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Risarcimento danni da micropermanenti. Considerazioni critiche sulla simulazione di un processo

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Academic year: 2022

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Risarcimento danni da micropermanenti.

Considerazioni critiche sulla simulazione di un processo

Dr. Giavanbattista Petti*

Premessa

La simulazione è una falsa rappresentazione della realtà, nel senso che ciò che appare è diverso dalla situazione reale.

Nella simulazione di un caso concreto (Mario Rossi: trauma distorsivo ginocchio dx con lesioni legamentose e sospetto mancato uso delle cinture di sicurezza. – Salsomaggiore 1998) il giudice unico, sull’accordo delle parti, ha deciso secondo equità, dopo aver celebrato un pubblico dibattimento, nel contraddittorio nelle parti ed avere acquisito le relazioni pratiche.

Prima di procedere all’esperimento (poiché è tale il processo propedeutico) ho avvertito i congressisti che esso avrebbe avuto non il carattere della perfezione e della esemplarità, ma quello dell’approssimazione e della sinteticità, per consentire ai partecipanti di procedere ad un dibattito critico, sia per la parte medico legale, sia per la parte giuridica, con l’eventuale critica della decisione.

Successivamente alla chiusura del dibattimento e prima della decisione, per la ristrettezza dei tempi, ho dato la parola ai partecipanti e si è registrata una attesa, ma violenta polemica, sul modus operandi del consulente medico legale e sulla metodologia in generale.

Si è trattato, evidentemente da parte degli organizzatori di un errore di strategia, poiché la discussione ha anticipato la decisione.

E’ come se la giuria popolare anticipasse il proprio giudizio al giudice, che poi dovrebbe adattare la decisione alle istituzioni popolari.

Tutto è avvenuto nella fase rivoluzionaria, della rivoluzione francese e cinese.

Errore strategico, ma utilissimo per capire il livello culturale medio degli interlocutori, che apparivano divisi dalle competenze: da una parte i medici, che attaccavano la consulenza d’ufficio, necessariamente sintetica e volutamente lacunosa. Il che avrebbe dovuto consentire critiche tecniche e non polemiche e consigliare il giudicante ad integrare quella valutazione con le più accurate riflessioni dei consulenti di parte. D’altro evento i giuristi (gli avvocati) invece evidenziavano come, nell’esigenza della pratica forense, il caso apparisse adeguato alla realtà di giudizi minimalisti, sottovalutati, talora dai soggetti tecnici deputati alla tutela della parte danneggiata.

Divisione di competenze dunque, e di mentalità, e da ciò una polemica utile e costruttiva.

Prima di editare la decisione di equità (da un giudice che non necessariamente si identifica con il giudice di pace, ma che potrebbe essere il nuovo giudice unico, cui affidare lo “snellimento” di processi) mi consento una puntualizzazione.

Nell’unitarietà del processo, difensori e tecnici svolgono ruoli diversi ma complementari.

Il medico legale (di ufficio e di parte) gioca il suo ruolo nello stabilire il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la lesione della persona, nella sua integrità fisica e psichica, nell’identificare e qualificare la minoranza della salute, e nel misurarla, secondo parametri oggettivi.

Sennonché “il danno biologico” accanto ad una componente “naturalistica”, la lesione della salute, ha una seconda componente, sociale interrelazionale, (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno alla capacità produttiva, alla capacità concorrenziale per perdite di chances etc), che pure deve essere considerata e valutata.

Il conflitto tra le competenze (del medico e del giurista) consiste in ciò: che il medico legale sottovaluta o trascura la componente interrelazionale, specie quando si tratta di una

“micropermanente”, con il risultato di sottovalutare o ridurre il riconoscimento del danno, il giurista a sua volta è in parte responsabile di questa sottovalutazione, perché, nei quesiti da sottoporre al

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consulente d’ufficio, non si è premurato di chiedere la considerazione anche della componente

“interrelazionale” che non è “medicalmente accertabile”, ma lo è in via di equità circostanziata.

Questa polemica o incomprensione evidenzia a sua volta una posizione culturalmente arretrata.

Il danno da micropermanente, per quanto minimo, attiene alla lesione di un diritto inviolabile della persona ( la salute – art. 32 Cost.) e pertanto deve essere integralmente risarcito dai soggetti che ne sono civilmente responsabili.

E’ ben vero che, nella maggior parte dei casi di responsabilità da circolazione stradale, il danno personale risarcibile attiene a lesioni con esiti permanenti a punteggio non elevato, sicché l’interesse dell’assicuratore (parte forte) è quella di sottovalutare il danno e di accusare il danneggiato (parte debole) di condotta sleale.

La tesi è stata sostenuta “apertis verbis” da autorevoli esponenti degli uffici legali delle assicurazioni. Rispondo che la “frode” del danneggiato è facilmente smontabile o verificabile dall’esperto dell’assicuratore, mentre il punto dolente è diverso, ed attiene al costo “sociale”

dell’assicurazione obbligatoria, che, come tutti i costi sociali è superiore al costo “economico”.

Questo problema però attiene al rapporto tra assicuratore ed assicurato, e non può risolversi in una sorta di “franchigia” in danno della parte lesa, che è estranea a tale rapporto. Il calcolo del valore del “rischio assicurato” compete alla tecnica assicurativa ed agli organi preposti delle Pubbliche Amministrazioni o di controllo. Se questo calcolo, come si assume, è errato, la colpa è della politica economica assicurativa, non del danneggiato.

Detto questo, è tempo di “pubblicare” la decisione.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL GIUDICE UNICO

DECIDENDO SU ACCORDO DELLE PARTI SECONDO EQUITA’

NEL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI RILEVA

In fatto

Il giorno 3 marzo 1997 il Signor Mario Rossi, mentre era alla guida della propria auto FIAT PUNTO, con cinture di sicurezza allacciate e poggiatesta inserito, veniva a collisione con un altro autoveicolo BMW che sopravveniva dalla sinistra a velocità non moderata (come verrà in evidenza dalla valutazione del consulente tecnico di ufficio) e senza rispettare il segnale di STOP (come accertato dalla polizia stradale), urtava la parte antero-laterale dell’auto, provocando danni al veicolo (fatturati per quattro milioni) ed alla persona.

L’attore ha convenuto in giudizio il conducente danneggiante-proprietario dell’auto antagonista e l’assicurazione, chiedendo il risarcimento dei danni biologico, morale, patrimoniale, come specificati nell’atto introduttivo e nelle conclusioni. Le controparti si sono costituite resistendo sia per l’AN che per quantum debeatur.

E’ stata espletata consulenza medico legale nella persona del Rossi e consulenza tecnica per la cinematica dell’incidente.

Sull’accordo delle parti la decisione è data secondo equità.

In diritto

I punti decisivi attengono:

1. alla ricostruzione della dinamica dell’incidente ai fini dell’accertamento della colpa, ed in particolare all’uso da parte del danneggiato, delle misure di sicurezza;

2. all’accertamento dell’entità delle lesioni, sia per il danno biologico che per il danno interrelazionale;

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3. all’accertamento di danni patrimoniali all’auto.

Quanto al primo punto, relativo alla dinamica dell’incidente, il principio equitativo di responsabilità da affermare, in tema di scontro tra veicoli, ad un incrocio, è quello della considerazione, in concreto delle condotte antagoniste, al fine di valutare l’incidenza causale (condotte come condizioni dell’evento), con riguardo alle regole di comune prudenza (condotta con comportamento adeguato alla circolazione).

Malgrado la rilevanza dei danni, il consulente tecnico ha accertato:

a) che il Rossi, al momento del sinistro, indossava le cinture di sicurezza;

b) che procedeva a velocità moderata;

c) che l’incidente venne provocato dal mancato arresto dell’auto antagonista al segnale di STOP.

Nulla è stato precisato circa la tempestività del reciproco investimento.

In queste condizioni di fatto, la causa determinante dell’evento è da ascrivere alla condotta di chi non ha rispettato il segnale di arresto (STOP), che accorda precedenza assoluta al veicolo sopravvenuto.

Tale condotta è colpevole, per negligenza e imprudenza, e, da solo ha concorso alla produzione dei danni.

Quanto al secondo punto, essendo certa la dinamica ed il nesso causale tra gli effetti del violento impatto e le lesioni alla persona, il principio di equità da affermare è quello del risarcimento integrale del danno alla persona, nelle sue componenti, biologiche e patrimoniali.

Per la valutazione del danno biologico, la consulenza tecnica d’ufficio, pur insufficiente , può essere integrata dalle considerazioni delle osservazioni date dai punti di parte, onde le lesioni, con una invalidità parziale di 28 giorni ed una invalidità permanente dell’8%, possono venire liquidate avendo come riferimento le tabelle a punto vigenti presso questa Corte, e tenendo conto del coefficiente di età (35 anni), nella misura di 20 milioni (2 milioni per l’inabilità temporanea e 18 per la invalidità permanente) ai valori attuali, inclusi gli interessi compensativi, e con gli interessi legali della pronuncia al saldo.

Una tale liquidazione, che include una voce patrimoniale (per le inabilità) ed una voce non patrimoniale (per il danno biologico) dev’essere integrata con l’aggiunta della valutazione del danno interrelazionale, posto che la menomazione riscontrata incida anche nell’attività sportiva praticata (per il tennis e lo sciare) e quindi nello stile di vita del danneggiato.

Per tale voce, in via equitativa, si ritiene di aggiungere la somma di £. 6.000.000, ai valori attuali, inclusi gli interessi corrispettivi.

Quanto ai danni patrimoniali, mi sono stato chiesti:

a) come danno emergente per le riparazioni all’auto (per £. 4.000.000);

b) come lucro cessante per le mancate prestazioni di straordinari (per £. 1.500.000);

c) come danno emergente per l’intervento chirurgico artroscopico (per £. 9.000.000).

Le prime e le terze voci sono meritevoli di accoglimento.

Quanto alla riparazione all’auto appare evidente una sovrafatturazione, onde in via equitativa si riducono a £. 2.000.000, ai valori attuali; nulla per le mancate prestazioni di straordinari; in assenza di elementi di valutazione anche presuntiva; è invece dovuto, per l’intero, il danno per le spese dell’intervento chirurgico, essendo libero il danneggiato di rivolgersi a medici o cliniche private di fiducia, al fine di ottenere la reintegrazione della propria salute.

Il principio di equità nella specie affermata è quello che il danneggiato ha il diritto soggettivo di procedere alla migliore tutela della propria salute, proprio al fine di ridurre l’entità del danno personale, che attiene ad un diritto inviolabile della persona.

Sono dunque dovute le spese mediche documentate per £. 9.000.000.

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Il danno morale, in considerazione dell’entità e durata delle lesioni, è liquidato equitativamente

£. 1.000.000 ai valori attuali.

In conclusione la somma globalmente e relativamente dovuta ascende, ai valori attuali, a £.

40.000.000, inclusi gli interessi compensativi, e con gli interessi legali in tale somma, della data della pronuncia.

Le spese di lite e di consulenza tecnica sono a carico delle parti ricorrenti un solido nella misura indicata nel disposto.

P.Q.M.

OMISSIS

* Magistrato della Suprema Corte di Cassazione, Roma

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