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FABRIZIO DE VITA
L’evoluzione normativa degli accordi di ristrutturazione dei debiti e le incertezze processuali nel relativo giudizio di omologazione
Sommario: 1. Evoluzione normativa, più o meno recente, degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
2. La lacunosità della disciplina processuale del giudizio di omologazione ed i rapporti con quelli negli altri procedimenti volti alla soluzione concordata della crisi d’impresa. 3. Il sindacato del tribunale nel giudizio di omologazione. 4. Rapporti tra la pubblicazione nel registro delle imprese e la domanda di o- mologazione. 5. Il tribunale competente e le conseguenze della dichiarazione d’incompetenza. 6. Forma e contenuto della domanda di omologazione. 7. Forma e contenuto dell’atto di opposizione. 8. I legittimati all’opposizione. 9. Il procedimento. 10. Le preclusioni. 11. Inquadramento del procedimento, natura del provvedimento ed efficacia di giudicato. 12. Il regime del provvedimento: il reclamo. 13. Conclusioni.
1. Evoluzione normativa, più o meno recente, degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Il c.d. decreto sviluppo (d.l. 22.6.2012, 83, convertito, con modificazioni, in l.
7.8.2012, n. 134) nel capo III del titolo III, adotta misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali, disponendo nell’ampio art. 33 una revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale.
Limitandomi per ora alle modifiche dirette dell’art. 182 bis l. fall., che disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti, e riservandomi di individuare le altre variazioni della l. fall. intervenute che potrebbero incidere sulla disciplina processuale del relativo giudizio di omologazione, la lett. e) dell’art. 33 del decreto sviluppo, in primo luogo, ha sostituito il primo comma con il seguente: «L’imprenditore in stato di crisi può doman- dare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un ac- cordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il ses- santa per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, de- signato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)1 sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particola-
1 Va segnalato che il decreto sviluppo ne ha sostituito il testo con il seguente: «gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revi- sori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro su-
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re riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione»: in sostanza, sono stati aggiunti i passaggi riportati in corsivo, salve le parole «l’integrale» che sono state sostituite a quelle «il regolare».
Inoltre, al terzo comma, primo periodo, agli effetti già derivanti, per sessanta giorni, dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese è stata aggiunta l’impossibilità di «acquisire titoli di prelazione se non concordati».
Ancora, al sesto comma, primo periodo, dopo le parole «all'articolo 161, primo e secondo comma» sono state aggiunte le seguenti: «lettere a), b), c) e d)»; in questo stes- so periodo e nel settimo comma, secondo periodo, ancora per due volte le parole «il re- golare» sono state sostituite da quelle «l’integrale».
Infine, l'ottavo comma è stato sostituito dal seguente: «A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applica- zione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo», laddove in concreto le parole «di un» hanno sostituito quelle «dell’» ed è stato aggiunto l’ultimo periodo, riportato in corsivo.
In questa premessa va ricordato che l’art. 182 bis, originariamente aggiunto dall'ar- ticolo 2, comma 1, del d.l. 35/2005, successivamente è stato sostituito dall'articolo 16, comma 4, del d.lgs. 169/2007. Ma soprattutto che i commi sesto, settimo ed ottavo - che prevedono e disciplinano un procedimento volto all’anticipazione degli effetti protettivi del patrimonio dell’imprenditore alla fase delle trattative finalizzate all’accordo - sono stati aggiunti dall'articolo 48, comma 2, del d.l. 78/2102.
2. La lacunosità della disciplina processuale del giudizio di omologazione ed i rap- porti con quelli negli altri procedimenti volti alla soluzione concordata della crisi d’impresa. La disciplina espressa del giudizio di omologazione degli accordi di ristrut- turazione dei debiti, sotto diversi aspetti sia strettamente processuali, sia, per così dire,
bordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di con- trollo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;».
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sostanziali-processuali, nonostante i diversi ritocchi normativi appena descritti, era e re- sta lacunosa.
Ebbene una chiave per la soluzione della gran parte di queste questioni interpretati- ve, che nel prosieguo si proverà ad individuare, può essere trovata nel raffronto e nei rapporti con gli altri procedimenti volti alla soluzione concordata della crisi d’impresa previsti dalla l. fall., specificamente con i relativi giudizi di omologazione e con partico- lare, ma non esclusivo, riferimento al concordato preventivo, a sua volta “ritoccato”
dall’art. 33 del decreto sviluppo.
Preliminarmente, in proposito, mi sembra da condividere l’idea per la quale vi è to- tale autonomia dell’accordo di ristrutturazione dei debiti rispetto al concordato preven- tivo2, del quale non costituisce, quindi, una species, ma nel quale può trovare, se neces- sario ed in quanto compatibile, una fonte di disciplina in via di applicazione analogica;
idea che, come vedremo, sembra confermata dalle rispettive, recenti, modifiche.
In particolare, per quanto qui interessa, è utile sottolineare preliminarmente una pro- fonda differenza, che possiamo definire strutturale, tra il giudizio di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, da un lato, e quelli di omologazione del con- cordato preventivo, ma anche del concordato fallimentare e del concordato nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa, dall’altro.
Infatti, per l’art. 180 l. fall., se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato preventivo con decreto motivato non soggetto a gravame; se sussistono opposizioni, il tribunale as- sume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio. Medesima disciplina è prevista dall’art. 129 l. fall. per il giudizio di omologazione del concordato fallimentare;
e per l’art. 214 l. fall., sulla proposta di concordato nell’ambito dela l.c.a., il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide con decreto in camera
2 Così Trib. Milano, 23.1.2007, in Giur. it., 2007, 1692; ed in Fall., 2007, 701, con nota di Dimundo, Ac- cordi di ristrutturazione dei debiti: la «meno incerta» via italiana alla reorganization?; Trib. Roma, 16.10.2006, ivi, 187 (s.m.), con nota di Proto; ed in www.ilcaso.it; Tribunale Brescia, 22.2.2006, in Fall., 2006, 609 (s.m.); ivi, 669 (s.m.), con nota di Nardecchia; in Foro it., 2006, I, 2563 (s.m.), con nota di M. Fabiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli ac- cordi di cui all’art. 182 «bis» l. fall.; ed in Impresa, 2006, 1001, con nota di Barbieri; Trib. Ba- ri, 21.11.2005, in Dir. fall., II, 2006, 536, con nota di Caiafa, Accordi di ristrutturazione dei debiti: natu- ra giuridica e giudizio di omologazione; in Foro It., 2006, I, 263, con nota di M. Fabiani, Accordi di ri- strutturazione dei debiti: l’incerta via italiana alla «reorganization»; ed in Fall., 2006, 479 (s.m.). Su questo aspetto, naturalmente, i contributi citati nel prosieguo e, per una sintesi degli orientamenti: Frasca- roli Santi, Commento art. 182 bis, in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2009, 1057 ss.
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di consiglio sulle eventuali opposizioni e sulla proposta di concordato, con un procedi- mento per il quale sono richiamati, in quanto compatibili, le disposizioni sul concordato fallimentare degli artt. 129 sopra descritto, 130 e 131.
In questi procedimenti, l’opposizione-mancata opposizione, funge da spartiacque fra procedure, per così dire, semplificate anche nell’oggetto dell’accertamento da effet- tuare, nelle quali la cognizione del giudice resta limitata alla regolarità della procedura, e procedimenti nei quali la cognizione è più approfondita e si estende, nell’istruttoria e nell’accertamento necessario, al merito della domanda di omologazione.
Invece, l’art. 182 bis l. fall., limitandosi a disporre, al quarto comma, che nel giudi- zio di omologazione «il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato», non esplicita alcuna differenza tra l’ipotesi in cui vi siano e quella in cui non vi siano opposizioni all’omologazione, così che il pro- cedimento per l’accertamento dei presupposti per l’omologazione e l’oggetto di questo accertamento prescindono dalle difese dei soggetti legittimati all’opposizione.
Tanto, da un lato concorre a dimostrare la piena autonomia dell’accordo di ristruttu- razione dei debiti rispetto agli altri procedimenti volti alla soluzione concordata della crisi d’impresa; dall’altro lato servirà a risolvere alcuni degli aspetti lacunosi e dubbi dell’istituto.
Peraltro, diverse modifiche apportate, con il decreto sviluppo del 2012 e nel 2010, alla disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti e, parallelamente, a quella del concordato preventivo, concorrono a dimostrare la reciproca autonomia dei due istituti, soprattutto per la diversità del ruolo che il tribunale svolge nel giudizio di omologazio- ne.
In particolare, dalla disciplina complessiva oggi vigente, si desume che gli effetti protettivi del patrimonio del debitore, vale a dire il divieto di iniziare e proseguire azioni cautelari ed esecutive individuali, nonché quello di acquisire titoli di prelazione, nel concordato preventivo conseguono automaticamente alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese3 (art. 168 l. fall. che fino alla modifica del decreto sviluppo lega- va l’effetto alla presentazione del ricorso), quindi si verificano sempre in un momento in cui l’accordo per il risanamento non si è affatto formato, ma il debitore ha solo formula- to una proposta, mentre per gli accordi di ritrutturazione dei debiti, possono essere anti-
3 Che per il quinto comma dell’art. 161 l. fall., come integrato dal decreto sviluppo, deve essere effettuata, a cura del cancelliere, entro il giorno successivo al deposito del ricorso in cancelleria.
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cipati alla fase delle trattative, peraltro già in corso, solo previa istanza del debitore al tribunale, che dispone il divieto, come vedremo nel paragrafo seguente, solo all’esito di una valutazione nel merito della proposta di accordo.
Ancora, ad ulteriore conferma delle divergenze, la sottrazione alla revocatoria fal- limentare di cui all’art. 67, terzo comma, lett. e), che prima del decreto sviluppo riguar- dava solo gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo e dell’accordo di ristruturazione omologato, oggi riguarda anche quelli le- galmente posti in essere dopo il deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo.
3. Il sindacato del tribunale nel giudizio di omologazione. La lacuna più rilevante riguarda proprio i limiti del controllo che il tribunale deve effetuare ai fini dell’omologazione, vale a dire se questo sia esteso comunque e, direi, automaticamente al merito dell’accordo4 ed alla sua rispondenza ai presupposti sostanziali per l’omologazione, oppure se sia, de plano, ristretto alla sola verifica della legittimità dell’accordo, alla sua regolarità formale, espandendosi alla valutazione nel merito solo
4 Sembrerebbero così Trib. Bergamo, 27.1.2012, in DeJure (s.m.); e Trib. Roma, 27.1.2010, in Giur. me- rito, 2011, 438, con nota di Minutoli, Ancora in tema di segnalazione al pubblico ministero ex art. 7 l.
fall.: questioni controverse in dottrina e nella prassi. V. anche Trib. Milano, 23.1.2007, cit.; e Trib. Ro- ma, 16 ottobre 2006, cit.
In dottrina: Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Un nuovo procedimento concorsu- ale, Padova, 2009, 159 ss.; Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, in Trat- tato di diritto commerciale, diretto da Cottino, vol. XI, Padova, 2008, 178; Ceniccola, Gli accordi di ri- strutturazione dei debiti, in Fallimento e concordati. Le soluzioni giudiziali e negoziate della crisi d’impresa, a cura di Celentano-Forgillo, Torino, 2008, 1208; Nardecchia, Crisi d’impresa, autonomia privata e controllo giurisdizionale, Milano, 2007, 78; Id., Commento art. 182 bis, in Commentario alla legge fallimentare, a cura di Cavallini, 820 ss.; Proietti, I nuovi accordi di ristrutturazione dei debiti, in Dir. fall., 2008, II, 136; Valensise, Commento art. 182 bis, in La legge fallimentare dopo la riforma.
Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione. Liquidazione coatta amministrativa. Tomo III – Artt.
160-215. Disciplina transitoria, a cura di Nigro-Sandulli-Santoro, Torino, 2010, 2300 ss.; Bellucci, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (prima e dopo il decreto correttivo n. 169 del 12 settembre 2007), in Riv. dir. comm., 2008, I, 511; Marano, Commento art. 182 bis, in Il nuovo fallimento, a cura di Santange- li, Milano, 2006, 784; Pagni, Contratto e processo nel concordato preventivo e negli accordi di ristruttu- razione dei debiti: analogie e differenze, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da Buonocore-Bassi, I, I presupposti. La dichiarazione di fallimento. Le soluzioni concordatarie, Padova, 2010, 608 s.; Presti, Gli accordi di ristruturazione dei debiti, ovvero la sindrome del teleobiettivo, in Le nuove procedure con- sorsuali, a cura di Ambrosini, Bologna, 2008, 559 ss.; Capobianco, Gli accordi stragiudiziali per la solu- zione della crisi d’impresa. Profili funzionali e strutturali e conseguenze dell'inadempimento del debitore, in Banca borsa tit. cred., 2010, 317 ss.; Nigro-Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2009, 387; v. anche Patti , Il giudice nella crisi di impresa: le ragioni di una presenza, in Fall., 2011, 261 ss. in part. par. 5.
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ove siano proposte una o più opposizioni5; ed in tal caso, se questa valutazione sia limi- tata o meno ai motivi posti a fondamento delle opposizioni.
Su questo aspetto, soprattutto alla luce delle considerazioni di cui al punto 2) che precede, ritengo sia preferibile la soluzione che attribuisce comunque al tribunale il più ampio potere di accertamento della sussistenza dei presupposti di merito per l’omologazione, prescindendo dalla proposizione di opposizioni ed anche al di là dei motivi delle stesse, se proposte.
La logicità, per non dire la necessità, di questa soluzione, e la differenza (come le altre divergenze già descritte) rispetto al concordato preventivo (e fallimentare), è con- fermata dal fatto che nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, la formazione dell’accordo è del tutto lasciata alle parti e prescinde dai “filtri” procedimentali che ca-
5 Su questa linea: Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2011, 352 s.; Racugno, Concordato preven- tivo, accordi di ristrutturazione dei debiti e transazione fiscale. Profili di diritto sostanziale, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da Buonocore-Bassi, I, cit., 555; Id. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Giur. comm., 2009, I, 667; Proto, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2006, 138; Verna, I nuovi accordi di ristrutturazione, in Le nuove procedure concorsuali, a cura di Ambrosini, cit., 590; Id., I nuovi accordi di ristrutturazione, in Dir. fall., 2007, 942 ss., in part. par. 8; D’Ambrosio, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Fauceglia-Panzani, To- rino, 2009, 1815; Fauceglia, Commento art. 182 bis, in Codice commentato del fallimento, a cura di Lo Cascio, Milano, 2008, 1619; Tripaldi, in Manuale di diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, a cura di Trisorio Liuzzi, Milano, 2011, 363; v. anche Pajardi-Paluchowski, Manuale di diritto fallimenta- re, Milano, 2008, 925 s.
In giurisprudenza Trib. Bologna, 17.11.2011, in DeJure (s.m.); Tribunale Roma , 20.5. 2010, in www.ilcaso.it; ed in Giur. merito, 2011, 412, con nota, contraria sul punto, di D’Orazio, Lavori in corso sugli accordi di ristrutturazione dopo il d.l. 31 maggio 2010, n. 78. dal piano al controllo del tribunale;
Trib. Milano, 25.3.2010, in Fall., 2010, 743; ivi, 2011, 92, con note di Paluchowski e di Rolfi, Art. 182 bis tra diritto processuale, contenuti sostanziali e controllo giurisdizionale; ed in www.ilcaso.it; Trib. Mi- lano, 11.2.2010, in DeJure (s.m.); secondo Trib. Milano, 10.11.2009, se non sono presentate opposizioni, la cognizione del tribunale si forma sul giudizio di attuabilità dell’accordo formulato dal revisore attesta- tore: il provvedimento è in Dir. Fall., 2010, II, 205, con nota di Perugini, Accordi di ristrutturazione dei debiti: omologazione richiesta da gruppi societari e condizioni di attuabilità (il caso Risanamento). Pri- me considerazioni; in Foro it., 2010, I, 297, con nota di M.Fabiani; in Corr. giur., 2010, 109, con nota di V. Colesanti, Crisi d’impresa, accordi di ristrutturazione e insolvenza (“prospettica”); commentato an- che ivi, 680 ss., da G. Lombardi, Le recenti ristrutturazioni del debito: il caso Risanamento; in Corr. me- rito, 2010, 263, con nota di Perugini; in Foro Padano, 2010, 303; in Fall., 2010, 195, con nota, contraria sul punto, di M. Fabiani, Accordi di ristrutturazione, ruolo del giudice e processo per fallimento; in Ban- ca borsa tit. cred., 2010, II, 731 (s.m.), con nota di Quarticelli, Omologazione degli accordi di ristruttu- razione dei debiti e controllo giudiziale sull'attuabilità dell'accordo: orientamenti e prime divergenze giurisprudenziali; in questa collocazione è pubblicata con Trib. Roma 5.11.2009, per cui il controllo giu- diziale deve estendersi alla valutazione di attuabilità dell’accordo espressa dal professionista nella sua re- lazione, per verificarne coerenza e completezza logico-argomentativa, con conseguente diniego dell’omologazione se la relazione risulti fondata su conclusioni non coerenti con le premesse, o sfornita di sufficiente motivazione o contraddittoriamente o illogicamente motivate; questo provvedimento è anche in Dir. Fall., 2010, II, 526, con nota di Ardizzone, Accordi di ristrutturazione dei debiti: relazione atte- stativa del professionista e poteri di verifica del tribunale in sede di omologazione; in Corr. giur., 2010, 241, con nota di di Majo, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall.; ed in www.ilcaso.it; Trib.Palermo, 27.3.2009, in Dir. Fall., 2010, II, 503, con nota di Fischetti, Osservazioni in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti. V. anche Trib. Piacenza, 2.3.2011, in DeJure (s.m.); App.
Torino, 7.5.2010, ivi (s.m.); e Trib. Rimini 12.3.2009, in Fall., 2009, 1242.
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ratterizzano il concordato preventivo (giudizio di ammissibilità e approvazione della maggioranza dei creditori) ed il concordato fallimentare (esame della proposta ex art.
125 e approvazione); nonché dalla brevità del termine per le opposizioni, che peraltro decorre da una forma di pubblicità inidonea a garantire una certa ed effettiva conoscen- za da parte dei soggetti interessati e legittimati all’opposizione, in particolare dei credi- tori non aderenti, destinatari degli effetti dell’eventuale omologazione.Questo dato, peraltro mi sembra inconfutabilmente confermato dalle modifiche sopravvenute Questo dato, peraltro mi sembra inconfutabilmente confermato dalle modifiche sopravvenute Questo
Questo dato, inoltre, sembra inconfutabilmente confermato dalle variazioni apporta- te all’art. 182 bis nel 2010 e nel 2012.
Infatti, in primo luogo, quando nel 2010 si è introdotto il procedimento che conduce all’anticipazione, alla fase delle trattative, del divieto di iniziare o proseguire azioni ese- cutive o cautelari sul patrimonio del debitore, si è previsto che il tribunale provveda comunque «riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ri- strutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per l’integrale (già regolare) pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trat- tative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare»: è palese come il tribunale sia automaticamente investito, prescindendo da ogni iniziativa di parte, di una valutazione nel merito e non solo formale dell’accordo stipulando6.
La funzione in qualche modo cautelare di questo procedimento e del relativo prov- vedimento, consistente nel garantire la futura effettiva utilità dell’accordo eventualmen- te poi stipulato ed omologato, denota la loro strumentalità rispetto al giudizio ed al de- creto di omologazione, escludendo, di conseguenza, che la cognizione che in questo de- ve essere effettuata, e quindi il sindacato del tribunale, possano mai essere, anche in mancanza di opposizioni, in qualche modo inferiori, limitati e ridotti rispetto a quelli che riguardano necessariamente l’accordo in via di stipula7.
Ancora, come visto la relazione che deve accompagnare la domanda di omologa- zione, con le aggiunte del decreto sviluppo del 2012, deve riguardare, tra l’altro,
6 Così Trib. Roma, 13.3.2012, in DeJure (s.m.); Trib. Roma, 4.11.2011, ivi (s.m.).
7 Nel senso che il testo del settimo comma conferma l’estensione automatica al controllo nel merito nel giudizio di omologazione: Giorgi, Nuove norme in tema di crediti prededucibili e di accordi di ristruttu- razione del debito, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 424 ss.; sulle modifiche del 2010 v. anche M.Fabiani, L’ulteriore up-grade degli accordi di ristrutturazione e l’incentivo ai finanziamenti nelle solu- zioni concordate, in Fall., 2010, 898 ss.
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l’idoneità dell’accordo ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei, nel termine di centoventi giorni, che decorre dall’omologazione, per i crediti già scaduti a quella data, e dalla scadenza, per i crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.
L’individuazione di questo dies a quo, da un lato porrà in concreta difficoltà il pro- fessionista, il quale - non potendo sapere quando e se l’accordo sarà omologato oppure, ove non ancora scaduto, se alla data dell’omologazione il credito lo sarà - dovrà attesta- re la verificabilità di un presupposto, entro un termine che non conosce - in quanto futu- ro, mobile, non determinato o determinabile e solo eventuale -, dunque paradossalmente non potrà che “certificare” in via ipotetica e presuntiva la possibilità (o meglio la proba- bilità) che il termine venga rispettato.
Da un altro lato, però, costituisce un ulteriore argomento a favore di quanto si so- stiene: in concreto solo il tribunale investito della domanda di omologazione, conoscen- do la data in cui questa verrà eventualmente accolta, è in grado di valutare l’idoneità dell’accordo ad assicurare il pagamento non solo integrale, ma anche tempestivo, dei creditori non aderenti; mentre sicuramente non lo sono, non conoscendo il dies a quo, sia il professionista che redige la relazione, sia, soprattutto, i soggetti interessati all’opposizione, in primo luogo proprio i creditori estranei. Di conseguenza, il tribunale deve necessariamente considerarsi automaticamente investito, prescindendo da ogni op- posizione e dai motivi di quelle eventualmente proposte, della valutazione di questo presupposto di merito dell’omologazione, come, inevitabilmente, di tutti gli altri.
In definitiva,Questo dato, peraltro mi sembra inconfutabilmente confermato dalle modifiche sopravvenute
l’accertamento che il tribunale deve effettuare ai fini dell’omologazione, non è mai limitato alla verifica dell’avvenuto deposito della documentazione di cui all’art. 161 e della relazione (deposito la cui ratio è proprio quella di permettere al tribunale la verifi- ca dei presupposti per l’omologazione) ed al riscontro, meramente formale, del fatto che l’accordo sia stato stipulato con i creditori rappresentanti il sessanta per cento dei crediti che risultano dall’elenco prodotto con l’istanza di omologazione (161 lett. b), ma si e- stende sempre ad un controllo circa il merito della relazione, cioè la concreta e reale at- tuabilità dell’accordo, «con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei» entro i termini previsti, nonché della sussi- stenza della richiesta maggioranza delle adesioni, da calcolarsi rispetto ai crediti effetti-
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vi, anche se non risultanti dall’elenco prodotto, oppure con esclusione di coloro che, pur risultando, non sono realmente creditori; potere che sussiste sempre, nel senso che vi è anche se non vengono proposte opposizioni e che prescinde dai motivi posti a fonda- mento delle opposizioni eventualmente proposte.
In altre parole, il tribunale può rigettare la domanda di omologazione per carenza dei presupposti nel merito, anche in difetto di opposizioni ed anche per motivi di merito diversi da quelli posti a fondamento delle opposizioni proposte. A tal fine, se necessa- rio, sempre prescindendo dalle opposizioni, può ricorrere ai propri poteri istruttori uffi- ciosi, in primo luogo alla c.t.u., ma anche a tutti gli altri che la legge gli attribuisce, fra i quali va incluso e segnalato, poiché si tratta di un procedimento in camera di consiglio, anche quello di assumere sommarie informazioni ai sensi dell’art. 738, secondo comma, c.p.c.
Se sono sempre ampi i poteri del giudice in ordine all’accertamento dei presupposti, è sicuramente sempre limitato il contenuto del provvedimento che questo può adottare:
il tribunale può solo omologare l’accordo o rigettare la relativa domanda (per motivi di rito o di merito), ma non può in alcun modo modificare l’accordo prima ed al fine di omologarlo: il contenuto e la disciplina dell’accordo sono indiscutibilmente riservati al- la disponibilità ed alla volontà dei contraenti e, quindi, alla fase stragiudiziale del pro- cedimento.
Inoltre, quando rigetta la domanda di omologazione, il tribunale non può - come previsto per il concordato preventivo dall’art. 173 (revoca dell’ammissione) e 180, ulti- mo comma (rigetto omologazione) - dichiarare il fallimento dell’imprenditore, anche se dal procedimento ne risultano i presupposti e vi è l’istanza di un creditore o del p.m.
(che come vedremo può intervenire), ma può solo trasmettere gli atti a quest’ultimo per- ché promuova la relativa domanda8.
Infine, dopo l’omologazione, il tribunale è privo di alcun potere di controllo sull’attuazione dell’accordo, che è sottratta, a differenza del concordato e del concorda- to preventivo (136 e 185 l. fall.), a qualsiasi forma di verifica giudiziale e torna su di un piano strettamente privatistico9.
8 In questo senso Trib. Roma, 27.1.2010, cit.
9 Secondo Trib. Terni, 4.7.2011, in DeJure (s.m.), è inammissibile l’istanza con la quale si chiede al tri- bunale di omologare delle modifiche all’accordo già omologato, pur se le medesime non comportano va- riazioni rispetto all'attuabilità del piano ed alla sua capacità di assicurare il pagamento dei creditori estra- nei, non essendo prevista alcuna forma di intervento giudiziale nella fase attuativa dell’accordo già omo-
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4. Rapporti tra la pubblicazione nel registro delle imprese e la domanda di omolo- gazione. Un altro punto da esaminare, tra quelli sui quali la legge tace, è quello, che si può definire pregiudiziale, dei rapporti tra la pubblicazione (rectius annotazione) dell’accordo nel registro delle imprese10 e la presentazione della domanda di omologa- zione: aspetto particolarmente rilevante, se solo si considera che la pubblicazione, tra l’altro, fa decorrere il termine per le opposizioni.
In particolare, nel silenzio del legislatore, in astratto i rapporti tra la pubblicazione e la domanda di omologazione possono condiderarsi regolati secondo quattro diversi mo- delli:
a) le due attività non sono in alcun modo interdipendenti;
b) la pubblicazione è condizionata all’avvenuto deposito dell’istanza di omologa- zione presso il tribunale;
c) all’inverso, la pubblicazione costituisce una condizione di ammissibilità del ri- corso, il quale, se presentato prima della pubblicazione, deve essere dichiarato inammis- sibile con una chiusura in rito del procedimento di omologazione;
d) la pubblicazione è condizione di procedibilità del giudizio di omologazione: il ri- corso presentato prima della pubblicazione è validamente proposto, ma il giudizio non può proseguire, fatto salvo il potere di sanare la carenza della pubblicazione.
Procedendo per esclusione, riterrei in primo luogo di non percorribile la soluzione sub a).
A suo favore sembra deporre il silenzio normativo, che confermerebbe l’intenzione del legislatore di escludere l’interdipendenza delle attività. Inoltre, la pubblicazione dell’accordo può prescindere dalla presentazione della domanda di omologazione e dal relativo giudizio, perché in questo caso l’accordo non può conseguire gli effetti dell’accordo omologato sui limiti all’azione revocatoria, ma determinerebbe comunque, di fatto, per sessanta giorni, l’inammissibilità e l’improcedibilità delle azioni esecutive e
logato, che non sia determinata da una specifica censura di inadempimento della parte interessata. V. an- che Trib. Terni, 13.12.2010, ivi (s.m.); ed in www.ilcaso.it.
10 Senza la quale l’accordo è inefficace, per App. Trieste, 4.9.2007, in Dir. Fall., 2008, II, 297, con nota di Manente, Non omologabilità degli accordi ex art. 182 bis l. fall. e procedimento per dichiarazione di fallimento del debitore.
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cautelari e in ogni caso, come si è sostenuto11, produrrebbe gli effetti del contratto, dell’accordo stragiudiziale, soggetto alla relativa disciplina privatistica.
Tuttavia, un giudizio di omologazione che prescinda del tutto dalla pubblicazione dell’accordo non è concepibile, perché nel suo ambito vanno proposte le eventuali op- posizioni e senza la pubblicazione dell’accordo non si realizza la pubblicità e, quindi, la conoscibilità dello stesso da parte dei soggetti legittimati all’opposizione, per la cui pro- posizione, peraltro, non inizia neanche a decorrere il termine. Seguendo questa soluzio- ne, dunque, la proponibilità in concreto delle opposizioni, almeno da parte dei creditori non aderenti e degli interessati diversi dai creditori, sarebbe lasciata ad una conoscenza meramente casuale dell’accordo; ed il giudizio di omologazione potrebbe chiudersi sen- za che i soggetti legittimati, potenziali destinatari degli effetti dell’accordo omologato, abbiano potuto, in concreto, opporsi all’omologazione; il che, ovviamente, non è tolle- rabile. Peraltro, l’art. 182 bis fa acquistare efficacia all’accordo dal giorno della sua pubblicazione, argomento che si aggiunge a quelli appena esposti, ma forse già baste- rebbe per escludere un giudizio di omologazione del tutto svincolato dalla pubblicazio- ne.
La soluzione sub b) comporterebbe sicuramente alcuni vantaggi: in particolare, la necessaria posteriorità della pubblicazione rispetto alla pendenza del giudizio di omolo- gazione, eviterebbe la possibilità che le opposizioni vengano proposte prima della do- manda di omologazione; inoltre, l’effettiva conoscenza dell’accordo da parte dei sogget- ti legittimati all’opposizione, sarebbe garantita dal deposito, e quindi dalla consultabilità presso la cancelleria del tribunale, prima della pubblicazione, dell’accordo e della rela- tiva documentazione.
Ma si tratta di due falsi problemi: il primo, perché come vedremo è (anzi deve rite- nersi) possibile che l’opposizione venga proposta prima della domanda di omologazio- ne; il secondo perché, nell’individuazione di ciò che concretamente deve essere pubbli- cato nel registro delle imprese, si deve includere l’accordo per esteso, in mancanza del quale la conoscenza ai fini dell’opposizione sarebbe compressa, o meglio esclusa.
Invece, le medesime argomentazioni che ci hanno condotto ad escludere la soluzio- ne sub a), circa il collegamento ex lege dell’efficacia dell’accordo alla sua pubblicazio- ne, ma soprattutto circa la non concepibilità di un giudizio di omologazione che venga
11 Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 139.
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deciso senza che l’accordo sia mai pubblicato, cui si aggiunge, in questa ricostruzione, l’inammissibilità di un giudizio di omologazione che rimanga pendente sine die in atte- sa della pubblicazione, devono portare ad escludere anche la seconda soluzione prospet- tata in astratto.
Quanto delineato sub c), indubbiamente esclude i rischi della pendenza di un giudi- zio di omologazione cui non si accompagni la pubblicazione dell’accordo, ed alla prima impressione sembrerebbe garantire la necessaria rapidità del processo di omologazione, che il legislatore persegue attraverso l’imposizione di un procedimento sommario. In re- altà, sotto quest’ultimo aspetto la prima impressione sarebbe ingannevole, perché il tri- bunale, prima di dichiarare l’inammissibilità, dovrebbe necessariamente provocare il contraddittorio nei confronti dell’imprenditore istante (nuovo art. 101, comma 2, c.p.c.) sulla questione di inammisibilità rilevata d’ufficio, fissando comunque a tal fine l’udienza per la sua comparizione. Peraltro, dopo la dichiarazione di inammissibilità la medesima domanda di omologazione dell’identico accordo potrebbe essere ripresentata (si spera previa pubblicazione), così la dichiarazione diretta di inammissibilità non de- terminerebbe altro risultato che ritardare il raggiungimento dell’obbiettivo dell’accordo di ristrutturazione, vale a dire una soluzione concordata, e si deve immaginare più rapi- da possibile, della crisi d’impresa. Senza considerare che tanto tradirebbe il principio, espressione dell’esigenza di economia dei giudizi, secondo il quale il processo deve tendere, per quanto possibile, alla decisione nel merito, evitandosi la chiusura in mero rito attraverso il ricorso a meccanismi di sanatoria dei vizi processuali12.
In definitiva, alla soluzione sub c) va preferita a quella sub d), a condizione che un meccanismo di sanatoria, nonostante il silenzio normativo, sia individuabile ed applica- bile.
Ebbene, l’applicazione in via analogica di una disposizione relativa all’ammissibilità del concordato preventivo permette di ritenere che una sanatoria del difetto di pubblicazione vada perseguita: in particolare, sembra potersi ritenere che an- che in questa ipotesi - alla stregua di quanto previsto dall’art. 162, primo comma, l.fall.
dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo ed ai fini della valuta- zione dell’ammissibilità della proposta - il tribunale possa, o meglio debba, concedere
12 Principio ampiamente diffuso nel nostro ordinamento processuale (es. art. 50 c.p.c. e art. 59 l. 69/2009;
artt. 102, 162, 164, 426 e 427 c.p.c.) e la cui applicabilità generalizzata è riconosciuta dal diritto vivente.
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all’istante un termine, non superiore a quindici giorni, per la pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, o per fornire la prova della pubblicazione, se avvenuta.
Tanto non comporterebbe neanche la necessità di sospendere il giudizio di omolo- gazione, perché il tribunale potrebbe (o meglio dovrebbe) fissare il termine ed al con- tempo un’udienza (che come vedremo deve comunque fissare) che cada dopo la scaden- za del termine13 per le opposizioni cui va aggiunto (come pure vedremo), un congruo termine per la costituzione, vale a dire almeno trenta giorni dopo la scadenza del termi- ne concesso per la pubblicazione dell’accordo cui vanno aggiunti (come vedremo) al- meno dieci giorni: all’udienza, se la pubblicazione sarà avvenuta tempestivamente, il giudizio di omologazione potrà proseguire, con la valutazione anche delle opposizioni eventualmente proposte, altrimenti il tribunale dichiarerà inammissibile la domanda di omologazione.
5. Il tribunale competente e le conseguenze della dichiarazione d’incompetenza.
Non essendo indicato espressamente, potrebbe porsi un dubbio nella determinazione del tribunale competente per territorio per il giudizio di omologazione, in particolare nel ca- so di discrasia tra sede legale e sede effettiva principale.
Questo dubbio deve considerarsi definitivamente sciolto dal comma sesto dell’art.
182 bis, introdotto nel 201014, che indica nel tribunale competente ai sensi dell’art. 9 l.
fall. quello al quale va proposta l’istanza di anticipazione degli effetti protettivi, così chiarendo, anche se indirettamente, che anche la domanda di omologazione va proposta al tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, criterio peraltro applicato anche dall’art 161 l. fall. alla competenza sulla domanda di ammissione al concordato preventivo.
Se il tribunale adito si dichiara incompetente, il principio enunziato della necessità di arrivare, per quanto possibile, alla decisione nel merito della controversia, espressio- ne di quello di economia dei giudizi, deve far ritenere applicabile la norma sulla dichia- razione di incompetenza nell’ambito fallimentare, vale a dire l’art. 9 bis. In particolare, vanno applicati i primi commi della disposizione, per i quali il tribunale che si dichiara incompetente con decreto dispone l’immediata trasmissione degli atti a quello compe-
13 Sul modello di quanto previsto, nell’ipotesi di giudizio iniziato senza la previa media-conciliazione ob- bligatoria, dall’art. 5, d. lgs. 28/2010.
14 Così Giorgi, Nuove norme, cit., 422 s.; Nardecchia, Commento art. 182 bis, cit., 801 s.
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tente; e se questo non ritiene, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, di richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c., dispone la prosecuzione del giudizio di omologazione.
Ma soprattutto, e questa è la reale utilità dell’applicazione della translatio iudicii, restano salvi gli effetti degli atti compiuti in precedenza, quindi, in particolare, quelli della pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese e della precedente domanda di omologazione; e restano ferme le opposizioni proposte tempestivamente nel giudizio di omologazione all’esito del quale, poi, il tribunale si è dichiarato incompetente.
Con evidenti vantaggi per l’obbiettivo dell’accordo, vale a dire la soluzione concor- data, e più rapida possibile, della crisi d’impresa.
6. Forma e contenuto della domanda di omologazione. Non sembra si possa dubita- re che la forma dell’atto introduttivo della domanda di omologazione sia il ricorso, poi- ché la struttura del giudizio introdotto con citazione a udienza fissa è del tutto estranea alla l.fall., ma soprattutto perché la proposizione della domanda con atto di citazione è materialmente incompatibile con un giudizio nel quale i potenziali destinatari degli ef- fetti del provvedimento richiesto non vengono direttamente convenuti, ma, avuta cono- scenza (almeno legale) dell’accordo attraverso la pubblicazione, possono opporsi all’omologazione. Peraltro il ricorso è l’atto introdutivo previsto dall’art. 737 c.p.c. per i procedimenti in camera di consiglio.
Naturalmente il contenuto del ricorso, per il quale si può fare riferimento alla norma generale dell’art. 125 c.p.c., consiste nella deduzione della sussistenza dei presupposti per l’omologazione dell’accordo15 - che devono risultare dalla documentazione di cui all’art. 161 l.f. e dalla relazione del professionista, che vanno depositati con il ricorso - e nella conseguente richiesta di omologazione dell’accordo, che a sua volta deve essere depositato16.
15 E per App. Milano, 21.6.2011, in DeJure (s.m.), è inammissibile una proposta di ristrutturazione dei debiti eccessivamente generica, nella quale non vengono indicati in modo specifico i creditori e nella qua- le la relazione del professionista contenga riserve sui dati di bilancio e non si esprima in modo convincen- te sulla sua fattibilità.
16 Per Trib. Milano, 25.3.2010, cit., l’accordo, pur se pubblicato nel registro delle imprese, deve essere depositato presso la cancelleria del tribunale e, a pena di inammissibilità, munito di firma autenticata delle parti dell'accordo, con possibilità per il tribunale di concedere un termine per la sanatoria di tali irregolari- tà.
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L’istante, come l’opponente, deve comunque stare in giudizio a mezzo di un difen- sore ai sensi dell’art. 82 c.p.c.
Se vi è una carenza nel contenuto del ricorso, ovvero nella documentazione che de- ve necessariamente accompagnarlo, per i medesimi motivi che devono farlo considerare applicabile all’ipotesi di carenza di pubblicazione dell’accordo, tanto più è necessario ricorrere in via analogica all’art. 162, primo comma, l. fall., così il tribunale può conce- dere un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni all’accordo e produrre documenti17.
7. Forma e contenuto dell’atto di opposizione. Il legislatore non chiarisce neanche quali debbano essere la forma ed il contenuto dell’atto di opposizione.
L’opposizione può essere proposta in via incidentale, nel giudizio di omologazione già promosso dall’imprenditore in crisi, ma anche in via principale ed autonoma: nel primo caso la forma non può che essere che quella di una comparsa o memoria di costi- tuzione, mentre nel secondo l’opposizione va proposta con ricorso.
In ambedue le ipotesi, l’attività che deve essere materialmente effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione, per evitare la decadenza, è la co- stituzione in giudizio attraverso il deposito in cancelleria della comparsa o del ricorso in opposizione. Ed anche se l’opposizione, come può avvenire, è proposta con citazione, può ritenersi tempestiva solo se l’opponente non solo notifica l’atto di citazione, ma si costituisce entro il termine depositandolo in cancelleria.
Comunque, il giudizio di omologazione deve essere unitario («il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio), quindi ove siano propo- ste autonomamente la domanda di omologazione ed una o più opposizioni, poiché si tratta di procedimenti relativi alla stessa causa è necessario disporre la loro riunione ai sensi dell’art. 273 c.p.c.
17 Secondo Trib. Terni, 2.12.2011, in DeJure (s.m.), è applicabile in via analogica l’art. 162, primo com- ma, purché la pubblicazione nel registro delle imprese avvenga in un momento contestuale o successivo al deposito delle integrazioni richieste.
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Anche per i requisiti dell’atto di opposizione, qualunque forma abbia, occorre far ri- ferimento all’art. 125 c.p.c., dovendosi sottolineare, direi ovviamente, la necessità di in- dicare i motivi che si pongono a fondamento dell’opposizione18.
8. I legittimati all’opposizione. Interessati e quindi legittimati all’opposizione sono, in primo luogo, i creditori che non hanno aderito all’accordo, i quali potrebbero conte- starne la concreta attuabilità e l’idoneità ad assicurare la loro integrale soddisfazione nei termini, oppure il mancato raggiungimento della maggioranza richiesta: l’interesse è nel fatto che in caso di successivo fallimento dell’imprenditore, il patrimonio del debitore sarebbe ridotto dagli atti, non revocabili, compiuti in adempimento dell’accordo even- tualmente omologato.
Anche i creditori aderenti devono ritenersi legittimati all’opposizione, purché questa non si fondi su un mero ed arbitrario ripensamento, ma sulla sopravvenuta convinzione della inattuabilità dell’accordo, o sul rilievo del mancato raggiungimento della maggio- ranza.
Peraltro, i creditori aderenti sono sicuramente interessati all’accoglimento della do- manda e devono ritenersi legittimati all’intervento adesivo dipendente, ai sensi dell’art.
105, ultimo comma, c.p.c., per sostenere le ragioni del debitore istante con i poteri che ne conseguono in materia di deduzioni istruttorie19.
Gli altri interessati all’opposizione sono coloro rispetto ai quali l’accordo ha una ri- levanza economica anche indiretta, come i lavoratori dipendenti dell’impresa per i quali l’accordo non tutela le aspettative di conservazione del posto di lavoro, oppure i garanti o i soci illimitatamente responsabili della società istante, che non beneficerebbero dell’esdebitazione, che invece conseguirebbe al concordato preventivo20.
Dalla legittimazione di soggetti diversi dai creditori, espressamente riconosciuta dall’art. 182 bis, resta confermata, peraltro, la connotazione anche pubblicistica del giu-
18 Per Trib. Bergamo, 12.5.2011, in Foro it., 2011, I, 2533, l'opposizione di uno dei creditori non aderenti che afferma solo l'insufficienza dell'importo messo a disposizione da un terzo finanziatore per il paga- mento dei debitori estranei, in quanto immotivata, è illegittima.
19 Secondo Trib. Bologna, 17.11.2011, in DeJure (s.m.), è ammissibile l'intervento adesivo autonomo, purché avvenga nel termine per l'opposizione alla omologa, nonché l'intervento adesivo dipendente, anche se spiegato dopo questo termine per l'opposizione; e i creditori contestati dal proponente sono legittimati ad opporsi all’omologa.
20 Tra gli altri Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 148, anche per altri riferi- menti.
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dizio di omologazione, che giustifica l’attribuzione automatica al tribunale dei poteri di controllo nel merito.
9. Il procedimento. Sul procedimento in senso stretto il legislatore si limita ad af- fermare che «il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio»21.
Punto di riferimento, dunque, sono le disposizioni comuni ai procedimenti in came- ra di consiglio degli artt. 737 ss. c.p.c., nella loro applicazione ai procedimenti con plu- ralità di parti, poiché anche in caso di mancata opposizione vi è sempre una pluralità di destinatari del provvedimento. Inoltre, qualche dato positivo è desumibile dal procedi- mento introdotto nel 2010 per l’anticipazione degli effetti protettivi del patrimonio del debitore. Infine, vi è la possibilità di ricorrere in via analogica alla disciplina del con- cordato preventivo, in particolare del relativo giudizio di omologazione: occorre chiari- re, però, che bisogna avvalersi di questa possibilità solo se è necessario e solo se la di- sciplina del concordato preventivo è compatibile con la struttura dell’omologazione de- gli accordi di ristrutturazione dei debiti.
In primo luogo, è indispensabile che il tribunale disponga con decreto la compari- zione in camera di consiglio del debitore istante e degli eventuali opponenti, fissando al fine un’udienza.
Sembra sufficiente la sola comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza al debitore istante ed agli eventuali opponenti, anche quando è ancora pendente il termine per l’opposizione, perché una sua pubblicazione ai sensi dell’art. 17 l. fall., in applica- zione analogica di quanto previsto dall’art. 180 l.f. per il decreto che fissa l’udienza nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, costituirebbe un’inutile duplica- zione di quella già effettuata ai sensi dell’art. 182 bis, che pur avendo un oggetto diver- so, ha la stessa funzione - la provocatio ad opponendum degli interessati – che avrebbe la pubblicazione del decreto di fissazione dell’udienza.
A sua volta superflua appare la notificazione del decreto ai creditori opponenti, a cura del debitore, alla stregua di quella prevista, per i creditori dissenzienti, dall’art. 180 l.f.: poiché i creditori opponenti, in quanto tali, sono necessariamente già costituiti, sarà
21 In proposito, tra gli altri, Scarselli, in AA.VV., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, 542 ss.
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pienamente sufficiente, come detto, la mera comunicazione del decreto a cura dell’ufficio.
Queste affermazioni sembrano suffragate, peraltro, dal comma settimo dell’art. 182 bis, che per l’anticipazione degli effetti protettivi, la cui domanda è pubblicata nel regi- stro delle imprese, prevede la fissazione di un’udienza con decreto, con la «comunica- zione ai creditori della documentazione» depositata.
L’interesse pubblico sotteso al giudizio di omologazione lo inquadra tra quelli nei quali, ai sensi dell’art. 70, ultimo comma c.p.c., il pubblico ministero può intervenire22.
In proposito, l’applicazione analogica dell’art. 161, ultimo comma, l. fall. sembra opportuna e necessaria, così che la domanda di omologazione dell’accordo, alla stregua di quella di concordato, deve essere comunicata al pubblico ministero, che potrà inter- venire esercitando i poteri, pur limitati ma potenzialmente efficaci, che l’art. 72, com- ma secondo, c.p.c. attribuisce al pubblico ministero interventore facoltativo, il quale può
«produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni, nei limiti delle domande proposte dalle parti».
Il potere di intervento del pubblico ministero, tra l’altro, compensa, nella realizza- zione della garanzia dei potenziali destinatari degli effetti dell’omologazione dell’accordo, la conoscenza solo legale o presunta (derivata dalla pubblicazione nel re- gistro delle imprese) e non effettiva, che questi soggetti, ai fini dell’opposizione tempe- stiva, potrebbero avere dell’intervenuto accordo.
Si potrebbe sostenere che gli opponenti, come nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, debbano costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza per svolgere le proprie difese in rito e nel merito e per produrre documenti ed indicare mez- zi di prova: in realtà in questo caso il ricorso alla disposizione del concordato preventi- vo è superfluo ed incompatibile con la disciplina dell’art 182 bis l. fall., che già prevede un termine per la costituzione degli opponenti, laddove appunto indica nei trenta giorni dalla pubblicazione il termine per la proposizione delle opposizioni, che deve avvenire, come chiarito, attraverso la costituzione, con il deposito del ricorso (o della citazione er- roneamente scelta) se proposta in via principale, o di una memoria se proposta in via in- cidentale.
22 Così Trib. Milano, 25.3.2010, cit.; per M. Fabiani, Accordi di ristrutturazione, ruolo del giudice e pro- cesso per fallimento, cit., par. 7, il suo ruolo è quello dell’interventore adesivo dipendente.
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Individuare il termine per la costituzione nei dieci giorni prima dell’udienza dareb- be luogo ad una inammissibile rimessione in termini degli opponenti, se questo fosse successivo alla scadenza del termine per l’opposizione, ovvero ad un’iniqua riduzione di quest’ultimo, se precedente.
Peraltro, anche se di fatto è difficile che ciò si verifichi al di fuori dell’ipotesi di mancata pubblicazione già esaminata, se al momento della fissazione dell’udienza non è ancora scaduto il termine per le opposizioni, è opportuno, ma non obbligatorio, che il tribunale fissi l’udienza in modo che tra la scadenza del termine e quest’ultima decorra un tempo che ponga in grado le altre parti, in particolare il debitore, di arrivare all’udienza essendo già in grado di replicare anche alle “nuove” opposizioni, e permetta al tribunale di esserne già a conoscenza, per evitare il rischio che opposizioni possano ancora essere tempestivamente proposte all’udienza. Ed un parametro per la congruità del termine può essere individuato proprio nei dieci giorni prima dell’udienza, che l’art.
180 l.f. concede per la costituzione nel giudizio di omologazione del concordato preven- tivo.
Quest’apparente battuta d’arresto del procedimento, in realtà realizza un’economia dello stesso, perché evita la necessaria fissazione di ulteriori udienze al solo fine di permettere le repliche alle opposizioni tempestivamente formulate per la prima volta in udienza.
10. Le preclusioni. Fra le righe di quanto fin qui detto, si è anche, parzialmente, in- dividuato il meccanismo delle preclusioni che caratterizza il giudizio di omologazione dell’accordo, che va ora riepilogato e completato.
L’istante deve dedurre nel ricorso i presupposti per l’omologazione dell’accordo e produrre i documenti - quelli dell’art. 161 l.f. e la relazione - che li dimostrano; il tribu- nale può concedere il termine per l’integrazione (162, comma 1), se sono lacunosi. Suc- cessivamente, salve le repliche alle opposizioni, non mi sembra ci siano margini per ul- teriori attività assertive ed asseverative a sostegno dell’istanza di omologazione.
Gli opponenti, invece, devono costituirsi entro il termine per l’opposizione, indi- cando nella memoria, o nel ricorso, i motivi di opposizione - vale a dire le eccezioni processuali e di merito avverso la domanda di omologazione, i fatti su cui queste si fon- dano, le contestazioni della sussistenza dei presupposti per l’omologazione - nonché e-
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lencando le prove documentali e richiedendo i mezzi di prova costituendi di cui inten- dono avvalersi.
La deduzione dei motivi di opposizione resta preclusa con lo scadere del relativo termine, prima del quale, però, l’opponente già costituito può effettuare ogni integrazio- ne.
Non sembra, invece, che la preclusione si formi anche per le istanze istruttorie, visto che l’indicazione delle prove non costituisce un presupposto per la valida proposizione dell’opposizione (come di qualsiasi domanda o eccezione) e che il legislatore non pre- vede, per questa attività, alcun momento preclusivo, in un procedimento caratterizzato dalla sommarietà e, quindi, dalla elasticità. Di conseguenza, nuovi documenti possono essere prodotti e nuove istanze istruttorie formulate dall’opponente anche direttamente all’udienza, salva la possibilità dell’istante di replicare ed indicare la prova contraria.
Naturalmente la sommarietà del procedimento non può consistere in una compres- sione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e della garanzia del paritario trattamento delle parti e della terzietà ed imparzialità del giudice, soprattutto se si consi- dera, come si vedrà anche nel prosieguo, che questa cognizione sommaria è esclusiva e non alternativa o strumentale alla cognizione piena.
Dunque, ogni volta in cui le parti possono svolgere attività nuove, deve essere ga- rantito il potere di replicare (ad esempio il debitore può replicare in udienza alle opposi- zioni proposte dopo l’istanza di omologazione).
Inoltre, se il tribunale rileva d’ufficio una questione processuale o di merito, in ap- plicazione dell’art. 101, secondo comma, c.p.c., non può emanare una decisione senza dare alle parti la possibilità di formulare osservazioni sulla questione; e se prima dell’udienza, durante la stessa o successivamente con provvedimento reso fuori udienza, esercita i poteri istruttori ufficiosi che gli sono riconosciuti, deve dare a tutte le parti il potere di replica e di indicazione della prova contraria (v. art. 183, settimo comma c.p.c.).
Peraltro, anche in questo procedimento trova applicazione l’istituto - oggi di portata generale con l’art. 153, secondo comma, c.p.c. - della rimessione in termini della parte incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile: in particolare, è tanto più proba- bile che si debba applicare al breve termine per la proposizione dell’opposizione, la cui decorrenza è determinata da una conoscenza dell’accordo che potrebbe non essere effet- tiva; anche se bisogna fare attenzione a non considerare come causa di non imputabilità
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la negligenza soggettiva del creditore o dell’interessato nell’informarsi sulla situazione economico-patrimoniale del debitore.
La sommarietà del giudizio, finalizzata alla sua rapidità, consiste, oltre che nel già visto potere di assumere d’ufficio sommarie informazioni, soprattutto nella possibilità per il tribunale di assumere i mezzi di prova costituendi ammessi su istanza di parte o disposti d’ufficio, secondo modalità semplificate e deformalizzate rispetto a quelle im- poste nel giudizio, ordinario o speciale, a cognizione piena (es. prova testimoniale o c.t.u.).
Esaurita l’eventuale fase istruttoria (che ovviamente può anche svolgersi in più u- dienze) il giudice decide pregiudizialmente, ma nel medesimo provvedimento, sulle e- ventuali opposizioni e omologa l’accordo o rigetta la domanda di omologazione, per e- spressa previsione dell’art. 182 bis, con decreto motivato. Dunque, anche la fase deciso- ria è estremamente semplificata rispetto alla cognizione piena.
11. Inquadramento del procedimento, natura del provvedimento ed efficacia di giu- dicato. Prima di esaminare il regime del decreto, e quindi il reclamo, è bene tirare le somme circa l’inquadramento del procedimento giudiziale di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, nell’ambito dei modelli conosciuti in astratto dal nostro ordinamento, per poi individuare la natura di questo provvedimento ed il gra- do di stabilità dei suoi effetti.
Indubbiamente si tratta di un procedimento sommario, nel senso che diverge ed è semplificato rispetto al modello processuale della cognizione piena, ordinaria o speciale che sia.
Tuttavia, costituisce il modello previsto in via esclusiva dall’ordinamento per la tu- tela della situazione sostanziale che ne costituisce l’oggetto, che potremmo definire il diritto potestativo ad ottenere gli effetti che derivano dall’omologazione dell’accordo, anche contro la volontà dei creditori non aderenti e degli altri interessati.
Modello esclusivo nel senso che non è strumentale alla cognizione piena, come av- viene per i provvedimenti cautelari, ma soprattutto nel senso che la tutela giurisdiziona- le di questa situazione sostanziale non può essere richiesta, in via alternativa, in un giu- dizio a cognizione piena, che inoltre non può mai seguire, nemmeno eventualmente, alla fase sommaria (alternatività e possibilità della cognizione piena che caratterizzano, ad
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es., il procedimento monitorio e la convalida di sfratto, ma anche il procedimento som- mario ex art. 702 bis ss. c.p.c.).
A ben vedere, più che di procedimento sommario, sarebbe corretto parlare di proce- dimento semplificato o deformalizzato, poiché la cognizione che ne costituisce l’oggetto e gli accertamenti che nel suo ambito devono essere compiuti, in realtà sono quelli che, di regola, caratterizzano la cognizione piena, che in questo caso non è percorribile.
E questo modello non è utilizzato dal legislatore solo nel giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, ma anzi costituisce la regola, direi unica, nel- la legge fallimentare riformata, a partire dalla dichiarazione di fallimento e fino all’omologazione del concordato preventivo, oltre ad essere utilizzato nel nostro ordi- namento anche in diverse altre fattispecie, come in tutte quelle in cui il procedimento in camera di consiglio è imposto per la tutela di diritti soggettivi, o ancora quelle in cui, a seguito della semplificazione dei riti, il rito sommario ex art. 702 bis ss. c.p.c., è previ- sto in via esclusiva.
La conseguenza di quanto osservato è che il decreto emanato all’esito del giudizio di omologazione è un provvedimento decisorio, e non di mera volontaria giurisdizione, reso all’esito di un’azione di cognizione, la sola riconosciuta a tutela della situazione so- stanziale che ne costituisce l’oggetto.
Inoltre, questo provvedimento non solo è l’unico per ottenere gli effetti dell’accordo che derivano dall’omologazione, ma è anche necessario, nel senso che questi effetti non possono essere raggiunti stragiudizialmente sulla base della sola volontà delle parti.
Sembra allora che il decreto di omologazione vada qualificato come un provvedi- mento decisorio di natura costitutiva necessaria; in particolare è il solo atto con il quale si possono costitutire gli effetti dell’accordo che conseguono, appunto, solo all’omologazione, in particolare l’esclusione dell’azione revocatoria in caso di fallimen- to successivo. E l’operatività di questi effetti, per espressa previsione dell’art. 182 bis, retroagisce al momento della pubblicazione dell’accordo.
Tanto incide anche sul regime, sul quale si rinvia al par. successivo, e sulla stabilità del provvedimento non più impugnabile.
Un provvedimento di questo tipo, infatti, se non è stato impugnato o se in relazione ad esso si sono esaurite le impugnazioni possibili, non può che conseguire l’efficacia di giudicato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa (nonché, in questo caso, dei creditori non aderenti che non hanno proposto opposizione).
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In concreto, il vincolo del giudicato, nel caso di decreto che omologa l’accordo, consiste nella preclusione (cronologicamente maturata già con la scadenza del relativo termine) di ogni ulteriore opposizione già dedotta o deducibile nel giudizio23; mentre non sembra impedire, per il medesimo debitore, la domanda di omologazione di un nuovo e diverso accordo di ristrutturazione, la quale avrebbe un oggetto diverso da quel- la coperta dal giudicato (anche se l’attuabilità in concreto del nuovo accordo sarebbe quanto meno dubbia).
Se il tribunale ha rigettato la domanda di omologazione per motivi di merito, il giu- dicato sostanziale preclude la riproposizione della domanda di omologazione del mede- simo accordo, che vada ad inquadrarsi in una identica situazione debitoria ed economi- co-patrimoniale complessiva del debitore, mentre è possibile proporre una domanda di omologazione di un accordo che sia diverso nei suoi contenuti e/o faccia riferimento ad un background patrimoniale nel frattempo variato.
Infine, se il rigetto è avvenuto per motivi di rito, ad esempio se la mancata pubbli- cazione persiste nonostante la concessione di un termine per effettuarla, nulla impedi- sce, in mancanza di un giudicato sostanziale, di riproporre una identica domanda di o- mologazione.
12. Il regime del provvedimento: il reclamo. Secondo il quinto comma dell’art 182 bis l. fall., il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’art.
183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro del- le imprese. Dunque il legislatore prevede espressamente un mezzo di gravame, indican- dolo nel reclamo proponibile anche contro il decreto reso nel giudizio di omologazione del concordato preventivo.
Va sottolineato che il termine per il reclamo, seppure molto breve, decorre dalla pubblicazione del decreto nel registro delle imprese: dunque, se la parte vittoriosa in- tende far acquisire al provvedimento la stabilità del giudicato, è onerata della pubblica- zione del decreto.
Peraltro, la sostanziale imposizione della pubblicazione del decreto, è un indice del- la volontà legislativa di renderlo conoscibile anche da parte dei creditori e degli altri in- teressati non opponenti, che in quanto tali non sono stati parte nel giudizio di omologa-
23 E per Pagni, Contratto e processo, cit., 609, sono assorbite anche le azioni di nullità e di annullamento.