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Come Superare La Paura. di Anita Alberti

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Academic year: 2022

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Come Superare La Paura

di Anita Alberti

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Settembre tempo di ritorno alla vita di sempre dopo le ferie, dopo il caldo estivo, dopo un lungo periodo di bella stagione.

Ripresa dopo il lockdown, che non è molto distante dal nostro presente, i cui effetti si sentono ancora: mascherine, distanziamento sociale, scuole che riaprono con grandi punti interrogativi, giornali che riportano le varie teorie degli esperti sul Covid e i nuovi contagi….

Camminando per le strade sembra che tutto sia tornato alla “normalità”, ma non è così; se prima c’era preoccupazione per la crisi economica, ora una buona parte delle persone lo sono profondamente, vista l’incertezza per come sarà il futuro. Ci sarà un nuovo lockdown?

A parte quei pochi che sono riusciti a trarre vantaggio dalla chiusura totale, ad esempio: le fabbriche di mascherine, i produttori di igienizzanti e quelle industrie che sono riuscite a rinnovarsi, a cambiare e modalità di produzione e a interagire, sia all’interno che con i clienti, si vive in uno stato di ansia, che è più o meno sottosoglia.

L’incertezza per il futuro è veramente palpabile nell’aria per tutti.

Dall’ansia si arriva alla paura molte volte, ma che cos’è esattamente?

Wikipedia ne dà questa spiegazione:

La paura è un'emozione primaria, comune sia al genere umano, sia al genere animale.

Il Galimberti così la definisce:

“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla

situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente

in atteggiamenti di lotta e fuga”.

Nelle paure c’è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra integrità biologica o quella delle persone a noi più vicine. L’emozione della paura può proiettarsi nel futuro: qualcosa di brutto accadrà a noi o agli altri, pertanto spinge il soggetto ad aggredire per

eliminare o allontanare l’oggetto della paura (condotte aggressive) o al contrario fuggire da questo per evitare il danno che potrebbe procurarci (condotte di evitamento dall’oggetto fobico). La paura è un'emozione

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dominata dall'istinto (cioè dall'impulso) che ha come obiettivo la

sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione di pericolo; irrompe ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità, e di solito accompagna ed è accompagnata da un'accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche difensive.

Principali controffensive alla paura possono essere:

● intensificazione delle funzioni fisiche e cognitive teoretiche con relativo innalzamento del livello di accortezza

● difficoltà di applicazione intellettiva

● fuga

● protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali)

● ricerca di aiuto

● calo della temperatura corporea

● sudorazione

● aumento adrenalinico

● aumento dell'ansia

La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l'espressione di uno stato mentale.

La paura di oggetti o contesti può essere appresa; negli animali questo effetto è stato studiato e prende il nome di paura condizionata, che dipende dai

circuiti emozionali del cervello.

Ogni essere vivente percepisce l'ambiente circostante e lo stato del suo stesso corpo classificando ogni evento come buono o cattivo nei suoi confronti.

Naturalmente ci sono vari livelli di "buono" e vari di "cattivo".

Il buono è paragonabile allo stato di felicità, benessere, piacevolezza, serenità, così come il cattivo si esprime in termini di timore, ansia, paura, panico, terrore e dolore fisico o psicologico.

La maggior parte degli esseri viventi del mondo animale e vegetale ha al primo posto il concetto di sopravvivenza. Questo può essere più o meno intenso ed importante in funzione dei reali pericoli individuali o della specie

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che ogni singolo individuo può incontrare durante la sua esistenza.

E' ovvio che per un cavallo il concetto di sopravvivenza individuale è assai importante, dato l'ambiente e i pericoli in cui vive, così come lo è per l'uomo, mentre per una formica o un filo d'erba tali pericoli individuali sono irrilevanti perché è l'intera specie che conta di più sul numero che sul singolo individuo.

Per quanto riguarda l'uomo, avendo coscienza di se stesso come individuo indipendente da tutti gli altri, è naturale che il concetto di sopravvivenza assuma un ruolo prioritario. Certo, egli è anche consapevole dell'importanza che l'intero genere umano non vada incontro alla propria estinzione, ma alla fine ognuno è più propenso a salvare prima di tutto la propria pelle e fare i propri interessi, come dimostra lo stato in cui stiamo riducendo il nostro pianeta... salvo casi del tutto particolari, come quello di una madre che si getta nell'acqua per salvare il proprio figlio, pur non sapendo nuotare Cosa si attiva in noi in certi momenti?

Nell'uomo i segnali ricevuti dal mondo esterno attraverso i sensi raggiungono prima di tutto il talamo, che poi passa l'informazione all'amigdala ed in un secondo tempo alla neocorteccia.

L'amigdala, dunque, risponde agli stimoli della nostra parte cosciente. La sopravvivenza è dunque di fatto più importante di qualsiasi ragionamento e decisione cosciente!

Quando l'amigdala valuta uno stimolo come "pericoloso", invia

immediatamente segnali di emergenza a tutte le parti principali del cervello, stimolando così il rilascio di ormoni che innescano la reazione di

combattimento o fuga.

Già, queste sono le due strade alternative che si presentano di fronte ad uno stato di paura:

affrontare il pericolo o scappare? La scelta sarà di volta in volta quella che alla nostra mente ci sembra più opportuna, ma che non è detto che sia la più giusta.

In pratica con questi stimoli vengono rilasciati dei

neurotrasmettitori: adrenalina, dopamina, noradrenalina.

L'adrenalina, poi, provoca uno stato di eccitazione che è pure piacevole e per questo gli esseri umani sono portati a spaventarsi anche "per finta", come succede ad esempio durante un film del terrore. Giocare con il piacere

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adrenalinico può costarci anche la vita, come capita a chi si lascia andare ad avventure molto rischiose o sport estremi, sempre più seguiti oggigiorno.

Si mettono in allarme i centri del movimento e sono attivati il sistema cardiovascolare, i muscoli e l'intestino.

Anche la memoria entra in campo per cercare qualsiasi informazione attinente a risolvere la particolare situazione (esame delle esperienze già vissute, insomma).

L'ippocampo ricorda le esperienze passate, mentre l'amigdala ne giudica l'importanza emozionale.

Questo è il meccanismo della normale paura che possiamo sperimentare infinite volte nella nostra esistenza. Non è dunque "da combattere", come l'ignoranza o la superficialità ci farebbe credere. E' una risposta sana, a cui dobbiamo dare la giusta importanza. Comunque molto dipende dalle nostre esperienze del passato e anche dall'ambiente culturale in cui viviamo.

Nella storia umana spesso si è associata la paura ad uno stato di

vigliaccheria, che invece dovrebbe essere vista come prudenza. A mio avviso se anche fosse paura, non ci vedrei nulla di male.

Il rendersi conto di provare timore fa capire quanto si è consapevoli e attenti ai propri stati interiori.

Quante volte siamo stati di fronte ad una situazione nuova e non eravamo proprio a nostro agio, perché non eravamo in grado di valutarne la

pericolosità?

Quanti tipi di paure ci sono?

Paura: degli altri, del buio, di fare l'amore, di avere un figlio, del futuro, degli insetti, dei cani, di volare, di non essere all'altezza, di essere brutti,

dell'altitudine, del cibo, dell'acqua, delle malattie e della morte, di non essere accettati in un gruppo, di essere giudicati, di essere presi in giro…

Se conosciamo bene il principio con cui la nostra mente ci avvisa di un pericolo, sapremo più facilmente distinguere i segnali importanti e giusti, cui dare la più saggia e opportuna risposta, da quelli fasulli, frutto della nostra carente stima di noi stessi e delle nostre capacità o che sono il risultato di imprecise valutazioni, visto che la nostra mente opera secondo certi filtri, quali. Cancellazioni, generalizzazioni, distorsioni. Il vivere di per sé comporta di correre quotidianamente dei rischi.

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La paura è da gestire col giusto equilibrio, accumulando esperienze e conoscenze che ci consentano sempre meglio di distinguere le forme sane di segnali di emergenza da tutte le forme patologiche che possiamo subire.

La paura è ed è stata funzionale, ci ha permesso di salvarci la vita ed arrivare fino ad oggi. In questo caso è sana! La differenza sta nell’essere di fronte ad un pericolo contingente davvero grave, o essere proiettati in un futuro

ipotetico, di cui ci immaginiamo i peggiori scenari. In quest’ultimo caso potrebbe diventare disfunzionale e patologica se mal gestita. Si passa dalla preoccupazione, all’ansia alla paura e al panico che impedisce di vivere.

Dobbiamo ricordare che si fortifica tutto ciò che noi neghiamo e a cui

opponiamo resistenza. In tal caso, avendo al suo interno molta energia, se la paura non viene affrontata, si sfogherà altrove, magari in somatizzazioni nel nostro corpo.

Perché non ammetiamo semplicemente di avere paura, senza fingere di non aver mai ricevuto i suoi messaggi e senza comportarci come se non

esistesse?

La risposta ha un’origine culturale: ammettere di avere e provare paura non è socialmente accettabile, se lo si dicesse, verremmo etichettati come codardi, vigliacchi…I modelli proposti sono sempre vincenti, coraggiosi, indomiti, quindi per adeguarci dobbiamo fingere di non provare paura, pena l’emarginazione!

Non rientra nella scala del socialmente desiderabile essere insicuri, mostrare di avere timore, anzi bisogna mascherarla. Non ascoltiamo più il messaggio che ha per noi, entriamo così un in disequilibrio che, alla lunga, ci

danneggerà, perché il dinamismo viene bloccato, interrompe il movimento, che è la vita.

Molte volte si cade nella trappola che, per sconfiggere la paura, sia

necessario avere il controllo su tutto e tutti, senza tenere in considerazione che c’è, comunque, un margine di imprevedibilità nelle faccende umane.

Possiamo organizzare al meglio, pianificare, qui sta la nostra bravura, ma, di fronte ad un imprevisto, è consigliato avere una certa flessibilità nel cambiare i piani. Diventare come la canna di bambù che si piega quando soffia il forte vento, ma poi ritorna dritta, quando tutto si placa.

L’eccessivo controllo porta a sentirsi frammentati, sconnessi, isolati dagli altri, si arriva al punto di cercare di pianificare anche la vita di chi ci sta intorno, con tutti i rischi che questo comporta.

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Dietro la paura si nascondono diverse dinamiche: percepirsi poco efficaci, pensare di non avere mai abbastanza, rispetto a ciò che abbiamo, non sentirsi meritevoli dell’amore altrui, sensi di colpa, essere legati a vecchi schemi, che costantemente riproponiamo nella nostra mente.

Pensiamo che i timori del passato possano prevedere i timori futuri.

La paura distorce le nostre percezioni e ci confonde su quanto sta accadendo nel qui ed ora.

Tutti noi aspiriamo al vivere momenti positivi, in cui sperimentiamo amore, accoglienza, accettazione, rispetto, inclusione…Purtroppo la nostra mente ci fa vivere situazioni ben diverse, perché inserisce il pilota automatico del dialogo interiore che ci fa rivedere vecchi film e li proietta nello schermo della nostra mente.

Siamo noi a costruire una buona parte degli ostacoli che incontriamo e questa interferenza autoimposta ci tiene legati alle vecchie idee che usiamo costantemente e che ci impediscono di ottenere ciò che vogliamo.

Come dice lo stesso Gerald Jampolsky in “Amare è lasciare andare la paura”, la nostra mente può essere vista come un contenitore di bobine e di film delle nostre esperienze passate. Queste immagini non solo si sovrappongono le une alle altre, ma sono anche la lente attraverso cui noi sperimentiamo il presente. Di conseguenza non lo vediamo e non lo ascoltiamo così com’è, ma vediamo frammenti di presente attraverso le tonnellate di vecchie

memorie distorte, che ci si sono depositate sopra”.

Si capisce, quindi, quanto sia fondamentale lasciar andare gli attaccamenti alla paura e al senso di colpa.

Ci dimentichiamo che, non è tanto la paura che conta, ma come noi reagiamo a certi avvenimenti. Ci dimentichiamo che possiamo scegliere la nostra

realtà, possiamo scegliere di vivere il presente, vivere nella realtà dell’ora.

La paura della sofferenza ci fa vedere il passato ed il futuro come identici, noi, in realtà siamo liberi di decidere cosa sperimentare, se rimanere

condizionati dai brutti ricordi, oppure cogliere le opportunità del presente.

La nostra libertà sta in questa scelta che va fatta ogni volta e tutti i giorni, tenendo bene a mente che nessuno è esente dal provare la paura!

Ora però veniamo a come possiamo affrontare le paure!

Dobbiamo tenere a mente che decidiamo di cambiare nel momento in cui si arriva al massimo livello di sopportazione, quando proprio non ce la facciamo più; inoltre la paura non è un qualcosa che si porta con sé, ma è un qualcosa che si fa, è una reazione ed un processo.

E’ stato dimostrato che non è l’oggetto, o una dinamica in particolare che genera paura, ad esempio: il ragno, il topo, i serpenti, l’andare in aereo, in nave, ma il modo in cui ce li rappresentiamo internamente. Mi spiego meglio,

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si ha paura dei serpenti perché ci immaginiamo che ci vengano addosso, idem per il ragno, o il topo; abbiamo paura di andare in aereo, perché ci immaginiamo che ci sia un incidente mentre stia volando e noi ci inabissiamo insieme agli altri passeggeri…

Personalmente non ho paura dei ragni e dei serpenti, se li vedessi non li andrei certamente a toccare, quindi se li vedo li scanso; lo stesso dicasi per aereo e nave, non mi vedo né precipitare, né affondare.

Molte volte si dice “pensare ad una situazione che mi fa star male”, a livello linguistico sarebbe molto più corretto dire “ricordo una situazione…”, perché il pensare implica un andare oltre quella situazione, nel ricordare, invece, si è agganciati in un loop che fa rivivere delle esperienze nella nostra mente, a cui sono collegate delle emozioni negative.

Sarebbe interessante che, quando si ha paura di un qualcosa, ci si chiedesse:

“Come faccio a sapere di avere paura di…?”,

“Come mi rappresento questa situazione spaventosa?”,

“Dove sono io: dentro il film che mi sto proiettando o sono fuori come uno spettatore?”,

“Cosa mi dico, cosa odo, cosa sento nel corpo in quel momento?”,

“Dove sento questo malessere nel corpo?”

“Con che intensità?”

“Come mi sono sentito subito dopo l’evento?”

“Come mi sentivo poco prima che tutto accadesse?”

Annotarsi tutte le varie risposte, questa è una fase molto importante, perché significa essere o diventare consapevoli degli stati emotivi che proviamo. E’

molto utile nella fase di cambiamento, perché cambiando il modo in cui ci si rappresenta la realtà esterna, cambia il modo in cui si sta e cambia anche cosa si è in grado di fare.

Bandler dice che la mente impara e dimentica velocemente ed è fatta per ricordare e dimenticare. Ciò che conta è che si impari a reagire diversamente ad un certo stimolo.

Secondo Korzybski “la mappa non è il territorio”, cioè noi ci rappresentiamo il mondo esterno attraverso delle mappe che non sono il mondo esterno, ma una nostra interpretazione, per cui la paura non sta nel territorio, bensì nella nostra mappa.

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Il linguaggio è un tipo di mappa che ci consente di riassumere o

generalizzare le nostre esperienze e di trasmetterle agli altri, in modo che evitino di commettere gli stessi errori o che inventino qualcosa che è già stato scoperto.

Secondo Korzybski l’abilità linguistica di generalizzare differenzia il notevole progresso rispetto agli animali, ma il fraintendimento e l’uso scorretto di questo meccanismo è fonte di molti dei nostri problemi. Egli riteneva che gli esseri umani avessero bisogno di essere opportunamente istruiti nell’uso del linguaggio, per prevenire la confusione e gli inutili conflitti che sorgono

quando si scambia la mappa per il territorio. Osservò che ci sono assai meno parole e concetti di quante non siano le nostre esperienze possibili, questo può creare la identificazione o la confusione di due o più situazioni!

Occhio, quindi, a come parliamo, a cosa vogliamo realmente dire e a come reagisce l’altro in merito al nostro messaggio!

Ultimo ma non ultimo prestiamo attenzione massima a come parliamo a noi stessi, cerchiamo di essere consapevoli della qualità del nostro dialogo interiore!

Un altro approccio molto importante con cui affrontare la paura è quello offerto dalla Mindfulness.

Cos’è la Mindfulness e perché penso possa essere utile?

La mindfulness significa essere consapevoli e pienamente presenti in ciò che sta accadendo in questo momento, calandosi del tutto nel momento presente.

Rappresenta l’opportunità di vivere un’esistenza migliore, è la pratica del prestare attenzione, sapere dov’è e poter scegliere dove dirigerla.

Nasce dalle pratiche meditative buddiste, ma è stata completamente liberata degli aspetti religiosi. L’obiettivo non è quello di separarsi dal mondo, di fuggire lontano, ma di essere sempre più presenti e consapevoli di dove siamo in ogni momento.

Molte volte capita che stiamo cucinando, portando fuori il cane in un bel parco, che stiamo facendo la doccia…, fisicamente siamo lì, ma con i nostri pensieri siamo altrove, ecco perché ci dimentichiamo dove mettiamo le chiavi di casa o della macchina o dello scooter, dove appoggiamo gli occhiali da sole, magari li abbiamo in testa e non ce ne accorgiamo!

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La pratica della mindfulness aiuta a sviluppare questa consapevolezza, ci aiuta ad abbandonare i nostri giudizi, di conseguenza l’ansia e lo stress, ci permette di vivere una vita più piena e ricca, di sostituire i comportamenti reattivi automatici e distruttivi, in comportamenti più funzionali e consapevoli.

Tra uno stimolo, esterno o interno, e la risposta ad esso corre un intervallo di tempo brevissimo, ma di grande importanza, poiché possiamo reagire in automatico o agire in modo diverso. La mindfulness ha come obiettivo il lavorare sull’intervallo per cambiare in positivo le modalità!

Perciò quando ci si ritrova in preda alla paura, attraverso la mindfulness, la si accoglie, così com’è senza giudizio verso se stessi, la si osserva e la si lascia andare gentilmente ed altrettanto gentilmente ci si rivolge a se stessi.

Durante la pratica mindfulness non è importante non avere pensieri, ma è fondamentale accorgersi dove va la nostra attenzione e ritornare al nostro respiro. Quindi non è sempre detto che si vivano momenti rilassanti, ma si vuole raggiungere un certo distacco da quanto stiamo pensando e

ricordando, lasciando fluire il tutto in modo armonico.

Si può ben capire, a questo punto, quanto sia importante la gestione delle emozioni, tra cui la paura. In questo caso è bene ancorarsi al presente, concentrandosi sul respiro, capire dove lo sentiamo.

Un ottimo esercizio è la respirazione quadrata, utile per equilibrare la mente e rilassare la mente. E’ una tecnica che viene usata dai Marines quando si trovano ad affrontare situazioni particolarmente difficili, ma la possiamo usare anche noi quando studio, lavoro diventano molto pesanti.

Di solito si pratica a gambe incrociate e schiena dritta, ma va bene anche se siedi su una sedia schiena dritta e distaccata dallo schienale.

Fase di preparazione: inspira profondamente dal naso e cerca di concentrarti sulla respirazione riempiendo l’addome e non il petto. Espira completamente, lasciando fuoriuscire l’aria dal tuo corpo. Ripeti questo procedimento per tre volte.

Ora sei pronto a dedicarti alla respirazione quadrata, che si articola nel seguente modo e può essere ripetuta quanto si vuole:

-inspira profondamente per 4 secondi -trattieni il respiro per 4 secondi

-espira per 4 secondi -trattieni per 4 secondi

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Importante è mantenere lo stesso tempo in tutte le fasi dell’esercizio, che devono essere uguali come i lati di un quadrato, si dovrebbe avere la

sensazione di poter continuare all’infinito senza stanchezza, in tal caso riduci il tempo di ogni fase.

Se ne si ha la possibilità è ottimo dedicare qualche minuto della giornata a questa pratica perché i suoi benefici sono notevoli. Questa tecnica non solo ha un effetto calmante sul sistema nervoso, aiuta ad affrontare situazioni difficoltose ed impegnative, regolarizza la pressione arteriosa ed il battito cardiaco, combatte anche l’insonnia.

Da persona che soffre di attacchi di panico posso dire che il lavoro proposto qui sopra, oltre che l’essere seguita da un supervisore, mi ha molto aiutata, perché non solo mi ha permesso di essere più consapevole di dove andasse la mia mente e quali scenari si stesse immaginando, ma anche mi ha aiutato a radicarmi maggiormente a terra, grazie anche alla pratica dell’Aikido e alle attività legate alla respirazione, molto utile per alleviare ansia e

sovraffaticamento.

Noi siamo fatti di respiro, che, se siamo tranquilli e lento e profondo e diaframmatico, se siamo in tensione è corto, veloce e polmonare.

Avere la consapevolezza di come respiriamo aiuta a vivere meglio, possiamo trovare il giusto equilibrio per gestire meglio vari problemi e provarne la

soluzione.

Il respiro incide anche sul nostro comportamento, se siamo padroni del nostro respiro, siamo padroni delle situazioni che stiamo vivendo.

Già anticamente si dava importanza al respiro, ma solo da pochi anni in campo medico si è capito come la respirazione possa aiutare la nostra

fisiologia, modulando stati di stress, eccitazione, emozioni; aiuta a dominare lo stress, attraverso l’abbattimento del cortisolo, con la produzione di

serotonina, con l’aumento delle onde alfa a livello cerebrale, con la diminuzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa.

Il respiro è la prima forma di autocontrollo che l’essere umano ha e rappresenta l’elemento di unione tra mente e corpo.

Il miglior antidoto alla paura è la curiosità.

La paura affrontata diventa coraggio, la paura non affrontata diventa timor panico.

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Buona pratica!!!

Sono responsabile di ciò che vedo, scelgo i sentimenti

di cui avere esperienza, e decido la meta, lo scopo che desidero raggiungere.

Ogni cosa che sembra accadermi, è ciò che ho chiesto,

e ricevo ciò che chiedo.

Gerald Jampolsky

Bibliografia:

G.Jampolsky “Amare è lasciar andare la paura”

John Kabat-Zinn “Vivere momento per momento”

John Kabat-Zinn “L’arte di imparare da ogni cosa”

Rossella Panigatti “La paura della paura”

Nicoletta Cinotti “Scrivere la mente”

David Icke “Sei libero, perché non te ne accorgi?”

Mike Maric “ Il potere antistress del respiro: abbandonare definitamente ansia, tensioni e stanchezza”

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Riferimenti

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