SEG XXVI 208 fr A rr 4-11 = Millis-Olson 2012, 126 (seconda metà III a.C.)
36 Ϲτρατιώτ[ηϲ La commedia non è sconosciuta come voleva Snell (TrGF I, 57 in app mantenuto nella seconda ed.): si veda il comm a rr 34-35 Αἱρηϲι]⎪τείχηϲ Il titolo Ϲτρατιώτηϲ ricorre
in numerosi autori: Antifane (ἢ Τύχων frr. 200-203), Alessi (fr. 212), Senarco (fr. 13), Filemone (fr. 82) e al pl. Ermippo (frr. 51-60), Menandro (frr. 333-334) e forse Teleclide (test. 5.8 integrata); in lat. si ricordino il Miles gloriosus di Plauto e l’atellana Milites Pometinenses di Novio (frr. 1-3 in Ribbeck
SRPF II, 319-320). La variante Εὐνοῦχοϲ è invece in Menandro (frr. 137-149) e, in latino, in Terenzio.
36-37 - - -]⎪πευταί. Koehler (1883, 446)42 avanzava in apparato l’integrazione Θερα]πευταί ‘Servitori’, accolta nel testo da Kirchner (1931, 708), Edmonds e Platthy (1968, 135). Leggermente più lunga la proposta Ἠπερο]πευταί ‘Ingannatori’ di Snell (TrGF I, 57). Nessuno dei due vocaboli ricorre in commedia, tantomeno come titolo: il primo termine non è attestato prima di Senofonte (Cyr. 1.3.7) e Platone (Gorg. 517e, Phaedr. 252c ecc.); il secondo, alquanto desueto, è omerico (Il. 3.39, 13.769, Hymn. Hom. Merc. 282), e sarà ripreso poi solamente da Mosco (Eros drapetes [1].10 Gow). Dall’indice di Buck-Petersen (1945, 571) si ricavano inoltre i seguenti nomi, tutti rari e non attestati in commedia, di cui riporto tra parentesi la prima attestazione: ἱπ]πευταί ‘cavalieri’ (Pind. Pyth. 9.123), κη]πευταί ‘giardinieri’ (Const. Manas. Compend. Chron. 2643), κλοτο]πευταί ‘fanfaroni’ (Hsch. κ 3041), πομ]πευταί ‘partecipanti a processioni’ (Dion. Halic. Antiq. Rom. 7.72.11), ϲκο]πευταί ‘spie’ (VT [Aq.] Is. 52.8). Non so quanto possa far pendere la bilancia a favore dell’integrazione di Koehler il fatto che sia attestato l’impiego di θεραπεύω in Diph. fr. 97 (inc. fab.) e in altri commediografi della nea e della mese: cf. e.g. Alex. fr. 117.1 (Κράτεια ἢ Φαρμακοπώληϲ), Men. Dysc. 885 Sand., Sam. 254 Somm., Philippid. fr. 32 (inc. fab.); θεράπαινα è invece e.g. in Philem. fr. 115 (inc. fab.), Men. Dysc. 31 Sand., Sam. 238 Somm., θεράπων e.g. in Men. Georg. 32 Aus. = Bla., Arn., Sic. 18 Bla. (cf. Meineke FCG V.1, 461, Lex. Men. 122 Pompella).
37 Ϲυνω[ρίϲ. Rimangono i frr. 74-78; per il titolo e il contenuto dei frr. cf. le osservazioni nel cap. Elementi storici. Anche in questo caso è ricordata una revisione da Ateneo che, dopo aver riportato il fr. 74 (6.247a-c), cita dalla διαϲκευή il fr. 75 (6.247c): questo implica che Ateneo avesse a disposizioni entrambe le versioni del dramma, che comunque mantennero lo stesso titolo. Evidentemente non sappiamo a quale delle due versioni faccia riferimento il nostro catalogo librario. 37-8 - - - ]⎪φοϲ. Due sono le integrazioni possibili, entrambe con titoli difilei già noti. La prima, che parrebbe però troppo breve, proposta da Koumanoudis (1872, 5), è Ζωγρά]⎪φοϲ, per cui
40 Si veda Elementi storici nelle commedie difilee > Riferimenti storici e culturali > Altri frammenti.
41 Su Ecate si veda ora Serafini 2015, spec. 101-164 a proposito dei luoghi di passaggio e 197-258 sulla magia. 42 E non Wilamowitz come vuole Snell (TrGF I, 57).
116 propendevano anche Kock (CAF II, 568) e Burzachechi (1963, 95-96), il quale, però, ignorava che l’Antiatticista ricordava anche Φιλάδελφοϲ al sing. (cf. oltre). Di questa commedia sopravvivono i frr. 42-44; il titolo Ζωγράφοϲ è anche di Antifane (fr. 102), Ipparco (fr. 2), al pl. di Anassandride (ἢ Γεώγραφοι vel -οϲ, frr. 14-15) e nella forma lat. in Pomponio (Pictores, frr. 1-7 in RibbeckSRPF II,
291-293 [«sed dubium est, an non forte Piscatores potius fuerint» p. 291]). La seconda integrazione è quella che ha avuto seguito più largo, ossia Φιλάδελ]⎪φοϲ, ipotizzata da Hirschfeld (1874, 108) e ribadita da Wilamowitz (1875, 139) e poi da Koehler, Kirchner, Edmonds, Platthy, Kassel-Austin. Della commedia rimangono i frr. 82-83, entrambi dal lessico dell’Antiatticista (α 89, ο 7 Valente), il primo tramandato con il titolo al sing., il secondo al pl. Commedie intitolate Φιλάδελφοι sono attestate per Anfide (frr. 33-34), Menandro (frr. 394-399), Apollodoro di Gela (ἢ Ἀποκαρτερῶν, frr. 3-4), Filippide (fr. 18) e Sosicrate (fr. 2); non sono invece noti paralleli per il titolo Φιλάδελφοϲ. Se ammettiamo nella nostra iscrizione l’integrazione Φιλάδελ]⎪φοϲ, la bilancia penderebbe a favore della forma al singolare (Wilamowitz 1875, 140).
38 ΤΕΛΕϹΙΑΙΑ. Riguardo al titolo Telesia si veda il cap. Elementi storici.In IG II2 2363 r. 38, allo stato attuale, per il sottoscritto è leggibile con chiarezza solo ΤΕΛΕϹΙ[; Koumanoudis (1872, 5) trascriveva il r. 38 Τελεϲία ̣α ̣ ̣, completato da Hirschfeld (1874, 106 e 108) nella forma Τελεϲίαι α, accettando dunque un titolo al fem. pl. contro le informazioni di Ateneo (e Fozio)43 e tuttavia non chiarendo il senso da dare all’α finale. Probabilmente Hirschfeld pensava a un ulteriore titolo difileo iniziante in α-, poiché a questa lettera fa seguire vari puntini prima dell’integrazione [Εὐριπίδου. Fu Wilamowitz (1875, 139-140) il primo a sospettare un errore di dittografia Τελεϲία{ια}[ϲ, ammesso poi anche da Koehler, Kirchner, Platthy, Kassel-Austin e, forse, in maniera implicita, da Edmonds, che stampa semplicemente Τελεϲία[ϲ. Del tutto in controtendenza, Walker (1926, 50) ha invece ipotizzato una sequenza di due titoli, il secondo dei quali non altrimenti noto per Difilo: Τελεϲία Ἰά[ϲ. Se sul secondo titolo non sono fornite ulteriori delucidazioni, il primo è spiegato come ‘the Sword- Dance’, dando fiducia alla forma femminile della danza ricordata da Esichio (τ 412 Hansen). In linea teorica un ulteriore titolo iniziante in ΙΑ[ non sarebbe impossibile, considerando anche che sono ben tre i titoli difilei nuovi forniti dall’iscrizione. Ricordo e.g. i titoli Ἰάλεμοϲ per Anfide (frr. 20-22) e Ofelione (fr. 1), Ἰαϲίϲ di Alessi (fr. 97), Ἰατρόϲ di Antifane (frr. 106-107), Aristofonte (frr. 4-5), Filemone (frr. 35-36) e Teofilo (fr. 4), ma nessuno di questi parrebbe adeguato al r. 38 per motivi di spazio. Sarebbe necessaria una parola più breve e in questo l’integrazione Ἰά[ϲ di Walker risulta efficace: una commedia intitolata ‘La ragazza ionica’ si porrebbe nel solco di titoli quali i menandrei
Samia, Perinthia, Leucadia, con quest’ultimo attestato anche per Difilo, oltre che della suddetta Iasia
(da Iaso in Caria) di Alessi. In maniera indipendente da Walker, l’errore di dittografia è stato recentemente messo in discussione da Luppe (2004, 114) sulla base di un presunto errore nella fonte di Ateneo e Fozio. Lo studioso tedesco propone Τελεcίαι αʹ [Εὐριπίδου, ritornando così alla posizione di Hirschfeld (tuttavia non nominato) sul titolo al fem. pl. per una commedia di cui si suppone dovessero circolare due versioni. In base agli elementi a nostra disposizione, a mio avviso, nessuna di queste proposte può essere considerata decisiva.
La tradizione di Difilo: l’apporto dei papiri (testt. *19a, *19b, frr. 59, 113)
La tradizione dei frammenti difilei è quasi esclusivamente indiretta medievale. Le citazioni si estendono dal I a.C. (al più tardi) con l’anonimo commentatore di P. Louvre inv. 7733 verso, fino al
43 La testimonianza di Fozio era sconosciuta negli anni in cui di Hirschfeld scriveva. La voce ἀμυγδαλῆ infatti rientrava nella parte lacunosa dell’unico codice del lessico noto nell’Ottocento, g (Galeanus, Cambridge Trinity College O.3.9 / 5985, sec. XII) e sarà resa nota solo nel 1907 in seguito alla pubblicazione di b (Berolinensis graec. oct. 22, sec. XIII) da parte di Reitzenstein. La sezione è ovviamente inclusa anche nell’unico ms. completo di Fozio, z (Zavordensis 95, secc. XIII/XIV), utilizzato nell’edizione di Theodoridis, il cui primo volume (Α-Δ) è stato edito nel 1982.
117 XIV d.C. con il c.d. Lexicon Hermanni. Questo è il quadro complessivo delle fonti dei frr., disposte in ordine cronologico44:
Anonimo commentatore di un’elegia (ante fine I a.C.) 1 fr. P. Louvre inv. 7733 verso col. ii rr. 32-35 = fr. 59
Trifone grammatico (I a.C.) 1 fr.
Περὶ τρόπων, Rh.Gr. III, 198, 31 = fr. 91
Eroziano grammatico (I d.C.) 1 fr.
Voc. Hippocr. coll. γ 9 = fr. 24
Seleuco grammatico (I d.C.) 1 fr.
ap. Et. gen. codd. A B ed Et. Gud. s.v. καραδοκεῖν, num. 38 Reitzenstein (1897, 162, 6-9) = fr. 34
una versione più breve è contenuta nelle Ἐκλογαὶ διαφόρων λέξεων (Cramer Anecd. Gr. Ox. II, 455, 11-14) = Sud. κ 354
Plutarco (I/II d.C.) 1 fr.
Nic. 1.1 = fr. 118
Arpocrazione (II d.C) 4 frr.
p. 301, 15 - 302, 2 Dindorf1, φ 22 Keaney = fr. 77 l’epitome omette il nome della commedia e così pure Phot. φ 210 = Sud. φ 465
p. 67, 13-15 Dindorf, α 269 Keaney = fr. 15 p. 88, 13 - 89, 3 Dindorf, δ 24 Keaney = fr. 73
p. 210, 11-14 Dindorf, ν 3 Keaney = fr. 36 l’epitome omette le testt. dei commediografi e così pure Phot. ν 36 = Sud. ν 56
Ammonio gramm. (II d.C.?) / epit. Erennio Filone (I/II d.C.) 1 fr.
Adfin. vocab. diff. 200 (hyparchet. γ, ‘Eren.’ Phil. 72) = fr. 69
Polluce (II d.C.) 8 frr.
9.81 = fr. 72 λίτρα al v. 2 anche in Phot. λ 359 (con menzione di Difilo ma senza quella del dramma di provenienza)
10.12 = fr. 19 10.18 = fr. 55 10.38 = fr. 50 10.62 = fr. 51 10.72 = fr. 28 cf. ad Ath. 11.499b (fr. 3) 10.99 = fr. 40 10.137 = fr. 39 Frinico (II d.C.) 1 fr.
PS p. 60, 14 = fr. 128 cf. Et. Gud. s.v. γρυμεία p. 323, 25 de Stefani (senza menzione di Difilo)
44 A meno che non sia diversamente indicato, sulle datazioni approssimative di grammatici, lessici, scolῖ, si rimanda a Dickey 2007 passim con bibl.; si è tenuto presente anche Degani 1995a. Un asterisco precede il nome di una fonte nel caso in cui tutti i frr. da essa tramandati siano già citati da fonti cronologicamente anteriori. Non sono inclusi come voci autonome quei grammatici (Ael. Dion., Or.) che, senza che il loro nome sia esplicitato, si suppongono alla base di specifici passi di lessici posteriori che citano frr. difilei.
118 cf. ad Antiatt. ϲ 6 Valente
Erodiano grammatico (II d.C.) 1 fr.
+ ad Ath. 14.640c-d
Zenobio paremiografo (II d.C.) 3 frr.
rec. Ath. 1.50 (Miller 1868, 354) = fr. 52
rec. Ath. 1.52 (vulg. 4.18 in CPG I, 88; cf. Miller 1868, 354) = fr. 98 rec. Ath. 1.64 (Miller 1868, 356) = fr. 35
Antiatticista (II d.C.) 14 frr. α 89 Valente = fr. 82 β 15 Valente = fr. 132 ε 80 Valente = fr. 7 ε 113 Valente = fr. 41 θ 8 Valente = fr. 129 ι 7 Valente = fr. 30 κ 1 Valente = fr. 8 κ 9 Valente = fr. 16 κ 17 Valente = fr. 9 μ 41 Valente = fr. 21 ν 8 Valente = fr. 130 ο 7 Valente = fr. 83 ο 8 Valente = fr. 26
ϲ 6 Valente = fr. 133 cf. Phryn. Ecl. 358 (riferito ai commediografi della nea, senza nominare Difilo)
Ateneo (II/III d.C.) 50 frr. (frr. 5 e 53 due volte) + 1
test. epit. 1.23c = fr. 124 epit. 2.35c = fr. 86 epit. 2.55d = fr. 87 epit. 2.47b = fr. 95 epit. 2.67d = fr. 96 3.111d = fr. 25
3.124d = fr. 56 anche in epit. e di qui in Eustath. ad Il. 11.622 [866] III, 264, 28-29 van der Valk (senza il nome dell’autore e il titolo della commedia)
4.132c = fr. 17 v. 13 anche in Eustath. ad Il. 9.214 [749] II, 705, 4-5 van der Valk (senza il nome dell’autore e il titolo della commedia) 4.133f = fr. 18
4.156f = fr. 64 4.165e = fr. 37 4.168c = fr. 123
5.189e = fr. 97 di qui Eustath. ad Od. 4.74 [1483] I, 148, 11-14 Stall.
6.223a = fr. 29 v. 3 anche in Eustath. ad Od. 11.171 [1678] I, 406, 36-37 Stall. (senza il titolo della commedia)
6.225a = fr. 67
2 βρώϲιμον nel senso di βρωτόν ‘commestibile’, o, sostantivato, ‘cibo’, che l’Antiatticista segnala impiegato negli Ἀναϲωζόμενοι di Difilo, si rinviene anche in com. adesp. *142.4 (da Clem. Alex. Strom. 7.6.34), ma non ci sono ulteriori elementi per assegnare tale fr. al poeta sinopeo.
119 6.226e = fr. 32
6.227d-e = fr. 31
6.230f = fr. 43 v. 3 (da λοπάδων) anche in epit. (senza il nome della commedia) e di qui in Eustath. ad Il. 2.558 [285] I, 440, 6 van der Valk (senza il nome dell’autore e il titolo della commedia)
6.236b = fr. *61 6.238f = fr. 62 6.247a = fr. 74
6.247c = fr. 75 cf. Eustath. ad Od. 17.484 [1829] II, 157, 38-40 Stall. 6.247d = fr. 76
6.247d = fr. 63 6.254e = fr. 23
6.258e = test. ii ad Τελεϲίαϲ
6.262a = fr. 48 da ψωμοκόλαφον anche in epit. e di qui in Eustath. ad Od. 17.222 [1817] II, 142, 11-12 Stall. (senza il nome dell’autore) 7.291f = fr. 42 v. 21 anche in Eustath. ad Il. 13.564 [946] III, 512, 17-19 van
der Valk (senza il nome dell’autore)
7.307f = fr. 53 anche in epit. senza il titolo della commedia e di qui in Eustath.
ad Il. 19.156 [1178] IV, 306, 3-5 van der Valk
v. 2 anche in 4.156b 7.316e = fr. 33 9.370e = fr. 14 9.371a = fr. 46 9.383f = fr. 90 9.401a = fr. 1 10.417e = fr. 22 10.421e = fr. 45
10.422a-b = fr. 60 parole di v. 1 in Eustath. ad Il. 20.232-235 [1205] IV, 396, 19- 20 van der Valk
10.423e = fr. 57 anche in epit. e di qui in Eustath. ad Il. 9.203 [746] II, 700, 1-2 van der Valk (non integro)
10.446d = fr. 20 10.451b = fr. 49 11.484e = fr. 81 11.486f = fr. 70
11.496f = fr. 5 da πιεῖν (v. 1) a ῥυτῶν (v. 2) anche in 11.496e
Ῥοδιακόν anche in Phot. ρ 134 (con menzione di Difilo, ma senza il titolo della commedia)
11.499b = fr. 3 cf. Poll. 10.72
11.499b-c = fr. 12 13.599d = fr. 71
14.640c-d (con τράγημα al v. 1) = fr. 80 v. 1 (con τρωγάλια) anche in epit. 2.52e e in Phot. α 1286; si rinviene altresì, non segnalato da Kassel e Austin, in Erodiano, Περὶ καθολικῆϲ προϲῳδίαϲ in GrGr III.1, 321, 23 (con menzione di Difilo, ma senza il nome della commedia) 14.645a = fr. 27
14.657e = fr. 78 15.700c = fr. 2 15.700e = fr. 6
120
Strom. 5.121.1 = fr. spur. 136 di qui Euseb. PE 13.13.47 e Theodoret. Graec. aff. cur. 6.23. Vv. 1-12 anche in [Iustin.] De monarch. 3 attribuiti a Filemone
Strom. 5.133.2 = fr. spur. 137.2-3 di qui Euseb. PE 13.13.62.
vv. 1-3 in [Iustin.] De monarch. 5
Strom. 6.13.5 = fr. 117 Strom. 6.13.9 = fr. 88 Strom. 7.26.4 = fr. 125
[Giustino] (III d.C.)3 2 spurî
De monarchia 3 e 5 = frr. spurî 136 e 137 cf. ad Clem. Alex. Strom. 5.121.1 e 133.2
*Eusebio di Cesarea (III/IV d.C.) 2 spurî
PE 13.13.47 e 62 = frr. spurî 136 e 137 cf. ad Clem. Alex. Strom. 5.121.1 e 5.133.2
*Teodoreto di Ciro (IV/V d.C.) 1 spur.
Graec. aff. cur. 6.23 = fr. spur. 136 cf. ad Clem. Alex. Strom. 5.121.1
Stobeo (V d.C.) 27 frr. (fr. dub. 134 due volte)
3.10.4 = fr. 99 3.10.5 = fr. 94 3.12.11 = fr. 111 3.12.12 = fr. 47 3.15.3 = fr. 100 3.21.3 = fr. 112 3.24.1 = fr. 92 3.28.10 = fr. 101 3.32.12 = fr. 110
3.37.9 = fr. 113 attribuito a Menandro in P.Giss.Litt. 3.4 (= P.Iand. V 77) r. 8 4.15b.22 = fr. 89
4.22.34, 4.24c.41 = fr. dub. 134 (in 22.34 attribuito ad Anassandride [fr. dub. 81]; in 24c.41 a Difilo) 4.22b.49 = fr. 114 4.25.16 = fr. 93 4.27.4 = fr. 102 4.31a.18 = fr. 103 4.32a.3 = fr. 104 4.32b.27 = fr. 105 4.34.6 = fr. 106 4.40.16 = fr. 107 4.41.5 = fr. 44 4.41.47 = fr. 109 4.44.9 = fr. 4 4.45.5 = fr. 108 4.50b.67 = fr. 84 4.51.14 = fr. 115 4.56.25 = fr. 116
Antologia Palatina (ultima raccolta di Cefala, IX d.C.) 1 fr.
3 Il termine ante quem è il 311/2 d.C., giacché l’opera è menzionata già da Eusebio (HE 4.18.4) tra quelle di Giustino Martire, mentre il termine post quem potrebbe essere rappresentato da Clemente di Alessandria: cf. Marcovich ad loc. (1990, vii e 81-84). Nell’operetta (6 capp.), mirante a supportare l’esistenza di un solo dio, si contano 15 citazioni da tragedia e 12 da commedia, sia originali che spurie.
121 11.439 = fr. 119
Etymologicon genuinum (IX d.C.) 4 frr. + 1 test. α 445 = test. ad Ἀλείπτρια anche in Et. magn. p. 61, 9, Et. Sym. α 512 α 1044 = fr. dub. 135 anche in Et. magn. p. 127, 1
β 193 = fr. 58 anche in Et. magn. p. 206, 15, Et. Sym. β 161
s.v. πόρκοϲ codd. A B = fr. 79 anche in Et. magn. p. 683, 19, ‘Zonar’. Lex. p. 1562; forse già in Oro (V d.C.) fr. B 136 Alpers
+ ad Seleuc.
Fozio (IX d.C.) 15 frr.
α 459 = fr. 126 anche Synag. cod. B, α 454
α 466 = fr. 10 anche Sud. α 729; forse già in Ael. Dion. (II d.C.) α 43 Erbse e Oro (V d.C.) fr. B 4 Alpers
α 815 = fr. 121 anche Synag. cod. B, α 810 α 1204 = fr. 127
α 2438 = fr. 54 anche Synag. cod. B, α 1789 (in Synag. versio antiq., α 812 solo ἄπλετον = ἄπειρον) ν 152 = fr. 120 anche Sud. ν 214 ο 388 = fr. 85 π 664 = fr. 131 π 1022 = fr. 132 anche Sud. π 1919 ρ 16 = fr. 68 anche Sud. ρ 8
s.v. ψωλόν p. 657, 7 = fr. 38 anche Sud. ψ 130 = Prov. cod. Par. suppl. 676 (Cohn CPG
Suppl. I, 63)
+ ad Harp. p. 301, 15 - 302, 2 Dindorf (= φ 22 Keaney), Poll. 9.81, Ath. 11.496f, 14.640c-d *Synagoge lexeon chresimon (VIII/IX d.C. con aggiunte successive) 3 frr.
+ ad Phot. α 459, α 815, α 2438
Scholia (A) in Iliadem (ante X d.C.) 1 fr.
9.122 (I, 305, 21 Dindorf) = fr. 11 anche in Et. magn. p. 744, 46; cf. Eustath. ad Il. 9.122 [740] II, 673, 2-3 van der Valk (senza il titolo della commedia)
*Ἐκλογαὶ διαφόρων λέξεων (X d.C.?) 1 fr.
+ ad Seleuc.
*Suda (X d.C.) 7 frr.
+ ad Seleuc., ad Harp. p. 301, 15 - 302, 2 Dindorf (= φ 22 Keaney), Phot. α 466, ν 152, π 1022, ρ 16,
s.v. ψωλόν p. 657, 7
*Etymologicon Gudianum (XI d.C.) 1 fr.
+ ad Seleuc.
cf. ad Phryn. PSp. 60, 14
Eustazio (XII d.C.) 13 frr. (5 volte senza menzione
di Difilo)
ad Od. 4.10 [1479] I, 142, 21-22 Stall. = fr. 66 cit. ridotta in Antiatt. κ 6 Valente
+ ad Ath. 3.124d, 4.132c, 5.189e, 6.223a, 6.230f, 6.247c, 6.262a, 7.291f, 7.307f, 10.422a-b, 10.423e,
122 *Etymologicon magnum (prima metà XII d.C.) 5 frr.
+ ad Et. gen. (4 voci) e Sch. Il.
*Etymologicon Symeonis (seconda metà XII d.C.) 1 fr. + ad Et. gen. β 193 = fr. 58
*‘Zonarae’ Lexicon = Lexicon Tittmannianum (XIII d.C.) 1 fr. + ad Et. gen. s.v. πόρκοϲ codd. AB
Prov. cod. Par. suppl. 676 (ante XIII/XIV d.C.)4 2 frr. Cohn CPG Suppl. I, 80 num. 83 = fr. 65
+ ad Phot. ψωλόν p. 657, 7
Lexicon Hermanni (XIV d.C.?)5 1 fr.
p. 324 num. 33 = fr. 122
Ateneo è dunque di gran lunga la fonte principale dei frr. difilei, citati in tutti i libri (compresi i primi due epitomati) a esclusione dell’ottavo, non solo in relazione al numero delle citazioni (50 frr. [due dei quali citati due volte] + una test.), ma anche alla lunghezza dei frr. stessi: spiccano i frr. 17 (15 vv.), 31 (27 vv.), 42 (41 vv.), 60 (12 vv.), 67 (14 vv.), 74 (11 vv.). Chiaramente gli interessi del dotto naucratita sono orientati ai banchetti, ai cuochi, ai parassiti, alle etere, tutti elementi riflessi non solo in questo gruppo di frr. di estensione maggiore ma anche nei rimanenti. Seconda fonte per importanza è Stobeo (27 frr. di cui uno riportato in due circostanze), che di Difilo ricorda la propensione alla sentenziosità, presente in tutti i frr. da lui citati tranne due (89 e 93)6: si tratta in gran parte di monostici e distici e solo in quattro casi sono tramandati frr. di tre versi (4, 92, 93, 94) e in uno di quattro (fr. 89).
Tra I a.C. e II d.C. Difilo era stato menzionato da diversi grammatici, ciascuno con una citazione (Trifone, Eroziano, Seleuco, ‘Ammonio’, Frinico, Erodiano), e anche la citazione di Plutarco, nella Vita di Nicia, è un unicum7. Sempre nel II sec. Arpocrazione è fonte di 4 frr., tra i quali spiccano i tre versi del fr. 73, mentre tra gli 8 di Polluce risaltano il 19 (4 vv.) e il 55 (5 vv.). Quanto alle raccolte di proverbi, Zenobio presenta 2 citazioni e 1 fr., il 98 (2 vv.), al quale bisogna forse aggiungere 2 frr. traditi da Prov. cod. Par. suppl. 676 di età incerta (prima del XIII/XIV sec.), il 65 e il 79, il secondo presente anche in Fozio e nella Suda. Dei 14 passi in cui l’Antiatticista cita Difilo, nessuno contiene un verso intero: si tratta sempre di una parola, con indicazione del dramma di
4 L. Cohn, Zu den Paroemiographen. Mitteilungen aus Handschriften, Breslau 1887, poi edito come CPG Suppl. I. Il codice, miscellaneo, risale al XIII/XIV sec. ed è conservato presso la Bibliothèque nationale de France (suppl. gr. 676); i proverbi sono inclusi ai ff. 41-57 sotto il titolo παροιμίαι τῶν ἔξω ϲοφῶν. L’età e la provenienza specifica del materiale non sono chiare, ma sicuramente in alcuni casi, rispetto alle recensioni più tarde della raccolta di proverbi di Zenobio (rec. B = Zenobius vulgatus), questa contiene materiale più ampio, con citazioni di autori altrove non attestate: si veda Bühler ad Zenob. rec. Ath. vol. I (1987), pp. 156-159, in particolare p. 156 «ambitu autem atque doctrina multarum explicationum rec. B longe superat et proxime ad Zenobium accedit». Ripr. online in http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b110040472/f47.image.
5 A proposito di questo lessico si rimanda a quanto detto nel comm. a Diph. test. 1 (Ϲινωπεύϲ). 6 Fozio ricorda Difilo nell’elenco dei poeti citati da Stobeo in Bibl. [167] 114b.35 (II, 157 Henry).
7 Di altri due frr. traditi da Plutarco è stata sospettata, purtroppo senza prove, la paternità difilea. Com. adesp. *711 (= Diph. fr. 133 Kock, Men. fr. 1086 Kock), preservato in De adul. et am. 9 [54b] nel parlare di un parassita, fu posto in confronto da Fritzsche (ap. Töppel 1846, 31) con Ath. 6.258e, dove si lodano il Τελεϲίαϲ difileo e il Κόλαξ menandreo (cf. il par. sulla commedia difilea nel cap. Elementi storici). Meineke (FCG II.1, 489), invece, inizialmente pensava a un indovinello (= carm. pop. 15 D.), ma poi, nella Editio Minor dei FCG (II, 1260) dichiarò preferibile la provenienza da una commedia, senza specificare quale. Com. adesp. 725 (= com. adesp. 359 Kock), tradito in De animi tranq. 469b e in
De curios. 1 [515d] a proposito della πολυπραγμοϲύνη, fu attribuito a Menandro da Meineke (1818, 45), seguito da Koerte
(= fr. 521 Koerte), mentre Pohlenz (1965, II, 41) propose la provenienza da una commedia intitolata Πολυπράγμων, attestata, oltre che per Enioco (fr. 3) e Timocle (fr. 29), anche per Difilo (frr. 67-68).
123 provenienza (tranne che per i frr. 129, 130, 133). Tra il II e il III sec. si registrano 5 menzioni negli
Stromata di Clemente Alessandrino, tra le quali spicca l’ironico fr. 125 (7 vv.) su Preto e le Pretidi e
i frr. 88 (4 vv.) e 117 (1 v.), ricordati quali esempi di furti tra scrittori. I due frr. spurî (136 e 137) sono anche nel De monarchia falsamente attribuito a Giustino, con il fr. spur. 137 tradito con un verso in più, il primo, rispetto a Clemente.
Dopo un’interruzione di quattro secoli rispetto a Stobeo, nel IX sec. si ha l’inattesa citazione nel libro undicesimo dell’Antologia Palatina, in quella che dovrebbe essere la raccolta approntata da Costantino Cefala, con un verso in tr. ia. con una corruttela nel mezzo (fr. 119). Tra i lessici e gli etimologici, escludendo quelle fonti che non apportano alcuna novità rispetto alle precedenti, l’Etymologicon genuinum tramanda 4 frr. e una test., con i frr. 58 (1 v.) e 79 (resti di 2 vv.) a rappresentare le citazioni più estese. Dei 15 frr. del Lessico di Fozio, gli unici che attribuiscono a Difilo qualcosa in più di singole parole sono i numm. 54, 68, 77, 80.1, 85, 120, 121, per quanto nessuno superi il verso e mezzo. A una data imprecisata anteriore al X sec., età in cui il cod. Marciano dell’Iliade (A) fu compilato, risale lo scolio, non incluso tra quelli vetera nell’ed. di Erbse, che tramanda il fr. 11, consistente in tre parole (βραχύ τι τάλαντον), con menzione del dramma di provenienza, l’Ἀνάγυροϲ o, se si accetta la correzione di Villoison (1788, xxxiii), Ἀνάργυροϲ (cf. ἐν ἀργύρῳ nell’Et. magn.). Nel XII sec. Eustazio nelle menzioni difilee attinge molto ad Ateneo e all’epitome, ma in un caso riporta un fr. nuovo, il 66, unica test. della commedia Πλινθοφόροϲ. Ultima a livello cronologico è nel XIV sec. la citazione del Lexicon Hermanni, che ricorda, senza precisazione del dramma di provenienza, il fr. 122, forse resti di due tr. ia. (καὶ πόδα βόειον οὐδεὶc ὀπτᾷ).
Le citazioni di Difilo nei papiri sono pochissime e discusse8. Tra queste risalta quella che di fatto contiene la più antica menzione del poeta, i rr. 32-35 della col. ii di P.Louvre inv. 7733 verso, un’anonima elegia seguita da un commentario (ed. pr. di Lasserre 1975), che ha permesso di conoscere un nuovo titolo, il Παραλυόμενοc e i resti di tre versi (fr. 59). Inoltre il fr. 113 (inc. fab.), tradito da Stob. 3.37.9 come difileo, compare anche nella lista di monostici menandrei in ω- preservata da P.Giss.Litt. 3.4 (= P.Iand. V 77) r. 8 e risalente almeno al III d.C. Meno sicuro è che il suo nome figurasse nel glossario comico di P.Oxy. XV 1801 r. 47 (test. *19a) e nella miscellanea di BKT IX 66 ↓ r. 3 (test. *19b), visto che in entrambi i casi il nome sarebbe da integrare (risp. διφ̣[ e διφι ̣[), per quanto il secondo caso paia più probabile. In effetti i frr. dell’edizione di Kassel-Austin sono quasi interamente coincidenti con quelli editi da Kock (CAF II, 541-580)9, tranne che per l’eliminazione dei frr. 23, 57, 85 e 110 Kock e dubb. 133-135 Kock per i quali l’attribuzione a Difilo era tutt’altro che sicura10, e per l’aggiunta, oltre al menzionato fr. 59, di due frr. provenienti da Fozio, per la prima volta inseriti tra quelli difilei da Demiańczuk 1912 (frr. 1-2 Dem. = 126-127 K.-A.), e del fr. 54 anche questo foziano (= adesp. 620 Kock, fondato sulla testimonianza parziale di Lex.
Bachm. p. 121, 1711).
È evidentemente impietoso il confronto con l’abbondanza dei ritrovamenti papiracei di Menandro, cresciuti in maniera esponenziale a partire dalla pubblicazione della Membrana
Petropolitana 388 a opera di Cobet nel 187612. Nondimeno i resti difilei su papiro risultano quantitativamente inferiori anche rispetto a quelli di Filemone, che pure scarseggiano. La più antica menzione di Filemone è in P.Hib. II 183 (III a.C.), un trattato di dizione poetica forse di matrice peripatetica (fr. 181 da inc. fab.), mentre l’apporto più significativo è rappresentato dal papiro berlinese di Didimo (inv. 9780 = BKT I), forse vergato nel II d.C., dove, a proposito di Aristomede
8 Una prima catalogazione degli esigui resti papiracei difilei è in Austin CGFP (1973), 51, dove per ovvi motivi cronologici mancano il papiro del Louvre e quello di Berlino.
9 La lettura del testo di Kock è da completare con le brevi note critiche apparse in Herwerden 1903, 149-153.
10 Diph. fr. 23 Kock = Sophil. fr. 3; fr. 57 Kock = Theophil. fr. 9; fr. 85 Kock = Diph. test. 11; fr. 110 Kock = com. adesp. 908; fr. 133 Kock = com. adesp. * 711; fr. 134 Kock = Men. fr. 731; fr. 135 Kock = Men. fr. 751.
11 Cf. ora Synag. versio antiq. α 812 e Synag. cod. B, α 1789.
12 Per la storia dei ritrovamenti papiracei menandrei si vedano in sintesi Arnott (Men. I, xxvi-xxx) e Casanova (2004). Per i papiri (e i mosaici) menandrei pubblicati dopo la seconda ed. di Sandbach cf. Arnott 2004; sfortunatamente il contributo di Martina (2016, I, 283-323 e 324-332) sulla tradizione diretta di Men. non è aggiornato.
124 si citano sette versi dall’altrimenti ignota commedia Λιθογλύφοϲ (fr. 41 da in [Demosth.] Phil. iv 70 col. ix r. 52). I frr. 91 (Χήρα), 128 e 129 (inc. fab.) sono invece frustuli malridotti provenienti da P.Harr. II 170 (II d.C.), contenente un’antologia gnomica con varie citazioni comiche in merito alla φιλαργυρία e alla αἰϲχροκέρδεια (ed. pr. di Livrea 1985, spec. 13 e 15). Sono qui ricordati oltre a Filemone (rr. 2, 12, 26), altri esponenti della mese e della nea, nell’ordine, Apollodoro di Gela (rr. 6- 8 = fr. 3 [Φιλάδελφοι ἢ Ἀποκαρτερῶν]), Filippide (rr. 9-11 = fr. 12 [Ἐκπωματοποιόϲ]), Antifane (rr. 16, 23 = frr. 315-316 [inc. fab.]) e Alessi (rr. 20-22 = fr. 68 [Ἐκπωματοποιόϲ]). Un’ulteriore citazione filemonea (fr. 153 da inc. fab.) è preservata dalla Vita euripidea di Satiro (P.Oxy. IX 1176 = F 6 Schorn, fr. 39 col. vii rr. 32-36), mentre il v. 1 del fr. 93 (inc. fab.), tradito da Stobeo (3.2.26), figura anche in P.Strasb. inv. WG 306-307 (II a.C.?), un’antologia13, nonché in P.Cair. inv. 56226 (età inc. tra I e III d.C.), da un quaderno di esercizi scolastici. Provengono da antologia anche altri papiri. Il fr. 85, assegnato allo Ὑποβολιμαῖοϲ filemoneo da Stobeo (4.15b.27) e noto anche ai paremiografi (cf. CPG I, 43), è citato anonimo nell’antologia di gnomai di P.Oxy XXXIII 2661 (III d.C.) r. 614. Un’altra antologia gnomologica, PSI XV 1476 (II d.C.), include il fr. 56 (Παγκρατιαϲτήϲ) e i vv. 10- 11 di fr. 94 (inc. fab.), fr. noto nella sua interezza grazie a Stobeo (4.44.24). Singolare è il caso di P.Schub. 28 (P.Berol. inv. 13680 recto) di II a.C., gnomologio sul tema del rapporto tra padroni e schiavi: a parte le citt. di Antifane (fr. 263 da inc. fab.; cf. anche P.Berol. inv. 21144 recto r. 10) e forse di Diocle (test. *3)15, sono attribuiti a Filemone due versi traditi come euripidei da Stobeo (4.19.3 = Eur. fr. 529 Kannicht [Μελέαγροϲ]). Potrebbe invece essere da identificare nel grammatico il Filemone inserito nella lista di libri di P.Turner 39 (III d.C.) fr. 1 r. 1 (cf. Otranto 2000, 75).
Anche per Filemone, così come per Difilo, tuttavia, si tratta di citazioni e non rimangono tracce di rotoli contenenti sue commedie. L’unico autore della nea al di fuori di Menandro al quale sono senza ombra di dubbio assegnabili i resti di un rotolo papiraceo è Posidippo. P.Heid. I 183, datato al 200 a.C., ha infatti preservato circa 13 versi finali dell’Ἀποκλειομένη (fr. 6), con il titolo seguito dal genitivum auctoris nella subscriptio, papiro doppiamente prezioso, perché contiene un