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Comunicare | L’Agenzia per l’Italia Digitale ha lanciato le nuove direttive

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sabato 12 dicembre 2015

la democrazia

è una questione di stile

Comunicare | L’Agenzia per l’Italia Digitale ha lanciato le nuove direttive

grafiche per i siti web della pubblica amministrazione. L’obiettivo è aumentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Ripensando il brand di Stato

FEDERICA COLONNA

nIl governo? Si può riprogrammare.

E se lo dichiara al New York Times Mi - key Dickerson, membro del team in- formatico della Casa Bianca, anche in Italia c’è chi ci sta provando: l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), con Italia Login, cinque progetti che, insieme, dovrebbero contribuire a far ripartire il Paese. Uno è appena stato lanciato all’Italian Digital Day: si tratta della Linee Guida di design per i siti web della PA, nate per armonizzare l’im - magine coordinata della pubblica am- ministrazione (PA) online, a partire dal nuovo portale governo.it e dalle versioni aggiornate di mappa.italia - sicura.gov.it (sugli interventi contro il dissesto idrogeologico) e soldipubbli - ci.gov.it (per la trasparenza nella spe- sa pubblica).

Non solo caratteri tipografici e co- lori però, che pure contano: il font uf- ficiale, per esempio, è Titillium Web, progettato dall’Accademia di belle ar- ti di Urbino e distribuito da Google Fonts.

L’ambizione di AgID è migliorare il governo tramite il design. Perché, co- me spiega Daniela Piscitelli, presi- dente dell’Associazione italiana desi- gn della comunicazione visiva (Aiap):

«La democrazia è una questione di de- sign. E va affrontata con gli strumenti del design». In sostanza, chiarezza, gerarchia delle informazioni, fruibili- tà dei contenuti «mettono il cittadino, vero protagonista del progetto di co- municazione, nella condizione di es- sere più consapevole». E quindi in grado di dialogare con chi lo governa.

E se già negli anni Ottanta in Italia il movimento della grafica di pubblica utilità credeva nel potere politico del design, a guardare i siti di Regioni e Comuni italiani si capisce che qualco- sa è andato storto. «Il valore strategi- co del design sarebbe indispensabile nel nostro Paese», prosegue Piscitelli,

«di fatto, invece, non è insito nella cul- tura della PA e viene demandato alla sensibilità dei singoli».

Ecco il peso delle linee guida AgID, quindi: superare l’improvvisazione nell’offerta comunicativa pubblica.

Con una convinzione: «Servizi pub- blici digitali facili da usare e che fanno risparmiare tempo sono la miglior ga- ranzia per aumentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni», spiega Marco Bani, capo della segreteria tec- nica AgID e responsabile del progetto.

Così, per raggiungere l’obiettivo, l’a- genzia non si è limitata a indicare re- gole. Ma, in collaborazione con Aiap, Sie (Società Italiana di Ergonomia e fattori umani) e Acm Sigchy Italy, ha aperto un portale, designer.italia.it, da cui è possibile fare il download dei componenti grafici. Essa, inoltre, ha redatto i principi chiave – simili a quelli inglesi del Government Digital Service e a quelli statunitensi dell’U.S.

Digital Service Playbook, tra cui: pri- ma il cittadino, semplificare, essere chiari – e ha aperto una community su GitHub, piattaforma per lo sviluppo collaborativo (dove i designer posso- no progettare insieme, in modalità open source). Un aspetto, questo, che in rete qualcuno ha criticato, senza considerare, però, che non solo i desi- gner partecipanti acquisiscono com- petenza su elementi ai quali tutte le pubbliche amministrazioni dovranno uniformarsi, ma che, aggiunge Pisci- telli, si tratta di un segnale politico è chiaro: finalmente al design, e a chi lo fa, è attribuito un ruolo strategico. E quantomai urgente.

Secondo Eurostat, infatti, abbiamo un problema: l’Italia è uno dei pochi Paesi in cui nel 2014 è diminuito il nu- mero di chi si relaziona con la sfera pubblica tramite internet. Mentre, se- condo Desi – Digital Economy and Society Index – siamo terzultimi nel continente per quanto riguarda lo sta- to di avanzamento verso l’economia e la società digitali. E l’eGov resta al pa- lo, o meglio a 15 anni fa: «Il primo pia- no è quello di Bassanini», spiega Fla- via Marzano, docente universitaria e consulente per l’innovazione della PA, «prevedeva cose che ancora non sono state fatte».

Mettere ordine nell’universo della

pubblica amministrazione online, pe- rò, non è semplice. Intanto, continua Marzano, «un vero censimento in rete non esiste». Un po’ perché, spiega, «la PA digitale non è definibile come un unico modello», e un po’ perché una vera operazione di riordino non è sta- ta fatta.

L’AgID stessa, per esempio, tiene conto solo delle PA il cui dominio web sia .gov – 332 i siti afferenti solo al- l’amministrazione centrale (dato ag- giornato al 7 dicembre 2015). Mentre l’Ipa, l’indice delle pubbliche ammini- strazioni, registra i soggetti pubblici senza valutarne la presenza in rete, anche se stila una classifica di quelli

più cliccati: Agenzia delle Entrate, Regione Lombardia, ministero del Lavoro.

Se è facile, poi, verificare i dati di Regioni (tutte online) e Comuni – dei quali secondo Ancitel ben 8.035 han- no un sito, la cui qualità diminuisce con il decrescere delle dimensioni ur- bane –, il tema del censimento è anco- ra aperto e, spiegano da AgID, l’agen - zia ne è consapevole.

Insomma: le linee guida sono un inizio, non un traguardo. L’aspettati - va però è elevata: cambiare il brand di Stato. Non un essere mitologico, a più teste, ma un prodotto di design. Facile da capire e soprattutto da usare.

V I D EO Le linee Guida di design per i siti web della Pa sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale AGID

nLa Pantone ha annunciato i co- lori dell’anno per il 2016: due co- dici del campionario il 15-3919 Se- renity e il 13-1520 Rose Quartz. A detta dell’azienda si tratta di un’u- nione motivata dall’«equilibrio intrinseco tra un tono rosa più cal- do e accogliente e il blu tranquillo più freddo». Colori dell’anno, di- cono. Ok, ma per farci cosa? Nien- te a voler essere sinceri. Un colore non può essere imposto dall’alto in modo diretto. E poi a chi? Ai

consumatori o ai designer? I colo- ri che “vanno di moda” sono quelli che più darwinianamente – fra i tanti proposti – sopravvivono al mercato, ai gusti ma anche al caso.

L’annuncio/celebrazione di un colore dell’anno è dunque uno dei tanti pseudo-eventi che la retorica massmediatica produce come surplus inevitabile: si deve comu- nicare anche se non si ha nulla di- re. Un modo per ribadire l’esisten - za del proprio brand. La Pantone

(acquisita nel 2007 per 180 milio- ni di dollari dal colosso X-Rite) ha messo a punto una catalogazione basata su piccoli campioni a cui è associato un numero, sistema che per meritevole praticità è diventa- to lo standard per parlarsi tra gra- fici e tipografi. Ma un campiona- rio per sua natura non è ancorato a una teoria scientifica del colore né una pratica sociale e quindi non può predicare niente sulla realtà degli usi cromatici.

Del resto quando Pantone parla di «equilibrio intrinseco» rivela competenze di copywriting più che di percezione: gli equilibri, poiché espressioni culturali, sono sempre convenzionali, mai imma- nenti. Ma oggi Pantone è soprat- tutto griffe: su sedie, tazze, perfino palle di Natale.

campioni e non

RICCARDO FALCINELLI

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