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Abilità di counseling

Concetti e tecniche di base

pp. 244 - L. 34.000 (€ 17,56)

| D E I L I B R I D E L M E S E

OTTOBRE 1999

I

GIULIO S A P E L L I

Perché esistono le imprese e come sono fatte

pp. 137, Lit 14.000

Bruno Mondadori, Milano 1999

L'impresa come "formazione eco-nomico-istituzionale-sociale", que-sto l'oggetto del libro di Sapelli, che vuole riflettere sulla "formazione mo-derna della ricchezza", attraverso un confronto tra le più grandi poten-ze economiche mondiali basato sull'analisi del rapporto sussistente fra la produttività del lavoro, inteso come "indicatore principale dello sviluppo economico" e la presenza della grande impresa. Uno sguardo sul passato per cercare di compren-dere la situazione presente e il ruolo storico e sociale dell'impresa. Sorte come nuovo soggetto istituzionale alla fine del secolo scorso, le grandi imprese assunsero un ruolo fonda-mentale nella formazione delle

éli-tes; evolutesi naturalmente in fucine

manageriali, divennero fondamenta-li strumenti di potere pofondamenta-litico, spo-stando così il baricentro del moder-no concetto di rappresentatività dal-la sfera esclusivamente politica a quella economico-sociale, in un sen-so profondamente diversen-so da quello assunto nel paradigma strutturalista e in quello neoclassico. Proprio l'ori-gine extraeconomica dell'impresa ha reso possibile la sua progressiva espansione nel corso del Novecento un secolo "tutt'altro che breve" -e rappr-es-enta la sfida p-er il futuro. Un futuro nel quale si proiettano i cambiamenti, già in atto in questa fi-ne millennio, volti a recuperare il mercato all'interno dell'impresa, li-berandola da gerarchiche relazioni personali; cambiamenti diretti a ge-stire quei processi di outsourcing

che determinano la disintegrazione della grande impresa in imprese mi-nori. La sfida di un futuro già pre-sente in un mercato globalizzato è dunque quella di governare la so-cietà secondo i principi di merito e competenza, fondati su una rappre-sentanza non solo parlamentare, ma anche funzionale e territoriale, propri della gestione della grande impresa.

GIANDOMENICA B E C C H I O I M M A N U E L W A L L E R S T E I N Dopo il liberalismo ed. orig. 1995 trad. dall'inglese di Federica Censolo pp. 271, Lit 36.000

Jaca Book, Milano 1999

In Dopo il liberalismo Immanuel Wallerstein, direttore del Fernand Braudel Center di New York, deli-nea la parabola del sistema di valo-ri politico-economici affermatosi in Occidente nel dopoguerra e analiz-za le possibili modalità del suo or-mai prossimo tramonto. L'era in cui viviamo è infatti postegemonica, in quanto succeduta alla lunga fase che ha visto gli Stati Uniti imporre ovunque un vero sistema unipolare valendosi peraltro anche dell'ogget-tivo supporto dei sovietici quali utili custodi dell'ordine in aree vaste e talora turbolente. Oggi il liberalismo come ideologia globale crolla, i paesi poveri annaspano sempre più, gli Stati nazionali appaiono di-sarmati dinanzi alle nuove sfide del-la globalizzazione o dell'immigrazio-ne: è quindi necessario orientarsi fin d'ora verso un nuovo sistema stori-co, armonizzando interventi su sca-la locale e psca-lanetaria,, perché intor-no al 2050 con la crisi dell'ordine at-tuale una decisa trasformazione del

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sistema politico-economico oggi ancora dominante diverrà improro-gabile; e non si potrà nemmeno più procedere, afferma Wallerstein, a un'ennesima riesumazione dell'or-mai consunto marxismo. Il libro pre-senta, in definitiva, due tesi fonda-mentali: da un lato l'agonia del libe-ralismo, trattata diffusamente nelle sue origini e nei suoi possibili esiti, dall'altro la morte del marxismo qua-le idea-forza realizzabiqua-le nel concre-to in alternativa radicale al liberali-smo stesso, soprattutto nei paesi ar-retrati. Da qui gli interrogativi circa tutti quegli aspetti della contempo-raneità variamente rimescolatisi do-po la fine della guerra fredda e più in generale dopo la fine di quelli che Wallerstein, con un misto di ironia e amarezza, chiama "i bei tempi an-dati".

(D.R.)

C ® "

E U G E N B Ò H M - B A W E R K

Potere o legge economica?

ed. orig. 1914 trad. dal tedesco di Enzo Grillo prefaz. di Lorenzo Infantino pp. 142, Lit 18.000 Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 1999

Continua la pubblicazione da par-te di questo editore di par-testi di alcuni dei più importanti economisti della scuola austriaca. Questo intervento di Bòhm-Bawerk rappresenta un momento del Methodenstreit, la di-sputa sul metodo delle scienze so-ciali, che impegnò gii austriaci con-tro gli storicisti tedeschi sull'esisten-za e la natura delle leggi economi-che. Bòhm-Bawerk, discepolo di Cari Menger e maestro di von Mises e Schumpeter, fu uno degli econo-misti più importanti nella storia del pensiero economico: fondamentali i suoi contributi sulla teoria del capita-le e la sua critica a Marx. In questo breve intervento egli si domandò se fosse vera l'accusa rivolta all'econo-mia politica di essersi liberata da un elemento troppo scomodo quale po-teva essere quello normativo-istitu-zionale. In particolare la critica pro-veniva dalla scuola storica tedesca e dai marxisti, i quali, pur nelle loro diversità, sostenevano entrambi la necessità di un primato del politico sull'economico. La risposta dell'eco-nomista austriaco è decisamente negativa: ogni fenomeno economico è un fenomeno normativo in primis, poiché l'ordinamento sul quale si fonda, ossia il mercato, è basato sul- ' la proprietà privata. Inoltre è indubi-tabile il fatto che la formazione dei prezzi così come la distribuzione della ricchezza siano massiccia-mente influenzati da fattori extranomici, sebbene esistano leggi eco-nomiche che lo scienziato 'economi-co è tenuto a s'economi-coprire 'economi-con il proprio lavoro. Tuttavia proprio queste leggi economiche devono essere conside-rate come naturali: esse sono regola-trici dell'agire economico, e il potere politico non può fare altro che con-fermarle, tanto meno esso può sover-chiarle, se non vuole causare danni. (G.B.)

B R U N O JOSSA

La moneta unica europea. \ Argomenti prò e contro

pp. 234, Lit 30.000

i Carocci, Roma 1999

Quest'anno, per effetto del Trat-tato di Maastricht del 1992, è stata introdotta la moneta unica euro-pea, l'euro: per ora solo nominal-mente (come unità di conto), ma a partire dal gennaio del 2002, come moneta reale e circolante, essa sopprimerà le monete nazionali dei paesi europei che hanno aderito al Trattato. Questo libro di Jossa si propone di analizzare le principali argomentazioni a favore e contro l'introduzione della moneta unica europea. Queste ultime sono lega-te soprattutto al fatto che "la sosti-tuzione di una molteplicità di mo-nete con una moneta unica signifi-ca l'abolizione dei signifi-cambi come meccanismi equilibratori delle bi-lance dei pagamenti dei paesi aderenti all'accordo". Inoltre l'auto-re tratta della scelta fra cambi fissi e cambi flessibili, del problema dell'autonomia della Banca centra-le europea, che avrà il compito di emettere la moneta e che sarà in-dipendente dai poteri politici degli Stati membri. Non una ricostruzio-ne storica del percorso che ha por-tato l'Europa all'unione monetaria, ma una lucida rassegna dei princi-pali problemi che l'introduzione dell'euro porterà o risolverà. La moneta unica europea può essere intesa come uno degli effetti della globalizzazione, e della conse-guente liberalizzazione dei capitali, e potrà diventare una moneta di ri-serva interpazionale se e solo se assumerà stabilità. Un ulteriore problema che potrebbe emergere con l'introduzione dell'euro è l'au-mento della disoccupazione in se-guito all'impossibilità, da parte dei singoli paesi, di intervento sulle po-litiche anticicliche. Risultato della riflessione dell'autore è la neces-sità che all'unione monetaria si ac-compagni presto un'unione politica del vecchio continente, in grado di allontanare lo spettro di guerre e al contempo di presentarsi sulla sce-na mondiale come usce-na nuova reale potenza. Un progetto, questo, an-cora tanto lontano, per il quale "sia-mo in cammino, dunque, non an-cora nel porto".

(G.B.)

I

ADELINO Z A N I N I

Macchine di pensiero. Schumpeter, Keynes, Marx

prefaz. di Giorgio Lunghini pp. 95, Lit 17.000

Ombre Corte, Verona 1999

Schumpeter, Keynes e Marx eb-bero in comune da un lato il deciso sguardo critico con il quale ciascu-no di essi analizzò il paradigma economico nella sua epoca predo-minante, e, dall'altro lato, l'intende-re come necessaria la l'intende-relazione fra economia e politica. La scelta dell'autore è quella di trattare que-ste tre macchine di pensiero da una prospettiva metodologica, al fi-ne di càpire come essi trattarono uno dei più problematici rapporti della modernità, quello fra econo-mia e politica. Tuttavia l'intento di questo saggio non è quello di evi-denziare le affinità tra i tre pensato-ri, bensì il fissarne le differenze, che sommariamente emergono già dai titoli dei tre paragrafi in cui si articola: Schumpeter impolitico,

Keynes poiiticus, Marx inattuale.

Nel capitolo dedicato a

Schumpe-ter, l'autore si sofferma particolar-mente sul ruolo del fattore tempo-rale nell'analisi economica dell'au-striaco, che sfocerà nella sua teo-ria dell'innovazione come elemento caratterizzante il processo econo-mico capitalistico, nel quale sono chiaramente distinti i fattori endo-geni da quelli esoendo-geni. E proprio questa demarcazione netta pre-sente nel pensiero di Schumpeter gli permette di tenere ben distinti il Politico dall'Economico. Riguardo al pensiero di Keynes è inevitabile considerare il problema dell'incer-tezza, presente dal Treatise on

Probability alla General Theory,

che lo rende de facto un filosofo e un epistemologo. Negli anni venti è già chiara la distinzione fra il suo pensiero e quello ortodosso, e sempre maggiore importanza as-sume in questa prospettiva il rap-porto con Wittgenstein. Detto in sintesi, egli riteneva impossibile considerare l'economia politica au-tonomamente rispetto alla teoria economica. Circa l'inattualità di Marx, essa si giustifica con il consi-derare il lavoro vivo come una ca-tegoria "ontoermeneutica", "compi-mento del rapporto fra Economico e Politico".

(G.B.)

F R A N C E S C O FORTE

Storia del pensiero dell'economia pubblica

Voi. I: Il pensiero antico greco, romano e cristiano

Voi. Il: Dal medioevo al mercantilismo

pp. 5 6 1 e 601, Lit 90.000 cad.

Giuffrè, Milano 1999

Escono questi due primi volumi di storia del pensiero economico, di estremo interesse, data la compe-tenza dell'autore e la ricchezza teo-rica, storica e bibliografica dell'o-pera, che rappresenta il punto di vi-sta dell'economivi-sta addentro ai problemi delle public choices, in grado di fare emergere, attraverso medaglioni di singoli pensatori, gli intrecci fra politica, economia, cul-tura filosofica e giuridica. Nel primo volume l'autore tratta del pensiero antico: nella civiltà greca predomi-narono i grandi progetti costituzio-nali ideali (come quelli di Platone e Aristotele) e reali (Licurgo e Solo-ne), ma ampia eco assunse la con-trapposizione fra il pensiero socrati-co e quello sofista. La civiltà roma-na fu caratterizzata dall'esigenza di gestire una forza politica e militare in continua espansione anche attra-verso una dottrina dell'utilità pubbli-ca in grado di armonizzare gli inte-rèssi delle élites al potere. Infine il pensiero cristiano, dal Vecchio Te-stamento ad Agostino. Il secondo volume è dedicato al pensiero me-dievale: dal monaòhesimo a Tom-maso d'Aquino, con particolare ri-guardo al problema monetario, dell'usura e dei tributi nei trattati di economia pubblica e giuridica. Di estremo interesse anche la parte dedicata alle origini del capitalismo italiano e al pensiero economico all'interno della tradizione prote-stante. La parte dedicata al mer-cantilismo inglese, francese, italia-no, tedesco e olandese non manca di gettare uno sguardo sull'intrec-cio fra economia e politica nell'età del contrattualismo, quando la bor-ghesia cominciò dall'Inghilterra la sua ascesa sociale, ma questo sarà il tema del terzo volume.

(G.Bo.)

In libreria

Gerardo Chiaromonte

Itinerario di un riformista

Con contributi di

Massimo D'Alema, Oscar Luigi Scalfaro, Guido Boti rato, Rino Formica, Emanuele Macaluso, Umberto Ranieri

pp. 250 -L. 30 000 Dario Antiseri Karl Popper Dario Antiseri Karl Popper pp. 372-L. 25.000 Leonida Répaci Poesie

Antologia a cura di Dante Maffia

pp. 222-L. 26.000

Destra e Sinistra due parole ormai inutili

A cura di Dario Antiseri e Lorenzo Infantino

pp. 140-L. 16.000

Edgardo Sogno

La storia, la politica, le istituzioni

Scrìtti sull'antifascismo, sulla storiografia contemporanea e sulle riforme costituzionali

pp 252 - L. 30 000

Rubbettino

Distribuzione nazionale PDE

Tel. 0968/662034 - Fax 0968/662055

M A R C A U G É

Disneyland e altri nonluoghi

ed. orig. 1997 trad. dal francese di Alfredo Salsano pp. 122, Lit 18.000

Bollati Boringhieri, Torino 1999

"Nonluoghi" è stata alla metà de-gli anni novanta una "parola-inse-gna", maneggiata troppe volte con la pretesa di alludere sbrigativa-mente a una realtà urbana in tra-sformazione. Quest'uso ridondante ha probabilmente nociuto, oltre che al dibattito sulla città contem-poranea, al suo stesso autore, Marc Augé, antropologo francese impegnato sui temi della quotidia-nità, noto in Italia per i due saggi pubblicati da Elèuthera nel 1992 e nel 1993, Un etnologo in metrò e

Nonluoghi. Introduzione a una an-tropologia della surmodernità. Ora

Augé torna sull'argomento racco-gliendo nove brevi scritti in un pic-colo volume che si configura come un buon prodotto professionale, at-tento al mercato anche negli aspet-ti linguisaspet-tici, nei riferimenaspet-ti letterari e in molti dei temi sollevati ( tra gli altri, la città come finzione, e l'os-sessione del viaggio). In questi re-soconti di sopralluoghi Augé usa i suoi strumenti con maggior finezza di quanto non facciano i suoi tanti epigoni, consapevole che i suoi so-no "esempi limite" utili a guardare oltre il consueto, memore degli "al-beri maestri" che Baudelaire osser-vava dalla finestra nei Tableaux

pa-risiens: campanili e ciminiere di

fabbrica mescolati a formare un unico, nuovo paesaggio urbano, una coesistenza di dimensioni con ciascuna delle quali, separatamen-te, la coscienza individuale non può completamente identificarsi. Il

^ H U t i LifcJKl UtL MtSE B i 1

ohe, et e,

-Wolfram Eberhard

DIZIONARIO DEI SIMBOLI CINESI

Il significato simbolico delle immagini nella filosofia, nella religione

nell'arte

e nella vita quotidiana cinese

C. Bollas - J. McDougall M. Eigen - A. Phillips - N. Coltart

UBERAMENTE ASSOCIATI

Conversazioni psicoanalitiche a cura di Anthony Molino

Interviste-conversazioni con cinque dei pensatori più originali della psicoanalisi contemporanea

Chókyi Nyima Rinpoche

GUIDA AL BARDO

Lo specchio della consapevolezza

Una guida spirituale all'uso degli stati intermedi di coscienza

che favoriscono la liberazione

Nina Coltart

IL BAMBINO E L'ACQUA DEL BAGNO

Saggi di psicoanalisi

Le riflessioni filosofiche e le ricerche cliniche di una psicoanalista davvero

'indipendente'

nostro mondo è, in questo, simile a quello, e non è un caso che Augé non separi mai. la città moderna - consolidata, definita nella sua for-ma come nel suo apparato simboli-co - e la città simboli-contemporanea - di-spersa, pulviscolare, dei parchi a tema o degli shopping mail.

CRISTINA B I A N C H E T T I

F R A N C E S C O C E C C A R E L L I

La città di Alcina. Architettura e politica alle foci del Po

nel tardo Cinquecento

pp. 286, Lit 45.000

il Mulino, Bologna 1999

Alcina è l'isola della magia ario-stesca: un'incantevole paesaggio che si rivelerà, per Ruggiero, luogo di sortilegio, dominato dalla sorella della fata Morgana, capace di far sue le ricchezze del mare e di tra-sformare in piante, animali e rocce i suoi amanti. Mesola è una città in-ventata nella seconda metà del Cinquecento sul delta del Po: un'al-trettanto magica sfida a un mondo fatto di acque dolci e salmastre che continuamente si interrano e di ter-re ohe, con analoghi ritmi, si impa-ludano. Luogo di villeggiatura e caccia; scalo di mercanzie, grande emporio che avrebbe portato ric-chezza; nuova città che si offre a mercanti ebrei e artigiani con esen-zioni e privilegi; ma anche luogo di difesa e avamposto sull'Adriatico: le tracce che il grande cantiere la-scia nelle antiche mappe sono un enigma di difficile decifrazione, re-so ancora più incerto daf richiamo all'isola della magia ariostesca ad opera degli stessi protagonisti di questa storia, a testimonianza di come l'immaginazione epica della grande tradizione letteraria fantasti-ca si attualizzi alla fine del Cinque-cento in un diverso modo di pensa-re alla città. Francesco Ceccapensa-relli ricostruisce con rigore e grande capacità narrativa la vicenda di una città sognata, fatta costruire da Alfonso II d'Este a partire dal 1578: quasi dodici chilometri di cinta mu-raria alta tra i quattro e i sei metri, dodici grandi torri e un grande pa-lazzo ducale. Ma la storia della città sarà più breve di quanto i sogni estensi potessero far pensare. Di lì a non molto (nel 1597) Alfonso muo-re, il ducato passa al dominio roma-no e saranroma-no i veneziani, protagoni-sti di un dominio esteso al mare co-me al sistema idrico di terraferma, a seppellire, letteralmente, Mesola, grazie agli stessi progressi del-l'idraulica che ne avevano permes-so il permes-sorgere. Il Taglio di Porto Viro, inciso sul ' ramo più settentrionale del Po, trasformerà in pochissimo tempo tutto il confine tra terra e ma-re, relegando "la nuova Ferrara" a un ricordo sempre più sfocato.

( C . B . ) Architettura Italiana, 1940-1959 "ArQ - Architettura Quaderni", n. 14-15 Electa, Napoli 1998 (ma 1999)

È dedicato all'architettura italiana dal 1940 al 1959 questo numero speciale doppio della rivista "ArQ -Architettura Quaderni", pubblicato dal Dipartimento di architettura dell'Università di Napoli e curato da Emanuele Carreri e Michele Capo-bianco. Il testo tenta un affresco del periodo indicato, non solo racco--gliendo un'enorme quantità di infor-mazioni appartenenti alla cultura

architettonica italiana, ma anche cercando di costruire in parallelo riferimenti a ciò che stava capitan-do nella vita civile in quegli stessi anni. Il ricco apparato iconografico ha il valore quasi di un testo a sé, o, almeno andrebbe sfogliato con questa curiosità: accanto alle im-magini consolidate di un repertorio storiografico più che conosciuto, se ne trovano altre meno consuma-te, ma estremamente suasive dei diversi percorsi dell'architettura ita-liana del dopoguerra (come le im-magini delle architetture di Giusep-pe e Giorgio Raineri a Torino, o di Luigi Caccia Dominioni a Milano). Immagini che aprono a riflessioni e a curiosità non legate certo alle so-le pratiche di una cultura locaso-le. La lunga intervista annotata a Bruno Zevi, "memoria" di quegli anni, l'ar-ticolo in forma di lettera di France-sco Tentori che riprende e com-menta a trent'anni di distanza il suo articolo su "Casabella-Continuità"

Quindici anni di Architettura,

ap-parso nel 1961, sono materiali che, allontanati dall'enfasi delle parole, restituiscono per frammenti una storia che ha ancora molte urgenze critiche: tra cui la più grande è la necessità di reinventare quadri cri-tici e gerarchie di valori.

PATRIZIA B O N I F A Z I O

V I N C E N Z O FONTANA

Profilo dell'architettura italiana del Novecento

pp. 443, Lit 64.000

Marsilio, Venezia 1999

Tra la Mostra di architettura ita-liana di Torino del 1890 e la Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia del 1996 si svi-luppa l'intreccio di esperienze in-dagato dal testo di Vincenzo Fon-tana. Il punto di osservazione si de-linea nella ricerca di una doppia continuità: una continuità nel tem-po segnata da un carsico riaffiora-re di posizioni, convinzioni e atteg-giamenti pratici che restituirebbe il carattere specifico dell'esperienza italiana, e una continuità, altrettan-to importante, tra realizzazioni, di-scussioni, manifesti, correnti, scuo-le che sarebbe alla base della co-struzione del paesaggio italiano. Un intreccio di esperienze riletto come progressiva affermazione dell'architetto integrale, la figura professionale che Gustavo Giovan-noni voleva capace di dominare i campi dell'architettura, dell'urbani-stica e del restauro, adottando una linea interpretativa che in alcuni momenti va a detrimento delle mol-te sfumature del racconto. Aver de-dicato 137 pagine su 321 del testo alla seconda metà del secolo può sottolineare l'importanza che per l'autore hanno i primi decenni (ri-cordiamo il suo II nuovo

paesag-gio dell'Italia paesag-giolittiana, Laterza,

1981), ma comporta, per gli anni a noi più vicini, un ritmo sostenuto e quasi concitato.

( C . B . )

FULVIO IRACE, VANNI P A S C A

Vico Magistretti architetto e designer

pp. 184, Lit 75.000

Electa, Milano 1999

Appare nella collana dei "Docu-menti di architettura" di Electa que-sto studio sull'opera di Vico Magi-stretti. Ed è sulla sua sostanziale dicotomia professionale - più volte ribadita dallo stesso Magistretti -che è costruito il testo. Se lo scritto di Fulvio Irace sull'architettura

(completato dalle accurate schede di Maria Vittoria Capitanucci)

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