L’esigenza di un maggiore approfondimento della tematica oggetto del lavoro è innanzitutto avvertita dal policy maker europeo che per l’ultima fase programmazione della politica di svilupporurale ha rafforzato la procedura di valutazione strutturando un sistema di indicatori al fine di determinare l’impatto della politica sul territorio europeo in maniera più sistematica e organica rispetto al precedente periodo di programmazione. Inoltre negli ultimi anni numerose sono state le ricerche finanziate dall’Unione europea con lo scopo di ottenere una lettura più strutturata del territorio rurale europeo tramite la definizione di tipologie di aree al fine di costruire una politica indirizzata ad una maggiore efficienza ed efficacia (SERA, TERA, RuDI, Scarled, FARO). Infatti la letteratura si è concentrata prevalentemente sull’analisi dei singoli interventi della politica di svilupporurale. Alcuni i contributi sull’analisi della spesa pubblica, dell’architettura degli interventi (Dwyer et al., 2007; Mantino, 2008; Sotte, 2009). Manca una letturaregionale della politica di svilupporurale a livello europeo. Il lavoro condotto da Shucksmith, Thomson e Roberts (2005) di riferimento per il presente lavoro, produce risultati interessanti circa il contributo della Pac agli obiettivi di coesione, risultati basati in realtà su dati di programmazione e sulla spesa per le aree svantaggiate. In linea teorica il condizionamento dei risultati ad opera della procedura di attribuzione risulta rilevante. Così pure i tentativi di determinare delle tipologie “rurali” a livello europeo non hanno fin’ora considerato le precise indicazioni del
La RICA è un’indagine campionaria annuale avviata in maniera omogenea in tutti i paesi dell’UE dal 1965 con l’obiettivo di determinare i risultati economico‐contabili delle aziende agricole. Dal 2003 la partecipazione delle aziende all’indagine RICA è su base non più volontaria ma casuale e risponde a un piano di selezione rappresentativo delle diverse tipologie produttive (Ordinamento Tecnico Economico – OTE) e dimensionali (Unità di Dimensione Economica – UDE) a livello di regione amministrativa. Questo garantisce il rispetto dei requisiti probabilistici e consente la stima dell’errore di campionamento statistico a livello nazionale e regionale. In Italia la RICA è gestita dall’INEA, che si avvale per la rilevazione e il controllo dei dati delle proprie sedi regionali e, a partire dal 2008, ha adottato l’applicativo GAIA per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Attraverso questa indagine, che annualmente rileva dati strutturali, contabili e economici su un campione di circa 11.000 aziende, vengono raccolte anche informazioni aggiuntive rispetto a quelle istituzionali richieste dalla Commissione europea. Tale ricchezza informativa la rende preziosa per la realizzazione di un gran numero di analisi in ambito agricolo.
convenienze politiche al fine di costruire un serbatoio di voti, ne minò il successo complessivo. 26 Infatti, la costante ingerenza della classe dirigente del tempo nelle attività amministrative era dettata dalla volontà di assecondare le agende personali dei politici di turno, piuttosto che da motivi economici legati allo sviluppo dei territori. L’estrema instabilità dei Governi in questi anni creò una classe politica focalizzata maggiormente sull’ottenimento di benefici di breve periodo piuttosto che sulla programmazione di lungo termine. Per di più, non era contemplata alcuna forma di accountability per le azioni e gli interventi posti in essere. 27 Di conseguenza, alcuni autori ritengono che la priorità della classe politicaregionale, specialmente nel Mezzogiorno, fosse di rafforzare e perpetuare sé stessa; il modo più facile per ottenere ciò era costruire forti legami preferenziali con la classe amministrativa e i Governi locali. 28 Questi ultimi, per garantire il supporto ad essi richiesto, pretesero nel tempo crescenti risorse dirette a rafforzare le reti clientelari, in questa logica le risorse del governo centrale e locale venivano utilizzate per scopi clientelari che servivano a rafforzare i singoli poteri. La classe politica assecondando le richieste locali affermava il proprio potere all’interno del partito e nei confronti degli altri partiti. I leader politici regionali usavano dunque i fondi addizionali per “comprare” il consenso dei leader politici locali, e questa allocazione di risorse era del tutto priva di una sottostante logica di sviluppo economico. 29 Il meccanismo distorto della negoziazione privata tra la classe politicaregionale e quella locale venne rafforzato dal desiderio dei politici locali di conservare la loro posizione privilegiata di potere sui cittadini. 30 Complessivamente, la “politica italiana era caratterizzata da tre elementi: un sistema elettorale che diluiva la responsabilità dei policy-maker, un sistema giudiziario impotente nei confronti dello strapotere dei partiti politici e un
l’applicazione di buone pratiche agricole conferendo loro la forza di norme obbligatorie”. Benché, la Commissione avesse posto la condizionalità soggetta a variazioni regionali, per evitare distorsioni della concorrenza, il documento evidenziava come “occorresse una piattaforma comune che poggi su criteri di attuazione uniformi”. Ancora, il documento indicava come gli Stati avrebbero dovuto definire ed applicare le norme in questione, attenendosi ad un quadro di riferimento comune recante i criteri essenziali di attuazione. La Commissione evidenziava che per i terreni inutilizzati era necessario fissare l’obbligo per i produttori di rispettare determinati criteri di gestione e di mantenere la terra in buone condizioni agronomiche. “La finalità principale della condizionalità, che non prevede l’introduzione di nuovi standard ambientali, è quella di sostenere l’attuazione dell’attuale legislazione in materia ambientale, di sicurezza alimentare, di salute e benessere degli animali. In caso d’inadempimento di questi obblighi, i pagamenti diretti verrebbero ridotti proporzionalmente al rischio o al danno causato” (CE, 2002). Per rispondere “alle esigenze della società ed aiutare gli agricoltori a conformarsi ai requisiti di un’agricoltura moderna e di alto livello qualitativo”, la Commissione proponeva di instaurare e promuovere un sistema di audit per le aziende agricole professionali, messo a punto dagli Stati membri in funzione della dimensione economica delle aziende. L’audit aziendale doveva vertire sui flussi di materiali, sui processi seguiti dall’azienda e sulle attrezzature, in relazione alle norme in materia di ambiente, di sicurezza dei prodotti alimentari, di benessere degli animali e di sicurezza sul lavoro. Il documento aggiungeva che l’audit aziendale sarebbe stato finanziato nel quadro delle misure di svilupporurale, con l’obiettivo di massima di introdurlo, nel futuro, in tutte le aziende agricole.
20 Una particolare rilevanza viene data al recupero e mantenimento delle superfici investite da prati stabili, prati-pascoli, pascoli in zone montane, con finalità produttiva, ambientale e paesaggistica. La Sottomisura 214/e cui sono destinati 55 milioni di euro, rappresenta la principale linea di intervento della misura in termini finanziari, a dimostrazione della sua centralità nella strategia regionale. I risultati della valutazione in itinere mostrano come gli impegni sottoscritti nell‟ambito della Sottomisura 214/e hanno interessato, al dicembre 2013, circa 3.500 beneficiari e 63.700 ettari di superficie agricola, prevalentemente in area montana, con effetti positivi sulle diverse componenti ambientali di cui agli obiettivi specifici dell‟Asse 2, tutela della biodiversità, qualità dell‟acqua, riduzione dell‟erosione, mitigazione cambiamenti climatici e presidio del territorio (Agriconsulting, 2014). Tali superfici ricadono per il 45% nelle aree montane del bellunese. Il premio annuale previsto per il mantenimento degli impegni è compreso tra i 130 e i 287 euro ad ettaro di superficie.
stimenti che riguardano tutti i soggetti che insistono su una determinata area, opportunità che derivano dalle politiche comunitarie, nazionali, regionali. Oggi si pone la questione di come valorizzare la competitività del- le aree rurali piuttosto che guardare soltanto a quella di un singolo settore, seguendo un approccio di gover- nance multilivello (comunitaria, nazionale, locale) che coinvolge stakeholders pubblici e privati. Il processo di Riforma della politica Agricola Comune (pAC) è attual- mente in corso, pertanto si è aperta una nuova fase per lo svilupporurale dell’Unione Europea. La proposta di Regolamento da parte del Fondo europeo agricolo per lo svilupporurale (FEASR) del 12 ottobre 2011 e succes- sive modificazioni, l’approvazione del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 europeo (QFp) del febbraio 2013, il dibattito ancora vivo a livello di Consiglio, parlamen- to e Commissione (trilogo), nonché le recenti evoluzioni politiche a livello comunitario e dei singoli stati membri, hanno generato un mosaico normativo molto articola- to. Contemporaneamente, a livello di amministrazione regionale, sono iniziate le attività per la predisposizione del nuovo programma di svilupporurale che si pone l’o- biettivo di coniugare le tematiche di maggiore rilievo per lo svilupporurale del Friuli Venezia Giulia con le indica- zioni comunitarie e nazionali.
L’art. 30 della proposta di Regolamento prevede l’obbligo di includere nel futuro PSR la misura dedicata ai pagamenti agro-climatico-ambientali. In data 8 marzo 2013, la Commissione europea ha prodotto il documento “Technical elements of agri-environment-climate measure in the programming period 2014 – 2020” con l’obiettivo di fornire chiarimenti agli SM per la programmazione e l’attuazione della misura pagamenti agro-climatico-ambientali attraverso i PSR 24 . Il testo è allo studio da parte dell’INEA regionale per vagliare la fattibilità delle seguenti proposte. Rispetto alla precedente programmazione, oltre alle aziende agricole (singole o raggruppate), dovrebbero essere inclusi tra i beneficiari anche altri soggetti gestori del territorio (singoli o raggruppati) anche se non sono gestori di attività agricole. I Comuni potrebbero ad esempio essere destinatari di interventi mirati a co-finanziare la gestione e/o realizzazione del verde urbano, degli orti cittadini e dell’uso non commerciale delle superfici agricole (quest’ultima in linea con il recente disegno di legge del MiPAAF). Una semplificazione rispetto all’attuale PSR sarebbe auspicabile: in particolare si propone di cadenzare annualmente i bandi e concedere ai beneficiari la possibilità di costruire l’intervento in base alle peculiarità aziendali (modello sloveno/austriaco). Per quanto riguarda gli interventi finanziabili (che potrebbero interessare tutta la superficie aziendale o parte di essa), sulle colture arboree dovrebbero essere premiati (Progetto Bambi, INEA 2011): a) l’uso di atomizzatori a basso volume/recupero (minor impiego di acqua, minor uso teorico di fitofarmaco, minore effetto deriva); b) l’inerbimento parziale o totale del coltivo (migliore gestione delle acque meteoriche, minor compattamento del suolo, migliore fertilità biologica del suolo, minore lisciviazione dei nitrati); c) la pacciamatura sulla fila (minor uso di diserbanti, minore necessità idrica delle colture); d) la confusione sessuale (minor uso di
E’ fondamentale superare confini settoriali nei sistemi di delivery della politica di svilupporurale attraverso l’implementazione di un sistema coerente, sostenuto dai diversi settori di governo e definito secondo un principio orizzontale, al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi causati da una potenziale sovrapposizione e dalla rigida demarcazione delle misure. Il focus dovrebbe essere sulla crescita, a livello nazionale/regionale, del coordinamento e della coerenza della politica, puntando a un’ampia visione condivisa e cercando di rendere coerenti gli approcci di delivery e le procedure dei diversi fondi e dipartimenti di riferimento. Si ritiene tuttavia che il coordinamento dei diversi programmi al livello locale sia particolarmente importante, al fine di integrare differenti politiche nell’ambito di una strategia locale di sviluppo. Per migliorare l’efficienza nell’implementazione dei programmi, occorre adattare i sistemi istituzionali, fornire linee di indirizzo e accrescere il capitale umano. Tuttavia, l’aumento dell’efficienza non dovrebbe avvenire a scapito di un’attenta valutazione delle domande di aiuto, necessaria a garantire comunque l’efficacia delle misure. Il decentramento e gli approcci di sviluppo locale richiedono un potenziamento molto maggiore delle capacità degli attori locali di assicurare un coordinamento efficace. In particolare, occorre rafforzare le capacità strategiche delle partnership locali attraverso percorsi formativi, affiancamento e scambio di buone pratiche sulla base di attività di rete.
Progetto SUSCI PSR FVG 2014-2020 37 per il tramite degli Enti di Sviluppo. La natura delle tematiche agricole, legate alle specificità locali e alle differenze climatiche e orografiche, ha reso utile e necessario un rapporto sempre più intenso fra le università e gli enti di ricerca dislocati nei diversi territori e le strutture regionali di governo dell’agricoltura (nell’ambito della stima del finanziamento complessivo nazionale alla ricerca, l’Annuario dell’agricoltura INEA introduce il dato per regione già nel 1987). Le prime Regioni che hanno avviato un processo di riflessione strutturata sulla propria attività di promozione della ricerca e hanno cominciato a delineare indirizzi di politica e percorsi di governance dei finanziamenti sono state quelle del centro-nord (Bolzano, Trento, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana). La prima normativa di riferimento risale agli anni Settanta (Bolzano, Piemonte). Le Regioni del sud hanno promosso un’analoga attività a partire dal 2000. Un ruolo ufficiale nella promozione della ricerca è stato dato alle Regioni dalla Legge costituzionale n. 3 del 18/10/2001 che, modificando il Titolo V della parte seconda della Costituzione, ha indicato la ricerca scientifica e tecnologica e il sostegno all’innovazione per i settori produttivi quale materia di legislazione concorrente: spetta cioè alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato. Da quel momento, l’impegno regionale si è intensificato, come dimostrato dal moltiplicarsi di norme e programmi di indirizzo e dall’incremento dell’investimento finanziario. Riguardo ai modelli organizzativi ed alle procedure di attuazione (Vagnozzi et al., 2006), le Regioni e Province Autonome presentano situazioni molto differenziate, ma se ne possono distinguere essenzialmente due, spesso compresenti:
Il nuovo regolamento sullo svilupporurale 1 , valevole per il periodo di programmazione 2007-2013, presenta un approccio allo svilupporurale più semplice rispetto al precedente, ma al tempo stesso più strategico, attraverso la definizione di tre obiettivi essenziali ai quali ricondurre tutti gli interventi di svilupporurale (competitività, ambiente, qualità della vita). La principale novità riguarda l’introduzione proprio del cosiddetto approccio strategico che comporta anche un orientamento nuovo in termini di monitoraggio e valutazione. Infatti, risulta accresciuta notevolmente l’esigenza di creare un sistema di monitoraggio e valutazione basato su principi e procedure comuni, che soddisfi i fabbisogni conoscitivi relativi agli effetti della politica di svilupporurale (Monteleone 2005; Mantino, 2008). A tal fine, la Commissione Europea, insieme agli Stati membri, ha presentato il Quadro comune per il monitoraggio e la valutazione (QCMV o CMEF). Le procedure esistenti in materia di sorveglianza, controllo e valutazione sono state così estese e rafforzate in modo da garantire un utilizzo più efficace. Tali miglioramenti riflettono un approccio più decentrato alla programmazione e alla gestione dei programmi ed una più chiara definizione delle responsabilità in materia di sorveglianza e di valutazione a livello comunitario, nazionale e regionale.
Attraverso il Sistema Nazionale di Valutazione si intende, infatti, favorire e consolidare l’integrazione fra tutte le valutazioni di interventi della politicaregionale da cui possono nascere comuni esigenze conoscitive e valutative. La ratio di questo processo è quella di disegnare strumenti di valutazione ispirati agli stessi principi e compatibili tra di loro, che forniscano ai decisori politici risultati confrontabili a supporto di una visione complessiva degli effetti delle diverse politiche sul territorio (a prescindere dall’effettiva esistenza di una strategia unitaria di programmazione degli interventi). Questo contribuisce anche alla coerenza dell’intero quadro programmatico e all’integrazione delle politiche, promuove la partecipazione degli attori a tutte le politiche rilevanti per il territorio e alla loro valutazione e concorre a creare complementarietà e sinergie fra politiche che hanno effetti moltiplicativi sul benessere, sul reddito e sulla qualità della vita.
Comportamenti così disomogenei tra Regioni non possono essere ricondotti a un’uni- ca origine: nel caso del Lazio e delle Marche, per esempio, l’incremento delle risorse sem- bra essere riconducibile, come già evidenziato nei paragrafi precedenti, alla scarsa presenza di giovani in qualità di conduttori agricoli; nel caso della Lombardia, l’incremento di dota- zione rientra nella più ampia sfera di intervento della qualificazione delle risorse umane, ele- mento divenuto centrale nella nuova programmazione (così come indicato chiaramente anche nel documento regionale di valutazione ex ante del PSR); per quanto riguarda la Campania, invece, la dotazione destinata alla misura 112 va considerata in abbinamento a quella relativa alla misura 121 (ammodernamento delle aziende agricole), che consente al giovane imprenditore di ottenere un premio molto più consistente (si passa, infatti, da 5 mila euro per chi prevede di attivare solo la misura 112, sino a un massimo di 55 mila euro per chi accede anche alla misura 121).
Il lavoro svolto nell’ambito del Snv è volto a favorire il coordinamento terri- toriale della valutazione delle politiche di sviluppo. Il venir meno della unitarietà della programmazione e dell’omogeneità delle regole e delle procedure, anche per quanto riguarda la valutazione, rende, infatti, ancor più difficile attuarlo. Per questo a cominciare dal disegno del pSn, si è previsto che nel corso dell’attuazione dei programmi “debba essere garantito il collegamento con le attività del Sistema Nazionale di Valutazione per le Politiche Regionali di coesione, assicurando il co- ordinamento con le strutture nazionali di riferimento per la valutazione degli in- terventi della politica di coesione unitaria” (Mipaaf, 2007). L’azione del Snv si basa sul superamento di una visione della valutazione fondo per fondo, spesso limitante nella comprensione degli impatti delle diverse politiche che agiscono sugli stes- si territori. Il coordinamento territoriale della valutazione mira, in questo senso, all’integrazione fra tutte le valutazioni condotte a livello nazionale e regionale, comprendendo in questo quadro anche quelle relative agli interventi dello svilupporurale. La logica di tale processo è fornire una visione complessiva degli effetti delle politiche sul territorio favorendo, per questa via, una spinta maggiore anche alla loro integrazione. In particolare, a questo fine, si è introdotto lo strumento del Piano Unitario di Valutazione 19 , che ogni Regione ha redatto 20 , individuando, in par- ticolare, le strutture di governance preposte al coordinamento della valutazione, composte dai referenti per le attività di valutazione dei singoli programmi di Fondo (FeSr, FSe, FaS, Cooperazione territoriale) e dal referente del Piano di Sviluppo ru- rale e gli ambiti di intervento delle politiche su cui impostare valutazioni integrate. 19 Il Quadro Strategico Nazionale prevede che ciascuna Amministrazione predisponga un piano di valutazione che interessi tutte le valutazioni di interventi nell’ambito della stessa politica, indipen- dentemente dalla fonte di finanziamento. Tale processo è allargato anche alla politica di svilup- po rurale, pur nel rispetto delle responsabilità di gestione e delle diverse regole. Nel documento “Orientamenti per l’organizzazione della valutazione della politicaregionale: il piano di valutazione” (Sistema Nazionale di Valutazione della PoliticaRegionale, 2008), si spiega che il “Piano unitario delle valutazioni” (PUV) dovrebbe contenere la strategia valutativa regionale e descrivere, quindi, l’elenco delle valutazioni che la Regione intende attivare, le risorse umane e finanziare messe a disposizione, nonché le modalità di realizzazione. In questo elenco dovrebbero rientrare, quindi, anche le valutazioni relative alla politica di svilupporurale (MISE, 2007).
b) aree rurali ad agricoltura intensiva; c) aree rurali inter- medie, nel cui ambito rientrano aree diversificate; d) aree rurali con problemi di sviluppo. Il metodo di classificazione delle aree rurali, messo a punto con il supporto di INEA, comporta due passaggi. La prima fase classifica il territo- rio nazionale in base a indicatori semplici (densità abita- tiva e incidenza della superficie agro-forestale), calcolati per zona altimetrica all’interno delle province (dunque per aggregati di comuni). La seconda fase di affinamento del- la mappatura a livello regionale ha comportato la verifica della classificazione delle aree A, B, C, D con le Regioni e le Province Autonome. Rispetto al passato (program- mazione 2007-2013) l’analisi si è arricchita tenendo conto delle aree forestali 2 , una variabile importante per la defini- zione del rurale che ha consentito di migliorarne la stima. La classificazione delle aree rurali va utilizzata nell’ambito dei PSR dove, se ritenuto necessario ai fini della program- mazione, possono essere adottate articolazioni più detta- gliate delle macro-aree previste a livello Nazionale. Si tenga presente che la Commissione europea richiede che la politica di svilupporurale sia declinata all’interno degli Stati membri secondo una classificazione in tipolo- gie di aree funzionali all’analisi del contesto e all’individua- zione di alcune priorità della politica sul territorio. A tale riguardo la DG-Agri suggerisce l’adozione di un metodo comune (rural-urban typology) che tuttavia risulta poco adatto a cogliere le specificità territoriali del nostro Paese, perché riferito a un livello amministrativo, quello provin- ciale, che spesso aggrega aree molto eterogenee fra loro. L’adozione di un metodo di classificazione a livello nazio- nale, che utilizzi come base di riferimento il livello comu- nale, consente di superare i limiti di quello proposto dalla Commissione.
Le motivazioni alla base del coinvolgimento di tali soggetti attengono a diversi fattori di opportunità, fra cui emerge l’intersettorialità del tema catalizzatore che tende a far convergere gli interessi dei diversi attori dello sviluppo locale attivi nel campo della promozione dei prodotti locali, dei territori e dell’internazionaliz- zazione dei sistemi locali. Rilevante è il grado di coinvolgimento sia delle Amministrazioni locali, spesso rap- presentative di territori di nuova adesione o di Paesi terzi, sia di Centri studi, Enti di Ricerca, Università ed esperti (30%) che segnala peraltro la propensione dei GAL a creare momenti d’incontro tra mondo della ricerca, dell’alta formazione e dell’impresa al fine di promuovere la ricerca applicata in azienda, l’innovati- vità e il rafforzamento delle competenze degli operatori rurali dei territori coinvolti. In generale, tali presen- ze sono più frequentemente rinvenibili nelle azioni di cooperazione più specificamente “di settore” o relative a “prodotti di nicchia”, nelle quali sono coinvolti per dare un contributo tecnico-scientifico e spesso senza apportare risorse finanziarie proprie. È il progetto “Capacità e tradizioni rurali” che ha coinvolto il maggior numero di partner no GAL (7 di cui 1 straniero). Nell’intento di recuperare le antiche tipologie costruttive e artigianali della montagna, implementarle nella filiera bosco-legno e realizzare laboratori e percorsi di for- mazione a favore delle popolazioni autoctone, i sette partner no GAL coinvolti sono rappresentati da: due Comunità montane, un Centro Studi, un Consorzio forestale, un’Amministrazione locale, un Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste, e infine un Ente di ricerca scozzese (peraltro già coinvolto in una ini- ziativa di promozione e sviluppo delle aree forestali di Sunart, confinanziato dal programma LIFE+). Il Progetto “Alimenterra”, invece, ha coinvolto sette partner non GAL di cui cinque rappresentativi del mondo della ricerca, proprio per il peso delle motivazioni progettuali sul tema della valorizzazione del patrimonio ambientale, paesaggistico e naturalistico dei territori rurali.
Di fatto la PAC è stata la prima politica comunitaria armonizzata ed è entrata in vigore nel 1962 dopo che i sei Paesi fondatori della CEE ne avevano adottato i relativi meccanismi dal 1960. Tra le politiche dell'Unione europea, la PAC è considerata una delle più importanti, non solo in ragione del suo peso sul bilancio comunitario (ne assorbe circa il 50%, a scalare nel corso degli anni), della popolazione agricola interessata e dell'estensione del territorio destinato alle colture, ma anche in ragione del grado di sovranità che i singoli Stati membri hanno trasferito alla Comunità. L'importanza della PAC è confermata anche dalla sua stretta correlazione con il mercato unico e l'Unione Monetaria Europea (UME), due linee fondamentali dell'integrazione europea. L’importanza della PAC è ribadita anche dalle modalità della sua elaborazione, soggetta alla procedura decisionale che prevede la maggioranza qualificata in sede di Consiglio e la consultazione del Parlamento europeo.
La parte iniziale di questo lavoro, innanzitutto, mi ha permesso di accertare empiricamente come la regola di Taylor possa catturare le scelte di politica monetaria della Banca Centrale Europea. Nonostante la sostituzione tra i regressori dell’output gap con il tasso di disoccupazione, ho ottenuto una ottima stima, dal punto di vista del modellista macroeconomico, del tasso d’interesse europeo a breve. Questo primo risultato è stato fondamentale per il raggiungimento dello scopo del mio lavoro. Così, nella seconda parte, ho potuto valutare quanto la politica monetaria europea incida sul tasso di cambio euro/dollaro.
Operatori economici privati singoli e associati (PMI, microimprese e imprese agricole), consorzi pubblici/privati, agenzie di sviluppo, parchi scientifici e tecnologici, distretti industriali, BIC, agenzie finanziarie regionali, Camere di commercio (loro associazioni e derivazioni), accademie, enti/istituti scolastici e di formazione, università e istituti di ricerca, ONG, organizzazioni mercato del lavoro e associazioni (comprese le associazioni di proprietari forestali pubblici e privati), enti pubblici nazionali, regionali e locali, fondazioni, gestori delle aree protette, enti fiera, operatori turistici (associazioni alpine italiane e austriache, gestori rifugi), altri beneficiari compatibili con la priorità.
In tale contesto, il presente lavoro di dottorato si pone l’obiettivo di analizzare il ruolo dei sistemi agroforestali, moderni (sistemi silvoarabili) e tradizionali, nell’ambito della moderna agricoltura, verificandone l’applicabilità in termini di sostenibilità economica. Lo studio è stato condotto alla luce delle nuove direttive a sostegno dell’Agroselvicoltura (Misura 2.2.2 dei Piani di SviluppoRurale 2007/13: Primo impianto di sistemi agroforestali su terreni agricoli) e delle modalità di applicazione del Premio Unico Aziendale (PUA) sulle superfici agricole interessate dalla presenza di piante arboree forestali.
Un ulteriore aspetto che qualifica la strategia delle diverse Regioni è rappresentato dal peso e dal ruolo attribuito all’Asse Leader (Asse 4) (tabella 4.3). Per quel che concerne il Leader la maggior parte delle regioni attribuisce, in termini di risorse pubbliche, una dotazione finanziaria a tale strumento in linea con le soglie fissate a livello comunitario (5%) o comunque di poco supe- riore. Si distinguono Liguria, Puglia e Sardegna con dotazioni superiori al 14% e che nel caso del- la Liguria sfiorano il 20%, ma anche Veneto (11%) e Toscana (10%). Ulteriore elemento poten- zialmente in grado di differenziare le scelte regionali riguarda gli obiettivi da perseguire con il Leader (Capitolo 11). Nel disegno comunitario il Leader potenzialmente può utilizzare tutte le misure del menu offerto dal regolamento, estendendo il suo campo d’azione ai diversi obiettivi di questa politica. Generalmente la maggioranza delle risorse viene, tuttavia, dedicata al persegui- mento di obiettivi di diversificazione e qualità della vita (66% in media). Non mancano i casi in cui si registra una tendenza ad assegnare alla competitività settoriale (Trento, Lombardia, Lazio), all’ambiente (Campania e Molise) o a entrambi gli obiettivi (Liguria e Abruzzo) uno spazio più ampio. Rimane comunque in dubbio l’effettiva capacità di incidere su tali obiettivi se si conside- ra che, con la sola eccezione di Trento e della Liguria, le risorse assegnate al Leader per il perse- guimento di obiettivi di competitività o ambientali non superano mai l’1% del totale del PSR. La Liguria, interpretando in maniera ampia il mainstreaming del Leader, è la regione che in assolu- to destina la percentuale maggiore di risorse (9% del totale del piano) da utilizzare attraverso il Leader per il raggiungimento di obiettivi settoriali di competitività (5% del totale del piano) o ambientali (4% del totale del piano).