γ(s), parametrizzata dall’ascissa curvilinea, tale che:

γ(0) = p, γ0(0) = X,

dove X `e diretto nel verso delle z crescenti, e forma un angolo θ0 ∈ [0, π/2] con Γ. Sia S la striscia

S = {−1 ≤ z ≤ 1}.

Determinare i valori di θ0 per i quali γ(s) ∈ S per ogni s ∈ [0, ∞).

Soluzione. La funzione φ(v) misura la distanza dall’asse di rotazione (l’asse z). Uno studio del suo grafico mostra che i punti critici di φ(v) (le radici di φ0(v) = 4v3− 4v) sono v1 = 0 (massimo locale φ(v1) = 2), e v2, 3 = ±1 (minimi assoluti φ(vi) = 1). Inoltre φ(v) tende a +∞ quando v → ±∞. Dunque :

• i soli paralleli che risultano geodetiche sono Γ = {z = 0}, Γ1 = {z = 1}, Γ2 = {z =

−1}. In particolare il bordo di S, che consiste dei paralleli Γ1e Γ2, `e formato da geodetiche.

Per rispondere alla parte b), usiamo il teorema di Clairaut:

ρ(s) cos θ(s) = c

dove c `e costante; poiche’ ρ(0) = 2 (il raggio di Γ), e θ(0) = θ0, otteniamo ρ(s) cos θ(s) = 2 cos θ0

per ogni s. Ora abbiamo ovviamente γ(0) ∈ S; se γ uscisse da S, allora esisterebbe s0 tale che γ(s) ∈ Γ1 oppure γ(s) ∈ Γ2. In entrambi i casi ρ(s0) = 1, dunque cos θ(s) = 2 cos θ0, e poich´e cos θ(s0) ≤ 1 otteniamo

2 cos θ0 ≤ 1 ovvero

θ0 ≥ π 3. Ne segue che, se θ0 < π

3, allora γ non esce mai da S. Vediamo cosa succede nel caso in cui γ(s0) ∈ Γi e θ0 = π3. Allora, necessariamente, θ(s0) = 0 dunque γ `e tangente al parallelo Γi: ma questo `e impossibile, poiche’ se p `e il punto di tangenza allora avremmo due geodetiche (γ e Γi) uscenti da p e aventi la stessa direzione in p, e questo contraddice la proprieta’ di unicita’ di cui al precedente teorema. Dunque γ non raggiunge mai Γi.

• Conclusione: se θ0π3 allora γ non esce da S (in realt`a, `e interamente contenuta nella striscia aperta {−1 < z < 1}).

Si pu`o dimostrare che vale anche il viceversa, cio`e che, se θ0 > π3 allora γ uscira’ in un tempo finito dalla striscia S senza mai farvi ritorno; piu’ precisamente, se θ0 > π3 allora la quota (terza coordinata) di γ(t) `e una funzione crescente di s, che tende a +∞ quando s → ∞.

(17)

5.2 Teorema di Clairaut inverso

Possiamo invertire il teorema di Clairaut ? In altre parole, `e vero che, se α : I → Σ `e una curva parametrizzata dall’ascissa curvilinea e µ(t) `e costante su α, allora necessariamente α `e una curva geodetica ?

In generale la risposta `e no: per costruire un controesempio, basta osservare che un qualunque parallelo (parametrizzato dall’a.c.) ha µ(t) costante, pari alla distanza dall’asse di rotazione (che `e costante su ogni parallelo). Dunque basta prendere un parallelo che non sia una geodetica. La proposizione che segue mostra per`o che, se µ(t) `e costante su α, e se α soddisfa una certa condizione di trasversalit`a, allora α `e una geodetica.

Proposizione 16. Sia Σ una superficie di rotazione, e α : I → Σ una curva parametriz- zata dall’ascissa curvilinea. Supponiamo che µ(t) sia una funzione costante su α e che, dato comunque un parallelo Γ, l’insieme:

{t ∈ I : α(t) ∈ Γ}

non contenga alcun alcun sottointervallo di I. Allora α `e una geodetica.

• In particolare, se α interseca un qualunque parallelo in al pi`u un numero finito di punti, e se µ(t) `e costante, allora α `e una geodetica.

• Ad esempio, un’elica (a passo positivo) di un cilindro circolare retto incontra ogni singolo parallelo in un solo punto, dunque la condizione di trasversalit`a `e verificata. Poich´e la distanza dall’asse `e costante, e l’angolo con cui un’elica incontra i paralleli `e sempre lo stesso, µ(t) `e costante e quindi tutte le eliche sono geodetiche.

Dimostrazione. Sappiamo dal Teorema 13 che µ0(t) = hDα0

dt , E1i, dunque per ipotesi hDα0

dt , E1i = 0.

Basta dimostrare che, sotto le ipotesi della proposizione, si ha hDα0

dt , E2i = 0: allora Dα0

dt = 0 e α `e una geodetica. Siccome α `e parametrizzata dall’ascissa curvilinea, si avra’ hα0, α00i = 0, dunque anche hα0,Dα0

dt i = 0, poiche’ Dα0

dt `e la parte tangenziale di α00. Allora:

0 = hα0,Dα0 dt i

= hu01E1+ u02E2,Dα0 dt i

= u02hE2,Dα0 dt i

= u02ψ

(18)

dove si `e posto ψ(t) = hE2,Dα0

dt i. Supponiamo che, in un punto t0, si abbia ψ(t0) 6= 0;

allora, per continuit`a, ψ(t) `e non nulla in un sottointervallo J di I e, su J , risulter`a u02 = 0.

Allora, su J , la funzione u2 sar`a costante, uguale a c. Ma questo, per ipotesi, non pu`o accadere, altrimenti α(t) : J → Σ sarebbe interamente contenuta nel parallelo u2 = c.

Dunque ψ(t) = 0 su I e α `e una geodetica.

6 Esercizi

Esercizio 1. Si consideri la mappa f : Ω → R3:

f (u, v) =

R cos v cos u R cos v sin u

R sin v

 dove Ω = (0, 2π) × (−π2,π2).

a) Verificare che f parametrizza una porzione della sfera S2(R) di centro l’origine e raggio R: quale ? (in altre parole, determinare l’immagine di f ).

b) Verificare che f `e regolare (la matrice jacobiana di f ha rango 2) e iniettiva (vale a dire, f (u, v) = f (u0, v0) implica v = v0).

c) Scrivere la matrice g della prima forma fondamentale.

d) Calcolare il versore normale N della parametrizzazione e determinare la matrice l della seconda forma fondamentale.

e) Determinare la matrice w dell’operatore di Weingarten, e osservare che le curvature principali sono costanti e uguali tra loro.

Esercizio 2. Si consideri la superficie Σ (ellissoide di rotazione):

x2 a2 + y2

a2 +z2 b2 = 1,

ottenuto ruotando l’ellisse di equazione xa22 + zb22 = 1 intorno all’asse z.

a) Verificare che le sezioni piane ottenute come intersezione dell’ellissoide con i piani coordinati x = 0, y = 0, z = 0 sono tutte geodetiche (se parametrizzate dall’ascissa curvilinea).

b) Enunciare il Teorema di Clairaut per le geodetiche su una superficie di rotazione.

c) Sia γ1 = Σ ∩ {z = 0} la geodetica ottenuta come intersezione di Σ con il piano xy.

Sia p = (a, 0, 0) un punto di γ1, e sia α la geodetica di Σ uscente da p, orientata nel verso delle z crescenti, e che forma un angolo di π/3 con γ1. Determinare il valore minimo che pu`o assumere la distanza di α(t) dall’asse z, e inoltre il valore massimo che puo’ assumere la quota di α(t) (ovvero, la sua terza coordinata).

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