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Siria e Iraq: Non lasciamoli soli - L’impegno della Chiesa per il Medio Oriente

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Academic year: 2022

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Siria e Iraq: Non lasciamoli soli - L’impegno della Chiesa per il Medio Oriente

Abbiamo scelto di usare lo slogan “Non lasciamoli soli” perché crediamo importante come cristiani testimoniare il nostro esserci, il nostro non lasciar soli le popolazioni del Medio Oriente che stanno vivendo, ormai da anni, il dramma della guerra, dell’abbandono, della fuga e della cacciata.

Come in tutte le emergenze le luci della comunicazione si accendono e si spengono con grande velocità, funzionali al nostro bisogno di notizie piuttosto che al raccontare il dramma di famiglie e comunità a cui è tolta la possibilità di vivere e di costruire un futuro.

Bambini, donne, anziani ed uomini che non hanno scelto la guerra ma ne stanno vivendo le drammatiche conseguenze, senza più una casa, una terra, una patria.

Dentro un orizzonte in cui è difficile immaginare un futuro per sè, per la propria famiglia, per la propria comunità.

Qualcuno tenta di uscire, di trovare la strada per ritornare a sperare, ma il mare, i muri, i fili spinati, le scelte politiche e il rifiuto di tanti continua a condannare la maggior parte di loro a rimanere lì, nel dramma della solitudine e dell’abbandono.

Noi, come Chiesa, come comunità di cristiani abbiamo scelto in modi e forme diverse di dare una risposta a questo bisogno di speranza e di futuro di milioni di sfollati che la guerra non l’hanno voluta.

Tante le iniziative attivate dalla comunità cristiana in Siria, Libano, Giordania, Turchia, nel Kurdistan iracheno, piccoli scintille di luce, segni speranza per ridare sorriso e serenità, per provare a costruire scenari possibili in un contesto incerto e in continua evoluzione.

Noi come chiesa continueremo ad esserci e a non lasciarli soli.

Ma abbiamo il dovere di chiedere alla comunità politica italiana, europea ed internazionale di assumersi la responsabilità di ridare un futuro di pace e di speranza all’intero Medio Oriente.

Con Papa Francesco sosteniamo che occorre fronteggiare questa terza guerra mondiale fatta a pezzi, con più dialogo, solidarietà, impegno per il bene comune, rifiutando la logica della violenza e della discriminazione e del settarismo etnico religioso.

Chiediamo sia ai politici siriani che iracheni il coraggio di costruire in modo democratico e non violento nuovi scenari politici per i propri Paesi dove ci sia la valorizzazione ed il rispetto per le diverse identità politiche, etniche e religiose presenti nei Paesi stessi.

Chiediamo all’ISIS di abbandonare la logica della guerra, di liberare le popolazioni, donne e bambini, di accogliere nei loro cuori il messaggio di amore e tolleranza della migliore tradizione islamica.

Chiediamo ai diversi poteri regionali, Arabia Saudita, Iran e Turchia, tra gli altri, di rispettare l’autodeterminazione dei popoli e di sostenere le misure di pacificazione e non di guerra. Ai poteri mondiale, USA e Russia, di applicare un competo e durature cessate il fuoco in Siria e di sostenere gli sforzi dell’inviato speciale dell’ONU Staffan de Mistura per un dialogo di pace forte e strutturato.

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Chiediamo all’Europa coerenza tra la politica estera e di sicurezza dell’UE e dei suoi paesi membri e rispetto del diritto prioritario alla protezione internazionale negli scenari di conflit- to e per i rifugiati. Non è accettabile che in nome della sicurezza si alzino muri e si stendano fili spinati, abbandonando e rifiutando chi è costretto a vivere d’insicurezza, creando sacche di nuovi esclusi.

Chiediamo una politica di insieme capace di integrare e conciliare il diritto a rimanere nella propria terra con quello alla mobilità e all’accoglienza. Una politica in grado di costruire a garantire le condizioni per una vita umanamente decente. Di fronte alla tragedia umanitaria e politica del Medio Oriente occorre salvaguardare la dignità dell’uomo.

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