I dati più recenti riguardo le condizioni di credito da parte delle banche indicano innalzamenti dei costi di finanziamento, sotto forma di tassi d'interesse a breve e lungo termine; ciononostante, malgrado un'offerta più sfavorevole, la domanda di credito e il credito effettivamente erogato sono nel complesso rimasti molto dinamici. Ciò è evidente anche in merito alla sempre più crescente richiesta di prestiti a lungo termine, molte volte connessi alla volontà di acquistare beni immobili, aventi non solo il pregio di rappresentare un immediato beneficio sull'utenza consumatrice ma anche di costituire successivamente una garanzia per poter contrarre nuovi accordi di prestito.
Vogliamo fare una verificaempirica sulla bontà di alcuni modelli descrittivi per l’inflazione domestica degli Stati Uniti nel periodo che va dal 1970 al 2007, sapendo che il processo di formazione dell’inflazione ha iniziato a subire cambiamenti proprio all’inizio di tale periodo. I dati sono delle serie storiche trimestrali che comprendono un periodo che va dal primo trimestre del 1970 al quarto trimestre del 2007 (i valori per i trimestri del 2007 sono delle previsioni, dato abbastanza insignificante se si guarda la lunghezza del dataset). Le serie storiche di nostro interesse riguardano il PIL statunitense, l’output gap statunitense e il PIL reale e nominale mondiale. La fonte ufficiale dei dati è il sito dell’OCSE, un database di serie storiche economiche. Da queste ci costruiremo in seguito altre serie di interesse per la nostra analisi, come quelle dell’inflazione domestica, inflazione mondiale e dell’output gap mondiale.
La verificaempirica del modello si basa su dati provenienti rispettivamente:dal sito della Federal Reserve Bank of Philadelphia per quanto riguarda le aspettative di inflazione, per quanto riguarda l’inflazione anticipata di un periodo è stata eseguita su l’inflazione realizzata (trimestrale annualizzata) calcolata con il deflatore del pil, mentre il tasso di disoccupazione è il tasso di disoccupazione annualizzato.
Nel caso degli “investimenti diretti esteri” (IDE) il flusso dei capitali ha sostenuto una riorganizzazione industriale su scala mondiale (“globalizzazione produttiva”) che a visto un ruolo sempre più centrale delle economie asiatiche, e in particolare della Cina, nei settori “più tradizionali” (anche se la dinamica settoriale sta già evolvendo verso specializzazioni “più avanzate”), mentre i paesi occidentali sono stati caratterizzati da un declino relativo del settore manifatturiero e da un peso crescente dei servizi e della finanza.
In Eviews ho provato a stimare altri modelli che partono dall’anno successivo quindi dal 1984 poi dal 1985 e poi dal 1986 e così via fino al 2007, ma ho trovato sempre il medesimo risult[r]
La curva di Phillips da quasi 50 anni è uno dei modelli maggiormente usati per la previsione del tasso di interesse. Nel 1958 Phillips, analizzando dei dati relativi alla Gran Bretagna, si accorse dell’esistenza di una relazione tra tasso di inflazione dei salari e tasso di disoccupazione.
Con questo lavoro si `e cercato di fare un po’ di chiarezza sulla validit`a di tali teorie per quanto riguarda il casostatunitense. Permettendo alla disoccu- pazione di equilibrio di essere libera di muoversi nel tempo si `e costruito un modello in grado di captare, tramite il parametro d’interesse µ, l’influenza della disoccupazione passata sullo stesso tasso di disoccupazione potenziale. Si `e partiti analizzando tutto il campione a disposizione, ovvero utilizzando i dati che vanno dal terzo trimestre del 1954 al secondo trimestre del 2008. I risultati di questa analisi favoriscono le teorie dell’isteresi, presentando una stima del parametro di interesse statisticamente “significativa” e abbastanza importante (ˆ µ B =0.8188).
Per valutare se esiste autocorrelazione nei residui si deve verificare se il valore osservato cade o no all’interno di bande di confidenza così costruite; quantile di una normale standard (con α = 0.05) diviso la radice quadrata del numero di osservazioni, se il valore osservato è inferiore allora non esiste autocorrelazione, nel caso contrario esiste autocorrelazione. In questo caso
Il principale motivo di questa assunzione è che nel mercato ci sono alcune aziende che stipulano dei contratti di fornitura di beni e servizi con i propri clienti, ad un determinato prezzo, e che non vengono coinvolti da un’eventuale variazione degli stessi, pena la violazione del contratto. Altre motivazioni riguardano i costi a cui l’azienda deve far fronte per cambiare i prezzi come la stampa di listini e menù, ed il rapporto con la clientela, il cui obiettivo da parte dell’azienda è quello di mantenere un più lungo legame possibile, che prevede anche la trasparenza nella politica dei prezzi. Un’altra assunzione consiste nel considerare che le imprese che fissano i prezzi siano vincolate dall’esistenza dei contratti di Calvo (1983). Nel modello di Calvo le imprese non cambiano i prezzi seguendo un metodo deterministico, ma lo fanno in modo casuale. In ogni periodo considerato, solo una parte delle imprese aggiustano i prezzi e tutte hanno la stessa probabilità di far parte del gruppo di aziende che può effettuare questa correzione. Non vi è alcuna dipendenza riguardante il tempo passato dall’ultima volta che l’impresa ha effettuato una variazione. I contratti di Calvo vengono assunti che terminino casualmente in base ad una distribuzione geometrica od esponenziale. Osservando la realtà questo può sembrare poco realistico. E’ più probabile che le imprese portino variazioni ai prezzi in un periodo tipico ogni anno, come per esempio la primavera, e che la distribuzione non sia geometrica, come da verifica compiuta da Levin (1991).
Dopo 4 anni la FED (Federal Reserve) ha tagliato a settembre scorso i tassi in Usa dello 0.5% portandoli, quindi, al 4.75% rispetto al 5.25% precedente, modificando, di fatto, l’orientamento della politica monetaria economica. Un taglio che comporta un più facile ed economico accesso al credito, secondo Ben Bernanke, potrebbe portare a significativi miglioramenti anche in un mercato turbolento come quello del settore dei mutui e dei prestiti e mutui subprime e migliorare, di fatto, l’attuale situazione della congiuntura dell’economia statunitense e del sistema economico.
In particolare pongo l’attenzione sui risultati riguardanti l’inflazione. Da questi emerge una risposta del tasso di interesse ai movimenti del tasso di inflazione annuo sempre più aggressiva negli anni. Nel sottoperiodo 1979-1992 il coefficiente preposto all’inflazione è risultato di valore inferiore all’unità. In particolare una successiva suddivisione del campione rileva un valore di 0.34 per gli anni 1979-1987 e un valore di 0.98 per gli anni 1987-1992. Negli anni che seguono l’annuncio dell’obiettivo inflazionistico il coefficiente appare superiore all’unita, in linea col principio di Taylor. Il valore di 1.59 inoltre è prossimo a all’1,5 usato da Taylor nelle stime riguardanti il casostatunitense.
La legge di Okun deve il suo nome ad Arthur Okun (1928-1980), economista statunitense, professore di economia a Yale che ricoprì importanti posizioni come quella di consigliere economico del Presidente degli Stati Uniti, L.B. Johnson, verso la fine degli anni sessanta. Affermatosi nel campo della macroeconomia applicata, Okun ha operato anche in numerosi organismi pubblici e presso la Brookings Institutions 1 .
In questa tesi si cerca di studiare i modelli usati per fare una corretta previsione sul fenomeno dell’inflazione statunitense e sull’effetto su di essa di alcune variabili. I modelli che verranno utilizzati in questo lavoro per tale scopo sono: la curva di Philips, e il Var.
Per rispondere alle domande poste nell’introduzione, si è pensato di costruire un modello multivariato in grado di cogliere se i policymakers cambiano linea di condotta in seguito a variazioni della disuguaglianza sociale. Il periodo considerato va dal 1984 al 2008, questa scelta è stata fatta perché negli anni settanta l’economia degli Stati Uniti d’America ha vissuto un’alta e volatile inflazione con alcune violente recessioni; mentre dalla metà degli anni ottanta in poi è rimasta bassa e la crescita del PIL è stata relativamente stabile . Molti economisti si trovano d’accordo nell’affermare che la politica monetaria statunitense è stata ben gestita da quando Paul Volcker è passato al comando della Federal Reserve fino ai giorni nostri, attraverso i regimi di Alan Greenspan e dell’attuale Ben Bernanke.
statunitense sugli aggregati inglesi. Al fine di stimare l’impatto di tale shock su ciclo economico ed inflazione U.K., ho specificato cinque modelli vettoriali autoregressivi caratterizzati da un set di variabili comune (inflazione, ciclo economico, e tasso di interesse nominale, tasso di interesse nominale americano) ma differenti in termini di proxy empirica del ciclo economico britannico. In particolare, per approssimare l’output gap inglese, ho considerato la misura proposta dall’OCSE costruita con un approccio a funzione di produzione (output gap OECD), una costruita ipotizzando un trend lineare (output gap lineare), una ammettendo non linearità nel trend (output gap quadratico), una che ammette un trend flessibile e molto utilizzato nella letteratura macroeconomica applicata (output gap di Hodrick Prescott), ed il tasso di crescita del reddito reale yt. Alla luce dell’incertezza tuttora presente nella letteratura empirica macroeconomica e relativa alla misurazione del ciclo economico, ho ritenuto opportuno effettuare una batteria di test in funzione degli indicatori qui sopra elencati al fine di verificare la robustezza delle mie conclusioni.
In questa relazione finale si descrive e si analizza il comportamento dei risparmi delle famiglie Italiane, basandosi VXOO¶ ,QGDJLQH VXL ELODQFL GHOOH IDPLJOLH R Survey of Household Income Wealth; SHIW), che è condotta, con cadenza biennale, dalla BDQFD G¶,WDOLD /R scopo principale del mio lavoro è quello di verificare, attraverso una dimostrazione empirica, la validità della teoria del reddito permanente (Friedman, 1954). Analogamente a quanto svolto da )ULHGPDQO¶analisi non verterà sui consumi, ma avrà ad oggetto la verifica delle ipotesi del reddito permanente in modo simmetrico, utilizzando i risparmi. Friedman, dopo aver confutato il modello elaborato da Keynes sul comportamento del consumatore, ha elaborato il proprio in cui postula che il consumatore basi le sue decisioni di consumo non sul suo reddito attuale ma sul suo reddito permanente, definito come il tasso d' interesse per la ricchezza totale (somma di ricchezza finanziaria e valor presente dei redditi futuri attesi). Come accennato in precedenza alla base della verificaempirica vi è la prospettiva secondo la quale, a parità di reddito corrente, gruppi di famiglie con reddito permanente maggiore hanno un tasso di risparmio minore rispetto a gruppi di famiglie con reddito permanente minore.
Si noti però che Iacoviello stima il VAR nel periodo 1974-2003, un campione caratterizzato da importanti shock istituzionali USA come il cambiamento di ben due banchieri centrali, uno shock petrolifero, shock fiscali; dunque, i risultati che emergono da tale campione devono essere letti con una certa cautela. Inoltre, Iacoviello non controlla per le oscillazioni della borsa, un e- lemento rilevante al fine di spiegare l'andamento del consumo negli USA (Ludvigson, 2000). In- fine, Iacoviello usa serie detrendizzate (reddito, prezzi delle case), senza però fornire alcun con- trollo di robustezza sull'impatto della sua strategia di "detrending" sulle funzioni di risponsa d'impulso del VAR.
In particolare, per la definizione di consumatore è necessario, si ricorda, ancora far riferimento alla impostazione data dalla Direttiva 87/102/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 che, per prima, ha tentato un minimo ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri in materia di credito al consumo (v., supra, nota 14, Cap. II, Sez. I). L’identificazione del consumatore, infatti, è pressoché rimasta immutata giacché, ai sensi dell’art. 121, comma 1, lett. b) si reputa tale “una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Di conseguenza, circoscrivendo ancora la definizione alle persone fisiche, nemmeno in questa riforma si sono compresi nell’ambito della tutela specifica le associazioni, gli istituti di assistenza e beneficienza, gli istituti che ospitano a qualsiasi titolo persone fisiche (come asili, collegi, istituti carcerari, ospedali, caserme) che, pur non svolgendo attività d’impresa, non possono qualificarsi come consumatori in quanto non persone fisiche. Allo stesso modo, restano escluse le operazioni che il consumatore concluda per uso misto: sia per scopi estranei all’attività imprenditoriale sia per quelli interni o, comunque, contingenti a quest’ultima. Sul punto, si osservino le considerazioni già avanzate dopo la stesura del T.U.B. e il conseguente riversarsi, in esso, della disciplina sul credito al consumo, come esaminata in PERDETTI, Il credito al consumo nella nuova legge bancaria, in Disciplina del commercio, 1994, I, p. 315.
Come accennato precedentemente, in questi modelli possiamo andare a val- utare l’effetto leva con il parametro γ. Questo parametro assume valori signi- ficativamente diversi da zeri per tutti i modelli presi in esame, quindi l’effetto leva `e presente in tutti i casi considerati e a tutte le frequenze. I valori assun- ti sono sempre negativi ed in effetti questo `e quanto ci si attende da questo modello, in quanto ci si aspetta che in caso di variazioni negative dei prezzi l’impatto sulla volatilit`a sia amplificativo rispetto a una variazione negativa. Nel modello che presenta come esogena i volumi di scambio ritardati di un periodo rispetto ai rendimenti, il valore del parametro γ `e sempre positivo tranne per la frequenza di 1 minuto. Quindi, cosiderando il volume ritardato di un periodo l’impatto di variazioni positive dei prezzi `e amplificativo sulla varianza condizionata.
Se consideriamo l’attuale crisi finanziaria accennata nell’introduzione, possiamo notare come sia evidente ad oggi questo legame. Infatti negli Stati Uniti, così come negli altri Paesi, la “bolla” immobiliare in questi ultimi anni ha letteralmente “drogato” la crescita dell’economia sia in modo diretto che indiretto. In modo diretto poiché le famiglie americane, pur indebitandosi per acquistare la casa, man mano che crescevano i valori immobiliari avevano la percezione di essere diventate più ricche e questo le portava a consumare di più, indebitandosi ulteriormente. In secondo luogo perché la bolla immobiliare e quella dei consumi ad essa collegata, hanno sospinto a cascata tutti i settori dell’economia statunitense. Ecco dunque che gli indici finanziari hanno un loro ruolo anche in condizioni normali.