Omicidio stradale - guida contromano - aggravante – requisiti condotta - coscienza e volontà – violazione accidentale -
L’aggravante di cui all'art. 589-bis, comma 5, numero 2, del codice penale relativa alla circolazione contromano, alla luce del principio informatore della circolazione stradale di cui all'art. 140 del codice della strada, non può che riferirsi alla invasione della corsia opposta al senso di marcia causata da distrazione, non esistendo ulteriori ambiti di valutazione in merito alla volontà e coscienza dell’andare contromano.
I giudici, nel caso di specie, hanno accertato che l’invasione della corsia opposta era stata causata da distrazione e disattenzione del conducente e hanno escluso, per mancanza di prove, la tesi del malore causativo della deviazione dalla traiettoria.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente:
Francesco Maria CIAMPI Rel. Consigliere:
Daniele CENCI
ha pronunciato la seguente Sentenza
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Firenze il 24 gennaio 2020, in riforma parziale della sentenza, impugnata dall'imputata, con cui il G.u.p. del Tribunale di Arezzo il 29 marzo 2018, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto A.
A. responsabile del reato di omicidio stradale e, ritenuto il fatto aggravato dall'avere guidato contromano (art. 589-bis, comma 2, num. 5, cod. pen.), con le circostanze attenuanti generiche, la riconosciuta attenuante di cui al comma 7 dell'art. 589-bis cod. pen. e la diminuzione per il rito, la ha condannata alla pena stimata di giustizia, oltre alla revoca della patente di guida, ha rideterminato, riducendola, la sanzione; con conferma quanto al resto.
2. I fatti, in sintesi, come ricostruiti concordemente dai giudici di merito.
Il 30 luglio 2016 l'imputata, conducendo un'automobile a velocità superiore al consentito lungo una strada provinciale, in un tratto rettilineo con ottima visibilità e senza ostacoli, ha perso il controllo del mezzo, ha invaso l'opposta corsia di marcia provocando uno scontro frontale con un'auto che viaggiava regolarmente in senso contrario e che - si è ritenuto - nulla ha potuto fare per evitare l'urto: per effetto del violento impatto la madre dell'imputata, sig.ra B. B., trasportata sull'auto guidata da A. A., ha riportato gravi lesioni che la hanno condotta a morte il 20 agosto 2016.
Si sono ravvisati nella condotta dell'agente plurimi profili di colpa sia generica che specifica (artt. 140-143 del codice della strada), in particolare per non avere saputo mantenere il controllo del veicolo e per avere marciato contromano sull'opposta corsia. È stato escluso (p. 3 della sentenza del G.u.p.) che il nesso eziologico sia dato dal superamento del prescritto limite di velocità.
L'attenuante di cui al comma 7 dell'art. 589-bis cod. pen. è stata ritenuta sussistente in ragione di una rilevata carenza dell'intervento dei sanitari che si sono occupati della persona offesa, sotto il profilo della emersione di un probabile, anche se non certo, "ritardo diagnostico, la cui insussistenza però non avrebbe assicurato con certezza la sopravvivenza della vittima" (così alla p. 1 della sentenza impugnata, ove si specifica che si tratta di
fiducia e si affida a tre motivi con cui denunzia promiscuamente violazione di legge, anche sotto il profilo della mancanza di giustificazione, e vizio di motivazione.
3.1. Con il primo motivo censura la ritenuta violazione degli artt. 589-bis, comma 5, num. 2, cod. pen. e 143 del d. Igs. 30 aprile 1002, n. 285, e mancanza ed illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante per avere l'imputata guidato contromano.
Rammentato di avere sostenuto nell'atto di appello la insussistenza dell'aggravante in questione, mancando nel caso di specie la coscienza e la volontà di andare contromano e non essendovi (secondo quanto sembrerebbe recepito dalla Corte di appello, v. p. 3 del ricorso) tracce di condotte emergenziali (frenata, scarrocciamento, repentini mutamenti di direzione), si assume avere la Corte territoriale affrontato il tema con una motivazione inidonea ed errata, che, tra l'altro, assimila l'andare volontariamente contromano al finirvi per altre cause, tra cui l'incoscienza in conseguenza di un malore.
"Si era osservato in atto di appello che il concetto di circolazione contromano dovrebbe attenere ad una volizione non meramente accidentale o se vogliamo colposa ma, al contrario, qualificata da una apprezzabile volontà di invasione dell'opposta carreggiata certamente non assimilabile alla occasionale e fortuita deviazione del percorso [... e che], sotto i/ profilo sistematico, le altre condotte costituenti circostanze aggravanti previste dall'art. 589-bis, co. 2, nr. 1, 2, 3 c.p. sono tutte caratterizzate da specifica ed evidente volizione" (così alla p.4 del ricorso): ebbene, la Corte di appello non avrebbe inquadrato né risolto esattamente il tema, finendo la stessa (p.
3 della sentenza impugnata) per assimilare - ma erroneamente - la condotta di chi coscientemente invada l'altrui corsia, magari per un sorpasso avventato, a quella di chi, invece, dia luogo alla invasione per un malore, per una perdita di coscienza o per un guasto meccanico, condotte, con ogni evidenza, non assimilabili alla prima. Insomma, la Corte di merito
riterrebbe la sussistenza dell'aggravante per il solo fatto, oggettivo, della invasione della opposta carreggiata, così incorrendo, ad avviso della ricorrente, nel vizio di omissione o di illogicità manifesta della motivazione.
Il riferimento che si rinviene alla p. 3 della decisione impugnata ad una presunta distrazione della conducente per salutare persone ferme sul bordo della strada, così distogliendo lo sguardo dalla strada, sarebbe basato, ad avviso della ricorrente, su dichiarazioni testimoniali inattendibili ed inconferenti.
3.2. Mediante il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione ed erronea applicazione dell'art. 59, comma 2, cod. pen. e, nel contempo, di mancanza e manifesta illogicità della motivazione quanto alla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell'aggravante contestata, aggravante che - si afferma - costituisce "tipica circostanza nella quale l'evento è susseguente alla condotta. Non vi è dubbio che, nel caso di specie, la circostanza aggravante de qua può ritenersi sussistente solo dopo la verificazione del fatto storico costituito dal decesso della signora B. B. [...], avvenuto a distanza di oltre trenta giorni dal sinistro e per le note concause [...]" (così alla p. 7 del ricorso).
Si richiama al riguardo il principio puntualizzato dalla S.C. (Sez. 6, n.
52321 del 13/10/2016, Beccaro Migliorati, Rv. 268522), ritenendosi che, applicando tale principio nel caso di specie, "si deve affermare che l'evento di cui deve valutarsi la "previsione o prevedibilità" è il decesso della trasportata, madre dell'imputata. Come noto dagli atti, tale evento si è verificato a notevole distanza temporale dal sinistro e per concause esplicitate nella perizia medico-legale agli atti [...] Tali valutazioni, confortate peraltro dalle conclusioni profferte dal consulente di parte [...], consentono di affermare che l'esistenza delle concause da omesso ed adeguato trattamento terapeutico e diagnostico non potevano rientrare nell'ambito della prevedibilità del soggetto agente [...] Riterremmo pertanto che il decesso della trasportata non possa ritenersi evento "oggettivamente
motivazionale sotto il profilo della mancanza di motivazione" (così alle pp.
8-9 del ricorso).
3.3. Con l'ultimo motivo lamenta violazione della previsione dell'art. 222 del codice della strada, come risultante dall'intervento della Corte costituzionale con la nota sentenza n. 88 del 19 febbraio - 17 aprile 2019, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 cod. proc. pen. per i reati di cui agli artt.
589-bis (omicidio stradale) e 590- bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) cod. pen., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.
Rammenta la Difesa che la Corte territoriale ha confermato la revoca della patente di guida valorizzando la gravità della condotta ed addita tale giustificazione a meramente apparente, in quanto "La condotta colposa non può ritenersi grave, perché grave sarebbe la distrazione determinante l'invasione della carreggiata. È evidente (la circostanza pare non esclusa nei ragionamenti della Corte) che la condotta riferibile alla sig.ra A. A. è geneticamente connessa ad una perdita di coscienza, o quantomeno ad una inspiegabile perdita di controllo del veicolo. Riterremmo inammissibile il valutare la gravità di una condotta colposa inferendola dalle conseguenze, anche remote, del sinistro. La accidentale perdita di controllo del veicolo [...] presuppone, se del caso, una lievissima condotta negligente o imperita"
(così alle pp. 10-11 del ricorso).
Né potrebbe dirsi "grave" la violazione facendo riferimento all'evento mortale, poiché nel decesso vi è stato - si ribadisce - il contributo causale della colpa dei sanitari che hanno avuto in cura la vittima dell'incidente.
Ulteriormente inconferente sarebbe il riferimento alla velocità, superiore al consentito, del veicolo guidato dall'imputata, poiché si è accertato che la velocità non ha avuto rilevanza causale nella verificazione del sinistro.
Il riferimento alla possibilità, per effetto dell'urto, del decesso anche degli occupanti dell'auto investita è poi meramente congetturale e non verificatosi.
Essendo, insomma, secondo la difesa, afflitti da illogicità intrinseca tutti i ragionamenti apparentemente giustificativi della sussistenza dell'aggravante, si ritiene che la sanzione amministrativa potesse e dovesse essere graduata in termini di sospensione, anziché di revoca, del titolo abilitativo.
Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.
4. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 25 settembre 2021 ha chiesto rigettarsi il ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per i seguenti motivi.
1.1. Quanto al primo dei temi affrontati nell'impugnazione (i.e.: la dedotta insussistenza dell'aggravante dell'avere guidato contromano, poiché tale condotta sarebbe stata inconsapevole; l'aggravante in questione dovrebbe essere addebitata, secondo l'impostazione difensiva, solo a titolo di azione volontaria), osserva il Collegio quanto segue.
I giudici di merito hanno escluso la tesi del malore causativo della deviazione dalla traiettoria, per mancanza di prova al riguardo (pp. 3-4 della sentenza del G.u.p. e pp. 3-4 di quella della Corte di appello), anzi spiegando l'accaduto in termini di distrazione della conducente, avendo ritenuto motivatamente credibili le dichiarazioni degli occupanti
sentenza impugnata).
Hanno anche spiegato in maniera ragionevole e logica che l'aggravante di cui all'art. 589-bis, comma 5, num. 2, cod. pen., facendo riferimento al principio informatore di cui all'art. 140 del codice della strada, non può che riferirsi alla invasione della corsia opposta di marcia causata da distrazione e disattenzione.
1.2. Quanto al secondo profilo di doglianza (l'aggravante postulerebbe una valutazione, nel caso di specie mancante, in termini di prevedibilità;
sarebbe stato violato l'art. 59, comma 2, cod. pen.), la ricorrente richiama il precedente di Sez. 6, n. 52321 del 13/10/2016, Beccaro Migliorati, Rv.
268522, secondo cui "I criteri di valutazione delle circostanze aggravanti, previsti dall'art. 59, comma secondo, cod. pen., riguardano non solo le circostanze antecedenti o contemporanee alla condotta dell'agente, ma anche quelle successive, in relazione alle quali la "conoscenza" o l'"ignoranza per colpa", devono intendersi come "previsione" o
"prevedibilità" della circostanza medesima. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso l'aggravante della transnazionalità di cui all'art. 4, I. 16 marzo 2006, n. 146, rilevando che il concorso dell'imputato nel delitto di corruzione di cinque pubblici ufficiali cui erano stati erogati ingenti importi di denaro in un arco temporale non breve, non costituivano elementi idonei a rendere prevedibile la successiva attività di "ripulitura" all'estero di tali somme, tramite un gruppo criminale organizzato)".
Si tratta di precedente in linea con le seguenti, non recenti, affermazioni della Corte di legittimità:
"In tema di circostanze aggravanti, la valutazione delle circostanze a carico dell'agente, in base all'art. 59, comma secondo, cod. pen., riguarda non solo quelle antecedenti o contemporanee alla condotta dell'agente, ma anche quelle successive. Peraltro, atteso che si può parlare di "conoscenza"
o di "ignoranza per colpa" in relazione a dati già esistenti e non a quelli che
vengono a essere integrati in un momento successivo alla condotta, deve ritenersi che, in relazione alle circostanze aggravanti successive alla condotta, la conoscenza o ignoranza per colpa significhino "previsione" o
"prevedibilità" della circostanza. (Fattispecie in tema di circostanza aggravante per il reato di contrabbando di cui all'art. 295, comma secondo, lett. b), D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43)" (Sez. 6, n. 12530 del 24/09(1999, Tinnirello ed altri, Rv. 216393); "Il nuovo sistema di valutazione delle circostanze aggravanti, introdotto dall'art. 1 della legge 7 febbraio 1990 n.
19, che ha modificato il disposto dell'art. 59 cod. pen., riguarda tutte le circostanze aggravanti e quindi non solo quelle antecedenti o contemporanee alla condotta dell'agente, ma anche quelle successive.
Peraltro, atteso che grammaticalmente si può parlare di "conoscenza" o di
"ignoranza per colpa" in relazione a dato già esistente e non a quello che viene ad essere integrato in un momento successivo alla condotta, deve ritenersi che, in relazione alle circostanze aggravanti successive alla condotta, la "conoscenza" o "ignoranza per colpa" significhino "previsione" o
"prevedibilità" del fatto-circostanza aggravante" (Sez. 5, n. 3952 del 18/0271992, Cremonini, Rv. 189816).
Ciò posto, non si comprende il senso della contestazione difensiva, nei concreti termini in cui è essa è sviluppata, circa il nesso tra previsione o prevedibilità delle possibili conseguenze della guida contromano e decesso della vittima, decesso che - ipotizza la difesa - sarebbe avvenuto "per le note concause" (p. 7) ossia per la cattiva cura da parte dei sanitari, tema che è stato adeguatamente preso in considerazione da parte della Corte di appello che (alla p. 1) ha motivatamente parlato di concausa del decesso di rilievo però minimo.
1.3. Infine, con riferimento all'ultimo aspetto (dedotte illegittimità/erroneità/ingiustizia della revoca, anziché mera sospensione, della patente), occorre tenere presente che la sentenza di primo grado è del 29 marzo 2018, quindi antecedente alla sentenza della Corte costituzionale
ragione dell'elevato grado di colpa dell'imputata, della estrema pericolosità della sua condotta di guida, caratterizzata non solo da grave distrazione che ha cagionato il sinistro ma anche da velocità superiore al limite vigente in quel tratto di strada e che avrebbe potuto cagionare un evento ancora più grave come il decesso degli occupanti dell'auto investita.
Si tratta di motivazione sufficiente, non illogica né incongrua, rispetto alla quale la Difesa si limita ad avanzare osservazioni parcellizzanti del complessivo discorso giustificativo e non decisive.
2. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.) al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/10/2021.
Il Presidente: CIAMPI
Il Consigliere estensore: CENCI
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022.