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“la chirurgia gentile”

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Academic year: 2022

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NOTE INFORMATIVE PRE INTERVENTO ENDOMETRIOSI PELVICA

L’endometriosi è una malattia cronica benigna che colpisce prevalentemente l’apparato genitale interno e, più raramente, può avere altre localizzazioni.

Nelle donne affette da questa patologia, l’endometrio (la mucosa dell’utero, che mensilmente matura e si sfalda dando la mestruazione) per motivi ancora oggetto di studio si trova anche al di fuori dell’utero (endometrio ectopico); tipicamente nelle ovaie, sul peritoneo pelvico (la sottile membrana che riveste internamente tutti gli organi addominali), sulle tube, sui legamenti di sostegno dell’utero (legamenti utero-sacrali).

Anche l’endometrio ectopico risponde allo stimolo ormonale ovarico ciclico maturando progressivamente. A differenza dell’endometrio tipico, non avendo una via d’uscita, si accumula all’interno dell’addome organizzandosi in cisti ovariche, “cisti cioccolato” per il loro colore, o stratificandosi sul peritoneo pelvico (foci endometriosici peritoneali) con varia estensione e profondità.

La sede della patologia determina la sintomatologia, che peggiora nel caso di lesioni profonde (per il coinvolgimento delle terminazioni nervose) divenendo causa di dolore cronico anche molto invalidante e altrimenti non spiegabile.

I sintomi tipici sono:

- dismenorrea: dolore durante le mestruazioni difficile da controllare con i comuni analgesici

- dispareunia: dolore profondo durante i rapporti sessuali se la localizzazione è sui legamenti utero-sacrali o sul setto retto-vaginale (il tessuto tra retto e vagina) - dischezia: dolore durante la defecazione, se la malattia interessa l’intestino o il

setto retto-vaginale

- disuria: dolore durante la minzione se la malattia interessa lo spazio vescico- uterino o il peritoneo vescicale

- dolore pelvico cronico: dolore similmestruale, ma che non si avverte solo durante il ciclo, crampiforme, tipico della localizzazione peritoneale diffusa.

- sterilità: se la malattia coinvolge le tube distorcendone il percorso e quindi la funzione

Il medico pone la diagnosi sulla base dei sintomi, della visita ginecologica, dell’ecografia pelvica transvaginale.

U.L.S.S. n. 7 Pedemontana Dipartimento chirurgico U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia

direttore dott. Marcello Scollo

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La terapia può essere:

- medica: pillola anticoncezionale a base di ormoni estro-progestinici. Con l’assunzione della pillola l’ovaio è a riposo, non c’è un ciclo ormonale, e quindi l’endometrio endouterino non matura e darà luogo ad una pseudo-mestruazione nei giorni di sospensione, quello ectopico ugualmente non prolifera e quindi si attenuano i sintomi.

- chirurgica: quando la terapia medica non controlla i sintomi, quando si vogliono associare indagini sulla sterilità, quando la malattia è giudicata in stadio avanzato e necessita di “pulizia chirurgica”.

L’intervento sarà con accesso laparoscopico, significa che il chirurgo ginecologo che lo esegue non taglia la pancia, ma ci entra attraverso 3 o 4 incisioni da 5 mm.

Esegue prima di tutto un’incisione da 5 mm alla base dell’ombelico, in questa sede introduce una telecamera (laparoscopio) che permette di analizzare tutti gli organi addominali, poi esegue altre due o tre incisioni nella parte bassa dell’addome attraverso le quali vengono introdotti in addome gli strumenti che permettono di lavorare all’interno di una pancia che resta chiusa.

L’addome viene poi gonfiato con del gas apposito in modo da sollevare la parete addominale e creare lo spazio che permette i gesti chirurgici.

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Il ginecologo vede le immagini raccolte dalla telecamera su uno schermo davanti a se’

dove gli organi addominali vengono magnificati cioè l’ingranditi e arricchiti di dettagli anatomici non visibili ad occhio nudo.

L’anestesia è sempre generale.

L’obiettivo da ottenere con questa tecnica chirurgica può essere estetico: piccole incisioni anziché tagli, ma deve essere soprattutto funzionale.

Avendo ridotto il trauma chirurgico a minime incisioni il dolore postoperatorio è minimo e la ripresa delle normali funzioni (funzione urinaria e intestinale) deve essere molto veloce.

La chirurgia laparoscopica viene infatti chiamata anche

“la chirurgia gentile”

perché permette un’ottima visione, e quindi permette di rispettare le strutture sane e utili come vasi sanguigni e piccoli filamenti nervosi che circondano le strutture malate da asportare.

Chirurgia “gentile o miniinvasiva” non significa facile, o parziale, anzi è un tipo di chirurgia molto complessa che esige uno sforzo ed un addestramento importante e costante da parte del chirurgo, ma è

sempre la prima scelta dei chirurghi che lavorano in questo reparto,

per le irrinunciabili

ricadute positive sulla qualità della degenza e della convalescenza.

Non significa nemmeno chirurgia priva di rischi o complicanze, che sono meno frequenti della chirurgia tradizionale, ma non assenti, e riassumibili nelle seguenti percentuali

Emorragia intra o post-operatoria Basso 1%

(possibilità di emotrasfusione, conversione laparotomica = apertura dell’addome o reintervento)

Perforazione uterina Basso 1%

Lesione ureterale Molto basso < 1%

Peritonite Molto basso < 1%

Lesione vescicale Molto basso < 1%

Lesione intestinale con peritonite Molto basso < 1%

Lesione di un grosso vaso arterioso o venoso Rarissimo < 1‰

Rischio anestesiologico Rarissimo < 1‰

L’intervento varia a seconda delle indicazioni:

- laparoscopia diagnostica con eventuale cromosalpingoscopia e asportazione di foci endometriosici superficiali peritoneali

- asportazione laparoscopica di cisti endometriosica: le ovaie vengono mobilizzate e si sciolgono eventuali aderenze presenti tra ovaie, tube e parete pelvica come spesso succede nel caso di questa malattia. La parete della cisti viene strappata (stripping) dall’ovaio che la ospita ed estratta dai fori addominali in appositi sacchetti di materiale plastico. L’ovaio residuo viene coagulato o suturato per evitare successivi sanguinamenti. A volte la cisti è così grande, o così tenacemente adesa all’ovaio che per asportarla è necessario sacrificare l’ovaio

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stesso (ovariectomia/annessiectomia) diminuendo di conseguenza il patrimonio follicolare (numero di ovociti) della paziente.

- nei casi in cui la malattia interessi il setto retto-vaginale, l’intestino, la vescica o il tratto pelvico dell’uretere, l’intervento è molto più complesso e può richiedere un’equipe plurispecialistica (presenza di sala operatoria di urologo e/o chirurgo). In particolare:

o se è interessato il setto retto-vaginale e il nodo endometriosico si sviluppa più verso la vagina infiltrando poco o per niente il retto (condizione verificabile con RMN pelvica anche con contrasto) la sua asportazione può avvenire per via vaginale. Si incide la parete vaginale, si asporta il nodo con attenzione a non lesionare il retto sottostante, si risutura.

o se invece la RMN pelvica evidenzia una infiltrazione del retto l’accesso è addominale. L’intervento consiste nell’asportazione del nodo con massima cura alla conservazione dell’integrità rettale e alla preservazione dell’innervazione pelvica. La lesione del retto è possibile, può comportare la necessità di una sua semplice sutura, fino al confezionamento di una stomia temporanea di protezione (= abboccamento dell’intestino alla cute addominale per evitare che le feci passino attraverso il tratto lesionato). A circa 3 mesi dall’intervento viene ricostruita la naturale continuità intestinale con un secondo intervento

o se la malattia interessa l’intestino tenue il chirurgo può intervenire con resezione intestinale (=asportazione del tratto di intestino coinvolto) con successiva anastomosi intestinale (=avvicinamento dei 2 monconi con apposita sutura) o stomia di protezione (come sopra)

o se l’endometriosi coinvolge la vescica l’urologo presente in sala operatoria può eseguire una resezione vescicale (=asportazione del tratto di vescica malato) con successiva sutura. Durante il decorso postoperatorio la paziente dovrà portare il catetere vescicale fino a verificata guarigione della sutura.

o se l’endometriosi coinvolge l’uretere l’urologo interviene liberandolo da aderenze e resecando il tratto malato con successiva ricostruzione della continuità ureterale. Il decorso postoperatorio comporta uno stretto monitoraggio urologico per verificare la ripresa della funzionalità ureterale senza che subentri un danno renale.

In questi casi la degenza e la convalescenza sono molto personalizzate e mediamente più lunghe.

A circa 30 giorni dall’intervento un medico visiona l’esito dell’esame istologico e la convocherà in reparto solo nel caso siano necessari ulteriori approfondimenti o cure. Il referto istologico verrà incluso nel suo dossier sanitario.

Se l’esame istologico conferma la diagnosi di endometriosi è possibile che il curante consigli di proseguire il trattamento con terapia medica, mediante l’uso della pillola anticoncezionale, o altri farmaci.

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Alcune note organizzative sull’intervento:

Dopo la prenotazione verrà contattata per fare tutti gli esami preoperatori, e la compilazione della cartella clinica e del consenso informato sia con il ginecologo che con l’anestesista.

Il ricovero sarà la mattina stessa dell’intervento.

A distanza di poche ore dalla fine dall’intervento (dipendentemente dal tipo e durata dell’ intervento subito) sarà invitata dalle infermiere di reparto a sedersi sul letto, poi a scendere e recarsi al bagno, se non avrà nausea o vomito potrà iniziare a bere e poi ad alimentarsi, la notte non avrà bisogno di assistenza (salvo casi eccezionali da concordare con il personale infermieristico).

A casa è invitata a riprendere da subito una vita normale, potrà fare la doccia da subito e non dovrà tornare in reparto per la rimozione dei punti di sutura. Alla dimissione le verranno ripetute e scritte tutte le informazioni utili per la convalescenza.

Questo tipo di intervento richiede sempre profilassi antitrombotica: è un fluidificante del sangue che riduce il rischio di trombosi; le viene consegnato alla visita di prericovero assieme alle istruzioni per l’autosomministrazione.

E’ prevista anche la profilassi antibiotica.

Alla dimissione le verrà prenotata la visita di controllo e consegna dell’esame istologico da eseguire dopo 30 giorni dall’intervento e le sarà compilato il certificato per l’astensione dal lavoro

- 3-4 giorni nel caso di laparoscopia diagnostica e cromosalpingoscopia - 5-7 giorni nel caso di asportazione di cisti endometriosica

- 15-20 giorni nel caso di interventi più estesi

Dopo 8 giorni dall’intervento dovrà recarsi presso il laboratorio analisi per l’esecuzione di un emocromo di controllo; se non riceverà informazioni telefoniche nei giorni successivi significa che l’esame è andato bene.

REVISIONATO maggio 2020 Direttore Dott. Marcello Scollo

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