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õ Moto browniano, “pallinometro” ed errori di misura

Nel documento Probabilit`a e incertezza di misura (pagine 85-88)

condo una distribuzione normale

10.15 õ Moto browniano, “pallinometro” ed errori di misura

ÒE<M0 ) a causa degli arrotondamenti;

<

quando le funzioni diventano complicate non `e facile farsi un’idea intui-tiva del grado di correlazione e addirittura nemmeno del suo segno.

10.15

õ

Moto browniano, “pallinometro” ed errori di

misura

Concludiamo questo capitolo con delle interessanti applicazioni del teorema del limite centrale.

Nel 1905 Albert Einstein pubblic`o un articolo dal titolo “Il moto delle par-ticelle in sospensione nei fluidi in quiete, come previsto dalla teoria cinetico-molecolare del calore”. In esso diede una spiegazione in termini di teoria ci-netica dei gas del moto browniano, osservato per primo dal biologo Robert Brown nel 1828 durante lo studio del comportamento di polline in soluzione acquosa. `E molto interessante leggere l’inizio dell’articolo12:

“In questo lavoro faremo vedere come, secondo la teoria cinetico-molecolare del calore, particelle in sospensione in una soluzione compiano, in consequen-za del moto termico delle molecole, movimenti di ampiezconsequen-za tale che li si pu`o agevolmente osservare al microscopio, purch´e, beninteso, la di-mensione delle particelle stesse sia accessibile allo strumento. Pu`o darsi che i moti che qui saranno considerati coincidano con il cosiddetto moto molecolare browniano; tuttavia i dati che ho potuto ottenere su quest’ul-timo sono cos`ı imprecisi che non mi `e stato possibile formulare alcun giudizio in merito.

Se il moto in questione si potr`a effettivamente osservare, con tutte le regolarit`a che per esso si possono attendere, la termodinamica classica non sar`a pi`u da considerare esattamente valida gi`a per spazi microsco-picamente distinguibili, e quindi una determinazione esatta della vera grandezza degli atomi sar`a possibile. Se viceversa la nostra previsio-ne si dimostrasse iprevisio-nesatta, ci`o fornirebbe un serio argomento contro la concezione cinetico-molecolare del calore”.

Il moto browniano viene quindi interpretato come una conseguenza del mo-to disordinamo-to delle particelle a seguimo-to degli urti che ricevono dalle molecole sottoposte ad agitazione termica. Nella trattazione ogni particella viene consi-derata indipendentemente dalle altre. Il risultato di Einstein fu - prendendo per semplicit`a il caso unidimensionale - che dopo un certo intervallo di tempo  la distribuzione di probabilit`a delle distanze dalla posizione iniziale M7 per ˜7% `e una gaussiana centrata in  ˜7 la cui varianza `e funzione

lineare del tempo: J°4XZ_x 0 Q ?&‰ \Z Šd‹EŒ ë  9 ?p  _ ì (10.73) \_v Q ?L}ÊX (10.74)

dove} `e il coefficiente di diffusione. Commenta Einstein (si noti il “come ci si poteva attendere”).

“La distribuzione di frequenza delle variazioni di posizione avvenute in un tempo t arbitrario coincide dunque con quella degli errori casuali, come ci si poteva attendere.”

Ci possiamo ricavare lo stesso risultato seguendo un approccio basato sul co-siddetto moto casuale: schematizziamo il moto browniano come un moto ca-suale di una pedina che, partendo all’istante iniziale dalla posizione iniziale  ý7 , ad ogni mossa possa avanzare o retrocedere di un passo con uguali probabilit`a. `E esattamente quello che si verifica nella classica esperienza del “quinconce di Galton”13 Ad ogni chiodo la pallina pu`o andare a destra o a sinistra con la stessa probabilit`a. Il numero di mosse corrisponde alle file di chiodi che la pallina incontra e la posizioneM7 `e quella in corrispondenza del primo chiodo che su cui cade la pallina.

Per utilizzare la stessa notazione del paragrafo 2.9 della seconda parte di queste dispense consideriamo degli intervalli di tempoJ ö di durata sufficien-temente pi`u grande del tempo tipico di interazione, tale tale che i versi di spo-stamenti successivi osservabili dopo intervalli J ö siano fra di loro indipen-denti. Assumiamo inoltre, per semplificare il problema, che gli spostamenti dopo il tempoJ ö siano costanti in modulo (J° ). Quindi siamo interessati al calcolo dei numeri di passi~ orientati lungo la direzione dell’asse , ciascuno di lunghezzaJš (vedi figura 10.8). Dopo ogni intervallob-moJ°ö$~



É

: pu`o valere, +1 o -1, con pari probabilit`a. Ne segue che

E~  É :³v 7 Var~  É :³v 0pQ

13E quello che gli studenti romani chiamano familiarmente “Pallinometro”, composto da una` tavola con chiodi disposti a “quinconce” fra i quali scende un pallina. Per averne un’idea, si immagini di ruotare la figura 10.8 di 90 gradi in senso orario, immaginando i puntini come chiodi e il punto 0 il punto di immisione della pallina.

S

0

"t" = n " t"

Figura 10.8: Cammino casuale su una sola dimensione.

Quindi, essendo gli spostamenti successivi indipendenti, abbiamo che

~ h  h j k l I ~  É :  h  Jš h jk l I ~  É : E~ h x 7 Var~ h x  (10.75) E h x 7 (10.76) Var h x  Jš¶Q (10.77)

Passando alla variabileZ in funzione del tempo, dobbiamo soltanto sosti-tuireH!_1&J ö nelle formule precedenti, ottenendo

EC_Zž 7 (10.78) VarZZž J° J ö  (10.79) \C_Zž ; J° J°ö Q (10.80)

Applicando inoltre il teorema del limite centrale, otteniamo finalmente che C_Áÿ@`m7zX

Q

ãZ

ove , pari aJ° 1&J°ö e che ha un significato analogo a quello del coefficiente di diffusione (il fattore 2 rispeto alla (10.74) dipende dall’esatta definizione di } ).

A questo punto vale la pena di sottolineare la relazione fra teorema del limite centrale, moto browniano e distribuzione degli errori casuali di misu-ra. Il risultato di ogni singola misura pu`o essere pensato come dovuto a tanti piccoli contributi incoerenti e non controllabili dallo sperimentatore, ognuno dei quali tende a modificare il risultato, in modo del tutto casuale, in un ver-so o nell’altro. Si pensi ad esempio a vibrazioni, attriti, variazioni termiche, rumore elettronico etc. I vari contributi modificano il valore ideale della gran-dezza da misurare, il quale viene a compiere una specie di moto browniano in uno spazio astratto. In virt`u di questa variazione casuale della grandezza fisica, la singola misura di uno strumento ha la tendenza ad avere errori di tipo normale. In genere essa viene mediata con altri risultati. Infine i risultati delle misure di pi`u grandezze possono venire combinati per ottenere, attraverso re-lazioni funzionali, altre grandezze fisiche. Si comprende quindi il motivo per il quale all’aumentare del numero di passaggi gli errori tendono sempre pi`u ad assumere una distribuzione normale.

Nel documento Probabilit`a e incertezza di misura (pagine 85-88)

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