Il debito pubblico è un problema di lunga data per l’Italia che vincola le scelte di politica fiscale e di bilancio passate, presenti e future dello Stato. Il PNRR dovrebbe incidere significativamente sulle prospettive di crescita per rendere sostenibile l’ingente debito pubblico accumulato.
LA TERMINOLOGIA
IL ‘DEBITO PUBBLICO’ E LA SUA DEFINIZIONE
- MODELLISTICA ECONOMICA SUL DEBITO PUBBLICO
2 Definizione tratta da Internet all'indirizzo https://www.istat.it/it/metodi-e-strumenti/glossario, verificata il 18 febbraio 2022. 3 Definizione tratta da Internet all'indirizzo https://www.treccani.it /enciclopedia/valore-nominale_%28Enciclopedia-della-Matematica%29/, vista il 18/02/2022.
IL ‘PIL’ E LA SUA DEFINIZIONE
- MODELISTICA ECONOMICA SUL PIL
- MODELLISTICA ECONOMICA SULL’INFLAZIONE
- LA RELAZIONE TRA DEBITO PUBBLICO E INFLAZIONE
La definizione data da Eurostat è la seguente: “L'inflazione è un aumento del livello generale dei prezzi di beni e servizi. Sono due i canali attraverso i quali l’inflazione modificherà la dinamica del debito pubblico: la crescita del PIL nominale e i tassi di interesse.
LA STORIA DEL DEBITO PUBBLICO DALL’UNIFICAZIONE D’ITALIA
DALL’UNIFICAZIONE D’ITALIA (1861) ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE (1950) 30
VARIAZIONE PERCENTUALE DEI PREZZI AL CONSUMO PER FAMIGLIE DI LAVORATORI E DIPENDENTI, VARIAZIONE % RISPETTO AL PRIMO ANNO. VARIAZIONE PERCENTUALE DEI PREZZI AL CONSUMO PER FAMIGLIE DI LAVORATORI E DIPENDENTI, VARIAZIONE % RISPETTO AL PRIMO ANNO.
GLI ANNI DELLE SPINTE SOCIALI (1968-1975)
La politica monetaria è espansiva con la Banca d'Italia che, per stabilizzare il tasso di interesse, diventa il restante acquirente di titoli pubblici. La Banca d'Italia è così costretta a vendere valuta per proteggere la lira, sospendendo temporaneamente l'operazione di stabilizzazione del tasso di interesse interno.
LA STABILIZZAZIONE ABORTITA (1976-1979)
Un modo comune per vedere quali dinamiche assumerà il rapporto debito/PIL si basa sul confronto tra il tasso di interesse medio pagato sul debito (chiamato tasso di interesse implicito) e il tasso di crescita nominale. Se quest’ultimo sarà maggiore, sarà più facile ridurre il rapporto debito/Pil, che dipenderà però dall’entità del debito.
LA STABILIZZAZIONE INCOMPLETA (1980-1986)
Dietro questo calo ci sono principalmente due ragioni: il deficit annuo è in aumento, rimasto costante intorno al 10% nel periodo in esame, sospinto non tanto dal disavanzo primario, che rimane stabile attorno al 2/3%, ma dalla spesa per interessi . Questo è ciò che innesca la spirale debito-interesse-debito, che crea un circolo vizioso che aumenta lo stock di debito per ripagare il debito stesso. D'altro canto, per le ragioni sopra elencate, si sta riducendo la “tassa sull'inflazione” che ha permesso negli ultimi anni l'erosione dei tassi di interesse reali, rendendoli negativi, come illustrato nel paragrafo 4 di questo capitolo.
Grafico 13: Disavanzo annuo suddiviso in % tra deficit primario e spesa per interessi, in Italia dal 1973 al 1986.
UNA CORSA CONTRO IL TEMPO (1987-1992)
Il fenomeno iniziò già nel 1985 (vedi tabella sopra), quando la domanda fu posta all'allora ministro delle Finanze Goria, ma secondo lui il debito continuava a non essere un problema. Nel 1988, il ministro delle Finanze Giuliano Amato propose un piano per arrestare la crescita del rapporto debito/PIL, che prevedeva l'introduzione di tetti alla spesa, all'indebitamento, agli appalti pubblici, all'allungamento della vita media del debito e a meccanismi di favore del debito. trasferibilità. anche sui mercati internazionali. La maggior parte dei titoli di Stato sono detenuti dalle famiglie, una posizione supportata da una serie di fattori coesistenti: l’attrattiva dei tassi di interesse variabili come strumento finanziario per il risparmio della classe media, la riluttanza dei piccoli risparmiatori e delle piccole imprese all’emergere di un mercato più moderne forme di investimento come le azioni di società quotate, o i fondi di investimento, e infine la progressiva rimozione delle restrizioni amministrative sui prestiti che costringevano le banche a investire in Italia (Tedoldi e Volpi, 2021).
In effetti, i salari crescono dell’8% (più di 2 punti percentuali sopra il tasso di inflazione) e i mercati interni funzionano in modo inefficiente.
LA CRISI (1992-1995)
La locomotiva debito-interesse-debito ha ora preso velocità e i temibili avanzi primari non sono inizialmente sufficienti a fermare il progresso a causa degli interessi impliciti pagati sul debito. Quest'ultimo elemento conferisce esclusività alla scelta di variare i tassi di interesse ufficiali sulle operazioni di sconto e anticipo (il primo dei cinque strumenti di politica monetaria a disposizione della banca centrale, esaminati nel capitolo 1) e nel 1993 con la definitiva abolizione del. Gli Stati Uniti aumentano i tassi di interesse attuando una politica monetaria restrittiva a causa del possibile rischio.
In Italia, i tassi di interesse erano, ad esempio, si è gradualmente abbassato mentre l’inflazione continuava a scendere: al primo segnale di aumento dell’inflazione, la banca centrale ha risposto prontamente razionando la base monetaria e aumentando i tassi di interesse, spegnendo un rialzo dell’inflazione. sorgere che sarà testimoniato.
IN EUROPA, NONOSTANTE TUTTO (1996-1999)
Il tasso di interesse medio per i titoli di stato a lungo termine nel 1997 non dovrebbe superare quello della media dei tre paesi più bassi d'Europa di oltre il 2%. In termini di stabilità del tasso di cambio, l’Italia è tornata nello SME nel 1996 e vi resterà fino alla fine del 1998, adempiendo all’obbligo. Il tasso di crescita del PIL reale scende al di sotto del 2% (vedi grafico 20), rimanendovi per l’intero triennio coperto dall’analisi.
Un discorso simile vale per il tasso di disoccupazione, che nel 1996 era pari all'11,3% contro una media del 9,7% nei paesi fondatori dell'Unione Europea (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Germania Ovest)30.
DALL’ENTRATA NELL’EURO AGLI ANNI ANTECENTI LA PANDEMIA DI
LA LENTA REDENZIONE E L’APPAGAMENTO INGANNEVOLE (1999-2007)
Quanto accaduto in Italia nel 1992 è uno degli inconvenienti del sistema swing band, che riguarda il rischio per la credibilità dell’accordo quando scoppia uno shock asimmetrico che richiede scelte di politica economica diverse tra paesi. Pertanto gli speculatori, consapevoli della debolezza del ciclo economico europeo e italiano in particolare, hanno cominciato a vendere la lira per acquistare marchi. Anche dopo l'adozione dell'euro i singoli paesi dovranno mantenere una politica di bilancio rigorosa, in particolare il rapporto tra deficit e Pil non dovrà superare il 3%.
Il programma della campagna elettorale prevede la liberalizzazione, la sburocratizzazione e lo sgravio fiscale dell'economia, necessari per la modernizzazione del Paese.
GLI ANNI BUI (2008-2011)
La crisi di liquidità si trasforma rapidamente in una crisi di solvibilità che minaccia la stabilità dell’intero sistema economico occidentale. L’arrivo dell’euro ha portato con sé diverse conseguenze, tra cui l’allineamento dei tassi di interesse pagati dai paesi per il debito pubblico. Tuttavia, questa situazione non è altro che un grosso errore commesso dai mercati, che hanno percepito tutti i paesi dell’Eurozona come ugualmente meritevoli di credito.
Una teoria che mette in relazione risparmio e consumo (saldo di bilancio) per i tre principali settori dell'economia: pubblico, privato e commercio estero.
UN DECENNIO DI TRISTE IMMOBILITA’ (2012-2019)
Il capitolo mostra come l’adesione all’Eurozona abbia comportato un drastico calo degli interessi pagati sul debito, ma allo stesso tempo abbia allentato la pressione sulle finanze pubbliche, rendendo il Paese più vulnerabile alle due crisi del 2008 e del 2011. Nelle ultime due decenni, è emerso anche uno dei problemi più gravi del Paese: il circolo vizioso tra alto debito pubblico e tasse elevate, che porta a un freno agli investimenti che aumenteranno la produttività e quindi anche la competitività delle merci italiane. Una volta superate le turbolenze, i governi politici di centrosinistra hanno ricostruito un proficuo rapporto con l’Unione Europea, da cui è emersa una politica fiscale.
Nel frattempo, il programma di riforme e di riqualificazione della spesa pubblica in Italia ha subito una fase di stallo, con i governi più recenti che hanno addirittura raggiunto un accordo con l'Unione Europea; dai toni accesi ad aspri del dibattito, la sfiducia dei mercati nei confronti dello Stato italiano ha portato ad un nuovo rialzo dello spread che ha scosso la stabilità dei conti pubblici.
L’AVVENTO DELLA PANDEMIA E IL CAMBIAMENTO DEGLI EQUILIBRI
Tuttavia, le entrate dell’UE non sarebbero sufficienti a coprire ciò che è stato dato ai paesi e che non può essere rimborsato. 42 Gli eurobond sono titoli di Stato emessi dall'Unione Europea e garantiti da tutti i paesi della zona euro. Chi ha acquistato il titolo al momento del collocamento e lo detiene fino alla scadenza può usufruire di un premio fedeltà pari allo 0,8 per cento dell'importo acquistato»45.
Segue il future BTP emesso il 14 luglio con scadenza a 10 anni ma che, a differenza dei BTP tradizionali, prevede cedole crescenti: “Il tasso cedolare annuo atteso è pari a 1,15.
L’EUROPA SCEGLIE DI CAMBIARE APPROCCIO: L’IMPATTO DEL NEXT GENERATION
Ecco perché "le prospettive di crescita economica appaiono oggi più deboli e molto più incerte rispetto all'inizio dell'anno", dove il deterioramento è determinato da una serie di variabili esogene come i prezzi dell'energia, i tassi di interesse, il tasso di cambio ponderato dell'euro e minore crescita attesa nei mercati di esportazione italiani. Ecco perché "Il piano prevede un ampio spettro di misure che toccano molte delle principali questioni strutturali dell'economia, come la riforma del settore pubblico. Per un'analisi più approfondita del Piano si rinvia alla sezione 4 del documento intitolata “Valutazione di Impatto Macroeconomico”.
La valutazione d’impatto considera gli effetti di tutte le spese aggiuntive del Piano, equivalenti a circa 183 miliardi di euro finanziati da RRF, REACTEU e dal Fondo nazionale complementare (vedi Figura 5).
NON PIU’ UN LONTANO RICORDO: IL RITORNO DELL’INFLAZIONE
- C’E’ EVIDENZA EMPIRICA SULLA RELAZIONE TRA ALTO DEBITO PUBBLICO E BASSA
Nel frattempo, è ancora possibile fare una serie di considerazioni su come l’inflazione sta influenzando il debito pubblico. Obiettivo di questo paragrafo è analizzare gli impatti che un debito pubblico elevato ha sulla crescita del PIL e, quindi, sulle imprese. Il debito pubblico influisce negativamente sul tasso di crescita dell’economia attraverso le scelte di politica fiscale e le decisioni di consumo e investimento del settore privato.
Figura 10: Grafico di regressione lineare tra debito pubblico/PIL e tasso di crescita del PIL nominale con linea di tendenza.
NON ESISTONO SOLUZIONI FACILI A PROBLEMI COMPLESSI
80 Equazione tratta dall'articolo 'Riduzione del debito pubblico: l'esperienza delle economie avanzate negli ultimi 70 anni' di Bernardini, Cottarelli, Galli e Valdes, 2019 pag. 70. Fonte: 'Riduzione del debito pubblico: l'esperienza delle economie avanzate durante gli ultimi 70 anni' di Bernardini, Cottarelli, Galli e Valdes, 2019 p. Bernardini Sofia, Carlo Cottarelli, Giampaolo Galli e Carlo Valdes (2019), “Ridurre il debito pubblico: l'esperienza delle economie avanzate negli ultimi 70 anni” RIVISTA DI POLITICA ECONOMICA, DEBITO PUBBLICO IN ITALIA: PERCHÉ È UN PROBLEMA EMERGENTE, Confindustria.
RIVISTA DI POLITICA ECONOMICA, DEBITO PUBBLICO IN ITALIA: PERCHÉ È UN PROBLEMA E COME USCIRNE, Confindustria.